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Ogni tanto, per igiene spirituale, orientiamo il nostro animo al bello.

Solleviamo gli occhi e le orecchie dal guscio autoprodotto di ciò che non osserviamo e non ascoltiamo e leggiamo una poesia, ascoltiamo una sinfonia o immergiamoci in un quadro.

Sottraiamoci per qualche minuto alle fragorosa urla dei nullatenenti spirituali che si autoincoronano eroi tenendo in mano scettri dalla chiara forma di scopini.

Non c’è paura a sottrarcisi per qualche minuto dal caos che ci siamo costruiti attorno.

Non c’è horror vacui nell’affrontare l’arte.

Il senso di silenzio e di solitudine, di inadeguatezza e di incertezza che si prova quando pensiamo di aver finito di leggere una poesia, di vedere un quadro o di sentire una sinfonia… è solo l’inizio dell’estasi.

Dedichiamoci all’arte ogni tanto, all’arte vera e scavalchiamo dentro noi oltre il primo silenzio della superficie.

Nessuno ci osserva, nessuno ci interroga, siamo noi che socializziamo con noi stessi e, chissà, potremmo anche innamorarci.

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