Sutor, ne ultra crepidam!
L’illusione di un dialogo costruttivo: la lettera del professore e la sordità istituzionale
Sutor, ne ultra crepidam!
È questo l’ammonimento che viene spontaneo rivolgere al Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara dopo aver letto le critiche mosse dal professor Giancarlo Burghi, docente del Liceo Tasso di Roma, alle linee guida ministeriali sull’educazione civica. (link qui).
L’antica massima latina, “ciabattino, non andare oltre la scarpa!”, richiama l’importanza di restare entro i limiti delle proprie competenze. È evidente, infatti, che la dotazione culturale e metodologica del ministro non risulta sufficiente a sostenere le pretese delle sue esternazioni e delle direttive educative, che trasudano più ideologia che pensiero critico.
La lettera di Burghi non è soltanto un esercizio di critica accademica, ma un atto di resistenza contro un approccio educativo che tradisce i valori fondamentali della Costituzione italiana, privilegiando invece una visione riduttiva e strumentale dell’educazione.
La lettera del professor Giancarlo Burghi, quindi, rappresenta un prezioso contributo critico che denuncia il rischio di svuotare l’educazione civica dei suoi valori fondamentali, riducendola a strumento ideologico. Ma, al tempo stesso, questa lettera si infrange contro il muro dell’ostinazione ideologica, lasciando aperti interrogativi sulla reale volontà di ascoltare voci competenti e critiche costruttive.
Un grido nella “trincea” educativa
Burghi si fa portavoce di una resistenza intellettuale ed educativa, esponendo con lucidità le carenze metodologiche e culturali delle linee guida sull’educazione civica, percepite come una distorsione dei valori democratici sanciti dalla Costituzione italiana. Il richiamo all’articolo 42 della Costituzione, che riconosce la funzione sociale della proprietà privata, si pone in netto contrasto con l’insistenza del Ministero su un’educazione che esalti lo spirito imprenditoriale e la proprietà come pilastri centrali.
Tuttavia, nonostante la forza e la chiarezza delle argomentazioni, è evidente il rischio che queste parole restino inascoltate.
La sordità istituzionale e l’approccio ideologico sembrano impermeabili a qualsiasi critica, evidenziando una tendenza pericolosa a trasformare il dissenso in un nemico da combattere, anziché in una risorsa per il miglioramento collettivo.
Sociologia e educazione: un riferimento necessario
Un aspetto centrale della critica di Burghi risiede nella visione riduttiva dell’educazione come strumento per formare lavoratori anziché cittadini consapevoli. Questo tema è stato da me approfondito nel libro Sociologia: le dimensioni invisibili, in cui si evidenzia la necessità di una cultura che punti alla costruzione dell’uomo nella sua interezza, piuttosto che a modellarlo unicamente in funzione del mercato del lavoro.
Ho infatti sottolineato come una visione educativa orientata esclusivamente alla produttività economica impoverisca l’individuo, riducendolo a un ingranaggio di un sistema economico. Invece, l’educazione dovrebbe essere concepita come uno strumento per sviluppare la capacità critica, la creatività e la consapevolezza civile, indispensabili per costruire una società realmente democratica e inclusiva.
Questo richiamo alla necessità di una cultura umanistica è particolarmente pertinente rispetto alla lettera di Burghi, che difende con forza il diritto degli studenti a essere formati come cittadini, non come consumatori o lavoratori passivi. La scuola, in questa visione, non può limitarsi a essere un luogo di preparazione al lavoro, ma deve essere uno spazio per formare individui capaci di comprendere e affrontare le complessità del mondo.
La miopia istituzionale
Gli articoli di Betapress.it, per i quali ancora sono sottoposto a continue vessazioni, hanno spesso messo in luce l’inadeguatezza culturale e metodologica che caratterizza molte scelte del Ministro Valditara. La sua visione dell’educazione civica, che enfatizza concetti come la proprietà privata e l’individualismo, appare non solo lontana dai principi costituzionali, ma anche priva di quella profondità analitica necessaria per affrontare tematiche complesse come l’educazione e la formazione civica.
In un’epoca in cui le sfide globali richiedono cittadini preparati e consapevoli, proporre linee guida scolastiche che si limitano a una visione semplificata e ideologica è un segnale preoccupante. Come evidenzia Burghi, la scuola dovrebbe essere il luogo in cui si coltiva il pensiero critico e si promuovono i valori della Costituzione, non un laboratorio per esperimenti ideologici.
Un futuro per l’educazione democratica
La lettera di Burghi, sostenuta dalle riflessioni presenti nel mio libro, è un manifesto di resistenza culturale che invita a ripensare il ruolo dell’educazione come strumento per costruire una società più giusta e consapevole. Tuttavia, resta il dubbio che, in un contesto segnato da una chiusura ideologica, queste voci restino inascoltate.
Se chi governa continua a ignorare il valore del pensiero critico e a ridurre l’educazione a un semplice addestramento al lavoro, il rischio è di consegnare alle future generazioni una società sempre più diseguale e priva di strumenti per affrontare le complessità del mondo. La speranza, tuttavia, è che educatori come Burghi possano contribuire a mantenere viva la fiamma di un’educazione autenticamente democratica e umana.