COVID-19 – cronologia di una pandemia

Mentre ci apprestiamo a vivere la fase 2, proviamo a riprendere le fila si questi due mesi scarsi di quarantena proponendo un diario cronologico di questo periodo senza precedenti.

Prima della quarantena

Tutto inizia a Wuhan, una cittadina cinese, il 31 dicembre 2019.

Il 1 gennaio 2020 viene chiuso il mercato di Wuan e i contagiati vengono messi in quarantena.

Il virus viene riconosciuto subito come molto pericoloso e contagioso.

In Italia, nello stesso periodo, si sono verificati molti casi molto aggressivi di polmonite.

Il 7 gennaio 2020 il virus ha un nome: “2019-nCOV” per noi Covid-19.

Il 9 gennaio 2020 viene comunicato il primo caso ufficiale di decesso e l’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma lo stato di epidemia.

Noi intanto stiamo a guardare e sentiamo che ci dicono che in Italia non sarebbe arrivato.

Il 17 gennaio il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) dice che bisogna stare attenti perché il virus potrebbe arrivare presto in Europa.

Intanto in Cina aumentano i numeri di casi ma fino ad oggi è impossibile capire l’ammontare della differenza tra i numeri dichiarati e quelli reali.

Covid nel resto del mondo

Il 21 gennaio arriva il primo caso di contagiato negli Stati Uniti d’America.

Ma ancora noi in Italia non ci sentiamo in pericolo: i numeri parlano di 316 casi nel mondo e 6 decessi confermati.

Chiusura du Wuahn

Il 22 gennaio il governo cinese chiude Wuahn e mette in quarantena i suoi undicimila abitanti e a seguire viene chiusa quasi tutta la provincia di Hubei (siamo a circa 60 milioni di persone), pare che il virus abbia un periodo di incubazione durante il quale può essere asintomatico ma infettivo.

Arriva l’obbligo in Cina di indossare le mascherine.

In tv noi vediamo immagini di persone con le mascherine e dentro tute di plastica ma ci sembrano realtà lontane, in più i media ci rassicurano.

Il 23 gennaio si viene a sapere che il capodanno Cinese a Pechino non verrà festeggiato e che in Cina chiudono gli aeroporti.

lo stesso giorno viene posata la prima pietra dell’ospedale Ospedale Huoshenshan  dedicato ai malati di Coronavirus che verrà ultimato in 11 giorni.

In Italia guardiamo questa cosa con stupore e pensiamo con ironia che noi in Italia non saremmo in grado e invece ad aprile dimostreremo il contrario: Milano, Bergamo e Napoli dimostrano l’eccellenza.
Ad Aprile, a Napoli, il reparto Covid viene costruito in 30 ore.

L’OSM espande il livello di allerta

Nei giorni seguenti il virus dilaga in Cina, i numeri sono sempre falsati ma il 26 gennaio l’OSM espande il livello di pericolosità “molto alto” del virus al resto del mondo.

Il mondo chiude i confini con la Cina.

I casi in tutto il mondo crescono.

Il 30 gennaio l’organizzazione mondiale della sanità dichiara il Covid-19 un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale.

Il primo febbraio la Cina ammette di aver affrontato la gestione dell’epidemia in modo inadeguato, intanto arriva il primo caso di decesso Covid riconosciuto fuori dalla Cina, nelle Filippine.

Il contagio dilaga.

Il 5 febbraio arriva la notizia della Diamond Princess: una nave da crociera con a bordo 35.000 persone tra cui una trentina di italiani, la nave è in quarantena per via di alcuni casi di Covid.

L’8 febbraio pare che i contagiati a bordo della Diamond Princess siano una sessantina.

Il 12 febbraio il virus viene battezzato Covid-19,  e fa paura.
La fiera internazionale di telefonia Mobile World Congress e il Gran Premio di Cina di Formula1 e il salone del mobile di Pechino non si terranno.

Intanto il governo cinese accetta di annoverare tra i contagiati Covid-19 che gli asintomatici in coerenza con i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Seguire i numeri non è facile.

Nel mondo dilagano i contagi.

Il Covid-19 arriva in Italia

La notte tra il 21 e il 22 febbraio (ma questo verrà fuori dopo) ad Alzano Lombardo muore una donna ricoverata per scompenso cardiaco una decina di giorni prima che potrebbe aver contratto il Covid in ospedale.

Il 21 febbraio viene riconosciuto ufficialmente il paziente uno, è della provincia di Lodi.

Covid-19 è arrivato in Italia.
Il focolaio si ingrossa in pochissimo tempo: la provincia di Lodi è in isolamento.

Il 22 febbraio il governo cinese ammette di aver barato sui numeri .

La psicosi degli assembramenti

L’Italia si mette in allerta: la prima cosa da fare è “evitare gli assembramenti”; a nord vengono chiuse le università e le scuole, vengono annullate le manifestazioni legate al carnevale ed eventi sportivi.

In Giappone si guardano le Olimpiadi di Tokyo 2020 e se ne valuta l’annullamento.

Il 28 febbraio viene pubblicato il Report of the WHO-China Joint Mission on Coronavirus Disease che annuncia che il virus ha origini animali.

La situazione peggiora sempre più, nel nord Italia i casi di Covid-19 aumentano; il 3 marzo il governo italiano annuncia che, per contenere il virus, potrebbe istituire zone rosse.

Detto fatto, l’8 marzo l’Italia intera è zona rossa.

La stessa notte avviene la grande fuga dal nord Italia verso il sud.

Le regioni sono in allerta.

Il resto del mondo inizia ad adottare le misure italiane.

Inizia così la Fase 1

L’11 marzo viene dichiarata la pandemia.

I canali di comunicazione danno indicazioni chiare e continue sulle misura da adottare:

  • si deve stare a casa,
  • bisogna lavare bene le mani,
  • bisogna mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro tra le persone.

Tv e giornali non parlano di altro.

In Europa si pratica crudo ostruzionismo nei confronti dell’Italia, l’America de l’Inghilterra criticano l’Italia e poi la apprezzano.

Le notizie false si mescolano a quelle vere, le notizie vere vengono modificate da un giorno all’altro.

Il morale delle persone cambia da un giorno all’altro.

L’Italia è frammentata: ogni comune ha la propria storia del coronavirus, c’è chi ha visto portar via per sempre cari e conoscenti e chi lamenta di non potersi godere le giornate di sole.

Le aziende chiudono, altre si convertono, nessuno ha idea di cosa sarà il futuro.

Il mondo si ferma.

Tutti sono angosciati per qualcosa che non conoscono.

Regole della fase 1

Chiusura di tutti gli esercizi commerciali non di prima necessità

Chiusura di tutte le attività non legate alla gestione dell’emergenza 

Impossibilità agli spostamenti inter-regionali e intra-regionali salvo per motivi inderogabili.

Arriva l’autocertificazione a giustificare gli spostamenti.

Sospensione di tutti gli eventi e le competizioni sportive

L’Italia scopre lo smart working e le lezioni on line.

Sono sospese le celebrazioni religiose e tutti i tipi di ritualità di gruppo.

Gradualmente chiudono gli esercizi ristorativi 

Gradualmente chiudono tutte le attività salvo quelle di prima necessità come alimentari, edicole, tabaccherie, farmacie e parafarmacie

È consentito il trasporto delle merci ma sospeso il trasporto di persone

Il mancato adeguamento alle dette indicazioni comporta sanzioni.

 

La risposta degli italiani.

 

Gli Italiani, intanto attraversano diverse fasi.

Immediatamente vengono organizzati fash mob dai balconi: si canta e si balla per sentirsi più vicini, è il book di conferenze on line e di attività di aggregazione attraverso la rete.

Nascono gruppi facebook e canali telegram.

I super mercati non fanno in tempo a ripristinare le forniture di farina, lievito e carta igienica.

Gli imprenditori entrano in sofferenza mentre il governo adotta una serie di azioni in sostegno della categoria ma nulla può veramente sostituire l’esercizio lavorativo.

Chi vive nelle zone tartassate dalla pandemia ha paura ad uscir di casa e piange gli affetti falciati dal virus.

Chi ha la fortuna di vivere nelle zone meno colpite, in parte rispetta il dolore dei connazionali più colpiti un po’ non crede che il pericolo sia reale.

