Le persone speciali sbagliano vita e compiono grandi imprese

Le persone speciali sbagliano vita e compiono grandi imprese

Il bodhisatva sceglie di non compiere il suo percorso di salvezza e di non uscire dal ciclo delle rinascite;
lo fa perché vuole salvare il mondo e sa che quella è l’unica via.

Nella storia conosciuta, il mondo è salvato dai dissidenti,

da chi dice “no” al proprio destino perfetto,
da chi scompagina le carte del piano già steso.

Dire “no” è la via dei santi e degli eroi.

San Francesco era un ricco rampollo e Sant’Ignazio un generale valoroso.

Enea ha lasciato la sua casa col padre sulle spalle e Ulisse ha lasciato Itaca.

Tutti quanti hanno cambiato la storia.

Da che mondo è mondo le persone che lasciano il segno, sono quelle che deviano dalla strada che sembrava segnata per loro.

Le persone speciali sbagliano vita e compiono grandi imprese.

Dedicato a tutti quelli che fanno i conti con la propria vita e pensano di aver deluso le aspettative di chi aveva ipotecato il loro futuro.

Non arrendetevi: non sapete mai a che punto della vostra storia siete.

Il vostro destino non ha nulla a che fare con quello che immaginavano gli altri.




Il vantaggio del laureato In lettere

Noi laureati in lettere e filosofia partiamo avvantaggiati.

[esperimento sociologico letterario di resistenza umana].

Nella guerra sociale dell’affermazione e della gratificazione,
nella jungla dello scherno e delle maldicenze,
nella Cambogia delle rappresaglie psicologiche e delle violenze verbali,
noi laureati in lettere e filosofia, partiamo avvantaggiati.

Perché lo sappiamo fare.
Perché ci siamo abituati.

Perché veniamo addestrati fin da subito a incassare il colpo anziché schivarlo,
a resistere al dolore anziché fuggirlo.
Lo affrontiamo, lo assorbiamo e contrattacchiamo con il colpo segreto del tomo nascente.

Noi ci iscriviamo all’università e già la segretaria ci guarda e ci fa capire che non abbiamo futuro,
che saremo gli scarti delle graduatorie perenni e la sponda delle miserie di ogni call center.
Siamo la falange inutilmente laureata della moderna classe operaia.

Ma lo sappiamo fare.

Noi abbiamo avuto a che fare con centinaia di persone di tutti i luoghi e di tutti i tempi (per lo più morte o immaginarie) e, senza conoscerle e senza apparenti ragioni, ci siamo sforzati di capirle.
E il più delle volte ci siamo riusciti.

Noi osserviamo le azioni degli uomini da quando la terra era una massa d’acqua.
Ormai ne conosciamo tutte le cupidigie e tutte le dolcezze.
Siete un libro aperto … e già sfogliato mille volte.

Conosciamo più autori che persone e ogni pensiero ha una bibliografia di riferimento di almeno dieci testi ordinati in ordine cronologico.

Mentre gli altri sfogliano l’almanacco del giorno dopo pensando al giorno in corso, noi spulciamo la cronologia universale pensando all’eternità.

Quando persone noiose pensano di avere argomenti interessanti, l’unico aspetto per noi degno di attenzione è l’antropologica struttura sociolinguistica sintattica e lessicale di quello che dicono.

Di un discorso vanesio, noi dimentichiamo il senso generale e ci fermiamo sulla semplice parola assaporandone la storia segreta.

Per noi una parola ha a che fare con la linguistica italiana, la filologia romanza e la glottologia generale.
Dietro un saluto comune, odoriamo slavi misteri sociali.

Ma che ne sanno gli altri?

Ci offendono e ci scherniscono ma noi non ci spostiamo.

Abbiamo abbandonato i banchi delle biblioteche per integrarci nella società ma continuiamo a sfogliare i libri di nascosto.

Ci siamo mischiati a voi.
Se ci conoscete da poco, probabilmente neppure sapete che studi abbiamo fatto
Ma ci riconoscerete dalla forza.

Noi non ci pieghiamo alle vostre maldicenze.
Incassiamo e non ci pieghiamo.
E poi entriamo.
E vi deridiamo.

Non abbiamo la tecnica degli istituti professionali
ma abbiamo studiato Aristotele e sappiamo cos’è la techné.

