Credo quia absurdum… Italexit uber alles?

E’ difficile non cedere alla tentazione di credere allo straordinario quando la realtà appare superare l’immaginazione.

È difficile sgominare il campo da teorie complottistiche quando le dinamiche politiche ed economiche sfuggono da modelli interpretativi consolidati da anni di relazioni internazionali.

Eppure, decifrare le parole della politica in questo momento è molto difficile.

La Pandemia non arretra e l’economia mondiale è in fortissimo rallentamento.

Citare le proiezioni ed i dati macroeconomici non serve più.

Tassi di crescita e di occupazione, così, come il destino di imprese, famiglie e intere  comunità sono diventati colori, suoni, frasi senza sintassi.

In un mondo in bianco e nero, i ministri delle finanze dell’Unione Monetaria si riuniranno, martedì prossimo, ancora una volta, per discutere le misure di sostegno da adottare per i paesi più deboli della comunità europea, Italia, in prima linea.

A poche ore dalla riunione, convocata, occorre ricordarlo, dopo una pausa di riflessione di dieci giorni, i paesi europei procedono in ordine sparso.

L’Italia e la Spagna, colpite per prime dal Covid 19, sostengono l’emissione di euro bond per sostenere l’economia rifiutando interventi assistiti da condizioni che limiterebbero la propria sovranità economica e politica.

La Francia, già sostenitrice della linea italiana, ha cambiato strategia optando per misure legate al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).

In particolare, i cugini francesi avrebbero pronto un piano articolato che prevede l’istituzione di un fondo gestito dalla Commissione Europea, un’iniezione di aiuti pari al 2% del Pil di ogni paese finanziato attraverso il Mes e garanzie erogate dalla Bce per la costituzione di un fondo per l’emergenza sanitaria di 20 miliardi con una capacità d’intervento fino a 200 miliardi d’euro.

L’Olanda si prepara a riaffermare la volontà di assistere le economie in difficoltà con la creazione di un fondo specifico per circa 20 miliardi di euro costituito con il contributo di tutti i paesi dell’Unione.

La Germania che tira le fila del confronto brandendo lo stemma della virtuosità dei propri conti pubblici continua a proporre l’intervento del Mes reso più attraente da una pluralità di misure: 200 miliardi dal fondo stesso, 500 miliardi attraverso l’intervento della Banca Europea degli Investimenti (BEI) e 100 miliardi, infine, attraverso un fondo gestito direttamente dalla Commisione Europea.

È evidente che la strategia tedesca, dopo l’opposizione ferma alle richieste  di procedere alla emissione di “Corona bond”, sia quella di arrivare alla riunione di martedì con una molteplicità di proposte che in realtà si risolveranno nella solita opzione: l’adozione del Mes che consente alle istituzioni europee di imporre, ai paesi richiedenti, le misure di politica economica più idonee al riequilibrio dei conti pubblici.

Una vera e propria cessione di sovranità che fa rima con austerità e tagli verticali al bilancio pubblico.

Si tratta di timori fondati.

Ne è riprova, la recente esternazione della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen pronta a venire incontro alle richieste di aiuto attraverso il Bilancio Europeo ed il Quadro Finanziario Poliennale (QFP) che ne raccoglie gli obiettivi, per erogare a sostegno dei paesi dell’Unione un piano di 2770 miliardi di euro oltre ad un’iniziativa di sostegno per i disoccupati dei paesi aderenti per circa ulteriori 100 miliardi.

Un vero e proprio Piano Marshall per la difesa ed il rilancio dell’economia che dovrà fare i conti con la frammentazione delle posizioni sul tavolo delle trattative.

La riunione dell’eurogruppo si aprirà, probabilmente, con l’opzione del già anticipato rimando al Quadro Finanziario Poliennale che si dovrà occupare di fissare i limiti di spesa per i prossimi 5 anni.

Le cifre sono imponenti e potrebbero riuscire nel duplice obiettivo di dare risposte al crescente scetticismo sulle fondamenta dell’Unione ed essere vendute facilmente alle opinioni pubbliche nazionali come un grande successo della mediazione delle classi dirigenti.

Purtroppo, la verità è che nella riunione del dieci marzo scorso, a margine delle questioni in agenda, si è aperto un confronto, tra europarlamentari e presidenza, anche sul  QFP per il periodo 2021/2027.

Il parlamento sulla vicenda ha finito per prendere atto che gli stati membri non sono pronti a fornire le risorse necessarie per affrontare le sfide dell’Unione europea (fonte PE).

Un controsenso evidente che smaschera il sensazionalismo degli ultimi annunci.

La buona notizia, ammesso che possa definirsi tale, è che la Germania dovrà finalmente gettare la maschera e chiarire, senza ulteriori indugi, i prossimi passi.

Abbiamo già parlato nei precedenti articoli del temuto epilogo di questa vicenda.

Le fondamenta politiche dell’europa sono in crisi da diverso tempo e la recessione economica ha bussato alle nostre porte già prima del Covid 19.

La Germania che nel 2019 ha visto concretizzarsi i timori di una recessione tecnica con la caduta  dei principali indicatori economici ed il calo degli indici di fiducia, vuole scongiurare il rischio di una profonda crisi post pandemica.

I paesi dell’europa mediterranea che rappresentano un mercato fondamentale per l’industria tedesca, si trovano, oggi, nella triste condizione di poter essere condizionati attraverso semplici automatismi giuridici costruiti all’interno di situazioni di emergenza.

L’europa come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi è, forse, giunta al termine ma abbiamo ancora bisogno di istituzioni comunitarie capaci di difendere l’autonomia, i valori libertari e democratici dalle tensioni internazionali e geopolitiche in atto.

Per questi motivi grava su tutti i paesi il compito di restituire alla politica ed alla finanza contenuti morali elevati per renderli strumenti al servizio delle comunità e non meccanismi di soggiogamento delle classi più povere.

Al prossimo incontro dei Ministri delle Finanze dell’eurozona  dovrà prevalere una visione più ampia di quella delle singole comunità locali.

Senza un accordo aperto alla solidarietà ed alla condivisione, senza una “terza via” libera da condizioni e riserve non resterà che prendere atto che una nuova pagina sul futuro dell’Unione sarà ben presto scritta sullo sfondo di una dolorosa uscita dell’Italia  (ItalExit) o di un esodo dei paesi virtuosi in una nuova area a guida tedesca, la Deusche Mark Zone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Piano Marshall oggi più che mai!!

 

 

 

 




San Gennaro esiste…

Grazia ricevuta per tutti gli studenti di Italia

Tutti promossi, anche con debiti, tutti ammessi agli esami di stato, e la Maturità sarà ridotta ad un colloquio on line.

Queste le dichiarazioni ufficiose, dunque, per ora non ufficiali, veicolate da Tg com 24, questa notte.

Sugli Esami di Stato, che concluderanno l’anno scolastico, “il confronto è aperto e a giorni saranno comunicate decisioni ufficiali in merito”.

Questo è quanto rende noto il Ministero dell’Istruzione.

Al vaglio un piano di emergenza per portare a termine lezioni ed iter disciplinare in questa situazione travagliata.

E fin qui, ci siamo.

Il via libera lo si avrà solo dopo Pasqua.

E qui inizia il bello!

