Cantone lascia: è lutto per lo Stato.

Lo aveva detto chiaramente “gli onesti non fanno carriera nella pubblica amministrazione”, ed anche se tutti si erano chiesti come mai lui allora era arrivato lì, oggi Raffaele Cantone ha dimostrato di essere persona coerente.

Lascia la guida dell’ANAC per tornare in magistratura ” la mia vera casa” come lui stesso la definisce.

Lo Stato ha riguadagnato un bravo magistrato, ma di certo quest’abbandono non è un significato positivo, specie quando si parla di strutture che hanno un potere di controllo sull’operato della pubblica amministrazione.

Ci sono in ogni caso delle domande da porsi:

ma se c’è una legge a che serve l’autorità? ed ammesso che serva allora ha ragione Cantone nel suo discorso chiaro in cui sostiene che le attività dell’autorità non possono essere uguali ad una tavola delle leggi scritta sulla pietra, deve essere un organismo fluido e dinamico che si adatta al mutevole e veloce cambiamento di mercato.

Cosa che sicuramente non può piacere al potere politico.

Chi ha vissuto nel piccolo quello che Cantone avrà sicuramente visto nel grande non si meraviglia di quest’abbandono, più o meno giusto, di certo lineare, il potere non può essere affiancato da organismi che sono in grado di analizzare giorno per giorno ciò che accade ed intervenire, in più con un potere esecutivo per farlo.

Chi scrive ha visto uffici di ispettori chiusi dall’oggi al domani solo perché avevano esclamato “il re è nudo”.

Certo allora nessun clamore, nessuna meraviglia, anzi quasi la soddisfazione perché quegli ispettori erano troppo sceriffi e facevano troppe ispezioni…

Il caso Cantone, certamente più eclatante e di una magnitudo assolutamente più ampia, ci lascia però comunque l’amaro in bocca, nulla cambia in questo paese.

Ora si scatenerà la polemica Cantone bravo, Cantone  cattivo, governo giusto, governo ladro, opposizione colpevole opposizione innocente, Mio Dio, che assurdità, paese lobotomizzato da se stesso.

Ci vengono in mente parole sempre attuali:

Amici, Romani, compatriotti, prestatemi orecchio; io vengo a seppellire Cantone, non a lodarlo.

Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia di Cantone.

Il nobile Governo v’ha detto che Cantone era ambizioso: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Cantone ne ha pagato il fio.

Qui, col permesso del Governo e degli altri – ché il Governo è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Cantone.

Egli fu mio amico, fedele e giusto verso di me: ma il Governo dice che fu ambizioso; e il Governo è uomo d’onore.

Molti prigionieri egli ha riportato a Roma, il prezzo del cui riscatto ha riempito il pubblico tesoro: sembrò questo atto ambizioso in Cantone? Quando i poveri hanno pianto, Cantone ha lacrimato: l’ambizione dovrebbe essere fatta di più rude stoffa; eppure il Governo dice ch’egli fu ambizioso; e il Governo è uomo d’onore.

Tutti vedeste come al Lupercale tre volte gli presentai una corona di re ch’egli tre volte rifiutò: fu questo atto di ambizione?

Eppure il Governo dice ch’egli fu ambizioso; e, invero, il Governo è uomo d’onore.

Non parlo, no, per smentire ciò che il Governo disse, ma qui io sono per dire ciò che io so.

Tutti lo amaste una volta, né senza ragione: qual ragione vi trattiene dunque dal piangerlo? O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione.

Scusatemi; il mio cuore giace là nella bara con Cantone e debbo tacere sinché non ritorni a me

La nostra convinzione è che il gesto eclatante di Cantone, pur facendogli onore, a nulla serva.

In Italia, dopo un mesetto di polemica e di sciacquio dei panni, si tornerà come prima.

La riflessione profonda che si dovrebbe introdurre è legata al meccanismo con cui lo stato ricopre ruoli chiave e ne determina i comportamenti.

Non siamo in grado di dare un profilo etico o forse chi ha questo profilo “… non fa carriera nella pubblica amministrazione…” ma è ora di cambiare, e come si cambia? solo dando l’idea dello Stato, di comunità, di unità di intenti e di obiettivi.

Oggi mancano i Simboli, e se ci sono vengono usati strumentalmente (vedi i crocifissi), perché tendiamo a dare un significato alle figure individuali, siamo nel mezzo di un mondo individuale, carico di avatar inutili di noi stessi, di profili social che spesso per nulla rappresentano  la realtà dietro la maschera.

L’amore per il proprio paese si coltiva, non nasce spontaneo come un fungo, è un processo che inizia fin da piccoli, quando si incomincia a vedere la bandiera tricolore e ci viene da cantare l’inno nazionale.

Il luogo in cui nasce quest’amore è la famiglia, la scuola, ma se lo Stato opera per distruggere la famiglia e la scuola come possono questi due incubatori diffondere l’amore per il proprio carnefice?

Occorre cambiare, servono persone intelligenti che capiscano che lo stato deve amare per essere amato, non è difficile …

Incominciamo ad aiutare i genitori, i docenti, i dirigenti, il personale della scuola, facciamo in modo che ci sia lavoro, stipendi dignitosi per tutti, smettiamola di dare i soldi a chi non crea amore per lo stato, non è difficile …

Proviamo a fare uno sforzo e pensiamo a Cesare, cosa ci viene in mente? Roma, il diritto romano, la grandezza dell’Italica gente, l’onore, la forza, insomma tutti valori positivi.

Adesso pensiamo ad oggi e proviamo a pensare a qualche nome come Cesare, dunque, ecco, ci sarebbe, spetta, come si chiamava???, ma si l’ho qui sulla punta della lingua, ecco, ecco, aspetta, ummm …

 

 

 

 

 

 

Corrado Faletti

Direttore




Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

Se è vero che la scrittura è terapeutica, posso andare avanti a scrivere per giorni, prima di guarire dal “male di insegnare”.

Sì, di insegnare nella buona scuola italiana, alle prese con i nuovi esami di stato…

Forse, farei meglio a tacere per non far sapere. Ma, giuro, non ce la faccio.

