Il Tentativo di Limitare la Libertà di Stampa da Parte del Governo passa per l’intimidazione?

Nel recente clima politico italiano, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicamente dichiarato il suo impegno a garantire la libertà di stampa, un pilastro fondamentale della democrazia.

Tuttavia, queste affermazioni sembrano contraddittorie rispetto alle azioni del suo governo, in particolare in relazione al trattamento riservato a Betapress e ad altre testate giornalistiche.

La contraddizione tra le dichiarazioni di Meloni e le azioni del suo governo è palpabile.

Mentre Meloni proclama il suo sostegno alla libertà di stampa, un suo ministro, ad esempio, sembra essere coinvolto in azioni che minerebbero direttamente questo principio.

Nel caso di Betapress, ad esempio, l’ingerenza governativa ha sollevato preoccupazioni significative riguardo alla capacità dei media di operare senza interferenze.

Questo comportamento include pressioni sui giornalisti, tentativi di influenzare la pubblicazione o l’omissione di specifici articoli, e la minaccia di ritorsioni finanziarie o legali contro organi di stampa o i direttori che critichino l’operato del governo.

La coerenza tra le dichiarazioni pubbliche e le azioni politiche è essenziale per mantenere la fiducia pubblica.

In democrazia, i leader sono tenuti a rispettare non solo la lettera ma anche lo spirito delle leggi, comprese quelle che proteggono la libertà di stampa.

Quando le azioni di un governo non corrispondono alle sue dichiarazioni, ciò può minare la credibilità non solo dei singoli politici ma dell’intero sistema politico.

Il caso Betapress non è soltanto un problema interno, ma ha anche implicazioni internazionali.

La percezione della libertà di stampa in Italia influisce sulla reputazione del paese a livello internazionale, specialmente nei confronti di organizzazioni come l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa, che hanno stabilito chiari standard di libertà di stampa per i loro membri.

A livello domestico, l’effetto moltiplicatore di una stampa libera è fondamentale per un dibattito pubblico informato e vivace, che è essenziale per il funzionamento di una democrazia sana.

Affinché le dichiarazioni di Giorgia Meloni sulla libertà di stampa siano credibili, è necessario che le azioni del suo governo riflettano questi stessi valori.

Il caso Betapress rappresenta un momento cruciale per l’Italia nel mostrare al mondo che le sue istituzioni possono difendere i diritti fondamentali anche contro le pressioni interne.

Se il governo Meloni desidera veramente salvaguardare la libertà di stampa, deve assicurare che tutti i ministri e le agenzie governative agiscano in modo trasparente, equo e libero da qualsiasi tentativo di manipolazione mediatica.

Solo allora le sue affermazioni potranno essere prese sul serio sia in patria che all’estero.

La libertà di stampa è un pilastro fondamentale delle società democratiche.

Tale diritto, garantito in molte costituzioni in tutto il mondo, rappresenta non solo la libertà di informare tramite il giornalismo, ma anche il diritto dei cittadini di essere informati.

Pertanto, quando un governo tenta di limitare questa libertà, si pone in diretto conflitto con i principi stessi di democrazia e trasparenza.

Recenti manovre governative di alcuni stati hanno visto tentativi di soffocare la critica e di controllare l’informazione mediante l’intimidazione di figure chiave nell’ambito dei media, come i direttori di giornale.

Questi attacchi possono assumere varie forme: dalla minaccia di azioni legali alla sorveglianza, dallo smantellamento della credibilità professionale all’esclusione da eventi ufficiali.

Queste tattiche non solo mettono a rischio la carriera dei giornalisti, ma instaurano un clima di paura e autocensura tra coloro che dovrebbero agire come custodi della verità.

Limitare la libertà di stampa è un atto che va ben oltre la censura di un articolo o l’intimidazione di un editore; rappresenta un attacco diretto ai diritti fondamentali dell’uomo e ai principi di trasparenza e responsabilità.

Un governo che sceglie di percorrere questa strada minaccia non solo i media ma degrada l’intero tessuto democratico della società.

Questo impedisce ai cittadini di fare scelte informate, essenziali per il funzionamento di qualsiasi democrazia sana.

Nel corso degli anni, abbiamo visto numerosi esempi di governi che hanno cercato di limitare la libertà di stampa.

Un esempio emblematico è stato quello della Turchia, dove numerosi giornalisti sono stati arrestati e media chiusi sotto l’accusa di diffusione di “propaganda terroristica”.

Anche in Ungheria, le leggi sui media sono state criticate per aver concentrato il controllo dei media nelle mani di alleati del governo, in Italia un movimento simile avviene invece per apparentamenti!

La comunità internazionale, comprese le organizzazioni come l’ONU e l’OSCE, ha spesso condannato tali azioni, sottolineando come violino gli accordi e le convenzioni internazionali sui diritti umani.

È essenziale che la comunità internazionale, le organizzazioni non governative e i governi democratici si uniscano in difesa della libertà di stampa.

Devono essere implementate sanzioni e misure punitive contro quei paesi che violano consapevolmente questo diritto fondamentale.

Inoltre, è vitale supportare i giornalisti e i media che operano in condizioni ostili, fornendo loro le risorse necessarie per mantenere la loro operatività e sicurezza.

La lotta per la libertà di stampa è una lotta continua in molte parti del mondo.

È una lotta che va oltre la salvaguardia dei diritti dei giornalisti; è una battaglia per la conservazione del nostro stesso sistema democratico.

Intimidire i direttori di giornale è un tentativo chiaro di minare questi principi, e ogni tentativo in tal senso deve essere fermamente respinto da tutte le forze che sostengono la democrazia e i diritti umani universali.

Ogni cittadino, in ogni nazione, ha il diritto di essere informato liberamente e onestamente, e questo diritto deve essere difeso con ogni mezzo necessario.

 

La libertà di stampa

Betapress sotto ATTACCO!!! Acqua in redazione.

Lupi di stato contro l’articolo 21




Salvini: ma ci sei o ci fai?

Matteo Salvini ritorna sulla sua endemica crociata dei tre mesi estivi, che inizialmente era contro gli insegnanti, che in pratica avevano TRE mesi addirittura di vacanza (che poi non è nemmeno vero), oggi, invece, ha girato il suo attacco andando anche a raccogliere un desiderata dei genitori, che d’estate non sanno dove piazzare i figli, ed ecco qua la soluzione, scuole aperte d’estate.

Addirittura sono stati trovati 400 milioni (dove erano nascosti? non è che forse erano i soldi per garantire alle segreterie la continuazione del personale ATA chiamato personale covid? e perché allora non abbiamo trovato 27 milioni per salvare il personale ATA cha abbiamo dovuto mandare a casa ma che alle scuole serviva come il pane? Beh è vero che il ministro dice di aver trovato 14 milioni per quello, 14 non 27, troppo tardi comunque, ormai le persone sono state mandate a casa quindi quelle persone ormai formate difficilmente saranno recuperabili ora), ben 400 milioni trovati, dicevamo,  erano sotto in uno scantinato?

Beh, se è così facile trovare dei milioni di euro suggerisco a tutte le famiglie che stanno morendo per arrivare a fine mese di fare una caccia al tesoro nei vari ministeri partendo da quello dell’istruzione, magari negli scantinati da qualche parte anche loro riusciranno a “trovare” qualche milionata.

Qui mi pare che si parli senza la necessaria comprensione sia della storia che della vera necessità dietro a determinate situazioni.

La decisione di concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi anziché diluirle durante l’anno scolastico è il risultato di un’organizzazione ponderata e riflessiva del calendario scolastico, supportata da diverse ragioni valide. 

Per cercare di farci capire useremo punti specifici e chiari, non si sa mai:

Continuità e coerenza del calendario: Concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi consente di mantenere una certa coerenza nel calendario scolastico. Questo approccio facilita la pianificazione delle attività educative e permette agli studenti, agli insegnanti e alle famiglie di organizzare le proprie attività con maggiore chiarezza.

Minimizzazione delle interruzioni: Distribuire le vacanze estive durante l’anno scolastico potrebbe comportare frequenti interruzioni nel processo di apprendimento, compromettendo la continuità e l’efficacia dell’insegnamento. Concentrare la maggioranza delle vacanze in un unico periodo permette di limitare queste interruzioni e di mantenere un flusso costante di lavoro e apprendimento.

Difficoltà nel mantenere la concentrazione: Il caldo intenso può rendere difficile per gli studenti e il personale mantenere la concentrazione e l’attenzione durante le lezioni e le attività didattiche. Questo può compromettere la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, riducendo l’efficacia dell’ambiente educativo.

Efficienza nell’utilizzo delle risorse: Concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi consente alle istituzioni scolastiche di ottimizzare l’utilizzo delle risorse. Durante il periodo estivo, molte scuole possono programmare lavori di manutenzione, ristrutturazione o pulizia, senza interferire con le attività didattiche.

Opportunità per attività estive specializzate: Il lungo periodo di vacanza estiva offre ai ragazzi l’opportunità di partecipare a programmi estivi specializzati, come campi sportivi, corsi di arte o di lingua, che potrebbero non essere disponibili durante l’anno scolastico. Queste esperienze arricchiscono il loro bagaglio di conoscenze e competenze in modo significativo.

