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Graffi … gasati

Tra le tante notizie tra il serio e il faceto, quella dello scoop del NYT.

Fonti (poco intelligenti) dell’intelligence (quale?) asserirebbero che indagini tedesche avrebbero trovato un battello con traccia di esplosivi a bordo che sarebbe stato noleggiato da un (misteriosissimo) gruppo di militari/paramilitari ucraini per compiere l’attentato di Settembre al gasdotto del Nord Stream 1 e 2.

Considerando i controlli in zona, l’abbondante presenza della ricognizione occidentale, anche a mezzo dei satelliti militari, è del tutto inverosimile questa (tardiva) scoperta.

Il tutto assomiglia a una patacca creata ad arte, subito dopo che il giornalista d’inchiesta americano Hersh ha pubblicato una dettagliatissima ricostruzione (sostenuta da elementi certi, e non smentita).

In questa si attribuiva la responsabilità dell’attentato a incursori/guastatori del blocco occidentale, al fine di far cessare gli approvvigionamenti di gas dalla Russia attraverso quella via, ma soprattutto stroncare ogni remora della Germania a schierarsi apertamente e militarmente con gli USA+NATO+UE.

Evviva l’Occidente progredito, liberale e democratico!




Graffi … di ordinaria succubanza.

Dopo la preordinata e strumentale mobilitazione della gente di Cutro all’arrivo dei membri del Consiglio dei Ministri, con tanto di cartellonistica ad hoc (stessa copisteria, stesso cliché…), con tanto di grida ‘assassini’, neanche riservate ai peggiori autori dello scempio sanitario-sociale ed economico chiamato ‘pandemia’, provenienti da gente schierata in modo apparentemente strano, come fossero delle comparse piazzate ad arte, ho sentito dispiacere per la gente di Calabria: sempre ospitale, pronta e generosa.

Che mi appariva come impegnata in una parte non sua.

Sulla spiaggia di Cutro continua tuttora l’happening rosso che ne ha fatto un motivo di agitazione e propaganda.

Intanto, interpretando le vicende italiane come una sorta di ‘via libera, tanto ci difendono’, si sono intensificati gli sbarchi.

Anche se il mainstream continua a sostenere la tesi dei ‘poveri’, dei ‘poverini in cerca di fortuna’ e quant’altro di lacrimevole, la realtà è che questi soggetti che emigrano in clandestinità pagano cifre che vanno dai 6.000 ai 12.000 euro (così si legge dalla stampa varia): cifra ragguardevole per chi proviene da economie modeste o modestissime.

Quasi sempre arrivano privi di documenti, con una notevole presenza di minorenni non accompagnati a bordo (che fine fanno? chi è che li ‘raccoglie’?), sono restii a farsi inquadrare dalle telecamere.

Considerando che i ‘motivi umanitari’ sono sempre più flebili, è sempre più evidente che ci si trovi davanti a una vera e propria pianificazione, sostenuta dalla malavita internazionale e che include necessariamente collegamenti di questa con quella dei luoghi di approdo.

I meccanismi di ospitalità e mantenimento danno luogo a processi di sfruttamento ulteriore del fenomeno: uno sfruttamento estremamente avido e lucroso.

Il Governo Italiano deve far sapere che, esclusivamente tramite i propri uffici consolari, è disponibile a valutare e accogliere richieste di asilo anche temporaneo per cure mediche (accertate e documentate, avallate da enti governativi dei paesi di provenienza) per sé o familiari conviventi, richieste di lavoro anche non particolarmente qualificate (ad esempio, braccianti, colf, assistenza agli anziani senza requisiti infermieristici o medici), e quant’altro.

Solo per gli elementi ammessi a godere di un permesso di soggiorno inizialmente temporaneo, sarà ammesso il ricongiungimento familiare con il coniuge e/o i figli, sempre che nel periodo la persona non abbia violato la legge e gli obblighi connessi al suo status. Stesse procedure per motivi di studio.

Essenziale la conoscenza della lingua italiana e il possesso di documenti originali rilasciati dal paese di provenienza.

Ammessi i visti turistici per massimo 30 giorni, previa costituzione di un deposito cauzionale di 3.000 euro, tale da consentire la copertura delle spese di rimpatrio: importo che sarà confiscato in caso di irreperibilità del soggetto.

Gente che arriva senza documenti o passaporti, bambini e adolescenti che giungano non accompagnati, in sintesi tutti quei soggetti che alimentano la tratta di esseri umani, devono rimanere nel proprio paese.

Una norma di questo tipo, non farebbe gridare allo scandalo, né potrebbe dar luogo a critiche di razzismo o discriminazione.

Io accolgo secondo le mie regole e la mia legge, così come fanno tutte le nazioni: per il resto, ti posso salvare (se continui ad arrivare clandestinamente) ma ti rinvio subito al tuo paese.

In 24 ore.

