la pasta ab origine
La Pasta
Tra le parole più note al mondo esiste: pasta.
Termine conosciuto sin dall’età greca, come πάστη con cui si intendeva una mescolanza di acqua e farina, base, già nell’antichità, di deliziosi manicaretti. Dalla stessa lingua deriva anche un diverso piatto preparato con gli stessi ingredienti ma probabilmente di forma diversa λάγανον, striscette irregolari e ben condite delle quali parla anche il noto gastronomo romano Apicio, vissuto a cavallo tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.
Il medesimo termine sarà utilizzato anche da San Girolamo, ovviamente in latino e successivamente da Isidoro di Siviglia. Il primo per descrivere cibi rituali unti nell’olio; il secondo un pane largo e sottile sempre cotto nell’oro verde.
Altro termine presente nell’antichità è certamente itrion, reso noto dagli Arabi, eppure già presente nella storia greca. Probabilmente antenato dei vermicelli. Il viaggio definitivo del nobile carboidrato parte dalla Sicilia per raggiungere la Liguria, laddove era presente una certa Maria di Borgogno “quae faciebat lasagnas”. A Firenze, tempo dopo, ecco la prima corporazione dei pastai, poi l’Arte dei vermicellari a Napoli e a Genova la corporazione dei fidelari, ancora la maestranza dei vermicellari a Palermo; fino a quando il delizioso prodotto non giunge in Francia e oltre.
Lunga la storia della pasta in Italia e specialmente differente da regione a regione, anzi da chilometro a chilometro. Disparate le forme che spesso sebbene uguali hanno nome diverso in base alla località. Emblema italiano non sempre simbolo di apprezzamento.
I napoletani, ad esempio, in senso dispregiativo furono definiti per lungo tempo “mangiatori di foglie” perché in condizione di miseria cercavano di aggiustare le zuppe, sempre a base di verdura, con altre prelibatezze che riuscivano a reperire. E dal ‘700 appare l’appellativo di mangiamaccheroni.
Anche qui ci sarebbe da aprire un intero capitolo solo sull’etimologia della parola dalle molteplici possibilità. Dal latino maccare (schiacciare), si pensi alla forma; da Maccus personaggio sciocco della commedia Atellana (forse anche il noto commediografo Plauto si era ispirato a questa maschera per il suo nome); oppure μάκαρ (felice) o μακρός (lungo, esteso) in greco antico.
La pasta è immagine degli emigrati all’estero, dunque una debolezza per gli interventisti e Filippo Tommaso Marinetti scrive sul Manifesto della cucina futurista: “La pastasciutta, per quanto gradita al palato, è una vivanda passatista perché appesantisce, abbruttisce, illude sulla sua capacità nutritiva, rende scettici, lenti, pessimisti”.
Benito Mussolini non la inserisce nella sua dieta, ma visto che difficilmente mangiava in pubblico forse avrà fatto qualche eccezione.
Il giorno successivo al suo arresto, la famiglia emiliana Cervi realizzò la pastasciutta antifascista a base di burro e Parmigiano, simbolo della fine del regime e quindi di libertà. Pasta ancora bandita nei pranzi di Stato a meno che non richiesta esplicitamente dall’ospite perché potrebbe macchiare gli abiti e quindi creare una situazione imbarazzante.
Infine, durante lo scontro Inghilterra Italia europei del 2021, la tifoseria anglofona con scritte e cori continuava a schernire i calciatori italiani sul consumo della pastasciutta così dopo la vittoria Leonardi Bonucci zittisce gli avversari sconfitti “Ne dovete mangiare ancora di pastasciutta!”. Sfottò che diventa virale.
Così, la pasta non fa soltanto parte del DNA degli italiani ma ne descrive la storia, le usanze, i comportamenti.
E se Sophia Loren, icona internazionale, sostiene che tutto ciò che si vede di lei lo deve agli spaghetti … forse è il caso di correre in cucina a preparali.
Buon appetito!
Elvia Gregorace