Italexit?

Il Coronavirus è entrato nelle nostre vite ed ha cambiato in pochi mesi abitudini e certezze.

La crisi virale e l’emergenza che ne è scaturita ha fatto emergere una parte della coscienza civile sinora, forse, sopita.

Di fronte alla paura della morte il bivio si fa più vicino e si sceglie la strada da seguire: unione o solitudine, sopravvivenza o sopraffazione, solidarietà o conflitto.

È uno stato dell’anima che si coniuga al singolare ma anche al plurale.

Riguarda Stati, comunità civili ed economiche fino a ciascuno di noi.

Nelle ultime settimane il divampare della pandemia ed il dibattito politico sulle misure di sostegno da applicare in ambito europeo hanno finito per dividere le comunità locali piuttosto che unirle in una comune lotta.

Il Consiglio d’Europa, con la pausa di riflessione imposta di fatto ieri ai Paesi più colpiti dal Virus dalla spirale recessiva e cioè Italia e Spagna principalmente, non ha fornito un’immagine unita e solidale.

Così, la guerra all’untore italiano o il blocco dei dispositivi di protezione diretti in Italia alla frontiera tedesca di qualche settimana fa tornano a far rumore, acquistano rilevanza e fanno male alla coscienza collettiva.

Si litiga per interessi contrapposti, per una visione diversa del vivere quotidiano di comunità separate, in realtà, da distanze spesso contenute.

Una lettura critica delle misure di sostegno adottate fino ad oggi non può che rinsaldare i nostri timori.

Nelle ultime ore, il provider finanziario Bloomberg ha pubblicato i dati, denominati in dollari usa, relativi alle politiche di stimolo adottate nei giorni precedenti dai principali paesi del mondo.

La Cina, l’economia che per prima ha dovuto confrontarsi con l’epidemia ha stanziato oltre 718 miliardi di dollari che rappresentano quasi il 6% del suo Prodotto Interno Lordo.

Gli Stati Uniti hanno dato corso ad un’operazione senza precedenti ovvero un’iniezione di liquidità para a 2158 miliardi di dollari, equivalente circa al 10% del Pil attraverso stimoli diversi estesi ad assegni per le famiglie e copertura delle spese sanitarie.

La situazione in Europa, purtroppo, non è stata la stessa.

La Germania ha varato a stimoli per oltre 611 miliardi di dollari, vicini al 16% del proprio Pil.

La Francia si è impegnata ad immettere sul sistema economico 380 Miliardi pari al 14% del Pil.

L’Italia è riuscita finora a varare misure di sostegno per circa 27,8 miliardi di dollari che rappresentano l’1,4% del Pil.

L’unione Europea, ha preso la decisione di assistere l’Eurozona con 41 miliardi di dollari attraverso operazioni a favore delle banche (Quantitative Easing e TILTRO Facility).

Il confronto tra i dati è disarmante.

Il sistema dei due pesi e delle due misure rischia di ritardare in modo significativo l’avvio delle misure di sostegno indispensabili per le famiglie e l’imprese soprattutto in Italia.

Senza un Nuovo Piano Marshall a difesa dell’Europa non sono soltanto a rischio le fondamenta politiche delle istituzioni comunitarie.

Senza interventi immediati è a rischio la pace sociale dei paesi più esposti alla crisi pandemica ed economica.

Senza interventi, dell’Europa per l’Europa, sono a rischio le alleanze internazionali poste in essere dal secondo dopo guerra.

Nei prossimi giorni la politica italiana dovrà essere unita e procedere nelle richieste formulate senza indugi e senza cedere alle condizioni imposte dal Meccanismo Europeo di Stabilità.

È un impegno per il nostro paese ma anche per il futuro stesso dell’Unione Europea, politica e monetaria.

 

 

 




Piano Marshall UE, sarà vera gloria???

 

La Pandemia non mostra segni di cedimento, ma in questi giorni ha assunto dimensioni per quantità, oltreché per estensione, di rilevante entità tali da restituire alla politica quella dignità che le teorie sulla immunità di gregge, ipotizzate da qualche premier, avevano un po’ annebbiato.

Nella giornata di ieri, in sede EU la riunione dell’Ecofin che raccoglie i ministri economici dei singoli paesi aderenti, ha provveduto, come del resto già annunciato nei giorni precedenti, alla sospensione dei Patti di Stabilità, cioè, dei “ratios” tra Deficit e Pil che gli accordi in sede europea del 1997 avevano convenuto dover essere inferiori al 3%.

Una decisione importante che permetterà ai singoli paesi il varo di misure economiche in disavanzo, almeno per i prossimi mesi.

L’Ecofin ha preso in rassegna, inoltre, le modalità attraverso le quali intervenire in sede europea per contrastare i danni economici e dotare le comunità degli strumenti finanziari necessari al contenimento ed alla cura della pandemia.

Le proposte in agenda riguardano, tre ipotesi di intervento.

Si parla, infatti, di Linee di Credito per l’Emergenza, di Linee di Credito con condizioni rafforzate (ECCL, Ehnanced Conditions Credit Line) erogate dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e della proposta, avanzata dall’Italia, in ordine all’emissione di “Coronavirus Bond” da parte dei singoli stati, garantiti dalla Bei (Banca Europea degli Investimenti).

Tutti gli strumenti sarebbero riconducibili all’utilizzo del Mes che, pertanto, dovrebbe essere ratificato nonostante l’opposizione dell’Italia e della Spagna ed, in sede nazionale, di tutte le forze di opposizione.

