Il vero partito deve essere l’Italia
5 mesi ago Corrado FalettiNegli ultimi cinquant’anni, la politica italiana ha visto un susseguirsi di promesse non mantenute e aspettative deluse, un ciclo che ha portato molti intellettuali di destra a una profonda disillusione.
Questa disillusione non è semplicemente una questione di insoddisfazione politica, ma un riflesso della percepita decadenza culturale e sociale del Paese.
Con l’avvicinarsi delle elezioni europee, queste frustrazioni raggiungono un nuovo apice, poiché si ripropone la speranza, ormai flebile, di un cambiamento significativo.
Le Promesse Tradite: Una Retrospettiva
Le promesse politiche in Italia sono state una costante, un rituale quasi sacro che si ripete ad ogni ciclo elettorale.
Tuttavia, queste promesse sono spesso rimaste tali, senza tradursi in realtà concrete. Analizzando i programmi dei principali partiti dagli anni ’70 ad oggi, emerge un pattern di ambiziose proposte economiche, sociali e culturali che raramente hanno trovato una realizzazione.
Negli anni ’80, ad esempio, il boom economico post-bellico iniziava a mostrare segni di cedimento.
Le promesse di una riforma strutturale del sistema produttivo, di una modernizzazione delle infrastrutture e di una maggiore equità sociale venivano ripetutamente fatte e disattese. Gli anni ’90, con Tangentopoli e la crisi della Prima Repubblica, videro emergere nuove formazioni politiche che promettevano una rottura col passato.
Ma la Seconda Repubblica non fu in grado di mantenere molte delle sue promesse di cambiamento e rinnovamento.
La Decadenza Culturale
Uno degli aspetti più preoccupanti del fallimento politico è stato il declino culturale.
L’Italia, culla del Rinascimento e patria di artisti, filosofi e scienziati, ha visto un progressivo impoverimento del suo patrimonio culturale e intellettuale.
Gli investimenti in cultura e istruzione sono diminuiti drasticamente nel corso degli anni. Secondo i dati dell’OCSE, la spesa pubblica per l’istruzione in Italia è tra le più basse d’Europa, rappresentando solo il 3.9% del PIL nel 2019, rispetto alla media europea del 4.9%.
Le università italiane, un tempo prestigiose, lottano oggi con carenze di fondi e infrastrutture obsolete. Il numero di giovani laureati che emigrano per cercare migliori opportunità all’estero è in costante aumento, con un fenomeno di “fuga dei cervelli” che depaupera ulteriormente il capitale umano del Paese.
I Dati della Decadenza
I numeri parlano chiaro.
Secondo un rapporto di Eurostat del 2022, l’Italia ha uno dei tassi di crescita economica più bassi dell’Unione Europea.
Il tasso di disoccupazione giovanile, sebbene in lieve diminuzione negli ultimi anni, rimane tra i più alti, attestandosi al 29.7% nel 2021.
La produttività del lavoro è stagnante, e il debito pubblico continua a crescere, superando il 155% del PIL nel 2021, un dato preoccupante che limita fortemente le capacità di investimento dello Stato.
La Crisi della Destra Italiana
Per un intellettuale di destra, la delusione è particolarmente acuta.
La destra italiana, storicamente legata a valori di tradizione, ordine e identità nazionale, ha faticato a trovare una coerenza interna e una leadership capace di tradurre i propri principi in politiche efficaci.
Le speranze riposte in figure come Silvio Berlusconi, che prometteva una “rivoluzione liberale”, sono state frustrate da scandali e inefficienze.
I movimenti più recenti, come la Lega, pur avendo catalizzato un notevole consenso, sono spesso accusati di populismo e mancanza di una visione strategica a lungo termine.
Le Elezioni Europee: Un Nuovo Banco di Prova
Le imminenti elezioni europee rappresentano un nuovo banco di prova.
In un contesto di crescente euroscetticismo e frammentazione politica, l’Italia si trova a dover scegliere non solo i propri rappresentanti a Bruxelles, ma anche a definire il proprio ruolo futuro all’interno dell’Unione Europea.
La speranza di molti intellettuali di destra è che queste elezioni possano finalmente segnare l’inizio di un reale cambiamento, ma la storia recente invita alla cautela.
In conclusione, la disillusione degli intellettuali di destra rispetto alla politica italiana è il risultato di decenni di promesse non mantenute e di un declino culturale che sembra inarrestabile.