Questo si chiama ‘ordine’ e rispetto delle leggi: potrebbe diventare un appunto utile per chi amministra? O dobbiamo continuare a sentirci complici di questi mercanti senza scrupoli?




Si vis pacem para bellum?

CARA REDAZIONE TI SCRIVO … AIUTAMI A CAPIRE

Mi ha colpito una fresca citazione (LaPresse): “Recentemente, a una delle brigate delle forze armate dell’Ucraina, è stato dato il nome di ‘Edelweiss’ come la divisione nazista che ha partecipato alla deportazione degli Ebrei, all’esecuzione di prigionieri di guerra, in operazioni punitive contro i partigiani di Italia, Jugoslavia Cecoslovacchia e Grecia”.

Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso ai parlamentari dell’Assemblea Federale alla Gostiny Dvor a Mosca.

“I veicoli corazzati ucraini sono contrassegnati con segni di identificazione della Wermacht della Germania nazista”.

I neonazisti non nascondono di chi si considerano eredi. È sorprendente che nessuno di coloro che sono al potere in Occidente se ne accorge”, ha aggiunto Putin.

Premetto utilmente che aborro le guerre, tutte, considerandole inumane e strumento arcaico e quindi violento e sanguinario.

Ma ritengo che sia sempre importante CAPIRE: ovverosia, non si può andare su o giù, a destra o al centro, solo perché lo possa dire un capobranco… occorre quindi CAPIRE, cercando le notizie e approfondendole.

Negli ultimi cinque giorni, da Kiev – più che altrove – echeggiano parole tronfie, vanagloriose, colme di odio, interesse, menzogne sovrapposte a una deriva storica tremenda.

Oggi, a parlare di guerra e a parteciparvi sono soggetti che di guerra non hanno un vissuto – così come accadde per i nostri padri o i nostri nonni, che ne portavano ancora addosso l’eco tragica ed i lutti .

Politicanti, affaristi, contractors e assassini in doppiopetto, agiscono e parlano senza minimamente pensare che oggi nessuno possa e debba sentirsi in luogo ‘sicuro’ o ‘protetto’: bombe e missili possono ormai arrivare dappertutto e possono uccidere dappertutto.

Quindi, che prima di parlare, riflettano e formino pensieri basati sulla Storia: su quella Storia che quasi certamente non hanno appreso compiutamente dai libri scolastici o che hanno appreso per sentito dire o ‘a dispense’ (di cui, evidentemente, hanno saltato molti numeri).

C’è chi vuole formare una ‘invincibile armata’ ? Genti avide o ignoranti plaudono? Bene.

Ma che si dica e si sappia che la contropartita sarà speculare: si formerà in contrapposizione un’altra coalizione, di segno – anche e soprattutto militare – opposto e contrario.

Quindi?

È evidente che non sia questa la soluzione, come non lo è la barbarie della guerra, o la barbarie di un frettoloso riarmo che sottragga pane, risorse e futuro tanto ai padri che ai figli di questa società martoriata quotidianamente da diabolici cialtroni, che – incapaci di costruire – distruggono tutto.

Soprattutto ‘valori’, ‘tradizioni’, ‘risparmi’, ‘economie, ‘ideali’ e ‘famiglie’.

Tutto ciò che, in estrema sintesi, costituisce la vera solidità e l’affidabilità di una nazione.

L’unica soluzione è riposta nella PACE, da ricercare immediatamente con un lavoro concreto e veritiero di diplomazie, capi di governo e stati.

E se vi fosse ancora chi possa teorizzare guerre di logoramento militare o sfiancamento economico (“durerà altri 20 anni!”) o lasciarsi andare a dichiarazioni senza senso (del tipo “non è ancora il momento per trattare”) o “loro cattivi, noi buoni” (nelle guerre di tutti i tempi, alla fine sono tutti cattivi e perdenti, considerando che il sangue dei vincitori si mescola a quello dei vinti: vince chi perde meno e può raccontare la ‘sua’ guerra con la ‘sua’ enfasi narrativa), dico: se vi fossero ancora soggetti così, rottamiamoli e gettiamoli alle ortiche, poiché sono dei folli.

Che si cerchi la PACE a ogni costo, che scoppi la PACE!

 




Graffietti …

Monaco nefasta.

Conferenza (per la guerra?).

Ascoltando/leggendo dichiarazioni surreali, viene da chiedersi: ma stanno bene?

Sono lucidi o ipnotizzati?

C’è chi pensa di arricchirsi producendo armi o altri giocattolini bellici?

Perché non hanno il coraggio di chiedere ai Popoli cosa vogliono fare, con un referendum in tutta l’Europa?

E’ l’elasticità italiana, nostro vanto ma anche limite.

Ho vissuto in Inghilterra ed in Svizzera (tedesca) e conosco la mancanza di creatività e l’incapacità di fronteggiare situazioni impreviste.

Però poi tutto funziona, anche se al più piccolo inciampo, tilt.