Promozione del turismo e dell’economia locale: Le vacanze estive di tre mesi favoriscono il turismo e l’economia locale, consentendo alle famiglie di pianificare viaggi e vacanze più lunghe. Questo periodo prolungato di pausa estiva beneficia anche delle industrie turistiche, ricreative e commerciali, contribuendo così alla crescita economica delle comunità locali.

Tempo sufficiente per il recupero e il relax: Tre mesi di vacanze estive offrono ai ragazzi il tempo necessario per riposarsi, rigenerarsi e dedicarsi a interessi personali senza la pressione degli impegni scolastici. Questo periodo di pausa prolungato è essenziale per il benessere fisico, mentale ed emotivo degli studenti, consentendo loro di ricaricare le energie e affrontare il nuovo anno scolastico con rinnovato entusiasmo.

Ma poi, le scuole hanno l’aria condizionata???

Se le scuole non dispongono di aria condizionata e devono funzionare durante l’estate, possono incontrare diversi problemi che compromettono il benessere degli studenti, del personale e l’efficacia dell’ambiente educativo.

Sempre per punti così magari è più facile capire:

Calore e disagio fisico: Le temperature estive possono diventare estremamente elevate, soprattutto all’interno degli edifici scolastici, che possono essere progettati senza adeguata ventilazione o isolamento termico. Senza aria condizionata, gli studenti e il personale possono sperimentare disagio fisico, affaticamento e difficoltà di concentrazione, compromettendo il processo di apprendimento.

Sicurezza e salute degli studenti: Il caldo eccessivo può rappresentare un rischio per la salute degli studenti, specialmente per quelli più giovani o con condizioni mediche preesistenti. L’esposizione prolungata a temperature elevate può causare colpi di calore, disidratazione e altri problemi di salute, aumentando il rischio di incidenti o malori durante le attività scolastiche.

Anche qin questo caso subentra la difficoltà nel mantenere la concentrazione: Il caldo intenso può rendere difficile per gli studenti e il personale mantenere la concentrazione e l’attenzione durante le lezioni e le attività didattiche. Questo può compromettere la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, riducendo l’efficacia dell’ambiente educativo.

Assenteismo degli studenti e del personale: Le temperature elevate possono causare assenteismo degli studenti e del personale, con conseguente interruzione delle attività scolastiche e riduzione della produttività. Gli studenti potrebbero essere meno propensi a partecipare alle lezioni o alle attività extracurriculari, mentre il personale potrebbe essere più incline a prendere giorni di malattia a causa del caldo e del disagio.

Malfunzionamenti tecnici: Il calore eccessivo può causare malfunzionamenti tecnici negli edifici scolastici, come surriscaldamento degli apparecchi elettronici, interruzioni dell’elettricità o danni alle strutture. Questi problemi possono compromettere la sicurezza e l’efficienza delle attività scolastiche, richiedendo interventi di manutenzione e riparazione che possono essere costosi e dispendiosi.

Impossibilità di svolgere attività all’aperto in spazi non qualificati: Le alte temperature possono limitare la possibilità di svolgere attività all’aperto, come ricreazione, educazione fisica o lezioni all’aria aperta. Questo può ridurre le opportunità di movimento e di socializzazione degli studenti, influenzando negativamente il loro benessere fisico, mentale ed emotivo.

La mancanza di aria condizionata può rappresentare una sfida significativa per le scuole che devono funzionare durante l’estate, compromettendo il comfort, la sicurezza e l’efficacia dell’ambiente educativo.

È importante considerare soluzioni alternative o prendere misure preventive per mitigare gli effetti del caldo e garantire un ambiente sicuro e confortevole per tutti gli attori della comunità scolastica.

In conclusione, la decisione di concentrare le vacanze estive in un periodo di tre mesi anziché diluirle durante l’anno scolastico è supportata da una serie di motivazioni valide che favoriscono l’efficienza, la coerenza e il benessere degli studenti, degli insegnanti e delle comunità locali.

Quindi viene spontaneo chiedersi, ma questa fissa dei tre mesi di vacanza d’estate è paragonabile ad una malattia psichiatrica? 

O è perché da fastidio che gli insegnanti stiano a casa tre mesi? Ma anche ammesso che sia sbagliato, e così non è, siamo convinti che la soluzione migliore sia usare le scuole per fare da  babysitteraggio ai giovani in modo tale che i genitori possono lavorare senza avere il cruccio dei figli? 

MA SIETE SERI?

Non sarebbe allora meglio potenziare i servizi alla famiglia dei vari comuni in modo tale che si possano organizzare, anche in collaborazione con il percorso educativo scolastico, attività più consone al riposo delle giovani generazioni durante la stagione estiva?

E non sarebbe forse meglio fare in modo che le famiglie possano stare insieme di più durante l’estate per consolidare i rapporti famigliari, invece che lasciare i figli sparsi per il paese? e non sarebbe forse meglio ritornare ad un concetto di nucleo famigliare importante magari agevolando le mamme/papà lavoratrici/ori in modo che nel periodo estivo abbiano più tempo per i loro cari?

Non sarebbe meglio investire i soldi dello stato in ben altro modo che buttare 400 milioni di euro per far stare i ragazzi a scuola d’estate?

Non è che questa è solo una captatio benevolenzia elettorale?

E comunque, giusto per  osservazione, quando si dice che gli altri paesi fanno in modo differente, ricordo che le posizioni geografiche degli altri paesi sono differenti dalla nostra, i servizi messi a disposizione dagli altri paesi per la famiglia sono differenti dai nostri, la scuola degli altri paesi è differente dalla nostra, e anche, a rischio di essere tacciato di razzismo, gli abitanti degli altri paesi sono differenti da noi, anche a livello di problematiche demografiche!

Quindi prima di dire che gli altri paesi fanno le cose in altro modo e quindi dovremmo farle anche noi così, vediamo però di farle tutte anche noi in altro modo, non solo quello che fa comodo alla nostra classe politica.

Demagogia invece che soluzioni, soldi buttati invece che investiti, come se fosse la prima volta che succede.

Ma la colpa è anche nostra che pur di avere il sollievo momentaneo ai nostri malesseri, non ci accorgiamo di chi lavora invece non per il nostro bene, ma solo per il suo.

Ahi serva Italia…




Fine dell’impunità

Da Venezia si eleva forte un appello ecumenico “Serve un cambio di paradigma per una società più civile che faccia dell’Uguaglianza un principio concretizzato nei fatti. “
SERVE LA FINE DELL’IMPUNITA’, che è il titolo del libro di Isabelle Rome uscito di recente in Francia!

Isabelle Rome da Parigi e Paola Bergamo da Venezia stringono una alleanza e si uniscono in battaglia per uno scatto di civiltà che riguarda di fatto diritti universali e l’intera umanità!
Guardano ciascuna al proprio paese ma con spirito di donne europee!

“Anche solo accettare commenti e comportamenti sessisti sono tutte forme di “anticamera” della violenza!”

C’è troppa violenza di genere, troppa violenza sulle donne: violenza psicologica, violenza fisica, violenza “trasparente” che poi è l’anticamera del femminicidio! Serve una rivoluzione giuridica e giudiziaria! SERVE LA FINE DELL’IMPUNITA’


 

L’11 aprile 2024, un luogo fortemente simbolico e suggestivo, l’aula di giustizia del Tribunale Penale di Venezia, dove di solito si celebrano i processi, si è trasformata per l’occasione sede di convegno.  Gremita da un folto e attento pubblico tra numerosi addetti ai lavori, avvocati penalisti e magistrati, ma anche persone accorse per un semplice interesse è stato trattato approfonditamente il tema della violenza di genere, della violenza sulle donne e del femminicidio, lanciando un importante “appello ecumenico” dalla città lagunare: “Ora basta!  Serve la fine dell’impunità!”.

Isabelle Rome, ospite d’onore, paladina questa battaglia,  è giunta a Venezia direttamente da Parigi, dopo una tappa a Novara e un’altra a Milano,  per l’evento organizzato dal Centro Studio MB2, Monte Bianco – Mario Bergamo,  per dare un tetto all’Europa sotto la Presidenza di Paola Bergamo. L’ importante magistrato di Francia, Alto Funzionario del Ministero di Giustizia di Francia, già Ministro dell’Uguaglianza di genere, della diversità e delle pari opportunità di Francia e oggi Primo Presidente di Camera della Corte d’Appello del Tribunale di Versailles ha sottolineato come solo lo strumento coercitivo possa incidere sulla società al fine di porre rimedio ad una piaga socio-culturale frutto di una visione ancora troppo maschilista della società. Ha portato l’esempio di quello che accade nell’ordinamento giuridico in Francia in tema di violenza di genere, violenza psicologica, violenza fisica fino al caso estremo del femminicidio. Ha descritto  come interviene l’ordinamento francese, che pur agendo con forza al fine della prevenzione e del contrasto del femminicidio tuttavia non ha ancora riconosciuto questa fattispecie come reato.
Riconoscere invece il femminicidio come reato , insistendo sulla drammaticità del fatto che si connota per  la soppressione di una persona perpetrata proprio per il suo sesso, cioè perché donna, sarebbe prezioso strumento per perseguire i colpevoli, per un piena  certezza della pena, per una maggiore efficacia della sanzione e chiarire una volta per tutte che non è più ammissibile l’assenza di punizione. Solo questa è la via da percorrere per porre rimedio alla tanta violenza di genere che funesta le nostre società e che  è grande  emergenza umanitaria. Accettare commenti e comportamenti sessisti sono tutte forme d’  “anticamera” della violenza. Isabelle Rome ha confermato che nella sua lunga carriera di magistrato, ha constatato che le vittime, spesso per mesi o addirittura anni, hanno subito violenza psicologica, prima di venire uccise. Questo avviene secondo uno schema, uno scenario ripetitivo: isolamento, denigrazione, molestie, gelosia eccessiva, minacce volte a esercitare un controllo, un dominio sull’altro.

