Avulso

Avulso

di Cassandra è figlio erede di commedie, arti 
oracolo certamente
scomodo e disprezzato
  Nemico della gente..
Invidiato e all’indice tenuto.
Sacerdote  laico a suo modo di retorica poetica  e di ambiente.
Non voglio cerimonie
Non voglio facce lavate e lavate  di faccia
  Date retta, L’incenso risparmiate.
Tanto lo so che morto  mi volevate..
Tanto lo
so’ che appena giravo l’angolo si facevano grasse risate
E dicevano:”
Perché devi essere meglio di me?
Perché devi avere più di me?
Non ho io …e non devi avere nemmeno te!.
Ti preferivo quando eri  uno dei tanti
innocuo  tra gli inconcludenti
quando ti potevamo controllare quando non ti montavi la testa e  volevi scrivere cose amare…
Quando non scrivevi cose che suscitano interesse e ammirazione
Togliendo protagonismo a tutta la popolazione..:
“Mio figlio si è laureato con 110  e lode
Adesso è magistrato
Anch’io ho  ho preso il master e sono ricercato ..”.
“E tu che cosa hai fatto ? Che cosa hai partorito?
Hai solo pubblicato parole alla rinfusa
Inconcludente dissennato!”
  miserabili maestri  di voi stessi
Accademia  unica dell’illazione,
dell’ingiuria, del sarcasmo vigliacchetto del non sono stato io…
Del fuori luogo,
infelice infelicitante
occhiante…
Bisbiglio tagliente meditato …
Del non detto ,dell’approssimato …
Del trattenuto tra i denti…
serrati e impenitenti.
sì… come la propria esistenza
ombra maligna  decisa
di chi è solo un povero ignorante.
…ma chi ti credi di essere non sai niente…
Baci di giuda e abbracci di rito a coronamento
Sorriso di circostanza simulato miserabile e forzato ma dovuto per apparire .. congiurante
Ora sono morto
In quelle pagine c’è tutto il mio torto
Quello fatto a voi… Naturalmente…
essenza del mio creato
Ma Sento e vedo tutto
Non a caso
Vedo Chi vivo non mi  poteva vedere e morto non si pareva a saziare.
Ma a tutti dico …
Io… A differenza vostra ,
ho amato.
E mo’…. come state?!
E mo’… Che non ci son più… Che fate?!.
E quando la barba allo specchio ogni mattina vi farete
Vedrete l’immagine di un Dorian Gray a cui  appartenete
Vergognandovi un pochino
Di quel che siete …




Guerra e Pace

Vi sono cose che, forse per ignoranza, forse no, faccio molta fatica a comprendere.

L’incipit dello statuto della NATO recita “Gli Stati che aderiscono al presente Trattato riaffermano la loro fede negli scopi e nei principi dello Statuto delle Nazioni Unite e il loro desiderio di vivere in pace con tutti i popoli e con tutti i governi”.

Nazioni Unite che si dichiarano decise “a salvare le future generazioni dal flagello della guerra ed a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne” e, poco più avanti nel testo, continua con “a praticare la tolleranza ed a vivere in pace l’uno con l’altro in rapporti di buon vicinato, ad unire le nostre forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.

Infine, lo stesso Statuto dichiara che le Nazioni Unite hanno al centro della loro azione la volontà di “assicurare che la forza delle armi non sarà usata”.

Il Trattato della NATO, inoltre, dichiara che gli Stati membri “si dicono determinati a salvaguardare la libertà dei loro popoli, il loro comune retaggio e la loro civiltà, fondati sui principi della democrazia, sulle libertà individuali e sulla preminenza del diritto. Aspirano a promuovere il benessere e la stabilità”.

Premesso che l’Ucraina non è membro della NATO ritengo fondante di un ragionamento intellettualmente onesto ricordare che l’articolo 1 della stessa organizzazione dichiara che “le parti si impegnano a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite”.

Comporre “con mezzi pacifici”, in queste ore lèggiamo il Segretario Generale uscente, Stoltenberg, dichiarare che l’Ucraina deve essere “libera di usare armi degli alleati per colpire in Russia” a cui è seguita una scontata reazione dell’ambasciatore russo Antonov: “Washington non vuole la pace in Europa. Annuncia armi all’Ucraina quando Mosca è disponibile a colloqui”.

Perché tutto questo? A chi serve?

Perché questi continui tentativi di causare una escalation del conflitto?

Come non notare che siamo a cinque mesi dalle elezioni presidenziali statunitensi e,salvo eventi “anomali” assai temuti dal giro di Mar a Lago, il Presidente Trump appare vincitore certo.

Come non notare che lo stesso nella sua campagna elettorale dichiara che Biden ci stia portando verso la terza guerra mondiale mentre con lui “presidente non ci sarebbero state guerre”, nessuna guerra.

È un fatto che Donald Trump sia l’unico presidente degli Stati Uniti a non avere ordinato l’inizio di nessuna nuova guerra.

Ci sarebbe da chiedersi se Biden avrebbe permesso al generale George Patton di portare i suoi carri armati fino a Mosca per “portare la democrazia” in quella Unione Sovietica governata da Stalin? Uno al cui confronto il Presidente Putin potrebbe apparire un sacerdote francescano.

Per fortuna in Stati Uniti vi era un Presidente assai più saggio, quel Roosevelt che seppe sedersi a Yalta.

Purtroppo alla Casa Bianca il mondo, oggi, non trova Roosevelt ne una figura che non crede nell’uso delle armi e negli eserciti ma nei dialoghi bilaterali come Trump.

Il mondo deve convivere con un presidente americano, Joe Biden, che spesso straparla.

In queste ore è tornato, senza freni istituzionali, a definire il presidente russo Vladimir Putin un “tiranno brutale”.

Difficile poter credere che dichiarazioni così “violente” possano facilitare una tregua in Ucraina dato che, permettetemi una ovvietà, non è Zelensky a poter decidere le sorti del popolo ucraino bensì chi siede alla Casa Bianca ed in alcune cancellerie europee.

Tutte “poltrone a rischio” nei prossimi mesi. Tutti leaders che, in fondo, con una “bella guerra” potrebbero risolvere i “loro problemi”.

In queste condizioni noi, cittadini amanti delle “parole” e non delle “armi”, non possiamo che sperare che il Presidente Putin non ceda alle provocazioni e non accetti una escalation di distruzione.

Onestamente, avendo dedicato tempo a studiare l’uomo, siamo sufficientemente convinti che questo accadrà con buona pace di chi vorrebbe ben altro.

In fondo nella cultura russa il concetto del “temporeggiare” è assai ben radicato, come non ricordare l’attesa del “generale inverno” per esempio?

A guardare questo quadro nasce, però, spontanea una domanda: sono queste Nazioni Unite e questa NATO strumenti utili a garantire una pace equa fra i popoli nel mondo?

Sembrerebbe di no.

Dopo ottanta anni, forse, è arrivato il tempo di dichiararli “superati” e di sostituirli con nuovi strumenti più efficaci, magari anche più efficienti visto i loro risultati in ordine a quanto direttamente espresso nei loro statuti.

Senza, poi, porre l’occhio sui loro rispettivi rapporti fra costi e benefici.

Ignoto Uno




Macbeth Cuore Nero – I detenuti portano in scena il male e il bene

Si è svolta oggi alle 10,30 presso la sala degli specchi del teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere (CE) la conferenza stampa dell’evento MacBeth cuore nero.

nell’ordine da sinistra a destra Gaetano Battista Chiara Sparacio Marco Puglia Mimmo Basso
nell’ordine da sinistra a destra
Gaetano Battista
Chiara Sparacio
Marco Puglia
Mimmo Basso

Il progetto teatrale è stato creato dall’associazione Polluce APS e porta in scena un gruppo di detenuti della casa di reclusione De Angelis di Arienzo (CE).

Padrone di casa è stato Marco Puglia magistrato di sorveglianza presso l’ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere e promotore del progetto.

Hanno relazionato Mimmo Basso, Chiara Sparacio e Gaetano Battista ed è stato proiettato un estratto del documentario Macbeth cuore nero di Paola Ortolani.

Interventi

Mimmo Basso – direttore operativo del teatro Mercadante di Napoli.

«Con convinzione ed entusiasmo il Teatro di Napoli accompagna il debutto dello spettacolo “Macbeth, un cuore nero”.

Il Teatro San Ferdinando – il Teatro di Eduardo – è il luogo ideale per dare concretezza e visibilità al lavoro prezioso che, come in questo caso, operatori teatrali sensibili ed esperti svolgono con professionalità nei luoghi di detenzione per favorire il percorso di recupero ed emancipazione.

Insieme all’attività di produzione e programmazione delle stagioni, continueremo a sostenere questi ed altri progetti teatrali che coinvolgono professionalità “speciali” per un obiettivo “speciale”, oltre che prezioso dal punto di vista sociale».

Chiara Sparacio – vice direttore di Betapress e linguista

nell’ordine da sinistra a destra Gaetano Battista Chiara Sparacio Marco Puglia Mimmo Basso
nell’ordine da sinistra a destra
Gaetano Battista
Chiara Sparacio
Marco Puglia
Mimmo Basso

«Etimologia della parola teatro intesa come luogo dello stupore in cui il divino, la natura e l’uomo si ricongiungono guardando nell’unica direzione del ricongiungimento umano col divino.

