L’arte di parlare in pubblico: Consigli per un’oratoria efficace
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Parlare in pubblico è una delle abilità più ricercate e, per molti, anche tra le più temute.
Ma come ogni arte, anche l’oratoria può essere affinata e perfezionata con pratica e dedizione.
Occorre rispettare alcuni principi base sui quali non si deve derogare; ve ne diamo un breve assaggio.
Conosci il tuo pubblico
Prima di qualsiasi discorso o presentazione, è fondamentale comprendere a chi stai parlando. Quali sono le loro aspettative? Cosa sanno già sull’argomento? Questa comprensione ti aiuterà a calibrare il tuo messaggio in modo efficace.
Organizza il tuo contenuto
Struttura il tuo discorso o presentazione in modo logico e sequenziale. Una struttura chiara aiuterà il tuo pubblico a seguire il flusso delle tue idee. Inizia con un’introduzione accattivante, segui con il corpo centrale e concludi con una chiusura memorabile.
Pratica, pratica, pratica
La preparazione è la chiave. Anche i più grandi oratori praticano regolarmente. Esercitati a voce alta, davanti a uno specchio, o meglio ancora, di fronte a un piccolo gruppo di amici o colleghi che possono darti feedback costruttivi.
Gestisci l’ansia
È normale sentirsi nervosi prima di parlare in pubblico. Respira profondamente, focalizzati sul messaggio e non su te stesso. Ricorda, il tuo obiettivo è condividere informazioni, non ottenere approvazione personale.
Utilizza il linguaggio del corpo
Il tuo linguaggio corporeo comunica tanto quanto le tue parole. Mantieni un contatto visivo con il tuo pubblico, usa gesti naturali e evita abitudini distrattive come giocare con i capelli o toccarsi il viso.
Coinvolgi il tuo pubblico
Pone domande retoriche, racconta aneddoti o storie pertinenti, o usa altre tecniche per coinvolgere attivamente il tuo pubblico e mantenere la loro attenzione.
Migliora la tua vocalità
La chiarezza della voce, la variazione del tono e il ritmo sono elementi chiave. Evita di parlare troppo velocemente e fa attenzione a non cadere in un tono monotono.
Sii autentico
Il pubblico apprezza l’autenticità. Non cercare di imitare qualcun altro o di essere una versione idealizzata di te stesso. Mostra passione per l’argomento e credi in ciò che stai dicendo.
Preparati per le domande
Anticipa le possibili domande e prepara le risposte. Questo ti darà maggiore sicurezza durante la sessione di domande e risposte.
Rifletti e impara
Dopo ogni discorso o presentazione, rifletti su ciò che ha funzionato e su ciò che potresti migliorare. Considera ogni opportunità di parlare in pubblico come un passo verso la maestria nell’arte dell’oratoria.
In conclusione, parlare in pubblico è una competenza che richiede pratica, preparazione e autorevolezza.
Ma con dedizione e passione, chiunque può diventare un oratore efficace e ispirare il suo pubblico.
La storia deve essere raccontata in modo neutrale, altrimenti non è storia.
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In questi giorni è sorta la discussione sull’insegnamento della storia, discussione originatasi dalle parole del ministro Valditara sul rinnovo dell’accordo con ANPI, associazione partigiani.
Come dare torto a chi finalmente sostiene che la storia debba essere raccontata in modo neutrale, rappresentando tutte le realtà coinvolte e le loro motivazioni.
Lo stesso Barbero, grande divulgatore storico, afferma la necessità che la storia sia raccontata dai documenti e dalla verità, dai fatti insomma, e non dai sentimenti, giusti o sbagliati che siano.
In effetti dare il racconto della storia in mano a chi della storia ne estremizza i significati per un proprio personale interesse non è la cosa più opportuna per il bene degli studenti in particolare ma di tutti in generale.
Riceviamo molte segnalazioni sul tema è ne pubblichiamo una rappresentativa anche per l’autorevolezza di chi la scrive:
spett.le Betapress, con riferimento all’articolo odierno pubblicato da LA VERITA’ “fate scendere l’Anpi dalla cattedra” in merito all’accordo MIM / Anpi per l’insegnamento della storia nelle scuole, che il ministro Valditara ha comunicato di voler rinnovare allargandolo a tutte le associazioni partigiane , osservo che un analogo accordo è già stato perfezionato il 3 luglio scorso dal MIM con gli istituti per la storia della resistenza (il cui presidente Pezzino è coordinatore di un comitato scientifico promosso da Anpi), prevedente , tra l’altro, l’impiego dei docenti esentati dal servizio presso gli istituti per la storia della resistenza (art.3 ACCORDO 3.07.23) . Valditara CONFERMA che la “cattedra” della storia nella scuola sia comunque monopolio dei “partigiani”. Resta l’interrogativo sul perché il Ministero dell’istruzione (del governo Meloni come dei Governi di centrosinistra) debba appaltare (con assegnazione di risorse pubbliche) l’insegnamento della storia agli studenti a terzi ed altresì solo se appartenenti ad una determinata area politica.
Marco Filisetti già dirigente generale Ministero Istruzione mfilisetti@lanostragorle.org.
La Compliance bancaria 2.0 nel modello Faletti: la compliance che calcola l’EVA.
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La trasformazione del mondo bancario oggi assume connotati particolari in quanto apre spazi a competitori che normalmente erano molto lontani dal perimetro bancario classico, quali ad esempio Amazon e Paypal, che fortemente destabilizzano le normali regole del “Fare Banca”.
E’ pertanto fondamentale guadagnare competitività rendendo al massimo efficace il sistema dei controlli: il nuovo modello di compliance adattativa 2.0 di Faletti sembra riuscire a farlo.
Nel contempo il mondo bancario sta subendo una importante trasformazione dovuta all’ingresso delle banche on line.
Il modello bancario sta orientandosi sempre di più verso il modello chiamato Banca O2O.
Figura 1 – la banca O2O
Questo nuovo modello di banca ha tre tipologie di impatto che scardinano il modello di banca tradizionale:
L’estrema velocità caratterizzata dall’uso continuo di tecnologia, velocità che si ritrova sia nella transazione al cliente che nell’adeguamento dei sistemi alle novità introdotte sul mercato (mero esempio se viene aggiornato un sistema operativo tutte le app della banca devono funzionare immediatamente anche sull’aggiornamento).
La volatilità della consapevolezza delle abitudini del cliente e la sua stessa effimera conoscenza nel senso di preferenze e di interazione, che ormai avviene solo on line (i conti aperti on line creano il paradosso che la banca nuova non vede mai il suo cliente).
La difficoltà di mantenere il livello dei controlli coerente con il transato banca, anche in considerazione del fatto che le modifiche sui processi sono quotidiane.
Occorre notare che il nuovo modello di banca si scontra anche con un mercato cambiato in cui una grossa fetta dell’operatività bancaria è ormai in mano a competitors differenti.
Figura 2 – il nuovo scenario bancario
La perdita del sistema di pagamento ed incasso e delle carte di credito elimina molto della capacità delle banche di remunerare le operazioni e quindi sostenere i costi, muovendole verso sistemi di gestione del risparmio (reti di promotori) in cui è possibile operare up front commissionali significativi.
Tutto questo rende le banche più esposte a rischi e soprattutto le pone in un mercato aperto (quello on line) dove è molto probabile perdere di vista il flusso generato dal trinomio cliente, promotore, operazione, assumendo più rischi di quelli attesi.
In questo contesto si delinea una maggiore complessità legata al modello del sistema dei controlli interni (SCI) che lega l’operatività quotidiana della banca con le necessità di controllo e di compliance richieste dalla normativa.
Non da ultimo appare che un legame tra business e controlli diviene ora, se mal gestito, strumento di limitazione e di perdita di quote di mercato.
Figura 3 – il processo dei controlli interni
In effetti i tre mondi in cui ora si gioca la partita dei controlli sono clienti, promotori e processi.
In questo nuovo contesto quella che prima era la variabile Tempo ora diviene importante parametro di settaggio del sistema dei controlli in quanto la velocità delle informazioni può fare la differenza fra l’individuazione di una frode e la sua attuazione.
Nel meccanismo individuato il sistema dei controlli interni cambia diventando uno strumento di pre-analisi deduttiva invece che un sistema di verifica ex post.
Figura 4 – il nuovo SCI
Per il nuovo sistema dei controlli interni clienti e promotori viaggiano sullo stesso piano perché sono figure che muovono i processi intervenendo su di essi, mentre processi e normativa devono adeguarsi anche alle mutate operatività dei clienti.
È talmente vero suddetto accadimento che oggi le banche per presidiare correttamente questi segmenti creano uffici ad hoc nelle funzioni di controllo per poter seguire i rischi legati a ciascun segmento.