Non abbiamo le basi, ma abbiamo le fondamenta.

Pensate di potere fare a meno di noi ma senza noi non vi capite.
Noi ridiamo mentre voi state seri e non capite perché.

Nella nostra perfetta mimesi, ci riconoscete da questo: dall’ironia.

Non avrai davvero letto fino a qui…
incredibile…
Sono costernata.




L’alternativa del silenzio

Questa cosa del nome magico ha creato un po’ di confusione.

Vediamo se posso fare un po’ di chiarezza.

Secondo numerosissime tradizioni che scorazzano da destra e sinistra dell’Universo Mondo,

l’atto della creazione è legata alla emissione di un suono.

Il “bhu” del purusha,

Il “logos” delle culture pagane e cristiane,

La “vac” hindu,

Ma anche la “parabola” (da cui parola)

Insomma avete capito:

Tutte quelle culture da cui nascono i concetti di parole magiche degli stregoni,

delle formule ipnotiche degli illusionisti,

delle parole di incoraggiamento dei motivatori.

Per intenderci, maledizioni (dire – quindi fare in modo che si avveri – il male) e benedizioni (vedi e adatta analisi precedente) varie.

Il tutto per dire che la parola è in grado di modificare ciò che esiste.

Il fatto è che se dici

“Il mio socio” e non hai mai firmato nulla,

“La nostra biblioteca” e non è possibile accedere a un solo libro,

“I miei dipendenti” e non hai mai emesso una busta paga,

“La mia attività” e non ci hai mai guadagnato un soldo,

“Mio marito” ma non avete celebrato un solo rito,

“La mia laurea” ma non hai mai fatto l’ultimo esame 

“La mia azienda” ma non hai mai visto un notaio in vita tua 

allora c’è qualcosa che non va.

Sperare che qualcosa si avveri e parlarne come se l’avessi già, è sbagliato.

Per rendere vera qualcosa, non basta metterci sú una parola a caso.

Non basta questo…

Agire così, non è usare la forza delle parola per creare la realtà ma è MENTIRE.

————–

Poiché questo nella vita capita a tutti,

poiché a tutti quanti è capitato volontariamente o involontariamente di usare il “nome sbagliato” per indicate qualcosa che era “altro”,

per non fare sempre lo stesso errore, riflettiamo su questo:

Le parole magiche esistono 

ma hanno sempre origine dal silenzio 

Iniziamo da quello.




Superare la paura

“L’intolleranza è la paura che nutriamo verso l’altro quando temiamo che possa toglierci qualcosa”

Raimundo Panikkar

Questa frase l’ho letta la prima volta quando avevo 21 anni

e ancora la ricordo a memoria.

E la ricordo tutte le volte che guardo qualcuno e a pelle mi fa gratuitamente antipatia.

Allora, mentre una parte grande di me vorrebbe urlarle contro, offendere, aggredire…

una parte più piccola ma con più carattere mi porta a chiedermi:

“perché questa persona/ questa cosa/questo pensiero… mi fa paura?

Cosa potrebbe togliermi?”

E capisco che, spesso, non ho niente da temere 

e torno calma.

Mi capita tutti i giorni, più volte al giorno.

Lo vedo capitare di continuo, ovunque:

– un commento aggressivo a una considerazione pacata,

– un irrazionale pensiero radicato contro un atteggiamento generale,

– una posizione aprioristica e sorda alla ragionevolezza di una azione.

La paura ha una componente comune qualunque forma o causa abbia: 

è irrazionale.

Se fossimo abbastanza lucidi da poter accettare che la paura è cieca e l’intelletto è una candela,

Sarebbe tutto più chiaro.

Ma non è sempre così.

Come è difficile non avere paura.




Barbablù e il tranello contemporaneo

Barbablù era un uomo alto, piacevole e ricco; un uomo di grande fascino e magnetismo e cercava una sposa.

Quando arrivò nel paese, individuò una famiglia con tre figlie.

Le corteggiò e, alla fine, la più piccola si convinse che, dopo tutto, la sua barba non era così blu, e così accettò di sposarlo.

La giovane si trasferì con lui in un bellissimo e grandissimo palazzo.

Lì conduceva felicemente la vita della sposa.

Tutto era perfetto.