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p style=”font-weight: 400;”>Nel Macbeth viene sottolineato come tutti noi siamo quotidianamente sedotti dalla scelta sbagliata e veniamo messi in guardia da chi offre risposte senza aver ascoltato le domande.
Male e bene sono ogni giorno dentro di noi che ogni giorno combattiamo la battaglia di Macbeth.

Mettere in scena uno spettacolo con questo contenuto vuol dire far vivere ad attori e pubblico una esperienza catartica».

Gaetano Battista – regista dell’opera.

«Il progetto sta allargando gli orizzonti negli istituti penitenziari della Campania facendo in modo che gli stessi possano diventare motore rigenerativo dei territori attraverso la cultura ed il teatro, dando la possibilità ai detenuti di essere inclusi socialmente e lavorativamente attraverso i mestieri delle arti dello spettacolo».

Commovente l’estratto del cortometraggio creato da Ortolani che ha mostrato il percorso interiore di ogni partecipante al progetto sottolineando sogni, emozioni e voglia di riscatto.

Erano presenti:

Rosida Baia – vice sindaco di Santa Maria Capua Vetere con delega in materia di Politiche Sociali – Legge 328/2000 – Pari Opportunità e Azioni contro la violenza di genere – Politiche giovanili – Politiche per l’integrazione delle minoranze etniche e linguistiche- Servizi demografici e servizi al cittadino – Attività istituzionali – Sistemi informativi e di comunicazione istituzionale.

Avv. Edda De Iasio – Assessore del comune di Santa Maria Capua Vetere con delega in materia di Pubblica Istruzione, Assistenza scolastica, Rapporti con l’Università, Risorse educative, Famiglia, Politiche dell’infanzia e Diritti dei bambini, Sanità, Arredo e decoro Urbano, Verde Pubblico.

Avv. Gaetano Iannotta – Direttore dell’Ufficio di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere.

Avv. Chiara Boenzi – operatore dell’ufficio di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere.

Avv. Giuseppe De Lucia.

Nicoletta Sbordone Rappresentante studenti giurisprudenza Vanvitelli.

Raffaele Diana –imprenditore e sponsor dell’evento.

Era presente il cast, in ordine alfabetico:

Marvellous Atuma, Antonio Cacciapuoti, Salvatore Canzanello, Roberto Capuozzo, Alfonso Cetta, Nicola D’Angelo, Francesco Diana, Luigi Grassi, Antonio Parisi, Pasquale Ruocco, Riccardo Sergio.

Informazioni sullo spettacolo:

La prima dell’opera andrà in scena il 12 giugno al teatro San Ferdinando di Napoli.

Il progetto teatrale è stato creato dall’associazione Polluce APS che dal 2019 si occupa di ideare e realizzare progetti che, attraverso l’utilizzo della cultura e dell’arte, intendono aiutare ad indicare alle fasce deboli della nostra società, una strada di inclusione e libertà.

Lo spettacolo “Macbeth- Cuore nero” rientra nel percorso laboratoriale dedicato ai mestieri del teatro per il progetto “Officina dei Teatranti”, sostenuto da Regione Campania – Assessorato  Scuola – Politiche sociali – Politiche Giovanili – DG Politiche sociali e sociosanitarie, ideato dall’Associazione Polluce APS in collaborazione con Associazione  Più A.R.I., Associazione Perzechella e Vico Pazzariello, CIF (Centro Italiano Femminile) di Avellino e Fondazione Opus Solidarietatis Pax onlus.

Obiettivo del progetto: Alla base del progetto c’è l’idea che lo studio delle arti sceniche sia inclusivo e portatore di rigenerazione culturale e sociale non solo nello specifico di realtà problematiche come gli istituti penitenziari, ma anche nei territori circostanti ad essi.

I reclusi diventano, in tal modo, protagonisti e fruitori, grazie al supporto dei professionisti dello spettacolo, di un percorso di recupero, di condivisione sociale e di crescita personale.

Elenco Cast e maestranze: MACBETH- CUORE NERO

Adattamento, disegno luci e regia: Gaetano Battista

Assistente alla regia: Roberto Capuozzo

Scenografie: Carmine Di Giulio

Sarto: Mushi Jeannot Mulango

Costumi: Orsola Iannone, Teresa Papa

Voci registrate: Davide Sivero

Dizione e espressione: Cristiana Balletta

Musiche originali eseguite dal vivo: Aniello De Sena

Fonico: Carmine Minichiello

Traduzione: Goffredo Raponi

Produzione Esecutiva: Associazione Polluce APS, Proemotion Events&Entertainment

Sostenuto da Associazione Polluce APS, Cassa delle Ammende-Ministero della Giustizia, Assessorato Scuola – Politiche sociali – Politiche Giovanili DG Politiche Sociali e Socio Sanitarie della Regione Campania.




Televannacci

Vannacci Roberto a TeleNord, una intervista che fissa gli obiettivi e fa chiarezza?

Abbiamo esaminato tante interviste televisive sul Generale Vannacci Roberto, ma troppo spesso abbiamo notato che si è cercato di far dire ciò che i “grandi intervistatori” avrebbero voluto che lui dicesse, su questo o altro fatto, tentando di alterare così il Suo pensiero originale.

Solo una preparazione “militare” e la Sua determinata concentrazione, cui bisogna dargli atto di possedere, ha fatto si che non cadesse nella “trappola”, magari vittima di un comprensibile nervosismo.

Le domande, forse strumentali, forse ideologiche, o forse anche di propaganda contraria, che normalmente ed in tantissimi incontri sono state poste e cui spesso non si è lasciato spazio per rispondere adeguatamente, hanno generato confusioni e divisioni, più da stadio, che di effettiva chiarezza sul pensiero dell’intervistato.

Fenomeno assai diffuso ed utilizzato dagli intervistatori di “grido”, basta ascoltare le varie interviste che da anni vengono proposte ad i vari politici, noti e meno noti, dove si parla di tutto, si cercano soluzioni su tutto, magari interrompendo con pubblicità improvvise o con domande a raffica su punti diversi, ma che non fissano gli obiettivi per cui bisogna raggiungere questo o quella meta. Forse perché non vi sono obiettivi?

Infatti, quasi nessuno ha chiesto al Generale Vannacci Roberto, quale fosse il reale obiettivo che lo ha condotto, dopo attenta meditazione, a scendere in campo.

Quindi, tutti grandi navigatori che dicono di conoscere la rotta, senza tuttavia conoscere la destinazione.

Chissà, forse Vannacci Roberto è un po’ come Cristoforo Colombo, che aveva come obiettivo, a differenza di tutti gli altri, di raggiungere le Indie percorrendo una rotta sconosciuta, e finì per scoprire l’America?

Vannacci Roberto l’obiettivo lo ha chiaro, anche se pochi lo hanno a lui chiesto, forse per paura, o forse per non scoprire che è l’unico ad avere una meta da raggiungere, opposta e contraria a quella che in maniera silenziosa, qualche altro ci vorrebbe indurre a raggiungere, utilizzando distrazioni di ogni genere.

L’intervista al Generale Vannacci Roberto che vi proponiamo, tra le tante, e che abbiamo anche trascritto, ci scusiamo per le imperfezioni che potrebbero esserci, è quella effettuata da TeleNord, primo piano: “Liguria Chiama, Europa risponde”.

Un’intervista che aiuta a fare chiarezza sul reale obiettivo del Generale Vannacci Roberto.

Ettore Lembo

Per chi preferisce la trascrizione:

Trascrizione della Video Intervista al Generale Vannacci Roberto per TeleNord.

Moderatore: Benvenuti a questa edizione di primo piano: “Liguria Chiama, Europa risponde”. Proseguiamo il nostro giro dei candidati alle elezioni europee con Roberto Vannacci, 55 anni nato a La Spezia candidato indipendente nelle liste della Lega. E’ con noi il direttore Giampiero Timossi. -Direttore: Buongiorno, buongiorno generale allora. Generare perché in questo momento lei è candidato, ma continua ad essere un Generale in forza all’esercito.

Vannacci Roberto: Sì, confermo, anche se sono candidato chiaramente in una posizione che mi consente di partecipare a questa competizione politica.

Direttore: Le chiedo subito una cosa, ma chi gliel’ha fatto fare? perché ha scelto di candidarsi? perché ha scelto di entrare in politica? prima questo, poi le chiedo anche, perché ha scelto di diventare autore di almeno un best seller, e un libro che sta riscuotendo, il suo secondo libro, comunque un notevole successo. Perché Entrare in politica candidarsi all’europea?

Vannacci Roberto: La scelta di entrare a in politica, intanto è stata abbastanza travagliata, perché è stata una scelta alla quale ho voluto pensare in maniera approfondita. Non è una cosa semplice, è un nuovo ambiente e un nuovo settore. Non ho mai fatto politica in vita mia e quindi non volevo passare dall’essere il professionista di un settore al dilettante di un altro. E poi comporta anche un totale cambio di vita familiare dei propri affetti più vicini e quindi ne ho dovuto parlare. Ne ho voluto parlare anche con mia moglie e in parte anche con le mie figlie, per quanto siano ancora molto giovani. E ho scelto di scendere in campo proprio perché ho pensato alle mie figlie e vorrei dar loro un futuro migliore. Un futuro diverso da quello che si prospetta seguendo quella che è attualmente l’Europa, vorrei che l’Europa fosse diversa. Vorrei un’Europa più sicura. Un’Europa dove una donna non debba aver paura di uscire di casa ed andare in un qualsiasi posto senza dover temere di essere aggredita, molestata. Un’Europa più sovrana che difende i propri interessi nazionali e anche che dove si difendono gli interessi nazionali italiani. Un Europa più identitaria che non debba rinunciare a quelle che sono le caratteristiche specifiche peculiari che fanno di noi un popolo, il popolo italiano che ci invidia il mondo intero. Che si coagula intorno a delle specifiche caratteristiche che ci riconosce il mondo, quindi dobbiamo continuare a essere identitari avere la nostra specifica e caratteristica le nostre specifiche peculiarità, un mondo più ricco, più benestante, è che quindi debba riscrivere totalmente il Green deal Europe, che ci porteranno solo povertà senza migliorare nulla, per quanto riguarda l’ambiente ecologia. Un’Europa più meritocratica e libera dove si possono esprimere le proprie opinioni senza aver timore, e dove un giovane possa pensare di potersi realizzare al massimo delle sue possibilità contando sul proprio merito e sulle proprie capacità.