Paola Bergamo, indossando metaforicamente la “toga”, ha arringato con forza, da quel banco giudiziario, dove si enuncia forte che “La legge è uguale per tutti!” con un’ analisi- processo sulla  società. Nel richiamare anche la memoria storica del PRI, ha ricordato che più di un secolo fa già suo Nonno, Mario Bergamo, ultimo Segretario del Partito Repubblicano sotto la Monarchia, nella sua poderosa bibliografia politica aveva messo tra le priorità delle questioni sociali e di giustizia sociale, proprio la questione femminile, con un libro del 1913 dal titolo “Parola alle donne”, parlando di uguaglianza, prevaricazione e necessità di emancipazione invitando le donne e gli uomini a una lotta di libertà.
Paola Bergamo ha sottolineato con forza che quella che si registra oggi non è solo una emergenza giuridica ma è una emergenza sociale: nel 2023 sono stati ben 42 i femminicidi in Italia e dall’ inizio dell’anno sono già 14 mentre nel mondo ci sono ben 144 femminicidi al giorno! Una piaga che trova le radici nella struttura stessa della società, frutto di una costruzione secolare basata sul modello del potere maschile predominante e prevaricatore su quello femminile. Nonostante i tanti passi avanti fatti, finché perdura questo modello non ci sarà mai vera uguaglianza tra uomini e donne. Non si tratta certo di innescare una lotta di genere ma è necessario porre fine al machismo. In questa battaglia i migliori alleati delle donne dovrebbero essere proprio gli uomini, il che comporta  un necessario cambio di paradigma socio-culturale e giuridico per una rivoluzione che se s’impone giuridica e giudiziaria serva a  far scattare, come spesso sottolinea la sociologia del diritto, una necessaria rivoluzione e progresso sociale . “Non otterremo mai una reale uguaglianza tra donne e uomini e non garantiremo mai alle donne la dignità che meritano finché le nostre società resteranno minate dalla violenza contro le stesse. La violenza, sia psicologica, sia fisica, sia sessuale, sia essa “trasparente”, la più insidiosa, rende necessario un incisivo controllo coercitivo”! Questo è l’appello congiunto di Isabelle Rome con Paola Bergamo.

Se oggi la Giustizia italiana interviene efficacemente avendo attivato  il “Codice Rosso”, dando quindi una priorità per la trattazione giudiziaria dei casi di stupro, violenza e femminicidio, resta il fatto che in Italia, come del resto in Francia, il femminicidio non è contemplato dal codice penale.  Il Codice Rosso, poi,  è stato attivato a costi invariati, cioè a costo zero. Ed è quindi chiaro che tutto ciò comporta un surplus di lavoro per i tribunali spesso già oberati di immenso lavoro e che, cercando di dare una risposta immediata a questi casi, produce purtroppo, gioco forza, per la scarsità di mezzi e personale,  il rallentamento di altri casi e processi da trattare. Sono quindi auspicabili più investimenti sulla Giustizia.

Lo strumento repressivo che colpisce chi devia dalle regole della società, diviene prezioso e insostituibile strumento per incidere sulla società, su un suo necessario cambiamento, in quel rapporto di reciproca influenza, come ben spiega la sociologia del diritto, in quel rapporto di reciproca influenza per cui il diritto influenza l’azione sociale e a sua volta ne viene influenzato.

Isabelle Rome a Paola Bergamo entrambe si sono dichiarate “sorelle” unite in battaglia, nel nome dell’Uguaglianza, della Dignità della persona, della Giustizia Sociale e della Libertà, guerriere certe nel nome delle loro Nazioni ma da  convinte Europeiste.

 

Da Paola Bergamo – <span class=”update-components-actor__description
t-black–light

          t-12 t-normal
          "><span aria-hidden="true">Presidente presso Centro Studi MB2</span></span></a></span>



La legge è uguale per tutti ! Ma per qualcuno è più uguale che per gli altri.

Siamo sicuri che “La Legge è uguale per tutti” ? Quanto influisce la propaganda mediatica, la politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini al “servizio” delle Istituzioni?

Che la legge non è uguale per tutti, è il pensiero che aleggia sempre più in maniera consistente nella mente dei cittadini Italiani.

Forse un tempo si poteva considerare come “illazione popolare”, oggi i fatti inducono a pensare possa essere diventata una realtà, certamente drammatica e discriminatoria in presenza di fatti controversi.

Basta spesso scorrere le prime pagine dei principali quotidiani o dei vari TG, forse senza nemmeno entrare negli approfondimenti dei singoli articoli, per pensare che quella, da sempre ritenuta “illazione”, possa trasformarsi in concretezza.

Sono tantissimi infatti gli spunti che lasciano intravedere questa situazione che sembra essere diventata sempre più anomala, tanto da indurre al successo un libro che descrive realisticamente come il mondo, nel nostro caso l’Italia, stia andando al contrario, rafforzando così quella che potrebbe trasformare una popolare illazione in una regola assunta.

Tralasciando ogni considerazione sia sul libro che sull’autore, non è la loro recensione l’oggetto di nostro interesse, desideriamo evidenziare uno degli ultimi fatti rilevati dai quotidiani nazionali e dai vari dibattiti televisivi, che inducono a pensare che il quesito enunciato nel titolo, abbia fondamento.

E’ di Giovedì 4 Aprile la notizia che l’ultimo procedimento su L’ex ministro Speranza, aperto a seguito di alcune denunce relative alla campagna di vaccinazione Covid, è stato archiviato. (Fonte ANSA)

“La Verita” di Mercoledì 10 Aprile titola in prima pagina, una esclusiva inchiesta di Francesco Borgonovo e Alessandro Rico: l’Ex ministro della salute, Speranza, sapeva che il 20% degli effetti avversi, tra coloro che si sono fatti oculare il fatidico “farmaco”, era gravissimo.

Non entrando nel merito scientifico, inerente la validità o meno del “farmaco”, oramai la letteratura e la casistica possono fornire significative indicazioni, evidenziamo invece come nonostante la confessione resa ai giudici, riguardante gli eventi avversi e forse anche gli innumerevoli decessi, questi piuttosto che indagare ed approfondire le responsabilità del ministro e non solo, abbiano preferito archiviare.

Nell’articolo di Francesco Borgonovo ed Alessandro Rico si evidenzia che il ministro in questione ha candidamente affermato che anche l’ex presidente dell’AIFA e l’allora primo ministro Mario Draghi, gestivano le politiche anti Covid ed erano al corrente dei gravissimi effetti avversi.

Così, tutti gli eventuali reati, anche di gravità estrema, che hanno causato invalidità gravissime e probabilmente un numero elevato di decessi, al punto che, secondo alcuni, si può ipotizzare il reato di strage, sono stati cancellati da una semplice “archiviazione”.

Alla luce di ciò, chiedersi quale sia il senso della motivazione del Tribunale dei Ministri che ha riconosciuta la correttezza condotta, volta esclusivamente alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute dei cittadini, diventa naturale.

Quale è l’interesse pubblico e quale è il diritto alla salute?

Secondo l’inchiesta esclusiva, condotta dal Vicedirettore Borgonovo e dal Giornalista Rico, Speranza ha ammesso di essere a conoscenza dell’elevata percentuale di reazioni avverse, molte delle quali mortali, quindi dove stà la correttezza volta alla difesa dell’interesse pubblico e del diritto alla salute?

Addirittura, chi non ricorda le frasi proferite per far si che la popolazione si inoculasse il farmaco e tutte le successive dosi, dal ministro, ma anche dal Presidente Draghi e non solo, che lasciavano intendere che il “farmaco”, come noi preferiamo definirlo, fosse sicuro ed efficace?

Questo, nonostante che, già dopo le prime settimane di vaccinazione, al ministro sono giunti segnali allarmanti di pericolose controindicazioni.

Fatto che ignorò, preferendo continuare la campagna di immunizzazione.

