Punto di non ritorno

Il punto di non ritorno è un’espressione che indica il momento oltre il quale non è più possibile tornare indietro.

In effetti, direte voi, lo dice la parola stessa!

Eppure fateci caso, quando sentiamo parlare di punto di non ritorno qualcosa dentro di noi si muove; una sensazione strana alla bocca dello stomaco.

Si perché questa espressione smuove in noi l’impossibilità di rimanere nel nostro luogo sicuro, che, anche se pericoloso, è conosciuto e quindi a noi idoneo.

Per dirla con un esempio nei viaggi aerei il punto di non ritorno è quando il carburante non basta più per tornare all’aeroporto di partenza, a quel punto siamo obbligati ad atterrare altrove.

E’ quel momento oltre il quale il tempo cambia il significato delle nostre vite.

Ma quando arriviamo al punto di non ritorno?

Come possiamo capire quando lo oltrepassiamo?

ed oggi, lo abbiamo oltrepassato?

I grandi del mondo lo hanno oltrepassato?

Premesso che Grandi del mondo è veramente oggi un insulto perché quelli a cui dovrebbe andare questo appellativo sono tutti in realtà i più piccoli del mondo, i più insignificanti, i più stolti, tutti nessuno escluso.

Infatti se ascoltate i proclami di tutti non ne esiste nessuno distensivo, o che inciti alla distensione.

Di là minacciano di qua rincarano, di là attaccano di qua peggio.

E non crediate che oggi gli unici attacchi siano militari, vi sono anche quelli finanziari, ed in un mondo in mano alla finanza, verrebbe da dire che sono anche i più pericolosi.

Putin procede per la sua strada, Zalesky incita il suo popolo a combattere i carri armati con le bottiglie incendiarie, evidente fesseria che ci lascia tutti attoniti, a meno che non sia un discorso alla Cavour “mi servono duecento morti per sedermi al tavolo della pace” , il resto del mondo vende armi all’Ucraina e mette le sanzioni alla Russia.

Quindi siamo già nella terza guerra mondiale!

Tutti contro Putin e Putin contro tutti … non è proprio così, ci sono anche alcuni simpatizzanti della Russia che stanno a vedere che succede e degli occulti vecchi amici che sottobanco hanno già dichiarato un loro supporto alla Russia.

Insomma diciamolo, siamo già in guerra e non pensino i grandi piccoli del mondo che siamo così stupidi da non capire che una guerra non ha solo campi di battaglia e trincee, ma anche scenari finanziari e geopolitici.

Come non possiamo stupirci quando il nostro presidente del consiglio dice a Zalensky “voi combattete per la  nostra libertà!”, ma allora peggio che andar di notte, perché se voi combattete per la nostra libertà, allora dovremmo anche noi venire a  combattere con voi, se la libertà è la nostra …

Signori miei il punto di non ritorno è già stato superato, siamo nella terza guerra mondiale, che è combattuta in modo differente dalla seconda, ma che porterà molti più danni perché scardinerà quel precario equilibrio finanziario del mondo.

 




Mattarella, bravo ma non troppo…

In questo contesto di venti di guerra e di guerre in corso giunge una bella notizia, Il Presidente Mattarella si riduce lo stipendio di ben 60.000 euro ed oltre.

Encomiabile, empatico, simpatico, il Nonno di tutti.

Quindi complimenti Presidente per il bel gesto.

Ma era questo che serviva?

A parte lo chapeau per il gesto, ma non ci sentiamo di aggiungere altro.

Forse era più utile scrivere una bella lettera aperta a tutto il parlamento per una sincera e concreta riduzione dei costi del paese, o Lei PRESIDENTE PENSA CHE IL SUO GESTO MUOVA AD UNA EMULAZIONE COLLETTIVA? (magari, ce lo auguriamo, ma sappiamo che non sarà così).

In un momento dove i costi dei carburanti sono impazziti, benzina e metano oltre i due euro, diesel oltre 1,5 euro, gpl sopra 1 euro,  costi dell’energia duplicati, secondo Lei Presidente quanto riusciremo a campare?

Se i costi dei trasporti incidono dal 25% al 50% sui costi della merce, Lei capisce che nel breve tutto aumenterà della stessa percentuale, e come potremo continuare a campare?

“…e ma c’è la guerra…” mi dirà Lei, vero ma stranamente i costi dei carburanti sono aumentati mesi prima della guerra, quindi cosa dobbiamo pensare, che è in atto una manovra, mossa dalla finanza mondiale, che si preparava ad un cambio geopolitico già prima della guerra e che ora utilizza la guerra per giustificare un ulteriore spostamento delle ricchezze mondiali?