La creatività è scoraggiata, la scuola repressiva, il tanto declamato college Eton è un liceo classico del tutto omologo (e forse non a livello) ai nostri licei romani.

Però dobbiamo decidere, continuare a vantarsi della nostra (indubbia) intelligenza o quanto meno prontezza di spirito, oppure decidere di far funzionare le cose, avere comportamenti più sociali e conservarla, la nostra capacità di sopravvivenza, ma accettare che esistono le regole ed alcune si possono anche rispettare




Cara Redazione ti scrivo…

Cara Redazione ti scrivo…

Monaco, Conferenza sulla sicurezza.

Macron: “Non è il momento di trattare, Kiev combatta fino a costringere Putin a trattare”; Sunak: “La Nato cambi il trattato per sostenere Kiev”. Zelensky: “Se vince, Mosca punterà le armi sui Paesi vicini”.

Come possiamo apprendere NESSUNO A MONACO SEMBRA VOLERE LA PACE: o non è il momento (di grazia, quando sarebbe il momento?); o si vogliono cambiare le regole (di solito, lo chiedono/fanno i bambini quando perdono nei loro giochini); o si raccontano balle (le armi di tutti sono puntati su tutti, dai tempi della classica ‘guerra fredda’); o, ancor peggio, si sostiene di voler battere la Russia per farne uno spezzatino attraverso una riduzione territoriale.

Quindi?

Ancora si vuol fare credere a una e una sola narrazione, del tipo “noi buoni, loro cattivi?”.

Ancora vogliamo affamare i popoli europei spingendoli/obbligandoli al riarmo, al munizionamento? Una volta ci sarebbero state le barricate nelle piazze, al grido di “più pane, niente cannoni”.

Se gli USA e la GB vogliono continuare nel loro sostegno militare CONTRO la Russia e poi CONTRO la Cina, lo facciano: a loro spese e a loro rischio (tanto, stampano moneta a ritmo vertiginoso…). E ricordino alla NATO, i capi di governo/stato, che essa è uno strumento DIFENSIVO e non OFFENSIVO. E neanche offensivo per “prevenire” un possibile, eventuale, potenziale, attacco.

CHE SCOPPI LA PACE e che ciascuno si ASSUMA LE PROPRIE VERE RESPONSABILITÀ SENZA COINVOLGERE GLI ALTRI, specie attraverso la MENZOGNA.




Il Ministro nordio accoglie il beato giudice Livatino

Il giudice ragazzino: Rosario Livatino

Rosario Livatino
Rosario Livatino

Reliquia di Rosario Livatino
Reliquia di Rosario Livatino

Al ministero della Giustizia il 20 gennaio 2023 è giunta la reliquia di Rosario Livatino, magistrato siciliano dichiarato beato dalla Santa Madre Chiesa.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha accolto la reliquia nella sala ministeriale dedicata al Giudice.  Nordio ha ricordato Rosario Angelo Livatino con queste parole: “ Le spoglie, l’esperienza e la tragica fine ci dimostrano che anche in questo mondo c’è spazio per coniugare la fede nell’uomo con la fede nella giustizia  divina”.

Parole importanti soprattutto se si tiene conto del fatto che Livatino è il primo magistrato riconosciuto e dichiarato beato dalla Chiesa Cattolica. Papa Giovanni Paolo II lo definì “martire della giustizia e indirettamente della fede”.  La Sua reliquia è stata esposta nel ministero della Giustizia per volontà della Venerabile Arciconfraternita Maria Odigitria dei Siciliani in Roma, che ne ha curato l’esposizione.

La “Peregrinatio Beati Rosarii Livatino – Fidei et Justitiae Martyris”, ossia la sua  reliquia, è costituita da una teca contenente la camicia che Livatino indossava il giorno in cui fu ucciso dalla mafia mentre si recava a lavoro il 21 settembre 1990.

Livatino è noto come il “giudice ragazzino”,così definito dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, un testimone della storia italiana che ha donato la sua vita per la legalità e per la giustizia.  Livatino era un giudice sicuro di sé, capace di condurre inchieste “scomode” e percorrere strade sconosciute (come quella che ha portato alla confisca dei beni ai mafiosi).  Estremamente credente, rispettoso delle regole e con una visione del mondo della criminalità e politica corrotta molto ampia. Riponeva grande fiducia nel corpo della Guardia di Finanza in quanto capace di coniugare sia l’attività investigativa economico finanziaria sia applicare la legge.

Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952. Dopo gli studi classici, si laureò nel 1975 in giurisprudenza a Palermo. Vinto il concorso in magistratura, nel 1979 divenne sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e qui prestò servizio fino al 1989.