Inizia una gara di solidarietà per sostenere chi combatte il virus e chi è stato penalizzato da questo.

C’è chi vorrebbe far competere nord e sud in una gara di efficenza e mortalità ma di questo non parleremo perché siamo tutti italiani e rimandiamo ad un articolo del nostro direttore.

La giostra dell’informazione

Intanto circolano le notizie più disparate e si fatica a star dietro alla verità:

  • il virus può essere o non può essere propagato dagli animali domestici
  • il virus è uno o sono tanti
  • la cura esiste o non esiste
  • negli ospedali salvano i più giovani a favore dei più anziani o no
  • il virus è stato creato in laboratorio o viene da salto di specie
  • la vitamina C previene il contagio o lascia il virus indifferente
  • bere bevande calde protegge o non protegge

Insomma, non sono stati giorni facili neppure per l’informazione.

Il DPCM del 26 aprile 2020

E così il 26 aprile siamo arrivati al DMPC 26 aprile 2020 con cui il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha annunciato l’inizio della fase 2 a partire da oggi 4 maggio 2020.

La redazione di betapress vi augura una fase con più libertà e rispetto e meno invasione delle idee e degli spazi degli altri, con più affetto e meno indifferenza; con un po’ più distanza fisica rispetto a prima della pandemia ma molta più vicinanza affettiva.

 

Fonti

OSM Report del Covid-19 

Wikipedia

Piano Nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale

Misure del Governo sul tema di Covid-19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, stare dall’altra parte!

Cura a Casa il covid 19, forse sì!




Maturità, t’avessi preso prima …

E’ proprio finita!

Spariti gli esami di terza media, o per gli amanti della forma, soppressi gli Esami di Stato del I°ciclo.

Quest’anno, complice il covid 19, il percorso si conclude con una tesina.

Niente presenza a scuola, niente prove scritte.

Il Ministro Azzolina, ieri a colloquio con gli studenti di Skuola.net ha accennato agli studenti che quest’anno concluderanno il I ciclo “faremo preparare una tesina, lavoreranno insieme ai loro insegnanti, la consegneranno e poi ci sarà lo scrutinio finale”.

Dato che non si rientrerà più in classe entro la fine dell’anno scolastico, si seguirà quanto indicato nel DL 22/20 dell’08 aprile 2020.

Quindi gli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione 2019/20 non si svolgeranno e ci sarà soltanto la valutazione finale del consiglio di classe che terrà conto anche di un elaborato del candidato.

L’ordinanza, che il Ministro dovrà emanare, dovrà definire:

  • le modalità di composizione dell’elaborato;
  • le modalità e i criteri per l’attribuzione del voto finale.

E gli scrutini, sempre secondo quanto previsto dal decreto dell’8 aprile 2020, si svolgeranno in modalità telematica

Spariti gli esami di terza media, dicevamo, e salvata l’apparenza degli esami di maturità.

Infatti, l’esame finale per le scuole superiori, la maturità 2020, pietra miliare per generazioni di studenti, è stato “preservato” ed attende i maturandi, il prossimo giugno, in versione snellita e mistificata.

Siamo infatti passati dai tre scritti ed un orale di tre anni fa, ai due scritti ed un orale di due anni fa, al solo orale di quest’ anno.

Certo, avrà una veste totalmente nuova rispetto al passato, data la situazione fuori dal comune, questa è la giustificazione.

In realtà, se cambiamo significati cambiamo però anche il nome: non possiamo più parlare di Maturità se il nuovo esame NON sarà neppure svolto come imposto dalla riforma della buona scuola di Renzi, ma si presenta ancor più svilito dalla Ministra Azzolina.

Cambiano i governi, ma il gioco al massacro della scuola non finisce mai!

Stupiti ed attoniti, questo è come si rimane guardando le nuove regole dell’esame di maturità, o meglio del passaggio di fine superiore.

Non è più un esame, ma solo una formalità che chiunque potrà superare, ed a cui chiunque sarà ammesso.

Quindi a che serve?

Decisamente a nulla, un poco come il titolo di studio ed il suo valore legale, oggi a cosa serve essere diplomati se questo titolo di studio sul mondo del lavoro non vale più a nulla??

Non vale più nemmeno nei concorsi pubblici!!!

Svuotare così la scuola pubblica di ogni significato non sarà una mossa per favorire quella privata?

Ma procediamo con ordine, oggi parliamo di maturità e di come in tutto questo cammino si sia riusciti a farla diventare immatura.

Già da tre anni a questa parte, il governo aveva proposto che non servisse più il sei in ogni materia per essere ammessi, ma solo la media del sei (compreso il voto di condotta) e non si facesse più la terza prova …

Il 14 gennaio 2017, infatti, erano stati pubblicati sul sito del ministero dell’Istruzione e della Camera i testi degli otto decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri riferiti alla legge 107, cioè sulla riforma scolastica del luglio 2015, in breve, la BUONA SCUOLA di Renzi …

Il testo che più degli altri aveva fatto notizia, era l’atto 384:

“L’adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti e degli esami di stato”.

In particolare, l’art.15, si occupava delle ammissioni dei candidati interni agli esami di stato finali delle superiori, cioè chi era ammesso alla maturità.

E qui veniva il bello …

Era necessaria, come prima, la partecipazione ad almeno il 75% delle ore di lezione, cioè, uno studente poteva continuare a stare a casa un giorno su quattro che, comunque, frequentando i ¾ del monte ore annuale, aveva assolto l’obbligo di frequenza.

Così, era sempre più istituzionalizzata anche l’assenza strategica o la malattia psicosomatica per allergia a quel prof tanto spietato che voleva pure interrogarlo nella sua materia professionalizzante…

In più, rispetto a prima, erano previsti gli obblighi alla partecipazione alle prove Invalsi, allo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro ed infine, una votazione di ammissione non inferiore alla media di 6/10 compreso il voto di condotta.

Dunque, non era più richiesta la sufficienza in tutte le materie.

Questo significa che si poteva essere ammessi all’esame di stato anche con un 5 (o un 4 o un 3!!!) purché ci fossero dei 7 (o degli 8 o dei 9) a compensare su altre materie.

Ed allora, il nostro candidato tipo poteva affrontare la maturità classica con un bel 4 in latino od in greco, il suo amico maturando dello scientifico poteva esibire il suo 4 in matematica od in fisica ed un futuro ragioniere rivendicava il suo 4 in economia aziendale od in finanze …

Che, intanto, le insufficienze erano indicate in modo generico.

Era irrilevante che fossero nelle materie professionalizzanti …

Allora, le assenze strategiche avevano ragione di esistere? …

Un mio alunno aveva detto: “Prof, Dio c’è !!!”

C’erano delle novità anche per le prove Invalsi: si era introdotta una nuova prova di inglese, oltre quelle già previste di italiano e della seconda materia.

Però la prova Invalsi, requisito per l’ammissione all’esame, non confluiva più nel voto finale.

Da povera addetta al lavoro, in classe da 31 anni, mi ero già augurata solo che i quesiti delle prove Invalsi proposti nelle superiori fossero un po’ più accordati alle conoscenze richieste ed alle competenze certificate di alunni reali e non virtuali …

Perché, considerati gli Invalsi proposti negli esami di terza media, vi avevo assicurato che, ogni anno, il MIUR partoriva un tale inventario di quesiti scollati dalla realtà scolastica in atto, che, mi ero sempre chiesta, chi fosse ad inventarli e che cosa volessero verificare, se non servissero solo per abbassare la media finale anche degli studenti migliori…

Oppure, dubbio amletico, i nuovi quesiti avrebbero dovuto dimostrare che i nostri alunni non erano come ci aspettavamo ed allora, rinforziamo l’errore, la prova Invalsi non consideriamola nel voto finale, usiamola solo per far vedere che la nostra buona scuola funziona…

Ma sì, andava tutto bene per quelli del MIUR…

Il decreto prevedeva, sempre per l’esame di maturità, l’eliminazione della 3° prova e della tesina portata dal candidato introdotta dal ministro Fioroni nel 2007.

Eh sì, povero il nostro candidato, gli avevamo tolto pure l’insonnia da “notte prima degli esami” eliminando il famoso “quizzone “…

Intanto, nella vita, succede proprio così, è tutto sempre più facile…

La prima prova scritta era italiano, la seconda era la materia che caratterizza il corso di studi, ed infine c’era il colloquio orale.