Le elezioni europee offrono una nuova opportunità, ma senza un serio e profondo rinnovamento della classe politica e delle istituzioni, il rischio è che anche questa sia un’ennesima occasione persa.
Siamo quindi votati al populismo per forza?
l’uomo di destra è incompatibile con il populismo!
La crescente disillusione nei confronti della politica italiana ha spinto molti intellettuali di destra a interrogarsi su quale sia il loro ruolo e la loro posizione nel contesto attuale.
Mentre il populismo ha guadagnato terreno, offrendo risposte semplici e immediate a problemi complessi, gli intellettuali di destra trovano difficile abbracciare questa corrente per una serie di ragioni profonde e articolate.
L’Essenza del Pensiero Conservatore
Per comprendere perché un intellettuale di destra non può votarsi al populismo, è essenziale riflettere sull’essenza del pensiero conservatore.
La destra tradizionale si basa su valori di stabilità, ordine, tradizione e responsabilità.
Promuove una visione del mondo che valorizza le istituzioni consolidate, la continuità storica e il rispetto per la cultura e le tradizioni nazionali. Questo approccio contrasta nettamente con la natura spesso volatile e anti-istituzionale del populismo.
La Complessità delle Soluzioni
Gli intellettuali di destra sono consapevoli della complessità dei problemi socio-economici e culturali che affliggono l’Italia e il mondo contemporaneo.
Sanno che le soluzioni semplicistiche e immediate proposte dai populisti sono raramente efficaci e spesso dannose nel lungo periodo.
Il populismo tende a sfruttare le paure e le frustrazioni della popolazione, offrendo capri espiatori e promesse irrealizzabili.
Gli intellettuali, invece, riconoscono che i problemi complessi richiedono soluzioni ponderate, basate su analisi approfondite e politiche a lungo termine.
Il Rischio della Demagogia
Il populismo è intrinsecamente legato alla demagogia, l’arte di guadagnare consenso attraverso appelli emotivi piuttosto che razionali.
Questo approccio è in netto contrasto con l’etica dell’intellettuale, che cerca di elevare il dibattito pubblico attraverso argomentazioni basate su fatti e ragionamenti logici.
Per un intellettuale di destra, il populismo rappresenta una pericolosa deviazione dalla ricerca della verità e dell’eccellenza intellettuale, preferendo invece il successo immediato e la manipolazione delle masse.
La Difesa delle Istituzioni
Un altro aspetto fondamentale che separa gli intellettuali di destra dal populismo è il loro rispetto per le istituzioni.
La destra tradizionale vede nelle istituzioni un baluardo di stabilità e continuità, essenziali per il mantenimento dell’ordine sociale e della giustizia.
Il populismo, al contrario, spesso si posiziona in opposizione alle istituzioni, dipingendole come corrotte e inefficaci.
Questo atteggiamento distruttivo mina la fiducia nel sistema democratico e può portare a un’erosione delle fondamenta stesse dello Stato.
La Cultura e l’Identità
Per un intellettuale di destra, la cultura e l’identità nazionale sono valori inestimabili che devono essere preservati e promossi.
Il populismo, sebbene possa fare appello a sentimenti nazionalisti, lo fa in modo superficiale e strumentale.
Manca la profondità di comprensione e l’apprezzamento per la ricchezza culturale e storica che caratterizzano la destra tradizionale.
Gli intellettuali vedono il pericolo di una retorica populista che, pur invocando l’orgoglio nazionale, rischia di ridurre la cultura a slogan vuoti e a una visione distorta della realtà.
Un Chiamata all’Integrità Intellettuale
Per un intellettuale di destra, votarsi al populismo significa tradire i propri principi fondamentali.
Significa abbandonare la ricerca della verità, la complessità delle soluzioni, il rispetto per le istituzioni e la profondità culturale.
Significa, in ultima analisi, abbandonare l’integrità intellettuale in favore di un successo politico immediato ma vuoto di sostanza.
La sfida per gli intellettuali di destra è dunque quella di trovare un percorso che, pur riconoscendo le legittime frustrazioni del popolo, sappia offrire soluzioni reali e sostenibili.
Un percorso che non ceda alla tentazione della demagogia ma che, al contrario, riaffermi i valori di stabilità, responsabilità e cultura che sono al cuore del pensiero conservatore.