E’ da trent’anni che insegno, nelle scuole statali.

Sono stata commissaria d’esame interna ed esterna, con la formula dei vecchi esami di maturità, nei 17 anni di precariato nelle superiori. Ora, sono di ruolo nelle medie, da 13 anni, con il privilegio, insegnando francese, di avere sempre almeno tre terze da portare agli esami.

Modestia a parte, penso di aver maturato un po’ di esperienza diretta di esami conclusivi del primo e del secondo ciclo d’istruzione.

Eppure, non ce la faccio ad arrendermi all’evidenza dei fatti.

Ed impiego, apposta, il termine “alunni da portare”, anziché preparare agli esami, perché, ormai, è impensabile lottare contro la dilagante ignoranza collettiva dei ragazzi della nostra epoca.

Non entro nel merito del gioco delle responsabilità della famiglia, della scuola, della società. Sono consapevole che quest’articolo, scritta da un’addetta ai lavori è una sorta di” j’accuse “al mondo della scuola, segno e riflesso dell’involuzione culturale.

Del resto, è palese l’incremento esponenziale dei nuovi analfabeti di ritorno ed il loro exploit quotidiano sui social.

Mi voglio limitare a condividere l’inventario delle migliori sparate collezionate in questi anni di esami.

Preparatevi che sembrano inventate o scaricate da Internet.

Vi assicuro che non è così.

Testimoni i i mei colleghi che hanno partecipato alla raccolta, annotando in diretta le definizioni più folcloristiche.

Vi posso garantire che ho anche ricevuto delle pressioni da alcuni di loro per non scrivere un articolo che spari sulla scuola. “Almeno tu che ci lavori, per favore…”

(osserviamo che la colpa non è solo degli alunni, ma anche di un sistema di erogazione delle informazioni che passa molto per i social, alimentando quella che si potrebbe definire una dissociazione semantica continua verso la quale i docenti sono poco preparati a reagire; occorre rimodulare i modelli di utilizzo del set informativo attraverso una nuova concezione didattica che non può non passare per una didattica dei social, in cui è necessario ridefinire gli ambiti sia di utilizzo ma soprattutto di identificazione dei contenuti. N.d.R.)

Dunque, per non offendere nessuno, vorrei semplicemente ridere con voi e dedicare quest’articolo ai grandi sapientoni che hanno inventato la certificazione per competenze.

Sono “perle” raccolte in questi giorni di esame di terza media, in un paio di istituti comprensivi di una tranquilla città di provincia, tra un’utenza scolastica italiana, di medio livello culturale e sociale.

Perché, prima di parlare di competenze, sarebbe meglio, almeno, avere qualche conoscenza!…

Passando tra i banchi, ho notato un alunno che continuava a grattarsi il braccio, con tale veemenza che, quasi, sanguinava. Incuriosita, gli ho chiesto “Cosa succede?”. Risposta:” Prof, lasci stare, quando sono in ansia, SODOMIZZO tanto !!!”. Scioccata, incalzo e replico: “Ma davvero?!?”. “Sì, prof, sodomizzo tanto, fino a sanguinare!”.

Un altro alunno, all’orale, interrogato sul Risorgimento, ha dichiarato con assoluta certezza che Mazzini era morto nell’ARMADIO.” Ah sì? Cioè? Quale armadio? E poi, com’è morto?” Risposta: “Ah, non so, sarà morto soffocato”.

Evidentemente, la mia collega di lettere, non era d’accordo. L’alunno insisteva con supponenza, sottolineando che c’era scritto sul libro… Siamo andati a vedere.

Sì, è vero, Mazzini è morto nell’armadio. Anzi, meglio, nella CREDENZA.

Non quella di legno, ma nella convinzione che l’Italia avrebbe raggiunto l’unità!!!

Ma il resto della frase era scritto nella pagina dopo…

Ma, sì, cosa sarà mai!

Del resto, il primo uomo sulla luna, Neil Armstrong, si chiama come un noto trombettista jazz, Luis Armstrong, perché sono due ANONOMI, anziché omonimi.

Ed Oscar Wilde può rigirarsi pure nella tomba, se il suo romanzo “Il ritratto di Dorian Gray” è diventato quello di Doris Day, attrice e cantante statunitense.

Gli Egiziani seppellivano i loro morti sugli alberi. Ah sì? Quali?

Risposta: “Quelli che ci sono a Natale”.

“Cioè? Sugli abeti?”

” Sì, sì, proprio così”.

La mia collega non era convinta. “Ma ti pare che in Egitto ci sono gli abeti?!?”

“Prof, c’è scritto sul libro!”

Ancora?!? Ma anche stavolta, carta canta…

Gli Egiziani seppellivano i loro morti SU-PINI.

Il ragionamento non fa una piega…

Ma l’ecatombe, arriva quando il candidato, seguendo le indicazioni ministeriali deve dare prova della sua capacità argomentativa, nonché del suo spirito critico, esaminando tre documenti ricevuti dalla commissione, mezz’ora prima dell’orale. Un testo, un grafico ed un’immagine inerenti a quattro macro aree disciplinari.

(Giusto per dovere di cronaca, lavorando su due scuole mi sono fatta sei collegi docenti per preparare tutto il materiale per il nuovo esame di stato…)

Prima macro-area. GUERRA E PACE.

La colomba della pace di Picasso, diventa per il candidato un animale, che vola. E come fai a capire che è il simbolo della pace? Risposta.” Perché ha in bocca una foglia”

Eh, già! Quale sarebbe?

“A vederla così, non saprei, non è di marijuana”

Infatti, è un ramoscello d’ulivo!

L’appel de Charles de Gaulle del 1940, come è stato diffuso?

“Non so”

Dai, prova a pensarci…Non c’era Internet, la tele non l’avevano ancora inventata, quale mezzo di comunicazione si poteva usare a quei tempi?

“Il piccione viaggiatore”.

