Governo Draghi, il costume di Arlecchin Batocio.

Il Governo Draghi è finalmente una realtà.

Davanti al Presidente della Repubblica sfilano i nuovi ministri per il giuramento di rito.

I twitter dei rappresentanti dei partiti coinvolti nel governo neo costituito ostentano molta sicurezza.

Tutti rivendicano un ruolo da vedette.

Eppure il partito degli scontenti si allarga di giorno in giorno.

Ne fanno parte diversi grillini contrari al governo ma anche insospettabili di tutte le coalizioni politiche.

E tra chi arriva e chi parte non possiamo non cogliere il sorriso di circostanza dell’ex premier Conte che lascia Palazzo Chigi al suo successore ma che ha chiarito di non voler abbandonare la vita politica.

Si tratterebbe dunque, di un arrivederci molto prossimo probabilmente a capo di un’ampia fronda costituita da molti parlamentari 5 stelle ma anche da improbabili nuovi acquisti.

Un’ulteriore tessera mancante nel puzzle dell’equilibrio perfetto nelle mani del Presidente Draghi che dovrà preoccuparsi di mettere mano al Piano vaccinale ed al Recovery Plan per il quale la coperta è comunque molto corta.

Decisive saranno le prossime settimane soprattutto alla luce del termine fissato dalla commissione europea per la presentazione del Recovery Plan per il quale Conte non aveva lavorato poi molto.

A sostegno del nascente governo ci sono ministri tecnici di indubbio valore professionale ma anche le già note faine interessate più alle poltrone che all’azione di governo.

Per questo la domanda che ci poniamo e che continueremo a porci è: quanto durerà il Governo Draghi?

Al governo dell’emergenza il Presidente Mattarella è riuscito, complici le giravolte di Renzi, a sostituire un governo di unità nazionale.

In entrambe le circostanze si tratta di formule che mal potranno interpretare il deficit di opzioni politiche in agenda che, ormai, ha finito per travolgere tutte le forze politiche, fuori e dentro il perimetro della fiducia al nascente governo.

Dietro ai sorrisi ed all’approccio dell’ultimo treno vi è purtroppo un seguito che non lascia tranquilli i più attenti osservatori.

Il nascente conflitto tra 5 stelle e Italia Viva in ordine alla prossimità politica del più conteso dei nuovi dicasteri, quello relativo alla Transizione Ecologica attribuito a Cingolani, alimenta a dismisura la rilevanza politica dei nodi da sciogliere sul tavolo del Premier Draghi perché, è lecito pensare, a questo punto, che le iniziative “green” da assumere non saranno le stesse per Grillo e Renzi.

Non ci resta che attendere con la consapevolezza che il peggio è comunque, forse, passato.

 

La Redazione di Betapress.




La Svolontà del popolo supino

Non avrei mai pensato che un sito internet, per quanto gestito direttamente o indirettamente da un movimento politico, potesse essere mai elevato a rango di organo costituzionale nel silenzio di tutte le forze politiche ma anche di coloro che dovrebbero garantite l’attuazione della Costituzione della Repubblica.

Eppure non stiamo parlando di fantasie o di timori ma di solida realtà.

E così, ABBIAMO ASSISTITO impotenti ad una brusca pausa d’arresto delle procedure per la formazione del governo Draghi a causa del ritardo sull’esito dei quesiti della piattaforma Rousseau utilizzata dal Movimento5Stelle  per sondare la volontà dei propri iscritti.

Il fatto che dovrebbe sollevare i costituzionalisti ed i politici esperti dei regolamenti istituzionali è che l’Italia è una Repubblica parlamentare e che la volontà del corpo elettorale si esprime in occasione delle elezioni e dei referendum.

La piattaforma del M5S non sembra preoccuparsene e neppure il loro fondatore, il comico Grillo, che appare  nelle più alte sedi istituzionali a suo piacimento.

 A che titolo ha guidato la delegazione di un movimento politico nelle recenti consultazioni nella formazione del nuovo governo?

Una violazione del funzionamento delle regole istituzionali che risulta amplificata dal silenzio condiviso da tutti, forze politiche, cariche istituzionali,  costituzionalisti e commentatori parlamentari.

Eppure questa forzatura democratica è già avvenuta in forma anche più disinvolta.

Il pensiero va alla pletora di consulenti creati e disfatti dall’ex premier Conte in forma libera od organizzata negli “Stati Generali” per delineare i i punti del rilancio del paese nella scorsa estate.

Un’ intuizione di per se buona se non confliggesse con il fatto che l’iniziativa avrebbe dovuto essere condivisa con la società e la politica e non svolgersi, invece, a porte chiuse.

Conte sapeva che la Costituzione prevede per la consultazione su questioni importanti il CNEL il Consiglio per l’Economia ed il Lavoro (art 99 Cost.)?

Perché nessuno ha alzato il dito per ricordarne l’esistenza?

Non ci sono risposte se non l’amarezza.