Criminalità organizzata, tangenti e corruzione: furono questi i nemici che Livatino combatté in questi anni. Dopo aver compreso il forte legame tra la politica siciliana e la mafia, diede vita, insieme ai magistrati Cardinale e Saieva, a indagini a tappeto su tutto il territorio agrigentino. Queste poi portarono al maxi-processo contro i mafiosi di Agrigento, Canicattì, Campobello di Licata, Porto Empedocle, Siculiana e Rivera; il maxi processo si concluse con quaranta condanne e Livatino stesso interrogò gli onorevoli Bonfiglio, Di Leo e Mannino.

La sua tenacia, gli ideali e il suo coraggio spaventarono sia la politica corrotta sia i mafiosi siciliani che decisero di mettere a tacere il “giudice ragazzino”. Così, fu ucciso il 21 settembre 1990 sulla ss640 Caltanissetta – Agrigento da quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina.

La stampa: omicidio del giudice
La stampa: omicidio del giudice

Infatti, dopo averlo speronato dall’auto dei killer, il giudice iniziò a scappare nella campagna limitrofa ma uno degli inseguitori gli sparò un primo colpo ad una spalla.

Nonostante questo, Livatino continuò la sua fuga ma dopo poche decine di metri fu ucciso con un colpo di pistola. Tra i primi che accorsero sul luogo del delitto vi furono Elio Spallita, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.

La stele sul luogo dove il giudice martire è stato colpito a morte, lungo la statale Caltanissetta-Agrigento
La stele sul luogo dove il giudice martire è stato colpito a morte, lungo la statale Caltanissetta-Agrigento

L’omicidio di Livatino mise in luce una ferita nel rapporto tra  Stato e magistratura: la solitudine. I magistrati dispongono di un grande potere nella lotta alla mafia quando sono nell’esercizio delle loro funzioni, ma dopo il lavoro sono soli, abbandonati e privi di alcun tipo di protezione.  Per questo motivo, dopo l’omicidio del giudice, Roberto Saieva e Fabio Salomone, magistrati e suoi colleghi,  denunciarono lo Stato di aver abbandonato tutti i magistrati nella lotta alla mafia. Stessa cosa fece il giudice Francesco Di Maggio che all’Unità disse “ Dietro la bara di Livatino non può nascondersi tutta la magistratura”.

Le sue parole tuonarono come accusa verso lo stato e provocarono numerose polemiche.

Con la sua vita, con il suo lavoro e con la sua passione Livatino ci ha mostrato cosa significa essere uomini rispettosi delle leggi e buoni cristiani.




Partiti sfiduciati dal 60% degli Italiani.

Questo il vero dato significativo di queste elezioni: il 60% degli Italiani ha dichiarato di non credere più nel sistema dei partiti.

Il crollo dei votanti deve essere letto e non deve essere trascurato dai nostri governanti: ma come è possibile sostenere di essere alla guida del paese quando si ha il consenso di nemmeno il 25% dei cittadini, è probabilmente delirio di onnipotenza.

Così come è immorale, nonché da incoscienti, pensare di andare avanti con un piano di governo quando più della metà del paese ha dichiarato di non credere nel sistema che lo regge.

Esagerato direte voi, sono poi solo due regioni!

Vero ma sono le due regioni che in assoluto sono le più significative del paese.

In queste ore si sente parlare invece di consolidamento della posizione, di tenuta della maggioranza, di perdita di consenso ma perché i cittadini non capiscono…

Tutte grandi fesserie, figlie di una cecità politica ormai arrivata al paradosso di auto convincersi di essere, invece, la vista di Dio.

Il sistema dei partiti con la sua ottusità sta creando una maggioranza al di fuori di se stesso, maggioranza che non accetterà ancora a lungo di essere governata da uno sparuto 20% della popolazione.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a vari fenomeni politici, sempre piccoli e, se vogliamo, insignificanti nel percorso della storia, me che dovevano far riflettere il sistema dei partiti e chi lo governa per avviare un nuovo modello di governo del paese che fosse più in linea con le aspirazioni del popolo.

In primis gioca l’obbligo di interpretare lo spirito italiano, così come modellato da secoli della sua storia, un popolo profondamente non razionale, venendo da secoli di profonda credenza religiosa che facilmente scade nel soprannaturale e nel gigionesco mondo degli aruspici.

Un popolo che ha forti legami famigliari e comunque tribali, radicati come non mai in uno spirito di necessaria appartenenza a qualcosa o a qualcuno, fino a smontare il credo politico e sociale a favore del primo fabulatore arrivista.

Una massa sociale che ha radicato geneticamente il ricordo della sua grandezza passata e che oggi rivive come ispirazione sociologica, come ricerca di una dimensione che nel primeggiare possa trovare una sua ragione, ma che spesso si arrocca, quasi come un topolino da labirinto impazzito, in falsi miti ed illusioni di successo, dallo sport a personaggi di indubbia cialtroneria, soprattutto politici, sportivi ma anche mondani, presi ad esempio da generazioni immature e favolistiche, poco inclini alla fatica della riflessione e della ragione, ma più succubi di facili esplosioni di effimero successo.

