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ETICA SUI RAPPORTI SOCIALI    -PRIMA PARTE-
 
Il discorso etico sui rapporti sociali non può prescindere dalla considerazione della realtà esistente nel mondo in cui si svolge. Mondo che, negli ultimi due secoli, è stato dominato da due sistemi ideologico-politici tuttora operanti attraverso partiti e movimenti organizzati: il liberalismo e il socialismo, ai quali si possono riportare altre tendenze e correnti di minore rilievo, salvo il discorso da fare- a suo tempo – sui tentativi di sintesi, purtroppo basati su principi sbagliati e condotti in maniera aberrante, da parte di sistemi che miravano alla combinazione del socialismo col nazionalismo, senza trascurare alcuni elementi della tradizione liberale.
Sembra opportuno fare, in via preliminare, una presentazione almeno sommaria dei sistemi accennati, esaminandoli a un duplice livello: quello ideologico (includente i valori filosofici e religiosi) e quello politico (includente i valori economici e sociali). Ad entrambi i livelli, si notano alcune convergenze di pensiero tra la dottrina sociale cristiana, che è la nostra, e i due sistemi ideologico-politici; ma ancor più si notano i contrasti, per non dire, su alcuni punti fondamentali, la contraddizione.
Qui confronteremo, con la dottrina cristiana, naturalmente con rapidi cenni e in modo riassuntivo, anzitutto il liberalismo, e poi il socialismo nella sua versione marxista.
Questo secondo confronto è di maggiore e più bruciante attualità-anche se il marxismo è oggi in piena crisi- per rapporto al primo, poichè si può dire che nelle presenti condizioni storiche il liberalismo ha perduto la sua forza e il suo mordente, specialmente nelle masse ( che in realtà non ne sono mai state toccate, anche se le popolazioni sono state coinvolte nella politica liberale), ed in oltre ha subito  e sta ancora subendo un processo di decantazione e di rinnovamento (non sempre riuscito), che modifica sensibilmente la sua formula classica.
IL LIBERALISMO
Aspetto ideologico
Il liberalismo nasce da un duplice filone ideologico: l’illuminismo (esaltazione dell’autonomia della ragione e quindi della coscienza) e il positivismo (riduzione della conoscenza a ciò che è sperimentabile). Di fronte ai valori universali ed eterni e specialmente alla rivelazione (Cristianesimo) e alla religione in genere, lo spirito moderno, nutrito di illuminismo e positivismo, rivendica la propria libertà (assoluta) di non aderire, di non accettare, di mantenersi agnostico, di coltivare il dubbio e l’incertezza.
E data questa posizione di autonomia e incertezza sul piano intellettuale, è facile capire che sul piano pratico e operativo si passa pure alla massima affermazione e rivendicazione della libertà: di pensiero, di coscienza di stampa di attività economica e politica. E’ il perno ideale del liberalismo, che si diffonde ampiamente nell’Ottocento e influisce fortemente sulla organizzazione e sulla attività dello Stato, che deve ridurre al massimo il proprio ambito di intervento, a vantaggio della libertà e quindi della iniziativa individuale dei cittadini, sia a livello economico-politico, sia a livello morale-religioso.
Per ciò che riguarda in particolare la religione, lo Stato liberale incarna l’indifferentismo verso le verità cosiddette “astratte”, e quindi verso le rivelazioni, le religioni, i culti, che, per quanto compete allo Stato, sono da ritenersi tutti uguali. Lo stato liberale si proclama laico, cioè estraneo alla problematica religiosa e tendenzialmente ostile alle Chiese e alle istituzioni religiose che, di loro natura, necessariamente hanno una incidenza sulla vita sociale, e, specialmente se sono “rivelate”, non possono prescindere da un certo dogmatismo, per il quale pretendono il monopolio della verità cercando di imporla alla società e allo Stato. Per il liberalismo la religione -come l’etica- è e deve rimanere un affare esclusivamente privato: una fatta di coscienza e, tutt’al più, di sacrestia; la Chiesa deve essere separata dallo Stato: magari rispettata ma tenuta fuori della struttura sociale e ridotta nell’ambito delle società private che non rientrano nelle istituzioni di diritto pubblico.
In sintesi, si può dire che vi è un fondo comune nel liberalismo che, nonostante le diversità di tendenze che esso ha preso nei vari Paesi e nei diversi settori della vita (economico, politico, religioso), sempre affiora in ogni sua  realizzazione storica: ed è principio antropologico, che si può identificare con l’individualismo, ossia con la massima esaltazione, spinta persino all’idolatria, dell’individuo e della sua ragione, come sorgente unica di conoscenza e regola d’azione (razionalismo), della sua bontà naturale (naturalismo) e quindi della sua libertà.