Direttore: Le chiedo ha un’idea? Ci sono molti sondaggi su quelli che potrebbero essere risultati di queste, di queste elezioni europee. Ci sono sondaggi anche sui singoli candidati. Lei potrà ritenersi soddisfatto se raggiungerà che numero di voce di quanti… quanti pensa che possono essere i voti?

Vannacci Roberto: Ma guardi il target non glielo dico, però è molto ambizioso molto bello, estremamente ambizioso.

Direttore: Ci sono sondaggi che parlano di settecentomila preferenze. Lei pensa che siano poche? O Pensa di poter arrivare il milione di preferenza?

Vannacci Roberto: Io punto più alto più alto, del Milione No, più alto più alto del primo riferimento, che è un target molto ambizioso il mio, e poi vedremo se avrò avuto ragione o no.

Direttore: Difesa, difesa Europea è uno dei tre grandi temi. Del prossimo della prossima legislatura Europea, lei lo sa prima di ogni tornata elettorale, C’è un vertice dove si definiscono anche in base, appunto, dei sondaggi, quelli che sono la priorità. Gli europei hanno detto che la difesa è uno di questi di questi temi. Difesa che, probabilmente non si intende, non si intenderà come esercito europeo che è un qualcosa di complicato, ma, questa è più materia sua, me lo sta per dire lei se è complicato, No, ma si intenderà finanziamenti per dotare l’Europa di armamenti dello stesso dello stesso livello per dotare, l’Europa di un arsenale comune. Secondo lei, come si dovrebbero? Si potrebbero finanziare questi armamenti?

Vannacci Roberto: Guardi, riguardo l’esercito europeo la difesa comune Europea, ci sono tante teorie e tante voci in giro, ed è proprio per quello che io sono sempre cauto e prudente, perché dietro questo nome, che è diventato uno slogan, si possono celare tantissime questioni. Allora l’esercito europeo inteso come la messa in comune di forza, penso che sia una cosa irrealizzabile. Anche perché una forza armata rappresenta la sovranità di uno stato e quindi non possiamo cedere ulteriormente sovranità sotto questo aspetto. Il fatto invece di creare delle sinergie, delle collaborazioni a livello industriale, ma anche a livello di determinate capacità per dare una sorta di basket comune agli eserciti europei. Può essere una strada da perseguire, ma questa strada non ci realizzerà, cioè non sarà possibile realizzare delle grandi economie. Quelli che pensano che così fa, così facendo ci costerà di meno. Ritengo che probabilmente debbano analizzare un po’ meglio questa situazione di capacità. Le capacità costano in termini di risorse, in termini disponibili, quindi bisognerà effettivamente vedere Quale sarà la strada da perseguire e soprattutto quali saranno i metodi per finanziare queste capacità e cosa ci verrà chiesto in cambio. Perché ricordo che fino ad adesso, anche nel PNNR, di cui tanto si parla, è una minima parte a fondo perduto, il resto è un prestito che dovremo restituire, quindi bisognerà vedere effettivamente che cosa sia il termine, costo efficace, e quali siano da ricercare, quali sistemi e per quali modalità? Con quali modalità si potrà realizzare questa difesa comune? Sicuramente non dovrà essere una cessione di sovranità perché se oggi questo fantomatico esercito europeo fosse stato alle dipendenze del presidente Macron, probabilmente avremo qualche soldato italiano che combatterebbe oggi stesso in Ucraina e questo mi auguro che non succeda mai.

Moderatore: Dal giorno del suo ingresso sulla scena pubblica, si è verificata una sorta di distruzione del politicamente corretto. L’ideologia dominante è arrivata dall’America. Lei nei confronti di questa contro spinta, denuncia una sorta di contro censura che riguarda la persona, le idee, e anche il suo pubblico e anche un parterre di persone con delle prove da dire nella controversia infinita anche opposta alla pallavolista Egonu. Ultimo a intervenire è stato Gramellini, che citando il suo virgolettato della “non può celare visivamente la sua origine” Gramellini scrive la vita è una questione di abitudini, un giorno Vannacci si accorgerà che il mondo al contrario è semplicemente il mondo, ed è lui che lo sta guardando al contrario. Cosa risponde a Gramellini?

Vannacci Roberto: Ma, Gramellini ha scoperto l’acqua calda, nel senso che il mondo è relativo, questo lo sappiamo tutti quanti, non vi è dubbio, però che il mondo è fatto di fenomeni più frequenti, fenomeni meno frequenti è fatto di maggioranza e di minoranze e fatto di realtà e quindi il mondo è quello che tocchiamo ogni giorno con le mani. Non è il mondo della percezione che invece ci vorrebbero far bere. Quindi Gramellini sa benissimo che qua in Italia abbiamo delle caratteristiche assolutamente indistinguibili e molto specifiche che ci fanno italiani, fra cui ci sono la nostra cultura, le nostre tradizioni, le nostre radici, e guarda caso le etnie che si distinguono anche tramite i tratti somatici. E questo non è una cosa né negativa né positiva, non è né migliore né peggiore. È sempre la diversità. La bellissima ricchezza di questo mondo che fatto di diversità.

Moderatore: Il suo ingresso sulla scena pubblica, data la sua professione che ha svolto e sta svolgendo in regime, cioè in aspettativa, ha ricordato quella vecchia battuta per cui l’avvocato Agnelli, che era stato sondato per presiedere un governo di uno dei tanti governi di unità Nazionale, Dice è meglio di no, perché se fallissi io, dopo di me potrebbe arrivare solo in generale.

Vannacci Roberto: Ma guardi Non lo so. Apprezzo la battuta dell’avvocato Agnelli non credo che si stia avendo una deriva autoritaria nella maniera assoluta. Penso invece che la professionalità che ho acquisito in 37 anni di carriera, militare di esperienza fatta in giro per il mondo, in comandi multinazionali e a contatto con quella che è una realtà internazionale, possa essere estremamente positiva e possa essere messa a frutto in un Parlamento Europeo.

Direttore: Le chiedo. Generale Vannacci, la sua idea di normalità, perché su questo si è un po’ discusso, in questo periodo. Ci siamo incontrati casualmente alla stazione Termini di Roma e anche ascoltandola, Lei risulta una persona anche moderata nelle parole, però non è questa l’impressione, non è questa l’idea che ci si fa, forse anche leggendo alcuni passi del suo, soprattutto, del suo del suo primo libro, o, non lo so, raccogliendo quelle che sono alcune delle sue dichiarazioni. Questo mi sorprende molto. Lei è un uomo che, se non sbaglio, ha due lauree in Italia, una all’estero ha la disciplina perché è un militare. Ha la disciplina nel DNA. E queste, a volte, in certe uscite, mi permetta il termine, sembrano del tutto indisciplinate. Io quindi non riesco, cerco di non avere mai né giudizi né pregiudizi, ma non riesco bene a capire come questa, questa dicotomia. Lei uomo disciplinato e colto, ma a volte … esternazioni o frasi che sembrano indisciplinate e diciamo così non particolarmente sensibili. Quello che scriveva prima il collega e amico Gramellini, e che ha riportato Stefano, in realtà è un aspetto della sua personalità. Il fatto che lei abbia delle definizioni precise per determinate categorie, perché questo? mi spieghi la sua idea.

Vannacci Roberto: Di certo io penso di rappresentare la realtà per quella che è. Una realtà non modificata dal politicamente corretto che tende addirittura a cambiare il significato alle parole, e quindi, la normalità è quella che è definita in tutti i vocabolari della lingua italiana, ma chiunque abbia studiato le basi della statistica, sa che le prime tre caratteristiche della statistica e le prime tre funzioni principali sono la media aritmetica, la mediana e la norma. La norma rappresenta il verificarsi più frequente di un certo avvenimento e quindi ha essenzialmente una funzione unicamente statistica. Quindi quando si parla di normalità si parla di consuetudine. Si parla di prassi, e tutto ciò che non rientra nella consuetudine, nella prassi, è anormale, perché non rientra in quella norma.

Quindi, nessuna significazione, positiva o negativa ne migliore né peggiore. E’ semplicemente una definizione statistica che va applicata per quella che poi, il politicamente corretto, ha dato invece una accezione diversa, che è quella che io non accetto. Così come la definizione di razzista. Oggi basta dire di una persona, è una persona nera, che si viene epitetati di razzista. Il razzismo è un’altra cosa, il razzismo è quella ideologia che sostiene che una etnia sia geneticamente superiore rispetto ad un’altra. Sono due cose totalmente.

Direttore: Lei non è assolutamente razzista?