In un’epoca di crescente populismo, è più che mai necessario che gli intellettuali di destra riaffermino la loro voce, non come eco delle masse, ma come guida illuminata verso un futuro migliore.
Il Generale Vannacci: Un Visionario Tra Realismo e Comprensione delle Necessità del Popolo?
Nel panorama politico e sociale italiano, dominato spesso da figure populiste e discorsi semplicistici, emerge una figura che si distingue per il suo approccio ponderato e realistico: il Generale Roberto Vannacci.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, Vannacci non è un populista che cerca consensi facili attraverso slogan vuoti.
Invece, egli si presenta come un leader che ha profondamente compreso le esigenze del popolo italiano, offrendo soluzioni pratiche e concrete ai problemi che affliggono la nazione.
La carriera militare del Generale Vannacci è testimone della sua dedizione e competenza.
La sua lunga esperienza nelle forze armate gli ha fornito una comprensione unica delle dinamiche sociali e delle sfide che il Paese deve affrontare.
La sua capacità di affrontare gli avversarsi sempre con calma, senza attaccarli e senza atteggiamenti ostili gli sta facendo acquisire gran consenso nel paese.
Vannacci ha servito in diverse missioni internazionali, acquisendo una visione globale e una capacità di analisi che trascende il provincialismo e il populismo tipici di molti politici contemporanei.
Le proposte di Vannacci non sono frutto di demagogia, ma di un’analisi attenta e approfondita delle reali necessità del popolo italiano.
Egli riconosce che le soluzioni ai problemi complessi richiedono un approccio pragmatico e realistico.
Ad esempio, nel campo della sicurezza, Vannacci sostiene la necessità di rafforzare le forze dell’ordine non solo in termini numerici, ma anche attraverso una migliore formazione e l’adozione di tecnologie avanzate.
Questo approccio bilancia la sicurezza nazionale con il rispetto dei diritti civili, evitando le scorciatoie autoritarie tipiche dei discorsi populisti.
Uno degli aspetti più distintivi di Vannacci è la sua empatia verso il cittadino comune.
Contrariamente ai populisti, che spesso sfruttano le paure e le frustrazioni del popolo per guadagnare consensi, Vannacci si sforza di capire le radici di queste emozioni.
La sua comunicazione è sempre rispettosa e mirata a trovare soluzioni condivise.
Vannacci vede nella cultura un elemento essenziale per il rilancio del Paese, sostenendo politiche che incentivino l’istruzione e la diffusione del patrimonio culturale italiano, sia a livello nazionale che internazionale.
In definitiva, il Generale Vannacci rappresenta una figura che, pur rasentando i toni e i metodi del populismo, ha saputo cogliere le necessità del popolo.
Non mi ritengo ne un sostenitore ne un detrattore del Generale, ma gli riconosco l’acume politico di aver saputo identificare una figura che ha colmato un vuoto comunicativo nel paese.
Ha profondamente capito che il politicamente corretto è la più grande bufala storica, come peraltro da noi più volte sostenuto non da ultimo qui https://betapress.it/politicallllllly-corrrrrect-che-freno-al-confronto/ , e che il paese ed i suoi cittadini hanno bisogno di sentire chi parla come loro, per loro e con loro.
Pochi altri hanno in precedenza azzeccato questo stile, e bravo Generale, e stolti tutti quelli che lo accusano superficialmente e senza affrontarlo in profondità: le accuse di razzismo e di fascismo, nonché di omofobia, gli fanno solo guadagnare altri punti.
Attaccare oggi il generale Vannacci che parla il linguaggio del popolo solo perché usa un linguaggio vicino al popolo è un poco come accusare il popolo stesso, ed il popolo su queste cose non perdona.
Il mio Dissenso: Un Grido Contro l’Impoverimento Generale del Paese
Nel contesto politico italiano attuale, mi trovo, specie come giornalista, in una posizione di profonda disillusione e frustrazione.
La delusione non deriva solo dalle promesse non mantenute e dalle aspettative disattese, ma anche dalla sensazione di essere perseguitato e isolato dagli stessi alleati politici.
Questo sentimento di alienazione mi spinge quindi ad esprimere un dissenso sempre più marcato contro l’impoverimento generale del Paese, un impoverimento che si manifesta non solo a livello economico, ma anche culturale e sociale.