Sobbalzo sulla sedia, sono figlia di due cardiopatici, le mie coronarie non possono farcela…Mi riprendo, penso ad uno scherzo. “Dai, non fare lo spiritoso. Pensaci bene. Charles de Gaulle si trova in esilio, a Londra. Come fa a comunicare con i suoi connazionali oltre Manica?”

“Va sulla costa con un CARTELLO!”

Altro documento. Un articolo di giornale sulla prima guerra mondiale, sulle tristi condizioni di vita dei soldati in trincea, in particolare sul rancio dei soldati. I pasti, preparati nelle retrovie, arrivavano immangiabili. La pasta era colla ed il brodo era gelatina. Perché? Come facevano a consegnare il pasto ai soldati?

Risposta. “Con gli aerei”.

Sì, magari sorvolando di giorno, sopra il nemico…

La triplice alleanza e la triplice intesa, sono la stessa cosa. Tanto era tre, comunque.

Vincitori e vinti scompaiono. Non c’è cultura, né libertà che tenga.

Mussolini. La politica agraria di Mussolini… I balilla. Cosa ti fanno pensare? Ah, sì, con lui, nasce la pasta BARILLA.

Passiamo alla seconda macro-area. AMBIENTE.

Greta Thunberg ci fa un baffo! L’attivista svedese di appena sedici anni che sfida i leader mondiali nella lotta contro il cambiamento climatico, non immagina quanto i suoi quasi coetanei italiani si siano documentati.

“La Terra prima SI DEPURAVA, adesso non ce la fa più. Ed i capi di stato SE NE FISCHIANO”. Parole testuali.

Effetto STELLA. BRUCO nell’ozono.

Ma sì, voleva dire effetto serra, buco nell’ozono. E’ l’emozione che gioca brutti scherzi…

Ed intanto, l’immagine virale dell’orso polare sfinito per l’assenza di cibo provocato dallo scioglimento dei ghiacciai, diventa un orso “poco cicciottello”.

Lasciamo perdere. Passiamo ad INTERNET ed i SOCIAL.

“I giovani d’oggi passano troppo tempo davanti al computer. E dunque, GLI viene la gobba”.

“A parte che si dice, che viene LORO la gobba. Ma allora, spiegami, perché a Leopardi è venuta la gobba. A quel tempo non c’era il computer?”

 “Leopardi era gobbo perché non faceva attività fisica”.

Anche noi, ostinati a commemorare Leopardi…

Dai, lasciamo perdere. Passiamo a DIRITTI E COSTITUZIONE.

“1789. Cosa ti fa pensare?” -La presa della PASTIGLIA-

“Perché Luigi XXIV, il Re Sole, sposta la corte da Parigi a Versailles? “

Risposta “ Per cambiare aria…”

Vittorio Emanuele II è morto decapitato e Mussolini si è consegnato.

Notre Dame è il nome di un video-gioco. E nel CAVALLO DI TROIA c’era una BOMBA.

Questa sì che è libertà di pensiero!

E pure di parola, se l’autista del pullman diventa il PULMISTA.

E pensare, che non convinta ho chiesto. “Ma chi è il pulmista “?

L’alunno mi ha guardato con un bagliore di consapevolezza negli occhi e mi ha detto: “Prof, ha ragione, sa che ci ho pensato anch’ io, non dovevo chiamarlo pulmista, dovevo dargli un nome preciso!”

E quest’ alunno, con buona pace dei miei colleghi delle superiori, si è iscritto ad un Istituto Tecnico Industriale…Nel consiglio orientativo, noi prof delle medie, avevamo suggerito una scuola professionale, ma abbiamo sbagliato tutto. La famiglia sa già che il loro figlio, genio incompreso, diventerà un pilota d’aereo. Anzi, un AERISTA…

E pensare che i nostri antenati hanno tanto lottato per il diritto all’istruzione!!!

 

Antonella Ferrari

 

 

 

 




La bellezza salverà il mondo

È importante circondarci di bellezza?

La bellezza di un ambiente, può migliorare l’indole di un individuo?

“La bellezza salverà il mondo” faceva dire Dostoevskij al principe Myškin dalle pagine de L’Idiota.

Per qualche minuto, poniamoci il problema sollevato da questa chiosa.

La bellezza influisce su di noi? E come?

La bellezza ci migliora?

Qual è il rapporto di causa ed effetto tra ambiente e socialità?

Alziamo la posta: 

nei quartieri degradati c’è la malavita perché i quartieri sono degradati o viceversa: la malavita esiste perché prospera nel degrado?

Questa è la provocazione sollevata dal prof. Alessandro Bianchi, Rettore dell’Università Telematica Pegaso, nella sua prolusione all’evento Ri-Genera Tour.

Ri-genera è un ciclo di appuntamenti di formazione itineranti coordinato dal prof. Bianchi e dal prof. Mauro Minelli, presidente del Corso di Studi in Scienze Motorie della stessa Università.

Il tema del ciclo è stato il rapporto tra ambiente e salute.

Un ambiente bello, curato, civile, nel senso etimologico del termine, ovvero adatto al civis, al cittadino, un ambiente così fatto, può influire sulla buona condotta e sulla buona salute dell’individuo?

La responsabilità dell’urbanista, di chi architetta la sinfonia del nucleo abitativo, è forse quello di impattare così profondamente sull’anima umana da indirizzarne l’indole?

La responsabilità del nutrizionista è quello di e proteggere l’organismo dall’impatto dell’ambiente esterno preparandolo al meglio?

Forse sì.

Se è facile pensare che un ambiente salubre facilita il nostro benessere fisico, pensare che un ambiente bello e armonioso possa aiutare il nostro benessere sociale richiede uno sforzo in più.

Ma non perché non sia giusto e logico, ma perché non siamo abituati a pensarlo.

La bellezza salverà il mondo?

Forse sì, o, comunque, può essere usato come strumento impattante.

Allontaniamoci per un attimo dai contenuti fedeli della lezione e facciamo una riflessione parallela.

Nel 1969 il professor Philip Zimbardo fece un esperimento che dimostra la viralità dell’atto vandalico.

Prese due auto identiche e ne posteggiò una nel Bronx, quartiere povero e periferico, un’altra nella ricca e tranquilla Palo Alto.