Vannacci Roberto: Nella maniera più assoluta, ma la mia vita lo testimonia ancora prima da quello.

Direttore: La sua è quindi una battaglia contro politicamente corretto?

Vannacci Roberto: Esattamente, il politicamente corretto, non è che agisce solo sulle parole, ma agendo sulle parole agisce sulle idee. E’ il politicamente corretto che vorrebbe eliminare le differenze, perché ritiene che le differenze siano causa di discriminazione. Invece differenze e discriminazione, sono due cose totalmente differenti. Le differenze sono oggettive e sono caratteristiche diverse che noi notiamo in alcuni elementi. La discriminazione invece si basa sui diritti e sulla dignità e nel mio libro io non ho tolto diritti e dignità nessuno, ho esaltato le differenze che vanno riconosciute perché sono una ricchezza di questo mondo.

Direttore: Perché secondo lei una parte invece di quelle che sono, che lei stesso definisce le minoranze del nostro paese, hanno comunque, le sue parole come obiettivo e criticano pesantemente quello che lei ha detto?

Vannacci Roberto: Certo perché si va verso una omogeneizzazione della società, una società dove tutto viene omogeneizzato. Dove le minoranze vengono confuse con le maggioranze, dove qualsiasi differenza debba essere presa come una sorta di discriminazione e quindi debba essere negata, debba essere limata, diluita, annacquata, per creare una paccottiglia che include tutti e non rappresenta nessuno. Ecco questo è il mondo immobile del mondialismo e del globalismo che io rifuggo, che io rinnego, e che io invece spero che non si realizzi mai, a beneficio, invece, di un mondo identitario dove le differenze continuino a costituire la ricchezza di questo stupendo pianeta.

Direttore: Lei è già non ha risposto, ha preferito non rispondere, ad alcune domande sull’ inchiesta che ha coinvolto in Liguria il presidente di regione Liguria Giovanni Toti. Però lei è uomo che non si sottrae ai giudizi. Allora io cerco di riassumerle una parte dell’inchiesta, poi lei mi dirà se vuole o non vuole rispondere. C’è un servitore dello Stato, esattamente come lei è stato per anni, ed è tuttora, anche se in aspettativa un servitore dello Stato, che, secondo quanto emerge con assoluta chiarezza, dalle intercettazioni, dai riscontri bancari, ha, ne faccio un esempio, ricevuto da un imprenditore privato 42 soggiorni in un hotel di lusso, solo per citare uno degli elementi, donazioni in regalo, che sono, secondo i magistrati, una prova di corruzione e che, secondo comunque, nell’attesa di conoscere quello che sarà il risultato della magistratura, politicamente hanno già un significato. Lei si candida anche in Liguria per le prossime europee. Avrà letto sicuramente, anche se quello che è emerso nelle prime pagine dei giornali nei primi giorni di questa inchiesta e su tutti i giornali. Ora lei ha sostenuto che a volte, alcuni giornalisti o alcuni giornali possono strumentalizzare. Ma questo è una cronaca comune. Lei, credo che un giudizio su questo, quanto sta accadendo, lo abbia.

Vannacci Roberto: Guardi. Io ho un mio giudizio personale, però ripeto, le indagini servono proprio ad appurare i fatti e quindi non credo che sia l’apertura delle indagini che possa condizionare lo svolgimento di quello che è una professione, una missione che un servitore dello Stato sta facendo in quel momento. Lasciamo spazio alla magistratura. Lasciamo che queste indagini vengano maturate, vengono effettuate e poi vengono prese le decisioni. È chiaro che un’immagine se la fa ogni cittadino, però non sarebbe la prima volta che poi invece queste indagini vanno verso direzione diverse. Lasciamolo lavorare la magistratura nella quale io piena fiducia, e atteniamoci a quelle che saranno poi gli esiti di queste indagini.

Direttore: Assolutamente le indagini devono dimostrare se esistono dei comportamenti che sono dei reati penali, ma ci sono dei comportamenti che hanno in qualche modo, già possono, sui quali si può dare un giudizio di moralità o non moralità. Io credo che quel giudizio lei lo abbia.

Vannacci Roberto: Ma è un giudizio che mi tengo per me

Direttore: No.

Vannacci Roberto: Si lo tengo per me. Perché ripeto non voglio che influenzi nessuno e soprattutto che influenzi neanche me stesso.

Direttore: Però non è un vecchio, mi perdoni, non è un modo un po’ superato di fare politica, quello di no? Comunque, lei non si sottrae neanche alle critiche, neanche alle polemiche, perché si vuol filtrare…

Vannacci Roberto: Perché vorrei evitare di esprimere dei giudizi non totalmente informati. In genere non parlo di ciò che non so. Questa è una vicenda che ho seguito solo marginalmente. Ho solo una fonte di informazione, che è quella giornalistica, e quindi preferisco, magari, scavare più in profondità prima di esprimere un giudizio, che sia informato e che sia consapevole.

Direttore: C’è un’ultimissima polemica tra lei e il ministro degli Esteri italiani. Questa polemica sulla bandiera, è stata strumentalizzata anche questa? Non lo so insomma, ma io le chiedo semplicemente lei è europeista?

Vannacci Roberto: Guardi l’Europa è una realtà, io non la rinnego nella maniera più assoluta, anche sotto un aspetto storico, geografico, di tradizione. Quindi l’Europa, secondo me, deve essere cambiata, non deve essere eliminata. Deve essere cambiata. Deve essere un’Europa fatta da stati sovrani indipendenti e forti che costituiscono una comunità che esalta, in questa maniera, in maniera esponenziale, le caratteristiche di ogni stato. Sulla questione della bandiera, mi risulta che siamo l’unico paese che ha per norma l’obbligo di esporre la bandiera europea insieme a quella italiana. Come mai Dovremmo essere gli unici ad attenerci a questa disposizione?

Direttore: Perché la disturba questa cosa?

Vannacci Roberto: Non disturba nella maniera più assoluta, però vorrei dire: secondo me la norma è esporre la bandiera nazionale, poi si lascia la possibilità di esporre quella Europea.

Direttore: Un’ultima cosa, lei se non sbaglio allo scoppio all’invasione della Russia dell’Ucraina era in Russia, ed è stato dopo qualche settimana è stato espulso come persona non gradita, dopo qualche mese, come una persona non gradita. Nel partito dove lei si presenta come indipendente, nella lega, le condizioni su Putin e sulla Russia sono a volte differenti. Qual è la sua posizione?

Vannacci Roberto: La mia posizione è che si faccia una pace. Perché io ritengo che Putin per quanto una persona sicuramente criticabile non sia peggio di Stalin. Ecco rifacendoci a quello che è successo più di 50 anni fa, perché ritengo che probabilmente anche con le elezioni che ci saranno prossimamente a novembre negli Stati Uniti, sia venuto il momento di pregare per una nuova gli Yalta e quindi per avere un patto, una negoziazione che ci consenta, come lo ha fatto Yalta, i prossimi 50-60 anni di pace.

Direttore: Cosa Lei dice che l’Europa è Cristiana da Capo Nord a Malta, quindi Questo significa che lei vuole andare in Europa anche per riscrivere la costituzione dell’Europa che non prevede simboli, né ha parlato… Sì tigre, Aquila No.

Vannacci Roberto: Io ritengo che una delle caratteristiche fondamentali europee sia proprio la cristianità che esula dalla Fede religiosa, ma è una questione di cultura e quindi non possiamo rinnegare una cultura che permea questo continente negli ultimi duemila anni e secondo me è un simbolo di cristianità, così come era stato proposto nella costituzione europea nella prima stesura. Ritengo che sia sicuramente un simbolo identitario che possa contraddistinguere.

Moderatore: Grazie a voi, alle elezioni europee Vannacci Roberto, nativo di La Spezia, 55 anni. Liguria chiama, Europa risponde. E si chiude qui.




Dirigenti esterni nella PA??? Troppe differenze non solo culturali!!!

La mancanza di manager di livello nella pubblica amministrazione rispetto al settore privato è un argomento complesso che può essere analizzato sotto diversi punti di vista.

Le differenze tra i due settori in termini di gestione, incentivi, struttura organizzativa e cultura del lavoro sono significative e influenzano la qualità e la competenza della leadership.

Anche quando la PA prende dirigenti dall’esterno, non intendiamo da altre PA ma dal settore privato, cosa di cui parleremo bene più avanti, la situazione si rivela fallimentare.

Ecco alcuni dei principali fattori che contribuiscono a questa situazione:

 

Differenze nei Sistemi di Incentivi

 

 Settore Privato:

– Retribuzione: Nel settore privato, i manager ricevono compensi spesso molto alti, compresi stipendi, bonus basati sulle performance e stock options.

– Incentivi basati sulla performance: Gli incentivi finanziari sono strettamente legati ai risultati aziendali. Questo motiva i manager a migliorare costantemente le loro prestazioni e a raggiungere obiettivi specifici.

 

 Pubblica Amministrazione:

– Retribuzione fissa: I compensi sono generalmente regolati da leggi e regolamenti, con minore flessibilità per premi o bonus basati sulle performance.

– Incentivi limitati: Gli incentivi basati sulla performance sono meno comuni, riducendo la motivazione a eccellere o innovare.

 

Processi di Selezione e Reclutamento

 

 Settore Privato:

– Selezione competitiva: Le aziende private tendono a selezionare i candidati attraverso processi competitivi, cercando i migliori talenti disponibili sul mercato.