Infine, con il nuovo decreto, il voto finale restava in centesimi, ma si dava maggiore importanza al percorso fatto negli ultimi tre anni, in modo progressivo.

Il credito scolastico aveva un peso maggiore passando da 25 punti a 40, le due prove scritte e l’orale potevano valere invece fino a 20 punti ciascuno.

E qui, almeno, si iniziava a riconoscere il percorso più o meno meritevole e non solo la prestazione finale…

Ma, quest’ anno, un bel colpo di spugna, ha cancellato tutto e dato la grazia anche a chi si è parcheggiato per cinque anni nella scuola 

La formula sarà quella, ormai confermata, del maxi orale, che la ministra dell’Istruzione vorrebbe si facesse in presenza, a scuola, davanti alla commissione interna ad eccezione del presidente esterno.

Il giorno della data dell’esame di maturità sarà il 17 giugno “e l’esame orale partirà da un argomento che non sarà una tesina ma un argomento da cui partiranno scelto con i loro prof. Si parte da un argomento di indirizzo”.

Ma vi rendete conto?!?

I docenti devono concordare con gli alunni quello che chiederanno nell’esame?!?

Il nostro caro maturando si accorderà preventivamente su quello che dovrà dire?!?

E guai a fargli una domanda fuori dal seminato!

Che saranno tutti pronti a dire che l’ha detto la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina “L’esame di stato non è un interrogatorio ma l’apice di un percorso e non può riguardare quanto non è stato fatto”.

Appunto, lo dice bene la ministra, non si può certo chieder quanto NON E’STATO FATTO, a forza di tagliare i programmi, di gonfiare i voti, di alzare le medie, di salvare gli alunni con PDP, PEI, PON (per chi non lo sapesse, esistono davvero Pino Didattico Personalizzato, Piano Educativo Individualizzato, Programma Operativo Nazionale)

Per questo i crediti prima della pandemia erano 40, poi c’erano gli altri 60 legati alle prove.

Ora, si deve valorizzare di più il percorso di studi: 60 saranno i crediti dai quali gli studenti potranno partire e 40 la prova orale.

Questo sarà un giusto riconoscimento all’impegno!

E già!

Posso dirla tutta “ Ma andate a c…re !”  

Che intanto voi del Miur, come dicono a Roma, fate i froci con il c…o degli altri, in pratica il nostro, ma noi in aggiunta ci mettiamo la nostra dignità e professionalità!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

La Maturità immatura!

San Gennaro esiste…

 




Concorso a Cattedra, ridicolmente infernale…

Ma cosa ho mai fatto di male a voler fare l’insegnante?!?

Da ieri, i quattro concorsi per assumere insegnanti, dalla scuola primaria ai licei, sono in Gazzetta ufficiale.

I bandi, che diventeranno la guida per i candidati – un potenziale tra 180 e 240 mila -, sono pronti.

 

Peccato che sia un girone infernale, pieno di ostacoli ed ingiustizie.

Con quattro percorsi diversi, previsti tra luglio e ottobre, per la nostra cara Ministra Azzolina si porteranno in cattedra 61.863 docenti, chiamati a ridurre l’eccesso di supplenti della scuola italiana (siamo vicini al rapporto di un precario ogni quattro docenti di ruolo) e a sostituire i trentamila maestri e professori che a giugno andranno in pensione.

 

Analizziamo insieme i nodi spinosi ed i punti dolenti dei vari vaneggiamenti ministeriali.

 

Primo problema. Il momento, in piena emergenza sanitaria.

 

Abbiamo aspettato anni e, proprio adesso, dove tutto è vietato, perché pericoloso, si espongono 80000 persone al contagio!

Il primo bando riguarda infatti la procedura straordinaria per il personale precario della scuola secondaria (I e II grado): 24.000 posti disponibili, 77.000 candidati, attesi in giro per l’Italia, tra assembramenti e spostamenti.

I famosi party, vietati da Conte, ma ammessi dalla Azzolina!

Secondo problema. La ragione.

Invece di indire altri concorsi, perché non attingere e portate a termine le due graduatorie di merito dei concorsi 2016 e 2018?

Perché non smaltire le gae (graduatorie ad esaurimento)?

E’ necessario dare il ruolo subito ai vincitori del concorso 2016 nella regione dove hanno superato il concorso, prima di creare dei nuovi docenti sospesi!

Non ci sono già abbastanza abilitati in condizione precarie, itineranti sulle varie scuole? Perché non stabilizzare questi che già hanno maturato esperienza e competenza, soprattutto in questo periodo della DaD?

Perché congelare le graduatorie di istituto e licenziare gente che già lavora, per illudere altri, promettendo un posto che non c’è?

Tant’è vero che, l’ha detto la stessa Azzolina “Chi non risulterà vincitore, otterrà comunque l’abilitazione alla professione che consentirà la partecipazione futura a concorsi ordinari”.

Ciak, si gira!, diciamo noi…

Le domande per questa prova si potranno inviare dal 28 maggio al 3 luglio e, secondo la ministra Lucia Azzolina, il concorso si potrà svolgere sempre nel mese di luglio:

“Dobbiamo portare i vincitori in cattedra già a metà settembre”

E dunque…

Terzo problema. Il tempo.

A settembre?

A tale proposito, diamo la parola al senatore Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura a palazzo Madama e responsabile Istruzione della Lega.

“Il bando appena pubblicato non ha alcuna possibilità di centrare il risultato, già poco più che simbolico con 200 mila precari, di portare 24 mila docenti in cattedra a settembre con un contratto a tempo indeterminato.

Il documento chiarisce infatti che la presentazione delle domande scade il 3 luglio e, visto che gli Uffici scolastici regionali hanno bisogno di almeno 3 settimane per porre in atto le complesse procedure propedeutiche all’effettuazione della prova, è scontato che l’iter si concluderà fuori tempo massimo.

È la conferma che solo il grande piano di stabilizzazione che porteremo al voto la settimana prossima in commissione al Senato può garantire insegnanti definitivi dall’inizio dell’anno scolastico, per affrontare l’emergenza sanitaria con la necessaria efficacia”.

Quarto problema. La modalità

Innanzitutto, il quizzone di 80 quesiti in 80 minuti è una lotteria e non si può sottoporre alla sorte un precario che ha investito parte della sua vita nella scuola.

Per consentire ai 77.000 candidati di poter svolgere la prova (test a crocette) con il distanziamento necessario, il ministero dell’Istruzione ha previsto di utilizzare ottomila istituti sul territorio.

Ma dove?!? Con tutte le scuole che necessitano di interventi di edilizia straordinaria, necessari per la difficile fase di riapertura di settembre!

Saranno 33.000 le postazioni disponibili.

Nei singoli plessi potranno entrare solo dieci candidati alla volta. 

Le prove si svolgeranno in diversi giorni, divise per classi di concorso: una procedura simile a quella che sarà adottata dal ministero dell’Università per l’ingresso nelle specializzazioni mediche, sempre a luglio.

Le aule utilizzate saranno sanificate prima dell’ingresso dei candidati.

Bene, ammesso e non concesso che tutto funzioni, ma, qualcuno si è preso la briga di calcolare quanti giorni ci vogliono?!?

E poi, la batteria di test è sempre la stessa? E qui, comunque si faccia, si sbaglia.

Sempre gli stessi quiz? Poco serio, gli ultimi hanno già ricevuto le risposte ed affrontano la prova facilitati.

Quiz ogni volta diversi?

Poco corretto, perché le domande, cambiate ogni volta, possono essere più o meno facili, e la prova non è oggettivamente equivalente come difficoltà.

Quinto problema. Il calcolo del punteggio dei titoli e del servizio

Il punteggio minimo attribuito agli anni di servizio è ingiusto, non c’è una giusta spiegazione logica, a parte quella non giusta di far fuori i precari più anziani;

Addirittura, il titolo di dottorato è valutato, per il concorso straordinario, cinque volte tanto un anno di insegnamento nella scuola e, per il concorso ordinario, è valutato dieci volte tanto un anno di insegnamento nella scuola.

Anche in questo caso non c’è una giusta spiegazione logica, a parte quella non giusta di sistemare nella scuola qualche dottore di ricerca per il quale non si trova un posto accademico.