E poi, caro Presidente, gli Italiani erano già poveri prima, da anni ormai la soglia della povertà nel nostro paese si è alzata drammaticamente, e, francamente, nulla è stato fatto per arginare questo fenomeno, ma proprio nulla.

Anzi sono lievitate le spese, sono alzati i prezzi, non c’è una misura calmierante, non ci sono interventi statali, ma davvero volete portare questo paese ad una rivolta sociale?

Sono stati buttati via milioni di euro per misure anticovid inutili, inutile parlarne ancora, ma è successo, sono state assunte migliaia di persone senza criterio, non viene messo in atto alcun piano di mantenimento del livello dei costi base che possa garantire alle famiglie un livello di spesa in linea con il reddito percepito, ma davvero volete portare anche in Italia una guerra sociale?

Fate qualcosa di urgente, signor Presidente, perché temo ci stiamo arrivando.

 

 

 




Domanda: cosa è democrazia?

Ci viene un dubbio, ma viviamo in una democrazia?

La democrazia è quella forma di governo dove la sovranità è esercitata, direttamente o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato come l’insieme dei cittadini che ricorrono in generale a strumenti di consultazione popolare; la sovranità può anche essere esercitata incrociando i due sistemi. Il popolo che esercita questa sovranità ha diritti politici, perché appunto è “demos”.

Quindi direttamente od indirettamente Noi dovremmo esercitare il diritto di decidere non solo chi ci governa, ma anche come.

Fino a qui sembrerebbe tutto giusto, ma iniziamo a vedere alcune piccole incongruenze: per esempio quanto è democratico un sistema che non ricorre al voto dei cittadini per scegliere i suoi leader?

quanto è democratico un sistema che costruisce gabbie obbligatorie perché il cittadino possa esercitare il suo ruolo di servitore del popolo?

quanto è democratico un sistema che non garantisce la libera partecipazione dei cittadini alla scelta politica?

Ma soprattutto, quando può ritenersi democratico un paese i cui cittadini sono talmente schifati dalla propria classe politica da non andare a votare?

Ed ancora: ma quanto può essere democratico un sistema che davanti ad uno sconsiderato aumento dei costi tranquillizza i suoi cittadini dicendo che rateizzerà le bollette maggiorate o che pubblicamente si compiace dei maggiori incassi dell’iva sui carburanti?

Questa non è democrazia, ma evidentemente non ce ne accorgiamo e pensiamo di essere a posto così, tanto non si riesce a farci niente …

In pratica non viviamo in un paese democratico ma partitico, dove la volontà non è quella dei cittadini, ma dei partiti.

L’art. 49 della Costituzione Italiana dice che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Partito, Cittadino, ci si chiede ma non è la stessa cosa?

Ovviamente no, certo che no, i partiti non inseguono il bene del popolo, ma per loro definizione stessa seguono il loro.

Ed il loro bene non rappresenta il popolo e nemmeno frange di esso, ma ormai rappresenta un potere maggiore dei partiti stessi, fuori dai confini nazionali, un potere che è detenuto da un’oligarchia intoccabile e sovranazionale.

Andate indietro a memoria, quanti primi ministri negli ultimi dieci anni sono stati eletti dal popolo?

E soprattutto quante volte abbiamo sentito dire che la persona scelta era gradita ai mercati finanziari?

Ma senza andare troppo indietro, chi abbiamo trovato o meglio, hanno trovato, i nostri politici da mettere come presidente della repubblica?

Questo ha una sola spiegazione ovvero i partiti non sono più in grado di esprimere le professionalità necessarie per guidare il paese, non hanno più la credibilità necessaria per esistere nel panorama internazionale, non sono in grado di interpretare il senso del paese.

E questo è anche sostenuto dai vari sondaggi che ci dicono che gli italiani mettono all’ultimo posto i partiti quali istituzioni credibili.

Ma allora oggi, che tutto sta andando verso una crisi inflazionistica senza precedenti che provocherà una deflagrazione spaventosa sul potere di acquisto delle famiglie, come faremo s mantenere unito il paese se chi lo dovrebbe fare non ha più ne la credibilità necessaria ma nemmeno lo standing necessario?

Come fare se oggi nessuna generazione ha a cuore il valore patrio della comunità? se nessuno sente di dover vivere da italiano?

Ma soprattutto come fare se non abbiamo dato ai giovani la possibilità di credere in un sistema di valori chiamato patria, ma li abbiamo riempiti di qualunquismo e furbetteria, che alla fine faranno un danno impensabile ad oggi.