– Flessibilità nel reclutamento: Il settore privato può adattare rapidamente i propri processi di assunzione alle esigenze del mercato e delle proprie strategie aziendali.

 

 Pubblica Amministrazione:

– Burocrazia e rigidità: I processi di selezione nella pubblica amministrazione sono spesso lunghi e burocratici, con rigide procedure e requisiti formali.

– Limitazioni regolamentari: La selezione e il reclutamento sono soggetti a regolamentazioni che possono limitare la capacità di attrarre talenti altamente qualificati.

 

Struttura Organizzativa e Cultura del Lavoro

 

 Settore Privato:

– Organizzazione dinamica: Le aziende private tendono ad avere strutture organizzative più flessibili, che permettono una rapida adattabilità ai cambiamenti del mercato.

– Cultura della performance: C’è una forte enfasi sui risultati e sulla performance, che spinge i manager a innovare e migliorare costantemente.

 

 Pubblica Amministrazione:

– Struttura gerarchica: La pubblica amministrazione è spesso caratterizzata da strutture gerarchiche rigide, che possono limitare l’innovazione e la rapidità decisionale.

– Stabilità e sicurezza del lavoro: La cultura lavorativa nella pubblica amministrazione può essere più orientata alla stabilità e alla sicurezza del lavoro piuttosto che alla performance e all’innovazione.

 

Formazione e Sviluppo Professionale

 

 Settore Privato:

– Investimenti nella formazione: Le aziende private spesso investono significativamente nella formazione continua dei loro manager per sviluppare competenze specifiche e aggiornate.

– Sviluppo della carriera: Ci sono molte opportunità per la crescita professionale e la progressione di carriera, incentivando i manager a migliorarsi costantemente.

 

 Pubblica Amministrazione:

– Limitazioni di budget: Gli investimenti nella formazione e nello sviluppo professionale possono essere limitati dai vincoli di bilancio pubblico.

– Percorsi di carriera meno definiti: Le opportunità di crescita professionale possono essere meno definite e meno accessibili, influenzando negativamente la motivazione dei manager a sviluppare nuove competenze.

 

Valutazione delle Performance

 

 Settore Privato:

– Valutazione rigorosa: Le performance dei manager vengono costantemente valutate in base a criteri specifici e misurabili, con un feedback continuo che consente correzioni rapide.

– Accountability: I manager sono strettamente responsabili dei risultati delle loro unità o dipartimenti.

 

 Pubblica Amministrazione:

– Valutazione limitata: Le valutazioni delle performance possono essere meno rigorose e meno frequenti, riducendo la pressione per migliorare continuamente.

– Minore responsabilità individuale: La responsabilità può essere diffusa, rendendo più difficile attribuire successi o fallimenti a singoli manager.

 

La mancanza di manager di livello nella pubblica amministrazione rispetto al settore privato è il risultato di una combinazione di fattori che includono sistemi di incentivi, processi di selezione, struttura organizzativa, cultura del lavoro, formazione e valutazione delle performance.

Per migliorare la qualità della leadership nella pubblica amministrazione, sarebbe necessario rivedere questi aspetti, aumentando la flessibilità, gli incentivi basati sulla performance e gli investimenti nella formazione e nello sviluppo professionale dei manager.

L’assunzione di personale dirigenziale dall’esterno nella pubblica amministrazione italiana, come previsto dal comma 6 dell’articolo 19 della legge 165/2001, è un processo che, sebbene pensato per introdurre competenze e know-how del settore privato, spesso si scontra con varie problematiche che portano a fenomeni di mobbing e impediscono ai nuovi dirigenti di lavorare al meglio.

Questa situazione può essere spiegata attraverso diverse cause legate alla cultura organizzativa, alle dinamiche interne e ai conflitti d’interesse esistenti all’interno della pubblica amministrazione.

 

Resistenza al Cambiamento

 

 Cultura Organizzativa Radicata:

– Tradizionalismo: La pubblica amministrazione è spesso caratterizzata da una cultura organizzativa molto radicata e tradizionalista. L’introduzione di dirigenti esterni, che portano nuove idee e metodi di lavoro, può essere percepita come una minaccia allo status quo.

– Resistenza al cambiamento: Il personale interno può manifestare una forte resistenza al cambiamento, vedendo i dirigenti esterni come agenti di cambiamento indesiderato che alterano le pratiche consolidate e i flussi di lavoro esistenti.

 

Conflitti di Interesse e Invidia Professionale

 

 Conflitti con il Personale Interno:

– Invidia: I dirigenti interni possono nutrire sentimenti di invidia verso i nuovi dirigenti esterni, specialmente se percepiscono che questi ultimi sono stati assunti con compensi più elevati o con percorsi di carriera privilegiati.

– Competizione: L’assunzione di dirigenti esterni può creare una competizione interna, alimentando tensioni tra il personale di lungo corso e i nuovi arrivati, che vengono visti come concorrenti piuttosto che come collaboratori.

 

Dinamiche di Potere e Politiche

 

 Ostacoli Politici e Amministrativi:

– Difesa delle posizioni di potere: I dirigenti interni e altri funzionari possono vedere i nuovi arrivati come minacce alle loro posizioni di potere e influenza. Questo può portare a comportamenti di boicottaggio e ostracismo per proteggere i propri interessi.

– Supporto insufficiente: Spesso i dirigenti esterni non ricevono il supporto necessario dai loro superiori o colleghi interni, rendendo difficile l’implementazione delle loro idee e iniziative.

 

Problematiche Legate alla Formazione e all’Inserimento

 

 Mancanza di Adeguata Formazione:

– Inserimento inadeguato: Spesso, i dirigenti esterni non ricevono un’adeguata formazione o orientamento specifico per comprendere le peculiarità della pubblica amministrazione e adattarsi al nuovo contesto lavorativo.

– Isolamento professionale: I nuovi dirigenti possono essere isolati dal resto del personale, non ricevendo il supporto necessario per integrarsi efficacemente e comprendere le dinamiche interne.

 

Burocrazia e Inerzia Amministrativa

 

 Complessità Burocratica:

– Procedure rigide: La pubblica amministrazione è caratterizzata da procedure burocratiche rigide e complesse che possono limitare la capacità dei nuovi dirigenti di apportare cambiamenti significativi e miglioramenti.

– Lentezza decisionale: La lentezza nelle decisioni e nei processi amministrativi può frustrare i dirigenti esterni, abituati a un ambiente più dinamico e orientato ai risultati.

 

Fenomeni di Mobbing

 

 Mobbing Organizzativo:

– Strategie di esclusione: Il personale interno può attuare strategie di esclusione nei confronti dei nuovi dirigenti, come la mancata condivisione di informazioni, l’assegnazione di compiti di scarso valore o l’esclusione dalle decisioni importanti.

– Delegittimazione: I dirigenti esterni possono essere delegittimati attraverso critiche costanti, sabotaggio delle loro iniziative e diffusione di voci negative, con l’obiettivo di farli apparire incompetenti.

 

 

L’inserimento di dirigenti esterni nella pubblica amministrazione italiana attraverso il comma 6 dell’articolo 19 della legge 165/2001, sebbene inteso a portare nuove competenze e dinamiche innovative, si scontra spesso con una resistenza culturale, conflitti di interesse, dinamiche di potere e problematiche burocratiche.

Per migliorare questa situazione, sarebbe necessario adottare misure che favoriscano un’accoglienza più positiva e un’integrazione efficace dei nuovi dirigenti, come programmi di orientamento, politiche di supporto e promozione di una cultura organizzativa più aperta al cambiamento e alla diversità di esperienze professionali, e forse occorrerebbe cacciar via tutti gli attuali vertici, perché non sono i dirigenti il problema vero, e sostituirli con manager proveniente dal privato e dalla consulenza, così magari qualche speranza per questo paese potrebbe esserci.