Nella prima parte dell’esperimento, accadde quello che tutti ci aspettiamo possa accadere: dopo una settimana, la macchina posteggiata nel Bronx venne smantellata e depredata di ogni pezzo; la macchina posteggiata a Palo Alto restò intonsa.

La seconda parte dell’esperimento, portò ad un interessante stadio successivo.

I ricercatori ruppero un vetro della macchina posteggiata a Palo Alto; in poco tempo la stessa auto fu oggetto di furti e vandalismo che ridussero la vettura come la gemella del Bronx.

Ecco quindi che si nota che quando ci troviamo davanti a qualcosa già manomessa o sgradevole, una parte di noi si ritiene giustificata a portare avanti il disordine.

Quando una strada è piena di cartacce, ci sentiamo più giustificati a buttare anche noi un rifiuto fuori dal cestino rispetto a quando ci troviamo su una strada pulita.

Quando visitiamo città ordinate e pulite, ci sentiamo in dovere di essere ordinati e puliti a nostra volta.

Com’è bello l’animo umano che si adatta all’ambiente circostante e come è potente la vocazione di chi vuole e può, col suo operato, migliorare gli animi.




Europa: cronaca di una morte annunciata…

25 ANNI DOPO… LA NON EUROPA DI MAASTRICHT

Il primo novembre 1993 gli uffici della Commissione europea e delle altre istituzioni a Bruxelles erano quasi del tutto vuoti in occasione della rievocazione.

In quel giorno entrò in vigore il trattato di Maastricht e nacque l’Unione Europea così come oggi la conosciamo.

Il Trattato di Maastricht fu l’esposto che stabilì l’Unione Europea con il nome odierno e gran parte delle istituzioni comunitarie che conosciamo oggi.

Venticinque anni fa il mondo correva sull’onda dell’ottimismo dettato dalle promesse di una globalizzazione che sembrava voler spalancare agli europei le porte verso un futuro stabile e vigoroso.

Stando al flusso di questo rosea visione nulla avrebbe fatto presagire che in appena un ventennio l’euro sarebbe diventato il capo espiatorio del deterioramento economico della piccola e media borghesia che non può far altro se non imputare la classe dirigente di aver frantumato le promesse elargite negli anni ‘90.

Se il fuoco del Nazionalismo si alimenta sempre più gran parte delle accuse va mossa in prima istanza ai Governi, i quali in molte circostanze hanno dato dimostrazione di essere stati i primi a non aver creduto nel sogno comune di un’Europa unita, addossando a Bruxelles le responsabilità di qualsivoglia difficoltà interna.

Lungi dal pensiero odierno appare il vero obiettivo dei padri fondatori che senza dubbio tendevano ad aggregare e non certo a frantumare.

Unanime opinione popolare considera l’Europa che è nata a Maastricht legittimata sull’estromissione e suddivisa in un duplice schieramento che non ammette spettatori posti al centro tra le due fazioni mosse da reciproca avversione.

Da una parte i ricchi che non intendono perdere i loro privilegi e dall’altro capo i cittadini che quei privilegi li hanno solo ascoltati attraverso vane promesse e giammai sperimentati. Ambedue le fazioni mirano all’integrazione seppur dettata da dissimile giudizio: i ricchi guardano ad un’integrazione selettiva mentre i cittadini ad una di natura democratica.

Accentratore e devoto all’etica degli affari il pensiero dei ricchi europei, dinamica e strutturata su un’etica di responsabilità è l’Europa dei cittadini.

Mentre la prima corrente invoca il ricorso alle armi per difendere la sicurezza Nazionale e per la difesa dei loro interessi, la seconda fazione lotta contro il traffico di armi guardando la costruzione della pace europea fondata sulla riorganizzazione dell’industria bellica.

L’ Europa entusiasmata dall’ondata di ottimismo prevalsa nel 1993 prometteva al mondo prominenti livelli di occupazione, assicurava un miglioramento della qualità di vita, un considerevole grado di convergenza dei risultati economici, perfino un accordo tra gli stati membri.

Ciò che garantivano i padri fondatori oggi appare come un eco inciso negli annali, mai concretizzato e lascia spazio alla vera concezione di quell’Unione Europea che ha assunto connotati sempre più antidemocratici e si rivela più concentrata nelle trattative con Erdogan, un signore intento ad arrestare la libertà di stampa, che al confronto con chi in Europa ci vive e a giudicare dagli ultimi dati ci vive anche male.

Tra fazioni infervorate da differenti ideologie l’Europa di Maastricht è destinata a fallire miseramente a causa di problemi che la stessa non è in grado (o non vuole) di risolvere, lo scenario a cui oggi assistiamo ci prospetta un’Europa lontana dai pacifismi prospettati in epoca ormai remota, è un’Europa inanimata e gli euro-scettici già brandiscono voti in Europa proprio a sfavore dell’Europa.




L’Italia e l’ultradestra

Noi siamo un paese di ipocriti, noi celebriamo il piccolo, noi vediamo solo l’interesse.

Difficile smentire queste frasi che fanno dell’Italia un paese ormai allo sfascio ideologico, un piccolo punto da cui trae origine un buco nero cosmico dell’etica sociale.

Tutti i partiti si riempiono la bocca con frasi e paroloni, con promesse ed accuse, con ideologie che oggi hanno solo un bel vestito ma sotto sono sporche come le stalle dei maiali (senza voler offendere il nobile maiale).

Non esiste un movimento politico che non sia nato dal sangue, o quello di una guerra o quello di una rivoluzione, ma tutte le grandi ideologie hanno alla loro origine una ribellione, dalla rivoluzione russa, al fascismo al nazismo e persino al cristianesimo.

Oggi si sente sempre più parlare di Destra o Ultra Destra, di fascismo e di ritorno al regime, di nostalgici e via dicendo, ma questo gran parlare sembra nascondere una pochezza di idee da parte di tutti quelli che ne parlano.

Il giochetto è sempre quello, quando non si ha nulla da dire la si butta in cagnara, gridando al ritorno del fascismo.