Perché, ormai da anni, eravamo preparati che, almeno per Pasqua, il Miur ci regalava una bella sorpresa, una nuova versione degli esami di stato.

Sapevamo, noi addetti ai lavori del mondo scuola, che avevamo due mesi di tempo per fare i salti mortali, per adattarci alle nuove disposizioni, cercando di salvare il salvabile.

E, attenzione, non lo dico solo nell’ottica di un prof, ma, anche e soprattutto, nell’ottica di un alunno, che, fino all’ultimo, non sapeva di che morte doveva morire.

Adesso, le sorprese, arriveranno in ritardo.

E saranno tante e belle, come i fuochi d’ artificio della nostra Ministra, che, ogni giorno, ne spara una nuova.

Si torna a scuola, sì o no? Non si sa…

Se sì, quando? Vedremo…

E dunque, gli esami ci sono oppure no? Stiamo valutando…

Ed in che modo? Ci stiamo pensando…

Ma, per favore, state zitti, Lei, cara Ministra ed il suo entourage.

State zitti, che è meglio!

E già, perché, lo volete capire, che più dichiarazioni rilasciate e rimangiate, con gli organi di stampa, è peggio è?!?

Smettetela di confondere, famiglie, studenti, insegnanti, presidi, personale di segreteria…

Siate onesti, non avete le idee chiare, parlo a voi politici, su quando si tornerà a scuola, se il rientro nelle aule sarà ipotizzabile per maggio, oppure si chiuderà

l’anno scolastico con i ragazzi a casa fino a giugno.

A conferma di quanto le dichiarazioni contraddittorie confondano l’opinione pubblica, oggi, sul quotidiano “La Repubblica”, sono circolate alcune indiscrezioni circa l’anno scolastico in corso.

Secondo il giornale, nessuno studente perderà l’anno, ma non ci sarà un “6 politico” per decreto.

Questo sempre che, nel primo quadrimestre, il voto in materia sia stato al di sopra di 4.

Praticamente, che messaggio passa?

Avanti tutti, dal quattro in su… 

 

Inoltre, riguardo agli esami di Maturità, l’unica certezza è che non ce ne sono.

Valutiamo insieme le ipotesi possibili.

 

Prima ipotesi.

Tutti a scuola il 4 maggio, come dice Renzi. 

Se dovessimo ritornare tutti in aula ai primi di maggio (cosa al momento remota), si prevede l’ammissione all’esame per tutti, indistintamente, anche quelli che avevano qualche insufficienza.

E già qui, primo errore, ma, perché dirlo adesso?!?

Così, si penalizzano gli studenti responsabili e coscienziosi.

Quelli che si sono sempre impegnati, sia prima, con la scuola tradizionale, che adesso, con la sfida della didattica digitale.

Che senso ha la partecipazione, l’impegno, la costanza, se tanto, tutti sono ammessi all’esame?!?

Ma soprattutto, così facendo, svendendo l’ammissione all’esame e praticamente regalando la maturità a tutti, si va a premiare i furbi ed i lazzaroni, quelli che non hanno mai fatto niente, né prima, né dopo.

Bel modello educativo che forniamo ai nostri alunni!

E poi ci riempiono la bocca con la storia delle competenze trasversali di educazione alla cittadinanza!

Poi, non lamentiamoci se, dalle nostre classi, quest’ anno più che mai, usciranno dei futuri cittadini allenati a fare il minimo, convinti che tanto tutto il resto è dovuto.

 

Inoltre, col rientro ai primi di maggio, secondo i geni del Miur, ci sarebbero quattro settimane piene di lezioni e il 17 giugno potrebbe esserci il primo scritto di italiano.

Infatti, passata l’emergenza, è un attimo, recuperare il programma ed arrivare tutti insieme, appassionatamente agli esami!

Del resto, è risaputo, dopo Gesù Cristo, i miracoli li fanno i prof!!!

Le tracce però, attenzione, dovrebbero tenere conto che il programma del secondo quadrimestre nessuno è riuscito a concluderlo.

Alle commissioni verrebbe data grande autonomia di scelta di argomenti.

Altro errore madornale.

Il selvaggio West.

Ognuno per sé e Dio per tutti!

Però, c’è sempre un però.

Non è mica detto. 

Infatti, tra un po’, ci diranno, no dai stavamo scherzando…

 

Seconda ipotesi.

Per quest’anno nessuno torna in aula.

La data limite, secondo gli esperti, è appunto il 17 maggio.

Oh, almeno una certezza c’è, direte voi…

No, attenzione, altra sorpresa!

Se le scuole rimarranno chiuse fino al 17, l’esame di Stato dovrà essere completamente diverso.

Tutti saranno ammessi, ma non ci saranno due scritti, tutto sarà concentrato in un unico colloquio, davanti alla commissione.

Eh qui, immaginate la festa dei nostri alunni, niente più versioni di latino al classico, niente più studio di funzioni allo scientifico, men che meno analisi di bilancio per i futuri ragionieri.

Un esame di un’ora e con alcuni esercizi matematici o di traduzioni, dipende dal percorso scolastico.

In quest’ultimo caso, l’intero colloquio dovrebbe valere 60 punti su 100, con gli altri 40 assegnati con l’analisi degli anni scolastici di terza e quarta superiore.

La data di inizio degli esami di Maturità è sempre quella del 17 giugno, con conclusione prevista entro metà luglio.

 

Terza ipotesi.

Stiamo a vedere.

Cioè, navighiamo a vista.

Se dovessimo trovarci in un’altra situazione di lockdown a tempo indeterminato, allora tornerebbe in auge l’esame online per tutti.

Maturità, maxi colloquio.

Terza media, mini colloquio.

Per tutti gli altri promozione garantita.

Praticamente, una grazia ricevuta, nel vero senso della parola!

Ma, attenzione, la Ministra Azzolina, si è precipitata a dire la “promozione di massa” non significa non recuperare quanto non fatto o lasciato indietro in questi mesi.

Almeno settembre e ottobre del prossimo anno scolastico saranno utilizzati per recuperare.

Ai ragazzi sarà chiesto uno sforzo in più, anche di tempo.

Il programma andrà recuperato e questa volta senza sconti!

Eh, già, come al solito, quando i buoi sono fuori dalla stalla …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

Se lo dice Lui …

sdidatticamente parlando e non solo

 




Calo dei contagi???

Agghiacciante verità sul calo dei contagi.

Io sono solo un medico di base e non un professorone – dice Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo – ma so che i numeri ufficiali non sono credibili.

Si fanno tamponi solo ai ricoverati, ma qui stimiamo 100 mila positivi non censiti su 1 milione di abitanti».

Il calo dei ricoveri non è un buon segnale?

«Calano perché non c’è più posto in ospedale. Talvolta non si ricovera più nemmeno con 85 di saturazione. Gestiamo a domicilio situazioni che due mesi fa avremmo ricoverato alla velocità della luce. Altrimenti non avremmo 1200 pazienti in ossigenoterapia domiciliare».

Cosa cambia?

«A casa non c’è la stessa assistenza, né diagnostica né farmacologica. In ospedale hai più possibilità di cura».
Quanto dura una bombola di ossigeno?
«In media dalle 12 alle 24 ore».
E poi?
«Bisogna cambiarla».

Provvede la Asl?