Questo popolo è stato allevato dal sistema dei partiti con una progressiva serie di iniezioni di droghe post moderne, dalla televisione spazzatura ad una scuola trasformata a babysitteraggio costoso e poco formativo.

Su questo popolo il sistema dei partiti ha continuato a vivere lucrando l’anima della sua stessa fiamma di sopravvivenza.

Fu così che, già dopo la prima guerra mondiale, il popolo italiano decise di scrollarsi di dosso il sistema dei partiti lasciando ampio a spazio a quello che per un ventennio fu esperienza nuova, corporativa ma situata in un periodo storico che ben poco spazio lasciava ad una costruzione sociale prospettica e soprattutto gestita da personaggi usciti da un periodo come la prima guerra mondiale dove la bassezza dell’uomo era stato imprinting tragico sulle coscienze.

Dopo la seconda guerra mondiale il sistema corporativo del ventennio venne sostituito ancora una volta dal sistema partitico, forse per troppa fretta, per incapacità, o forse perché il momento richiedeva un sistema che nuovamente abbindolasse il popolo per riuscire a gestire, con una ristretta cerchia di oligarchi politicizzati, il Paese.

In 75 anni della repubblica abbiamo avuto 68 governi gestiti da 31 presidenti del consiglio, l’instabilità fatta persona, un paese che nella ingovernabilità pone la sua ragione di vita, che peraltro gli viene proprio imposta dal sistema partitico che lo regge.

Infatti un sistema partitico come quello italiano trae la sua linfa vitale proprio dal continuo avvicendarsi delle situazioni di governo, perché la stabilità richiede spesso decisioni scomode che il sistema dei partiti non può prendere, specificatamente per la sua natura effimera alimentata da un consenso becero e legato ad una ignoranza diffusa nella sua massa elettiva.

Nel 1994 il popolo italiano vede in un poliziotto di borgata con le manie da sceriffo il salvatore della patria e gli permette di affondare un transatlantico sicuramente da tirare in secco per le riparazioni, ma non certo da affondare in toto.

Eppure in quel momento quel poliziotto era visto come il William Wallace dè noi altri, il salvatore della patria e, nell’ebrezza della distruzione, nessuno si è accorto che il tutto fu una mossa astuta per sostituire un gruppo di potere con altro gruppo di potere.

Meglio? Peggio?

il dato da leggere è l’aumento del debito pubblico oggi 2700 miliardi, nel 1990 667 miliardi di euro, ovviamente.

Insomma pur di abbattere quelli che il popolino riteneva, forse anche a ragione, dei “delinquenti affamatori” siamo rimasti a “muoia Sansone e tutti i Filistei…”

Anche in questo caso occorreva leggere nell’insurrezione di popolo che osannava la caduta, l’odio nei confronti di un modello di governo che il popolo non amava e rispettava più.

In questo percorso di evidente disamoramento del cittadino verso il sistema dei partiti, arriviamo alla nascita dei partiti dal nulla e del nulla, sull’onda della contestazione al secondo gruppo di potere, che approfittando del bulletto giudiziario ha scardinato solo le poltrone e non il sistema.

Qui la reazione del popolo è stata un grande messaggio, ancora non capito dai detentori del sistema partitico: pur di farti capire quanto non mi piace il sistema dei partiti voto il primo incapace che si presenta pur di non votare voi.

La cosa ancor più divertente che lo slogan dei partiti “protestanti” era proprio vota noi perché siamo incompetenti di politica e quindi non potremmo fare i danni che hanno fatto quelli prima… niente di più sbagliato perché in realtà il mix che venne fuori tra competenti ed incompetenti fu ancora più deleterio che ciò che avvenne nella prima repubblica.

Dopo questa carrellata veniamo a Noi oggi e vediamo che il 60% degli aventi diritto al voto non lo esercita più: questa è la tragedia di questo paese, che non permette più l’esercizio della democrazia, al punto da obbligare i suoi cittadini, per farsi sentire, a rinunciare ad un loro diritto costituzionale.

Nonostante questo atto violento da parte del popolo sembra che nessuno abbia intenzione di fermarsi e leggere correttamente il messaggio degli Italiani.

Pericoloso atteggiamento di chi ancora esercita il potere, pericoloso perché non andare a votare è un segno di disaffezione del cittadino ancora più pericoloso del rogo mediatico del 94, e chi oggi si culla nella sensazione di stabilità e di vittoria, dovrebbe invece notare che dalla sua parte ha solo il 25% del popolo e contro ha il 75%.

E Verrà un Giorno … che quel 75%  non sarà più controllabile perché non avrà più niente da perdere.

 

 

 




E’ sempre meglio ricordare…

Oggi si celebra IL GIORNO DEL RICORDO.

Una solennità dedicata a ricordare le vittime dell’odio, italiane, gettate vive o moribonde dagli jugoslavi di Tito nelle crepe carsiche dette ‘foibe’.