Secondo l’indagine di Thomson Reuters solo il 20% delle istituzioni finanziarie europee ha avviato efficaci progetti di adeguamento al cambiamento delle regole, lasciando prevedere un netto divario fra le istituzioni in cui sarà palese la ricerca di player con soluzioni chiavi in mano ma modulari.
La compliance oggi
Nelle banche, negli intermediari finanziari e nel comparto assicurativo, la funzione di compliance è chiamata a svolgere un ruolo complementare rispetto al sistema di gestione dei rischi previsto dalla regolamentazione prudenziale (Basilea II, Solvency II); la compliance ha infatti un’ottica prevalentemente preventiva nel presidiare rischi di carattere legale e reputazionale
Banche, intermediari che offrono servizi di investimento ed assicurazioni devono obbligatoriamente istituire una funzione di compliance secondo le indicazioni fornite rispettivamente da:
Banca d’Italia il 12 luglio 2007 nelle “Disposizioni di Vigilanza – La funzione di conformità (compliance)”;
CONSOB (congiuntamente a Banca d’Italia) il 29 ottobre 2007 nel “Regolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio”;
ISVAP il 26 marzo 2008 nel “Regolamento N. 20 recante disposizioni in materia di controlli interni, gestione dei rischi, compliance (…)”.
Tali normative di vigilanza recepiscono i principi guida sulla materia pubblicati nel 2005 dal Comitato di Basilea.
Molte aziende facenti parti di gruppi multinazionali specie se quotate in borsa, pur non essendo tenute a norma di legge, istituiscono una funzione di Compliance.
La funzione di conformità si inserisce nel più ampio sistema dei controlli interni ed in particolare nell’ambito delle funzioni di controllo sulla gestione dei rischi.
Nelle banche la Compliance è una funzione di controllo di “secondo livello” ed ha l’obiettivo di “concorrere alla definizione delle metodologie di misurazione/valutazione del rischio di conformità, di individuare idonee procedure per la prevenzione dei rischi rilevati e di richiederne l’adozione.
Il ruolo descritto differenzia sostanzialmente la funzione di conformità da quella di revisione interna (cfr. Titolo IV – Capitolo 11 – Sezione II – Par. 1 delle Istruzioni di Vigilanza)”.
L’adeguatezza ed efficacia della funzione di conformità devono essere sottoposte a verifica periodica da parte dell’Internal Audit o revisione interna (che nelle banche è una funzione di controllo di terzo livello); di conseguenza, per assicurare l’imparzialità delle verifiche, la funzione di conformità non può essere affidata alla funzione di revisione interna.
Figura 5 – i livelli di controllo
In ambito bancario “in via generale, le norme più rilevanti ai fini del rischio di non conformità sono quelle che riguardano l’esercizio dell’attività di intermediazione, la gestione dei conflitti di interesse, la trasparenza nei confronti del cliente e, più in generale, la disciplina posta a tutela del consumatore”.
Antiriciclaggio e contrasto del finanziamento del terrorismo
Lgs. 231/01 sulla “responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”
Privacy e protezione dei dati personali
Lgs 141/10 e Codice del Consumo
Security – sicurezza informatica
Safety – d. lgs. 81/2008 sulla “sicurezza sul posto di lavoro”
legge 28 dicembre 2005, n. 262, “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”.
Di conseguenza oltre le normative “generali” la funzione di Compliance in banca si occupa anche di:
Trasparenza dei Servizi Bancari
Normativa di contrasto all’Usura
MiFID- Markets in Financial Instruments Directive (Direttiva sui mercati degli strumenti finanziari)
PSD – Payment Services Directive (Direttiva sui servizi di pagamento)
Business Continuity o continuità del servizio.
La compliance adattativa 2.0
Oggi serve un nuovo modello di compliance che si adatti alle esigenze evidenziate portando il sistema dei controlli verso un nuovo meccanismo ove il tempo sia il più possibile un elemento di raccordo con tutte le operatività necessarie.
Figura 6 – il plurimodello
In questo modello, che è in realtà un plurimodello perché integra una serie di sotto modelli logici che ne fanno un modello matrice, girano in grande sintonia e con una visione a 360 gradi una serie di interventi di controllo e di formazione che non possono ormai essere disgiunti.
In questa visione la Compliance non è più una funzione super partes, ma diviene motore evolutivo del business, affiancandolo e diventandone una ala stabilizzatrice.
Figura 7 – il flusso del nuovo SCI
Il nuovo modello di compliance pertanto deve riassumere tutte le funzioni di un efficace BPM collegato ad un ottimo motore di analisi dati, integrando tecnologia e modello concettuale del sistema dei controlli interni in una unica rappresentazione.
Il concetto di tempo zero
La novità assoluta introdotta è il concetto di tempo zero, ovvero adattare la compliance ai sistemi on line in cui non v’è nessun tipo di overlay.
È infatti cruciale oggi che le figure preposte al controllo possano vedere la situazione del profilo di rischio in tempo reale (o quasi).
Affinché sia operativo il concetto di tempo Zero il nuovo sistema contiene un motore logico aggiornabile, una significativa capacità di agganciarsi a qualsiasi fonte dati interna – esterna, un potente PBM facilmente configurabile, un buon motore di reporting e una dettagliata gestione dei permessi utente.
Il sistema prevede anche una particolare capacità di automazione verso altri processi per poter verificare on line eventuali anomalie segnalate (ad esempio: se un cliente opera sulla procedura bonifici in modo anomalo andare a verificare immediatamente se il destinatario di quei bonifici è nelle black list o è lo stesso usato da qualche promotore).
Figura 8 – modello di compliance adattativa 2.0
In pratica un buon motore di input in grado di ricevere informazioni da qualsiasi fonte ed in qualsiasi formato, un motore di BPM interno che operi sui principali processi di controllo, una interfaccia in grado di interagire con altri applicativi ed un sistema di output funzionale sia al reporting che alla visualizzazione on line.
Il sistema è in grado di ragionare a Tempo Zero, ovviamente questo dipende anche dal motore di input collegato a CA 2.0.
Il modello concettuale dei controlli integrato in CA 2.0 contiene un motore funzionale e quattro punti cardinali di interazione:
Input – con la possibilità di interfacciarsi a qualsiasi fonte dati
Output – con un alto livello di personalizzazione dei report
Metrics – un riferimento tabellare a normative esterne
Interact – interagire con procedure esterne in caso di anomalie
Come calcolare l’EVA della Compliance
Se è quindi possibile arrivare alla costruzione di un modello di compliance 2.0 cosi come ipotizzato, allora è possibile individuare i modelli di calcolo dell’Eva della compliance.
Negli ultimi anni l’attenzione dei professionisti e degli studiosi si è progressivamente spostata dal problema della valutazione al problema della verifica della creazione del valore non solo per le aziende ma anche per i singoli rami operativi all’interno dell’azienda stessa.
Si ritiene infatti che le variazioni di valore intervenute per un’impresa siano la miglior espressione dell’effettiva performance economica di una società.
Il principio su cui si fonda l’EVA (Economic Value Added) è molto simile a quello adottato dai criteri di valutazione classici di tipo misto: il punto di partenza è il capitale investito all’interno di una certa società o ramo d’azienda, ma anche struttura operativa; moltiplicando questo capitale per il costo del capitale stesso si ottiene un livello di reddito minimo atteso, appena sufficiente a remunerare gli investitori senza quindi lasciare alcun valore aggiunto all’interno della società.
Sottraendo dal livello di reddito effettivamente realizzato la soglia di reddito minima appena definita si ottiene l’EVA misurato sul segmento di interesse.
Il metodo di valutazione dell’EVA indica dunque la quantità di valore creato dall’impresa nel corso dell’anno, valore che conseguentemente dovrebbe riflettersi nel valore di mercato della stessa.
L’Eva può essere considerato un indicatore di performance aziendale.
Infatti per la massimizzazione del valore è necessario che il management dell’azienda sia in grado di effettuare con cognizione di causa scelte strategiche quali, ad esempio la decisione se intraprendere o meno una strategia di espansione o diversificazione del proprio business tramite la realizzazione o il change di prodotti.
L’obiettivo del management deve essere quello di massimizzare il valore di mercato di un’azienda.
E’ necessario però confrontare il valore di mercato dell’azienda con il valore del capitale investito nell’azienda.
La differenza può essere definita come “valore creato”, o “valore di mercato aggiunto”.
Quindi:
EV= MVA + CI
Ovvero il valore di un’azienda (EV, Enterprise value) è uguale al Capitale Investito (CI) nell’azienda stessa, più il valore aggiunto che l’azienda stessa è riuscita a creare.