«No, deve vedersela il paziente».
Come?
«E’una caccia al tesoro. Chi ha parenti, li manda in giro nelle farmacie. Dieci, venti tentativi. Poi magari una la trovi».

E se non la trovi?

«Da una settimana ci hanno dato la possibilità di fornire ossigeno liquido, ma è contingentato».

Che cosa suggerite ai vostri assistiti?

«Di munirsi di un saturimetro. Avevamo detto alla Regione di darlo con l’ossigeno, ma niente».

E quindi?

«Chi l’ha comprato sul web, chi in farmacia, chi se lo fa prestare dal vicino di casa. Ci si arrangia».

E’un sistema giusto?

«Non è più un sistema sanitario universalistico e uguale per tutti».
Lei ha pazienti in queste condizioni?
«Un centinaio di pazienti malati su 1500. Cinque a casa con l’ossigeno, una decina di polmoniti monitorate per telefono».

Niente visite a domicilio?

«Ho smesso quando mi sono ammalato anch’io, uno dei primi medici di Bergamo positivi».

Com’è andata?

«All’inizio di marzo, con tosse febbre e forte astenia, ho chiesto il tampone. Me l’hanno fatto il 10 e dato l’esito il 15. Ora lavoro da casa, dodici ore al giorno sabato e domenica compresi».

Quanti sono i medici di base ammalati a Bergamo?

«Su 600 medici di famiglia ce ne sono 145 ammalati, di cui 5 morti. L’ultimo, Michele, due giorni fa. Non avrei mai pensato di dover aggiornare una lista di colleghi morti. Mandati a morire sul lavoro. E’ una strage di Stato».

Che cosa non ha funzionato?

«Per un mese tutti gli sforzi si sono concentrati sulla moltiplicazione dei posti ospedalieri in rianimazione. Il territorio è stato trascurato. Questo è il risultato».

Non bisognava ampliare gli ospedali?

«Certo, era indispensabile. Ma gli ospedali non sono la prima linea. In questi giorni i medici di base lombardi ricevono 500 mila telefonate al giorno. Noi siamo la prima linea. Eppure ci hanno mandati incontro allo tsunami a mani nude».

In che senso?
«Non sono stati fatti i tamponi al personale sanitario. Molti di noi hanno l’impressione di aver contribuito alla diffusione del virus, da asintomatici. Io ho avuto madre e moglie a casa con l’ossigeno».

Avete avuto i dispositivi di protezione?

«Pochi e tardi. Niente tute, visiere, sovrascarpe. Dopo un mese venti mascherine chirurgiche, alcuni pacchi di guanti, un saturimetro che non ci serve. E una settimana fa sei mascherine filtranti».

Quanto durano?

«In teoria quattro ore di servizio. Per farle durare di più mettiamo sopra le mascherine chirurgiche».

Funzionano le unità speciali per le visite a domicilio, istituite dalla Regione una settimana fa?

«Dovrebbe esserci una postazione con due medici ogni 50 mila abitanti, quindi in provincia di Bergamo 20. Invece al momento ce ne sono sei».
Quante visite riescono a fare sei postazioni?

«Al massimo 60 visite al giorno su 1 milione di abitanti e almeno 100 mila ammalati. Ne servirebbero almeno cinque volte tante».

Qual è il problema?
«Mancano medici e dispositivi di protezione. Ci siamo impuntati: non stiamo a casa noi per mandare a morire i neolaureati».

Ne avete parlato con la Regione, con la Asl?

«Raramente la nostra opinione è stata richiesta. Peccato, a fine febbraio avevamo capito che la situazione era fuori controllo».

Non c’è un coordinamento?
«In due mesi ci sono stati un paio di incontri ufficiali. L’ultimo il 5 marzo».

La sua voce sembra avvilita ma non rabbiosa.

Perché?
«Che senso avrebbe ora mettersi a urlare contro i nostri carnefici? Siamo medici, dobbiamo cercare di salvare quante più vite è possibile».

 

Aggiungiamo solo che Il Ministero della Sanità ha gravissime colpe di carenza di visione su come gestire la pandemia.

 

I medici di base hanno mancato di svolgere il loro ruolo, sia per mancanza di direttive, sia per mancanza di attrezzature e medicinali specifici.

 

I medici di base, non hanno nessuna colpa!

 

Diamo a Cesare quel che è di Cesare!

 

I veri responsabili sono i politici che hanno affrontato il problema, con leggerezza prima, irresponsabilità durante e tentativo maldestro di salvare la faccia, ora!

Invece che affrontare efficacemente la pandemia, al momento del suo insorgere presso il paziente, limitando quindi il suo aggravarsi, I politici, cosa hanno fatto?

Prima hanno minimizzato il problema, una semplice influenza, ci hanno detto.

Inoltre, hanno enfatizzato la capacità dell’Italia di affrontare e gestire il problema, sottolineando che le misure prese dal governo erano le migliori in Europa.

In seguito, hanno perso tempo prezioso per affrontare tempestivamente la gestione dell’emergenza, nelle prime fasi del contagio.

Infine, si sono concentrati sulla fase finale (terapie intensive ospedaliere).

Ed ora, una certa parte della stampa italiana, sta al loro gioco, attribuendo ai medici di base, responsabilità che non hanno.

Ma, per favore, smettiamola di credere a quello che dicono nei bollettini medici, ed andiamo a leggere tra le righe di interviste scomode come questa!

Come redazione di betapress, rigettiamo ogni approccio inefficace e profondamente sbagliato, che rovescia la prospettiva tentando di colpevolizzare i medici ed assolvere i politici.

E sappiamo che in molte famiglie italiane, dove la malattia e la morte sono di casa, i conte non tornano…

 

fonti:

le dichiarazioni di Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo.

L’ intervista è stata pubblicata il 31/03/2020 su La Stampa. Articolo di Giuseppe Salvaggiulo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Andrà tutto bene! Parte quarta

 

Andrà tutto bene o andrà tutto a puttane?!?

Scusate la volgarità, capisco di non essere molto professionale ad impiegare un simile linguaggio…

L’intento, però, è stare dalla parte dei cittadini, soprattutto dalla parte di quei lavoratori che hanno perso tutto, lavoro, guadagni, tutela politica e speranza nel futuro…

Infatti, continuando come betapress, nella nostra ricerca sui lavoratori autonomi, commercianti, artigiani e liberi professionisti nell’emergenza coronavirus, abbiamo proposto sempre le stesse domande, focalizzandoci, questa volta, sulle problematiche specifiche del mondo degli artigiani.

Criticità specifiche del proprio lavoro in generale e, soprattutto adesso.

Impatto economico e problemi fiscali.

Decreto di marzo efficace o inadeguato?

Cosa è impellente in questo momento e nei prossimi mesi?

Quali sono le soluzioni possibili e quali sono pura propaganda elettorale?

“ALTRO CHE PIANO MARSHALL, QUI E’ UN PIANO AL MACERO!”

Questa è stata una risposta diretta, da chi vanta mezzo secolo di lavoro nel settore.

Chi parla è una nota parrucchiera di Novara, prestigiosa e competente.

Ha passato la sua vita in negozio (“Ancora un po’, e partorivo in negozio! Allattavo mia figlia tra un taglio e l’altro, senza far aspettare la cliente…”).