Il Mes lo ricordiamo è un’entità istituita nel 2012 con lo scopo di proteggere il sistema economico e garantire un accesso agevole al credito a disposizione dei paesi dell’Unione Europea.

Il Mes istituito come fondo è venuto ad assumere, ben presto, la forma di un’organizzazione intergovernativa con il potere di imporre scelte economiche ai paesi aderenti.

Tra gli strumenti di intervento del Mes ci sono l’adozione di linee di credito per i paesi in difficoltà e l’acquisto di titoli sul mercato secondario.

Non solo buone notizie, purtroppo.

Il Mes, infatti, impone, nei confronti dei paesi che ne fanno ricorso e non rispondenti a parametri di equilibrio nei conti pubblici, programmi di correzione macroeconomica e sanzioni fino alla sospensione del diritto di voto del paese stesso in caso di ritardo nei tempi di rimborso degli aiuti ricevuti.

Non colpisca, a questo punto, che tutto ruoti intorno ai cosiddetti “requisiti di condizionalità” sottostanti alle politiche di sostegno finanziate dal Mes al centro del dibattito in questo momento.

La condizionalità opera, infatti, nella direzione di prevedere programmi di aiuti “non” assistiti da clausole e condizioni di rimborso drastiche, alla luce del principio che la crisi pandemica ha avuto origini esterne dalla finanza dei singoli paesi.

Un orientamento, che è utile ricordarlo non vede d’accordo l’Olanda, la Finlandia e la stessa Germania caratterizzati da migliori condizioni di finanza pubblica.

È evidente che dietro la forma ed i distinguo politici ci sono circostanze oggettive ma anche tecnicalità economiche e giuridiche.

Le condizioni, infatti, per ottenere un prestito, sono rappresentate dalla capacità e dalla volontà di rimborso e dal sistema delle garanzie offerte che hanno, tuttavia, carattere accessorio.

La volontà di rimborso è connaturata alle fondamenta democratiche e solidali dell’Unione Europea e non è certamente in discussione.

Resta centrale, quindi nell’”insight” delle modalità di accesso alle linee di credito o ai Coronavirus Bond, la Capacità di Rimborso del paese richiedente.

La capacità di rimborso, sia nel settore privato che in quello istituzionale, dipende dalla ricchezza che si produce ogni anno e pertanto dai parametri di crescita.

In un contesto recessivo, cioè nel quale l’economia decresce, il rimborso delle passività dovrebbe essere accompagnato da periodi di rimborso lunghi e tassi di emissione particolarmente vantaggiosi.

Se guardiamo alle stime macro pubblicate in queste ore da Goldman Sachs ci rendiamo conto che l’economia italiana potrebbe flettere, nel corso del 2020, del 11.6% con un aumento del Deficit che potrebbe raggiungere il 10% del Pil.

Previsioni molto severe che non faranno certo il gioco del nostro paese alla riunione del Consiglio Europeo prevista per giovedì 26 marzo.

I paesi virtuosi, Germania in testa, avranno il timore che l’Italia, data la fragilità dei conti pubblici, il perdurare della pandemia e della recessione economica, non sia in grado di fare fronte ai rimborsi previsti dal piano di aiuti.

Più agevole sostenere, pertanto, la necessità di riservarsi la carta di imporre scelte draconiane di politica economica e tagli alla spesa pubblica secondo gli schemi già attuati durante la crisi greca.

È evidente, tuttavia, che la contrapposizione tra paesi virtuosi e le economie periferiche in atto, in queste ore, debba trovare un elemento di mediazione che consenta un’ iniezione importante di liquidità nel sistema e rimandi tensioni implosive a tempi migliori.

Un Piano Marshalldi al quale affidare il sostegno illimitato delle strutture produttive, e del modello di consumi di famiglie ed imprese.

Nel frattempo i paesi aderenti potranno lavorare ad una versione più attuale del Mes ed i governi nazionali a misure domestiche di rilancio dell’economia e tutela delle classi sociali più deboli.

La strada è, purtroppo, in salita.

Il Paese dovrà debellare il male e nel frattempo far ripartire il motore economico con serietà e competenza.

Per far questo occorreranno scelte importanti aperte alla più ampia condivisione delle forze politiche.

Il timore è che la strada impegnata dall’esecutivo, quella cioè dell’emergenza senza alcuna visione d’insieme, potrebbe essere, ancora una volta, la più facile, quella della tanto temuta imposta patrimoniale, dell’ Imu sulla prima casa ed dell’aumento delle aliquote Iva.

Per fortuna c’è ancora un giorno per pensare ed i contagi sembrano diminuire. E questa è una bella notizia.

 




Andrà tutto bene … parte terza

Il protrarsi dell’emergenza sanitaria sta generando un blocco dell’economia che porterà ad un forte ridimensionamento delle attività produttive in tutti i settori. Stiamo assistendo al calo delle vendite, all’annullamento di contratti commerciali e incarichi professionali, alla cancellazione diffusa di eventi, manifestazioni, ordini e prenotazioni sia in ambito turistico che business nonché alla mancata o ritardata consegna di merce al cliente.

È evidente che uno dei settori su cui l’epidemia sta impattando maggiormente è il settore turismo.

In Italia, il segmento del turismo vale in totale 146 miliardi di euro: una cifra pari a circa il 13% del Pil, generata da una filiera di 216 mila esercizi ricettivi e 12mila agenzie di viaggio. 

 

La proliferazione del Coronavirus ha spinto diversi governi a considerare l’Italia tra i Paesi da sconsigliare, se non vietare, per i viaggi e le trasferte di lavoro. 