In questo senso EVA (come misura del “valore creato” nell’anno) può essere utilizzato come uno strumento di valutazione dell’operato del management.
Uno strumento che fa coincidere gli interessi del management a quelli dell’azionista: infatti il management, premiato in base al valore aggiunto creato, è stimolato ad accrescere anno per anno l’ EVA e quindi il MVA (MVA=valoreattuale di tutti I futuri EVA).
Inevitabile quindi che la compliance 2.0 abbia un forte impatto sul calcolo del valore aziendale e possa essa stessa essere fonte di valore.
Inutile dire che il calcolo dell’EVA in un modello di compliance prende come base di partenza il capitale assorbito dal modello stesso rapportato ai singoli assorbimenti di capitale dei profili di rischio identificati ed osservati.
E’ pertanto fondamentale ottenere un corretto monitoraggio dei rischi e degli indicatori di rischio, ponendo come base di analisi non una osservazione ex post, ma una serie di trend che permettano di ottenere dei valori previsionali di rischio.
Per fare questo il modello di compliance 2.0 deve considerare gli indicatori come progressioni del rischio e non come segnalatori di evenienze.
A questo punto è possibile calcolare il coefficiente ß per un corretto calcolo del CAPM.
Il modello Faletti permette quindi di allineare il costo della Compliance al valore generato dal contenimento del rischio sia in fase operativa ma anche in fase di definizione di prodotti / processi.
Corrado Faletti è il Direttore responsabile di Betapress e ha contribuito a definire la prima struttura di compliance nel mondo bancario nel 2004; da allora si occupa di analisi di rischio e sistemi di controllo. Nel 2010 ha realizzato il sistema di AUDIT dei Fondi Europei per il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.
L’EROICA apre la cerimonia di inizio anno scolastico.
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L’inizio dell’anno scolastico 23/24 è stato celebrato il 18 settembre 2023 a Forlì presso il plesso scolastico Allende.
La cerimonia è stata trasmessa da rai uno nell’ambito del programma Tutti a Scuola condotto da Flavio Insinna e Malika Ayane. (vedi la cerimonia). eroica eroica eroica
Il Maestro Leonardo De Amicis ha diretto l’Orchestra Sinfonica delle Scuole Marchigiane, L’EROICA, progetto nato dalla volontà dell’Ufficio Scolastico per le Marche nella persona dell’ex direttore generale Marco Ugo Filisetti e del maestro Luca Testa, Dirigente scolastico del Liceo Marconi di Pesaro.
Un progetto nato nel lontano 2019 e portato alla sua realizzazione con il concerto inaugurale del 23 ottobre 2022 in favore delle popolazioni alluvionate delle Marche, di cui la nostra testata si è già occupata.
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Riportiamo con piacere il messaggio che il Dott. Marco Ugo Filisetti ha inviato ai componenti dell’orchestra dopo la performance davanti al Capo dello Stato.
Carissimo Maestro Luca Testa e carissimi componenti de l’orchestra EROICA, complimenti per la vostra magistrale esibizione a Forlì il 18 settembre in occasione dell’inaugurazione nazionale dell’a.s. 2023/24. EROICA non è solo un insieme di strumentisti che collaborano ad un’esecuzione musicale e migliorano la propria formazione artistica, ma con la propria azione interpreta lo spirito comunitario, identitario ed “eroico” che, con l’esempio, cerca di trasmettere ai giovani marchigiani, ribadendo loro il messaggio: “Siate sempre uniti, pur nelle diverse idee, siate Comunità, siate amicizia, strumento di amicizia, non lasciate che odi, rancori vi dividano rompendo l’armonia della comunità giovanile alla quale naturalmente appartenete, esercitando in questo tempo il dovere dell’autocoscienza che si interroga a partire dalla propria identità per orientarsi: chi sono io, i miei padri, le mie radici, da dove vengo per sapere dove andare. Siate coraggiosi e determinati per vincere tutte le difficoltà che si frappongono nel percorso che al suo solstizio consentirà a ciascuno di voi di entrare nella Comunità portando ciascuno la pietra al Cantiere, come è stato per chi vi ha preceduto e per questo sentiamo con riconoscenza presente. Continuate ad intraprendere anche quando sembra non esserci speranza e perseverare anche se vi sembra di non riuscire. Conservate sempre il dominio di se stessi, la chiarezza di giudizio, la libertà interiore rifuggendo da ogni tipo di droga che inevitabilmente offusca la mente e semina nell’ anima stanchezza ed impotenza, neutralizzando la corretta capacità di azione . La vostra vita sia sana, naturale, equilibrata, lontana da tutto ciò che è frivolo, superfluo, artefatto, come i bisogni artificiali creati dalla società consumistica, sia attenta a non alterare gli equilibri ambientali e naturali, sia rispettosa degli altri con sincera comprensione verso le loro inclinazioni, convinzioni o vocazioni. In sintesi: abbiate una concezione eroica della vita, dove per eroe non si intende la persona dal comportamento eccezionale ma colui che, sveglio alla vita, non spegne la luce di cui ciascuno è portatore e, padrone di se stesso, compie il proprio dovere senza aspettarsi ricompense o temere punizioni, avendo nella propria coscienza un giudice ben più acuto e inesorabile.”
Marco Ugo Filisetti
Ex Direttore Generale USR marche ed ideatore del progetto orchestra sinfonica delle scuole marchigiane
Bambini disobbedite, perché vi aiuta ad imparare.
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Genitori voi invece obbedite, perché vi aiuta a far crescere.
Ma come può obbedire un genitore? ed a cosa, vi chiederete voi lettori…
Il genitore deve obbedire ad un semplicissimo dovere: la necessità di dare strumenti corretti di crescita al proprio figlio, come?
Cercando di conoscere.
La disobbedienza dei bambini è una tappa inevitabile e cruciale nel loro processo di crescita e sviluppo.
Nonostante possa risultare frustrante per genitori e tutori, è importante considerarla come una fase naturale del percorso di apprendimento di un bambino.
È importante capire che i bambini stanno cercando di individuare i propri limiti e di acquisire un senso di indipendenza e autonomia, infatti i primi atti di disobbedienza nei bambini sono spesso un segno che stanno iniziando a sviluppare un senso di sé ed un desiderio di indipendenza.
Questo comportamento può manifestarsi in molte forme, come il rifiuto di seguire le istruzioni, il testare i limiti delle regole, provocare apertamente gli adulti o ignorare i comandi diretti.
È fondamentale comprendere che la disobbedienza non è necessariamente un segno di cattiva educazione o mancanza di rispetto, ma piuttosto del fatto che i bambini stanno cercando di capire il mondo che li circonda e apprendono dalle esperienze, anche da quelle negative.
Questo processo di apprendimento comporta spesso sfide ed errori, anche da parte di genitori e tutori, che hanno un ruolo cruciale nella gestione della disobbedienza dei bambini.
La comunicazione è la chiave: spiegare chiaramente le aspettative e le regole, insieme alle ragioni dietro di esse, può aiutare i bambini a comprendere meglio cosa ci si aspetta da loro.
Infatti la disobbedienza è spesso una fase temporanea e una parte normale dello sviluppo infantile, dove i bambini stanno imparando a esprimere la propria individualità e a comprendere le conseguenze delle loro azioni.
E’ inevitabile che la disobbedienza sia più presente quando quando non comprendono completamente ciò che si aspetta da loro.
Il problema genitoriale è il tempo ma anche la capacità: per spiegare occorre tempo e capacità di trasformare in concetti chiari per un bambino il mondo delle regole che ha intesta un adulto.
Occorre, in un certo senso, che il genitore si ponga in un rapporto esegetico con il bambino al fine di parlare in una lingua e con concetti a lui comprensibili.
In questo meccanismo il genitore dovrebbe conoscere bene alcuni principi come la ridondanza della comunicazione e la semplificazione del concetto, o anche solo la sua traduzione nel mondo immaginifico del figlio.
Certamente conoscere il mondo linguistico in cui il bambino si sta muovendo è importante.
La risposta del genitore a questa necessità non può essere non ho tempo, ma al limite non sono in grado di farlo, perché con la risposta non ho tempo il genitore si chiude alla possibilità, mentre con la risposta non lo so fare si apre un mondo di opportunità.
Regola fondamentale da mantenere è la coerenza e la linearità di comportamenti.
Le regole dovrebbero rimanere costanti, e le conseguenze della disobbedienza dovrebbero essere appropriate e proporzionate, ma soprattutto applicate.
Questo crea un ambiente in cui i bambini possono prevedere le conseguenze delle loro azioni, il che può contribuire a motivarli a seguire le regole.