Una di quelle che ha dedicato la sua vita al lavoro, sempre impegnata a formare nuovi specialisti del mestiere.

Tanto che, parecchi suoi allievi, imparata l’arte, hanno aperto, a loro volta, dei saloni di acconciatura e di estetica.

Una di quelle che ci sa fare, sempre pronta a rimettersi in gioco, ad aggiornarsi.

Per chi è del settore, basta dire che ha vinto diverse volte il prestigioso premio nazionale “Il pettine d’oro”

Vi assicuro che esiste, non dico il nome perché non ha bisogno di pubblicità, non cerca fama, ma ascolto.

Bene, mi ha detto “Non fare il mio nome, ma, scrivi che stavolta è proprio finita!”

Sua figlia, che buon sangue non mente, anche lei ha un’attività in proprio, un salone estetico, in particolare è specializzata nei tatuaggi estetici e ricostruttivi, (su cicatrici post interventi di mastectomia), mi ha detto così.

“Io sono un’artigiana, lavoro da sola, inutile ribadire quanto pesano le tasse e quindi, quanto, normalmente, è già pesante mandare avanti l’attività.

Prova ad immaginare adesso, con tutto quello che sta succedendo!

Quando non puoi aprire il negozio, per ciò che sta accadendo, non c’è introito e non c’è la cassa integrazione che tutela i lavoratori dipendenti.

C’è “una tantum” forse, che nel mio caso mi paga solo la metà delle spese fisse di un mese (cioè affitto, luce, telefono eccetera) non mi dà i soldi per fare la spesa, per mantenere i miei figli o pagare le bollette di casa.

Me la devo cavare da sola, oppure, indebitarmi con la banca.

Come se, indebitarsi, fosse una soluzione, ancora peggio!

Bisognerebbe poter non pagare almeno l’affitto del locale.

Locale, in cui, per legge, non posso lavorare, locale che è una spesa viva.

Il negozio adeguato e la clientela fedele, sono fondamentali per avere una cassa dignitosa per noi autonomi.

Dunque, come possiamo pagare le tasse se non lavoriamo?

Noi artigiani non abbiamo bisogno di prestiti dalle banche, abbiamo bisogno di liquidità.

Non ho previsioni attendibili per il futuro, ma ho solo una speranza.

Spero che a maggio si possa ricominciare e, a quel punto, vedere se vale la pena tenere aperta l’attività o chiudere.

Certo che, più permane questo blocco, più peggiora la situazione.

Temo proprio che, nonostante tutti i sacrifici fatti per mettermi in proprio, dovrò regredire, e tornare a lavorare come dipendente.

Di sicuro, dovrò cercare altre soluzioni, perché, con che soldi do da mangiare ai miei figli?

Con che soldi li faccio studiare?!?”

Le sue parole, mi lasciano spiazzata.

Questa volta, però, vi faccio il suo nome. Silvia Berto, tatuatrice “Lady Tatoo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

Coronavirus: andrà tutto bene, parte seconda.

Andrà tutto bene … parte terza

 




Lettera di un medico al Ministro Conte

Lettera di un medico al Ministro Conte

Ecco il testo integrale della lettera che il Segretariato Italiano Dei Giovani Medici ha indirizzato al Presidente Del Consiglio Conte.

Avremmo potuto modificarla nei contenuti o inasprirla nella forma.

Ma non è nel nostro stile.

Come redazione di betapress, abbiamo il dovere di informarvi senza filtri.

E, voi lettori, avete il diritto di sapere.

E, state attenti, non è una fake news, ma pura verità.

Al più presto, seguirà intervista.

Intanto, cari lettori, leggete e suggeriteci pure altre domande da porre direttamente al Segretariato Italiano Dei Giovani Medici.

“All’attenzione del Primo Ministro e del Governo Italiano

Gentile Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Giuseppe Conte,

siamo il Segretariato Italiano Giovani Medici. Ma non siamo solo una sigla, non ci facciamo forza solo di un logo. Noi siamo medici, alcuni più giovani di altri, ma medici. Alcuni di noi sono impegnati nella gestione dell’emergenza sanitaria in prima linea, alcuni più stanchi di altri, ma sempre stanchi.

La nostra stanchezza non deriva solo dall’oneroso lavoro che, affiancati da tutto il personale sanitario, siamo chiamati a fare. Oggi questa prova è solo una delle tante, più difficile di altre sicuramente, ma solo una delle tante che ogni giorno siamo chiamati a sostenere.

Ogni giorno Ci scontriamo con carenze strutturali, ogni giorno siamo oberati dal lavoro, ogni giorno siamo in prima linea, ma solo in questa occasione Vi ricordate di Noi.

Ogni giorno, mai come ora, dobbiamo sopperire a tutte le carenze del nostro Sistema Sanitario, carenze create da un’errata programmazione degli specialisti e dei medici di medicina generale, oltre che un’inadeguata gestione strutturale.

Ma allora perché il Governo se ne è accorto solo ora? Perché se ad ogni nostro collega è sempre stato chiesto di fare il lavoro di 10 persone, oggi gli viene chiesto di fare il lavoro di 30 persone.
Per sopperire a ciò siamo costretti a ricorrere, ben prima dell’emergenza, alla richiamata di medici in pensione, all’arruolamento di medici in formazione, al depredare le forze del personale sanitario.

Chiediamo una semplice cosa ora che il Velo di Maya è stato squarciato da questa calamità: la lungimiranza.
Se vogliamo evitare che questo succeda ancora, se vogliamo che ai Cittadini siano garantiti i loro fondamentali diritti per la tutela della Salute, si necessita di un’adeguata programmazione dei contratti di formazione, perché le mancanze di oggi, che saranno aggravate dal pensionamento di molti medici, non si ripresentino domani.
Ogni anno fino a 10000 colleghi vengono tagliati fuori dalla possibilità di intraprendere un percorso formativo di specializzazione.

Per tanto tempo questo è sembrato adeguato, ma ora non basta più, anche se come spiegato mai è bastato. Lei ha affermato che non si dimenticherà della classe medica, degli sforzi che oggi sta facendo. Se vuole alleviare questi sforzi, almeno nel futuro, allora Ci ascolti.

Abbiamo scritto al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Università e della Ricerca. Ad oggi, probabilmente, saranno circa 22500 i candidati che parteciperanno al prossimo concorso, con sole 8300 borse, o poco più, stanziate ad oggi.

Chiediamo da tanto, forse troppo tempo l’aumento dei contratti di formazione specialistica e di formazione in Medicina Generale, e tra promesse e mancanza di risposte non possiamo più andare avanti, consapevoli che tale comportamento mina il nostro Sistema Sanitario e il futuro di tanti Giovani Medici.

Le auguriamo e Vi auguriamo un Buon Lavoro,
Segretariato Italiano Giovani Medici”

Non aggiungiamo altro se non la piena sottoscrizione di quanto segue.

?????? ??? ??? ????? ?????????, ?’????? ?????????
-??????? ????? ???? ?????????
-???????’ ????? ??????????
-?????? ?? ????? = ?????? ?? ?????????
-????? ?????? ?????????

Non più soluzioni tappabuchi, è ora di riformare in maniera seria e completa la programmazione e la formazione medica!

 

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità




CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI

L’impasse politica con la quale le istituzioni d’europa sono chiamate a fare i conti ha un nome, ormai, noto a tutti: Coronavirus bond.