L’impatto si fa sentire pesantemente sul turismo italiano, con la proiezione di un tracollo senza precedenti nella stagione pasquale, il comparto ha subito cancellazioni pari a circa l’80% per le città e fino al 95% in montagna. Questo fenomeno non riguarda solo le zone colpite direttamente, ma tutto il Paese.

Gli operatori del settore sono molto preoccupati rispetto al calo delle prenotazioni per le settimane bianche e per la Pasqua e si teme anche per la stagione estiva che risulta già essere compromessa.

Solo il settore delle gite scolastiche – che sono state vietate – muove un business da 316 milioni di euro, ormai perso, anche alla luce del provvedimento di chiusura di tutte le scuole di ordine e grado almeno fino al 3 aprile p.v. A questo si aggiunge la cancellazione di eventi e manifestazioni pubbliche importanti come il Carnevale di Venezia, solo per citare la prima più eclatante, o il Salone del Mobile e altri importanti eventi fieristici intorno ai quali gravitano ingenti interessi economici.

Durante i mesi di febbraio e marzo, gli esercizi ricettivi italiani generalmente ospitano 14,5 milioni di turisti italiani e stranieri, per quasi 40 milioni di pernottamenti, questo è un periodo di intensa attività per alcune aree del Paese.

Bene, alla luce dei fatti, si è rallentato prima e si è fermato tutto adesso.

Napoli ha perso 15mila visitatori e si prevede una perdita del 30% per Pasqua; 

Venezia perde il 40%

Riviera Romagnola disdette di massa (teme ricadute anche per l’estate)

Lazio crollo delle prenotazioni del 60-70% relative anche ai mesi dopo la Pasqua. 

Milano debooking all’ 80%

Ritornando ai dati inerenti l’incoming, secondo uno studio condotto dell’Istituto Demoskopika, che ha tracciato una mappa dei possibili effetti sul turismo italiano a seguito dell’allerta coronavirus, nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa turistica di ben 4,5 miliardi di euro, pari a circa il 5% del P.I.L. di cui il 70% in Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. 

Inoltre, l’ipotesi di base è che i viaggiatori che risiedono in paesi dove ci sono stati casi di coronavirus, spinti da sentimenti di paura e timore, continueranno a cancellare prenotazioni e limitare gli spostamenti anche dopo l’emergenza.

La sindrome da contagio, alimentata anche da scarsa e inadeguata informazione, rischia di produrre ricadute devastanti su gran parte dei sistemi turistici regionali.

Le pandemie nell’era dei social hanno pesanti effetti mediatici sull’immagine e la attrattività di un Paese.

Basta poco e crolla la domanda.

Territorialmente, subiranno le principali ricadute le destinazioni turistiche strutturalmente più apprezzate dai turisti internazionali, primi fra tutti cinesi, americani, tedeschi e inglesi.

L’impatto di questo scenario economico sul Made in Italy potrebbe essere difficilmente superabile dalle imprese italiane, soprattutto le più piccole, che costituiscono oltre il 95% del nostro tessuto produttivo, con ricadute pesanti non solo sui fatturati, ma sulla stessa occupazione in termini strutturali.

Siamo in una situazione emergenziale e servono, per questo, misure emergenziali.

Prima di addentrarci nella formulazione di proposte, bisogna sottolineare che, per reperire i fondi necessari a coprirne i costi, si dovrebbe utilizzare canali di finanziamento alternativi a quelli solitamente sfruttati, per esempio, risorse europee, relative alla programmazione 2014-2020, che ad oggi non risultano ancora spese, in tal senso urge un monitoraggio immediato.

Inoltre, sempre nell’ottica di un migliore utilizzo di risorse già esistenti, bisogna che il Governo riveda la nuova Programmazione 2021-2027, pianificando, almeno per il biennio 2021-2023, interventi specifici destinati a sostenere il sistema produttivo italiano, con un particolare focus sui settori Turismo e Cultura, con una rinnovata attenzione alle piccole e medie imprese che da sempre hanno difficoltà ad accedere a questa tipologia di risorse e che, invece, rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi economica.

Infine, il covid 19 è l’occasione per modificare Accordi di partenariato e regolamenti comunitari, che ingessano la spesa dei Fondi UE assegnati ad ogni singolo Paese.

Non si tratta di poter fare più deficit, che comunque genera debito per le generazioni future, ma avere l’adeguata flessibilità di risorse già programmate in contesti ordinari. 

Federterziario e Federterziario Turismo, propongono pertanto le seguenti misure:

  • la sospensione i pagamenti di tasse, contributi, Iva e tutte le cartelle esattoriali almeno per i prossimi 3 mesi con recupero a partire dal 1° gennaio 2021;
  • il temporaneo azzeramento delle sanzioni per i ritardati pagamenti di cartelle erariali;
  • sospensione dell’utilizzo degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) per il 2020, in considerazione dell’impatto negativo dell’emergenza sui bilanci d’impresa;
  • l’estensione della Cassa Integrazione in deroga a tutte le aziende, anche quelle con un solo dipendente;
  • il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa;
  • lo slittamento dei pagamenti di mutui e finanziamenti, con contestuale attivazione di un dialogo con il sistema bancario che porti all’adozione di misure in grado di concedere liquidità e prospettive alle imprese del settore turismo;
  • sospensione segnalazione automatica nella banca dati Crif;
  • la riduzione delle tasse di ancoraggio nei porti; 
  • azioni di promozione e rilancio del Made in Italy e dell’offerta turistica e culturale, anche attraverso iniziative di sostegno della domanda interna, quali il riconoscimento di detrazioni fiscali per le spese sostenute per viaggi e soggiorni presso strutture ricettive italiane.