Tuttavia, nonostante la necessità di regole e discipline, è altrettanto importante lasciare spazio per l’autonomia e la scelta, ma anche per l’empatia; mostrare empatia verso i sentimenti dei bambini può contribuire a ridurre la disobbedienza, la disobbedienza infantile spesso nasce dalla frustrazione o dal sentimento di abbandono.
Consentire ai bambini di prendere decisioni appropriate per la loro età può ridurre fenomeni di ribellione alle regole, poiché si sentono coinvolti nel processo decisionale; ad esempio, invece di dire “Indossa questa giacca”, si potrebbe chiedere “Vuoi mettere il tuo maglione rosso o il tuo giubbotto blu?”.
Inutile osservare che i bambini spesso imparano dal comportamento dei loro genitori e delle figure di riferimento, ecco perché mostrare un comportamento rispettoso delle regole può avere un impatto positivo, spesso ricreando ambienti simili in cui gli adulti rispettano le regole che loro stessi impongono ai figli.
L’esempio classico è il rapporto intergenerazionale: un bambino che vede il proprio genitore rispondere male al suo genitore non sarà certo portato a rispettare una regola educativa contraria al comportamento visto attuare dal genitore stesso.
Concludendo la disobbedienza può essere un terreno fertile per l’apprendimento e la crescita dei bambini, ma solo se noi abbiamo gli strumenti per comprenderla ed incanalarla verso un percorso di comprensione dei meccanismi.
Attraverso la disobbedienza si possono sviluppare competenze come la risoluzione dei problemi, la negoziazione e la comprensione delle conseguenze delle azioni.
In estrema sintesi, la disobbedienza dei bambini è una fase normale del loro sviluppo utilissima per poter far comprendere regole, comportamenti sociali e obblighi dell’IO.
La distanza della famiglia da questi momenti educativi, e la loro mancata comprensione da parte dei genitori, è sicuramente uno tra i più gravi danni possibili da arrecare al bambino.
Affrontarla con pazienza, comunicazione aperta e coerenza nelle regole e nelle conseguenze può aiutare i bambini a imparare dagli errori e a crescere come individui responsabili e consapevoli.
AI: rivoluzione per il modo di apprendere, ma forse si dovrebbe rivoluzionare il modo di insegnare.
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Leggo su ‘Il Sole 24 ore’ di ieri: “l’intelligenza artificiale arriva a scuola e rivoluziona il modo di apprendere”. SOMMESSAMENTE: visto la stato complessivo della scuola e della docetica, forse occorrerebbe rivoluzionare il modo di insegnare.
Anche con l’aiuto degli economici robot, se occorresse (lo dico provocatoriamente, fermamente convinto come sono che un buon insegnante sia insostituibile).
Chi deve apprendere è già sufficientemente malridotto soprattutto grazie a giochi e giochini violenti, e allo stare incollato improduttivamente sullo schermo di un PC o di uno smartphone!
Situazioni che lo ‘rintronano’ non aiutandolo nel formulare ed esprimere un PENSIERO AUTONOMO, privandolo di interessi nella RIFLESSIONE, nello stimolo alla CURIOSITÀ e quindi all’APPROFONDIMENTO e al DIALOGO, soprattutto prediligendo il CONFRONTO PERSONALE e la DIALETTICA, per poter crescere senza rimanere nella propria bolla.
Bolla colma di errori e incertezze, persino carente di dubbi.
Leggere che un giovane, oggi, è accreditato di un vocabolario di neanche 300/350 parole è come sapere che siamo a bordo di una eccezionale astronave, che può solcare gli spazi, ma che invece viene adoperata per andare da casa fino al calzolaio!
Personalmente credo che la tecnologia debba porsi dei limiti, per evitare ai vari Dottor Stranamore di imporre tesi e progressi scientifici che non tengano conto dell’Uomo e del suo immenso valore.
Di AI devono trattare coloro che sanno discernere il giusto dall’errato, che hanno ben presenti i valori dell’etica e della morale.
Soprattutto che siano dotati di una propria vivace intelligenza, perché qualunque macchina/dispositivo “intelligente” non può essere governato da menti instabili, tarate o – peggio ancora – deviate in senso opposto al Bene.
Oltre l’impressionismo
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Importante mostra sul post-impressionismo alla National Gallery di Londra
Ancora pochi giorni per poter visitare la mostra sul post-impressionismo alla National Gallery di Londra.
L’importante mostra collettiva riguarda il periodo di rivoluzione artistica all’origine dell’arte moderna del Novecento.
Dopo l’impressionismo: verso l’arte moderna
La mostra si intitola: “Dopo l’impressionismo: inventando l’arte moderna” (“After Impressionism: Inventing Modern Art”).
È il racconto di un periodo di poliedrico e dinamico che è il preludio dell’arte moderna.
Il periodo tra il 1880 e il 1914
La mostra riguarda il periodo storico dal 1880 all’inizio del XX secolo.
Tra il 1880 e il 1914 ci fu una attività di intensa ricerca creativa, esplorazione e sperimentazione che culminò nel 1914.
Questa fase è intensissima e ricchissima di spunti innovativi.
Si conclude bruscamente con lo scoppio della Prima guerra mondiale.
La mostra presenta una selezione completa delle opere d’arte più significative.
I padri fondatori del post -impressionismo
La mostra è una celebrazione delle realizzazioni di tre giganti artistici del periodo: Paul Cézanne, Vincent van Gogh e Paul Gauguin.
Ma non solo.
L’esposizione indaga sulla influenza che i tre artisti hanno avuto in Europa tra i loro seguaci.
Da Parigi (Manet -Degas) a Londra e New York (post-impressionismo)
La mostra si può considerare la prosecuzione di quella appena conclusasi il 23 luglio a Parigi presso il museo d’Orsay.
Si tratta della mostra Manet – Degas, i due grandi maestri amici e rivali dell’impressionismo.
Dopo l’estate la mostra Manet – Degas traslocherà negli Stati Uniti, al Metropolitan Museum di New York.
Edouard Manet La famiglia Monet in giardino 1874
Edouard Manet Sulla spiaggia di Boulogne 1868
Edgar Degas Ritratto di un ufficio a Nuova Orleans 1873
Dall’impressionismo al post – impressionismo
L’esposizione ci racconta l’evoluzione che ci fu dopo l’impressionismo.
Sono i post impressionisti coloro che prendono le mosse dall’impressionismo.
Ma essi vanno oltre, lo superano e lo modernizzano.
Le nuove idee permettono agli artisti di sperimentare nuovi materiali e tecniche.
Chi erano gli impressionisti
Tutto parte dal movimento impressionista.
L’impressionismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia soprattutto a Parigi, tra il 1860 e il 1880.
Il gruppo degli impressionisti si forma attorno a Edouard Manet capofila della avanguardia artistica parigina negli anni 60 dell’Ottocento.
Altri illustri esponenti sono
Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Auguste Renoir e Alfred Sisley.
Differenza tra impressionismo e post-impressionismo
Gli impressionisti utilizzano la tecnica delle pennellate rapide e fitte.
Le luci, le forme, lo spazio e i volumi vengono tutti costruiti mediante il colore.
Il post- impressionismo porta nuove idee.
Permette agli artisti di sperimentare con nuovi materiali e tecniche.
Il distacco dalla realtà oggettiva dei post-impressionisti
Al contrario delle esperienze artistiche impressioniste, i pittori post – impressionisti hanno l’aspirazione di imprimere sulla tela le proprie emozioni e la propria soggettività, distaccandosi dalla realtà oggettiva.
Van Gogh, oltre l’impressionismo
La drammaticità si contrappone all’allegria impressionista.
Van Gogh, ad esempio, rispetto agli impressionisti, tende a proiettare nella realtà se stesso.
Trasforma la realtà trasfigurandola secondi i suoi sentimenti.
La pittura può essere usata per esprimere le emozioni e i sentimenti.
Vincent Van Gogh Case-a Saintes-Maries de la Mer 1888
I padri fondatori del post-impressionismo
L’intento della mostra è quello di trovare una non facile sintesi tra i tre grandi protagonisti del passaggio di secolo: Paul Cézanne, Vincent Van Gogh e Paul Gauguin.
Sarebbero loro, secondo i curatori della mostra, i tre padri fondatori del post-impressionismo.
Paul Cezanne Zuccheriera pere e tovaglia
Paul-Gauguin Festa a Gloanech 1888
La sintesi tra Cézanne, Van Gogh e Gauguin
Sono tre artisti dissimili per esiti e conseguenze.
Sono accomunati tuttavia dalla necessità di rintracciare nuove forme espressive.
L’esposizione, attraverso quasi cento opere, traccia le influenze che questi tre artisti hanno avuto sulle giovani generazioni di artisti.