Siamo ancora in tempo per far capire a tutto il popolo italiano che oggi contano i valori, conta il modo di essere nazione che forse dovremmo ri-scoprire dal nostro passato.

Visto tutto quello che sta succedendo quanti di voi oggi hanno pensato che probabilmente dovremo rimetterci in casa galline e conigli??

Io credo che probabilmente oggi dovremmo rimetterci in casa quel senso di Italia  che ci ha sempre fatto ammirare da tutto il mondo.

 




C’hanno un piano …

… sennò so stronzi!

questa frase leggermente gergale mi gira in testa da qualche giorno proprio riguardo alla situazione in Ukraina.

in che senso ? direte Voi, proviamo a riflettere …

Putin è un ex kgb, fautore della supremazia russa, amante della vecchia USSR, ha abilmente preso il potere dando spazio ai nuovi ricchi russi, facendo sparire con mezzi leciti e meno leciti tutta l’opposizione sia politica che giornalistica, ha cambiato la costituzione per poter rimanere al potere a vita, ha fatto accordi sottobanco con mezzo mondo ed ha minacciato l’altra metà, quando ha potuto ha cercato di apparire come un super eroe con bambini in braccio, ha sempre usato il pugno duro in ogni situazione, non ha mai nascosto la sua predilezione per gli interventi forti, dorme con la pistola sotto il cuscino, ha ripristinato il culto della personalità che era appannaggio di Lenin, insomma un moderno dittatore.

La Russia negli ultimi anni si è mossa ai limiti di crisi interne spostando la ricchezza nella mani di pochi, ma non così pochi in fondo, perché Putin ha cercato di allevare una classe di ricchi ed una di ricchissimi, controllando entrambe a livello statale, garantendo agevolazioni e protezione, stringendo accordi con chiunque purché utili al suo sistema zariniano di controllo del paese.

Da sempre Russia e Cina amiche nemiche, ma Putin è riuscito a trasformare un amore ed odio millenario in una sorta di patto atlantico esclusivo a due, garantendosi un bacino di supporto in qualsiasi momento; ha inoltre dimostrato in più occasioni ai suoi alleati occulti di poter intervenire senza paura anche militarmente ovunque nel mondo.

Ha trasformato il vecchio KGB, sua casa natale, in un moderno Politik Bureau dotato di notevole potenza informatica, ed ha capito il potere sotterraneo dei social media.

Insomma un cowboy bolscevico pronto a sparare a chiunque gli entri in cortile.

Ed attenzione perché il cortile russo che vive nella mente di Putin non è quello che oggi le cartine geografiche ci rappresentano, ma quello dello Zar Alessandro.

Dall’altro lato troviamo un’America che continua a prendere cantonate politiche che al confronto la baia dei porci era un fumetto della Disney, un’Europa che ha visto il suo fallimento tra brexit ed incapacità politiche di fronteggiare crisi dovute all’effimero complesso di legami che non essendo fondamentali faticano a tenere insieme i paese dell’area UE.

In questo scenario gigeggiano, ops giganteggiano, personaggi come Biden, che ogni volta che appare in televisione sembra il nonno che va a trovare i nipoti, e il nostro Di Maio che inanella una serie di gaffe da primato.

Poi abbiamo Draghi, ed i vari capetti degli altri paesi che sembrano il marito che per fare un fastidio alla moglie si taglia i cosiddetti.

Poi c’è questo benedetto Donbass che sentito così sembrava  un prete non tanto alto, ed invece è una zona dell’Ukraina che si dichiara indipendente dal 2014, ma che già da molto prima ha sempre mostrato ostilità verso il governo Ukraino, sobillata per anni dai servizi segreti Russi.

La Rusia nel 2015 si riprende la Crimea, fatto sancito con l’accordo di Minsk, infiammando ulteriormente gli animi del Donbass, ma in realtà tutta l’Ukraina tende verso la Russia già dal lontano 2010 con l’allora presidente Yanukovych, decisamente filorusso.

In tutti questi movimenti l’attenzione di Putin all’Ukraina era legata alla certezza che mai la stessa avrebbe dovuto entrare nella sfera di influenza americana (Nato), primo per la ricchezza della regione e secondo perché sarebbe stato come mettersi il nemico in casa e tra l’altro perdere un sicuro accesso marittimo al mediterraneo.

Fatto questo breve scenario succede che America ed Europa palesemente cercano di portare la regione ucraina verso la nato, addirittura facendo arrivare 10.000 militari nella regione per delle manovre dette anche esercitazioni.