Con la proposta della Commissione europea di sospendere di fatto l’applicazione del patto di stabilità con gli impegni di consolidamento di bilancio relativi per fronteggiare la crisi del coronavirus e la recessione ormai in arrivo, viene fatto un passo del tutto inedito: finora era stata usata solo la flessibilità sugli obiettivi di bilancio caso per caso.

Ora tocca ai ministri finanziari dare il via libera.

E, soprattutto agire di conseguenza, e qui inizieranno un mare di problemi…

 




I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

Facile criticare, in questo momento è fin troppo facile muovere critiche al governo ed a chi lo presiede, sono d’accordo, ma sarebbe anche un momento pericolosamente antidemocratico non farlo.

Facile adesso fare dietrologia, ma è difficile dimenticare la grave sottovalutazione fatta dal governo del fenomeno covid19, e la spavalderia con cui si sono dichiarate eccellenze sanitarie e preparazioni intoccabili giusto solo a fine gennaio 2020.

Difficile dimenticare come questo governo nei sui vertici bollava come semplice malattia, meno pericolosa dell’influenza, questa ormai pandemia mondiale, difficile in ogni caso non valutare come tutti i governi abbiano distrutto la sanità negli ultimi anni, sull’altare del pareggio di bilancio europeo.

Giusto? sbagliato? ad oggi sembrerebbe sbagliato!

Certo chi immaginava una pandemia mondiale?

Ebbene meraviglia delle meraviglie, Noi!

Proprio così, Noi avevamo, abbiamo, un piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, già dal lontano 2006.

Infatti nel 2006 a pagina 6 si diceva:

L’obbiettivo del piano e rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale, in modo da:
1. identificare, confermare e descrivere rapidamente casi di influenza causati da nuovi sottotipi virali, in modo da riconoscere tempestivamente l’inizio della pandemia.
2. Minimizzare il rischio di trasmissione e limitare la morbosità e la mortalità dovute alla pandemia.
3. Ridurre l’impatto della pandemia sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.
4. Assicurare una adeguata formazione del personale coinvolto nella risposta alla pandemia.
5. Garantire informazioni aggiornate e tempestive per i decisori, gli operatori sanitari, i media e il pubblico.
6. Monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi.
Le azioni chiave per raggiungere gli obiettivi del Piano sono:
1. migliorare la sorveglianza epidemiologica e virologica.
2. Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione (misure di sanità pubblica, profilassi con antivirali, vaccinazione).
3. Garantire il trattamento e l’assistenza dei casi.
4. Mettere a punto piani di emergenza per mantenere la funzionalità dei servizi sanitari e altri servizi essenziali.
5. Mettere a punto un piano di formazione.
6. Mettere a punto adeguate strategie di comunicazione.
7. Monitorare l’attuazione delle azioni pianificate per fase di rischio, le capacità/risorse esistenti per la risposta, le risorse aggiuntive necessarie, l’efficacia degli interventi intrapresi; il  monitoraggio deve avvenire in maniera continuativa e trasversale, integrando e analizzando i dati provenienti dai diversi sistemi informativi.
L’operatività del Piano sarà valutata con esercitazioni nazionali e regionali, cui parteciperanno tutte le istituzioni coinvolte in caso di pandemia.
Il presente Piano è suscettibile di periodiche revisioni, al cambiamento della situazione epidemiologica.

Quindi lo sapevamo benissimo che poteva succedere!!!

ed addirittura dicevamo:

1] Attuare misure di prevenzione e controllo dell’infezione

Per contenere gli iniziali focolai nazionali attribuibili a virus pandemico e ridurre il rischio di trasmissione vanno adottate:
– misure di sanità pubblica quali la limitazione degli spostamenti, l’isolamento e la quarantena dei casi e dei contatti
– strategie di utilizzo di farmaci antivirali sia come profilassi che come terapia
– strategie di vaccinazione.

 

2] Misure di sanità pubblica

Gli interventi di sanità pubblica che possono risultare efficaci per limitare e/o ritardare la diffusione dell’infezione sono basati sulla riduzione dei contatti tra persone infette e persone non infette, e/o sulla minimizzazione della probabilità di trasmissione dell’infezione in caso di contatto attraverso comuni norme igieniche e misure di barriera (per esempio dispositivi di protezione individuale, DPI).

Fasi interpandemiche (fasi 1-2) ovvero non appena si viene a conoscenza dell’individuazione di casi infetti:
1) informazione sanitaria della popolazione per promuovere l’adozione delle comuni norme igieniche, che includono:
lavarsi spesso le mani
pulire le superfici domestiche con
normali prodotti detergenti
coprirsi la bocca e il naso quando si
tossisce o starnutisce
2) adozione di misure per limitare la trasmissione delle infezioni in comunità (scuole, case di riposo, luoghi di ritrovo), quali evitare l’eccessivo affollamento e dotare gli ambienti di adeguati sistemi di ventilazione
3) preparazione di appropriate misure di controllo della trasmissione dell’influenza pandemica in ambito ospedaliero:

a) approvvigionamento dei DPI per il personale sanitario

b) controllo del funzionamento dei sistemi di sanificazione e disinfezione
c) individuazione di appropriati percorsi per i malati o sospetti tali

d)censimento delle disponibilità di posti letto in isolamento e di stanze in pressione negativa (terapia intensiva, camere ad ossigeno etc.)
e) censimento delle disponibilità di dispositivi meccanici per l’assistenza ai pazienti (respiratori).