Sesto problema. Il contributo d’esame

 

Un’altra cosa astrusa è relativa al contributo d’esame: nel caso del concorso ordinario, per le tre prove, più eventuale preselettiva, il contributo di esame è di 10 euro; invece, nel caso del concorso straordinario, per una sola prova computer based, il contributo è di 40 euro (procedura per il ruolo) o di 15 euro (procedura per l’abilitazione).

L’unica spiegazione logica è quella perversa di boicottare il più possibile per impedire immissioni in ruolo, mantenendo lo status quo di precariato che fa bene alle casse dello Stato e a chi ci guadagna attraverso i ricorsi, i corsi universitari, i corsi telematici per l’acquisizione di punteggio, ecc.

 

Settimo problema. Gli insegnanti di sostegno

 

La prova straordinaria abilitante è riservata a tutti gli insegnanti con un’anzianità di servizio di almeno tre anni, anche sul sostegno, però ASSOLUTAMENTE ne serve almeno uno trascorso nella classe di concorso per la quale affronteranno la selezione.

È FATTO GRAVISSIMO AVER ESCLUSO I DOCENTI CON TRE O PIÙ ANNI DI SERVIZIO ESCLUSIVO SUL SOSTEGNO.

 

Insegnanti con esperienza magari decennale, avrebbero POTUTO PARTECIPARE QUANTOMENO ALLA PROCEDURA STRAORDINARIA AI FINI ABILITANTI PER LA CLASSE DI CONCORSO DA CUI SONO STATI CHIAMATI DA GRADUATORIE INCROCIATE. SEGUIRANNO MIGLIAIA E MIGLIAIA DI RICORSI

Ottavo problema. L’idoneità

Per l’idoneità gli aspiranti docenti dovranno ottenere una votazione minima di 28 punti su 40 nella prova scritta al computer.

I vincitori andranno subito in cattedra e saranno ammessi a sostenere un anno di prova che sarà rinforzato con una formazione universitaria mirata per 24 crediti formativi universitari.

L’anno si concluderà con un colloquio di verifica in cui bisognerà conseguire il punteggio minimo (i 7/10, appunto), ALTRIMENTI, il ruolo non sarà confermato.

I vincitori del concorso dovranno restare almeno cinque anni nella sede di prima assegnazione per assicurare la continuità didattica.

Nono problema. Il merito

Tutti insieme, appassionatamente, precari storici e neolaureati, senza nessuna meritocrazia

Perché lo scopo è ben altro…

I docenti che risulteranno “idonei”, ma non collocati in posizione utile per la nomina in ruolo, potranno abilitarsi all’insegnamento nella classe di concorso per la quale hanno partecipato e sosterranno una prova orale (sempre con un punteggio minimo di 7/10) e un anno di formazione per l’acquisizione dei 24 crediti.

Poi potranno partecipare a nuovi concorsi.

Noi di betapress ci limitiamo a dire che è vergognoso.

Tutti sappiamo che sarà impossibile svolgere le procedure del concorso straordinario prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, che a settembre gli attuali precari saranno ancora tali e le classi saranno ancora scoperte.

Nella fase in cui la riapertura richiederà stabilità delle cattedre e certezze, il ministero scarica sulle scuole l’onere di nominare quasi 200.000 supplenti.

E la cara Ministra Azzolina si riempie la bocca di propaganda politica pigliando in giro, chi, anche adesso sta facendo i salti mortali per far funzionare la scuola, DaD compresa!…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

 

Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…




Riaprire la Scuola

Scuola ombelico delle riforme post covid 19

Oggi le principali scelte che la tutela della salute impone sono:

a) ridurre gli assembramenti

b) igienizzare e sanificare in modo quotidiano e continuo

c) allontanare tra loro le persone

d) conciliare le esigenze dei bambini e degli studenti con gli altri dispositivi di sicurezza che sono propri dei luoghi in cui ci sia compresenza e movimento di persone.

Dunque il ritorno a scuola implica rispondere a dei bisogni precisi.

Ma, a tale proposito, esistono domande, sinora inevase, che è doveroso da parte dei Comuni porre, perché ne saranno investiti:

a) Si deve ragionare degli spazi

Tutti gli ambienti scolastici dovranno essere predisposti in modo adeguato, specie negli spazi comuni di passaggio e nei servizi igienici o negli impianti: areazione sterilizzata, igienizzazione …

Il problema si aggiunge a tutti i problemi edilizi pregressi del patrimonio degli edifici scolastici.

b) Si deve ragionare di Bisogni Educativi Speciali

Oggi con la scuola a distanza “chi è avanti continua ad esserlo, chi è a metà continua ad esserlo, chi è indietro rimane molto più indietro” (Mila Spicola).

La riapertura delle scuole, se è per tutti gli studenti e le studentesse auspicabile, per chi era in difficoltà già prima, è essenziale.

Gli studi ci diranno poi quali effetti, in positivo come in negativo, possa aver avuto sugli alunni con disabilità la sostituzione della classe reale con una virtuale.

Ma di certo, per molti ragazzi in condizioni di disagio e privi di una buona mediazione familiare, l’esperienza è stata pesante.

c) Si deve ragionare di trasporti

La mobilità è sicuramente uno dei temi da affrontare prioritariamente e con maggiore forza: investire su mobilità pubblica e tecnologie digitali, e incentivare mobilità ciclo pedonale, anche con azioni decise di contenimento e contrasto all’utilizzo dell’auto.

La città avrà necessità di rivedere il sistema dei trasporti.

Per consentire agli alunni (ad esempio quelli delle secondarie superiori, ma non solo) di andare a scuola, il contingentamento obbligato dei numeri dentro autobus e metropolitane, andrà confrontato con la necessità che i ragazzi ci arrivino, alla loro scuola.

Alcune proposte ci vengono dai tanti comitati e associazioni impegnati sull’ambiente e sulla mobilità sostenibile.

Ebbene, ognuna comporta costi:

  • Prevedere servizi “circolari” da coordinare con la partecipazione delle associazioni di categoria per l’individuazione di itinerari predefiniti nelle principali città.
  • Favorire, anche finanziariamente e con l’utilizzo di giovani come accompagnatori, l’attivazione di servizi di “pedibus” per gli spostamenti degli alunni delle scuole.
  • Prevedere finanziamenti per l’attivazione in tempi brevi di servizi di bike e car sharing nelle principali città

 Ma, in tal senso, sono previsti investimenti o finanziamenti per implementare il servizio di trasporto scolastico o la mobilità in sicurezza o si pensa che sarà tutto a carico dei Comuni?

Se alcuni interventi sembrano facili o semmai già esistenti in alcuni Comuni, per quelli meno popolosi, non si può immaginare che ciascuno si “arrangi” da solo, semplicemente ampliando la scala dei servizi!

Si stanno ipotizzando a livello governativo investimenti sulla mobilità sostenibile e sicura?

d) Si deve ragionare di sicurezza e prevenzione igienico-sanitaria

Per le igienizzazioni, superata la fase iniziale su cui il MIUR ha investito 43 milioni di euro a livello nazionale, si pensa di assicurare in modo regolare anche nei bilanci regionali fondi per il mantenimento degli standard previsti o viceversa si ipotizza che poi le spese se le caricheranno le singole scuole o i Comuni o, ancor peggio, le famiglie?

Partiamo per esempio dai dispositivi di protezione e dall’accertamento sanitario: mascherine e guanti per studenti e personale, sistemi di test efficaci e ripetuti.

Parliamo di dieci milioni di persone, che anche se diventassero la metà con una scuola a tempi alterni sono comunque tanti.

Al primo focolaio indotto da dentro la scuola o portato fuori dalla scuola a casa o altrove, si scatenerebbe di certo nel Paese una bufera di polemiche difficili da contenere.

Una guerra di tutti contro tutti alla ricerca della “responsabilità”, intesa come colpa.

Lo sanno gli Enti, lo sanno le scuole, lo temono i Dirigenti scolastici, datori di lavoro.

e) Si deve ragionare di inclusione sociale

La scuola è anche uno degli spazi di welfare più significativi di questo Paese, spazio di inclusione per eccellenza: ad essa si affianca il lavoro del privato sociale, di tante associazioni, di tanti centri che la supportano senza sostituirla, o almeno così dovrebbe essere.