Che ancora qualche cosa non quadra nella questione, forse lo si evince anche dal fatto che tutte le presentazioni del libro “perché guariremo” scritto da Speranza, inerente la pandemia, prima ritirato nel 2020, e poi secondo alcune fonti, riveduto e corretto in alcuni punti, rimesso in commercio, si parla di “rare segnalazioni di effetti avversi, suscitando reazioni e richieste di spiegazione da parte di chi ha subito in maniera grave e fortemente invalidante quegli effetti dovuti al “farmaco”, addirittura “imposto”, a mezzo DPCM del Presidente del Consiglio.

Perché Speranza si sottrae al pubblico confronto con i cittadini che hanno forse la colpa di aver creduto a persone dell’Istituzione e dello Stato?

Perché utilizzare le Forze dell’Ordine per impedire l’accesso a chi, fortemente invalidato, chiede un lecito confronto?

Perché i media Nazionali sembra vogliano glissare o tacere sulle continue fughe dell’esimio ex ministro dai vari luoghi ove invitato a presentare il suo libro, così come hanno sempre occultato le morti improvvise che potrebbero essere riconducibile all’utilizzo del farmaco?

Perché in Lombardia fu bloccato l’Ares 118 per le informazioni ad i giornalisti accreditati, in un momento in cui le morti improvvise ed i malori ebbero uno strano incremento, suscitando così le reazioni di chi non aveva più la possibilità di avere le informazioni, violando di fatto quel diritto che perfino la costituzione garantisce?

E’ di pochi giorni l’ultima “fuga” di Speranza, in ordine di tempo, avvenuta ad Ostia, municipio della Capitale, dove sembrerebbe addirittura che per allontanarsi nel più breve tempo possibile, pur essendo protetto dai tutori delle forze dell’ordine, la vettura che lo accompagnava sia stata costretta percorrere una contromano.

Sembra proprio che, una “propaganda” mediatica, una politica ideologizzata e l’interpretazione di uomini, al “servizio” delle Istituzioni, inducono a pensare che forse in Italia, la legge NON è uguale per tutti.

Sono in tanti a chiedersi quali responsabilità possano avere l’ex ministro Speranza, l’ex Primo Ministro Mario Draghi e tutti coloro che, pur essendo a conoscenza della gravissima pericolosità del farmaco hanno continuato a promuoverlo, addirittura imponendolo fino al ricatto, attraverso una multa amministrativa e la sospensione, in alcuni casi trasformato in licenziamento, dal posto di lavoro, con relativo blocco dello stipendio.

Domande che tanti Italiani, specialmente chi ha subito effetti avversi gravi e permanenti, oltre ai familiari delle vittime decedute, si pongono.

Come non augurarsi che la frase, “la legge è uguale per tutti”, non si trasformi in :

La legge NON è uguale per tutti.

Ettore Lembo

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/04/04/covid-archiviato-ultimo-procedimento-su-speranza_c9d1064e-b570-4b47-ae06-986c98954baa.html




VENEZIA 11 APRILE: IMPORTANTE CONVEGNO SU “VIOLENZA DI GENERE – LA FINE DELL’IMPUNITA’ “

 

VIOLENZA DI GENERE – LA FINE DELL’IMPUNITA’

Venezia 11 aprile 2024 ore 15.00
presso la “Cittadella della Giustizia” di Piazzale Roma
Tribunale Penale di Venezia

Un incontro di livello assoluto è quello in programma a Venezia,  giovedì 11 Aprile alle ore 15.00 presso il modernissimo Tribunale Penale di Piazzale Roma che, per l’occasione, aprirà le porte non solo a professionisti della materia ma anche al pubblico che già si prevede notevole su un tema scottante: “La violenza di Genere – La fine dell’Impunità” con la partecipazione straordinaria di Isabelle Rome, Magistrata di Francia, già Ministro per l’Uguaglianza di Genere e le Pari Opportunità del governo francese, e oggi Primo Presidente di Camera della Corte d’Appello di Versailles.

L’evento di Venezia, chiude la trasferta di tre giorni in Italia dell’importante Magistrata francese protagonista sia a Novara che Milano e ora a Venezia di una battaglia di giustizia e libertà contro la violenza di genere.

L’evento è stato fortemente voluto da Paola Bergamo, Presidente del Centro Studi MB2, Monte Bianco – Mario Bergamo per dare un tetto all’ Europa, in co-organizzazione con il Tribunale Penale di Venezia nella persona del Presidente dei GIP Luca Maria Marini.

Non è la prima volte che Isabelle Rome e Paola Bergamo conducono insieme una battaglia di giustizia e uguaglianza e, nel comune sentire europeista, intendono, anche in una comparazione tra ordinamenti giuridici, segnare la via per porre rimedio ad un problema grave, che non ha certo confini nazionali, e che funesta, sul piano socio culturale la società. Diventa perciò fondamentale e urgente individuare i percorsi che vedono proprio nello strumento giuridico, non solo uno strumento preventivo, coercitivo e dissuasivo ma uno strumento capace di trasformare la società ponendo rimedio ad un grave allarme sociale, frutto di una costruzione secolare , basata sul modello del potere maschile sul femminile.

E’ appena stato pubblicato in Francia l’ultimo libro di Isabelle Rome, “La fine dell’Impunità”, che poi dà anche il titolo all’Evento di Venezia ed è ormai prossima anche l’edizione in Italia. Isabelle Rome è la paladina di una battaglia condotta per la tutela dei diritti delle donne, a favore dell’uguaglianza di genere, della fratellanza nonché della lotta contro la violenza non solo coniugale. La violenza contro le donne deve essere punita. Nessuno può restare impunito. Questo è il punto focale.
Per l’importanza dei temi trattati e per l’assoluto livello dei relatori l’incontro è stato adottato dall’Ordine Forense ed è valido per i crediti di formazione. 

Il Veneto, di recente, anche con il triste caso di Giulia Cecchettin, è salita alla ribalta per un dramma che ha tenuto l’Italia tutta con il fiato sospeso, e che, poi si è concluso con un tragico epilogo.

Accanto a Isabelle Rome, ospite d’onore dell’evento, ci sarà Salvatore Laganà per i saluti istituzionali e relatori, l’Avvocato penalista Silvia Masiero del Foro di Venezia, che si occuperà di Stalking, il Presidente Luca Maria Marini che tratterà di Tutela Preventiva e Giurisdizionale, l’Avvocato Gianni Di Santo del Foro di Roma che tratterà del diritto penale italiano in tema di violenza sulle donne. Conducono e moderano l’incontro Paola Bergamo, Presidente del Centro Studi MB2 e Luca Marini, Presidente dei GIP del Tribunale Penale di Venezia.

Si ringrazia l’artista Veneziano Tobia Ravà, co-fondatore con Paola Bergamo del Centro Studi MB2 ,  per aver concesso l’utilizzazione della sua opera “Anima Celeste”, in raso acrilico, per la veste grafica dell’Evento.

[Ingresso libero fino a esaurimento dei posti]

Nota: Si ringrazia la Dott.ssa Paola Bergamo – Presidente del Centro Studi MB2 Monte Bianco e animatrice del Circolo Culturale ‘La Caduta’ – per averci reso partecipi – grazie al Comunicato di cui sopra –  dell’eccellente iniziativa, arricchita dalla partecipazione straordinaria di Isabelle Rome, Magistrata di Francia, già Ministro per l’Uguaglianza di Genere e le Pari Opportunità del Governo Francese, e oggi Primo Presidente di Camera della Corte d’Appello di Versailles. 

A quanti plaudono al significativo e importante evento, si unisce anche l’ ‘Accademia di Alta Cultura’ per il tramite del proprio Presidente, Giuseppe Bellantonio.




PERSONA E COMUNITA’

 

L’uomo persona

 

Certamente l’individuo è sostanza, cioè realtà completa esistente e chiusa in se stessa, incomunicabile nel suo essere concreto, distinto da ogni altro.

Fra tutte le altre sostanze, gli individui di natura razionale ricevono il nome di persona “per sé una”, “hypostasis”, soggetto sussistente, e insomma, sostanza individuale di natura razionale. L’individualità, nella definizione di persona, designa il modo particolare di essere che conviene alla persona, cioè l’esistere conseguentemente l’agire autonomo.

La persona è dunque una sostanza individua, cioè una realtà interiormente indivisa e distinta da ogni altra (altrimenti l’uomo non sarebbe un essere uno, ma un aggregato di elementi, facoltà e atti, che resterebbero slegati tra di loro), ma allo stesso tempo, per la comunanza di natura tra gli individui umani, per la solidarietà istintiva che si forma tra di loro, per l’ordinamento di tutti a una finalità comune, si rivela come eminentemente sociale. Anzi la persona, qualunque sia la ricchezza del proprio essere e delle proprie facoltà, ha una connaturale tendenza ed esigenza di associarsi con gli altri allo scopo di potenziare l’azione e l’efficienza propria ed altrui.

Vi è una tendenza naturale, quasi incontenibile degli esseri umani, che li porta ad associarsi per il raggiungimento di obiettivi che pur essendo da ciascuno desiderati superano la capacità di cui possono disporre i singoli individui.

L’uomo, nella storia, non si presenta mai come un solitario, nemmeno agli albori della sua esistenza quali ci risultano dalla preistoria.