Quindi, pur sapendo già cosa e come sarebbe successo, non abbiamo limitato subito gli spostamenti, non abbiamo innalzato i controlli alle frontiere, non abbiamo dotato le strutture di dispositivi di protezione individuali (mascherine, guanti, camici) non abbiamo ampliato le terapie intensive, non abbiamo predisposto opportuni piani per l’acquisizione di strumenti per l’assistenza ai pazienti, ma in compenso dal 2006 ad oggi abbiamo tolto più di 40.000 tra medici ed infermieri e fatto tagli per oltre trenta miliardi alla sanità pubblica.

Certo tutto questo non è colpa dell’attuale governo ma di tutte le forze politiche che si sono succedute in quel posto, e di cui oggi Conte eredita tutte le colpe.

Certo tutto questo è frutto dell’ottuso modo di essere in Europa che abbiamo tenuto negli anni.

Per cui sicuramente non per dolo ma per ruolo il nostro premier deve essere criticato.

Una critica che ci deve far riflettere su tutti gli errori del passato che oggi sono palesi, e non dobbiamo cantar vittoria perchè sono stati tolti i limiti del patto di stabilità, perchè questo ci permetterà solo di far sprofondare il paese in un rosso finanziario ancora più profondo, inoltre il tutto avrà un qualche valore solo se la BCE interverrà acquistando titoli di stato.

Si salverà forse qualche impresa, ma non certo l’Italia.

Oggi più che mai i Conte europei non tornano, ma davvero pensiamo che la Germania non ha i suoi piccoli falsi in bilancio che le cambiano i ratios? Ma tutti i finanziamenti alle imprese tedesche non “dichiarati” in bilancio all’europa?

E di fronte ad una Pandemia mondiale perchè l’Europa ha così paura ad esporsi? forse che salteranno fuori altarini che hanno coperto altri piani? forse che l’Italia si è svegliata dal quel sogno da principessa e si accorge pian pianino che in realtà era la cenerentola senza principe azzurro, o comunque il principe azzuro promesso in realtà era il cacciatore che doveva ucciderla strappandole il cuore?

Non è che tutto questo rincorrere un pareggio di bilancio con inflazione sotto il 2% altro non era che il modo di gestire masse di capitali a favore dei soliti ignoti?

Stiamo esagerando, pensando male? forse si ma a pensar male si pecca, ma la si azzecca.

 

 

 

 

 

 

Alleghiamo per una vostra lettura il piano pandemico, ad oggi molto attuale.

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2020/03/pianopandemico.pdf”]

 

Covid19, un nuovo futuro.

Piano Marshall oggi più che mai!!

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




Il primo bene di un popolo è la sua dignità

“Per manipolare efficacemente il popolo, è necessario convincere tutti che nessuno li sta manipolando.” J.K. Galbraith

 

Come milioni di italiani, inchiodati davanti alla tele, ho appena ascoltato le ultime, ennesime, restrizioni alla nostra libertà, in nome del rispetto e della tutela del bene più prezioso, la vita, la vita di ognuno di noi.

Sempre più avanza la morsa del controllo e della punizione.

Tutto giusto, quasi lecito sul piano etico e legale sul piano giuridico, anche considerando che chi fa le leggi oggi sono loro.

Io, però, non ci credo più che andrà tutto bene.

E men che meno, da domani, canterò l’inno d’Italia.

Perché non solo sta andando sempre più tutto peggio, ma perché insieme ai morti, stiamo portando via la verità.

Le file di camion militari piene di salme dei miei concittadini bergamaschi, ci sfilano davanti agli occhi e gridano, nel silenzio attonito di una città in ginocchio, gridano vendetta.

Ma urlano anche, dentro ognuno di noi, se ancora abbiamo una coscienza personale e collettiva.

Ogni nuovo morto ci obbliga a prendere atto che stiamo morendo tutti, indistintamente, diventando, sempre più, un popolo bue.

Non posso sopportare che quegli uomini e donne che hanno fatto da cavia in questa emergenza, finiscano in un pugno di cenere.

Quel pugno di cenere, che giorno dopo giorno, ci viene lanciato negli occhi, attraverso i media per avanzare a tentoni.

E per scatenarci, l’uno contro l’altro, nella caccia alle streghe o nella guerra agli untori.

La strategia applicata è quella di colpevolizzarci per dominarci.

Anche adesso, ci dicono “il problema lo stai provocando tu, sempre di più, ogni volta che non rispetti le regole”.

É una strategia che sta funzionando anche in questo periodo, nella fase più critica dell’epidemia prodotta dal coronavirus.

L’epidemia ha un’unica verità: questi morti sono sì deceduti per covid 19, ma la loro vera condanna a morte risale a tutti gli inganni della dottrina liberista.

Un esempio per tutti? Il nostro sistema sanitario.

Un sistema sanitario come quello italiano, fino a un decennio fa, era tra i migliori al mondo.

Poi è stato fatto precipitare sull’altare del patto di stabilità: tagli da 37 miliardi complessivi e una drastica riduzione del personale (-46.500 fra medici e infermieri), con il brillante risultato di aver perso più di 70.000 posti letto.

Solo per quanto riguarda la terapia intensiva, così drammaticamente attuale, siamo passati dai 922 posti letto, ogni 100mila abitanti nel 1980, ai 275 nel 2015.