Quale destino si ipotizza per i centri educativi diurni?

E per tutte le attività di accompagnamento basate ovviamente sulla vicinanza fisica (educative territoriali, progetti extracurricolari, campi estivi, solo per fare qualche esempio)?

L’elenco delle domande potrebbe continuare…ma, non vogliamo scoraggiare i nostri lettori dal pensare che ce la faremo.

La scuola deve riaprire.

Per tutti, non uno di meno.

Le soluzioni vanno trovate insieme.

Ma insieme alla riapertura delle scuole dobbiamo chiedere un cambio di passo alla gestione del presente e del futuro prossimo, e non può bastare una caritatevole attenzione verso il mondo della scuola e verso le difficoltà dei Comuni (quella è stata poca in verità, finora).

Come redazione di betapress, rivolgiamo un monito a chi sta governando i processi e ipotizzando soluzioni.

Il governo deve riaprire le scuole, ma deve guardare alla questione con una prospettiva ampia, aprendo il dialogo agli enti locali e al mondo vivo della scuola “reale” e di chi le ruota intorno, per garantire misure veramente efficaci; e perché siano efficaci deve mettere in conto risorse consistenti, non meno di quante ne servano per la Sanità.

Perché la salute e l’istruzione viaggiano insieme. 

Sono diritti ineliminabili della persona.

Lo dice la nostra Costituzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo




quando è troppo è troppo!

Adesso basta! L’esasperazione della Confcommercio

Confcommercio replica al nuovo Decreto del presidente del consiglio Giuseppe Conte: “Tutti gli imprenditori si aspettavano di riaprire i battenti dal 4 maggio.

Invece sono stati liquidati un’altra volta, come contassero poco o nulla, quando è chiaro a tutti che il Paese si regge su di loro”

La presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini e il direttore regionale Franco Marinoni commentano il nuovo Decreto del presidente del consiglio Giuseppe Conte.

La loro è una forte critica e una precisa presa di posizione.

Siamo governati da incompetenti senza coraggio, senza visione, senza rispetto.

Il discorso del premier Conte di ieri sera – approssimativo e confuso, per nulla rassicurante – è solo la punta dell’iceberg di una situazione insostenibile.

Di questo passo il tracollo del sistema Paese è vicino, a partire da quello dell’economia”.

“Sconcerto e dolore. Queste sono le uniche emozioni che provo dopo una intera notte insonne –  prosegue la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini – in questi due mesi abbiamo fatto la nostra parte con responsabilità, come era giusto e doveroso, abbiamo stretto la cinghia sforzandoci di riporre fiducia in una classe dirigente che, a dire il vero, ormai da molti anni mostra purtroppo tutte le sue inadeguatezze, che la pandemia non ha fatto altro che portare alla luce.

Ora, però, ha messo un’altra volta all’angolo il mondo delle imprese, rinviando ancora una volta la ripartenza ma soprattutto, ed è quello che più ci preoccupa, senza illustrare piani concreti di sostegno e di modulazione del futuro prossimo.

Le nostre imprese sono allo stremo e non hanno più margini per navigare a vista come ci viene richiesto”.

“Dietro il paravento delle norme di sicurezza anti-contagio questa classe politica pare nascondere l’incapacità di assumersi responsabilità nei confronti del Paese e l’incapacità a progettare una vera ripresa – aggiunge il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – Tutti gli imprenditori si aspettavano di riaprire i battenti dal 4 maggio.

Certo, con molte prescrizioni e molti veti, ma almeno cominciando a prendere dimestichezza con la situazione che si presenterà da qui ai mesi a venire, fino a che non finirà l’epidemia.

Invece sono stati liquidati un’altra volta, come contassero poco o nulla, quando è chiaro a tutti che il Paese si regge su di loro. 

E quello che più sconcerta è che gli interventi di sostegno al sistema economico restano poco più che proclami, incapaci di incidere nella realtà delle cose.

Credito a fondo perduto, moratoria fiscale e su tutti i pagamenti, sostegno al reddito: di questo ha bisogno l’Italia.

Ma anche di progetti seri per la ripartenza”.

I due rappresentanti di Confcommercio continuano: “Se la prima preoccupazione di tutti deve essere la salute, qualcuno ci spieghi perché aprire un negozio, un bar o una qualunque altra attività nella quale entrerebbero al massimo una o due persone alla volta, con guanti e mascherine e nel rispetto di tutte le regole necessarie, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori.

Credo proprio che il buon senso abbia abbandonato chi ci governa –  prosegue aspra la presidente Lapini – I commercianti, i baristi, i ristoratori, gli agenti di viaggio, quelli immobiliari e di commercio, i tour operator, gli albergatori, le guide turistiche, i parrucchieri, le estetiste e tanti altri imprenditori, insieme ai loro collaboratori e alle loro famiglie, non sono più disposti a sopportarlo.

Si chiede al mondo delle piccole imprese un sacrificio troppo grande senza dare in cambio misure concrete compensative”.

“Siamo stati in casa, abbiamo spento le luci delle nostre attività in silenzio, con un sacrificio enorme, abbiamo passato il nostro tempo ad organizzarci con le aziende, con le banche, con le scadenze, con la certezza che, dopo una prima fase di sgomento che sarebbe durata un mese (e sarebbe stato già terribile!) avremmo potuto riprendere a lavorare – spiega la presidente –

ma quello che Conte ha detto ieri sera senza dare nessuna spiegazione scientifica e tecnica, è inaccettabile.

Ha scambiato la nostra ubbidienza, il nostro senso del dovere in sudditanza.

Non è così!

Noi non faremo la fine della rana bollita.

Non siamo disposti ad abituarci a questa situazione senza farne parola”.

“Non ci condannerete al fallimento trovandoci inermi – conclude la presidente di Confcommercio Toscana – siamo pronti a reagire con la forza della disperazione, con la forza del nostro orgoglio, con la forza della nostra onestà, lealtà, determinazione, passione e desiderio di ricominciare per il benessere della nostra collettività”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lettera di un medico al Ministro Conte




Quando Diego incontrò Maradona…

Diego Armando Maradona.

C’era una volta un ragazzo di nome Diego, buono, premuroso, innamorato perdutamente della sua famiglia e del calcio.
I suoi occhi ed il suo sorriso erano lo specchio di un’anima gentile.

Un giorno incontrò una città italiana, bellissima ma anche maledetta per chi non ne conosceva il potere magico e le insidie.

In questa città, difficile e troppo grande per lui, Diego incontrò Maradona, un uomo che parlava di se’ in terza persona, che indugiava nei vizi e nella lussuria.

Maradona conobbe la camorra e la cocaina e pensando di poterle usare entrambe , presto diventò loro prigioniero.

La sua vita cambiò profondamente e iniziò ad emettere tanti assegni in bianco senza alcun destinatario, erano a favore dell’universo, non scriveva mai la data ed il destinatario ma la somma era sempre più alta.

Apparentemente Diego e Maradona stavano bene, continuavano a vivere la loro vita ed a vincere tutto.

Era per tutti gli appassionati il dio del calcio: il suo dono non poteva che essere di provenienza divina!

Quando Diego e Maradona entravano in campo si fondevano, tornavano in equilibrio, erano di nuovo una sola cosa; bastava che sfiorasse la palla con il piede sinistro ed il tempo si fermava.

Giorno dopo giorno per Diego la sveglia sempre più tardi, Maradona tornava a notte fonda e Diego non aveva più la forza né lo spazio per esprimersi.

Dopo la finale mondiale persa in Italia contro la Germania, era l’estate del 1990, Diego ormai non c’era più; erano spariti per sempre lo sguardo e quegli occhi dolci e timidi del ragazzo cresciuto nella favelas di Villa Fiorito.

C’erano solo gli occhi di Maradona, rabbiosi, freddi e duri, pronti a sfidare il mondo.

Il mondo inizio’ però ad odiare quell’uomo arrogante e bugiardo al quale tanto si era concesso fin lì.

Non ci volle molto, gli assegni in bianco emessi nel corso degli anni, iniziarono ad arrivare all’incasso.

iego non aveva la forza di reagire né di emergere, troppo debole e prigioniero di quel Maradona che si sentiva tradito da tutti, troppo debole per protestare contro i suoi tanti carcerieri e sfruttatori.