Anzi la Bibbia, nell’offrire un racconto popolare della creazione, dice che Dio, vedendo l’uomo solo, come era uscito dalle sue mani, ritenne che ciò non era bene e cominciò a dargli una compagna simile a lui: primo germe della società.

Questa tendenza ad associarsi, che deriva dalla sua stessa natura e si sviluppa su ogni piano dell’esistenza, ha una duplice molla: a) il bisogno di reciproco aiuto, in quanto la persona, da sola, è normalmente incapace di soddisfare alle proprie necessità anche più elementari e inderogabili (società di necessità); b) il bisogno di espandersi e comunicare con i propri simili, nei quali l’uomo scopre la stessa natura e le stesse esigenze, per aiutarli a comunicare loro il proprio bene (società di amicizia). Anche quest’ultimo istinto, generalmente meno considerato, è una spinta alla società.

Purtroppo in questo naturale processo di espansione comunitaria interviene l’egoismo che contrasta con le istanze della socialità e della comunione, ma il senso più profondo e autentico della natura umana resta quello sociale.

Il messaggio, l’opera Redentrice di Cristo e l’azione del Cristianesimo intervengono nel dinamismo sociale dell’essere umano per ristabilire l’equilibrio, ricomporre l’unità e liberare gli uomini dalla tirannia dell’egoismo, dando nuovo vigore alle forze della società.

 

I raggruppamenti sociali

 

La vita associativa si articola pertanto in un certo numero di comunità e società (per ora non spieghiamo la distinzione di questi due termini): la società familiare; la società civile e politica, in seno alla quale si formano le associazioni professionali, economiche, culturali che perseguono fini particolari: scientifici, artistici, letterari, assistenziali, caritativi, industriali, sindacali ecc.; la società religiosa, che tende ad avere un suo rilievo distinto da quella politica, specialmente nel mondo cristiano, dove la Chiesa, comunità di origine e finalità soprannaturale, è fondata per riunire i credenti in Cristo e condurle al loro destino ultraterreno, trascendente ogni altra formazione di società umana, anche politica.

L’individuo umano integrandosi in queste varie forme di società, esce dalla propria solitudine, vince il proprio egoismo e stabilisce rapporti di collaborazione in una sinfonia di persone componenti la comunità. Questo processo di socializzazione nulla toglie alla persona umana, che nel suo associarsi e integrarsi conserva intatta la propria vocazione, il proprio essere, la propria autonomia di esistenza e di coscienza.

Essa non viene assorbita né soggiogata dalla società, ma conserva il suo primato sulle strutture e gli organi che la società, che non può mai prevalere sull’uomo, crea e impiega a suo servizio.

 

Persona e società

 

Il rapporto persona-società è sempre stato un punto critico dell’organizzazione e della vita della comunità politica. Per risolverlo nel mondo moderno si sono affrontate due correnti opposte: individualismo e socialismo (in senso generico), caratterizzate, come risulta dagli stessi nomi, dalla estrema affermazione o dall’individuo o della società, in senso esagerato ed esclusivista, come avviene in ogni forma di estremismo.

Le due posizioni hanno basi filosofiche che toccano la stessa natura dell’uomo.

Secondo la teoria individualista, l’essere sociale non è dovuto allo sviluppo di una virtualità insita nella natura umana, ma è il risultato di un contratto stipulato dai cittadini o per uscire da uno stato di egoismo e di guerra, conseguenza delle passioni di natura cattiva dell’uomo (Hobs), o per porre un freno alle funeste condizioni createsi tra gli uomini con l’allontanarsi dallo stato di bontà della natura, col progresso della cultura e delle scienze (Rousseau).

A questo gruppo individualista appartengono le teorie evoluzioniste, il liberalismo, sorto da una reazione all’assolutismo, e come posizione-limite, l’anarchismo, che intende realizzare l’ordine sociale su un terreno sgombro da ogni potere attualmente esistente.

Sulla sponda opposta, un accentuato e a volte esasperato sociologismo, che per varie vie deriva dal monismo evoluzionistico hegeliano, porta alla negazione dell’individuo in favore del primato della società, specialmente nel totalitarismo e nel collettivismo (a cui è legato il marxismo).

La società si organizza allora secondo le leggi di un meccanismo duro e oppressivo, dal quale l’uomo, ridotto quasi solo o principalmente ad agente economico, viene mortificato nelle sue esigenze e aspirazioni di ordine spirituale e specialmente nella sua libertà.

Da ricordare anche l’esistenzialismo, che partendo dall’affermazione dell’assoluta indipendenza della persona, del tutto libera al di sopra di ogni norma esterna, concepisce la vita sociale come una conseguenza del conflitto delle coscienze e delle concupiscenze degli individui, fino al punto di asserire: “gli altri ecco l’inferno” (Sartr).

 

Il personalismo cristiano

 

Contro l’individualismo ad oltranza e contro ogni concezione sociologica e totalitaria, si è sempre sviluppata la dottrina del personalismo cristiano, che getta le sue radici nell’antropologia di San Tommaso d’Aquino.

Ogni singolo uomo è per rapporto alla comunità come la parte verso il tutto, e dunque a questo titolo è subordinato al tutto; come persona, ha in se stesso una vita e dei beni, dei valori, che oltrepassano la sua ordinazione alla società: così la vita interiore, la vocazione, la libertà, i diritti fondamentali derivanti dalla stessa natura dell’uomo.

Il bene comune, che è oggetto e scopo del “tutto” sociale, non potrà mai risolversi in una sopraffazione o lesione del bene autenticamente umano della “parte”, anche se esige la cooperazione delle attività sociali di tutti i membri della comunità.

Così il personalismo contrappone all’idealismo e al materialismo astratti un nuovo realismo astratti un nuovo realismo, come appello alla pienezza spirituale dell’uomo singolo, punta e strumento della storia universale ma anche appello alla pienezza dell’umanità come un tutto da realizzare in ogni momento e atto, sicchè nessun problema può essere pensato e affrontato senza questo doppio riferimento.

Vita personale, vita privata e vita pubblica, senza confondersi in una volgarizzazione generale di ogni esistenza, devono offrire a tutti le loro diverse possibilità, senza intossicarsi nel proprio isolamento, ma fortificandosi mutuamente con l’intercomunicazione, rompendo quindi l’egocentrismo della vita individuale

Jacques Maritain a sua volta, contrappone un umanesimo integrale, alle varie forme di umanesimo carente dell’individualismo e del socialismo come messaggio e sistema che tende a rendere l’uomo integralmente umano e promuovere lo sviluppo delle capacità originali della sua natura, le sue forze creative, facendo partecipe di tutto ciò che può arricchirlo col patrimonio della cultura, della spiritualità e della civiltà umana con l’impiego delle forze del mondo fisico come strumenti della sua libertà.

E’ l’umanesimo plenario di cui parla Paolo VI nella Enciclica “Populorum Progressio”.

Oggetto ne è lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.

 

Oggettività di base

 

La dottrina sociale della Chiesa sul rapporto tra persona e società deriva dalla visione oggettiva dell’uomo, considerato come persona che mantiene tutto il suo proprio valore autonomo anche a far parte della società umana.

L’uomo per sua natura è ordinato alla vita sociale, ma non subordinato alla società in tutto se stesso.

La società pur avendo una sua finalità superiore agli interessi dei singoli individui deve servire all’uomo come mezzo per il raggiungimento del suo scopo ultimo.

La vita sociale non si svolge necessariamente sul filo di un antagonismo insolubile tra individuo e società, ma tende piuttosto all’armonizzazione di tutti i rapporti in un “tutto” che permetta il massimo incremento delle virtualità operative in ordine al progresso e all’elevazione della persona umana.

Don Walter Trovato




Gli albanesi-americani del Michigan dovrebbero votare per Trump.

“Dalla lettura di un articolo pubblicato SYRI.NET, giornale albanese, si possono trarre spunti di riflessione su aspetti che, direttamente o indirettamente possono anche riguardarci…

Notizie che difficilmente si trovano in Italia…

L’articolo, pubblicato il 4 aprile, a firma di Chim Peka, lo trovate in versione originale, sin lingua inglese, o anche albanese, cliccando sul link in basso.

Per comodità, lo abbiamo tradotto per Voi.

Ettore Lembo

 

Gli albanesi-americani del Michigan dovrebbero votare per Trump.

 

Mentre la campagna presidenziale americana prende forma con un nuovo confronto tra i presidenti Trump e Biden, sembra che lo stato del Michigan, con 15 voti elettorali, questa volta avrà molto peso per entrambi gli schieramenti, in quanto stato indeciso. Con una comunità di circa duecentomila persone, la comunità albanese dovrebbe posizionarsi chiaramente a favore del presidente Trump per almeno tre ragioni.