Tutto questo dentro un sistema sanitario progressivamente privatizzato e, quando anche pubblico, sottoposto ad una torsione aziendalista con l’ossessione del pareggio di bilancio.

La prova inconfutabile è data dalla Lombardia, considerata l’eccellenza sanitaria italiana e ora crocifissa da un’epidemia che, nella drammaticità di queste settimane, ha dimostrato l’intrinseca fragilità di un modello economico-sociale interamente fondato sulla priorità dei profitti d’impresa e sulla preminenza dell’iniziativa privata.

Può un popolo mettere in discussione questo modello, con il rischio che, con effetto domino, l’intero sistema della dottrina liberista crolli?

Dal punto di vista dei poteri forti, è inaccettabile.

Meglio che il popolo resti bue e vada nella direzione voluta dal potere e dai media.

Ed ecco scattare la fase della colpevolizzazione dei cittadini.

Sono i cittadini che sbagliano, che non rispettano le regole, che propagano il contagio.

Forza, facciamo scendere in campo l’esercito, puniamo con pene esemplari.

A nessuno viene il dubbio che le pene esemplari dovrebbero essere inflisse a chi ci ha portato a questo sfacelo?!?

Perché, di sicuro, i primi untori, sono stati coloro che hanno voluto questo nostro sistema sanitario italiano.

Questa nostra sanità, de-finanziata e privatizzata, che non può funzionare senza risorse umane e mezzi tecnici adeguati.

E cosa dire di quei folli decreti che, fino a stasera hanno tenute aperte le fabbriche (e addirittura hanno incentivato la produzione con un bonus per la presenza sul lavoro), ma, al contempo, hanno ridotto i trasporti congestionando di più le presenze fisiche sugli stessi?!?

Così, per settimane, le aziende ed i trasporti hanno continuato a fare propagare il virus.

Ma evidentemente, la colpa è del cittadino irresponsabile che si comporta male, uscendo a passeggiare o a fare una corsa al parco.

Ogni giorno il messaggio che passa è LA COLPA E’ TUA .

Sei tu, cittadino vergognoso che continui a boicottare un sistema di per sé efficiente.

Questo attuale, ma antichissimo, meccanismo di colpevolizzazione è molto potente.

Paradossalmente, c’è da sperare che funzioni, almeno quello!

E dovrebbe funzionare perché si intreccia con il bisogno di ognuno di noi di dare un volto ad un nemico invisibile.

Ecco perché indicare un colpevole, L’IRRESPONSABILE, costruendogli intorno una campagna mediatica che non risponde ad alcuna realtà evidente, almeno nei numeri.

Anche se c’è stata la fuga dalla Lombardia, ma chi è stato il folle che ha diffuso la bozza del decreto, come è possibile che una superficialità del genere in un momento del genere sia avvenuta?????

Non era ovvio che dopo un bombardamento mediatico così aggressivo e terrorizzante potesse succedere una fuga dall’epidemia???

Scarichiamo proprio tutte le responsabilità sul popolo, perché così, il popolo bue non si ribella, o per lo meno, scarica sull’untore la rabbia crescente per il prolungamento delle misure di restrizione.

Un popolo libero, intelligente e consapevole potrebbe davvero rivoltarsi sul piano politico.

Potrebbe davvero scatenarsi con una rabbia furiosa contro quel modello che ci ha costretto a competere fino allo sfinimento senza garantire protezione ad alcuno di noi.

Ed allora io resto a casa.

E mi comporto bene.

Ma se lo faccio è solo per onorare la morte di chi ha dato la vita, e per rispettare chi è in prima linea.

Andrà tutto bene non esiste, continuerà comunque ad andare tutto peggio.

A meno che, non guardiamo in faccia la realtà.

E pur continuando a seppellire i morti, prendiamo coscienza di quello che sta succedendo, di quello che ci hanno fatto e che ci stanno ancora facendo.

E quando avremo toccato il fondo, teniamocelo ben stampato in fronte e marchiato nel cuore.

MAI PIU’ POPOLO BUE, e nemmeno complice…

“I popoli non dovrebbero avere paura dei propri governi, ma sono i governi che devono aver paura dei propri popoli.” T. Jefferson

 




sdidatticamente parlando e non solo

Prendo spunto dall’articolo che abbiamo pubblicato qualche giorno fa, sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza, della nostra cronista Antonella Ferrari professoressa in una secondaria di primo grado per fare alcune riflessioni con la calma necessaria.

La didattica digitale ha dimostrato chiaramente che non eravamo preparati, inutile alzare muri di orgoglio nazionale o locale, non lo eravamo ed ancora non lo siamo.

Il Paese non era preparato, le infrastrutture sono comunque non all’altezza, in alcuni territori non esiste fibra ottica, le connessioni non reggono, il wifi è scarso, le linee telefoniche sono inadeguate, in altre zone invece tutto bene tutto funziona.

In alcune zone esistono scuole che da anni hanno sperimentato sistemi di didattica digitale in altre è già bello se ci sono i computer o i tablet, alcune scuole hanno avuto i soldi per potersi adeguare altre no, in alcune zone i comuni e le regioni o provincie hanno fatto investimenti in altre no.

Ci sono professori che sanno di cosa parlano altri no, ci sono i maghetti superfighi e quelli che “ma manco se me pagano”, ci sono professori che sanno cos’è edmondo e professori che pensano che sia un attore argentino (che peraltro è un nome di origine anglosassone).

Non fraintendetemi, hanno ragione i professori, nessuno gli aveva detto prima che dovevano imparare perfettamente la didattica digitale  e le piattaforme collegate, nessuno ha impostato un progetto nazionale di trasformazione della didattica verso un impianto digitale.