 L’ antipolitica in forma organizzata ha forse raggiunto qualche obiettivo ma ha introdotto nel sistema politico elementi distruttivi dei principi della politica istituzionale che passano, ormai, nelle più completa indifferenza.

 

LA REDAZIONE DI BETAPRESS

 




Mattarella, fu vera gloria?

L’attuale politica italiana e le istituzioni democratiche sembrano vivere una fase difficile nella quale si mescolano luci ed ombre, nuovi totem e vecchi tabù.

Purtroppo un giudizio equilibrato sulla situazione contingente è difficile per diverse ragioni.

Vi è dapprima un fenomeno di socializzazione della politica reso più agevole dalla diffusione  delle reti “social” che ha permesso iniezioni di democrazia diretta.

Vi è poi una crisi agonizzante dei partiti politici tradizionali che per decenni hanno regolato e gestito il consenso elettorale rendendolo coerente con il funzionamento del gioco democratico.

È evidente che la nascita e lo sviluppo di movimenti politici, fondati sulla denuncia piuttosto che sui programmi, ha scomposto lo scenario politico rendendolo più volatile.

Una tendenza che, sebbene con contenuti diversi, ha funzionato anche a ritroso con il divenire “movimento” di  partiti politici di tradizione consolidata: pensiamo alla Lega ma anche allo stesso Partito democratico.

Il fenomeno delle “sardine” degli ultimi mesi rappresenta forse l’emblema del movimentismo rancoroso e privo di contenuti politici che può condizionare, in un modo o nell’altro, la vita democratica di un Paese.

Per questo una valutazione di ampio respiro della situazione politica non può prescindere dalle osservazioni appena enunciate e la posizione del Quirinale, in questo particolare momento storico, dovrebbe essere letta con profondità di campo.

Il Presidente Mattarella, eletto nel 2015 con una votazione sofferta, è stato testimone della nascita della politica “liquida” e di movimento, sostenuta anche da nuove cifre e strumenti della comunicazione, che ha unito insieme rottamatori (Renzi..) e urlatori (Grillo) ma anche intenti eccessivamente populisti da un lato o pericolosamente antieuropeisti dall’altro.

Un quadro politico che ha sdoganato, nel 2018, l’idea stessa che si potesse procedere alla messa in stato di accusa, per alto tradimento, del capo dello Stato per il veto sulla  nomina di un ministro nella formazione del primo governo Conte.

Protagonisti del dibattito furono i rappresentanti del Movimento 5 Stelle ai quali fecero eco altri esponenti, anche del centro destra.

L’articolo 87 della Costituzione assegna al Presidente della Repubblica il ruolo di rappresentante dell’unità della nazione.

Un’unità che la rivoluzione digitale in atto e la seduzione di temi populisti possono contribuire, pur involontariamente, a diluire nell’alveo di un facile qualunquismo.

La scelta di non sciogliere le Camere, nella sofferta crisi politica ancora in corso, deve  essere, pertanto, letta come estremo tentativo non già di negare un voto elettorale che quasi sicuramente consegnerebbe il paese al centro destra,  visibilmente in vantaggio nei consensi, ma piuttosto di scongiurare un esito elettorale che vedrebbe  esplodere le forze politiche attuali, movimentiste e non, in favore di un correntismo multidirezionale che difficilmente aiuterebbe a generare un assetto politico stabile.

Certo anche che la posizione scelta dal presidente ulteriormente favorisce il centrodestra che si ritiene osteggiato dalla scelta e pure il cittadino normale fatica a comprendere invece il tentativo di mitigazione, giusto o sbagliato, che lo stesso Mattarella ha posto in atto.

È sufficiente una lettura critica delle tensioni in atto, all’interno delle forze politiche, per rendersene conto.

Soltanto la storia farà forse chiarezza sul periodo storico che stiamo vivendo.

Crediamo tuttavia che sulla posizione del Presidente Mattarella, alla fine, saranno le luci a prevalere sulle ombre.

 

La Redazione di Betapress




Draghi e la Repubblica delle vanità!

Evviva Draghi, si, si evviva, ci salverà adesso siamo a posto e chi se non lui …

Premettiamo intanto che nulla abbiamo da dire sul personaggio Mario Draghi, almeno non in questo contesto, ma è doveroso alzare un vessillo di attenzione sul modo e sul sistema che ha portato il “Mario” alla guida di questo ormai misero paese.

Intanto sfatiamo il mito che in questo paese sia possibile mettere un super man che risolve tutto, è come pensare di prendere Senna e farlo correre in formula uno con una panda, perderebbe comunque.

Infatti il vero problema è la panda.

Detto questo facciamo prima due ragionamenti.

Nascita della repubblica italiana 1946, entrata in vigore della costituzione 1948, primo presidente della repubblica De Nicola.

Partendo dal 1948 abbiamo avuto quindi 72 anni di repubblica.

Con il “Mario” oggi abbiamo quindi avuto 67 governi.

67 governi, una media di 1,07 governi all’anno!!!!!!!