 

Qualche giorno fa, su Fox News, il giornalista conservatore Mark Levin, criticando la politica estera e soprattutto il segretario di Stato Blinken, ha detto: ‘Guardate, io come sapete, posso parlare tutto il giorno dei Balcani e di ciò che Anthony Blinken ha fatto al conservatore Il partito in Albania è vergognoso. Nessuno ci presta attenzione. Ma li ha sanzionati perché sfidavano i socialisti che lui ama. Sebbene l’osservazione di Levin sia del tutto corretta, è incompleta. L’atteggiamento di Blinken nei confronti dell’Albania è dettato da George Soros e non si adatta agli interessi dei nostri due paesi alleati. Sali Berisha è l’unico statista vivente che ha combattuto un regime comunista e lo ha sconfitto. È il leader politico che ha restituito l’Albania all’Occidente, rendendola membro del Consiglio d’Europa, della NATO, ponendo gli Stati Uniti al centro dell’orientamento della politica estera dell’Albania. È stato sanzionato perché è l’unico leader conservatore in questa parte del mondo che sfida ideologicamente George Soros.

 

Anthony Blinken sarà ricordato come il Segretario di Stato che rese possibile l’arresto del leader conservatore dell’opposizione di un paese alleato; schiacciò la sua opposizione e danneggiò le relazioni tra i due popoli. Gli albanesi sono la nazione più filoamericana del mondo, ma grazie al sostegno di Soros e Blinken al governo socialista, l’Albania si è trasformata in un narco-stato. Il fratello del primo ministro Rama è coinvolto nel traffico internazionale di droga, ma è intoccabile dal sistema giudiziario, riformato dalla Fondazione Soros con il sostegno del governo americano. Dei due pubblici ministeri che hanno archiviato il caso, uno è stato ricompensato con la nomina a procuratore generale, mentre l’altro a procuratore speciale. Il sindaco di Tirana ErionVeliaj, sebbene tutti i suoi colleghi siano attualmente in carcere per corruzione di massa, non affronta la giustizia solo perché è sostenuto da Alex Soros. Oggi l’Albania si trova ad affrontare la sfida più grande degli ultimi secoli. Negli ultimi 10 anni circa il 30% della popolazione ha lasciato il Paese a causa della povertà. La permanenza di Rama al potere distruggerà gli albanesi come nazione.

 

Il presidente Trump ha una solida eredità riguardo al Kosovo. Ha fermato la divisione del Kosovo; un progetto della Fondazione Soros a Belgrado, anche se alcuni elementi della sua amministrazione erano favorevoli a tale progetto. Trump è stato l’unico presidente americano che ha riunito nello Studio Ovale i leader del Kosovo e della Serbia e li ha costretti a raggiungere un accordo per la normalizzazione delle loro relazioni. Ha assicurato il riconoscimento del Kosovo da parte di Israele. Trump ha evitato il conflitto nei Balcani, ma quell’accordo è stato annullato dall’amministrazione del presidente Biden. Il presidente stesso ha avuto l’eredità di sostenere il Kosovo come senatore per decenni, ma quell’eredità è stata annullata dal Dipartimento di Stato.

 

Il Kosovo è indipendente grazie al sostegno bipartisan degli Stati Uniti. Negli ultimi tre anni l’approccio del Dipartimento di Stato è stato completamente filo-serbo, esercitando allo stesso tempo un’ingiusta pressione sulle autorità del Kosovo.

 

Il presidente Vucic vuole mantenere la Serbia come fattore regionale attraverso la minaccia di guerra. L’incitamento all’odio tribale e alle rivendicazioni storiche con il linguaggio del marxismo-leninismo da parte del regime di Milosevic portò alla distruzione della Jugoslavia multietnica e al genocidio contro albanesi e bosniaci. Il presidente Vucic è tornato alla stessa retorica. I paralleli di questa retorica con il Wokeism americano non possono essere ignorati. Anche il presidente Vucic è sostenuto da George Soros.

 

Infine, il marxismo ideologico non è la nostra lotta. L’Europa è in guerra; i Balcani sono sull’orlo del baratro e la terza guerra mondiale è più vicina che mai. L’ultima cosa che dovrebbe preoccupare sia gli albanesi che gli americani è se la luce del sole sia razzista o se il riscaldamento globale causi stress psicologico alla comunità LGBT nell’Africa sub-sahariana.

 

12:27 , 04/06/2024 Di Chim Peka

 

https://www.syri.net/english/678175/shqiptaro-amerikanet-e-michigan-duhet-te-votojne-trump/?gjuha=En




Intelligenza artificiale e pratiche educative

L’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) sull’istruzione è oggi un tema di grande attualità e rilevanza, perché porterà ad una vera rivoluzione delle pratiche educative tradizionalmente consolidate.
Con l’intelligenza artificiale potrà essere introdotto il cosiddetto APA – Apprendimento Personalizzato Adattivo, ovvero un apprendimento a misura di ogni singolo studente.
Ogni studente potrà avere accesso a piattaforme educative online per fruire di materiali didattici adattati ai suoi bisogni formativi e tenendo conto dei suoi ritmi di apprendimento. In uno scenario futuro lo studente potrà interfacciarsi a tutor digitali, anche con sembianze di robot antropomorfi, capaci di dare un’assistenza personalizzata in tempo reale, adattandosi alle sue esigenze personali, associandole a “data based” individuali.
Il tutor digitale sarà in grado di personalizzare i contenuti e di fornire “batterie” di attività graduate al fine del raggiungimento del miglior risultato con un approccio esclusivamente di tipo algoritmo e cognitivo.
Per imparare le tabelline potranno essere proposte batterie di esercizi, sempre più interattivi e volti a stimolare esperienze di apprendimento virtuali che simulino scenari del mondo reale o attuino percorsi di attività autentiche, riproposte in varie modalità, anche per eventuali esercitazioni e ripassi, fino al raggiungimento del risultato certo. A questo punto anche i libri di testo potranno essere sostituiti da lezioni sincrone e asincrone condotte da docenti virtuali. Anche nelle discipline pratico-professionali gli ambienti virtuali di apprendimento potranno offrire esperienze dirette, durante le quali studenti potranno applicare le conoscenze apprese in contesti simulati senza necessità di strutture fisiche reali.
Si potrà far ricorso anche all’intelligenza artificiale conversazionale, che si basa su piattaforme sviluppate per consentire alle macchine di comprendere e rispondere agli input del linguaggio naturale. Tra queste c’è Chat GPT, acronimo di Generative Pretrained Transformer, strumento di elaborazione del linguaggio naturale (o Natural Language Processing), che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso. Criticità? Chat GPT è costruita sulla base di una architettura algoritmica di tipo probabilistico, ovvero le risposte del dispositivo sono effettuate sulla base di un preaddestramento attuato attraverso specifici algoritmi di apprendimento (machine learning).
Il dispositivo registra ricorrenze statistiche fra i vari token (parole) attraverso cui “riconosce” i testi del linguaggio naturale a cui è stato esposto e rileva che i correlati numerici di alcuni token si combinano più frequentemente con quelli di altri.
Alla domanda su quale sia il fiume più lungo d’Italia, il dispositivo risponde “Pò” non perché lo sappia (non solo non lo sa, ma non sa neanche cosa sta dicendo), ma perché ha registrato una grandissima quantità di casi in cui il token “Pò” ricorreva insieme ai token attinenti allo stesso campo semantico “il fiume più lungo d’Italia”. Per questo motivo, il dispositivo può proporre risposte esatte o risposte che vanno verificate dal docente, il cui ruolo assume nuovi e importanti significati. Il docente non sarà più colui che trasmette solo conoscenze, ma dovrà essere il regista dell’apprendimento, ovvero colui che predispone i nuovi ambienti e i nuovi strumenti digitali, quindi soprattutto sarà il mediatore all’interno di un nuovo ecosistema educativo digitale, di supporto e di facilitazione, mentre la tecnologia gestirà i compiti più routinari. Anche la valutazione dovrà trovare nuove forme di adattamento all’AI. Abbandonate le tradizionali valutazioni legate a singole prove di verifica, scritta-orale-pratico, la valutazione degli apprendimenti avverrà in modo continuo, attraverso l’analisi dei risultati registrati, garantendo così un feedback immediato e personalizzato.
Questo lo scenario della nuova scuola digitale. Tuttavia l’intelligenza artificiale dovrà però essere governata, trovando il giusto equilibrio fra dimensione digitale e dimensione umana, relazionale, emotiva per far sì che le nuove generazioni non si formino in un mondo solo mediato e artificiale, ma in un mondo reale e autentico.
Una scuola lasciata ad una disumanizzazione dei processi corre il rischio di essere una scuola alienante, per questo è fondamentale trovare il giusto equilibrio fra l’utilizzo dei nuovi strumenti e le forme di esperienze relazionali, di solidarietà e collaborazione, più importanti aspetti del processo di crescita che nessun algoritmo potrà mai essere in grado di gestire.
Certo il vento del progresso non può non coinvolgere la scuola per cui è urgente lavorare per lo sviluppo delle competenze digitali, senza tuttavia dimenticare le emergenze educative, che oggi sono molto diverse rispetto a quelle del secolo scorso. Se infatti non si riuscirà a trovare il giusto equilibrio tra “urgenze digitali” e “emergenze educative” l’ingresso dell’intelligenza artificiale sarà solo occasione di una ulteriore delegittimazione del ruolo educativo della scuola. Invece l’intelligenza artificiale potrà essere un preziosissimo strumento didattico, se saremo capaci di ridefinire il design di ciò che la scuola insegna, di come lo insegna, sì di ritrovare il senso pieno di una scuola che fa crescere le persone.
Ciò che l’Intelligenza artificiale non potrà replicare è il lato più nascosto dell’insegnamento: la relazione umana tra studente e docente. Difficile da percepire, perché la relazione umana è qualcosa che si crea nel tempo, che incontra ostacoli e mette alla prova le parti coinvolte, che costringe a misurarci con noi stessi e, cosa ancora più faticosa, a metterci in gioco quotidianamente come esseri umani.
Spesso, nella mia carriera di docente ho sentito colleghi lamentarsi dei propri studenti poco motivati, poco attenti, poco seri, poco intelligenti. Come se il nostro lavoro fosse restare sempre dietro la cattedra, aspettando che sia lo studente a rispondere alle nostre magiche aspettative.
Chi non vorrebbe una classe di studenti intelligenti, dotati, seri, volenterosi, pronti a recepire tutto ciò che proponiamo loro, pronti a gratificarci, a renderci tutto più facile, togliendoci dalle spalle quel peso, quella responsabilità enorme che è prepararli e istruirli?
La realtà è che noi ci troviamo davanti a ragazzi, che sono innanzitutto persone. Non numeri, non cognomi, non facce anonime che ci guardano assenti, ma persone. Spesso sono oppositivi, pigri, provocatori, disinteressati, disobbedienti. Persone imperfette e impregnate di esperienze e sensibilità diverse che condizionano il loro essere e, quindi, anche il loro “essere a scuola”.
È possibile calibrare il nostro modo di insegnare esclusivamente sulla base di uno studente ideale?
Prima di pensare agli ambienti di apprendimento virtuali, proposti da tutor digitali, è necessario instaurare un ambiente di conoscenza reciproca provando ad affiancare i ragazzi, cercando di capire chi sono, tentando di costruire un rapporto di fiducia e di ascolto.
La scuola è innanzitutto un ambiente di vita, ma è anche l’ambiente in cui si apprende. E l’apprendimento ha bisogno di passare attraverso la relazione umana.