Nessuno poteva aiutarlo poiché lui non voleva essere aiutato: d’altronde nella sua vita se l’era sempre cavata da solo, anzi, a dire il vero si era sempre fatto carico di tutto e di tutti già dall’età di quindici anni.
Diego non ce la fece e vinse Maradona, fuggiasco dopo l’ennesimo scandalo.

Oggi, a distanza di quasi trent’anni, Maradona non esiste più, c’è Diego nella sua consapevolezza, tristezza e solitudine.

Non c’è più il ragazzo felice ne’ l’uomo arrogante e di successo.

Esiste solo il mito, l’icona, null’altro.

 

Tanio Cordella

 

Perdere lo Sport…

  




L’Immobiliare trema, terremoto covid…

TANTA PAURA SULLE SORTI DEL MERCATO IMMOBILIARE.

QUESTA VOLTA SAPPIAMO COSA FARE

 

In molti si stanno chiedendo se e come cambierà il mercato immobiliare ed il terrore inizia ad impadronirsi di molti investitori e di molte persone che lavorano nel settore.

I dati però parlano chiaro: l’italiano è proprietario della casa in cui abita, quando non lo è fa di tutto perché ciò si realizzi.

Circa l’80% nelle aree a media e bassa densità, il dato statistico scende al 70% nelle città metropolitane.

Questo dato è lampante, può succedere di tutto nel nostro Paese, ma l’italiano vuole tutta per sé la sua casa.

 

Giovanni Pascoli così esprimeva questo concetto ne Il Focolare “non li scalda il fuoco, ma quel loro soave essere insieme”

La famiglia, mura e tetto solidi, il focolare, sono tutte immagini made in Italy che ci rassicurano.

Il mercato immobiliare subisce dei cambiamenti poiché tutto risponde all’economia globale.

Il fallimento della Lehman Brothers nel settembre del 2008 ci ha insegnato tanto, stravolgendo il vecchio sistema che vedeva prima un’inarrestabile crescita della richiesta e dei prezzi.

Da lì, la grande sofferenza del mercato immobiliare nelle modalità conosciute.

Il denaro non è stato più concesso con superficialità e la frenata della richiesta n’è stata l’immediata conseguenza.

Qual è la verità?

A distanza di anni la risposta è semplice, il mercato era drogato e gonfiato.

Eppure, nonostante il tracollo e la chiusura di tante aziende del settore, in molti hanno costruito la loro ricchezza sulle macerie dello scoppio della bolla immobiliare (negli USA già dal 2006!) facendo affari d’oro.

Il perché è presto detto: hanno capito che dal quel momento avrebbero dovuto fare i conti con una nuova realtà senza invece attendere una ripresa così come loro la desideravano.

Nulla sarebbe stato come prima!

Oggi siamo nella stessa condizione, non sappiamo quel che accadrà nel post COVID-19 ma sappiamo, appunto, che nulla più sarà come prima.

Per vendere e comprare case si dovrà saper leggere la scena, ossia osservare il mercato, le tendenze, le esigenze.

Centrare questi elementi sarà fondamentale.

Certo non credo si possa vendere tutto quel che si compra.

Le regole ci sono e sbagliare la ricetta potrà portare molti a rovinose cadute.

Le case però continueranno anche dopo questo nuovo grande “terremoto” ad essere un bene richiesto e oggetto di un business molto interessante.

L’italiano saprà starci dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

 

Andrà tutto bene! Parte quarta

 




Occorre muoversi…

 

La peste nera.

Nell’immaginario collettivo la “peste nera” è sicuramente nell’immaginario collettivo la più grande pandemia della storia conosciuta.

Sviluppata in Europa a partire dal 1346 si era generata, come molte epidemie nell’Asia centro-settentrionale.

Elevatissimo l’impatto che ebbe nella società del tempo dalla religione alla letteratura – uno su tutti il decameron di Boccaccio – e per più di un secolo vi furono rappresentazioni artistiche a tema. 

 

Si stima che causò in Europa circa 20 milioni di morti, con un tasso di mortalità vicino al 50%, numeri che grazie a fortuna e progresso scientifico fanno impallidire il nostro Covid-19 che comunque ci tiene in casa da svariate settimane. 

 

Ora si inizia a parlare di “fase 2” quella della ripresa, della ripartenza delle attività produttive e di un graduale ma deciso ritorno alla vita normale.

 

Finalmente, dopo quasi due mesi, si intravede la luce, si può pensare nuovamente al futuro però dobbiamo fare tesoro di questo momento per iniziare a prevenire che la prossima pandemia sia la più devastante di sempre. 

 

E’ già iniziata, da molti anni.

Leggendo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, coinvolge una persona su quattro e uccide già 5 milioni di persone ogni anno.

 

Costa 90 miliardi di dollari ogni anno negli Stati Uniti e 80 in Europa.

Si chiama inattività!

 

E’ il momento di muoversi, di farlo davvero e nel vero senso della parola!

Se il virus è silenzioso, invisibile e subdolo, l’inattività è forse ancora più insidiosa da combattere perché è già dentro di noi dalla scelta dell’ascensore al posto delle scale, all’usare la macchina anche per fare pochi metri, passando per il divano di casa. 

 

La vita diventa sempre più sedentaria e lo “smart working” forse non è così “smart”; non aiuta certo il movimento.

In questi giorni dove “si ha più tempo per riflettere” cit. potrebbe essere una buona idea iniziare a costruire, o ricostruire, il nostro stile il modo più sano.

 

Non vivremo sempre con una mascherina, guanti e gel igienizzante, ma, quantomeno per la nostra esperienza terrena, il nostro fisico sarà con noi e allora tanto vale evitare di essere contagiati dall’inattività. 

 

All’inizio delle restrizioni sono state vietate anche le corsette in solitaria, se proprio uno sforzo si doveva fare è stato fatto ma ora è necessario ripartire e anche quelli che, in modo un po’ furbo,

si erano improvvisati podisti per guadagnarsi una boccata d’aria sarebbe un’ottima idea se continuassero a farlo con il doppio beneficio di evitare le sanzioni e combattere la nuova pandemia.

 

Se, l’inattività, il poco movimento, ha un nome meno accattivante e tecnico di “Sars-CoV-2” non vuol dire che sia meno pericolosa.

 

Non ci sono millantatori di cure miracolose sui social network, perché la terapia è più miracolosa di quanto si possa immaginare: basta fare attività fisica!

 

E allora cogliamo questo momento per inserire lo Sport nella nostra costituzione con la clausola che tutti i proventi derivanti dalle attività sportive rimangano al mondo dello Sport in termini di investimenti in impiantistica, insegnamento dell’educazione fisica nelle scuole e sopratutto un’educazione all’attività fisica.

Possiamo e dobbiamo farlo! è questo il momento di fare tesoro di una pandemia per combatterne una più grande … con la prevenzione!

 

 

 

 

 

 

 

Covidisaster 2020

 




Il 3D del Covid

La fase del primum vivere non si è ancora consumata a giudicare dalle migliaia di vittime che la pandemia ci ha costretto a contare ma tutti i paesi pensano alla Fase II, al ritorno alla normalità.

Una normalità, purtroppo, divenuta concettuale.

Una proiezione nel futuro di un mondo che conoscevamo prima che il virus colpisse l’umanità intera.

Il problema è che finora l’approccio della comunità scientifica e politica è apparso lento ed imbrigliato nelle maglie della burocrazia pre Covid.

La ricerca di un vaccino che dovrebbe essere la principale soluzione alla pandemia sconta la complessità dei protocolli sanitari non più attuali in tempo di guerra.

Eppure, la ricerca ed il buon senso di ricercatori e medici hanno già delineato trattamenti che potrebbero sopraffare il virus e restituirci la normalità.

Il punto non è di secondaria importanza perché, senza la messa a punto di una cura e di terapie preventive che possano impedire il rischio di contagio, la Fase II potrebbe scontare paurose miopie  concettuali.

La sensazione, infatti, è che si guardi alla riorganizzazione del sistema con le cifre interpretative del mondo pre Covid ma senza un vaccino efficace si dovranno ridisegnare le modalità di convivenza sociale ed economica.

In questi giorni si sta affrontando la questione della riapertura delle attività, dei servizi pubblici e dei lavori divisi sulla base:

del più o meno elevato livello di contatto fisico

dell’esposizione al rischio di contagio.