Salone del Libraccio

AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO, C’E’ CHI HA SCAMBIATO LA CULTURA PER SOPRUSO E ANARCHIA…
…PER FORZATA IMPOSIZIONE, PER UTILE PALCOSCENICO DOVE IMPORRE – NON SENZA PREVARICAZONE O VIOLENZA – TESI E GIUDIZI SCARSAMENTE GIUDIZIOSI: SERVE SBRAITARE, AGITARSI E CERCARE LO SCONTRO CON Leho appreso che FORZE DELL’ORDINE?
Stamani, quasi in diretta con la Presidente dell’Associazione ETICA, Barbara de Munari, ho appreso che il Salone del Libro “”…stava avendo dei problemi inaspettati dopo che la polizia ha respinto la manifestazione pro- Palestina. Una scrittrice ha deciso di non presentare il proprio libro, ma organizzare un’assemblea; diverse case editrici hanno coperto i loro stand; tre scrittori sono stati identificati dalla polizia.
La manifestazione pro Palestina di sabato 11 davanti a Lingotto Fiere sta avendo ripercussioni inaspettate per l’organizzazione del Salone del Libro di Torino: “… Abbiamo deciso di organizzare questa assemblea per raccontare bene i fatti – dicono dal palco gli ospiti – è in corso un genocidio che va avanti da mesi, anzi da anni”. Esplicito anche il riferimento ai fatti di sabato: “… alla repressione si risponde così, riprendendosi gli spazi, i tempi, facendo risuonare le voci di chi viene zittit?” “”.
Scrittori e scrittrici identificati dalla polizia.
Gli stand delle case editrici chiusi: Meltemi editore, Mimesis Edizioni, Eris Edizioni, Lumien Edizioni, Milieu, Edizioni Bepress e Agenzia X hanno deciso, in solidarietà con i manifestanti, d’interrompere per circa un’ora la loro attività commerciale.
La causa palestinese è salita sul palco anche dell’Arena Robinson di Repubblica: Elena Cecchettin ha indossato una maglietta con scritto “Stop al genocidio” durante il suo monologo sulla violenza.
Cronaca, senza commento: non c’è nulla da commentare – ma come è tutto pesante…
A queste parole di Barbara de Munari ho sentito l’esigenza di dare un seguito: personale sì, ma fors’anche interprete di un sentire e di uno sgomento comuni.
Situazione pesante e scabrosa, quella verificatasi al Salone del Libro di Torino – ma anche molto tesa in altre parti d’Italia -. Purtroppo, appellarsi alla intelligenza, alla tolleranza, al discernimento delle persone – come in genere si cerca di fare – è vano esercizio.
Ma se dall’alto non si risolve il punto di vista sulla situazione, avremo sempre tifoserie (anche le più serie sono tali, finché non si mette un ‘punto’ ben preciso. e definitivo: così identificando la questione con le sue caratteristiche e il suo nome).
Si tergiversa, si stenta a decidere, ci si incontra e si tentenna in continue riunioni da un capo all’altro del mondo senza parole certe e definitive, così che si è sempre nella zona grigia dell’indecisione e dell’inconcludenza.
E’ così che è stata data linfa a nuove forme di assemblearismo, dove giovani (non so quanto informati della questione…) piantano tende, vandalizzano scuole e università, dimostrano con violenza evitando ogni confronto e affidandosi alla lettura urlata e trabbiosa di proclami (forse già pronti in polverosi cassetti) ; altrettanta nuova linfa è stata data – non volendo, voglio sperare! – a posizioni di forte contrasto contro Israele, persino ricalcano beceri e violenti modelli di tipo antisemita.
Credo che sia impossibile non rilevare che ci troviamo in un vortice molto agitato (da altri) che ha prodotto effetti destabilizzanti a macchia d’olio. Effetti che anziché essere fermati, affrontati e fatti regredire, vedono una staticità assoluta e assurda (al netto del solito via vai di comis, del solito bla bla, denso di etichette. pacche sulle spalle e di strizzate d’occhi, come in un tragico gioco delle tre carte).
Dispiace immensamente che Scrittori, aziende, professionisti, case editrici, vedano compromesso in tutto o in parte il proprio lavoro: lavoro e attese che vanno da un appuntamento all’altro, di anno in anno.
Assurdo! Com’è assurda, peraltro apparentata alla destabilizzazione in corso su scala mondiale, quella che eufemisticamente viene definita ‘strategia per nuove visioni e nuovi equilibri geopolitici’. Mentre la gente si scanna, nel Mondo, con grande godimento di chi – da tutto ciò – ne ricava lucro, profitto e lauto guadagno, così arricchendosi anche grazie a una forte rendita di posizione, solo per il fatto di ‘esserci’, ‘starci’.
Proprio da parte di chi attraverso la Cultura e le Arti, lì a Torino, deve alzarsi forte un grido che non passi inosservato, sepolto da conformismi vari.
Che soubrette, ‘nanerottoli’ che mirano solo ad apparire senza ‘essere’, e finti intellettuali, tacciano: perchè dev’essere un grido cui associarci tutti, affinché non ci si ritrovi attanagliati in una nuova era di terrorismo, un’era preda dei rigurgiti di una violenza cieca e vile che ritenevamo sepolta e che nulla di buono propone per il futuro.
Un futuro il cui orizzonte è sempre più scuro.
Squarciato dai bagliori di guerre, dai lampi di scoppi, dal rosso degli incendi: il tutto segnato dall’intolleranza, dall’odio etnico, dall’insofferenza a ogni dialogo o confronto.
Un futuro affatto degno per i nostri figli, per i nostri nipoti, e per noi stessi… gli ultimi portatori sani di Tradizioni, Valori, Amore Fraterno e Universale.




Tempo di verità, anche scomode

Dopo gli arresti cautelari nella Regione Liguria fra cui quelli dell’imprenditore Spinelli e del Governatore Giovanni Toti, oggi sospeso dalla carica, i partiti tutti si “agitano”.

Poco loro importa l’affermazione che, uscendo dal mancato interrogatorio di garanzia, Aldo Spinelli ha lanciato ai presenti, quel “male non fare, paura non avere” che già era stato usato dalla Ministro Santanchè per commentare le proprie vicissitudini giudiziarie.

La campagna elettorale per le elezioni europee, dopo i fatti di Genova, è diventata uno sorta di uno scontro di parole sul “Toti si deve dimettere” a cui si contrappone il sempre verde “giustizia ad orologeria”.

Campagna elettorale che, a dire il vero, aveva già visto affacciarsi la magistratura sia in Puglia che in Sicilia, ma anche in Piemonte per esempio.

Campagna elettorale che, a prescindere da tutto, non permetteva in alcun modo ai cittadini elettori di comprendere le diverse linee politiche su cui dover scegliere attraverso il voto.

Ci inondano di “votate Giorgia”, votate “Schlein”, “Calenda”, “Capitano Ultimo”, “Salis” a prescindere da quello che pensano.

Agli elettori viene chiesto di votare un “simbolo”, non di esprimersi attraverso il voto su linee politiche, contenuti.

Unica eccezione la possibilità di votare “Vannacci”.

Del generale possiamo leggere, piaccia o non piaccia quel che ha scritto, il suo pensiero in un libro tanto divisivo quanto chiaro ed esaustivo.

In fondo da “paracadutista” non ha paura a combattere per le cose su cui lui crede.

Di questo gli va dato merito.

Sarà questo il motivo per cui i suoi avversari spesso cercano di denigrarlo proprio su una sua, asserita dagli stessi, tendenza a cambiare opinione.

In quei casi facile riportare alla memoria le parole di un altrettanto discusso Presidente Andreotti sulla siderale distanza fra “morale” e “moralismo” allorquando dichiarò “ io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che spendono il loro tempo a parlare di etica, a forza di parlarne non hanno il tempo per praticarla”.

Non so voi, ma questa dichiarazione mi sembra particolarmente adatta ai tempi che viviamo.

Tornando ai fatti di cronaca, nel dover, mio malgrado, seguire questo tsunami di parole vuote, mi tornano alla mente momenti del passato della nostra Repubblica.

Essendo oramai canuto ricordo le immagini di quei giorni del 1992 con Mani Pulite che prendeva abbrivio.

Oggi, nel seguire le dichiarazioni dei singoli parlamentari, addirittura di ministri e capi partito, almeno chi scrive, ha la sensazione di un sistema politico, tutto, terrorizzato che si scoperchi il sistema di lottizzazione, di malagestio, per l’ennesima volta.

Sistema che sta letteralmente distruggendo la nostra Patria.

Forse anche per questo mi tornano alla memoria le parole che il 3 luglio del 1992 l’allora Segretario del Partito socialista italiano ed ex presidente del Consiglio tenne alla Camera dei Deputati con cui definì buona parte del sistema di finanziamento dei partiti politici del tempo “irregolare o illegale”.

In quel celebre discorso Craxi sfidò gli altri deputati a smentirlo e, contemporaneamente, lanciò un messaggio chiaro ai suoi “colleghi”.

Craxi consigliò al Parlamento tutto di non “dividersi”, proponeva di “fare quadrato”.

Il Segretario socialista aveva compreso fra i primi che gli arresti di politici che si stavano susseguendo, avrebbero spazzato via una intera classe politica.

Non troppi giorni dopo subì l’onta delle “monetine” e l’esilio.

L’Italia era agli inizi di quell’insieme di azioni giudiziarie che prese il nome di Tangentopoli, azioni che coinvolsero quasi tutti i principali partiti italiani e un pezzo importante dell’imprenditoria del nostro Paese.

Craxi, già raggiunto dalle inchieste, parlava di un sistema corruttivo e concussivo che riguardava tutto il potere della Nazione, una consorteria diffusa che univa tutti i partiti.

Il teorema di Craxi era che, essendo il metodo corruttivo sistemico, si doveva risolvere politicamente e non per via giudiziaria.

In queste ore le parole di Bettino Craxi del 1992 “d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale” tornano alla mia mente.

Finanziamento dei partiti, solo dei partiti o di un complesso sistema di potere autoreferenziale?

Autarchico si direbbe oggi.

In queste ore il Ministro della Difesa Guido Crosetto, nel commentare i fatti liguri, ha dichiarato “Con la logica usata per Toti, a cui non viene contestato alcun vantaggio personale e privato, possono arrestare la quasi totalità dei Sindaci, dei Presidenti di Regione, dei Dirigenti Pubblici”.

Il ministro, oltretutto, nello stesso messaggio sui social, lancia anche un sasso nello stagno dicendo “Suppongo potrebbero anche arrestare la maggior parte dei Magistrati”.

Messaggio simile, inoltre, arriva anche da Salvini che, parlando con la stampa anche lui dell’arresto di Toti, si esprime così “Mettessimo microspie negli uffici dei magistrati non so quanti continuerebbero a lavorare”.

L’opinione pubblica, a dire il vero, in cuor suo, spesso pensa che di corrotti ve ne siano un certo numero anche in quella categoria di funzionari che hanno giurato sulla Costituzione italiana.

