Se Donald si fosse chiamato Carolina, forse non avrebbe vinto …
Corrado Faletti 6 Novembre 2024 0Sono particolarmente rimasto “stranito” quando è stata candidata Kamala Harris come successora di Joe Biden, perché sapevo benissimo che sarebbe successo questo, siamo in America ragazzi!!
La recente vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane ha acceso una vivace discussione non solo riguardo le implicazioni politiche e sociali, ma anche in relazione a ciò che sembra rivelare della psicologia collettiva americana.
Sebbene gli Stati Uniti si presentino al mondo come paladini della democrazia e del progresso, è evidente che la mentalità americana conservi ancora radici profonde che ostacolano l’elezione di una donna alla massima carica politica.
Tra gli aspetti che emergono da questa vittoria vi è anche la percezione controversa di movimenti sociali come il #MeToo, interpretati da una parte della popolazione come espressioni di eccessivo moralismo.
L’American Dream e il Maschilismo latente si riflette tragicamente nell‘ideale americano dell’“American Dream”, che infatti si fonda su valori di libertà, ambizione, e sul diritto di ognuno a costruirsi il proprio futuro.
Tuttavia, questa visione è stata storicamente declinata al maschile: gli eroi della narrativa americana, dai pionieri ai politici, incarnano quasi sempre figure di uomini, e i valori che rappresentano la leadership e il successo, competizione, forza, autorità, sono percepiti come tipicamente maschili.
Questo archetipo ha generato una cultura profondamente radicata nella psiche collettiva americana, che vede ancora la leadership associata agli uomini, relegando le donne in politica a ruoli “atipici” o di secondo piano.
Anche il recente revisionismo in cui addirittura nei film si rifanno i ruoli mettendo una donna ove prima vi era un uomo, non hanno fatto altro che acuire questo senso di fastidio, anche perché come al solito si è esagerato.
Quando una donna ambisce alla presidenza, si scontra con pregiudizi latenti che mettono in dubbio la sua capacità di incarnare questo ideale di leadership. Si pensi al caso di Hillary Clinton, soggetta a un controllo e a una critica costanti su aspetti che in genere non avrebbero interessato un candidato uomo.
Anche altre figure influenti come Elizabeth Warren o Kamala Harris continuano a fronteggiare stereotipi di genere e barriere culturali che ne rallentano la carriera e ne minano l’immagine pubblica.
La Complessa Relazione tra Progresso e Conservatorismo negli Stati Uniti che, pur celebrando la propria posizione di “avanguardia” nel campo dei diritti e della libertà, presenta ancora forti componenti conservatrici, specialmente per quanto riguarda il ruolo della donna in politica.
La “famiglia tradizionale” americana, fortemente idealizzata, rappresenta un ordine sociale patriarcale che fatica ad accettare l’idea di una donna alla guida del Paese.
Sebbene molte altre democrazie occidentali abbiano già visto donne al vertice, come il Regno Unito con Margaret Thatcher o la Germania con Angela Merkel (anche l’Italia ora con Giorgia Meloni), gli Stati Uniti sembrano esitare nel fare questo passo, rivelando così una certa ambiguità tra la loro retorica progressista e una realtà culturale più conservatrice.
Questa tensione è accentuata da movimenti sociali recenti come il #MeToo, che ha contribuito a portare alla luce numerosi casi di molestie e abusi sessuali. Tuttavia, in un contesto culturale complesso come quello americano, questo movimento è stato percepito da una parte della popolazione come “eccessivo,” quasi una caccia alle streghe moderna in cui ogni accusa veniva accolta senza prove concrete.
Alcuni hanno visto in questa mobilitazione un pericolo per i “valori americani tradizionali,” temendo che si perdesse la presunzione di innocenza per l’accusato e che venissero minacciate le libertà individuali degli uomini, innescando una forte polarizzazione sociale.
In un contesto elettorale, questo malcontento si è riflesso anche nella figura di Trump, percepito come una risposta a una società che, agli occhi di alcuni, stava divenendo eccessivamente moralista. La vittoria di Trump ha, in un certo senso, rappresentato un ritorno a un modello di “maschio alfa,” un leader conservatore che ha attirato il sostegno di coloro che sentivano il #MeToo come una minaccia all’ordine sociale stabilito e alla propria identità culturale.
L’Impatto della Cultura e dei Media sulla Leadership Femminile è un passo da non sottovalutare; pur dichiarandosi all’avanguardia per i concetti di uguaglianza, il ruolo dei media, che negli Stati Uniti rivestono un’influenza determinante nell’immagine pubblica dei candidati politici, è sempre ambiguo nel presentare le candidate femminili, soprattutto quando puntano a posizioni elevate, che sono spesso giudicate su aspetti superficiali, dall’abbigliamento al tono di voce, che per gli uomini raramente rappresentano ostacoli.
Questo scrutinio continuo contribuisce a mantenere viva l’idea che le donne siano soggette a standard diversi, un pregiudizio che rallenta e ostacola il cammino verso una presidenza femminile.
Inoltre, la retorica politica americana è spesso intrisa di concetti di forza e dominio che sono associati alla mascolinità.
Questo immaginario si traduce in un quadro di leadership difficilmente riconciliabile con le qualità che, stereotipicamente, vengono attribuite a una leadership femminile. Di conseguenza, nonostante gli Stati Uniti vantino il primato della libertà e della parità, questa resistenza culturale persiste, trattenendo la nazione dall’eleggere una donna alla presidenza.
Cosa Serve per una Presidenza Femminile?
L’elezione di una donna alla presidenza richiederebbe una trasformazione profonda della cultura americana.
Un tale cambiamento implicherebbe una ridefinizione dell’ideale di leadership, abbracciando valori che vadano oltre la forza e la competitività per includere qualità come empatia, cooperazione e ascolto, qualità che, secondo numerosi studi, caratterizzano spesso la leadership femminile.
Inoltre, sarebbe essenziale ripensare il ruolo dei media e il modo in cui questi rappresentano le candidate politiche. Solo attraverso una revisione del linguaggio e degli stereotipi di genere sarà possibile garantire che merito e competenze siano i reali criteri di valutazione, indipendentemente dal genere.
In sintesi, la vittoria di Trump è un promemoria di quanto la cultura americana sia ancora impregnata di un maschilismo latente che trova espressione anche nella percezione dei movimenti per i diritti delle donne.
Questo atteggiamento rappresenta una delle tante sfide che il Paese dovrà affrontare se vuole davvero incarnare un progresso che includa tutte le componenti della sua società. Finché non verrà superato questo blocco culturale, la presidenza femminile resterà un obiettivo lontano, relegato al regno delle possibilità teoriche ma non ancora pienamente accettato dalla mentalità americana.