Ma secondo voi questo è un paese stabile? indipendentemente da chi lo guida, questa formula italiana non funziona.

Basti pensare che il governo con la maggior durata nella storia repubblicana fu il governo Berlusconi II con 1412 giorni in carica.

Queste poche righe dovrebbero far correre un brivido nella schiena a qualsiasi cittadino italiano, eh si, perché questa instabilità politica ha prodotto un debito pubblico pari a 2,6 mila miliardi di euro.

Ora, volendo vedere, qualsiasi bravo bambino da solo si renderebbe conto che quello che non funziona ha origini lontane, lontanissime, direi fin dalla fondazione di questa repubblica, malata di vanità, la vanità della democrazia.

L’argomento migliore contro la democrazia è una conversazione di soli cinque minuti con l’elettore medio.
(Winston Churchill)

Quindi la migliore democrazia non regge al suo stesso elettore, almeno nel pensiero di Winston, ma anche Pirandello non scherzava:

La causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in mano d’uno solo, quest’uno sa d’esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà.

Quindi la storia insegna ma non ha alunni, i cittadini sono ormai imbruttiti da anni di mala informazione, da un giornalismo bieco ed asservito non solo al potere ma anche ai soldi, da un percorso che parte da lontano e che ha allontanato il cittadino dal suo ruolo, relegandolo a spettatore massmediatico senza cervello.

Una democrazia cessa di essere democrazia se i suoi cittadini non partecipano al suo governo. Per partecipare in modo intelligente, devono sapere quello che il loro governo ha fatto, sta facendo e prevede di fare. Ogni volta che qualsiasi ostacolo, non importa quale sia il suo nome, si frappone a queste informazioni, una democrazia è indebolita, e il suo futuro in pericolo.
(Walter Cronkite)

Per anni i cittadini sono stati allontanati da questo stesso paese e come dicevano relegati al ruolo di stupidotti ignoranti, per anni è stata loro negata la corretta informazione e per anni è stato tolto dal mondo dell’istruzione qualsiasi riferimento al funzionamento di questo paese.

Per anni, per anni, per anni … 

Ecco perché questa repubblica pensa più ad impressionare che ad esprimersi, a mostrare più che a fare, e si culla nell’idea che un Superman possa arrivare dallo spazio siderale con tutte le energie per risollevare questo colosso morente dal fango primitivo in cui staziona da decenni.

Badate bene, non sono contro questo paese ed il suo popolo, lo amo, ma sono contro la vanità che si è impossessata di lui, sono contro quell’eccesso di democrazia che lo ha paralizzato per anni e che ora lo sta soffocando lentamente.

Monti, Draghi, Renzi, Letta e la bella compagnia dei chiamati al salvataggio poco hanno fatto, e le cifre del debito pubblico lo dicono chiaramente, e quindi?

che si fa?

Nulla, se questa repubblica non dismette il suo velo di vanità, nulla si potrà fare.

Occorre cambiare il motore, rifondare la repubblica nei suoi principi, comprendere cosa non ha funzionato, verificare magari che frammentare troppo è un errore, o che chi governa deve governare e non preoccuparsi di come continuare  a farlo, magari sarebbe interessante rifondare una nuova costituente per ripensare l’Italia di oggi prendendo spunto dagli innumerevoli errori del passato.

Ma Draghi, il nostro “mariolino”, come farà, quali saranno i suoi primi 100 giorni? 

Sapete cosa c’è, e chi se ne frega, finché il cambiamento non partirà delle radici  non servirà a nulla potare le foglie, un super tecnico non può governare un paese, il governo deve essere in mano ad un politico, ad un uomo che pensa al popolo ed al suo futuro, un uomo che vede il paese non come una azienda da sistemare ma come un figlio da far crescere.

Anche i figli vanno sgridati, anche con i figli occorre avere il polso fermo, ma non certo la mano pesante come invece è già avvenuto nel passato.

E allora speriamo che venga un padre nuovo, serio, che tiene alla formazione del suo unico figlio, che vuole il meglio per lui, che darebbe la sua vita per il suo successo: questo è il padre che vorrei.

Potrebbe essere Draghi?

Molti dicono di sì, molti dicono di no, io penso che le premesse non lo fanno padre ma titolare.

“Mariolino” combatti la vanità di questo paese, rifondalo con l’amore necessario, ricostruiscilo dalle fondamenta, ci vorranno anni, sicuro, ma l’amore dura nel tempo, allora sarai davvero il salvatore, se invece deciderai di applicare formule ed indici, se invece interverrai con la mannaia indiscriminata dei tuoi predecessori, se non comprenderai che il vero problema dell’Italia è nelle sue origini, allora rimarrai per tutti noi, figli di questa Italia, quello stronzo del nuovo compagno della mamma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Corrado Faletti

 

 

 

Draghi, perché durerà poco…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




E L’ARTE SIGNOR PRESIDENTE?