Il che implica un ancor più fondamentale ottimismo sull’uomo, la sua natura, le sue facoltà, le sue possibilità di azione, auto-redenzione, progresso e conquista, che porta alla celebrazione continua delle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità, allargamento illimitato degli spazi della libertà riconosciuta agli uomini, alla affermazione della uguaglianza di tutti…
Aspetto politico
Bisogna subito osservare, qui, che in molti casi il liberalismo è stato poco coerente, in politica, con i principi idolatrati della libertà, dell’uguaglianza e dell’agnosticismo in materia ideologica e religiosa. In realtà gli Stati liberali sono stati i più acri nella lotta contro la religione, non solo come istituzione (Chiesa, Ordini religiosi, Associazioni pie ecc.), ma anche come idea, violando gravemente la libertà di culto, di associazione, di pensiero, di coscienza, che il liberalismo afferma così solennemente.
Anzi, sul presupposto dell’agnosticismo in materia religiosa lo Stato liberale ha non solo preteso di essere laico, ma ha creato una specie di religione del laicismo, diventando come sistema di fede (la religione dell’anti religione),da cui è stata improntata la vita politica, la cultura, la scuola, e in nome del quale si è svolta una azione soffocatrice ed eversiva delle istituzioni di carità e assistenza che specialmente la Chiesa aveva liberalmente eretto, diretto e mantenuto a favore dei più poveri.
Sul piano politico-sociale, inoltre; vanno fatte alcune altre considerazioni che permettono di vedere il rapporto di contrasto tra valori liberali e valori cristiani, anche nei riflessi sulle situazioni storiche determinate dall’ideologia e dalla politica liberale.
Genesi del liberalismo
Abbiamo già detto che nell’insieme di attori di vario ordine che costituiscono il carattere originale, profondamente innovatore e addirittura rivoluzionario, dell’età moderna, ciò che prevale è tutta caratterizzata è l’individualismo che si afferma in contrasto col senso medioevale del bene comune e dell’oggettività, come pure col senso rinascimentale dello Stato e del potere assoluto. Senza poter approfondire, qui, questo punto, né seguire tutto il suo sviluppo storico, osserviamo però che già sul piano religioso l’individualismo si afferma con Lutero e il protestantesimo (libero esame, ispirazione privata, valore determinante della coscienza personale); sul piano filosofico, col soggettivismo, il matematicismo antimetafisico, l’interiorità anti comunitaria, sul piano politico, come abbiamo detto, col liberalismo, che nasce dall’illuminismo e dal positivismo e viene tenuto a battesimo dal volontarismo rousseauiano, che sostituisce la così detta “volontà generale”  al posto della ragione oggettiva; sul piano economico, con l’individualismo di Smith, che sostiene il non-intervento dello Stato in campo economico, dove domina la legge dell’interesse e dell’egoismo.
Agli inizi del secolo XIX, avvenuta ormai la piena scissione della morale nell’attività economica, cardine di questa attività è il profitto (guadagno monetario tratto dalla altezza dei prezzi nei confronti dei costi).
Espressione giuridica di tale concezione del mondo è la famosa legge Le Chapelier, votata alla Costituente francese nel 1791, che porta all’abolizione di ogni organo intermedio tra l’individuo e la società, in nome della libertà e uguaglianza di tutti: non ci deve essere nessun corpo sociale che rafforzi gli uni a danno degli altri. Il che è contro la vitalità della società, che si esprime nei corpi intermedi.
Questo è il quadro nel quale l’ideologia liberale, che, come abbiamo visto, s’impernia sulle idee di liberà e uguaglianza, si traduce in regimi politici (democrazia liberale), nei quali i problemi socioeconomici vengono affrontati in base al principio dell’individualismo, e quindi a danno sia dell’uguaglianza, sia della libertà.
Riconosciamo che non è mancato, in quei regimi, un elemento positivo: la valorizzazione dell’uomo, dell’iniziativa, della capacità personale, come pure la lotta al privilegio di nascita e di posizione sociale. Ma è stato determinante come elemento negativo l’individualismo sfrenato e scatenato, per cui il debole è rimasto indifeso di fronte al più forte, anche se in teoria veniva affermata la libertà e l’uguaglianza di tutti. Aumentarono così i dislivelli e le sperequazioni. E come reazione e antitesi al liberalismo si ebbe il socialismo.
Infatti, la mancanza di quegli organi associativi, aboliti dalla legge Le Chapelier in Francia e ben presto negli altri Paesi, che potevano difendere i lavoratori; la mancanza di legislazione “sociale”, l’impostazione dei rapporti economici sulle leggi del profitto e della concorrenza, e la proibizione di contrattare a nome di tutta la professione, portavano all’esasperazione le masse, che si erano formate sotto la spinta del processo di industrializzazione, costituendo il cosiddetto proletariato.