Gli oltre 350.000 italiani, profughi di quelle terre, spinti alla fuga dalle loro terre cadute in mano dei comunisti titini, dovettero abbandonare ogni cosa, dirigendosi in massa verso l’Italia.

È Storia che troppi furono gli italiani, intrisi e corrotti dall’ideologia comunista, che negarono ogni aiuto: persino negando la sosta nelle stazioni, negando l’acqua ai bambini e agli anziani, a tutti.

Drammi collettivi e individuali leniti – nel tempo, e solo in parte – dallo slancio e dalla generosità di Italiani che aiutavano altri Italiani, più sfortunati di loro.

Quanti uccisi così barbaramente e gettati nelle foibe, furono ritrovati alcuni anni dopo, e il recupero dei corpi suscitò dolore e sdegno negli Italiani. Il governo italiano insediatosi nel dopoguerra si era impegnato a corrispondere aiuti a quanti tutto avevano dovuto abbandonare in mani nemiche. Ma la “pratica” è ancora aperta, nonostante gli impegni solenni.

Quelli che sono qui sotto riportati, sono i pensieri di un Italiano, legato da sentimenti patri e famigliari a quegli Italiani cacciati da terre italiane cedute a mani ostili e avverse.

Le sue lucide, scarne ma pesanti parole, sono frutto dei suoi ricordi diretti: scavano drammaticamente, ancora oggi, l’animo di chi legge condividendo sofferenze e delusioni di altri nostri Fratelli Italiani.

Ma anche una ricorrenza solenne che deve aiutarci a cacciare dalle menti, dai cuori, dalle labbra, la parola “”guerra””: fin troppo frequentemente usata, in questi ultimi tempi.

Occorre lavorare per la PACE, respingendo ogni tentativo di fare passare le guerre ora come buone ora come cattive.

Le guerre tali sono, con tutti ciò che di tragico e luttuoso trascinano con sé.

L’Italia ripudia la guerra, recita solennemente la nostra Costituzione: ma la guerra, ogni guerra, è un puzzle composito, con mille sfaccettature.

Deve invece SCOPPIARE LA PACE, riconducendo gli Uomini dall’odio (troppo spesso immotivato) verso un Amore Universale condiviso con animo fraterno.

Questo è l’unico modo degno per celebrare le vittime di tutte le guerre. Che il grido possente MAI PIÙ GUERRE salga possente nel Cielo, riecheggiando di valle in valle.

 

————–
Mio bisnonno, italiano d’Istria, fu deportato sotto l’Austria nel campo di Katzenau, vicino Linz

Mio zio, della Regia Marina, rifiutandosi di collaborare coi tedeschi fu deportato allo Stalag B, tra Germania e Polonia.

Mia mamma, perché espresse compiacimento per Trieste italiana, fu incarcerata dalla polizia politica Yugoslava, la famigerata OZNA.

Mio padre, fuggito in quanto italiano dalla Yugoslavia, è stato sbattuto tra un campo profughi ed un altro fino ad arrivare nell’orfanotrofio di don Orione, a Roma.

Io e mia sorella, coi miei genitori, abbiamo vissuto al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma in una casa popolare di 48 mq per 30 anni.

Non una vita, ma tre generazioni in salita.

Antonio Ballarin




Il feroce riscatto di Lavarini

Intervista al Barone Roberto Jonghi Lavarini, a seguito della notizia d’archiviazione del caso “lobby nera” di fanpage.

Il caso riguarda i presunti fondi illeciti a Fratelli d’Italia, per mano di Roberto Jonghi Lavarini, di Carlo Fidanza e di altre persone appartenenti alla destra milanese.

Il caso è nato da cento ore di riprese video, girate durante momenti conviviali o culturali degli indagati.

Ecco perché questa intervista, una delle prime rilasciate in esclusiva, dopo la notizia di archiviazione potrebbe essere intitolata 

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: TANTO RUMORE PER NULLA

La Procura della Repubblica di Milano ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione per gli otto imputati nel procedimento aperto in seguito alla pubblicazione dell’inchiesta Lobby Nera del team Backstair di Fanpage.it.

 

Che effetto le fa sapere che l’indagine è sul punto di essere archiviata?

Eravamo certi della nostra innocenza ma in Italia non si sa mai, invece, dobbiamo constatare che sia la Guardia di Finanza che la Magistratura di Milano hanno svolto il loro dovere con serietà e correttezza, senza farsi influenzare da pregiudizi politici e ideologici, appurando, dopo dodici mesi di attente indagini (perquisizioni, sequestri di documenti, cellulari e computer, pedinamenti e intercettazioni) che non è stato commesso alcun reato, punto!

È stata solo una infame operazione politica fuorilegge di spionaggio, infiltrazione, tentata corruzione, diffamazione aggravata a mezzo stampa, contro la destra italiana.