Probabilmente nessuno ha pensato che questa faccenduola avrebbe dato al nostro amico imperatore di tutte le Russie l’assist per poter dire “Allarmi il nemico è alle porte!” ed in un certo senso tutti i torti non li aveva.

Ed ecco che si scatena quella che rischia di diventare la terza guerra mondiale.

Ma dico io, se sei davanti ad una casa con il cartello se entrate vi sparo, c’è il proprietario seduto sull’uscio con il fucile carico e vedi dei cadaveri nel giardino di gente che già ha tentato di entrare, tu Genio della lampada, cosa fai? entri? senza nemmeno pararti il c… la schiena? non ti viene il dubbio che uno così ti spara senza pensarci due volte?

Invece il nonno, gigino ed i compari della parrocchietta hanno pensato nella loro grande mente politica, ma no dai, scherza, ma vuoi che faccia la terza guerra mondiale???

Ed invece cari amici a quello non gliene frega nulla  della terza ma nemmeno della quarta e della quinta, perché uno così è convinto di vincerle tutte, tanto dopo aver invaso la Polonia, ops, scusate il donbass, chi lo ferma?

Ma ecco che dopo questa serie di riflessioni mi è venuta una folgorazione, che poi è il titolo di questo articolo: “C’hanno un piano… sennò so stronzi!”, ma certo cari amici, non possono essere stati così idioti da provocare uno che non aspettava altro, che negli anni ha dimostrato e dichiarato che in un caso simile avrebbe fatto proprio quello che ha fatto, C’HANNO UN PIANO!

Loro i compagni delle merende hanno un piano geniale, studiato negli anni, che ora stanno mettendo in pratica, certo non dicono nulla è un piano segreto, mica possono svelarcelo altrimenti quello là li beccherebbe ed allora tutta fatica sprecata.

E Tranquilli amici, non sono le sanzioni contro la Russia che comunque si rivolterebbero contro l’Europa, ma un piano più sottile, di alta diplomazia, geniale come mai nessuno aveva pensato.

I capi del mondo libero stanno attuando un piano che ci lascerà a bocca aperta …

Per forza, non possono essere così stupidi ed ignoranti da aver fatto esattamente tutto quello che Putin aveva programmato avrebbero fatto, sicuramente … C’HANNO UN PIANO!!!

E li ammiro perché stanno mettendo in atto forme di distrazione di massa affinché Putin non se ne accorga, come ad esempio chiudere il contratto dei gasdotti a tradimento, così, di punto in bianco, un poco come andare davanti al panettiere gridando “non compro più il tuo paneeeee!!!! Sei fregato, vediamo adesso!!!” ed intanto che diciamo così una fila di cinesi entra e compra il pane sottoprezzo.

Così il panettiere non è fregato per nulla, i cinesi campano meglio e noi non abbiamo pane per i nostri figli.

Ma non disperatevi amici, non è così, C’HANNO UN PIANO!!

Ma io sento ancora nelle vostre menti un dubbio: “e se non ce l’hanno il piano?”

eh beh amici miei, se non hanno il piano … so stronzi.

 

 

 




SI VIS PACEM …

Il suono delle sirene e lo squasso delle esplosioni su Kiev, ha riportato bruscamente alla realtà tutto il mondo. Si sono azzerati i troppi bla-bla, le ricostruzioni di interpreti di ‘passaggio’ e anche le varie ‘tifoserie’.

Se si vuole la Pace, di deve cercare attorno a un tavolo, parlando il giusto linguaggio e soprattutto costruendo rapidamente dei fatti concreti.

L’uso delle armi può portare lutti e risvegliare mostri che pensavamo sepolti.

Ora sono l’intelligenza e la lungimiranza a dover essere mobilitate.

Siamo comunque vicini alle popolazioni colpite, incoraggiandole a spronare i governi verso l’unico porto sicuro: la PACE

 

BETAPRESS




L’emozione del passaggio generazionale

Le nuove generazioni oggi chi sono?

Cosa intendiamo veramente quando parliamo di nuove generazioni?

Cerchiamo di capire i riferimenti per cui definiamo una generazione nuova: il primo riferimento è sicuramente quello anagrafico, una volta si andava per classi di leva, i coscritti di una classe di leva definivano la nuova generazione, sopra o sotto l’età del militare, perché questo periodo coincideva con l’uscita dalle famiglie; un’uscita non tanto fisica ma certo mentale, l’età adulta coincideva con l’autonomia decisionale, lavoro, militare o università che fosse.