L’influenza sui giovani di tutta Europa
La mostra evidenzia molto chiaramente l’influenza di Cézanne e Gauguin su artisti non solo francesi, ma anche sui coetanei in tutta Europa, da Barcellona a Berlino, da Bruxelles a Vienna.
Sino a giungere alle origini dell’Espressionismo, del Cubismo, dell’Astrazione, da Munch a Matisse, a Picasso e Rodin.
Henri-Matisse Interno con giovane ragazza 1906
Pablo Picasso Gustave Coquiot 1902
Il commento della curatrice
La mostra segue la creazione di una nuova arte moderna libera dalle convenzioni.
“Abbiamo voluto raccontare come il post- impressionismo ha gettato le basi dell’arte del XX e XXI secolo”, ha commentato MaryAnne Stevens, co-curatrice di “Dopo l’impressionismo: inventando l’arte moderna”.
Rottura dei legami con la tradizione
La rottura con la rappresentazione convenzionale del mondo esterno si esprime con la nascita di nuovo linguaggi visivi.
L’enfasi cade sulla materialità dell’oggetto artistico espressi attraverso linea, colore, superficie, tessitura disegno (La danza di Derain, Il letto di morte di Munch, La casa di Gloanech di Gauguin, Il villaggio bavarese di Kandinsky , esposti in mostra.
Derain e il kimono di Madame Matisse
Esposto in mostra è il dipinto di Derain“Madame Matisse con il kimono” .
Il quadro, realizzato nell’estate del 1905 a Collioure una località dell’Occitania che incanto Matisse, trasmette la luce estiva.
La luce attorno alla donna diventa di un colore rosso intenso e le ombre di un blu e di un verde vivido.
Andre Derain Madame Matisse-col-Kimono-1905
Il kimono giapponese diventa anche post-impressionista
Il kimono giapponese, simbolo del giapponismo così caro agli impressionisti rimane anche nel repertorio dei post – impressionisti.
Tuttavia, si trasfigura e prende forme diverse e surreali.
Siamo lontani dalla fedele riproduzione visiva della luce en plein air degli impressionisti.
Le opere provengono da importanti collezioni private
Sono oltre cento le opere di artisti famosi come Van Gogh, Klimt, Kokoschka, Matisse, Picasso, Mondrian e Kandinsky, Derain.
Oltre a una selezione di sculture di Rodin e Camille Claudel.
La completezza della esposizione è stata possibile grazie ad importanti prestiti forniti alla mostra da istituzioni e collezioni private di tutto il mondo.
Genitori, chiedete modelli nuovi di insegnamento per i vostri figli.
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Il modello educativo frontale è una delle metodologie di insegnamento più tradizionali e ampiamente utilizzate in tutto il mondo.
In questo approccio, un insegnante presenta informazioni o lezioni in modo diretto a un gruppo di studenti, che solitamente sono disposti in modo frontale o in file nei banchi.
Questo modello è spesso caratterizzato dalla trasmissione unidirezionale delle conoscenze dall’insegnante agli studenti, con un’enfasi sull’ascolto passivo e sulla memorizzazione.
Sebbene il modello educativo frontale abbia una lunga storia di utilizzo ed è ancora ampiamente praticato, è importante considerare alcune delle sue sfide e limitazioni.
Prima di tutto, questo approccio può favorire una passività da parte degli studenti, che possono diventare semplici ricevitori di informazioni piuttosto che partecipanti attivi nel processo di apprendimento.
Questa mancanza di coinvolgimento attivo può portare alla noia e alla perdita di interesse per il materiale didattico.
Inoltre, il modello frontale potrebbe non tener conto delle differenze individuali tra gli studenti.
Ogni studente ha uno stile di apprendimento unico, e il modello frontale potrebbe non essere adatto a tutti.
Molti studenti traggono beneficio dall’apprendimento attivo, dalla discussione, dalla collaborazione e dall’applicazione pratica delle conoscenze. Il modello frontale può limitare queste opportunità.
Un’altra sfida del modello frontale è che l’insegnante potrebbe non essere in grado di monitorare attentamente il progresso individuale degli studenti o rispondere alle loro esigenze specifiche.
Questo può portare a una mancanza di personalizzazione nell’insegnamento, che è fondamentale per il successo educativo.
In pratica possiamo individuare 8 punti critici:
1 – Passività degli studenti: Gli studenti spesso sono passivi durante le lezioni frontali, limitandosi ad ascoltare e prendere appunti. Questo può portare a una minore partecipazione attiva e interazione con il materiale.
2 – Apprendimento unidirezionale: L’insegnamento frontale si basa su una comunicazione unidirezionale, con l’insegnante che trasmette informazioni agli studenti. Questo limita le opportunità per gli studenti di fare domande e contribuire attivamente alla discussione.
3 – Differenze individuali: Gli studenti hanno stili di apprendimento diversi, e l’insegnamento frontale potrebbe non essere adatto a tutti. Alcuni studenti potrebbero avere bisogno di approcci più interattivi o di apprendere in modi diversi.
4 – Concentrazione limitata: Gli studenti possono perdere la concentrazione durante le lunghe lezioni frontali, specialmente se queste non sono coinvolgenti o interessanti. La noia può compromettere l’apprendimento.
5 – Memorizzazione a breve termine: L’insegnamento frontale spesso si concentra sulla memorizzazione a breve termine delle informazioni per superare interrogazioni o esami, ma questo può non favorire la comprensione profonda e l’applicazione delle conoscenze nel lungo termine.
6 – Poca personalizzazione: L’insegnamento frontale tende a essere uniforme per tutti gli studenti, senza tener conto delle loro esigenze specifiche o dei loro livelli di competenza. Questo può portare a un apprendimento inefficace per alcuni.
7 – Manca di contesto del mondo reale: Le lezioni frontali possono mancare del contesto del mondo reale, rendendo difficile per gli studenti collegare ciò che imparano alle applicazioni pratiche.
8 – Limitazioni tecnologiche: In alcune situazioni, l’insegnamento frontale può essere limitato dalle risorse tecnologiche e dalla disponibilità di strumenti educativi moderni, che potrebbero migliorare l’apprendimento.
Per superare questi limiti, molti educatori stanno esplorando approcci più interattivi, come il blended learning (un mix di insegnamento in classe e online), l’apprendimento basato su progetti e l’uso di tecnologie educative avanzate per migliorare l’esperienza di apprendimento degli studenti.
Tuttavia, è importante notare che il modello educativo frontale non è completamente privo di meriti.
Può essere efficace per la presentazione di informazioni chiave o la spiegazione di concetti complessi.
Inoltre, può essere utile in contesti in cui è necessario impartire conoscenze di base o standardizzate in modo efficiente.
Per migliorare il modello educativo frontale, è importante integrarlo con approcci più interattivi e partecipativi all’apprendimento.
L’insegnante può incorporare attività di discussione di gruppo, lavori di gruppo, progetti collaborativi e tecnologie educative per coinvolgere gli studenti in modo attivo e favorire l’apprendimento significativo.
In questo modo, il modello frontale può diventare parte di un approccio educativo più ampio e diversificato che tiene conto delle esigenze e delle abilità individuali degli studenti.
In conclusione, il modello educativo frontale ha un ruolo nel panorama dell’istruzione, ma è importante considerarne le sfide e le limitazioni.
Gli educatori dovrebbero cercare di bilanciare questo approccio con metodi più interattivi ed espansivi per garantire un apprendimento più efficace ed efficiente per tutti gli studenti.
La chiave per un’educazione di successo è la flessibilità e l’adattabilità nell’uso di diverse metodologie didattiche per soddisfare le esigenze degli studenti e promuovere un apprendimento significativo.
Il ruolo della famiglia e dei genitori deve essere interattivo anche sulle metodologie di insegnamento.
Questo non vuol dire che la famiglia deve decidere il modello di lezione che la scuola deve adottare, ma la famiglia deve decidere in che scuola mandare il proprio figlio proprio in base al modello di lezione che la scuola ha deciso di utilizzare.
Dopo le tappe americane di Houston e San Francisco, il 7 aprile è arrivata a Parigi la mostra itinerante «Ramses e l’oro dei faraoni».
Ci sarà tempo fino al 6 settembre per ammirare la mostra realizzata dalla World Heritage Exhibitions con sede in Florida.
Dopo quella data la mostra si trasferirà a Londra per poi approdare in Australia.
Da Tutankhamon a Ramses II
L’esposizione dedicata a Ramses II (XIII secolo a.C.) comprende 181 reperti di notevole valore provenienti per la maggior parte dal Museo Egizio del Cairo.
Molti di questi oggetti non avevano mai oltrepassato i confini egiziani prima di questa tournée.