Pio Mirra – DS IISS Pavoncelli, Cerignola FG




Magheggi di Valditara: oggi i genitori decidono i docenti di sostegno, domani tutti i docenti?

Il ministro Valditara esce con l’idea di dare in mano ai genitori la possibilità della riconferma del docente di sostegno.

La proposta avanzata dal Ministro Valditara, che prevede una maggiore discrezionalità dei genitori nella scelta dei docenti di sostegno per i propri figli con disabilità, solleva questioni fondamentali circa l’evoluzione del sistema educativo e il ruolo dei genitori nelle decisioni scolastiche.

Questa mossa potrebbe essere interpretata come un preludio a una trasformazione più ampia della modalità di selezione e assegnazione del personale docente, suggerendo la possibilità che, in un prossimo futuro, i genitori possano avere un ruolo ancora più significativo nella scelta di tutti i docenti.

Da un lato, l’idea di coinvolgere maggiormente i genitori nel processo educativo dei propri figli è radicata in una concezione dell’educazione come collaborazione tra scuola e famiglia.

Questo approccio, in teoria, potrebbe portare a un maggior grado di personalizzazione dell’istruzione, con la scelta di docenti che si adattino meglio alle esigenze specifiche e agli stili di apprendimento degli studenti.

Tuttavia, tale modello solleva importantissimi interrogativi relativamente all’equità, alla professionalità docente e all’autonomia scolastica.

In termini di equità, la possibilità per i genitori di scegliere i docenti potrebbe accentuare le disuguaglianze esistenti nel sistema educativo.

Famiglie con maggiori risorse o informazioni potrebbero essere in grado di influenzare maggiormente il processo di selezione, potenzialmente a discapito di studenti provenienti da contesti meno privilegiati.

Inoltre, tale sistema potrebbe mettere sotto pressione i docenti, i quali potrebbero sentirsi obbligati a compiacere i genitori per garantirsi una posizione, piuttosto che concentrarsi sulle esigenze educative degli studenti.

Dal punto di vista della professionalità docente, il rischio è che la selezione basata sulle preferenze dei genitori possa non riflettere necessariamente la competenza o l’esperienza degli insegnanti.

I criteri di scelta potrebbero basarsi su percezioni soggettive o su preferenze che non corrispondono alle migliori pratiche pedagogiche.

Ciò potrebbe erodere l’autonomia professionale degli insegnanti e la loro capacità di adottare approcci didattici innovativi o sfidanti.

Infine, l’assegnazione dei docenti basata sulle preferenze dei genitori potrebbe limitare l’autonomia delle istituzioni scolastiche nella gestione del personale e nell’organizzazione curricolare.

Le scuole potrebbero trovarsi a dover bilanciare le richieste dei genitori con le esigenze organizzative e le priorità educative, potenzialmente compromettendo la coerenza e la qualità dell’offerta formativa.

In conclusione, mentre l’intenzione di coinvolgere maggiormente i genitori nel processo educativo è comprensibile e in alcuni aspetti encomiabile, la prospettiva di estendere questo principio alla scelta dei docenti solleva questioni complesse.

È fondamentale considerare attentamente le implicazioni di tale modello, ponderando gli effetti sulla qualità dell’istruzione, sull’equità e sulla professionalità docente.

Il dibattito su queste questioni è essenziale per garantire che ogni evoluzione del sistema scolastico sia guidata da un impegno verso l’istruzione di alta qualità, accessibile ed equa per tutti gli studenti.

Viene spontaneo chiedersi se queste uscite sono parte di un piano complessivo rivolto a cambiare (in peggio) il mondo della scuola o se sono sparate fatte sull’onda di percezioni mal raccolte, o se sono uscite per raccogliere voti alle prossime elezioni.

In tutti i casi il risultato è un disastro.

La scuola ha bisogno di un nuovo piano, organico, che tenga conto delle nuove sfide pedagogiche, della fragilità dei giovani di oggi e della loro accresciuta sensibilità, delle loro paure, delle necessità sempre maggiori dei docenti, del ruolo dei docenti, del ruolo della Scuola nell’impianto sociale dello stato.

Caro ministro se io fossi un docente alle prossime elezioni non voterei certo il suo partito, e forse nemmeno la coalizione di governo se queste sono le indicazioni per il futuro.

MA LA VOLETE FARE UNA RIFORMA SERIA DELLA SCUOLA O CONTINUIAMO A FARE MAGHEGGI???!!!

CI VOGLIONO ANNI, DIRETE VOI, APPUNTO INIZIATE CHE FORSE E’ GIA’ TROPPO TARDI!!!.




Le “verità” effimere di Valditara

Questo non è un articolo semplice.

Non è un articolo che si legge velocemente né di quelli che si scorrono per far passare il tempo.

Questo articolo non è né facile da leggere né da scrivere.

Questo non è un argomento nuovo, né sconcertante nella sua unicità, né, ahinoi, inaspettato o in aspettabile.

Noi di betapress abbiamo già scritto, in precedenza, riguardo alla fantasia al potere, alla coerenza del ministro Valditara, alle incongruenze fatiche di cose dette e poi negate.

 

In questo articolo tratteremo l’argomento delle cariche dirigenziali del ministero dell’istruzione e prenderemo ad esempio il caso di Marco Ugo Filisetti.

Marco Ugo Filisetti è stato direttore generale del bilancio del MIUR dal 2005 al 2013: negli anni difficili della ricostruzione del bilancio delle scuole, quando mancavano i soldi per la carta igienica,  quando c’era la prima spending review, quando i fondi europei erano ancora solo a 4 regioni.

Però è andata bene: sotto di Lui i bilanci delle scuole hanno iniziato a migliorare, sono stati rilasciati importanti progetti come l’ordinativo informatico locale per il colloquio con le banche, gli inventari, io conto, il nuovo decreto di contabilità, la riscrittura dei controlli sui fondi europei.

Anche grazie a questi successi viene trasferito alla direzione sistemi informativi ed anche qui incomincia la sua attività di riordino della direzione.

Qui però che un rallentamento: incappa nel Cineca (leggi il nostro articolo QUI) e improvvisamente viene trasferito nelle Marche, dove resta per il resto della sua carriera.

Strano, è strano.

Di Filisetti è interessante dire che è un uomo notoriamente di Destra, sopravvissuto in decine di governi di Sinistra, è interessante perché è stato proprio il governo di destra che, come il buon Simon Pietro, lo ha rinnegato.

Ma come? 

Filisetti termina la propria carriera come direttore generale del MIUR a marzo 2023 andando in pensione; nei mesi precedenti, esiste un fitto scambio di messaggi tra Filisetti e lo stesso ed il ministro Valditara, che gli chiede in più occasioni di partecipare alle commissioni tecniche presenti al ministero e non solo lo chiede, ma lo invita come membro delle stesse.

Fin qui nulla di strano, ma poi cosa succede?

Succede che il giorno prima della fine della carriera ordinaria del dott. Filisetti, e quindi il giorno prima della sua scesa a Roma in qualità di componente delle commissioni, esce un articolo di giornale.