Pensiamo ad esempio ai trasporti pubblici.

Ipotizzare di aggiornare la rete attuale ed i modelli di servizio esistenti scaricando i costi della prevenzione sui gestori o sugli utenti renderà il trasporto collettivo non più sostenibile.

Le società gerenti dovranno diluire il costo della prevenzione nei propri bilanci spesso già dissestati o scaricarlo sul costo del biglietto:

il che renderebbe privo di senso il principio di economicità alla base dei mezzi di trasporto collettivo.

La situazione non cambia per il trasporto aereo per il quale i costi operativi e conseguentemente il prezzo delle tariffe lieviteranno notevolmente cancellando dal dizionario la parola “low cost”.

Un ragionamento analogo riguarda il mondo della sport, della formazione e del tempo libero a cui si guarda con soluzioni vittime della stessa miopia.

Se si tratta di un complotto o di incidenti sfuggiti alla macchina del controllo potremmo pensare che il gioco è andato al di là di ogni limite e tra non molto si tornerà alle nostre abitudini.

Se così non è, se il virus, invece, esiste si dovrà accettare l’idea di un regime di convivenza reso più precario dai focolai di ritorno e dall’esistenza di pazienti asintomatici.

In questa situazione occorre immaginare scenari nuovi, forse visionari.

Non  sarà sufficiente, infatti, aggiornare leggi e regolamenti ai paradigmi del distanziamento sociale o del corretto uso dei dispositivi individuali di protezione.

Il modello economico post moderno si è evoluto attraverso transizioni economiche che hanno innescato dinamiche sociali.

Dall’agricoltura, all’industria e poi al terziario fino all’avvento dell’era digitale intere categorie di lavoratori hanno abbandonato le campagne e le periferie,

creando centri urbanizzati e polarizzati nei quali sono stati concentrati servizi e centri di convivenza sociale.

Il pianeta è divenuto globale ed ha offerto ad ognuno di noi la chance di vivere come cittadino del mondo.

Il Covid19 ha cancellato ogni certezza, aprendo per milioni di persone le porte alla paura della morte ed all’isolamento sociale.

Il paradigma del mondo post pandemico dovrebbe essere letto con le cifre delle “3 D”:

destrutturazione, de-globalizzazione e digitalizzazione all’interno di una rappresentazione grafica circolare che unisca i tre vettori in modo continuo ed aperto.


Il distanziamento sociale dovrà diventare la conseguenza di una ridefinizione dei modelli di produzione ed offerta piuttosto che il risultato di limitazioni alla libertà individuale
.

La destrutturazione dovrebbe riguardare la definizione organizzativa della convivenza civile ed il sistema dei servizi amministrativi a disposizione di cittadini ed imprese.

In questa direzione giocherà un ruolo fondamentale  la capacità dei governi di  rendere più sicura la mobilità dei fattori della produzione

(merci, capitale e lavoro) agendo sulle leve della flessibilità e della minore burocrazia.

Cittadinanza digitale e open government, temi già inseriti nei programmi di riforma della Pubblica  Amministrazione, rappresenteranno la stella polare di un progressivo processo di destrutturazione.

 La de-globalizzazione è un processo complesso.

Non è facile, infatti, convertire al localismo l’immaginario di diverse generazioni di individui.

Eppure il modello civile ed economico dell’era del post Covid dovrà basarsi sulla valorizzazione delle  periferie e ridisegnare  il profilo urbano,

economico e produttivo su basi di dispersione piuttosto che di concentrazione.

Nuovi presidi amministrativi decentrati e servizi commerciali di prossimità  vedranno rifiorire gli ambiti distributivi che i grandi centri commerciali hanno costretto a chiudere.

Chi è cresciuto negli anni settanta e ottanta (..quando non esistevano internet e gli smartphone ed il sogno di molti giovani era la carta inter-rail delle Ferrovie dello Stato)  troverà l’approccio visionario …

più sopportabile e forse anche più credibile.

Del resto nulla potrà essere immaginato come prima.

L’ultimo paradigma, la terza “D”, riguarda la transizione digitale, la digitalizzazione.

Un processo in atto che la pandemia ha accelerato creando una discontinuità per imprese private e la pubblica amministrazione.

Non si tornerà indietro su questo.

Le giovani generazioni viaggeranno forse di meno ma saranno protagoniste di un’era nella quale l’innovazione tecnologica  diventerà il

collante ed il fluidificatore di un sistema meno globale e strutturato che continuerà a comunicare ed a socializzare.

La destrutturazione e la de-globalizzazione, del resto, non potrebbero affermarsi al di fuori di un mondo digitale e connesso

perché il distanziamento sociale unito alla rottura di una coscienza collettiva globale, riporterebbero l’umanità all’età della pietra

La transizione digitale non si limiterà allo smart-working o alla formazione ed al commercio “on line” che trovano un formidabile campo di applicazione in questi mesi.

Le innovazioni si estenderanno alle applicazioni scaricate sui nostri telefonini  che semplificheranno le nostre giornate fino alla gestione dei processi relativi allo sviluppo dei “Big Data “ e della “Computer Vision”

che renderanno possibile il controllo di veicoli autonomi, la video sorveglianza anche nell’ambito della medicina preventiva oltre ad una sempre maggiore interazione tra uomo informazioni complesse e computer.

Il virus, se non sarà vinto da un vaccino, imporrà nuovi stili di vita ma anche nuove speranze.

L’unica cosa da fare è continuare a vivere accettando i  cambiamenti che inevitabilmente definiranno le nostre vite ma senza  rinunciare alla nostra umanità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

Conte ed i fantastici 17

 




Fakes Origini???

 

Negli Stati Uniti continuano le inchieste per provare a far luce sul mistero delle origini del coronavirus.

Le certezze si fermano al fatto che il Covid-19 si è inizialmente manifestato in Cina e ora conta oltre due milioni di casi in tutto il mondo, circa la metà in Europa.

Dopo che gli Usa hanno avviato un’indagine sulla possibilità che il virus sia nato in un laboratorio di Wuhan e che si sia diffuso per incidente (la Cina ha prontamente smentito), il Washington Post ha raccolto e analizzato le tre teorie più diffuse sul contagio:

“Una è chiaramente falsa, una è possibile ma non supportata da prove note e una è sostanzialmente vera”.

Secondo la prima ipotesi, l’epidemia è collegata alla ricerca sulle armi biologiche, mentre la seconda sostiene che il coronavirus si è diffuso in un laboratorio a causa di un incidente.

A riguardo ci sarebbero “prove circostanziate”, scrive il Post in riferimento alle ricerche sui coronavirus dei pipistrelli, portate avanti dai ricercatori della sede di Wuhan del centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie.

Questo, però, non dimostra che il nuovo coronavirus sia mai stato studiato in quel laboratorio e quindi non ci sono prove che si sia diffuso da lì.

La terza teoria, invece, è quella secondo cui il governo cinese avrebbe ingannato il mondo sul Covid-19.

Già in passato il Post aveva scritto dell’offuscamento di informazioni da parte della Cina: “Pechino è stata lenta nella condivisione dei dati, anche con gli esperti dell’Oms”,

scrive il giornale citando l’inchiesta dell’Associated Press,

secondo cui il gigante asiatico non avrebbe dato l’allarme per sei giorni, cruciali per la diffusione del virus.

Sulla seconda ipotesi, cioè che il Covid 19 si è diffuso in laboratorio a causa di un incidente, si è espresso anche Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina nel 2008.

Ecco la sua teoria. 

Il coronavirus è un virus manipolato ed è uscito accidentalmente da un laboratorio cinese di Wuhan, dove si studiava un vaccino per l’Aids.

 

Questo è quanto spiegato, direttamente da Montagnier in un podcast francese specializzato in medicina e salute.

 

Secondo il professore, che nel 1983 ha scoperto l’Hiv come causa dell’epidemia di Aids, la Sars-CoV-2 è un virus è che stato lavorato e rilasciato accidentalmente da un laboratorio di Wuhan,

specializzato nella ricerca sui coronavirus, nell’ultimo trimestre del 2019.

 

“Con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus Rna”, ha spiegato Montagnier.

 

“Non siamo stati i primi – ha specificato – un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra che il genoma completo di questo virus ha all’interno delle sequenze di un altro virus, che è quello dell’Aids.