 

Se andiamo avanti così, ci troveremo in una situazione tragica“.

Così Katia Ricciarelli ad Adnkronos ed ancora: “Ho fiducia in Draghi, al quale chiedo di considerare la posizione di noi artisti e salvare la cultura del Paese“.

Personalmente non credo che basti il Professor Draghi a salvare la cultura in Italia, anzi, credo che la ricostruzione debba partire dall’Educazione (in primis!), dal lavoro, dagli investimenti e dall’aiuto concreto alle imprese, anche quelle dello spettacolo.

I provvedimenti assistenziali (leggi Reddito di Cittadinanza; n.d.a.) “drogano” la realtà e non saranno la soluzione per le generazioni che verranno.

Il mondo dell’arte e dello spettacolo è quello che ha risentito maggiormente della situazione e quel che chiede la Ricciarelli è giusto, è vero.

Oggi il settore “entertainment” è in ginocchio e la posizione del famoso soprano (anche se a mio avviso un filino “sentimental-chic”; n.d.a.) è vera e manifesta un disagio comune ad ogni artista: “è un dolore difficile da superare quello della mancanza di pubblico“.

Penso però che il vero punto della questione sia quello della passione. La passione per la musica, l’arte, la scultura la poesia.

Questa passione non è scontata e deve raggiungere il cuore di tutti! La maggior parte del pubblico oggi è interessata ad un prodotto confezionato, semplice da “digerire”… e questa situazione Draghi non la potrà cambiare.

Il problema è molto più viscerale di quel che si pensa, è innanzitutto sociale e di Educazione appunto, perché aiutare l’Arte vuol dire Educare al Bello.

Il mio augurio è quindi che il designato premier indichi una strada per favorire luoghi e contesti in cui questa Educazione sia possibile e la libertà artistica possa tornare al centro della vita dell’uomo.

 

 

 

Perth




SARA’ UN TAUMATURGO O UN ‘TERMINATOR’?

Ieri, un interlocutore casuale, si è posto e mi ha posto questa domanda: riferendosi all’attuale fase politica italiana e all’imperativo ormai improcrastinabile di giungere a soluzioni degne di tal nome.

Pochi giorni fa, di fronte all’apparente caos che imperava spavaldo, ho scritto “Mentre Roma discute, Sagunto viene espugnata con la forza!”.

Mi riferivo alla Storia, riconducendomi a quel Tito Livio che definì quest’epitaffio in un momento storico particolare della vita dell’antica Roma, ritenendo che ciò dovesse essere un esercizio che chi governa e amministra avrebbe dovuto tenere in grande evidenza.

Sembra invece che la Storia ben poco abbia insegnato, o forse in troppi credono che la gente non abbia ricordi consolidati.

Poco prima del passaggio a ‘giallo’ della mia Regione, ho voluto fare un giro per le vie di Roma: quelle che una volta erano le arterie più commerciali.

Via Cola di Rienzo, Via Appia Nuova, Via Tuscolana, Corso Vittorio Emanuele, Via del Tritone, Via del Corso…

Ebbene, ovunque dominava la desolazione, un silenzio pesante prendeva la gola, mentre intorno era la cappa plumbea del dramma vissuto da categorie, dipendenti, famiglie, persone.

Ho visto anime vuote che vagavano prigioniere di museruole fisiche e psichiche; negozi chiusi, e – quelli eroicamente aperti – vanamente presidiati in attesa di una clientela assente, attesa ma inesistente.

I pochi (ormai) bar aperti, vendevano secondo le disposizioni, consentendo l’asporto e la consumazione non nelle immediate vicinanze: gente che frettolosamente consumava un cornetto o un caffè, vinta da quelle disposizioni il cui vero fine è sempre più quello di annientare ogni forma di vicinanza, di prossimità, di socializzazione.

Mi sono chiesto più e più volte se coloro che emanano norme, che fanno parte di comitati e quant’altro, che rilasciano pareri e suggerimenti, abbiano mai fatto un giro per queste strade spettrali: confrontandosi con le saracinesche abbassate e con il loro messaggio di morte.

Muovendosi per le vie, è prepotente la sensazione che l’opera di killeraggio del commercio, del lavoro, della produzione, in pochi mesi ha prodotto effetti devastanti, mediocremente fronteggiati da ‘aiutini’ che hanno avuto l’unico effetto psicologico di far ancor più dipendere le persone dalle altrui ‘generose’ concessioni.

Peraltro, chinando la testa nel timore di perderle.

Non esiste più il vocio della gente, segnale di vitalità al pari dei rapporti basati su quella presenza fisica che pur è stata alla base del progresso umano e sociale.

Non esiste il vitale dialogare dei bambini, dei giovani, sempre più chiusi nelle loro case, sempre più abulici e immersi nella solitudine di quei giochi elettronici che – ormai con troppa frequenza – li portano a gesti estremi, impossibili da comprendere.

Non nascondiamoci alla verità!