Formazione delle masse
E’ un fenomeno tipico dell’età moderna, che consiste essenzialmente nel fatto di un numero sempre maggiore di nullatenenti, la cui esistenza dipende dal lavoro concesso da altri, ossia da un lavoro esecutivo in dipendenza da altri come unico mezzo di sussistenza, ma con una continua incertezza del domani; e spesso da un lavoro inumano: faticoso, depressivo, in ambienti mal sani. Si aggiungono le difficoltà per la vita familiare; l’esclusione dalla cultura e dalla vita pubblica, e si capirà che nelle masse non poteva non delinearsi un atteggiamento psicologico.
  a) di insoddisfazione e di protesta circa l’ordine economico-sociale esistente;
  b) di pretesa di cambiamenti.
In queste condizioni, dunque, per reazione al tipo di regime socioeconomico liberale, si presenta la realtà della massa: uomini che valgono come quantità più che come qualità; conformità nel pensare, sentire, giudicare, vivere; inautenticità personale, sotto la pressione di tecnicismo, industrialismo, materialismo, pubblicità, propaganda, tensione dinamica del lavoro e della vita, ma soprattutto a causa delle condizioni economico-sociali dei lavoratori, dei quali sono ormai uniformi la giornata, l’orario di lavoro, il livello del salario, la condizione della vita nel vitto, negli alloggi nel divertimento, ecc. Di qui una conformazione psicologica sempre più uniforme, caratterizzata da insoddisfazione, ribellismo aspirazione comune a miglioramenti, ricorso agli stessi mezzi somiglianza di tutti sul piano psicologico e morale, e a volte persino su quello fisico somatico.
Si può dire che vi è stato un duplice processo: dalla macchina alla produzione di massa; dalla produzione di massa alla formazione delle masse umane. dalla macchina alla merce standard; dalla merce standard all’uomo-massa.
Così il terreno è preparato per una organizzazione nuova della massa: il movimento operaio, nel quale ebbe gran parte appunto il socialismo.
Confronto con i valori cristiani
E’ abbastanza comprensibile la disapprovazione del liberalismo da parte della Chiesa sia per una ragione di legittima difesa sul piano politico (anche a prescindere dal problema particolare del potere temporale dei papi in Italia, che il liberalismo combatteva a morte), sia soprattutto per delle ragioni di principio, che però dal piano etico-religioso si riflettevano anche su quello socio-economico.
Soprattutto queste ultime ci interessano qui, trattandosi di un confronto tra i valori cristiani e i valori liberali.
L’esame dei documenti papali circa il liberalismo, da Pio IX a Giovanni Paolo II, ci fa constatare che i punti di contrasto con la dottrina cristiana e anzi con lo stesso spirito evangelico, sono soprattutto i seguenti:
  1) l’eccesso di individualismo in contrasto con la concezione cristiana della persona, che certo è il valore supremo nel mondo, fatta ad immagine di Dio e destinata al dialogo con Lui, ma nell’ambito della società e in comunione, solidarietà e collaborazione con gli altri.
  2) razionalismo di base, che riconosce nella ragione umana l’unica sorgente della verità e rigetta la rivelazione.
  3) il naturalismo, in contrasto con la dottrina cristiana del peccato originale.
  4) l’estremismo e assolutismo nella concezione della libertà come valore supremo e incondizionato.
  5) l’utopismo della uguaglianza, illusorio e fonte di inganni e delusioni.
  6) il mito del progresso indefinito e incessante, smentito dalla storia e dal realismo di una concezione dell’uomo nella sua condizione terrena, che il Cristianesimo presenta senza cadere negli eccessi nè dell’ottimismo nè del pessimismo.
  7) il primato attribuito al benessere, all’economia, alla produttività, al profitto, a favore dell’iniziativa privata e dell’arricchimento individuale a scapito della solidarietà che deve accomunare gli uomini nella società e nel lavoro in vista del bene comune integrale…
Se poi si pensa che il liberalismo e il capitalismo si richiamano e quasi si fondono sul piano economico e finanziario, si vede che la riprovazione del primo è inclusa in tutta la dottrina sociale della Chiesa circa i rapporti giustizia e di carità che devono legare gli individui e le classi sociali, e circa la funzione moderatrice, compensatrice e sussidiaria dello stato nel mondo dell’attività economica.
Bisogna però aggiungere che negli ultimi decenni il liberalismo ha fatto notevoli passi verso un’apertura alla società, specialmente con Roepke e, in Italia con Einaudi, sicchè il giudizio su tale sistema, e sulla sua ideologia, dal punto di vista storico può forse essere meno negativo, anche s e rimangono intatte le ragioni del contrasto di fondo con i valori cristiani e le riserve di ordine etico-religioso ed etico-politico.
Si può concludere dicendo che nel liberalismo storico si ha un caso tipico di “verità cristiane impazzite”, come diceva Chesterton, cioè squilibrate e portate all’estremismo, in tal caso si tratta di valore squisitamente cristiano della dignità della persona umana, della coscienza, della libertà.
Don Walter TROVATO
18/02/2024
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