Si tratta di obbligazioni  emesse dai singoli paesi, con la garanzia dell’europa o emesse dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI) per far fronte alle emergenze sanitarie dei paesi dell’area mediterranea senza clausole di priorità nel rimborso.

Una proposta che mira risolvere il problema rapidamente e sottrarre le emissioni di Bond dal rischio della speculazione finanziaria.

Infatti il funding di simili strumenti, da parte dei singoli paesi con merito di credito differente, porterebbe a speculazioni finanziarie anche significative.

La richiesta, tuttavia, non sembra trovare il favore della Germania che sostiene la necessità di un utilizzo del Meccanismo Europeo di Stabilità.
A favore dei Corona bond si sono espressi oltre a Italia, Spagna, Francia che un’ampia rappresentanza dei paesi facenti parte dell’unione monetaria come riportato nell’infografica sopra riportata (paesi in giallo).

Le due posizioni in realtà sono distanti non tanto per questioni di aritmetica.

Infatti, l’importo dei Bond da emettere che dovrebbe aggirarsi intorno ai 500md non sembra essere la causa delle divisioni.

A maggiore riprova di quanto osservato, l’ambizioso Quantitative Easing (PEPP Pandemic Emergencies Purchase Program) varato dalla BCE nei giorni scorsi e  consistente nell’acquisto di titoli di stato detenuti dalle banche per un importo di 750 miliardi di euro, è stato assunto senza conflitti o pause di riflessione.

Il punto di frizione sembrerebbe, quindi, essere implicito nella richiesta di varare ulteriori misure di sostegno prive di clausole di “condizionalità” il cui contenitore giuridico è, per l’appunto, il Mes.

Le clausole di condizionalità sono quelle  per le quali il sostegno ai paesi aderenti, non in regola con i parametri di stabilità, verrebbe concesso a fronte di precisi impegni di politica economica,

Impegni che si rivelerebbero vere e proprie limitqzioni del welfare come tagli alla spesa pubblica, ai salari alle pensioni e l’aumento dell’imposizione diretta e indiretta.

Clausule che potrebbero essere  rese più dure, in un secondo momento in modo unilaterale attraverso un voto preso a maggioranza qualificata del Consiglio ( art 7(5) Reg. EU 472/2013).

Del resto uno sguardo al funzionamento del Mes spiega molte cose.

Il Mes è un Fondo Intergovernativo costituito da tutti i paesi dell’Unione Monetaria che ne hanno sottoscritto un Capitale Sociale  soltanto in minima parte versato.

Dalla tabella sotto riportata (Fonte ESM) è facile comprendere che il capitale sottoscritto è pari a 704 miliardi di euro ma il capitale versato (paid in) è soltanto di 80,55 md.


La rimanente parte è infatti richiamabile (callable) in caso di necessità (letteralmente the ESM Members commit to provide the corresponding funding at short notice).

Il Mes ha già erogato presti a lunga scadenza a Grecia, Spagna e Cipro per circa 295 md.

 

Una soluzione, pertanto, non rapida ed immediata.

È evidente, a questo punto, che il confronto in atto tra i due blocchi in europa evidenzia profonde fratture politiche che nulla hanno a che vedere con la crisi dell’euro.

Nemmeno comunque con la tanto temuta Italexit e nemmeno con gli strumenti di sostegno da adottare siano essi Corona Bond o altro.

Per questo motivo non possiamo dire di assistere all’agonia dell’Unione Monetaria.

È l’Unione Politica che sta mostrando cenni di cedimento.

La volontà di utilizzare strumenti giuridici, per imporre deleghe di sovranità ai paesi periferici, potrebbe mettere in evidenza il vero progetto tedesco.

Un progetto che persegue il tentativo di costruire, alle spalle e sulle spalle delle regioni mediterranee dell’Unione, una nuova Deutsche Mark Zone più ricca e competitiva

Le misure di sostegno, sono diventate, in altri termini, strumenti di condizionamento e sottomissione di alcuni paesi a danno di altri ed asservite, forse, ad un disegno più ampio.

Alla fine prevarrà il buon senso ( e su questo dubbi ce ne sono N.d.D.) ma questa rimarrà una delle pagine più brutte della storia europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?




Il virus non si trasmette ai feti

Il RCOG, in collaborazione con il Royal College of Midwives, Royal College of Paediatrics and Child Health, Royal College of Anaesthetists, e l’Obstetric Anaesthetists’ Association, ha appena pubblicato il quarto aggiornamento del documento su infezione da COVID-19 e gravidanza.

La principale novità è la sezione completamente dedicata all’assistenza delle donne in gravidanza, sia dopo un periodo di isolamento per sintomi sospetti, sia dopo la guarigione da una infezione confermata da SARS-CoV-2.

 

A fronte di un case report cinese, in cui la sospetta trasmissione verticale dell’infezione non è stata confermata a causa dell’esecuzione tardiva del tampone effettuato sul neonato dopo 36 ore dalla nascita, continuano ad accumularsi evidenze a sostegno della mancata trasmissione verticale del virus SARS-CoV-2 da madre a neonato.

Un’analisi retrospettiva della documentazione clinica di 9 donne con diagnosi confermata di polmonite COVID-19 sottoposte a taglio cesareo in Cina non ha riscontrato alcuna trasmissione verticale dell’infezione da madre a neonato.

La ricerca del virus su liquido amniotico, sangue del cordone ombelicale e tampone naso-faringeo dei neonati è risultata sempre negativa.

 

Un capitolo emergente nella letteratura sul nuovo Coronavirus riguarda il ruolo e i bisogni dei professionisti sanitari coinvolti nell’emergenza della pandemia.

Infatti, sono soprattutto le donne che lavorano in ospedale, le più esposte, professionalmente parlando, al rischio di contrarre la malattia durante la gravidanza.

 

Viceversa, in considerazione dell’alta contagiosità del virus e dell’elevata probabilità di trasmissione dell’infezione da parte del personale medico a stretto contatto con i pazienti, un lavoro pubblicato in lingua cinese, raccomanda l’adozione di rigorose misure di protezione facendo riferimento al setting operatorio in caso di cesareo d’emergenza.

 

Attraverso una revisione retrospettiva delle cartelle cliniche di 17 donne cinesi positive al SARS CoV-2 e sottoposte a taglio cesareo, Chen, medico anestesista cinese, e collaboratori descrivono l’anestesia epidurale e generale come sicure ed efficaci per le pazienti e i neonati.

 

Un recente lavoro italiano (Moro F, Buonsenso D, Moruzzi MC, Inchingolo R, Smargiassi A, Demi L, Larici AR, Scambia G, Lanzone A, Testa AC. How to perform lung ultrasound in pregnant women with suspected COVID-19 infection. Ultrasound Obstet Gynecol.) del 24 marzo, studia l’utilizzo dell’ecografia polmonare come tecnica diagnostica per donne affette da SARS CoV-2 con complicazioni respiratorie.

 

Un altro lavoro riassume le raccomandazioni cliniche finora raccolte, sia per la prevenzione che per la gestione delle infezioni COVID-19 in gravidanza, sottolineando la necessità e l’urgenza di raccogliere e diffondere dati epidemiologici sull’infezione in gravidanza durante la corrente pandemia.