La Disillusione con il Partito
Per me, ma come per ogni intellettuale di destra, la lealtà al proprio partito è stata tradizionalmente una questione di principio e di coerenza con i valori e le idee che quel partito rappresenta.
Tuttavia, negli ultimi anni, molti hanno assistito con sgomento a un declino della qualità e della serietà delle politiche adottate.
Le speranze riposte in un cambiamento positivo sono state spesso disattese, con promesse elettorali che si sono rivelate vuote e progetti di riforma che sono rimasti lettera morta.
Questa disillusione è aggravata dalla percezione di essere traditi dagli stessi alleati.
Invece di trovare supporto e solidarietà, molti, me compreso, si sentono perseguitati e marginalizzati da coloro che dovrebbero essere i loro naturali compagni di battaglia.
Questo isolamento non è solo politico, ma, soprattutto per me in questo momento, spesso anche personale e professionale, rendendo ancora più acuto il senso di frustrazione.
Il Grido di Dissenso
Di fronte a questa situazione, non posso far altro che esprimere un profondo dissenso.
Questo dissenso non è un semplice sfogo di rabbia, ma un grido di allarme contro l’impoverimento generale del Paese.
L’Italia, una volta faro di cultura e innovazione, sta vivendo un declino che sembra inarrestabile.
L’Impoverimento Economico
L’economia italiana, stagnante da decenni, è uno dei principali fattori di preoccupazione.
La disoccupazione, soprattutto giovanile, rimane elevata, e le opportunità di lavoro qualificato sono sempre più rare.
Le politiche economiche adottate negli ultimi anni non sono riuscite a stimolare una crescita sostenibile e a lungo termine, e il debito pubblico continua a crescere, limitando le capacità di investimento del Paese.
Vedo con preoccupazione l’assenza di strategie economiche solide e lungimiranti, l’eccessivo utilizzo dei fondi PNRR senza una doverosa ossatura che ne ripaghi i costi.
La mancanza di investimenti in settori chiave come l’innovazione, la ricerca e le infrastrutture sta contribuendo a un impoverimento strutturale che mette a rischio il futuro del Paese.
L’Impoverimento Culturale
L’impoverimento non è solo economico.
La cultura italiana, un tempo orgoglio nazionale, sta vivendo una crisi profonda.
I tagli ai finanziamenti per l’istruzione e la cultura hanno portato a un degrado delle istituzioni culturali e a un impoverimento dell’offerta educativa.
Le università e le scuole, che dovrebbero essere il fulcro della formazione delle nuove generazioni, soffrono di carenze strutturali e finanziarie che compromettono la qualità dell’insegnamento e della ricerca.
Questo declino culturale è aggravato dalla mancanza di visione e di politiche efficaci da parte del governo.
Vedo con allarme la diffusione di una cultura di mediocrità e di conformismo, che soffoca il talento e l’innovazione.
La fuga dei cervelli, con molti giovani laureati che emigrano per cercare migliori opportunità all’estero, è un sintomo drammatico di questo impoverimento.
L’Impoverimento Sociale
Infine, l’impoverimento sociale è forse l’aspetto più doloroso per me.
L’Italia è sempre stata un paese con forti legami comunitari e una ricca vita sociale.
Tuttavia, le politiche divisive e la crescente polarizzazione stanno erodendo il tessuto sociale del Paese.
La coesione sociale, un tempo punto di forza, è minata da crescenti disuguaglianze e da un senso di insicurezza e di incertezza per il futuro.
Un Appello alla Rinascita
In questo contesto, mi sento il dovere di alzare la voce e denunciare la situazione.
Il mio dissenso è un atto di amore verso il Paese ed un appello alla rinascita.
È un richiamo a ritrovare i valori fondamentali che hanno reso grande l’Italia e a lavorare insieme per costruire un futuro migliore.
Non voglio assolutamente arrendermi alla disillusione, ma cerco di trasformarla in un’energia creativa e costruttiva.
Cerco di promuovere un dibattito pubblico serio e informato, basato su fatti e argomentazioni, e di coinvolgere tutti i cittadini in un progetto comune di rinascita.
Solo attraverso un impegno collettivo e una visione condivisa sarà possibile invertire la rotta e risollevare il Paese dall’impoverimento economico, culturale e sociale che lo affligge.
A queste elezioni speriamo, anche se sono europee, di iniziare a votare per l’Italia.