Siamo ormai al cospetto di una gioventù privata di ogni possibilità di frequentazione e confronto con i propri coetanei, lontana dalla possibilità di frequentare liberamente la scuola, priva di ogni visione prospettica relativa al proprio futuro, obbligata a non potersi muovere: divenendo così sempre più repressa, opaca, indecisa, instabile, abulica.

Ma propensa a scatti di ira incontrollata, pronti a debordare in violenza.

Costi altissimi per ogni Essere Umano.

Costi altissimi per la Società, tramortita da mesi e mesi di lavaggio del cervello tramite un’informazione pilotata e prona, Costi altissimi per il progresso: decaduto a regresso con una rapidità impressionante.

Che fine hanno fatto le regole dell’economia?

Perché non si rispettano i fattori della produzione (beni naturali, lavoro, capitale e organizzazione, e la loro necessaria concatenazione)?

Possibile che non si capisca come il lavoro sia una componente essenziale della vita sociale?

Possibile che non si capisca, e quindi si agisca, che non si può fare a meno di imprese e aziende, dal momento che se esse non producono e non vendono, dovranno licenziare e poi chiudere?

Sono equazioni che anche uno studentello alle prime armi capirebbe: concatenazioni produttive e sociali per le quali non servono alchimisti ma solo soggetti preparati e responsabili.

Ricette? Si, Certo, ne esistono e tante, e tutte valide.

Ma prima di ascoltare, aprite le vostre menti!

Dovrete capire, non fidarvi ‘a scatola chiusa’: troppi sono stati i ‘taumaturgi’, i ‘migliori’, che ci hanno imposto.

Non credete ai mercanti di sogni o ai pifferai magici, perché ogni ‘magia’ passa sulla vostra pelle, su quella dei vostri figli e delle future generazioni. Sollecitate risposte: cosa si farà, chi lo farà, con quali tempi e con quali costi: e soprattutto, rispondendo a chi del proprio operato.

Eh si! Siamo saturi di gente che pretende di governarci contando sulla propria immunità e sulla propria impunità, buggerandosene degli effetti (devastanti) delle loro azioni sui cittadini, sull’economia, sulle finanze, sull’Italia.

Diversamente, anche se avrete percezione del rogo che consuma Sagunto, nulla farete in concreto per evitarlo: e per evitare che consumi voi, le vostre case, i vostri risparmi, i vostri sogni.

Ora, qualcuno tenta di aprirci i cuori alla speranza, pur non tranquillizzandoci sulle paure ‘pandemiche’ o evitando che venga imposta risolutiva chiarezza tra le tante, ormai tantissime, posizioni contrastanti in campo sanitario: ma avremo a che fare con un ‘prode condottiero’, con un ‘mago’, con un ‘taumaturgo’ o con un inatteso ‘terminator’?

Chiudendo il cerchio con il mio incipit, ricordo che la Storia ci tramanda dei molti condottieri risoluti e persino crudeli (ma tutte le guerre, tutte le conquiste, lo sono…) alla testa delle proprie armate: ora attesi da popoli che inneggiavano alla liberazione ora da popoli liberi che sapevano di poter perdere ogni loro avere, persino la vita.

Così che, ancor prima dei condottieri e delle loro gesta, era sempre e comunque la loro fama a precederli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Bellantonio




Draghi, perché durerà poco…

Perché il Governo Draghi non durerà a lungo ?

Iniziare una riflessione con una domanda che contiene già la risposta non sarebbe corretto ma va dritto al punto.

Il Professor Draghi è un’economista banchiere e appartiene a quella generazione di uomini politici o accademici che ha fatto crescere il Paese facendo quadrare i conti con le decisioni giuste non con quelle popolari.

Il contesto politico e sociale nel quale è caduto il paese per colpa di una classe politica di governo sopraffatta dalla gestione dell’emergenza e dello slittamento progressivo dei problemi non può essere compatibile con un Governo tenico/istituzionale.

La ragione è evidente.

Nell’agenda della politica italiana e dell’Unione europea sono in fila questioni che attendono decisioni “politiche” non decreti esecutivi attuatori.

Il Covid19, la gestione dell’emergenza e del piano vaccinale hanno in parte diluito la visibilità centrale delle questioni politiche.

I continui trasformismi politici delle forze che hanno tenuto in vita l’ultimo Governo Conte hanno contribuito a rendere meno chiari i reali perimetri della contesa politica.

La realtà è che il paese ha bisogno ormai di scelte strategiche che risolvano in modo netto la portata delle azioni che andranno prese e scadenzate all’interno del Recovery Plan.

In questo contesto è evidente che mantenere il Reddito di Cittadinanza ed i “navigators” nella formula attuale o modificare la politica della disoccupazione giovanile con iniziative di inclusione e formazione anche prescrittive è una questione politica.

Analogo ragionamento riguarda lo sblocco delle grandi opere paralizzato dai veti del M5S in favore di un’economia green per la quale sarebbe auspicabile riconvertire intere aree industriali in siti turistici, magari senza turisti.