Un riferimento importante e preciso, puntuale come la mezzanotte, di fronte al quale il soggetto giovane aveva poche possibilità di fuga: un appuntamento irrinunciabile per ogni generazione che si preparava a prendere il comando del paese e del mondo del lavoro.

Era come il ballo dei debuttanti, o ci arrivavi con vestito sistemato e sapendo ballare almeno un pochino o facevi la peggior figura della tua vita, rischiando di essere additato per sempre come lo sfigato di turno.

Oggi questo riferimento temporale è sparito!

Non esiste più fagocitato dalla incapacità di definire dei limiti e dei traguardi o quantomeno degli obiettivi generazionali.

È sparita anche la prova di mezza via, ovvero l’esame di maturità, al quale si arrivava con un lavoro duro e complesso che formava il carattere e dava i primi elementi di impostazione dell’età adulta.

Il secondo riferimento era, in forma aulica, l’uscita dalla famiglia, la presa di coscienza di responsabilità sociali che obbligavano ad una partecipazione alla vita attiva in qualità di individuo partecipante e non di famiglio.

Il cosiddetto passaggio da figlio a padre, o da figlio a lavoratore, insomma un passaggio che caricava di responsabilità sociali e professionali.

Questo passaggio oggi non identifica più una generazione perché avviene in periodi asincroni ed è trasversale su più generazioni, distruggendo quell’unità di classe che era invece il nerbo della società degli anni scorsi.

Il terzo riferimento è un riferimento prettamente storico, non temporale, ma legato ad un particolare momento storico del paese (gli anni di piombo, mani pulite, le varie crisi petrolifere e legate a guerre più o meno mondiali).

Oggi possiamo dire che rimane unicamente il terzo riferimento, ma che slegato dai due precedenti diviene pericolosa accozzaglia generazionale.

Non possiamo però dimenticare che oggi esiste un terribile spartiacque generazionale che si identifica nel progresso tecnologico, il cosiddetto momento della generazione digitale.

È un pericoloso momento di incomunicabilità che apre spazi a terribili scenari involutivi nel rapporto tra generazioni.

Ormai ci sono, nell’immaginario collettivo, i vecchi che non sanno usare i social ed i giovani che ne sono avidi consumatori.

Tragico! Soprattutto perché falso come i social di cui si parla.

Falso perché ormai diamo per scontato che se un individuo è sotto i trent’anni è un esperto digitale, cosa assolutamente non vera: noi ci dimentichiamo che la nostra crescita nei confronti di realtà virtuali si basa su una formazione particolare e soprattutto classica, legata alla lettura e non allo scorrere un PDF, legata alla discussione verbale tra pari e non alla chat senza riferimenti identitari corretti.

Oggi la generazione adulta può affrontare i mondi social con il giusto distacco perché viene da un momento di socializzazione reale e fisico, in cui si sono creati gli anticorpi di un vivere sociale effettivo, legato anche ad un confronto “operativo”, in cui metterci la faccia non era un’espressione idiomatica, ma una realtà in cui la faccia riceveva anche le sue sonore sberle.

Allora quale può essere la “nuova generazione”, quella dei social?

Ammesso e non concesso dove abbiamo messo l’asticella della adultità in questa generazione, sai usare i social sei adulto?

No, certo che no, non è possibile che uno strumento definisca una maturità, non è possibile pensare che la capacità di utilizzo o la sua conoscenza identifichi una generazione.

In cosa la generazione dei nativi digitali dimostra la sua maturità?

Perché abdicare così velocemente la definizione di una nuova generazione lasciandola al semplice profilo tecnologico della stessa?

La maturità, che dovrebbe essere caratteristica dell’attuale generazione adulta, dovrebbe muoverci verso la definizione di obiettivi per la generazione che segue.

Attenzione obiettivi che devono essere di alto livello, per non incappare nel vincolo generazionale in cui si giunge poi alla rivoluzione generazionale e si ha una crisi sociale.

Come possiamo riprendere il controllo su una generazione multiage in cui non troviamo una definizione specifica ma un caleidoscopio di emozioni ancora non incanalate in obiettivi?

Ora viene spontaneo chiedersi quali obiettivi proporre; lavoro, multicultura, futuro familiare, stabilità economica…

Ormai non abbiamo credibilità per proporre obiettivi che la nostra società ha distrutto vivendo al di sopra delle proprie possibilità, dobbiamo proporre obiettivi etici alti, per poter fare un downsizing del nostro vivere comune; dobbiamo passare da una cultura del bene materiale ad una cultura del bene immateriale, identificando nel personale sviluppo di una identità etica il vero obiettivo per queste generazioni.