Un giorno Barbablù dovette partire.

Prima di andare via lasciò alla giovane moglie le chiavi del palazzo con una sola raccomandazione: 

“puoi andare ovunque, ma non usare la piccola chiave d’oro”

“non ti preoccupare, non ti preoccupare”.

Appena Barbablù partì, arrivarono le due sorelle maggiori a far compagnia alla sposina.

Quando videro il mazzo di chiavi, la prima cosa che vollero fare fu cercare la porta che sarebbe stata aperta con la piccola chiave d’oro.

Passarono la giornata aprendo tutte le porte del palazzo, erano infinite come infinite sembravano le chiavi.

Alla fine, nel più profondo della cantina, trovarono l’ultima porta per l’ultima chiave.

La porta fu aperta, la verità svelata.

Dietro la piccola porta si nascondeva una stanza grondante di sangue dove stavano i cadaveri delle precedenti mogli.

Le sorelle urlarono di terrore e chiusero subito la porta 

ma la chiave cominciò a sanguinare fino a sporcare il vestito della sposa.

In quel mentre sentirono in lontananza tornare Barbablù.

Le sorelle corsero a rifugiarsi in camera e la sposa si cambiò d’abito chiudendo quello sporco nell’armadio.

Quando Barbablù tornò, chiese alla sposa le chiavi.

Vide che mancava la chiave d’oro e chiese spiegazioni alla moglie.

Non credendo alle sue parole guardò verso l’armadio, vide il sangue che scorreva e capì tutto.

Decise allora di far fare alla nuova sposa, la fine che avevano fatto le precedenti.

Le sorelle, per temporeggiare, pregarono perché la sposa si preparasse con preghiere alla morte, Barbablù acconsentì.

Intanto, arrivavano al palazzo i fratelli (chiamati per l’occasione) che irruppero nel palazzo, uccisero, Barbablù e liberarono la giovane sorella.

 

Il fatto è che Barbablù non è morto.

Barbablù è vivo e si aggira nelle nostre vite.

Barbablù è quella persona che incontriamo per il mondo e non ci convince.

Barbablù è bello, di successo, carismatico ma ha qualcosa che non ci convince: la barba blu; il segno di una antica infrazione delle regole, di una magia andata male, il segno di una antica corruzione, di una scelta di vita sbagliata.

La pietra miliare della sua perversione che la nostra ingenuità ci porta a non voler vedere perché abbagliata da altro, dal nostro sogno di stargli vicino.

Barbablù è un cattivo stregone, un cattivo mago, un cattivo maestro, un cattivo guru.

Barbablù è l’uomo (o donna) che riesce a fare breccia nel cuore dell’anima giovane e inesperta della vita che ne diventa preda.

La giovane sposa avrebbe fatto la fine delle precedenti spose se non fossero arrivate in suo aiuto le sorelle, l’intelletto maturo, che l’hanno spinta a chiedere, a fare domande, a usare la chiave d’oro e a scoprire la verità.

La verità, una volta scoperta, urla giustizia, non c’è più modo di tenerla nascosta e vuole una risposta.

C’è solo un modo per sconfiggere Barbablù: crescere e non permettergli di sopraffarci usando tutte le nostre armi, usando la traccia del nostro essere, la famiglia psichica.

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E così anche noi, 

se non vogliamo restare uccisi dai finti maestri,

impariamo a chiedere e ad aprire le porte nascoste.

Barbablù è l’orco e l’assassino,

è l’occasione, il tranello, 

è ciò che risucchierà la nostra anima e ci corromperà se non facciamo attenzione.

Facciamo attenzione,

non sottovalutiamo le barbe blu.

Tutto quello che è chiaro e non vediamo, è frutto della nostra illusione.

Non finiremo chiuse nella stanza segreta dell’oblio.




Delle buone passioni e delle nostre anime perfette

Io lo ricordo l’amore e ricordo che era esclusivo,

ricordo che era così ingombrante che ogni volta rendeva trasparenti tutte le altre cose.

L’amore è bruciante, l’amore consuma passione.

La passione è egoista e le sue regole sono orientamento ed energia incondizionate.

La passione è un’ossessione che brucia e consuma finché non ti cambia.

La passione può renderci migliori così come può renderci peggiori.