La riforma dell’Irpef e della Pubblica Amministrazione dovranno essere sostenute da forti  opzioni politiche e lo stesso può dirsi per la Sanità, la Giustizia e la Scuola.

La verità è che in Italia da diversi anni ormai sono in crisi le Istituzioni democratiche e con esse la Politica.

Il forte sviluppo della dimensione “social” ha contagiato tutti i settori della Vita economica e sociale ed ha sconvolto i paradigmi della politica rappresentativa.

La fine dei partiti politici come momento di sintesi e gestione del potere ha aperto la strada ad un movimentismo superficiale che privo di  argini è diventato talvolta elemento d’instabilità finendo per indebolire lo Stato e le sue istituzioni.

Ne è sintomo evidente la scelta maturata nelle ultime settimane di mettere in opera ogni artificio per evitare le elezioni anticipate che potrebbero far emergere maggioranze parlamentari polimorfe e trasversali e comunque diverse da quelle attuali  “gestibili” anche se con grandi sforzi e forzature.

Il Governo Draghi non durerà a lungo.

La speranza è che il Parlamento si preoccupi almeno di impostare la campagna vaccinale, di dare esecuzione alle misure di sostegno dell’economia ed al varo dei Piani programmati di ripresa attesi dalla Commissione europea.

 

Redazione di Betapress

 




La miglior dittatura non vale una pessima democrazia…

… ma anche no direbbero oggi!

Ogni tanto il ruolo del direttore mi impone anche di essere impopolare, fastidioso e scomodo come lo sono sempre stati coloro che gridano il re è nudo.

Ebbene oggi il Re non solo è nudo ma anche senza pelle, e la cosa grave è che lo sa e non dice niente.

Ma la frase il re è nudo in realtà non era mai stata diretta al Re e nemmeno alla sua corte di parassiti e tagliagole che avevano tutto l’interesse a tacere, ma al popolo che vedeva la realtà ma temeva in cuor suo che ciò che si palesava ai propri occhi fosse vero, perché se così fosse stato tutto sarebbe stato più grave, quindi era più comodo fingere per avere la pancia piena e le strade tranquille.

Ma in ogni regno c’è sempre una piccola parte di popolo che ha l’animo del bambino e non riesce a temere la verità, anzi dei piccoli fanciulli che vedono la verità perché ancora non hanno quelle sovrastrutture, quei paraocchi dell’interesse del singolo che fanno vedere vestiti dove non ci sono.

Ed ecco che allora il Re è nudo, e questa è una di quelle frasi da punto di non ritorno, una volta detta tutto cambia, almeno in un mondo ideale.

Se questa vecchia favola la dovessimo adattare ai giorni nostri il finale cambierebbe, ed il povero bambino che vede il Re nudo  finirebbe in mano agli assistenti sociali, girando di famiglia in famiglia fino all’oblio ed all’imprinting sociale.

Oggi il Re ha la possibilità di controllare il suo popolo di “stolti” utilizzando metodi di stordimento sociale che azzerano la coscienza collettiva riportandola al sonnecchio immediato, troppe voci giungono all’orecchio del popolo sibilando false argomentazioni o urlando vecchi anatemi, nessuno è più così in grado di distinguere la verità dalla bugia da potersi opporre al re tiranno.

Ma la cosa ancora più grave è che non esiste più il Re, ma una serie di personaggi più o meno di basso livello, che strizzano il cervello del popolo ormai poco abituato a fermarsi a riflettere.

Nove mesi di pandemia totale, ondate su ondate, eppure si fanno le stesse cose.

Soldi buttati in quantità industriale, eppure siamo ancora sotto scacco.

Il Re è nudo, ma ancora c’è gente che dice si è nudo ma ha un ottimo portamento.

Viviamo bellamente in un paese che negli ultimi 50 anni ha perso la grande industria, la maggior parte dei marchi italiani, le eccellenze  artigianali di nicchia, l’agricoltura, il turismo, siamo ostaggio delle economie straniere, siamo sotto scacco per i fenomeni immigratori e politicamente gli italiani non si esprimono più da anni.

Eppure sonnecchiamo come se fosse una mattina di maggio.

Riflettiamo un attimo sul concetto di dittatura, facciamoci aiutare da Wikipedia: la scalata al potere di una dittatura è spesso favorita da situazioni di grave crisi economica (ad esempio in seguito a una guerra o a quella odierna), da difficoltà sociali (lotte di classe), dall’instabilità del regime esistente o dalla continuità con un preesistente regime dittatoriale.

Sul tema dell’instabilità del regime preesistente ritengo che l’Italia sia una campionessa.

Dalla sua nascita l’Italia democratica ha visto ben 66 governi, ovvero 1,13 governi ogni anno, nessun governo è mai durato 5 anni interi, il più duraturo fu quello di Berlusconi nel 2001, ben 3,8 anni.