Il gruppo indiano ha ritrattato dopo la pubblicazione, ma la verità scientifica emerge sempre. 

 

La sequenza dell’Aids – ha concluso il Nobel – è stata inserita nel genoma del coronavirus per tentare di fare il vaccino”.

 

Sulla terza ipotesi, quella del volontario ritardo con cui il governo cinese ha dato l’allarme e, soprattutto della connivenza dell’OMS con la Cina, ecco quanto sta emergendo

 

Mercoledì 8 aprile, il New York Times titolava “Trump ha attaccato l’Oms sul coronavirus. Non è il solo”.

E sottotitolava: 

“I critici dicono che l’Organizzazione mondiale della sanità si è mostrata troppo fiduciosa con la Cina e non ha sottolineato i suoi primi passi falsi”.

Sì, Trump non è il solo.

Infatti, il 28 marzo, il vice primo ministro giapponese, Taro Aso, davanti al parlamento del suo paese, aveva ribattezzato l’OMS, organizzazione cinese della sanità, a motivo della sua subalternità a Pechino.

Il 31 marzo, il senatore repubblicano della Florida, Rick Scott, aveva chiesto l’ istituzione di una commissione d’inchiesta del Congresso

«sul ruolo dell’Oms nell’aiutare la Cina comunista a nascondere informazioni relative alla minaccia del coronavirus».

Del resto, già alla fine di febbraio, scriveva Micael Collins, del Council on Foreign Relations:

«Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus è stato uno strenuo difensore della risposta del governo cinese al Covid-19.

Il 28 gennaio Tedros ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a Pechino.

Dopo quell’incontro Tedros ha lodato la Cina per “aver creato un nuovo modello per il controllo delle epidemie” e la massima leadership del paese per la sua “apertura alla condivisione di informazioni” con l’Oms e altri paesi».

In realtà, la Cina ha ritardato di tre settimane la comunicazione dell’epidemia al resto del mondo.

La Cina tramite le autorità regionali ha fatto arrestare i medici che avevano cercato di far conoscere la situazione.

La Cina, ancora a fine gennaio ha censurato in tutti i modi gli organi di stampa e i giornalisti cinesi che indagavano sugli avvenimenti!

Prosegue Collins:

«Nonostante le prove crescenti della pessima gestione dell’epidemia e la crescente indignazione dell’opinione pubblica cinese a riguardo della censura governativa, Tedros resta impassibile.

Il 20 febbraio alla Conferenza per la sicurezza di Monaco conferma il suo apprezzamento per la Cina dichiarando che “la Cina ha permesso al mondo di guadagnare tempo”.

Mentre si profonde in lodi nei riguardi della Cina, Tedros non ha perso tempo nel criticare altri paesi per il loro approccio all’epidemia.

Ha fatto appello alle nazioni perché non mettessero limiti ai viaggi dalla Cina e ha ammonito contro la “recriminazione o politicizzazione” dell’epidemia.

I media cinesi danno molto rilievo alle lodi di Tedros nei confronti di Xi Jinping e alle sue critiche ai governi stranieri».

Al filo-cinese direttore dell’Oms è attribuibile anche il ritardo nella dichiarazione ufficiale della pandemia:

«Più preoccupante è il ritardo di Tedros nel dichiarare il Covid-19 un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale

[Pheic nell’acronimo inglese, ndt].

Il 23 gennaio il comitato per l’emergenza dell’Oms si è spaccato sulla decisione di dichiarare una Pheic.

Facendo valere la sua autorità ultima, Tedros ha deciso di aspettare nonostante l’ammissione che “questa è un’emergenza in Cina”.

Una settimana dopo, ha dichiarato la Pheic.

A quel punto i casi di Covid-19 erano decuplicati arrivando a 7.781 in 18 paesi.

John Mackenzie, un membro del comitato esecutivo dell’Oms, ha dichiarato pubblicamente che l’azione internazionale sarebbe stata diversa senza il “riprovevole” offuscamento dell’estensione dell’epidemia da parte della Cina».

Ma da dove viene quest’ alleanza tra Tedros ed il governo cinese?

La Cina è stata un’importante alleata di Tedros Adhanom Ghebreyesus nella sua elezione a direttore generale dell’Oms il 23 maggio 2017.

Tedros, laureato in biologia, è stato prima ministro della Sanità e poi ministro degli Esteri dell’Etiopia, il paese dell’Africa orientale dove è indirizzata la maggiore quota di investimenti cinesi.

Da soli gli investimenti cinesi rappresentano il 60 per cento di tutti gli investimenti esteri diretti (Fda) in Etiopia, che l’anno scorso ammontavano a 2,5 miliardi di dollari.

Alcuni mesi prima dell’elezione Tedros fu invitato a parlare all’Università di Pechino, dove auspicò una più intensa cooperazione fra la Cina e il i paesi del Sud del mondo in materia sanitaria.

Il giorno dopo la sua elezione, Tedros confermò ai media statali cinesi che lui e l’Oms avrebbero continuato a praticare il principio “una sola Cina”, che esclude Taiwan da rapporti diretti con l’Oms.

Questo fatto ha già creato problemi in passato, e sembra averne creati anche in occasione di questa epidemia.

Wall Street Journal del 6 aprile ha dichiarato

«Dirigenti di Taiwan avvisarono l’Oms il 31 dicembre scorso che avevano prove che il virus si poteva trasmettere da un essere umano all’altro.

Ma l’agenzia, in omaggio a Pechino, non ha un rapporto normale con Taiwan. Il 14 gennaio l’Oms lanciava un tweet:

“Indagini preliminari condotte dalle autorità cinesi non hanno trovato chiare prove di trasmissione fra esseri umani”.

All’agenzia ci volle un’altra settimana per correggere queste informazione sbagliata».

Indizi eloquenti della subalternità dell’Oms alla Cina e in particolare del suo direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus non mancano.

Uno dei primi atti del nuovo direttore entrato in carica il 1° luglio 2017, fu di nominare ambasciatore di buona volontà dell’Oms per le malattie non trasmissibili nell’ottobre dello stesso anno niente meno

che Robert Mugabe, l’allora 93enne dittatore che in 37 anni aveva trasformato lo Zimbabwe,

paese a medio reddito, in un caso disperato di corruzione, malgoverno e miseria diffusa, senza parlare delle violazioni dei diritti umani su vasta scala.

Durante il suo lungo regno il Pil dello Zimbabwe è diminuito del 40 per cento, trascinando nel baratro i servizi sanitari: Mugabe, come i suoi ministri, si faceva curare all’estero.

Quali meriti aveva allora l’anziano presidente?

Senz’altro quello di essere l’alleato storico in Africa della Cina, il paese che aveva finanziato la sua organizzazione guerrigliera (lo Zanu)

al tempo della lotta contro il regime segregazionista dell’allora Rhodesia governata dai bianchi, mentre l’organizzazione rivale dello Zapu era finanziata dall’Unione Sovietica.

Alla Cina poi Mugabe dapprima come primo ministro e poi come presidente aveva aperto le porte dello Zimbabwe.

L’alzata di scudi internazionale contro la nomina, definita da alcuni «un insulto», convinse Tedros a ritirare il provvedimento nel giro di una settimana.

Non sono invece bastate le proteste di molte organizzazioni internazionali per la protezione della fauna selvatica e delle associazioni animaliste a impedire che l’Oms iscrivesse la medicina

tradizionale cinese nel suo Global Medical Compendium nel maggio dello scorso anno.

Com’è noto, molti rimedi tradizionali cinesi utilizzano parti di animali in via di estinzione, come tigri e rinoceronti.

L’Oms ha risposto strategicamente alle critiche affermando che l’inserimento delle pratiche cinesi nella sua guida non implica la sua approvazione dello sfruttamento di animali selvatici proibito da convenzioni internazionali.

L’influenza che la Cina sta esercitando all’interno dell’Oms è tanto più sorprendete in quanto la sua quota di partecipazione è molto inferiore a quella di un paese come gli Stati Uniti.

Nel biennio 2018-19 la Cina ha versato 86 milioni di dollari contro gli 893 milioni di Washington.

È facile intuire quale sarà uno dei cavalli di battaglia di Donald Trump alle elezioni presidenziali del prossimo mese di novembre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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