Ma non è colpa della passione: dipende da noi.

La biga va equilibrata dal cavallo della ragione.

Lasciamo che le passioni arricchiscano la nostra anima e badiamo che la ragione vegli affinché la strada sia quella giusta.

La passione è un’ossessione e lavora l’anima per un costante miglioramento o logorio.

Il tipo di lavoro che facciamo su noi stessi non migliora o peggiora il mondo direttamente, ma è la via per renderci “strumento”.

La passione orientata verso il bello migliora la nostra anima.

Lo studio di una fotografia, 

la ricerca su un argomento,

l’immersione dentro brani musicali,

la scoperta incessante del bello,

la sete di natura,

la fame di arte.

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Dovremmo impegnarci ad amare incondizionatamente ciò che ci avvicina alla bellezza 

ogni età ha le sue passioni 

ogni età ha l’obbligo di migliorarci in modo differente per avvicinarci il più possibile alla migliore idea che abbiamo di noi.

Che la passione per il bello forgi la nostra anima perfetta.




Lettera all’amico

In tutta sincerità non nutro grande stima per la Vita.

Certo le porto rispetto, quel rispetto che non mi fa mettere la mia volontà sopra la sua.

Ma di lei ci sono tanti aspetti che mi turbano.
Non mi piace, per esempio, il dolore che la pervade (non potremmo risparmiarcelo?), il fatto che debba finire (perché allora affannarsi tanto?), la sua apparente inutilità cosmica (chi siamo e che senso abbiamo al cospetto dell’universo?)…

Però non riesco a biasimarla del tutto.

Le riconosco infatti dei frequenti colpi di genio più che quotidiani.
Parlo di quello scorcio di panorama alzando lo sguardo che lascia incantati;
del colore del cielo che cambia sempre e ogni volta toglie il fiato facendoti partecipare all’infinito;
del volo di quell’insetto che all’improvviso ti fa dimenticare dell’insetto e sospende per aria anche te.

Cose come queste, che non sono le singole cose ma la eco dentro la nostra anima.
Quel colore, quel profumo, quel sapore, quel suono, quel tocco, quell’estasi muta fuori controllo.

E, tra queste, la sua perfezione, il suo incastrarsi perfetto,
Il suo farti dire agli altri proprio le parole di cui hai bisogno tu.

Quelle parole che tu solo sei in grado di dire perché proprio tu conosci quel dolore.

E allora amico mio non chiedermi mai scusa per la tua forza incompresa.
Non c’è fallimento nell’apparente non trovare pace.
Siamo persone assetate che non si accontentano e sanno che da qualche parte esiste la nostra fonte.
E anche se non dovessimo trovarla, sappiamo che moriremmo molto prima se non provassimo a cercarla.

Ascoltiamo gli altri, li guardiamo senza invidia,
ma ci chiediamo quando toccherà anche a noi quella fetta di normalità che tocca a tutti gli altri ma a noi no.

Quel matrimonio fatto per bene, quel figlio sano, quel lavoro sicuro, quel titolo rispettabile, quell’orgoglio dei genitori, quella casa ordinata, quello spicchio di stabilità…

Quello che ottengono tutti gli altri ma noi no.
Ed è così difficile spiegarne il perché a chi ce ne chiede conto.
Perché non c’è un vero motivo.
Appariamo come quelli che dicono “no” a tutto e che non vogliono accontentarsi ed essere felici.

Però noi lo sappiamo che, alla fine, che vogliamo essere felici è l’unica cosa che vogliamo e ci urla dentro come un babbuino impazzito.
Lo sappiamo che se non troviamo pace è perché stiamo scomodi
e ci muoveremo finché non troveremo il nostro posto
Ovunque sia.
In qualunque tempo sia.
Ma è così difficile spiegarlo.

Amico mio non c’è vergogna nel seguire le strade più lunghe e solitarie
Non sono poi cosi solitarie, è che stiamo tutti zitti e non ci accorgiamo dei vicini.

La nostra è una norma diversa, più difficile da accettare anche per noi, però ci porta verso la strada che ci avvicinerà di più a ciò che siamo.

Non potrò dirti di accontentarti e farti piacere ciò che hai.
Di abbracciare i sogni e le attese di semisconosciuti, di tenere il tuo tempo sugli orologi di altri, di voler vivere nello spazio troppo stretto per te.