Non mi dite che non è vero perché altrimenti non saremmo in questa situazione, al limite se c’era è clamorosamente fallito, alla prova dei fatti.

Nemmeno le scuole hanno avuto negli anni i soldi per poter avviare progetti in tal senso (alcune si ma molto poche) e non parlatemi dei PON, perché con quelli si sono utilizzati soldi per i progetti più disparati ma a pioggia e senza costrutto nazionale.

Un progetto di didattica nazionale a distanza, non la giungla che troviamo adesso, richiede alcuni elementi minimi:

la scelta di una piattaforma di riferimento (assurdamente il ministero ne ha consigliate tre o quattro)

un processo organizzativo uguale per tutti (oggi i professori sono tutti volontari)

la formazione dei docenti sulle tecnologie (mai avvenuta se non per volontà del singolo)

la riscrittura del patrimonio didattico in chiave digitale (i set informativi digitali non sono la stessa cosa di quelli utilizzati per la didattica frontale)

Nessuno di questi punti è presente oggi.

La didattica digitale non è mandare i pdf via skype o fare la lezione frontale tradizionale in video conferenza, queste sono grandi falsi ideologici, al limite strumenti dell’emergenza, ma non servono nemmeno come palliativo alla mancanza della scuola intesa come dimensione educante.

La Scuola è una dimensione insostituibile perché contiene un elemento che il virtuale non può sostituire contiene la gestione relazionale uno a molti, dimensione che non può essere demandata ad uno switch di videocamera.

Non solo, la Scuola contiene moltitudini, comportamenti, autonomie, responsabilità, immediatezza, praticità, contatto, che nessun mondo virtuale può sostituire.

Ma anche comprendendo l’emergenza, non possiamo perdere questo punto di vista, che riporta la scuola oggi al centro più che mai nella formazione delle nuove generazioni.

Nonostante tutto la didattica a distanza oggi è l’unica soluzione per cercare di mantenere legati gli alunni alla scuola.

Ma non ha funzionato benissimo, molti alunni sono persi e molti altri sono avatar del loro genitori, che sono stati buttati nel pozzo del digitale.

Quindi abbiamo scuole e didattiche a strati, chi riesce benissimo, chi riesce benino, chi non ci riesce, chi attua forme di trasferimento pdf, chi invia compiti via sms.

Questa è la tragedia vera come Stato, non stiamo dando a tutti i ragazzi le stesse opportunità.

Chi ha il professore maghetto o la scuola attrezzata usa piattaforme fantascientifiche, chi invece no deve stampare i compiti pdf che riceve, fotografarli e mandarli via telegram al docente.

Non è colpa di nessuno (magari invece sì), ma la situazione è questa.

La stessa idea del bonus docenti, che si e rivelata anch’essa fallimentare, poteva essere veicolata verso un progetto serio di didattica innovativa dando i soldi alle scuole con indicazioni chiare.

Situazione che inevitabilmente sta allontanando i genitori dalla scuola, perché cari professori, i genitori non fanno il mestiere di professori, sono a casa e devono seguire i loro ragazzi, vero, ma magari devono anche lavorare al computer, fare la cena ed il pranzo, gestire una situazione che spaventa un poco tutti.

Non pensate che il vostro mestiere sia mandare quintali di compiti o di videolezioni con l’idea che tanto sono a casa, probabilmente oggi serve più un contatto umano, qualche domanda simpatica in video, di certo non è utile esasperare i genitori, perché alla fine temo che l’esame di fine anno lo dovrete fare a loro.

Ritengo che questo momento del paese abbia alcune considerazioni fondamentali da tenere come punti fermi:

abbiamo bloccato in casa famiglie intere che prima si vedevano tre, quattro ore al giorno.

c’è una pressione psicologica dei mass media, giustificata dall’emergenza, ma che non può essere sottovalutata.

stiamo costringendo gli individui a vivere in pochi metri quadri, la frase leone in gabbia dovrebbe farci pensare.

la paura è un compagno continuo del popolo, ed un popolo che ha paura non sempre è razionale.

Tutto questo è dentro nella rabbia dei genitori che ulteriormente esplode quando non riescono a capire cosa fare per i loro figli.

Analizziamo inoltre un pochino il fine anno.

I sistemi on line che si stanno utilizzando non possono permettere una valutazione effettiva dei risultati in quanto non sono certificati, quindi quest’anno sarà impossibile valutare gli alunni sull’ultimo quadrimestre, forse è opportuno pensare di cristallizzare i risultati al primo ed avviare corsi intensivi a settembre per tutti.

Sarà obbligatorio il sei politico, perché qualsiasi bravo avvocato in questa situazione sarà in grado di far riammettere qualsiasi bocciato.

Ma soprattutto a settembre, speriamo, la scuola dovrà riaccogliere i suoi pulcini spaventati, sbandati e sicuramente un poco più ignoranti di prima e ridare la sensazione di essere parte di un paese vero, non virtuale, sicuro non infetto, dovrà garantire alle famiglie che ci sarà ancora un futuro per tutti.

La scuola avrà, come sempre, un ruolo importantissimo.

E forse finalmente avremo capito che dobbiamo cambiare come popolo, dobbiamo capire meglio chi siamo e con chi siamo, gli errori fatti nel passato, le quantità pazzesche di soldi buttati dalla finestra e riavviare progetti in linea con il futuro, che, come abbiamo visto, non è mai certo.