La prima fase è certamente ricostruire una scala di valori che esca dalla semplice emozione dell’accumulo per trasformarsi nell’emozione dell’accogliere.

L’emozione dell’accumulo guida al bene materiale fingendo un appagamento nel suo possesso, che può essere solo momentaneo e non completo anche perché il bene materiale è per sua definizione soggetto a decadimento ed obsolescenza.

L’emozione dell’accogliere è al contrario infinita perché autorigenerante, essa infatti si basa sulla soddisfazione reciproca di più soggetti e non può essere definita finita in quanto il soggetto dell’accoglienza può solo essere elemento mobile sia dal punto di vista emozionale (una persona) sia dal punto di vista possessivistico (un’azione a vantaggio di altri).

Il punto a favore di questo passaggio è legato alla generazione dei nativi digitali che mostrano sete di valori proprio perché vivono in un mezzo tecnologico da questo punto di vista particolarmente vuoto.

Per abilitare questo passaggio dobbiamo assolutamente passare dalla cultura del “fai quello che vuoi” alla cultura del “no, non è così”; passaggio difficile per le famiglie in cui la cultura dell’accumulo è ancora predominante.

La motivazione forte, che aiuta in questo passaggio, è particolarmente facile trovarla proprio nel complesso meccanismo tecnologico che oggi avvinghia le generazioni e le “scolla” dalla realtà; un’alienazione sociale che proietta l’identità nel mezzo, nello strumento, facendolo diventare contenitore egualitario e massificante.

Come avviene questa trasmigrazione mente – strumento che toglie molta identità culturale ai fruitori di questo mondo virtuale?

Avviene sotto il predominio della velocità della comunicazione e pertanto della mistificazione dei contenuti.

La rete oggi è un grande contenitore di qualunquismo ideologico, perché contiene in forma disaggregata miliardi di informazioni vere e miliardi di informazioni false, un pericoloso contenitore di materia e antimateria, il cui mix porta alla completa afonia mentale.

Ecco il vero motivo per cui l’emozione dell’accumulo è oggi predominante, perché tende a riempire quello che sembra giusto chiamare un vuoto pieno, ovvero un profondo pozzo vuoto colmo solo del nero del suo buio.

Di fronte questa aleatoria ed iconica sensazione di smarrimento culturale il possesso fisico diventa pieno concreto e quindi fortemente perseguibile e ricercabile, perché più facile da trovare nel frastuono ideologico della rete.

Siamo certamente in un passaggio generazionale che avviene con tempi lunghi e dilatati a causa, paradossalmente, di un momento tecnologico fatto di velocità e molteplicità dell’informazione.

In questo passaggio l’emozione dell’accumulo diventa anche transdialettica grazie alla possibilità di appropriarsi delle parole dell’altro facendole divenire proprie tramite un processo di assimilazione oggi definito copia e incolla.

Anche questo processo moltiplica il paradosso del vuoto pieno ideologico perché aggrega concetti ma non significati, espressioni ma non valori.

Eppure la percezione della pochezza dell’accumulo è evidente nella noia generazionale, nella svogliatezza emotiva che sembra essere compagna di giochi di questa generazione digitale, sensazioni che, rendendo sempre più acuta la fame di pienezza dell’io, spingono sempre più verso un accumulo contenutistico ai limiti del paradosso, rendendo quasi un obbligo pubblicare la foto del piatto che stiamo mangiando…

Ora la domanda vera è: ma la nostra generazione è in grado di preparare il piatto giusto per questo mondo tecnologico, un piatto fatto dall’emozione dell’accoglienza cucinata nel modo giusto?

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal Libro “L’emozione del passaggio generazionale”, Currenti Calamo Editore, C.Faletti, C.Giannino, 2017




Dalla russia

… Vi erano accordi formali tra USA, NATO, UK, RUSSIA e FRANCIA di non espansione nei paesi già sotto il mantello URSS. Gli USA do Obama e Clinton e la UE di Merkel e Macron non li hanno rispettati. Lo ha confermato proprio Prodi in TV. Altro che LIBERTÀ e DEMOCRAZIA o DIRITTI UMANI. Tutto ruota sulla vendetta e sul biz: materie prime in grandissima quantità, gente più colta che non in Africa, manodopera a costi stracciati. Geopoliticamente, strategici, direttamente ai confini russi: 100 miglia da S.Pietroburgo…




Mattarella: ma non dovevamo vederci più?