Roberto Jonghi Lavarini e l'avvocato Ruggieri
Roberto Jonghi Lavarini e l’avvocato Ruggeri

Ha ricevuto, o avete ricevuto dagli esponenti di Lega e Fratelli d’Italia, che fingevano di non conoscervi, delle scuse ufficiali, o quantomeno delle telefonate per complimentarsi con Voi?

In realtà, a parte qualche tragicomico scivolone iniziale, nessuno ha poi più continuato a negare l’evidenza, ovvero che, sia nella destra italiana (direi europea) che nell’ambiente politico milanese sono conosciuto da tutti. Comunque, in questi mesi, senza fare nomi, sono rimasto in costante contatto con i massimi vertici di Fratelli d’Italia, ma anche della Lega e di Forza Italia. Alcuni di loro, oggi al governo, mi hanno espresso anche la loro solidarietà e oggi la loro felicitazione per l’archiviazione.

Sappiamo che non è nuovo a momenti di goliardia tra amici e conoscenti, e che spesso i media, dalle Iene, a la Gabbia e ad altre trasmissioni legate a certe correnti politiche, vi usano come bersaglio. Si è fatto un’idea del perché e per quale motivo, tra i tanti politici corrotti, vengono ad attaccare proprio lei, che pur facendosi chiamare “barone nero” risulta essere un “barone bianco in mezzo a lupi neri rapaci?”

Tutti conoscono, nel bene e nel male, la mia giovialità e cameratesca goliardia, quanto la mia militanza libera, coerente e disinteressata.

Certamente io non ero l’obiettivo ma solo l’aggancio e lo strumento per attaccare Fratelli d’Italia, in particolare e non a caso, proprio l’onorevole Carlo Fidanza che era capo delegazione al Parlamento Europeo e Responsabile Esteri del partito, su posizioni tradizionali di destra sociale. Io credo che qualcuno abbia voluto correggere la rotta, esattamente come è successo con
Gianluca Savoini e la Lega

Anni or sono venne eletto presidente di zona 3 a Milano. Le va di raccontarci un po’ della sua esperienza politica?

Ho 50 anni di età anagrafica e 36 di ininterrotta attività politica, sempre a destra.
A 14 anni mi sono iscritto al Fronte della Gioventù di Via Mancini, del quale sono stato commissario cittadino, poi dirigente provinciale del MSI di Giorgio Almirante, dirigente regionale di Alleanza Nazionale, segretario cittadino e dirigente regionale della Fiamma Tricolore di Pino Rauti, per dodici anni consigliere di zona di Milano e per una legislatura presidente a Porta Venezia.
Poi indipendente di destra, ho sostenuto, negli anni, varie iniziative movimentiste e candidati del Popolo della Libertà, della Lega e di Fratelli d’Italia, partito con il quale sono stato candidato e primo dei non eletti, alle elezioni politiche del 2018.
Altro che sconosciuto marginale: se non ci fosse stata questa inchiesta, oggi sarei certamente deputato in parlamento… Ed anche oggi, diversi candidati alle elezioni regionali lombarde e non solo, hanno chiesto il mio appoggio elettorale.

Pensa di fondare un partito politico o di candidarsi in futuro per il bene della sua città?

I partiti veri non ci sono più, da tempo, perché la politica e le istituzioni elettive contano sempre meno, come il popolo elettore. Non intendo certo fondare un nuovo partito ma sono fedele sostenitore del MSE (Movimento Sociale Europeo – Eurasia, piccolo ma storico movimento politico culturale, apartitico e transnazionale, rifondato nel 2000 da Roberto Bigliardo e Guido Mussolini, con la benedizione di Jean Marie Le Pen). Alle elezioni scegliamo, di volta in volta, la lista e il candidato migliori da votare.

Quali sono, secondo Lei, i valori da promuovere in una città come Milano? Quali benefici e innovazioni apporterebbe se venisse eletto a qualche carica?

Milano funziona da sola, da sempre, grazie al laborioso popolo ambrosiano.

Una buona amministrazione dovrebbe semplicemente assicurare a tutti i suoi cittadini, una città più efficiente, sicura e pulita.

La giunta comunale dovrebbe promuovere grandi opere ma lasciarle fare ai privati, pensando invece alla ordinaria amministrazione, concentrandosi a sistemare degnamente scuole e asili, case popolari, le buche nelle strade, senza aumentare il costo dei mezzi pubblici e senza massacrare i milanesi con multe inutili, date solo per fare cassa.

Detto questo, sinceramente, oggi non penso proprio a candidarmi, da nessuna parte…

Carlo Fidanza, Chiara Valcepina, Roberto Jonghi Lavarini
Carlo Fidanza, Chiara Valcepina, Roberto Jonghi Lavarini

Progetti per il futuro?

Tanti ma di carattere culturale e professionale.