L’evento si tiene nella Grande Halle de la Villette e intende replicare il successo ottenuto da Tutankhamon che, nel 2019, richiamò più di un milione e mezzo di visitatori.
Il leggendario Ramses II
L’esibizione ha lo scopo di condurci per mano attraverso l’età d’oro dell’Egitto e il lunghissimo regno del grande faraone.
La mostra ci conduce attraverso la cosiddetta epoca ramesside.
Il percorso espositivo è suddiviso in tre tappe principali: il regno di Ramses II, la morte di Ramses II e la sua straordinaria posterità, e l’oro dei faraoni.
Emblematica ed esposta in mostra la parte superiore della statua di Ramses II in granodiorite che tiene lo scettro heqa che in geroglifico significa “principe” e che ha la forma di una pastorale.
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Parte superiore della statua di Ramses II che tiene lo scettro heqa in granodiorite nuovo impero 19 dinastia.
La fondazione di nuova capitale
Fondò una nuova capitale, Pi-Ramses (“Dimora di Ramses”), nel delta del Nilo. Combatté a nord contro gli Ittiti e quindi a sud contro i Nubiani, assicurando il predominio dell’Egitto sulla Nubia e i suoi giacimentiauriferi.
Fece inoltre costruire numerosi templi, tra cui i celeberrimi quelli di Abu Simbel, di Karnak, di Luxor, il Ramesseum (tempio funerario) a Tebe, nei pressi del fiume Nilo, a poca distanza dalla moderna Luxor.
Non esiste tuttavia alcuna prova archeologica che Ramses II sia stato l’uno o l’altro faraone, né il suo nome viene menzionato nella Torah
La madre Tuya
Non fu figlio di Ra (cioè del dio Sole, come dice il suo nome), ma della figlia di un comandante della guardia, Tuya e del faraone Seti I, Ramses II.
Ramses II adorava sua madre.
Essa appare vicino a lui nel tempio di Abu Simbel, ha un suo tempio dedicato nel Ramesseum.
Ramses II costruì inoltre per lei una grande e sontuosa tomba nella valle delle regine.
Statua della regina Tuya, granodiorite nuovo impero 19 dinastia
L’ascesa di Ramses II
Circa nel 1280 B.C., alla morte di suo padre Seti I, Ramses II, a 25 anni divenne il terzo faraone della 19 dinastia.
Fu davvero il sovrano più potente, nonché più megalomane, dell’Egitto classico, che guidò il Paese all’apice della potenza e collezionò vari record.
La moglie Nefertari
È Nefertari la più importante delle sue spose, per più di venti anni una delle figure preminenti della politica egizia.
Per lei Ramses II costruì un tempio vicino al suo ad Abu Simbel.
La ritroviamo nella facciata colossale del Tempio maggiore di Abu Simbel.
Ramses guerriero
Fu un formidabile guerriero e prese parte personalmente a numerose battaglie.
Esposto in mostra blocchi di pietra che ritraggono Ramses II nell’intento ad abbattere un nemico e calpestare i corpi di altri nemici.
Da un rilievo nel Tempio maggiore di Abu Simbel.Ramses II, ascia alla mano, si appresta a colpire i tre nemici dell’Egitto: un siriano, un nubiano e un libico.
Il contrasto tra l’alta statura di Ramses e quella dei prigionieri pone l’accento sul suo status di faraone piuttosto che sulla sua forza e sul dominio sui prigionieri stranieri.
Esposti in mostra, inoltre, vi sono rilievi di una scena della battaglia di Qadeš nel Ramesseum.
Da un rilievo nel Tempio maggiore di Abu Simbel (Foto n. 4) Ramses II, ascia alla mano, si appresta a colpire i tre nemici dell’Egitto: un siriano, un nubiano e un libico.
La minaccia dell’impero ittita
L’impero ittita, in Anatolia (nella Turchia attuale), rivaleggia con l’Egitto per controllare il litorale nord della Siria all’epoca di Toutänkhamon.
La espansione dell’impero ittita rappresenta una minaccia sempre più forte per la sicurezza dell’impero egiziano.
Ecco perché Ramses li combatte sconfiggendoli nella famosa battaglia di Qadesh.
La battaglia di Qadesh contro gli Ittiti
Una sezione della mostra è dedicata alla Battaglia di Qadesh (1274 a.C.), che vide scontrarsi Ramses II e il re ittita Muwatalli II (1310-1272 a.C.).
Le armate del faraone cercarono di riconquistare gli stati settentrionali di Oadesh e Amurru finiti sotto il controllo dell’Impero ittita.
La battaglia tra Ramses II e il re ittita Muwatalli II (1310-1272 a.C.), nella quale il re egiziano rischiò persino di essere ucciso, si concluse con uno stallo.
Entrambi i sovrani si attribuirono la vittoria.
Dopo la battaglia di Qades combattuta presso l’Oronte nel 5º anno del suo regno contro l’esercito del sovrano Ittita Muwatalli II, la frontiera dell’Egitto venne ivi definitivamente stabilita.
Una grande fabbrica bellica
Esposti in mostra le modanature in pietra calcarea per fabbricare gli scudi
Gli artigiani egiziani utilizzavano modanatura in pietra calcarea per fabbricare gli scudi (Foto n. 5).
Spesso nei modelli concepiti dagli Ittiti, gli scudi erano rinforzati da delle bande in bronzo che erano assemblate e fissate sulle flange.
Modanatura in pietra calcarea per fabbricare gli scudi
Il primo trattato di pace della storia
Il grande faraone ha firmato con gli Ittiti il primo trattato di pace conosciuto nella storia, registrato sulle pareti dei templi di Karnak.
Ha registrato su numerosi monumenti la sua battaglia di Qadesh, che ha combattuto contro gli Ittiti nel quinto anno del suo governo.
Ramses e il lungo periodo di pace
Dopo la battaglia tra egiziani ed ittiti iniziò una nuova era di pace.
La pace instaurata tra gli egiziani e gli ittiti dona la nascita ad une nuova era.
Ramses la suggella anche con il matrimonio con due principesse ittite.
Il suo lungo regno diventa un periodo di transizione tranquillo e prospero.
La propaganda della statuaria regale
Esposto in mostra un colosso in pietra calcarea che raffigura Ramses in piedi con in mano il mekes, un cilindro utilizzato come contenitore per papiri.
La statuaria regale è di mera propaganda, destinata a raffigurare il re, sempre giovane, come sovrano benevolo, guerriero possente o dio vivente.
Colosso in pietra calcarea che raffigura Ramses
Il vero volto di Ramses II
Ramses II è anche uno dei faraoni dei quali conosciamo il vero volto, perché ne è stato ritrovato il corpo mummificato.
Unica testimone dell’aspetto fisico del re, al di là delle canoniche idealizzazioni dell’arte egizia, è la sua mummia.
La mummia è conservata oggi al Museo egizio del Cairo.
È stata sbendata da Gaston Maspero il 1º giugno 1886[43] e studiata approfonditamente da un’équipe interdisciplinare al Musée de l’Homme di Parigi nel 1976.
La mostra attraverso un filmato mostra il vero volto di Ramses.
Elaborazione grafica del viso di Ramses II
Fisionomia di Ramses II
Il naso di Ramses II era aquilino, lungo e sottile, le labbra carnose, il volto dalla forma ovale, occhi quasi a mandorla leggermente sporgenti, alti zigomi, mascella possente e piccolo mento quadrato. Sembra avesse i capelli rossi.
Nelle rappresentazioni artistiche, Ramses II presenta spesso un lieve sorriso che il poeta romantico inglese Percy Bysshe Shelley (1792–1822), nella poesia “Ozymandias”, definì «sogghigno di fredda autorità» (P. B. Shelley, Ozymandias).
Gli oggetti esposti in mostra
Nell’evento espositivo parigino alla Villette la figura del celeberrimo sovrano offre l’occasione per presentare una serie di reperti di indubbio valore qualitativo.
Straordinari sono gli oggetti risalenti al periodo ramesside nonché varie opere d’arte alcune delle quali provenienti da Tanis la Tebe del nord.
Ad esempio, la bara del re Chechong II della dinastia XXII, meticolosamente restaurata e una colossale testa di granito rosa scoperta nel 1888 a Memphis nel Tempio di Ptah.
Oppure la statua raffigurante Ramses II in posizione di offerta, un busto in granodiorite di Ramses II scoperto nel tempio di Amon a Tanis.
Ed ancora mummie di animali, sarcofagi, la maschera in legno dorato sulla bara di Amenofi 3 periodo intermedio, XXI dinastia.
Particolare della bara esterna di Sennedjem con coperchio su una slitta di legno.
E per finire, addirittura uno specchio appartenuto alla pricipessa Sathoriounet.