Premesso che la figura di Mattarella ci piace molto, premesso che da vecchio democristiano è la figura giusta per svolgere il ruolo, premesso che questi passati sette anni è stato impeccabile, quindi ben venga la sua rielezione, ma le domande da porsi non sono Mattarella si o no, le domande da porsi sono: ma è davvero così desolato il panorama politico italiano da non avere un nome super partes? Ma davvero? Tutti fighi e strateghi per poi chiedere aiuto al povero Mattarella che era già con le valigie in mano?

Questa elezione, così sbandierata adesso come successo assoluto delle forze politiche, ci lascia davvero l’amaro in bocca; non c’era nessuno in Italia che potesse fare il Presidente della Repubblica, nemmeno Bisio, che l’aveva fatto così bene nel film Buongiorno Presidente?

E poi che ridicolaggine, la Casellati, si si una donna finalmente, addirittura ne stiamo pensando a tre con nomi e cognomi e pure foto, evviva finalmente … e poi Mattarella.

Con questa elezione del Presidente finalmente capiremo e ci conteremo anche politicamente … e poi Mattarella.

Mi raccomando, nulla contro Mattarella, ma con gli altri ci sarebbe da discutere.

Bene comunque, Draghi rimane, Mattarella anche, e questi almeno sono due bravi, ma rimangono anche tutti gli altri, un insieme di monelli che corrono dal Papà e dal Nonno per farsi correggere i compiti.

Ma questa non era la generazione dei politici che rinnovavano mettendo gente nuova perché il “vecchio” doveva andar a casa????

Quindi dobbiamo leggere questi fatti con un dietrofront! Il Vecchio è meglio …

Cari amici, ogni volta io che dirigo questa testata mi illudo e poi puntualmente cado dalle “nubi” facendomi pure male perché capisco che la classe politica italiana non ha classe e non sa far politica.

Ma quale caro prezzo paghiamo noi brava gente che ormai non ci interessiamo più della politica, perché la politica ha fatto sì di venirci a fastidio, se non quello di essere governati da gente peggio di noi.

Così la gravità della nostra situazione la sentiamo quando ci accorgiamo di non percepire più lo scadimento etico della politica come dannoso.

Credo fermamente che il danno più grave che un cittadino possa fare al suo paese è il silenzio, la rassegnazione, occorre comprendere che il silenzio aiuta solo il colpevole.

Oggi siamo contenti di avere ancora fra noi il presidente Mattarella, ma tacciamo sull’inconcludenza di questa classe politica che non è in grado di convergere su uomini validi nel paese.

Volete forse dirci che non ce ne sono?

Volete forse farci credere che l’unico cittadino che incarni i valori di stato degno di fare il presidente della repubblica era Mattarella, uno solo, in tutto il paese, ahimè, ahimè, ahimè…

O forse pensate che noi italiani siamo ormai talmente rimbecilliti da non accorgerci delle vostre incapacità?

Or dunque tremate signori miei, perché verrà un giorno!!!!!.

 




Decidi DC … si ma quale???

C’è bisogno di centro, tutti vogliono tornare al centro, ci vuole la DC.

Oggi una strisciante sensazione tra tutti i moderati italiani è che si debba fortemente tornare al centro, ma al centro non c’è più una casa ad accoglierli.

Oggi il centro non esiste più, verissimo perché tutte le forze politiche attuali sono fortemente sbilanciate verso uno dei due opposti ideologici, sinistra o destra, o meglio nemmeno sinistra o destra, perché la vecchia divisione valoriale della politica, presente fin verso gli anni ottanta, ora non ha più contorni netti e definiti, ma è liquidamente dimensionale verso l’umore del momento della massa elettrice.

Ci sono è vero dei punti di continuità, sociale, patria, famiglia, in tutte le attuali forze politiche (chiamarle forze è un errore oggi sarebbero più che forze debolezze), ma talmente poco delineati, così scarsamente supportati da un programma politico ideologico che gli stessi cittadini elettori faticano ad identificare i valori all’interno di un simbolo.

Questa vacuità valoriale attuale della politica rende impossibile affrontare un discorso serio e credibile, lasciando spazio a qualsiasi figura forte ed allontanando l’elettore dallo spirito politico.

Gli stessi partiti giocano ormai a creare tifoserie più che iscritti, dimenticando che il tifo per una squadra di calcio, seppur profondo e nobile, non genera cittadini consapevoli.

In Italia c’è sempre stato un elettorato di centro, con tendenze a destra, che per lo più era l’ossatura funzionale della vecchia Democrazia Cristiana.