Chi lo fa non ha senso della storia e pericolosamente si identifica con altro segmento della storia che vorremmo dimenticare ugualmente, ovvero lo scempio degli omicidi avvenuti nel dopoguerra sull’altare  della fine dell’era fascista.

In ogni caso manca una revisione storica, manca un momento di chiarezza sociale che non può essere ancora demandato: l’aggettivo «estrema», che potrebbe richiamare il sostantivo estremismo, è da respingere, perché rappresenta un’etichetta arbitraria assegnata di solito dagli avversari politici per oscurarne le proposte politiche, che oggi sempre più invece rappresentano la volontà popolare.

Inoltre giova notare come qualsiasi volontà di difesa degli interessi nazionali o popolari che dir si voglia venga sempre buttata nel campo del razzismo o del menefreghismo verso chi soffre.

Questo avviene perché fondamentalmente non v’è equilibrio di posizione in chi persegue l’ideale dell’integrazione; è evidente che non si può integrare tout court popoli con secoli di tradizioni differenti, ma sopratutto con idee sociali differenti e ancor di più con comportamenti sociali differenti.

L’integrazione è in realtà un processo composito: socializzazione, solidarietà e corresponsabilità, queste sono le linee che compongono l’integrazione e la rendono fattibile.

Non può, e non deve, essere fatta accogliendo chiunque, parcheggiandolo in campi di smistamento (parola comunque molto vicina ad altri campi del passato) e lasciandoli poi per mesi ad oziare con un sussidio per sopravvivere.

Bellissime le iniziative che hanno visto queste persone mettersi a disposizione dei vari comuni per lavori socialmente utili (ma quanti sono stati sul totale degli accolti?), ma gravissime quelle invece in cui la rivolta di queste persone, per motivi a volte anche futili, ha portato a vere e proprie guerre di quartiere.

Nonostante l’evidente fallimento di questo modo di “accogliere”, tutti si buttano addosso a chi critica dandogli del fascista o dell’appartenente all’estrema destra, ma perché?

Qualcuno mai ha provato a leggere le proposte dell’Ultra Destra rispetto a questo tema?

Credo di no, altrimenti ci sarebbe una vergogna collettiva nel non aver mai provato a dare voce alle persone più bisognose.

In realtà ci dimentichiamo proprio di chi deve muovere economia e sociale per poter fare spazio per l’accoglienza, ovvero gli Italiani.

Gli aspetti ideologici che muovono i partiti di Ultra Destra a difendere i cittadini non contro gli immigrati, come si vuol far credere, ma a favore, hanno radici profonde.

Radici che inevitabilmente si scontrano con un’accoglienza indiscriminata e foriera di prosciugamento delle risorse nazionali, ma anche comunitarie viste le reazioni della comunità europea sull’argomento, perché legate alla valorizzazione del cittadino in quando detentore di diritti inalienabili, derivatigli dalla costruzione di questo paese che le generazioni passate hanno fatto.

Ma a parte i diritti dei cittadini che spesso sono più facilmente calpestati che rispettati dalla classe politica, qui occorre fare un discorso di risorse.

Se vogliano utilizzare i frutti di un orto non cacciamo il contadino che lo coltiva ma cerchiamo di aiutarlo, oggi la classe politica, o forse meglio dire la classe dirigente, pensa di ignorare gli Italiani o comunque di caricare sugli stessi il peso di un’accoglienza non produttiva, creando un disagio sociale che contrasta con l’esigenza di solidarietà che invece è richiesta dal processo di integrazione.

Sempre parlando di risorse sarebbe opportuno smetterla di pensare agli immigrati come portatori di voti, ricorda molto i primi anni settanta quando i portatori di voti erano gli statali e quindi c’era la vendita dei posti nello stato, per non parlare poi delle pensioni baby, vero bacino di preferenze elettorali.

Oggi per il bene dello Stato dobbiamo pensare ad una pianificazione attenta delle risorse, ma sopratutto dobbiamo rinvigorire la spina dorsale del paese, gli Italiani, affinché veramente si possano creare ulteriori risorse e spirito di accoglienza.

Pensare prima agli Italiani è il modo migliore per avviare un vero percorso di integrazione che passa inevitabilmente dalla capacità del nostro Paese di essere grande e generoso come è sempre stato.

Ave atque Vale

Corrado Faletti

http://betapress.it/index.php/2016/11/14/lettera-a-matteo-da-parte-di-un-italiano/

http://betapress.it/index.php/2017/02/28/perche-lintegrazione-ancora-solo-un-riempitivo-nelle-bocche-dei-politici/

http://betapress.it/index.php/2016/01/03/vita-da-sindacato-quando-manca-la-logica-nelle-cose/

 




Trump, nessuna meraviglia…

Siamo giunti ad un momento epocale, un periodo in cui avvengono le svolte storiche, il mille e non più mille, siamo nell’era del Trumpismo…

 

Tutti sappiamo che generalmente le parole con il suffisso -ismo hanno significato astratto, una sorta di generazione del termine che rende e definisce peculiare qualsiasi azione svolta dall’oggetto a cui viene aggiunto il suffisso; una specie di agglomerato di elementi che viene poi usato per definire religioni, movimenti, ma anche caratteri e comportamenti, stili, addirittura congegni (meccanismo, organismo) e linguaggi.

In alcuni casi il nostro amico -ismo si è radicalizzato con -esimo entrando definitivamente nei sostantivi cristianesimo, protestantesimo, dando lustro e valore alle religioni con cui si accompagna.

Ebbene ora siamo al Trumpismo!

Sorridiamo sempre quando accadono queste cose perchè basta un niente per passare dal suffisso -ismo a -istico, da Trumpismo a Trumpistico, che spesso assume valore negativo (elettoralistico) ma che poi rimane come significante collettivo (manualistica, oggettistica).

L’avvento di Trump ha scosso il mondo, noi tutti e gli stessi Americani che l’hanno votato; e già, perché oggi sentiamo dire che tutti scendono in piazza contro il neo Presidente.