Sul tema del disastro economico direi che nemmeno dobbiamo parlare, oggi più che mai le ombre di una desolazione totale si addensano sul nostro paese, spinte dalle crisi del 2008 e del 2011 da cui l’Italia non si è più ripresa.

Sul tema del disagio sociale basta leggere qualche notizia qua e là per vedere come la tenuta sociale del paese sia in grave crisi.

Insomma a ben vedere il nostro paese ha tutti i sintomi per covare una dittatura.

Il Totalitarismo ovvero la dittatura del controllo totale: è il tipo più moderno di regime dittatoriale.

Oltre alla repressione, all’ideologia e al capo si aggiunge la presenza del regime in ogni ambito.

Il concetto è sviluppato nelle Origini del Totalitarismo di Hannah Arendt.

Ritiene l’autrice che il totalitarismo necessiti di tre fattori per potersi sviluppare: una società industriale di massa (oggi c’è, per poter gestire le masse economiche in mano a pochi), la persistenza di un’arena mondiale divisa (oggi c’è, per poter spostare i centri di potere in modo indisturbato) e lo sviluppo della tecnologia moderna (oggi c’è, per poter influenzare le masse e controllarle).

Secondo la Arendt gli elementi distintivi del totalitarismo sono l’ideologia (vedi se non la pensate così siete negazionisti etc.)  e l’uso del terrore (vedi covid e dcpm, carestia e guerre mondiali).

Quindi potremmo essere di fronte ad una dittatura subdola, che si nasconde dietro il bene dei cittadini per privarli di diritti fondamentali, cosa che peraltro è in parte stigmatizzata anche dal fatto che al di là degli altisonanti principi, nei fatti questi diritti sono spesso disattesi, tanto che l’Italia è stata numerosissime volte condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) proprio per violazione dei diritti fondamentali che la Costituzione dovrebbe garantire.

Raggiungendo il poco onorevole primato di Stato con il maggior numero di condanne tra tutti gli Stati dell’Unione europea, sborsando la Repubblica italiana anche somme considerevoli in favore dei privati ricorrenti, senza che ciò sia servito a porre rimedio alle persistenza di situazioni di violazione di diritti fondamentali dei cittadini italiani, tanto che i ricorsi (e le condanne) sono in continuo aumento.

Le più ricorrenti condanne sono per la spropositata lunghezza delle procedure giudiziarie (processi civili, processi penali, procedure fallimentari), lo stato delle carceri italiane (la CEDU le definisce luoghi di tortura per il sovraffollamento oltre ogni limite e le condizioni degli immobili), le violazioni del diritto di proprietà da parte di enti pubblici.

E sinora la CEDU non ha voluto occuparsi né dell’abuso della carcerazione preventiva sia in ordine alla dilatazione dei tempi sia in ordine al fatto che buona parte di chi l’ha subita viene poi riconosciuto innocente dagli stessi giudici, né dello spropositato uso delle intercettazioni telefoniche, né dei tempi biblici per ottenere atti o concessioni amministrative che all’estero richiedono pochi giorni, né dei lunghissimi tempi di prescrizione per reati penali od accertamenti fiscali e nemmeno sugli assurdi orpelli economici legati a tasse, multe, costi amministrativi.

Ma allora, 66 governi che si succedono a loro stessi, di cui gli ultimi manco votati da popolo, condanne a iosa per violazioni dei diritti civili, leggi inesistenti e dcpm invalidi, controllo sociale con strumenti di comunicazione di massa, inesistente classe politica, figure di potere che si muovono dietro fantocci, siamo già in una dittatura!!!

Altro che il Re è nudo, qui il Re nudo manco è RE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

La sottomissione di Gregge




“Vulnerabili” con Paolo Crepet

Introduzione.

“Ciascuno di noi è ciò che appare durante una burrasca, nel bene e nel male, nella destrezza e nell’incapacità: ci si conosce nelle difficoltà …

… È la crisi – ovvero il distress, nel senso di iperstimolo – a portare a un opportuno tumulto interiore che obbliga a un esame, che costringe ognuno a guardarsi allo specchio e a dirsi la verità, invece di raccontarsela (cosa che si tenderebbe a fare se non si è obbligati da una data congiuntura).”

  • Paolo Crepet

 

Scrivere, che ossessione!

Il “Soul Talk” di venerdì 19 dicembre 2020 si apre con un pensiero tratto da “Vulnerabili”, l’ultima fatica letteraria di Paolo Crepet.

“Fatica” perché non è facile convivere con “un’ossessione che ti entra dentro e diventa tua compagna di scrittura”.

“Fatica” come frutto di un travaglio interiore: “Non nasce dalla pace un libro. È una guerra interna, una tribolazione”, confessa l’Autore. 

“Fatica”, perché in ogni capitolo c’è una parte dello Scrittore che descrive ciò che vede e prova, dello stesso evento, a un pubblico diverso, da una differente prospettiva.

 

La Genesi del Libro.

Il primo lockdown lo ha sorpreso in un paesino dove “eravamo rimasti in sette, e c’era un Silenzio che quasi sentivamo passeggiare i gatti”. 