Lo potete leggere qui: 

Articolo

Un articolo di giornale in cui, come al solito, si estrapolano frasi da un discorso più ampio le si fanno passare per frasi fasciste e si infanga una persona, una storia senza nessun contraddittorio.

È domenica sera Filisetti, al suo ultimo giorno come dipendente del ministero, riceve una telefonata dal ministro, suo compagno di coalizione, che gli dice: “sai non posso più farti venire a Roma, con questo articolo che è uscito …”.

Filisetti controbatte dicendo che è ovvio che l’opposizione cerchi di attaccare qualsiasi scelta, al fine di indebolire un ministero e quindi un ministro, è ovvio che l’opposizione cerchi di infangare le persone che ritiene più preparate e “pericolose” per qualità e professionalità, ma che quanto scritto nell’articolo era frutto di pure macchinazioni, peraltro smentite dai fatti.

Valditara abbozza.

La mattina successiva il ministro emette questo comunicato stampa:

 

Dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nessuna nomina al dottor Filisetti’

‘In merito alle notizie riportate da alcuni organi di stampa relative al dott. Marco Ugo Filisetti, si precisa che al Ministero dell’Istruzione e del Merito non risulta alcun provvedimento di una sua nomina né come membro di tavoli tecnici né tantomeno come consigliere del Ministro. Se vi è stata partecipazione a incontri è perché si tratta di un dirigente del Ministero, nominato peraltro Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale delle Marche dal governo Renzi’.

Roma, 27 febbraio 2023

 

La prima domanda è: ma se non c’era nessuna nomina, perché telefonare a Filisetti per scusarsi?

Altra cosa, veramente di basso profilo, è l’aver detto che la nomina di Filisetti è stata fatta dal governo Renzi, Cui Prodest???

Inoltre vogliamo ricordare che il dott. Filisetti fu chiamato al Ministero dall’allora ministro Gelmini, suo compagno di coalizione, signor ministro.

Ma betapress è in possesso di altri elementi quali ad esempio la seguente mail, una fra le tante:

Si tratta di una delle tante convocazioni, sia in presenza che on line, ad uno dei tavoli tecnici creati dal ministro a cui viene convocato il dott. Filisetti.

Nota bene: è una mail del 10 febbraio 2023 in cui la segreteria tecnica del ministro convoca il dott. Filisetti a questo gruppo di lavoro, e vi possiamo dire che non è la prima, ma una delle tante convocazioni partite già da ottobre 2022, certamente è stata l’ultima (Betapress è in possesso di tutta la cronologia delle mail).

Fa pensare che il ministro dica che non vi è stata nomina al dottor Filisetti che, però, viene puntualmente convocato ai tavoli di lavoro e, no, non è per copia conoscenza ma convocato diretto come gli altri partecipanti del gruppo di lavoro.

Ciò avrebbe fatto pensare che la formalizzazione di un rapporto già in atto sarebbe arrivata a breve.

Ma non è così a quanto pare.

Siamo nelle terra in cui la parola non vale più e la carta scritta viene disconosciuta; siamo nel tempo in cui i contratti hanno cavilli e la paura di una maldicenza non fa difendere l’alleato.

La verità del ministro è che lui non ha nominato ufficialmente Filisetti, la contingenza dei fatti è che lo ha fatto partecipare a tutte le riunioni del gruppo di lavoro.

Il ministro però e cauto e prosegue usando l’espressione “se vi è stata partecipazione…”.

“Se”… quindi non era neppure a conoscenza che la sua segreteria lo convocava, e pure più volte? (non conoscenza  peraltro smentita dalle chat di WhatsApp tra il ministro ed il dottor Filisetti)

Non sapeva che al dott. Filisetti venivano inviati via email i documenti di lavoro ufficiali 

Ma poi alla fine, Filisetti partecipava alle riunioni?

Il ministro ci dice di non saperlo, ma i biglietti del treno del dott. Filisetti dicono di si, e che, comunque, continua il ministro, se così fosse stato, era perché era un dirigente del ministero.

Ma se così fosse, ovvero se Filisetti veniva invitato come dirigente del ministero, dove sono, nella mail, gli indirizzi delle altre centinaia di dirigenti del ministero e/o degli altri direttori generali degli USR?

Noi nelle email non li vediamo perché infatti questa è la convocazione dei componenti del gruppo di lavoro, dei veri componenti voluti dal ministro.

O forse era la segreteria tecnica che convocava chi voleva lei???

Peggio ancora, vuol dire che al ministero il ministro non comanda nemmeno sulla sua segreteria.

Ma ovviamente cari lettori, non è così, il ministro decide e poi decide di smentirsi, così, senza pudore. 

Poco sopra, parlando di articoli pubblicati da altri colleghi, abbiamo lamentato la mancanza di contraddittorio.

Non vorremmo essere rimproverati della stessa colpa (molto grave per un giornalista) e così teniamo a dire che, prima di pubblicare questo articolo, in data 11 dicembre 2023, come da immagine riportata, abbiamo chiesto un confronto con il ministro, poi risollecitato in data 31 marzo 2024.

Ad oggi non abbiamo ricevuto nemmeno una piccola risposta.

Non sta a noi giudicare un comportamento del genere, non siamo noi a dover giudicare il comportamento che porta a una non risposta.

Non supporremo alcuna forma di tracotanza o supponenza, né penseremo che, forse, ci sono poteri che si ritengono talmente forti da non dover spiegare a nessuno quello che fanno.
Non è comunque la politica che ci piace.

Però ci dispiace, a livello di redazione, che a fronte del nostro lavoro e del nostro impegno, sospettare (per mancanza fino ad ora di confronto) che il ministro pensi che per fermarci basti attaccare il nostro direttore.

No signor ministro, non basta attaccare il nostro direttore.
Betapress è un giornale libero anche da influenze politiche, lo è sempre stato e per quanto nella nostra redazione convivano convinzioni politiche assortite, noi siamo sempre riusciti a dialogare e a dare la parola a tutti quando abbiamo visto onestà intellettuale.

Forse è per questo, per l’etica che ci siamo imposti tra di noi, che siamo stupiti ed attoniti dal comportamento che un ministro della Repubblica tiene.

Di contro, come ci ha insegnato col suo comportamento inequivocabile e riportato in altri articoli, questo è il suo stile.
A noi piace pensare che non sia lo stile di tutto il governo.

In un momento come questo, così delicato per il mondo dell’editoria e del giornalismo, le sono forse arrivate indicazioni precise?
Le è stato detto di bloccare tutta la stampa o è una sua azione personale e ingenua?

Ritiene che non rispondere ad un giornalista sia un comportamento giusto, o il suo ufficio stampa la mette in contatto solo con una rosa di giornalisti comodi e selezionati?

Ministro, ricordi ogni tanto al suo staff che il ruolo che ricopre non le permette di fare quello che vuole e la obbliga, anzi, a fare quello che deve.

E sì, tra quello che è chiamato a dare c’è anche rispondere alla stampa, essere corretto con i suoi elettori ma, soprattutto, con chi non l’ha votata, perché è quello ci si aspetta da un ministro: che serva tutto il paese.

Certamente lei è sopra le parti, si può permettere di non rispondere di fare comunicati stampa fasulli, di trattar male i servitori veri dello stato, di presiedere un ministero che ha voluto chiamare del merito e poi allontanare tutti quelli che i meriti ce li hanno davvero, ad esempio Filisetti e Versari.

Ma cogliamo l’occasione per denunciare, all’interno di questo articolo, l’incredibile pressione che il nostro Direttore sta subendo proprio in conseguenza di queste nostre indagini investigative.

Nonostante tutto il nostro Direttore ha dato il benestare a questa serie di articoli, ben sapendo che sarebbe stato sottoposto ad un fuoco di fila, mettendo a rischio il suo attuale incarico, seppur a tempo determinato, presso il ministero dell’istruzione.

Mi fa piacere riportarle le parole del nostro direttore davanti al nostro dubbio di approfondimento in merito a questi fatti: “se una persona non sa di vedere il mondo attraverso delle fette di salame il nostro compito e cercare di toglierle!

Il giornalismo non è un lavoro, ma un’idea, una passione, una certezza, ovvero quella di raccontare i fatti.

Non fatevi illudere dalla mondanità o dal successo, spesso è effimero, fatevi sedurre dal 2+2=4, questo non vi deluderà mai”.

 

In ogni caso cari Italiani, le fette di salame firmate dai nostri politici, toglietele dagli occhi, vedrete un mondo diverso.

 

Questo non sarà l’ultimo articolo su questo argomento.

Stiamo scrivendo e siamo pronti a mostrare come, alcuni politici, possono alterare le norme con piccole frasi per fare o non fare i loro interessi.

 

Betapress sotto ATTACCO!!! Acqua in redazione.

 

Se esercito il potere per il potere…

Le nomine di Valditara

Quando un ministro mente sapendo di mentire…

“La Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”

Politici e Bugie: responsabilità etica.

PON – intervista ad un ex ispettore dei fondi europei del MIUR