 

Finora, è stata pubblicata una prima revisione sistematica di letteratura sulle infezioni COVID-19 nei neonati e bambini che ha selezionato 45 articoli e lettere pertinenti.

Sul totale delle infezioni COVID-19 diagnosticate l’1-5% riguarda i bambini che presentano un decorso clinico meno grave rispetto a quello della popolazione adulta.

I sintomi più frequenti sono febbre e difficoltà respiratorie che raramente si convertono in polmonite.

Rispetto agli adulti anche i marker infiammatori risultano alterati.

Gli autori concludono che l’infezione COVID-19 nei bambini ha un decorso e una prognosi migliore rispetto agli adulti e che i decessi sono estremamente rari.

 

Come dicevamo, ad oggi, sempre più studi dimostrano l’assenza della trasmissione verticale madre-bambino durante la gravidanza o in allattamento.

Sono stati raccolti campioni di siero materno, sangue cordonale, tessuto placentare, liquido amniotico, tampone vaginale, latte materno e tampone orofaringeo da madre e neonato.

Ad eccezione del tampone orofaringeo delle madri risultato positivo, gli altri elementi analizzati sono risultati tutti negativi.

Per precauzione, i neonati sono stati separati dalle madri infette, immediatamente dopo la nascita ed è stato scoraggiato il loro allattamento per evitare il contatto ravvicinato.

 

Attenzione, però, l’allattamento durante l’infezione materna COVID-19 non è più controindicato al 100%, considerata la presenza di anticorpi nel latte materno, certo, dovrebbero essere adottate le misure igieniche idonee.

Raccomandano inoltre, nei casi in cui la separazione madre-bambino risulti necessaria, la spremitura del latte.

 

L’interim guidance dell’Inter-Agency Standing Committee (IASC) sull’epidemia da COVID-19 e le situazioni di emergenza più in generale, indica per le donne malate di continuare l’allattamento perché il bambino che è già stato esposto al virus dalla madre e/o dalla famiglia trarrà maggiori benefici dall’allattamento diretto.

Pertanto, paradossalmente, qualsiasi interruzione dell’allattamento può effettivamente aumentare il rischio del bambino di ammalarsi.

 

Rispetto al post partum, l’OMS raccomanda che “madri e bambini dovrebbero essere messi in grado di rimanere insieme e fare il contatto pelle-a-pelle, soprattutto immediatamente dopo il parto e durante l’avvio dell’allattamento.

I Royal Colleges indicano che le donne e i loro bambini sani, che non richiedano altrimenti cure neonatali, siano tenuti insieme nell’immediato periodo post partum”.

 

Nell’ultima versione delle proprie indicazioni, la Società Italiana di Neonatologia suggerisce ogni qualvolta possibile di gestire in modo congiunto madre e bambino, ai fini di facilitare l’interazione e l’avvio dell’allattamento; qualora la madre sia sintomatica e con un quadro clinico compromesso, madre e bambino vengono transitoriamente separati. La decisione se separare o meno madre e bambino va comunque presa per ogni singola coppia, tenendo conto “del consenso informato della madre, della situazione logistica dell’ospedale ed eventualmente anche della situazione epidemiologica locale relativa alla diffusione del SARS-CoV-2.”.

 

Diverse testate italiane riportano casi di neonati di madri SARS-COV-2 positive nati sani e allattati direttamente al seno.

Le Regioni stanno elaborando le proprie indicazioni e percorsi per gravide e puerpere con infezione da SARS-COV-2.

Si rilevano differenze, in particolare nella gestione dell’immediato post partum.

Tali differenze possono essere legate a fattori locali, logistici e organizzativi, oltre che al quadro epidemiologico delle diverse aree interessate.

Un’altra componente dell’assistenza al percorso nascita sono i servizi territoriali e la rete di supporto alle donne, che hanno un ruolo di rilevanza sempre maggiore nel corso dell’epidemia da COVID-19.

Tra le strategie volte a ridurre l’accesso alle strutture ospedaliere e il rischio di contagio per le donne in gravidanza, le società scientifiche ostetriche SYRIO e SISOGN raccomandano il rinforzo delle strategie di dimissione protetta di madre e bambino dopo il parto e attività cliniche di sostegno a domicilio per l’area ostetrica-neonatale. Raccomandano, inoltre, il rinforzo dei servizi di teleassistenza (idealmente con videochiamata) anche per assicurare occasioni di counselling in relazione a specifici bisogni informativi e di sostegno.

Sono numerose le Aziende Sanitarie ad aver attivato servizi di assistenza e supporto nel percorso nascita attraverso videochiamata e visite domiciliari.

Ci sono, inoltre, gruppi di sostegno tra pari che, nel caso delle Comunità Amiche dei Bambini riconosciute da UNICEF, sono parte integrante dell’offerta di supporto nel territorio.

Sul sito del Movimento Allattamento Materno Italiano è disponibile la mappa dei gruppi.

Il sito Saperidoc ha pubblicato una ricca pagina di approfondimento sul tema COVID-19 in gravidanza, parto e puerperio. La pagina offre materiali di approfondimento rivolti ai professionisti sanitari e, come d’abitudine, materiali divulgativi destinati alle donne.

Uno dei temi è “stare a casa con i bambini” con suggerimenti e indicazioni del Centro per la Salute del Bambino di Trieste; una sezione di giochi, letture e musica sviluppata in collaborazione con l’Associazione Culturale Pediatri e una sezione dedicata a consigli per genitori e futuri genitori dal titolo: “Il tempo (prezioso) del coronavirus”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italexit?

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 




Dimmi cosa compri e ti dirò chi sei …

Nuovo identikit del consumatore medio ai tempi del Covid 19

Da più di un mese è scattata l’emergenza coronavirus.

E così, giorno dopo giorno, passo dopo passo, decreto dopo decreto, ci siamo trovati a percorrere un tunnel.

Nostro malgrado, sempre più coinvolti e sconvolti, abbiamo dovuto agire e reagire.

Perdere abitudini personali, ritmi sociali e profili comportamentali.

Prova ne è, tra l’altro, la nascita di un nuovo modo di fare la spesa, la definizione di un nuovo identikit di consumatore, completamente diverso da quello precedente, a suo tempo studiato e manipolato da strategie di marketing decennali.

Questo nuovo prototipo di cliente, dai tratti compulsivi e dalle pulsioni schizofreniche, sta mettendo in tilt tutti gli studi di marketing, a suo tempo collaudati da studi di mercato, e comprovati da anni di consumismo sfrenato.

Consumismo che è sempre stato compulsivo per il consumatore, ma calcolato, diciamo così pianificato, previsto dal produttore.

Ma, tutto questo, fino all’altro ieri, ora non più.

Prima, ciascuno di noi, chi più, chi meno, era un consumatore indotto da bisogni fittizi, un acquirente pilotato da leggi di mercato, una pedina manovrata da profitti globali.

Ora, non più, basta vedere, quanto è avvenuto in Italia, ed ora all’estero.

Prima fase, l’assalto ai supermercati.

Non appena è scattata l’emergenza, nelle zone rosse, solo in quelle coinvolte nel maggior rischio di diffusione del virus, i consumatori hanno letteralmente preso d’ assalto i supermercati.

Ma comprando solo determinati articoli.

Alcool, amuchina e pasta, sono andati subito esauriti.