Trump in realtà null’altro fa se non quello che aveva detto in campagna elettorale e per cui ha stracciato la sua rivale, peraltro definita da molti media criminale di guerra, con il grandissimo consenso degli Americani.

Ora non riesco a vedere la meraviglia, se metti un gorilla a guardia delle banane ti devi aspettare due cose:

  1. il gorilla non farà avvicinare nessuno alle banane
  2. il gorilla mangerà le banane

Inoltre ti devi anche chiedere, se metti il gorilla a guardia delle banane, cosa fai se poi cambi idea: riuscirai a togliere il gorilla?

In questo momento Trump è a guardia delle banane americane, e la vera meraviglia non è in questo, ma nel fatto che il mondo non riesca a trovare una linea coerente con una delle caratteristiche ormai in decadenza della nostra razza: l’intelligenza.

Se da una parte c’è l’estremismo islamico dall’altra c’è il Trumpismo, se da una parte c’è il razzismo dall’altra c’è il più falso e idiota perbenismo ancora più dannoso del razzismo, se qualcuno dice A ci deve per forza essere qualcuno che dice B, ma non in una forma dialettica, ma sempre più come scontro di religioni.

Quello che dovrebbe essere evidente a tutti è la progressiva corsa verso un campanilismo ottuso, quasi che le crisi che stanno arrivando all’orizzonte del mondo ci facciano mettere la testa sotto una facile coperta di “conosciuto”, di sicuro, di affidabile, di “casa” per cercare una sicurezza non più conosciuta e compresa, ma istintiva e primordiale.

In fondo alla nostra anima, nel luogo più oscuro dei nostri pensieri, ci sono le primordiali reazioni che spesso guidano ancora le nostre decisioni, quelle reazioni che sono ataviche, che ancora istintivamente muovono le nostre paure, il buio, il vuoto, la solitudine, l’altezza e che oggi fanno votare un Trump Gorilla che deve difendere gli Americani dai rumori della giungla.

Tutti vanno in TV a dire che Trump è l’anticristo e che mai si è visto qualcosa di simile, ma cari signori non vi ricordate da bambini, quando nel buio della vostra cameretta spaventati e angosciati del nulla che vi circondava vi bastava lasciare la porta socchiusa, una lucina accesa, la bambola vicino al cuscino? e non vi ricordate che non c’era ragione, il papà e la mamma potevano farvi vedere dentro tutti gli armadi, sotto ogni letto, ma voi la vostra paura del buio, dell’uomo nero, dell’ignoto, non ve la facevate passare, a voi restava la paura finché quel filo di luce non entrava dalla porta.

Trump è per la classe media americana la porta socchiusa, un cerotto per la bua , una risposta alla pancia che usiamo quando abbiamo una paura irrazionale, istintiva.

Chi usa la pancia per decidere al limite digerisce, ma non ragiona.

L’Ignoto è la nostra vera paura di oggi, non trump, non l’Isis, l’ignoto, il non futuro, il non sapere, il non capire, il ragionare solo di pancia…

Le colpe dei padri ricadono sui figli, oggi più che mai nelle giovani generazioni si affaccia un vuoto cosmico, una paura abissale, una certezza di non futuro, manca qualcosa di profondo, Trump può essere anche la lucina della porta socchiusa ma oggi al mondo mancano il papà e la mamma che aprono gli armadi e alzano i letti per farci vedere che non abbiamo nulla da temere.

 




La “Ministra” Riscaldata

Il giallo sul titolo di studio della neo ministra Valeria Fedeli è durato poco, Lei stessa ammette candidamente, una svista, un copia incolla fatto male… e va beh, certamente in un governo come questo, ennesimo calderone di gaffe e di sberleffi agli Italiani, cosa conta un titolo di studio.

In effetti concordiamo con la ministra, il titolo di studio non conta, conta l’esperienza e le capacità che la persona che svolge il ruolo di ministro può portare nella gestione del suo mandato.

Noi non pensiamo che se una persona non è laureata sia un incompetente o un delinquente o peggio un incapace totale indegno di qualsiasi ruolo, noi siamo convinti che la capacità e l’esperienza possano davvero fare molto, sicuramente più di un  titolo di studio, che se non collegato ad esperienza e capacità, veramente non ha valore.

Noi riteniamo che un Ministro dell’istruzione debba essere un profondo conoscitore del mondo della scuola, debba avere esperienza diretta del ruolo di insegnante, debba conoscere le tematiche legate al mondo della didattica sia nazionale che internazionale, debba essere conoscitore del lavoro delle scuole non solo in relazione agli alunni ma anche alla complessità amministrativa che si cela dietro una scuola, debba avere chiaro dell’attuale stato di abbandono della scuola italiana e soprattutto del grandissimo disagio sia dei docenti che dei Dirigenti Scolastici, ma anche del personale di segreteria tutto, collaboratori scolastici compresi.

Queste cose nemmeno un laureato ad Harvard le saprebbe, e quindi chissene frega del titolo di studio del ministro, viva invece la sua esperienza.

Un’esperienza pluriennale nel mondo della scuola, ove ha ricoperto più ruoli, durante la quale ha potuto vivere direttamente e sentire quasi come un profumo tutte le componenti chimiche della scuola, comprendendone a fondo le meccaniche.

Per fare tutto questo occorre quindi avere l’esperienza della ministra, tre anni alla scuola materna, poi dal 1979 al 2012 come delegata sindacale per la CGIL, in vari ruoli legati al mondo del settore tessile, dal 2013 ad oggi senatore della repubblica per il PD…

“il mio punto di forza è l’ascolto…” ci dice la ministra, forse, ma non certo l’esperienza…

Ma quindi perché invece che scagliarsi contro i suoi titoli di studio non è stata valutata l’esperienza nella materia?

Forse perchè se andiamo a vedere l’esperienza di tutti i ministri allora ci mettiamo le mani nei capelli??? 

Forse perchè ancora una volta agli Italiani viene messo davanti un fatto compiuto?

Una volta ci dicevano o mangi la minestra o salti dalla finestra! 