Maschera in legno dorato sulla bara di Amenofi 3 periodo intermedio, XXI dinastia.
Emblematico il blocco di pietra calcarea proveniente dalla tomba del generale dell’arma Iwrtv.
La scena mostra il generale che attraversa un canale infestato dai coccodrilli.
Maschera in legno dorato sulla bara di Amenofi 3 periodo intermedio, XXI dinastia.
I gioielli esposti in mostra
Il re portava collane, pettorali e bracciali indossava sandali o camminava scalzo.
La mostra presenta abbondanza oltre che di statue, di maschere e gioielli dell’antico Egitto.
Esposta in mostra la collana della principessa Khnoumit in oro e turchese.
La collana è ornata da pendenti di conchiglia e due stelle di oro granulato.
I visitatori possono ammirare anche una incredibile collana di oro e gemme intarsiate del peso di 8 kg, una maschera del generale Oundebaounded al servizio di Psusennes I nella dinastia XXI, la parure pettorale della principessa Sithathor, i sandali d’oro di Chechong II, il cartiglio di Sésostris II.
Ed ancora gioielli collane in oro cornalina e lapislazzuli, ciondoli bracciali maschere reali, amuleti statue e altri oggetti che rendono omaggio alle notevoli capacità orafe degli egizi.
Collana della principessa Khnoumit.
La sepoltura di Ramses II
Morì all’età, sorprendente per la sua epoca, di 90 o 91 anni e fu sepolto in una grande tomba della Valle dei Re.
Il suo corpo fu traslato nel nascondiglio di mummie regali di Deir el-Bahari, a ovest di Luxor, dove fu scoperto nel 1881.
Oggi si trova al Museo egizio del Cairo.
Esposto in mostra figura anche il pezzo forte della mostra: il sarcofago in legno di cedro dipinto utilizzato per il riseppellimento delle spoglie mortali di Ramesse II.
La bara viene prestata alla Francia per la prima volta dopo 45 anni.
Sarcofago di Rmases II.
La memorabile mostra parigina del 1976
Lo straordinario reperto del sarcofago ligneo era già stato esposto a Parigi nel 1976 in «Ramesse il grande».
La mostra all’epoca era organizzata in concomitanza con il restauro della mummia del sovrano, resosi necessario a causa del suo improvviso deterioramento ed eseguito proprio nella capitale francese.
Nel 1976 l’accento era però posto sulla figura di Ramesse II e sul modo in cui il suo regno aveva determinato la storia successiva dell’antico Egitto.
Gli organizzatori dell’esposizione odierna affermano in modo esplicito di richiamarsi all’edizione di quarantasette anni fa.
Gli effetti speciali dell’attuale mostra parigina
La mostra prevede anche un’esperienza immersiva con utilizzo di visori per la realtà virtuale.
Questo aspetto era ben presente già nell’edizione del 1976 dove il visitatore poteva aggirarsi all’interno di una replica fotografica della tomba della regina Nefertari. Attraverso l’esperienza VR è possibile scoprire i monumenti più famosi del faraone: i templi di Abu Simbel e la tomba della regina Nefertari.
La mostra dello scorso inverno a Roma presso la Sapienza
Dal 9 febbraio al 14 giugno 2023, presso la Sala Piacentiniana del Palazzo del Rettorato dell’Università La Sapienza di Roma, si è tenuta l’inaugurazione della mostra “La mummia di Ramses”.
La mostra era incentrata sulla riproduzione tridimensionale in scala 1:1 della mummia del faraone Ramses II realizzata con una tecnica sperimentale avveniristica che ha comportato la ricostruzione della pelle del faraone con materiale organico
Ramses continua a far parlare di sé. Le scoperte recenti in Egitto, ad Heliopolis
Il faraone vissuto più di tremila anni fa continua a far parlare di sé.
Lo fa attraverso una statua riportato alla luce dagli interni di un tempio presso la città di Heliopolis famoso sito archeologico incastonato nella porzione nord-orientale dell’odierna Cairo.
La notizia è di marzo 2023.
Oltre alla statua del faraone sono stati trovati frammenti di ritratti reali fino a 4000 anni fa.
Le scoperte recenti in Egitto, ad Abydos
Inoltre, è notizia recente che una missione archeologica americana della New York University ha appena riportato alla luce in uno dei templi eretti da Ramses ad Abydos, una delle due città sante insieme ad Heliopolis dell’antico Egitto, circa 2000 reperti di arieti (ovis aries) che sono stati sacrificati in onore del dio egiziano Amon Ra.
I loro resti risalgono probabilmente all’era tolemaica che va dal 305 al 30 a.c.
Sono così numerosi perché l’ariete veniva considerato l’animale sacro del dio e rappresentavamo l’emblema della virilità.
I resti degli animali erano ancora avvolti, per la maggior parte, nei loro involucri di lino.
Il senso di una vita
L’egittologo francese Pierre Montet ha così commentato la vita di Ramses II: «Ha ben meritato d’essere chiamato grande. Avendo fatto prova nella battaglia di Qadeš d’un coraggio straordinario, è entrato ancora in vita nella leggenda. Tutta la sua vita ha esercitato coscienziosamente il mestiere di re. Il suo egoismo mostruoso era temperato dalla bontà di cui hanno beneficato i suoi soldati, i suoi artisti, i membri della sua famiglia e si può perfino dire l’insieme dei suoi sudditi».
IL DSGA NON E’ UN SARCHIAPONE!
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Chi non si ricorda lo stupendo sketch con Walter Chiari e Carlo Campanini sul Sarchiapone americano?
Per chi non lo ricorda vi suggeriamo di rivederlo qui.
Il Sarchiapone, questo animale stranissimo che Walter finge di conoscere perfettamente aiutato dalla bravissima Ornella Vanoni.
Questa scenetta ci ricorda moltissimo tutta una serie di personaggi, dai sindacati in poi, che pensano e fingono di conoscere il DSGA e le sue caratteristiche ed addirittura non contenti di parlarne a vanvera, vanno a contrattare per loro ed a fare i nuovi accordi, pensando di conoscere il sarchiapone DSGA.
Ma Voi li conoscete i dsga?
ruolo bistrattato ed insultato ma, in realtà, fondamentale per la scuola; se i vostri figli possono avere una scuola che funziona è anche grazie a loro
BETAPRESS: Siamo oggi qui con Fabio Amici, DSGA da ormai tanti anni e ideatore del gruppo NOI…DSGA per
Fabio Amici
parlare, appunto, della figura del DSGA.
Fabio, cos’è il DSGA?
FA: Oggi il DSGA, Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, è una figura importantissima in ambito scolastico perché, in pratica, è il responsabile del funzionamento della macchina scolastica.
È una figura nata nel 1999 con il riordinamento della scuola statale e la creazione della figura del Dirigente Scolastico, ovvero il passaggio dei vecchi presidi al ruolo di dirigenti.
BETAPRESS: ma anche voi siete dirigenti visto che siete direttori?
FA: no, il DSGA non ha il ruolo di dirigente ma è solo un semplice funzionario amministrativo, l’unico funzionario pubblico con competenze specifiche in contabilità e amministrazione, in quanto come si sa, il dirigente scolastico oggi è un ex docente, magari in materie lontanissime da quelle richieste ai dirigenti della p.a.
BETAPRESS: in pratica è una questione di soldi?
FA: non proprio, ma volendo riportare tutto alla busta paga possiamo dire che, se il Dirigente Scolastico prende più di 3500 euro, il DSGA prende meno della metà.
BETAPRESS: ma a livello di responsabilità?
FA: a livello di responsabilità, ovviamente, c’è qualche differenza anche se non tale da giustificare un divario del genere. Ciononostante, il carico operativo dei DSGA è altissimo ancor di più ora con il PNRR.
BETAPRESS: Di questa figura però non si conosce molto, mentre il DS è sempre al centro dell’attenzione.
FA: verissimo e gravissimo. Negli anni si è sempre puntato sul ruolo de DS sacrificando il DSGA sommergendolo di attività amministrative a fronte di un depauperamento allarmante del personale di segreteria.
BETAPRESS: Mai nessuno ha pensato a Voi?
FA: da che mi ricordi io, solo una persona in tutti questi anni e, casualmente, proprio il suo direttore: Corrado Faletti che, quando era un dirigente del Ministero dell’istruzione, ormai 15 anni fa, aveva dato grande visibilità al nostro ruolo, comprendendone l’importanza.
Non solo al nostro ruolo ma a quello di tutta la segreteria collaboratori scolastici compresi.
In quel periodo il nostro apporto alla scuola fu evidenziato come si merita e riuscimmo, assieme a Lui, a realizzare progetti fondamentali che ancora oggi sono l’ossatura amministrativa della scuola.
BETAPRESS: Ad esempio?