Il meccanismo inconscio che ha pilotato questi primi acquisti, è stata la paura, la paura di morire di malattia o di fame.

Due bisogni primari, legati all’istinto di sopravvivenza, vale a dire il neutralizzare il virus ed il riempire la pancia, hanno dominato e vinto ogni strategia di marchio pubblicitario o di fidelizzazione del cliente.

Sono andati esaurite tutte le marche di pasta, dalla Barilla a quella del discount, indipendentemente dalla pubblicità della famigliola del Mulino Bianco.

Una reazione impulsiva, quella dell’accaparramento, in particolare di cibi a lunga scadenza, che ha fatto saltare tutte le previsioni di vendita in vigore fino al giorno prima.

Parola chiave di questa prima fase, è stata fare la scorta.

Basta considerare l’incremento esponenziale della vendita di riso (28,8%), pasta (+ 29,6%), conserve animali (+19,9%) e conserve di pomodoro (+ 32,7%) verificatosi nella prima settimana di marzo.

Sono saltate le previsioni di consumo medio sia di quantità che di qualità pro capite.

Il ragionamento dei consumatori è stato chiaro, ma solo dopo che era già avvenuto.

Il consumatore non ha seguito un percorso previsto, ma l’ha ribaltato con il suo comportamento fuori ogni schema.

Nel timore di restare costretto a casa per lungo tempo, il consumatore tipo ha pensato che era meglio stipare il più possibile la dispensa.

Come minimo 5 kg di pasta a testa, anche se in famiglia, di solito, non se ne mangia più di un etto al giorno, perché non si sa mai!…

Al bando la dieta!

Ed in effetti la paura di morire di fame ha dominato il rischio di ingrassare.

Così, il consumatore medio ai tempi del covid19, ha invertito la tendenza salutista e dietetica precedente.

Niente più calcolo delle calorie, dieta proteica per mantenere il peso.

Il nuovo consumatore ha scelto di fare l’esatto contrario, di ingrassare, a forza di mangiare carboidrati senza poter più fare attività fisica.

E poi, al bando la gestione dello spazio! Altro che mania dello space cleaning!

Anche se si abita in un bilocale, dove manca lo spazio materiale per tutte queste scorte, il nuovo consumatore, rinuncia allo spazio vitale, pur di accumulare, perché, adesso, siamo in tempo di guerra!

Un altro effetto imprevisto delle vendite di quest’ultimo mese, è stata la brusca riduzione di prodotti freschi, vuoi per il rischio di trasmissione del virus sui banchi del mercato, vuoi perché si esce sempre meno per fare la spesa.

Così, per esempio, adesso, si preferisce il latte a lunga scadenza o la frutta sciroppata rispetto a quella fresca.

Poi, però, basta che scatti la news degli indubbi benefici della vitamina C per aumentare le difese immunitarie, che, dall’oggi al domani, va esaurito il Cebion o il Vivinc in farmacia, e ritorna la richiesta di agrumi e di succo d’arancia al supermercato.

Poi, con le restrizioni per raggiungere l’ipermercato fuori comune, ecco che, di necessità in virtù, si riscoprono i negozi sotto casa, i sapori locali, i prodotti a km zero.

Cavalca l’onda, anche la Confagricoltura, che, in tal senso promuove i prodotti italiani. «Gli agricoltori italiani –dice Massimiliano Giansanti, presidente dell’organizzazione – nel rispetto delle prescrizioni di sicurezza per i lavoratori, stanno lavorando e continueranno a farlo per il Paese, per produrre e fornire, con regolarità, prodotti freschi e materie prime, indispensabili per l’industria agroalimentare».

Altro nuovo effetto dello stare tutti a casa, è la riscoperta della buona cucina casalinga.

Un po’ per passione, un po’per passatempo, molti consumatori si dedicano alla preparazione delle pietanze. Basta dare un’occhiata a Instagram dove si susseguono immagini di torte, lasagne e pizze con una gara culinaria che attraversa tutta l’Italia.

In questa fase, avviene così, un incremento esponenziale degli ingredienti base per cucinare. Farina, uova, zucchero, ma, soprattutto lievito, diventato, all’improvviso, prezioso come l’oro.

Un simpatico post virale di questi tempi, è infatti quello di uno scambio di droga tra due loschi individui incappucciati, con il sottotitolo “Dammi due panetti…di lievito!”

Altro boom delle vendite è stato quello degli integratori.

Dimenticati quelli per rallentare il metabolismo e per tonificare la massa muscolare, il consumatore medio ai tempi del covid 19 ha fatto scorta solo di quelli per aumentare le difese immunitarie.

Altra idiosincrasia, dettata dal timore di contrarre il virus.

Nonostante la crisi economica, il consumatore medio è disposto a spendere.

E per di più in modo irrazionale, scegliendo un prodotto chimico, costoso ed artificiale, piuttosto che un prodotto fresco, frutta e verdura di stagione, di sicuro molto più sane ed economiche.

Questo perché attribuisce al prodotto creato in laboratorio un potere miracoloso di vittoria sul virus.

Infine, altro exploit: le salviettine umidificate, diventate dall’oggi al domani un bene di lusso.

Fino all’altro ieri, le salviettine umidificate erano destinate a pulire il culetto di un bimbo in viaggio o a struccare il volto di sua mamma alla sera.

Nell’ultima settimana, le vendite di tutte le salviettine, detergenti, disinfettanti, emollienti, e chi più ne ha, più ne metta, sono aumentate del 216%.

Ma perché comperare le salviette quando, in concreto, si resta quasi sempre a casa?!? Meglio optare per il sapone per le mani (liquido o solido), il cui prezzo è, peraltro, mediamente inferiore rispetto a quello delle salviette.

Ma questo è un altro mistero occulto di questo periodo…

Infine, la vendita di detergenti per le superfici domestiche. Anche qui un balzo in avanti (+ 37,8%).

Ma, attenzione, a differenza di quanto avveniva prima, il consumatore medio seleziona prodotti disinfettanti. Lysoform, candeggina, alcool…

Insomma, in questo momento, la profumazione passa in secondo piano, l’importante è l’efficacia.

E, dulcis in fundo, la carta igienica.

Avete fatto caso che, neanche qui si riesce a resistere alla tentazione della scorta?

Però, sono andate subito esaurite le confezioni salvaspazio, perché l’abbiamo detto prima, lo spazio in casa, è quello che è, però, male che vada, c’ è sempre la cantina ed il garage!…

 




Se lo dice Lui …

Si ritorna tutti a scuola! Parola di Renzi…

Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, nella sua newsletter Enews e in una diretta Facebook, ha annunciato il ritorno a scuola.

Riportiamo direttamente le sue parole, lasciando a voi lettori, il piacere o il dispiacere di tale lettura.

Se conteniamo l’onda di piena di queste ore e aumentiamo la forza negli ospedali, avremo vinto una battaglia contro il Covid 19 Ma non la guerra. Perché per vincere la guerra occorre il vaccino. E il vaccino purtroppo ha bisogno di tempo. Quindi ci sarà un periodo di convivenza. Un anno? Due? Non lo sappiamo, dobbiamo seguire la scienza. È chiaro che non possiamo stare chiusi in casa per tutto questo tempo. Dobbiamo ripartire. Piano piano ma ripartire “, ha detto Renzi.