Un Silenzio che l’Autore ha sentito il bisogno di rispettare e al tempo stesso di rompere … per amore e per rabbia.

Non dev’essere stato facile, per lui, mettere su carta le contrastanti, contraddittorie sensazioni provate nei lunghissimi mesi di “confinamento”.

Al suo iniziale senso di smarrimento si sarebbe, nel tempo, sostituito qualcosa di diverso: la paura. 

Paura per un’Umanità miope alle proprie responsabilità che, nel corso della storia, non è ancora riuscita a interrompere un circolo vizioso di antichi schemi, paradigmi ricorrenti, ciechi automatismi.

Mentre la Banalità, regina indiscussa dei media e della tecnologia digitale, tutto appiattisce, tutto omologa, tutto priva di sapore, senso, memoria.  

 

I nostri Eroi.

Eppure, le persone che più ammiriamo – i nostri musicisti preferiti, le icone cine televisive, le voci fuori dal coro in ogni ambito – hanno in comune un vissuto di dolore …

La vita degli Eroi è infatti spesso costellata di lutti, difficoltà economiche, imprevisti cambiamenti che li privano di ogni sicurezza.

Vien da chiedersi se questo dolore non sia in realtà un Regalo, una preziosa Risorsa evolutiva …

La “sicurezza” che l’Uomo brama tanto, a quanto pare, non è la miglior palestra dove sviluppare il proprio pieno potenziale.

 

Un nuovo mondo.

Ecco perché, nella straordinarietà del periodo storico che stiamo vivendo, è racchiuso il seme di un nuovo mondo.

Un mondo di persone che di fronte alle impreviste, inevitabili, dolorose a volte sfide della vita, riescono a guardarsi allo specchio scoprendosi “vulnerabili”.

Un mondo governato da Leader che, di fronte alla tragedia, abbassano il capo, tolgono il cappello e chiedono perdono al loro popolo (anziché dar la colpa ad altri, agli eventi o al fato).

Un mondo di Uomini che, con umiltà e coraggio, guardando in faccia la realtà, si aprono a un più che necessario Cambiamento. 

Perché è la Verità, non il “raccontarsela”, la pietra angolare di ogni presa di coscienza, di ogni assunzione di responsabilità: il solido terreno su cui costruire un futuro che abbia un senso.

“Vulnerabili” nasce proprio come onesto, lucido intento di capire come, aldilà del virus, gli esseri umani siano potuti arrivare a tanto e come possano, consapevoli dei loro “nei”, diventare visionari “Cacciatori di Orizzonti”.

Ed ecco la video intervista all’Autore, trasmessa in live streaming sul Canale YouTube “Jasmine Laurenti”.

JL (Ondina Wavelet)

 

P.S.: Ringrazio di cuore l’amica, Mentore e “Fata Madrina” Elena Cipriani Pagliacci, psicanalista e scrittrice, per avermi messa in contatto con il suo caro amico Paolo Crepet: psicanalista, sociologo, scrittore, saggista, libero pensatore, opinionista.

 




Betapress aiuta la protezione civile: 20% del ricavato del libro COVID-19 sarà donato.

Lodevole iniziativa del gruppo editoriale verrà illustrata durante la presentazione del libro della redazione di Betapress.it

Sabato 14 novembre 2020 alle h 10,00 verrà presentato sui canali social di betapress.it il libro “Covid 19 – parole, opere ed omissioni di un periodo pandemico ancora oscuro”.

Betapress, nasce nel 2016 su iniziativa di un gruppo di intellettuali scontenti dalla situazione politica italiana decisi a creare una voce critica e apartitica.

Dal 2016 ad oggi Betapress si è imposto come voce fuori dal coro su argomenti importanti del mondo della scuola.

Ha varato importanti iniziative come #iocihoprovato per la difesa di coloro che vengono mobbizzati sul lavoro, o “salute donna” contro la violenza sulle donne, “la generosità circola” iniziativa di negozianti di tutta Italia che hanno raccolto fondi per enti locali impegnati nel fronteggiare l’emergenza Covid; ha preso inoltre posizioni contro i concorsi dsga e ds della scuola promuovendo una “class action”.

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qualunque tipo di ingerenza esterna.

Il libro intende conservare la memoria storica del primo periodo pandemico sforzandosi di parlare non solo del covid.

Lo scopo della pubblicazione è quello di non perdere il filo logico di questa era storica  per poter, un giorno di un futuro non troppo lontano, poter iniziare a capire questo periodo storico complicatissimo.

Per creare un senso di continuità con una delle azioni promosse da betapress.it, la redazione partecipa all’iniziativa “la generosità circola” iniziativa di negozianti di tutta Italia che hanno raccolto fondi per enti locali impegnati nel fronteggiare l’emergenza Covid.

CCEditore devolverà il 20% dei proventi della vendita del libro alla protezione civile in favore del supporto per l’emergenza COVID.