FA: Non credo lei abbia tutto questo spazio sul suo giornale per poterli dire tutti, ma ne cito solo qualcuno che ancora oggi è base nella scuola: l’ordinativo informatico locale, i nuovi inventari, il nuovo decreto di contabilità, la formazione per le scuole, i report amministrativi su SIDI, e tanti altri ancora.
BETAPRESS: Ma oggi cosa sta succedendo?
FA: non solo da oggi, ti faccio un esempio. nel ccnl 2016/19 l’aumento dell’indennità di direzione del dsga fu di 6,5€ lordi al mese! meno dell’aumento riconosciuto ad un cs (con tutto il rispetto per i cs) e di tutta la scuola! una sorta di presa in giro. per non parlare del nuovo CCNL 2019/21, la cui intesa è stata firmata a luglio. ancora peggio di prima, prevedendo un de-mansionamento anche professionale visto che mentre prima eravamo in una categoria alta ovvero la d (cioè quella più alta prevista) adesso siamo stati “declassati” alla c. oltre a questo, si prevede la trasformazione del ruolo del dsga, in incarico triennale di nomina degli uffici scolastici provinciali e le reggenze ad interim dei dsga nelle altre scuole sguarnite di dsga, senza alcun compenso! per far capire, al ds reggente di altra scuola, viene riconosciuto un compenso ulteriore di 500€ nette per ogni scuola in più. differente trattamento incomprensibile, visto le firme congiunte e le pari responsabilità nei principali atti contabili e amministrativi delle istituzioni scolastiche. senza un dsga, l’attività amministrativa della scuola si bloccherebbe, non si pagherebbero le fatture, l’iva allo stato, non si pagherebbero i supplenti, non si potrebbero incassare i finanziamenti dell’EU e dello stato, o quelli degli alunni, non si farebbero gite, né bandi di gara per i pnrr o i pon, il personale non avrebbe le ricostruzioni di carriera o il pagamento dei tfr/tfs, solo per dire alcune delle competenze e delle responsabilità di un dsga. l’elevata qualificazione riconosciuta ai dsga, è stato un bluff per noi, considerato la disparità di indennità riconosciute ai pari direttori degli enti locali, che percepiscono indennità di posizione quasi triple rispetto le nostre (fino a 18.000 € l’anno) e indennità di risultato (un altro 10% in più), magari gestendo meno personale di quello gestito da un dsga.
BETAPRESS: In pratica prima stavate in una categoria di contratto che prevedeva una certa qualificazione professionale adesso vi hanno sbattuto in una categoria inferiore, cioè come se prima aveste avuto la magistrale ed ora avete solo la triennale.
FA: vero e l’esempio è interessante.
Calcoli che per svolgere il nostro ruolo qualificato, lo stato utilizza da anni figure intermedie ovvero assistenti amministrativi “promossi” al ruolo di DSGA chiamati facente funzione, dandogli ovviamente uno stipendio più basso ma con le stesse responsabilità e carichi di lavoro.
Tutto questo per non fare un concorso adeguato e per, ovviamente, risparmiare.
BETAPRESS: ma di che numeri stiamo parlando?
FA: beh su 8000 circa DSGA più di 2500 sono facenti funzione.
BETAPRESS: stiamo parlando del 31%?
FA: Esatto e questo deve far riflettere: lo Stato aveva definito il ruolo DSGA come classe D contrattuale (che prevedeva la laurea magistrale) invece ha accettato di far fare il DSGA FF (facente funzione) anche a personale non laureato.
Negli anni si è trascinata questa abitudine ed i sindacati non hanno detto e fatto nulla, cosa che ritengo molto grave, fino ad arrivare oggi a declassare il ruolo appunto al livello C che è quello che prevede la laurea triennale.
Oggi ci sono dei colleghi che svolgono il ruolo di DSGA FF anche da più di 15 anni e ci sono dei colleghi che svolgono il ruolo da DSGA da altrettanto tempo.
Alla fine, il ruolo è stato svalutato nel suo senso più profondo.
BETAPRESS: in pratica lo stato ha creato una profonda divisione nel personale ATA.
FA: non mi fraintenda.
Io ho la massima stima dei colleghi che hanno accettato di assumere il ruolo di facente funzione e ne difendo i loro diritti dopo 10 anni ad aver riconosciuto i loro sforzi.
Nello stesso tempo devo difendere la mia categoria, non dai bravissimi colleghi che si sono sacrificati, ma dallo stato che utilizza mezzucci per tirare avanti, distruggendo la qualità delle segreterie scolastiche. non si possono accettare stabilizzazioni di ff con solo 3 anni da dsga! la professionalità e la competenza di un ruolo complesso come il nostro, non si acquisiscono con soli 3 anni, magari in una piccolissima scuola! (senza nulla togliere ai colleghi FF da pochi anni ovviamente che rispetto, ma 3 anni sono pochi per comprendere appieno un ruolo complesso come il nostro)
In ogni caso, e lo dico con rammarico profondo, a parte il “periodo Faletti” e nonostante i risultati che in quel periodo i dsga hanno realizzato grazie al loro coinvolgimento, non c’è più stato un momento di rivalutazione delle segreterie e quindi dei ruoli in essa contenuti, ma piuttosto il contrario.
BETAPRESS: è vero che il ruolo di assistente amministrativo può essere svolto anche da un collaboratore scolastico (bidello NdR) tramite semplice presentazione di domanda?
FA: perfetta domanda. È proprio vero.
Questo dimostra come lo Stato non si renda conto della competenza necessaria per svolgere il ruolo di assistente amministrativo di segreteria.
Ci vogliono anni di esperienza per muoversi tranquillamente in una segreteria scolastica, e chi viene dai ruoli dei collaboratori dovrebbe almeno poter fare una sorta di internato di due anni prima di assumere il ruolo di assistente amministrativo.
BETAPRESS: questo anche perché poi lo stato conta uno la persona che vi viene affidata.
FA: esatto.
Poi per noi è una risorsa in carico che fa organico effettivo mentre invece la segreteria deve dedicare del tempo per formare questa nuova risorsa; quindi, non è mai +1 ma di solito -2.
BETAPRESS: ma non è stato fatto qualche anno fa un concorso per DSGA?
FA: sì, corretto.
Peccato che dei 1900 vincitori con il concorso 400 hanno abbandonato il primo giorno di lavoro e poi via via seguiti da altrettanti.
Ma, d’altronde, con uno stipendio base di 1.450 euro ed un carico di lavoro e di responsabilità come pochi altri ruoli nella pubblica amministrazione secondo lei chi ci rimaneva, quando un neolaureato magistrale prende almeno 1700 euro come primo stipendio ed in posti con meno carichi e responsabilità?
BETAPRESS: ma non c’è la possibilità di avere compensi per attività aggiuntive?
FA: no.
i compensi che possono essere dati al personale ata non possono essere dati al dsga ed addirittura alcune scuole che avevano remunerato il dsga per attività aggiuntive oltre il proprio orario di lavoro, si sono viste negare il visto sulla rendicontazione con la richiesta del compenso percepito al dsga.
BETAPRESS: insomma sminuiti, declassati, insultati, sottopagati, non è il caso di ribellarsi?
FA: certamente.
Abbiamo già in team di avvocati che sta studiando delle possibili azioni anche solo per bloccare questo contratto indegno ed offensivo della categoria.
La delusione è anche legata al comportamento dei sindacati che non si sono mossi adeguatamente per difendere la categoria.
BETAPRESS: Se lei potesse chiedere un miracolo cosa chiederebbe?
FA: immediata riqualificazione professionale di tutte le figure legate al personale amministrativo, adeguamento stipendiale correlato al ruolo ed alle responsabilità, percorsi guidati per l’ingresso nelle segreterie scolastiche, concorsi corretti, immediata sospensione dell’utilizzo di figure professionali senza caratteristiche adatte, revisione del CCNL per riconoscere i ruoli adeguati, e mi fermo per pietà, perché andando avanti dimostro come lo Stato non abbia considerato la nostra figura e quella delle segreterie adeguatamente.
Ecco quali sono le figure silenziose e produttive della scuola.
Grazie a loro la scuola partecipa a bandi, ottiene fondi, porta avanti i procedimenti amministrativi, le gestioni ordinarie e straordinarie.
Eppure, lo stato non le vede e, verrebbe da dire, non vuole vederle per non dar loro la corretta gratificazione economica.
Betapress si impegna a porre su figure come la loro un riflettore enorme, ecco perché, per chi non li conoscesse, oggi ve li abbiamo presentati, e continueremo a dare loro voce in ogni occasione possibile.
Se c’è qualcosa di buono nella scuola in cui mandate i vostri figli, è anche merito loro.