Ebbene forse è ora davvero di saltare dalla finestra, probabilmente ci facciamo meno male che mangiando questa ministra riscaldata…




Lettera di una Professoressa a Babbo Natale

Babbo Natale regalami uno spid!

 

Caro Babbo Natale, so di essere un po’ cresciuta per scriverti una letterina, ma ho proprio bisogno del tuo aiuto.

Come forse saprai, o forse no dato che vivi al polo nord, il nostro ormai ex premier ha omaggiato tutti gli insegnanti della ricca somma di 500 euro da spendersi per curare la nostra formazione, poiché, si sa, gli insegnanti sono estremamente refrattari alla cultura.

In effetti non ci è richiesto molto per svolgere la nostra professione: una laurea, una specializzazione del costo di 3000 euro, almeno tre corsi di formazione del costo di 700 euro l’uno, un corso di perfezionamento, il cui costo si aggira intorno ai 500 euro, senza contare la seconda specializzazione in sostegno, costata altri 3000 euro, ai quali aggiungere il costo dei libri, delle riviste e delle mostre/ corsi che ogni insegnante si pagava di tasca propria.

Se fai il conto direi che questi 500 euro sono una goccia in mezzo al mare ma ben vengano.

Il problema è oggi lo spid, ossia l’identità digitale che ci è richiesta per accedere a questi 500 euro elargiti sotto forma di voucher da spendere nei negozi convenzionati.

L’altro anno il governo ci ha concesso in busta paga questi soldi e ci ha chiesto di documentare le nostre spese, cosa che abbiamo fatto prontamente.

Quest’anno ecco la novità: lo spid! Per ottenere lo spid ci si deve iscrivere in uno dei siti abilitati, e io ti giuro ci ho provato! Ho scartato il primo sito consigliato perché era a pagamento, mentre gli altri tre promettevano un facile accesso soprattutto gratuito perlomeno per il primo anno.

Il primo che ho consultato è stato quello di TIM, che garantiva un facile accesso via internet e, visto che ho sempre il tempo contato, tra scuola, studio e figli, ho pensato che fosse un’ottima cosa, anzi mi sono complimentata con il governo per avere scelto la modalità on line, che risolveva tanti problemi! Ma i problemi invece sono arrivati dopo aver inserito i dati!

Era infatti necessario un attrezzo che leggesse la carta di identità digitale altrimenti non era assolutamente fattibile.  

Un po’ dispiaciuta ho riprovato con il secondo sito: Sielte.

Questo sito proponeva la modalità on line cui seguiva un riconoscimento tramite videocamera.

Inserire i dati non era proprio semplice, comunque alla fine ci sono riuscita.

Un mese fa. Sto ancora aspettando che mi contattino per ottenere le credenziali.

Visto che il tempo passava ho deciso di provare con Poste italiane.

Una garanzia di serietà ed efficienza. Ho iniziato nuovamente tutto l’iter: inserisci i dati, inserisci tutto ciò che è richiesto e…. paf ! Primo scoglio.

Non riconosce alcun formato per i documenti opportunamente scannerizzati, né JPG né Word.

Ricomincio da capo.

Reinserisco i dati riprovo e zac! Mi comunica gentilmente che non posso fare niente perché risulto già inserita.

Ma come se poco prima sosteneva che non potevo procedere perché la richiesta  dei documenti scannerizzati mancava?

Ricomincio, perché si sa che la pazienza è la virtù principe degli insegnanti che si scontrano da sempre con le inefficienze del sistema.

Di nuovo rifiuta tutto.

Presa dallo sconforto provo con l’altra modalità, che consiste nel far venire a domicilio il postino, ovviamente a pagamento.

Stranamente in questa seconda modalità tutti i dati vengono prontamente accettati, documenti scannerizzati compresi.

Finalmente! Esulto soddisfatta! Dopo qualche giorno sul cellulare mi arriva un sms: poste informa che il postino per il riconoscimento arriva oggi ore 19! Che bello!

Guardo con compassione i miei colleghi che continuano a impazzire con le altre modalità e mi sento una privilegiata.

Poste mi ama, poste mi comprende! Certo devo pagare, ma quanta solerzia, che efficienza! Fossero tutti così!!!  Arriva il postino, gentile, cordiale e un po’ infreddolito, mi richiede le fotocopie dei documenti, quelle che avevo provveduto a inviare scannerizzate, ed io le consegno gioiosa, seppure perplessa, considerando lo sforzo fatto per inviarle in formato jpg.

Il postino mi consegna un foglio con il riepilogo dei dati, ma mi chiarisce: “ non so niente di credenziali, user e password, mi hanno informato stamattina di questo servizio!” così mi rassegno ad aspettare… i giorni passano e nulla accade.

Siamo sotto Natale ormai e vorrei tanto poter comprare con i buoni del governo alcuni libri che mi servono per lavorare con il mio studente.

Decido di andare alla posta centrale della mia città. Che bello! Non c’è coda! Certo sono le 8.20 del mattino, ma perlomeno mi sbrigherò.. attendo il mio turno allo sportello e una gentile signora mi chiede il numero di pratica.

Trasecolo… quale numero di pratica? Spiego che ho utilizzato la modalità domiciliare… mi rimanda alla collega.. che attendo perché non c’è. La collega arriva svettante sui tacchi 12 e fatichiamo un po’ a capirci.. mi ripete che devo iscrivermi, le spiego che l’ho fatto, che ho pagato il postino, che ho consegnato i documenti. Mi ripete che devo iscrivermi.

Mi accorgo che c’è un problema di comunicazione. Provo a parlare più lentamente: “ mi sono iscritta sul sito… ho scelto la modalità domiciliare… È venuto il postino… mi ha consegnato questo foglio.. che devo fare adesso?. “ deve iscriversi sul sito ottenere il numero e tornare qui!. “ “ ma io ho pagato , ho la fattura, possibile che non serva a niente?” “ di questa modalità non so niente. Si riscriva da capo e torni, al limite chiami questo numero che è a pagamento dai cellulari, gratis da fisso.”