Amico mio non scusarti per la tua forza incompresa.
Alla fine le nostre spiegazioni non interessano a chi ci pone queste domande.




Come le bugie manovrano la nostra vita

“C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. 

No, ragazzi, avete sbagliato. 

C’era una volta un pezzo di legno. 

Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta… ”

Ci sono oggi tante persone fatte con quel povero ciocco di legno da catasta.

Ci sono oggi tante persone che, nonostante questo,

vengono amate… 

amate da un povero vecchio cuore che darebbe qualunque cosa per il bene di quei burattini di carne.

Questi moderni burattini, così come quello della favola, hanno una cosa che li accomuna: dicono le bugie.

Ma non parliamo di loro.

Parliamo del burattino famoso 

di quello del libro per bambini che tutti conoscono.

Parliamo di Pinocchio.

Le bugie lo tenevano prigioniero e non gli davano la possibilità di diventare un bambino vero.

Ma lui questo non lo sapeva.

Lui viveva di piccole bugie innocenti che lo aiutavano a non affrontare la realtà.

Di grosse bugie impegnative che lo rendevano prigioniero e gli facevano rischiare la morte.

La morte.

Bugie che riuscivano a portarlo così lontano da quello che era (con i suoi difetti ma anche con i suoi pregi) fino a trasformarlo in qualcosa di ancora peggiore e più pericoloso di un burattino: in un ciucchino in pericolo di vita.

Non era un bambino vero ma poteva morire.

Non era un burattino ma un animale da soma.

Tutto questo per colpa delle bugie.

Poi un giorno qualcosa cambia.

Pinocchio mette la testa a posto.

Capisce i suoi errori, impara ad affrontare la realtà con tutte le sue amarezze 

ed ecco che avviene la magia:

Pinocchio diventa un bambino vero.

La maschera di legno che credeva lo avrebbe salvato da qualunque cosa, cade e viene fuori l’essenza, la verità.

Ed è così che comincia il cammino di crescita dell’uomo.

————

Il fatto è che la verità fa paura.

La verità è quella parte del nostro animo che urla le nostre debolezze e per questo non la vogliamo vedere.

Ma la verità è ambrosia.

La verità è quell’aspetto del nostro essere che taglia i fili che ci rendono burattini e schiavi.

La verità ci rende divini.

In tutti i percorsi iniziatici (che mi vengono in mente in questo momento) è la verità a rendere liberi.

Ma probabilmente, come è successo a Pinocchio, è per questo che fa così paura.

——–

Dedicato a chi ha il coraggio di scoprire la verità

guardarla in faccia 

e abbracciarla.

E a chi prima o poi di stancherà di restare un ciuccio.




Lo scaffale delle cose vergognose

Grande subbuglio nella Casa dalle Finestre Rosse.
In questi giorni ho fatto ordine.

Sono stati giorni belli, di cornici appese e penne scariche buttate vie.
Mattonelle decorate e fogli strappati in modo da far scomparire i dati sensibili;
candele accese, tisane calde, gatti che correvano di qua e di là.
Vecchie foto ritrovate e tanto, tanto, tanto spazio in più.

In tutto questo mettere ordine ho creato un posto segreto, nascosto.
L’ho chiamato lo Scaffale delle Cose Vergognose.

È un posto che si trova a casa mia, che ha a che fare con me ma che ospita degli aspetti che in questo momento, non voglio che altri vedano perché stonano con il resto esposto.

Alcuni di questi aspetti sono sulla porta per andar via,
altri, chissà, potrebbero stare per entrare,
altri ancora sono segreti e basta.

Le cose che non hanno più a che fare con me le ho buttate o date via (credo molto nel regalare la roba che non ha più motivo di stare con me: abiti, oggetti ecc… perché così continueranno ad essere utili e a migliorare la vita di qualcun altro)
Gli oggetti dello Scaffale delle Cose Vergognose, invece, hanno bisogno di rimanere ancora perché, anche se in modo non ben definito, hanno a che fare con me ma non voglio che tutti lo sappiano.

Tutti noi abbiamo uno scaffale delle cose vergognose.
Si trova dentro un mobile o in bella vista nascosto dai libri.