Temo involontariamente i due ministri attraverso le loro esternazioni denunciano il devastante degrado morale che regna sovrano in questa nostra triste Italia, degrado che non riguarda esclusivamente politici, funzionari pubblici ed imprenditori, riguarda la nostra nazione in ogni suo ambito.

Questa la causa che ha portato l’Italia al collasso.

I cittadini sono spaventati per il futuro, i giovani preferiscono vivere l’ora ed adesso, non programmano, hanno paura e conseguentemente preferiscono non procreare, alcuni addirittura decidono di lasciare la loro amata Patria.

Il consociativismo, il cosiddetto comitato d’affari, lo percepiscono tutti senza neanche concentrarsi troppo e lo percepiscono assai ampio e variegato. Assai, direi ostentatamente, pervicace.

Per questo ai magistrati ed alle forze sane del Paese consegno una suggestione utilizzando un noto aforisma di Eraclito da Efeso “Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare”.

Sono, infatti, assai convinto che la nostra amata Italia debba ritrovare “credibilità” e, per raggiungere questo stato, non bisogna avere paura di affondare il coltello fino in fondo alla “piaga”.

Nel 1992 vedemmo solo alcuni partiti, alcune fattispecie di reato, alcune categorie professionali essere coinvolti, quanto sarebbe utile che questa volta la “pulizia delle mani” potesse essere “integrale”.

Quanto sarebbe utile se la nostra amata Patria trovasse il coraggio di scoperchiare tutte le tombe imbiancate, senza “perbenismi” che, tanto per non essere frainteso, il Treccani definisce come “modo di comportarsi di chi vuole apparire persona perbene, seguendo con qualche ostentazione le norme della morale comune o uniformandosi a quelle della classe sociale dominante”.

Cosa di più dominante di un “comitato d’affari” appunto?

Cosa di “morale” nel “fermare la propria azione” allorquando si dovesse prendere atto che la stessa riguarderebbe persone o fatti che non si vorrebbe incontrare nello svolgimento della propria attività?

Tanti i rumori in questa triste Italia, l’apparato giudiziario sarà garante della credibilità del nostro popolo, della nostra Patria, se oserà e scoperchierà tutto.

Raggiungendo tutti e facendo emergere anche i fatti più scabrosi.

Forse in questo modo gli italiani saranno messi nella condizione di affrontare la realtà del loro Paese e reagiranno per ricostruire la nostra Patria.

Ignoto Uno

Significativo video che va visionato, per Vostra conoscenza

https://vm.tiktok.com/ZGeCFoLLu/



Vannacci e Regione Lombardia già in armonia da anni…

La stampa e altri  media hanno più volte ripotato in questi giorni affermazioni attribuite ad un candidato alle prossime elezioni europee, oltre che autore di un recente libro bestseller nelle librerie italiane, in merito all’introduzione nel sistema di istruzione e formazione di “classi per disabili”. 

Il tema è stato altresì oggetto di una mozione presentata nella seduta del  7 maggio 2024 del Consiglio Regionale della Lombardia  fortemente critica circa la previsione di percorsi per classi di alunni disabili, ritenendoli discriminatori. 

In verità l’ipotesi attribuita al noto candidato, come riportata dai media, non è una novità, per lo meno nel sistema di Istruzione e formazione della Lombardia.

Già la Legge regionale 95/1980 (cd Legge Hazon, dal nome dell’Assessore regionale a maggioranza centrosinistra) prevedeva all’art. 56 l’opportunità di istituire corsi triennali/quadriennali rivolti a classi composte da soli allievi disabili, al fine di meglio consentire l’integrazione sociale e lavorativa degli allievi.

Successivamente, a  seguito della Legge Regionale 19/2007 di riforma della precedente 95/80, la Regione Lombardia ha continuato a prevedere (da ultimo con il decreto 17106 del  2 novembre 2023, in attuazione  della D.G.R. n. 576/2023 ) nel sistema di Istruzione/ formazione di propria competenza  corsi triennali  per allievi con disabilità, finalizzati alla formazione di giovani che, per natura e caratteristiche della disabilità, non sarebbero nelle condizioni di raggiungere agevolmente il successo formativo all’interno dei normali percorsi di IeFP  .

Tali  corsi , con una durata per ciascun anno formativo di minimo 600 ore e massimo 990 ore ed una dotazione finanziaria di euro 11.350.000,00 per il corrente anno formativo, consentono, secondo l’Amministrazione regionale di  sviluppare e potenziare le capacità cognitive, le conoscenze, le competenze professionali e le abilità possedute dagli studenti, nonché a favorire il loro inserimento socio-lavorativo oltre a garantire l’assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

In sintesi, la previsione di percorsi formativi personalizzati rivolti a particolari allievi disabili svolti per gruppi classe non è considerata discriminatoria, per lo meno in Lombardia, anzi lo sarebbe il contrario, atteso che priverebbe questi allievi dell’ opportunità di un’effettiva  integrazione sociale e lavorativa .

Questa è la finalità sulla quale, secondo gli Amministratori regionali lombardi, deve essere  prioritariamente traguardata l’azione formativa, superando ogni “assolutismo” fondato su presunzioni  ideologiche,  che si rileverebbero a discapito degli interessi reali delle persone con disabilità.

La previsione di detti percorsi personalizzati non esclude ovviamente altre traiettorie, laddove ritenute più idonee al raggiungimento dello scopo, in ragione delle diverse specifiche condizioni dell’allievo.  

L’unicità sta nello scopo – l’ottimale integrazione sociale e lavorativa-  non nelle traiettorie per il suo conseguimento. 

Per la cronaca: la maggioranza del Consiglio regionale lombardo, rivendicato, a suo dire, il successo delle politiche per l’istruzione e formazione formative  intraprese da anni e  super partes, non ha accolto la mozione contraria alla previsione di percorsi personalizzati per gruppi classe di disabili.

 

DG Marco Ugo Filisetti

 

LEGGE REGIONALE N. 95/1980

 

Decreto 17106  2 novembre 2023 PERCORSI PERSONALIZZATI PER ALLIEVI DISABILI

ALLEGATO A L’Avviso è finalizzato a realizzare l’offerta formativa del sistema regionale di istruzione e formazione professionale (di seguito “IeFP”), in attuazione della D.G.R. n. 576/20

Soggetti destinatari A4 c) Percorsi personalizzati per allievi con disabilità (PPD)

dotazione finanziaria : euro 11.350.00,00 ;

 




Mani Pulite bis? Forse Sì

 

Era un lunedì, esattamente il 17 febbraio 1992, il GIP Italo Ghitti autorizzò l’arresto richiesto dal pubblico Ministero Antonio Di Pietro del Presidente del Pio Alberto Trivulzio a Milano.

 

L’ingegner Mario Chiesa, per molti “Mariotto”, era stato colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente a lui portata in ufficio dall’imprenditore Luca Magni.

 

Era stato proprio questo ad informare l’Arma dei Carabinieri di dover “pagare” l’ennesima “tangente”.

 

Furono le forze dell’ordine a fornire sette milioni di lire “segnate”, così si dice in gergo, che l’imprenditore consegnò a Chiesa.

 

Quei sette milioni furono l’inizio della fine della cosiddetta Prima Repubblica.

 

Immediatamente iniziò quello che fu denominato “Circo Mediatico”, altrettanto immediatamente venne riesumato il tema della “questione morale” che il Segretario Politico del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, prima, e il Segretario Politico del Partito Repubblicano Italiano Giovanni Spadolini, poi, avevano cercato di posizionare al centro dell’agenda della politica della nostra Nazione, purtroppo senza successo.

 

Berlinguer pose sul tavolo il tema per la prima volta il 28 luglio 1981 in una intervista con uno dei più famosi giornalisti italiani e cofondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio Scalfari.

 

In quel lontano 1993 – 94, ben dodici anni dopo quell’intervista, la questione della morale nella gestione della cosa pubblica esplose attraverso un impressionante numero di arresti.

 

Arresti di politici, quasi esclusivamente dell’allora pentapartito, cioè di partiti governativi, e di industriali e manager pubblici e privati.

 

Gli italiani non potettero vedere arresti altrettanto di massa di amministratori, di qualsivoglia partito fossero, al comando di Regioni e Comuni.

 

Tantomeno videro arresti di sindacalisti, giornalisti e magistrati.

 

Infine, gli italiani non se ne accorsero al tempo, ma il malaffare ed il cortocircuito fra politica ed affari in Italia si fermava al nord, massimo centro nord. Eboli era lontana, la Sicilia o la Calabria e la Puglia ancor di più.

 

Allora, però, l’opinione pubblica aveva raggiunto un tale livello di insofferenza per coloro che rappresentavano il potere costituito da non farsi alcuna domanda, nemmeno allorquando avvennero suicidi, alcuni a dire il vero assai “strani”.

 

Solo recentemente alcune intercettazioni telefoniche fra l’imprenditore della chimica Raul Gardini e “qualcuno” in Sicilia sono riemerse portando a chi ha potuto ascoltarle ampi stimoli di riflessione.

 

Fra questi stimoli il principale è il ragionare su chi avesse “dimenticato in un cassetto” le registrazioni di quelle conversazioni telefoniche.

 

Una suggestione che gira fra i soliti salotti dei bene informati a riguardo è che a “perderle” fossero i “nemici” all’interno delle Istituzioni di altri alti funzionari delle istituzioni italiane che solo recentemente sono tornati ad una vita normale dopo essere stati assolti da reati che vedevano strani intrecci fra lo Stato e chi conta nel sud del nostro Paese.

 

Sempre “questione morale”.