Don Sturzo ben aveva capito che il valore cattolico non era solo porgiamo l’altra guancia, ma difendiamo il tempio dai mercanti, non per altro lo stemma era uno scudo crociato, che tante critiche gli costò allora, ma che riunì ideologicamente gli italiani di tutte le età sia prima che dopo la fine della seconda guerra mondiale.

L’Italiano non è un estremista, l’Italiano è un moderato per natura, un buono, un costruttore, un idealista, un sognatore, insomma un padre, una madre, magari un poco codardo, a volte furbastro, a volte opportunista, ma di certo alla fine sempre un eroe piccolo piccolo, come ben rappresentato da Monicelli nel film La Grande Guerra, con due grandi interpreti,  Alberto Sordi e Vittorio Gassman (film sempre da rivedere NdR).

In questa sua declinazione l’italiano non può che essere fondamentalmente un uomo di centro, moderato, legato a valori storici, accogliente ma orgoglioso della propria storia e del proprio retaggio.

Quindi servirebbe un centro ideale, che oggi politicamente non c’è, e pensare che probabilmente prenderebbe un sacco di voti, anzi vincerebbe a man bassa.

Oggi lo slogan “Decidi DC!” sarebbe forse una scommessa vincente, ma dove è la DC?

Non c’è più la DC?

Sbagliato, c’è ancora la Democrazia Cristiana, anzi ce ne sono otto.

Il Corriere della sera, nel suo articolo del marzo 2021 ci segnala che l’unica formalmente corretta è quella del professor Nino Luciani, ma ci sono anche quelle di Angelo Sandri, di Publio Fiori, di Toto Cuffaro, di Gianfranco Rotondi etc, etc, etc …

Forse troppe, e sicuramente rendono chiaro come chi le compone non stia ragionando in termini politici ma solo di posizioni, come peraltro afferma il prof. Luciani proprio nell’articolo del corriere.

Ci vorrebbe un unico centro DC che possa accogliere chi vuole tornare ai valori veri del popolo italiano, ma se chi oggi si dichiara dc non si unisce in un unico grande movimento, quelli che vorrebbero cercare il centro continueranno a non trovarlo.

Anche se forse più che ricreare la DC, sarebbe necessario unire le attuali forze di centro, consegnando la DC al suo posto nella storia, rigenerando il centro politico nuovo,  necessario a questo paese che troppe sbandate ha preso ultimamente.

 

 

 

 

 




Finalmente il CSPI riconosce il ruolo dei DSGA facenti funzione!

Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha sentenziato nel suo parere che tutta l’ipotesi di concorso per i DSGA è valida solo se:

In questo quadro, a parere del CSPI, si rende necessario:
• bandire prioritariamente il concorso riservato agli assistenti amministrativi attualmente facenti funzione
di DSGA con almeno tre anni di servizio, ai sensi del DL 29 ottobre 2019 n. 126, convertito nella legge
159 del 20 dicembre 2019. Prevedere l’accesso ad una procedura concorsuale anche di coloro che sono
sprovvisti di titolo di studio specifico modificando quanto previsto dall’art. 22, comma 15 della
L. 75/2017;
• bandire successivamente il concorso ordinario, superando le attuali conseguenze dell’ultimo concorso
che ha lasciato innumerevoli posti scoperti pur se messi a bando.

E finalmente diremmo Noi!!!!

Un’ingiustizia assurda, da Betapress già stigmatizzata più e più volte, viene oggi quantomeno evidenziata in maniera precisa e puntuale dal CSPI.

Era ora che qualcuno osservasse che lo stato non può far lavorare per anni in una funzione delle persone perché gli fa comodo e poi all’improvviso li caccia via e li sostituisce con persone con zero competenza solo perché questi ultimi hanno un titolo di studio!

Come abbiamo sempre osservato, lo Stato non è in grado di valutare le competenze e l’esperienza delle persone, attaccandosi solo ai titoli, senza rendersi conto che ci sono in giro un sacco di laureati ignoranti ed incompetenti, senza alcuna esperienza e, malamente, sono proprio questi che alla fine lo stato assume.

Bravo quindi il CSPI che ha ribaltato questo convincimento che aveva il ministero dell’Istruzione, ovvero che valessero più dei laureati rispetto a persone che da oltre cinque anni svolgono un ruolo importante con passione, ottimi risultati e tante competenze, insostituibili.

Speriamo vivamente che questa indicazione del CSPI venga utilizzata da Ministero, se così non avvenisse noi di Betapress siamo pronti ad utilizzare i nostri avvocati per andare contro ad una decisione che rasenterebbe la stupidità più manifesta.

Tanto si doveva.

Il Direttore Corrado Faletti.

 

Concorso DSGA: diritti negati!!

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!