Il ritorno del Darwinismo Sociale
Il ritorno del Darwinismo Sociale – Era il 1992, tre anni dopo la caduta del muro di Berlino e un anno dopo la dissoluzione dell’URSS, quando il politologo economista americano Francis Fukuyama pubblicava il suo best seller “The End of History and the Last Man” in cui veniva annunciato al mondo che l’umanità era in procinto di raggiungere l’apice del suo progresso e il raggiungimento della società ideale, l’essere umano era stato liberato da ogni vincolo che non fosse quello della scienza in cui bisognava credere ciecamente, come l’unica verità degna dell’uomo moderno.
Tutti dovevano essere convinti che le ideologie del passato, foriere di guerre e distruzioni, erano state riposte negli armadi della storia, si era ormai alle soglie di un mondo nuovo.
Per ideologia si intende un sistema di idee, coerente e strutturato, ipotizzato a livello filosofico e proposto come interpretazione totale ed arbitraria della realtà. Ogni ideologia ha come obiettivo l’utopia della società perfetta e, dato il fine nobilissimo che si intende raggiungere, tutti i mezzi sono giustificati.
L’ideologia di genere rappresenta il tentativo di cancellare le leggi della Biologia, della Genetica, delle Scienze Naturali, ritenute obsolete a fronte dell’avanzare della Tecno-scienza, e la loro sostituzione con artifici Bio-giuridici inventati dall’uomo. È dunque un’Ideologia che dichiara guerra non solo alla natura ma anche alla scienza e utilizza il potere giudiziario per imporre una nuova visione del mondo e una precisa agenda politica di stampo totalitario.
In un mondo in cui la scienza rappresenta l’unico faro nel mare dell’esistenza, era indispensabile dare una spiegazione razionale e scientifica della creazione del mondo e della vita che contrastasse la narrativa mitologica messa in campo dalla religione. Questo compito fu portato a compimento con l’entrata in scena di Charles Darwin e con la sua pubblicazione “On the Origin of the Species by means of Natural Selection or the Preservation of Favorite Races in the struggle for life” del 1859.
Da sempre l’uomo ha cercato di dare delle risposte agli innumerevoli enigmi riguardanti la vita e l’universo e questo si attua mettendo in campo delle ipotesi, ipotesi che devono essere verificate e convalidate metodologicamente così da divenire dati di fatto inoppugnabili. Ogni studioso cerca di mettere a posto un tassello del mosaico fino a che non si arriva al traguardo della comprensione di una qualche legge di natura. Questo è il compito della scienza: scoprire le leggi che regolano i fenomeni naturali e nessuno mette in dubbio il progresso reale derivante dall’aver compreso il significato di una legge di natura. Diverso invece è il compito della tecnologia che utilizza le acquisizioni scientifiche per cercare di migliorare le condizioni di vita dell’uomo. Diverso è anche l’atteggiamento da tenere nei confronti della tecnologia, infatti per poter contribuire al bene comune e favorire un progresso vero dell’essere umano la tecnologia deve rispettare le leggi morali e non quelle utilitaristiche del momento.
L’opera di Darwin è stata monumentale e affascinante è stato il suo tentativo di comprendere l’origine delle specie, ma il suo ragionamento partiva con una lacuna insanabile: l’impossibilità di dare una dimostrazione scientifica di come fosse sorta la scintilla della vita, quella proteina da cui si sarebbe, poi, sviluppato tutto il resto. Si dovrebbe ammettere, per onestà mentale, che non sono state ritrovate quelle evidenze che avrebbero dovuto confermare la veridicità dell’assunto di base, infatti gli studi successivi non hanno potuto dimostrare l’esistenza di quelle specie intermedie che si sarebbero dovute reperire nei fossili come prova dell’evoluzione da una specie all’altra.
Il mondo progressista che ha impostato tutta la sua ragion d’essere sull’ipotesi evoluzionista darwiniana si trova nell’impossibilità di accettare la verità pena il crollo di tutto l’edificio costruito nel corso di un secolo e mezzo in nome della scienza e per contrastare i pregiudizi religiosi. E pur di far trionfare la sua idea è disposto anche a fabbricare l’uomo di Piltdown, un reperto archeologico rimasto per più di cinquant’anni in mostra al museo di Storia Naturale di Londra come prova scientifica del famoso “anello mancante” prima di venire smaschero come clamorosa frode.
Nel tentativo di difendere una la teoria costruita sulle sabbie mobili, gli ideologi progressisti hanno inventato tutto un percorso pseudoscientifico in modo da creare una cortina fumogena indispensabile per continuare a contrabbandare la menzogna nascosta dietro una parte di verità.
La Microevoluzione all’interno della specie è un dato di fatto incontrovertibile che nessun essere razionale si sogna di contraddire. La Macroevoluzione Darwiniana, quella che serve per far avanzare l’ideologia progressista sotto l’egida della scienza, è un mito che deve essere smascherato.
Se l’impostazione ideologica su cui si è costruita un’azione politica si rivela errata come si fa a difendere l’indifendibile? Chi ci aiuta a capire come il mondo progressista affronti una realtà contraria alla sua impostazione ideologica, è Gyorgy Lukacs, uno dei rappresentanti più autorevoli della Scuola di Francoforte, e politicamente orientato verso il comunismo, l’altro mostro che ha insanguinato il ‘900.
“Tutta la scienza e tutta la letteratura devono servire esclusivamente alle esigenze propagandistiche formulate dall’alto, dallo stesso Stalin… La comprensione ed elaborazione autonoma della realtà…. era bandita per sempre” (Gyorgy Lukacs “Marxismo e Politica Culturale” 1959 Il Saggiatore)
Dina Nerozzi
Foto di Andrew Martin da Pixabay