 

Certe volte “questione morale” ove la linea della “morale” veniva, viene, probabilmente, dettata da quelli che nei film di Sergio Leone sarebbero stati additati come “i cattivi”.

 

I “cattivi” che vengono rappresentati come “buoni”, i “buoni” che vengono rappresentati come “cattivi”.

 

Chi si sentirebbe di negare che il popolo italiano stia sentendo nell’aria una strana atmosfera di “Mani Pulite Bis”?

 

Alcuni, forse molti, forse moltissimi, addirittura la anela.

 

Altri, avendo chiara la situazione socio politico economica della nostra Patria, pur temendo di dover ammettere che oggi l’Italia stia vivendo un momento di corruzione morale ancor più grave di quella di quegli anni, ha paura che la nazione non riesca a reggere un nuovo momento entropico legato ad una massiva ondata di sti nel nostro Paese.

 

Questione morale, sono passati quarantatré anni da quella intuizione politica di Enrico Berlinguer, ma la nostra amata Patria sembra non riuscire a superare certi comportamenti, cortocircuiti.

 

Anzi sembra andare sempre più in basso, avvitarsi su se stessa, perdere sempre più dignità.

 

I cosiddetti “Comitati di affari” sono sempre più facili da percepire.

 

Chi prova ad intraprendere e tocca i suddetti “comitati” viene, praticamente sempre, disintegrato.

 

La gogna mediatica abbinata a certe “attenzioni giudiziarie” impediscono la nascita di una economia sana e libera nel nostro amato Paese.

 

Mafie, politici, media ed ambienti istituzionali, drammaticamente, spesso, si vedono intraluce.

 

Oggi il popolo italiano vede arresti a tappeto di politici “affaristi” e pronti ad accettare di essere eletti attraverso “patti” che prevedono uno “scambio”, ultimo “caso” quello che vede fra gli arrestati il Presidente della Regione Liguria Toti.

 

Le azioni giudiziarie di quei lontani anni ‘90 distrussero un sistema ma non portarono una soluzione.

 

In molti casi gli arrestati vennero dopo molti anni assolti.

 

Eppure quel mondo era marcio, tutto marcio, non solo una parte.

 

Oggi parrebbe che una Mani Pulite Bis stia prendendo forma.

 

Fosse così speriamo che quella parte onesta della magistratura, certamente numericamente più numerosa di quella disonesta, abbia la forza di pulire fino in fondo.

 

L’Italia ha urgente necessità di ritrovare “dignità”, anche rispetto ad assai complessi e maleodoranti intrecci internazionali.

 

La grave crisi socio economica della nazione, ritrovata la dignità, potrà trovare nel ceto dirigente, anche politico, che sarà chiamato a costruire il “nuovo sogno italiano” coloro che sapranno riallacciare i legami internazionali che seppero creare i presupposti che portarono al mai dimenticato boom economico.

 

Questa è certamente la speranza di quella parte di popolo italiano sano ed onesto che di vivere in questa ambiguità della propria Patria non ce la fa proprio più.

 

Ignoto Uno




nazioni unite e crescita

Che le Nazioni Unite tornino a parlare di “crescita felice”

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto i lavori dedicati all’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite dal titolo “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”.

Non posso nascondere che, per chi come me pone al centro gli interessi della propria Patria e dei suoi concittadini, l’elemento socio economico che ritengo debba essere massimizzato dall’agenda politica di chi è chiamato, sempre pro tempore, a rappresentare e governare il proprio popolo è lo “sviluppo” dello stesso.

“Sviluppo” che deve essere in armonia ed in equilibrio con quello delle altre “nazioni”.

Non uno “sviluppo” subalterno a quello di “altri”.

L’equilibrio e la stabilità socio economica di una nazione creerà sempre un “noi” che si contrapporrà ad un “loro”.

Questa contrapposizione necessita di “tavoli di dialogo” finalizzati a definire “equilibri condivisi e stabili” ove ogni “popolo” possa crescere sognando una possibilità di vita migliore di generazione in generazione.

Non una “decrescita felice” per permettere una “sostenibilità” ove “altri” possano vedere, grazie a detta “sostenibilità”, una propria “crescita felice”.

In questo mio pensiero non posso che riportare alla memoria quel magnifico intervento del fondatore di Apple.

Steve Jobs all’Università di Stanford in California, il 12 giugno 2005, In occasione della consegna dei diplomi di laurea emozionò i giovani, ed i meno giovani, con parole che possono essere riassunte in quella magnifica suggestione di “siate affamati, siate folli”.

Sognare in grande, essere affamati appunti, e sforzarsi al massimo per raggiungere interamente i risultati che si sono sognati, questo noi adulti dobbiamo insegnare ai “nostri giovani”, non dobbiamo insegnare loro la “decrescita felice”, dobbiamo insegnare loro la “crescita radiosa”.

Una “crescita” etica, onesta, basata sul lavoro, sull’impegno, sulla “fatica” .

Una “crescita” basata sul rispetto in primo luogo di se stessi perché solo rispettandosi si può rispettare “l’altro”.

Una “crescita” in pace con gli “altri” perché li si rispetta nelle loro peculiarità, non li si “circonda”, li si “affronta in tavoli di confronto”per costruire “accordi”, “patti”.

Questo sia nella vita privata, sia nella vita professionale, sia fra Stati.

Una “crescita” sana ma orgogliosa.

Una “crescita” intelligente, non sostenibile.

Il Presidente Mattarella ha parlato di “Pace, inclusione, giustizia” come i “capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni Paese e di ogni società”.

Indubbiamente la “Pace” è l’elemento cardine per lo “sviluppo”, proprio questa considerazione mi porta a chiedere a me stesso cosa serva oggi avere, ed investire tanto denaro, nelle Nazioni Unite.

Quando il 24 ottobre del 1945, a San Francisco in Stati Uniti, entrava in vigore la Carta delle Nazioni Unite firmata il precedente 26 giugno, documento cardine dell’ONU, prendeva forma una organizzazione intergovernativa a carattere mondiale i cui principali obiettivi erano il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni, il perseguimento di una cooperazione internazionale e il favorire l’armonizzazione delle varie azioni compiute a questi scopi dai suoi membri.

Mi pare facile dichiarare che le Nazioni Unite stiano fallendo su tutta la linea.

Una delle molteplici cause potrebbe essere la eccessiva “polarizzazione” delle azioni di questo organo che, così a me sembra, è sempre meno “terzo” rispetto ai diversi punti di vista ed interessi degli Stati membri?

Allorquando si parla di “sviluppo sostenibile” non si rischia di posizionarsi su una linea?

Non si rischia di favorire eccessivamente alcune economie a discapito di altre? Fra queste la nostra. L’italiana.

I fatti dicono di sì.

Questa linea, lo dicono i fatti, sta favorendo una parte del mondo rispetto ad altre e fra le “altre” non è difficile annoverare la nostra Italia.

Questo raccontano i numeri macroeconomici e finanziari di lungo periodo e la scomparsa di un sistema industriale che è stato a lungo fiore all’occhiello della nostra amata Patria.

Il Presidente della Repubblica a New York ha dichiarato che “Pace e Sviluppo hanno destini incrociati”.

“Non può esservi l’uno, senza l’altra” ha aggiunto.

Il Presidente degli italiani ha ricordato a tutti che tutti i cittadini del mondo stanno vivendo “in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale”.

Quanto sono vere queste parole!

È tempo di cambiare passo, è tempo di tornare a vedere le Nazioni Unite essere terze agli interessi dei singoli Stati che la compongono.

È tempo di tornare a parlare di crescita felice e di chiedere a tutti gli Stati di rispettare il “benessere” e la “crescita” degli altri Stati, degli altri popoli.

Se l’ONU non saprà essere centrale nella costruzione della “pace” e del “benessere” di tutti i popoli non potremmo che iniziare a ragionare su un nuovo modello di Nazioni Unite, magari assai più snello, magari assai meno costoso.

Una nota per finire, sempre sull’ONU e sulle sue Agenzie.

Qualche giorno fa il Guardian ha dichiarato in una sua inchiesta che nel 2023 in Europa sono scomparsi nel nulla cinquantamila minori arrivati come migranti, diecimila solo in Italia.

Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui governi per costringerli ad indagare a fondo su cosa sia successo a questi minori?

Possiamo chiedere all’Unicef se intende fare pressioni sui media per costringerli a dare la giusta visibilità e la giusta consapevolezza dell’opinione pubblica su questa onta?

Sarebbe, infine, così bello se il Presidente Mattarella volesse fare un intervento diretto sul nostro Parlamento per stimolare le Camere ad indagare su quei diecimila minori migranti spariti mentre erano sotto la tutela della nostra Patria.

In fondo noi italiani non possiamo dimenticare le magnifiche parole che Ludwig Van Beethoven musicò nel celeberrimo “Inno alla Gioia”.

Inno che, in prima istanza, dedicò alla “libertà”.

In fondo non può esistere gioia senza libertà ne libertà senza gioia.

Parole che recitano “Gioia, figlia della Luce. Dea dei carmi, Dea dei fior. Il tuo genio ne conduce
per sentieri di splendor.
Il tuo raggio asciuga il pianto,
sperde l’ira, fuga il duol. Vieni, sorridi a noi d’accanto, primogenita del sol”.

Libertà di vivere in libertà in primo luogo, magari nella propria Patria nativa e non migranti in balia di trafficanti e di persone senza scrupoli.

Ignoto Uno