Conserviamo quella roba dentro di noi come in alcune case si nascondono le bomboniere che non piacciono e che non si possono buttare perché chi ce le ha regalate viene spesso a farci visita.

Lo Scaffale delle Cose Vergognose lo abbiamo tutti,
è giusto che esista ed è giusto saperlo perché riusciamo a fare un ordine in questo scaffale e possiamo amarci.

In questo scaffale ci si può trovare di tutto.

C’è chi ci tiene i regali degli ex, chi le corrispondenze segrete, chi i diari, chi libri di cui si vergogna, chi i video privati, chi le maschere della propria vita segreta.

Sullo Scaffale delle Cose Vergognose trovi la pornografia, i diari, le foto, la collezione degli harmony e il libro di poesie dell’ex con la dedica scritta sopra, la Bibbia.

Cose di cui ci vergogniamo, un po’ perché non vogliamo accettarle come nostre,
un po’ perché in cuor nostro sappiamo che tra poco non saranno più nostre e usciranno da casa,
un po’ perché parlano di una nostra identità che non siamo ancora pronti a mettere sullo scaffale centrale o buttare.

Questo scaffale però esiste ed è dentro casa nostra.

Ed è importante sapere che ha a che fare con noi, amarlo e avere pazienza con lui.

Nel mio scaffale ci sono libri e video che stonano con il resto della mia nuova libreria; come precedentemente avevo tolto gli altri testi per far spazio a loro, ieri ho fatto un nuovo trasloco.

E sul vostro Scaffale delle Cose Vergognose cosa c’è?




Il punto di vista di Barbablu

Quelli come me tagliano carne ed ossa.

C’è chi dice persino che certe notti ululiamo alla luna
ma non vi dirò se questa diceria sia vera o no.

Una cosa però non potremmo negare né dissimuleremo mai, neppure se lo volessimo: 

siamo predatori e del predatore portiamo il segno.

Quelli come me hanno fatto la guerra e praticato la magia.

Dalla guerra abbiamo preso il gusto del sangue, 

a causa della magia ci è cresciuta la barba blu.

La nostra razza l’abbiamo scritta in faccia.

La barba ci rende riconoscibili e racconta i nostri segreti.

In guerra abbiamo imparato che il compagno è l’unico del quale ci possiamo fidare e che senza di lui che ci guarda le spalle, saremo spacciati.

Dalla magia abbiamo imparato la potenza della parola e come essa possa costruire, se ben usata, e distruggere, se abusata.

Non siamo persone raccomandabili e a prima vista non piaciamo a nessuno.

Siamo sinistri, inquietanti, scontrosi, silenziosi e predatori;

brutti, offensivi, efferati e furiosi.

E anche noi abbiamo bisogno di amare.

Anche noi sentiamo il bisogno di una compagna.

Una piccola creatura da amare, di cui prenderci cura e da fare ricca.

Qualcuno in grado di prendere e dare e non distrarsi in altre cose.

Cercavo anche io qualcuna che si fidasse di me e non mi tradisse 

qualcuna dalla parola sincera 

qualcuna a cui la mia barba non sembrasse poi così blu…

L’ho cercata 

e l’ho trovata.

Sono entrato nei salotti e mi sono fatto civile, ho corteggiato un fiore e l’ho sposato.

Portai la mia giovane sposa nel mio palazzo dalle infinite stanze.

Le ho dato le chiavi di tutte le porte e del mio cuore e mi sono fidato di lei.

Le ho permesso di aprire tutte le porte tranne una.

Era una buona prova: anche Dio l’aveva usata con Adamo ed Eva.

E lei non l’ha superata.

Mia sposa amara,

sono uscito dal castello, ti ho lasciata libera e mi hai tradito.

Ti è sembrata troppo bella la vita con me da cercare un segreto che ti avevo detto di non violare.

Mi conoscevi quando hai accettato la promessa e, nella sincerità del tuo cuore, non potrai dire che non te lo aspettavi.

Mi hai mentito, hai negato e vuoi dare a me la colpa

Ma io ora soffro 

e per colpa tua, 

mia vecchia amata, 

dovrò ucciderti.

—–

Simbolico dialogo interno, personale e opinabile del Signor Barbablu tradito e ferito dalla sposa scelta e amata.

Dedicato a chi crede di riconoscersi.