C’è chi mi critica senza neanche avermi letto ma bisogna programmare d’accordo con la comunità scientifica una graduale ripartenza. Bisogna gradualmente iniziare a pensare a ripartire: questo dico. Gradualmente, a macchia di leopardo. Ma siccome non avremo la normalità di prima per due anni, dovremo inventarci una nuova normalità. Servono test a tutti, innanzitutto. Dovremo abituarci a fare i controlli della febbre per andare al supermercato e a scuola o – un domani – al cinema e a teatro. Dovremo gestire con cura la tecnologia e la privacy. Dovremo cambiare la vita nelle fabbriche e negli uffici “.

I giovani potranno uscire prima degli anziani. Brutto dirlo ma è così. Il Covid 19 uccide molto più gli anziani che i giovani. Ci sono alcuni settori che oggi possono partire. Si pensi a tutto il settore dei lavori pubblici e degli investimenti con il Piano Shock. Le scuole sono chiuse? Bene, autorizziamo lavori in emergenza per metterle in sicurezza. Adesso. Con procedure super semplificate. Nel mese di aprile possiamo spendere centinaia di milioni per rimettere a posto le nostre scuole consentendo ai ragazzi di vivere in posti più sicuri. Poi pensiamo che piano piano bisogna riaprire anche le scuole. Bisogna fare l’esame del sangue a tutti i nostri studenti o almeno il test sierologico. Potremmo scoprire che molti dei nostri figli hanno già contratto il virus Covid 19 che nei ragazzi sotto i 20 anni nella quasi totalità dei casi non dà sintomi. Fatti gli esami medici, dobbiamo pensare di riaprire gradualmente le scuole magari iniziando da chi deve fare la maturità o l’esame di terza media. Naturalmente con tutte le verifiche sanitarie del caso”. 

Da qui la proposta del rientro a scuola per il 4 maggio

Infatti, nel corso di un’intervista al quotidiano Avvenire, Renzi ha addirittura proposto di ritornare a scuola il 4 maggio.

Peccato, che tale idea, non sia piaciuta per niente affatto, né agli addetti ai lavori del mondo scolastico, né, soprattutto, agli esperti del mondo medico.

Del resto, già in passato, in altre occasioni, Renzi era stato paragonato al Pinocchio della politica italiana, vista la sua proverbiale abitudine a promettere qualcosa che, immancabilmente, poi non manteneva.

Come dicevamo, Per Luigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa e coordinatore scientifico della task force pugliese per l’emergenza coronavirus, ha subito definito folle ed illusorio tale proposito, dichiarando che “Pensare di riaprire le scuole il 4 maggio è una follia e fare proclami in questo momento è sbagliato. Dobbiamo essere cauti come facciamo a riaprire le scuole se non abbiamo dati né certezze? Non diamo false illusioni e speranze

Anche il virologo Roberto Burioni ha spiegato su Twitter: “Dobbiamo cominciare a pensare a una ripresa delle nostre vite: non possiamo pensare di stare in casa al fine di rimanere in casa per sempre. Però in questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve “.

Infine, anche il virologo Fabrizio Pregliasco, ha sottolineato che è prematuro e rischioso promettere il ritorno a scuola con una data precisa.

Pensare di riaprire le scuole è prematuro. E’giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione”.

Per ultimo, altrettanto duro contro Renzi anche Calenda, leader di Azione: “Caro Matteo Renzi, la tua dichiarazione è poco seria. Potremo riaprire quando la curva inizierà a flettere seriamente. Altrimenti il lockdown sarà stato inutile e dovremo riapplicarlo al primo riaccendersi di un focolaio “.

L’unica osservazione che ci permettiamo di aggiungere è che, mai come in questo periodo di emergenza sanitaria e di stress collettivo, i nostri cari politici, dovrebbero soppesare le dichiarazioni e misurare le parole, anche solo per non peggiorare ulteriormente il disagio personale di ognuno di noi, nonché la fatica di vivere del nostro Paese, già, visibilmente, provato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.




Coronavirus: epidemia massmediologica

La corrente pandemia di coronavirus fa risaltare alcuni aspetti sociologici e comunicativi molto importanti: primo, la polarizzazione dell’informazione mediatica sulla pandemia, che porta ad avere da un lato una enorme risonanza in termini di informazione quantitativa (dati cifre, numeri) dall’altro un forte impatto sulle emozioni degli utenti (televisivi e della stampa in genere).

Secondo, i servizi video-giornalistici enfatizzano per lo più i lati negativi della pandemia, quali il forte tasso di morbilità (contagio) e la sostanziale difficoltà nel contrastarla.

La combinazione di questi due fattori genera nel largo pubblico un senso di scoraggiamento, di esasperazione, di turbamento profondo e non giovano né alla risoluzione della pandemia né al sistema psico-neuro-immuno-endocrinologico di chi passa da un notiziario all’altro.

Questa polarizzazione, poi, sembra essere orientata solo alla reiterazione del problema in sé e non alla ricerca o alla divulgazione di soluzioni effettive, cioè sostanzialmente dà per scontato quanto di efficace vi sia ancora all’opera per sostenere il sistema nazionale (per esempio l’azione encomiabile del volontariato, senza il quale lo Stato collasserebbe in pochi giorni) e perciò appare evidente una corsa verso l’aggravamento e non verso la soluzione del problema.

Dispiace non avere notizie più trasparenti ed incoraggianti sull’impegno e sulle risorse messe a disposizione di chi rischia la vita per gli altri, dai volontari fino ai medici, alle forze dell’ordine e ai semplici impiegati di banca, tabaccai, edicolanti, farmacisti e cassieri dei supermercati che, ricordiamoci, rischiano la vita ogni giorno nel silenzio, in attesa del consueto “bollettino di guerra” serale, un conteggio freddo, burocratico, quasi asettico, di morti e guariti, ma senza quel calore, quella partecipazione sociale e quell’infusione di coraggio che tutti avrebbero bisogno di sentire.

Preoccupa poi soprattutto il fenomeno della parcellizzazione sociale: le persone separate dai nuclei famigliari perché sole o lontane, chi non può muoversi e soprattutto gli anziani, le vittime silenziose di questa tragedia. Eh si, perché, come si sente dire spesso “le case di riposo sono piene di coronavirus”, quasi che fossero dei lazzaretti dove l’anziano malato può solo tacere … e morire.

L’anziano, colui che ha costruito l’Italia, colui che ha sostenuto la sua famiglia fino ad oggi, anche attraverso la sua pensione, pilastro della famiglia, diventa così la vittima silenziosa di un sistema che non gli appartiene più e dal quale può solo uscire in sordina, in punta di piedi, dalla porta posteriore di una casa di riposo, mezzo vivo o mezzo morto, manipolato della freddezza dei guanti in latice, senza dire una parola e nemmeno vedere i volti dei suoi soccorritori, avvolti delle mascherine protettive.

Condotto in ospedale o direttamente ai luoghi di raccolta dei feretri, che poi vengono trasportati dall’esercito, sotto i riflettori impietosi di una stampa che sa valorizzare e spettacolarizzare l’audience, gli indici di ascolto, la notizia a tutti i costi, quella che “buca lo schermo” ma che purtroppo, spezza anche il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

 

La libertà di stampa