È noto che la mia seconda passione, insieme alla politica, siano gli ordini cavallereschi e l’araldica, le tradizioni che rappresentano l’anima profonda e spirituale della nostra civiltà eurasiatica cristiana…

E in questo momento storico ed escatologico, luci di speranza e rinascita le vedo solo nell’oriente ortodosso, ancora così solido e fortemente identitario…

E anche professionalmente, ad est, vi sono tante opportunità economiche e di sviluppo per i nostri imprenditori.

Ma il mio sguardo geopolitico futurista guarda anche all’India, alla Persia e all’Africa, dove ho solidi contatti, a riprova di chi mi accusa di essere razzista o xenofobo.

Prima di concludere, se vuole, ci lasci una massima o un motto, in modo da far appassionare i nostri lettori o ci dica qualcosa in più su di sé

Ragionate con la vostra testa, e siate protagonisti delle vostre scelte e del vostro futuro, amate la Patria e i Valori Tradizionali, e siate sempre pronti a difendere le Vostre Idee e i Vostri Ideali, quando questi siano Giusti e Onorevoli.




Buon lavoro presidente Maruotti

Luigi Maruotti nominato Presidente del Consiglio di Stato

Luigi Maruotti è il nuovo Presidente del Consiglio di Stato.

Venerdì 13 gennaio 2023 il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla sua nomina di Presidente del Consiglio di Stato, l’organo di rilievo costituzionale, con origini antichissime, che conserva sia funzioni giurisdizionali che compiti di natura consultiva.

Il 20 gennaio c.a. il plenum del Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa aveva espresso all’unanimità parere favorevole alla sua nomina.

Una immagine recente del neopresidente Maruotti
Una immagine recente del neopresidente Maruotti

Luigi Maruotti succede a Franco Frattini

Luigi Maruotti, già Presidente aggiunto del massimo organo della giustizia amministrativa, succede a Franco Frattini, che aveva assunto la carica di Presidente del Consiglio di Stato il 29 gennaio 2022.

La nomina segue la sua prematura scomparsa la notte di Natale.

Appena una settimana fa Maruotti aveva celebrato, commosso, nell’aula di Pompeo del Consiglio di Stato, la sua commemorazione.

Grande è stato il cordoglio tributato al collega di una vita.

L’avvicendamento segue il rigoroso rispetto dell’anzianità di ruolo, in osservanza della prassi che da sempre contraddistingue il prestigioso istituto, solo raramente disattesa.

La sua straordinaria figura di giurista e la sua caratura morale hanno messo subito tutti d’accordo.

La galleria prospettica del Borromini nel cortile interno di Palazzo Spada a Roma, sede del Consiglio di Stato. La finta prospettiva del Borromini
La galleria prospettica del Borromini nel cortile interno di Palazzo Spada a Roma, sede del Consiglio di Stato. La finta prospettiva del Borromini

L’eccellente carriera del neopresidente

Luigi Maruotti nel 1981 entra giovanissimo nei ruoli dell’Avvocatura Generale dello Stato, dapprima come Procuratore dello Stato e poi come Avvocato dello Stato.

Successivamente, è risultato vincitore dei concorsi come magistrato del TAR, nel 1984, e come consigliere di Stato, nel 1989, divenendo Presidente di Sezione del Consiglio di Stato nel 2010.

Ha presieduto nel corso del tempo la Terza, la Quarta, la Quinta e la Sesta Sezione del Consiglio di Stato. Circa un anno fa, per pochi voti, non è approdato alla Corte costituzionale.

Palazzo Spada: particolare del colonnato del cortile interno
Palazzo Spada: particolare del colonnato del cortile interno

Una autorevole figura di riferimento

Nessun dubbio che lo stimatissimo giurista partenopeo, ma originario di Sant’Agata di Puglia, che tanto lustro ha dato nel corso della sua carriera ad istituzioni come l’Avvocatura dello Stato e la magistratura amministrativa, sia la figura più autorevole a ricoprire la sesta carica dello Stato.

La levatura morale e intellettuale da sempre lo contraddistinguono come magistrato indipendente ed equilibrato.

Il Consiglio di Stato ha il compito di proteggere le libertà e i diritti fondamentali delle persone, di difendere l’interesse generale, di sorvegliare la qualità della pubblica amministrazione.

Luigi Maruotti, instancabile lavoratore e conosciuto anche per aver eliminato gran parte dell’ingente arretrato del Consiglio di Stato, è di sicuro la persona giusta.

Unanime il plauso anche del Consiglio Nazionale forense e del libero Foro.

Una autorevole figura di riferimento, in un momento in cui, più che mai, c’è l’esigenza di ridare fiducia nelle istituzioni e di rilanciare la giustizia come vero e proprio servizio a favore dei cittadini.

Sarà il neopresidente ad inaugurare l’anno giudiziario il prossimo 30 gennaio, in concomitanza con la cerimonia di insediamento, cui presenzieranno le più alte cariche dello Stato.

 

Commozione al consiglio di Stato per Ricordare l’ex Presidente