Adesso sono arrabbiata, me ne vado inveendo contro poste italiane , ma chiamo dal cellulare il numero a pagamento, che mi rimanda ad un altro numero a pagamento, nel quale una voce suadente mi racconta che il governo questo anno ha deciso di regalare a noi fannulloni professori dei bei soldini per curare la nostra scarsa formazione e meno male che c’è il governo che ci pensa, però dobbiamo dimostrarci capaci di ottenere lo spid che Poste ci darà volentieri se attendiamo in linea.. per circa 20 minuti.. dopo di che la stessa suadente voce mi dice che c’è un gran traffico e che dobbiamo richiamare più tardi bye bye…

A questo punto sono nera!

Offendo in tutte le lingue che ho studiato, compreso il greco antico la voce registrata, perché sappia che nella mia vita ho studiato molto, continuo a studiare nonostante i 500 euro fantasma del governo.. e  ho pensato malevolmente: perché è necessario questo spid dato che siamo dipendenti del ministero, statali insomma, conosciuti, noti, certificati.. non era possibile ottenere le credenziali direttamente dal ministero?

O serviva una modalità che scoraggiasse tutti ?

Da qui la mia richiesta caro Babbo Natale... se non ci pensi tu anche questo anno pagherò da sola tutto ciò che mi serve, libri, corsi e quant’altro a dimostrazione che i docenti hanno ancora la propria dignità.

 

Paola Manacorda




Il “nuovo” Governo

Non che non fosse previsto, non che non ci aspettassimo qualcosa di simile, ma certo il voler lavorare in continuità con il vecchio esecutivo non pensavamo significasse lavorare con il vecchio esecutivo.

Siamo anche convinti che aver personalizzato il referendum con un si o no all’attuale governo, ops, al vecchio governo, fosse sbagliato, ma calcolando che così è stato e che gli Italiani hanno chiaramente detto come la pensavano, rifare le stesse cose suona un poco offensivo.

Come suonano ridicole oggi le interviste, dalla Boschi alla Fedeli, che prima del referendum dicono “se vince il NO andiamo tutti a casa”.

Mancanza di credibilità e di onore, come se gli Italiani fossero un popolo che può venir preso in giro senza nessuna conseguenza (però pensandoci bene forse…).

Bravissimo Mario Calabresi che su la Repubblica di oggi traccia uno sconsolato quadro con un troppo poco  che illumina il desolante sipario che è apparso agli occhi dell’Italia con questo “nuovo” governo (leggi).

Ma se la Boschi è riconfermata nonostante il deciso No degli Italiani alla sua idea di riforma, com’è possibile allora  non riconfermare la Giannini, in fondo la 107 non l’ha mica fatta Lei… non ci sono parole per la mancanza di dignità di queste scelte.

Anche la maggioranza parlamentare che esce da questo governo è risicata e la fiducia sarà ogni volta un terno al lotto per il povero Gentiloni, che più volte i telegiornali hanno definito di nobili discendenze (non è che torniamo alla monarchia?), per cui non si preannunciano tempi luminosi per la democrazia in questo paese.

Insomma faccia tosta davanti a chiunque, il nuovo credo politico italiano.

E va bene in fondo ci ritorna ad essere simpatico Renzi che si ritira in attesa di tempi migliori, e progetta un suo ritorno sfavillante…

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=jG13vcSVeac&w=640&h=480]

 

https://www.youtube.com/watch?v=55RqNVCvxPI




Giro Giro Tondo: Gentiloni incaricato da Mattarella quale nuovo capo dell’esecutivo

Eccoci punto e a capo: Gentiloni incaricato di realizzare l’ennesimo governo tecnico per predisporre una nuova legge elettorale.

Massima stima per la scelta del Presidente della Repubblica, Gentiloni è persona dabbene, e per ora aspettiamo di vedere le prime mosse per la composizione del nuovo esecutivo.

Una osservazione ci sfugge però proprio sentendo il discorso del nuovo incaricato: “… l’indisponibilità delle maggiori forze di opposizioni a condividere un governo di responsabilità. Quindi non per scelta, ma per senso di responsabilità ci muoveremo nel quadro del governo e della maggioranza uscente”; è ovvio che Gentiloni ritiene irresponsabili le opposizioni nel non aver condiviso la scelta di un governo di responsabilità.

La conseguenza poi di “muoversi nel quadro di governo uscente e nella maggioranza” risulta ancora meno comprensibile, anche perché quella è proprio la maggioranza ed il quadro di governo che esce sfiduciato completamente dal voto referendario.

Ora non che fosse obbligatorio andare a votare per chiedere agli Italiani cosa ne pensassero, ma che il nuovo governo debba nascere perchè “Il nostro Paese – ha evidenziato ieri il presidente Mattarella al termine delle consultazioni  – ha bisogno in tempi brevi di un governo nella pienezza delle sue funzioni.Vi sono di fronte a noi adempimenti, impegni, scadenze che vanno affrontati e rispettati. Si tratta di adempimenti e scadenze interne, europee e internazionali”, appare drammatico: con questa logica non si voterà mai più.

In tutta franchezza non appare nulla di nuovo all’orizzonte, ma siamo abituati a giudicare dai fatti, quindi vedremo.

L’esito del referendum ha comunque lanciato un messaggio alla classe politica: per le cose importanti gli Italiani ci sono.

La nostra paura è che con questo ennesimo governo tecnico si sia persa l’occasione per ri appassionare  gli Italiani alla politica, forse era il momento giusto per lasciare l’Italia in mano agli Italiani.

Certo occorre sistemare la legge elettorale, ma quanto ci vuole? Vent’anni? bastava dire che entro fine anno questo governo tecnico avrebbe dovuto rinnovare la legge elettorale e poi andare al voto.

Non è così facile? e perchè?

Anche le opposizioni che prima gridavano allo scandalo per la legge elettorale ora vogliono andare a votare subito anche con questa legge elettorale, mah…

Però pensandoci qual è il male minore?

… e poi avrà ragione l’Huffington Post che senza elezioni anticipate a settembre 2017 il 60% dei parlamentari maturerà il vitalizio?

Ma alla fine siamo davvero un popolo di mammalucchi?