Quando usciremo da questa crisi non saremo più gli stessi, non avremo più lo stesso benessere, non avremo più la stessa fiducia, quasi spavalda, dei nostri mezzi, ma certamente saremo più italiani di prima, e questo è sicuramente un grande vantaggio.

 

 




Piano Marshall oggi più che mai!!

Ci vuole un Nuovo Piano Marshall a trazione europea.

Il Piano di aiuti di 12 miliardi di dollari che nel 1947 fu varato dagli Stati Uniti in soccorso dell’Europa distrutta dalla guerra molti di noi ricordano di averlo studiato come Piano Marshall (nella foto George Marshall, segretario di stato americano da cui prese il nome il piano di aiuti per l’Europa).

Marshall nel suo discorso di avvio del piano disse che: ” l’Europa avrebbe avuto bisogno, almeno per altri 3-4 anni, di ingenti aiuti da parte statunitense e che, senza di essi, la gran parte del vecchio continente avrebbe conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche, economiche e sociali”

In realtà, il vero nome del programma di aiuti suona oggi profetico: European Recovery Program.

Una definizione che fa rima con le tante formule che in questi giorni sentiamo snocciolare da politici ed economisti in ambito domestico ed europeo.

L’European Recovery Program erogò alla sola Italia, nei tre bienni successivi, la cifra astronomica, per i tempi, di circa un miliardo e duecento milioni di dollari di aiuti.

Ai valori di oggi ammonterebbe ad un piano di circa 10 miliardi di dollari, solo per l’Italia.

L’iniziativa non aveva finalità solidali.

Gli Usa volevano garantire la ricostruzione dell’Europa sotto la propria egida e ricostruire rapidamente un mercato di sbocco strategico per le proprie merci.

Al di là della complessa analisi e revisione storica devono interessare i tre perni dell’iniziativa: la gratuità, la tempestività e la dimensione dell’intervento varato.

Gli effetti non furono immediatamente evidenti in termini di crescita del Pil, ma l’intervento ebbe una straordinaria capacità, quella di conferire fiducia ai consumatori e di dare nuovo impulso alla propensione al consumo.

È proprio la propensione al consumo la variabile da emancipare nei momenti di recessione.

In un’economia recessiva gli aiuti rischiano di venire tesaurizzati, ovvero convertiti in riaparmi e non in spesa, da famiglie ed imprese e non immesse appunto nel circuito dei consumi e quindi del reddito.

È questo il limite della politica europea in dibattito in questi giorni.

L’iniezione di liquidità annunciato dalla Bce dovrà essere ampliato e non essere assistito da clausole contrattuali capestro.

Purtroppo, la politica del governo si sta muovendo all’interno della strategia già condivisa in sede europea e imperniata intorno alla messa in opera del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes, Esm in inglese).

Il MES è un’entità intergovernativa, istituita nel 2012, con lo scopo di proteggere il sistema economico e garantire un agevole accesso al credito a disposizione dei paesi dell’Unione Europa in condizioni di difficoltà finanziaria.

Il Mes, istituito come fondo, è venuto ad assumere, ben presto, la forma di organizzazione intergovernativa con la possibilità di esercitare il potere di imporre scelte di politica economica ai paesi aderenti.

Tra gli strumenti di intervento il Mes ci sono l’emissione di prestiti per assistere i paesi in difficoltà e l’acquisto di titoli sul mercato primario.

Non solo buone notizie, tuttavia.

Il Mes, infatti, impone nei confronti del paese per il quale sono stati decisi interventi di sostegno, programmi di correzione macroeconomica e sanzioni fino a sospendere i diritti di voto del paese stesso in caso di ritardi nei tempi di rimborso degli aiuti ricevuti

Un paese in difficoltà che avesse aderito alle misure previste dal Mes potrebbe vedersi imposti provvedimenti draconiani per il riequilibrio dei conti pubblici, quindi imposte patrimoniali, tagli verticali ed orizzontali alla spesa pubblica, tagli a pensioni ed a stipendi pubblici.

È evidente che la partita deve giocarsi sul rispetto della sovranità del nostro paese che è e che resta un paese solido e per questo appetibile.

L’Italia, infatti, ha un sistema privato molto forte scarsamente indebitato e molto patrimonializzato, caratteristiche alle quali Francia e Germania non possono ambire.

La votazione sul Mes era in agenda a fine Aprile, ma di colpo lo avevamo ritrovato nell’ordine del giorno della riunione di Bruxelles del 16 marzo.

Misteriosamente derubricato nelle “varie ed eventuali” nelle recenti ore ne è stata rilanciata l’importanza dal Premier Conte in un’intervista rilasciata al Financial Times.

È evidente che il Governo vuole arrivare quanto prima ad una ratifica definitiva del Mes, alla quale Germania e Francia hanno, probabilmente, subordinato il varo della liquidità immessa sul mercato.

Il mondo è entrato in una profonda recessione aggravata dallo scoppio di una crisi pandemica e sanitaria senza precedenti.

La ricetta economica deve fare leva su un nuovo Piano Marshall capace di immettere risorse aggiuntive a difesa di lavoro, salari, pensioni ed imprese.

Un programma di aiuti per l’Italia e per gli altri paesi che miri a infondere fiducia verso il futuro e voglia di consumare.

Soluzioni politicanti, volte a dare con un mano e a prendere il doppio con l’altra, non soltanto lasceranno il paese alla deriva economica e sociale, ma allontaneranno, per sempre, la Politica dal paese reale.

 

 




Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

Didattica a distanza?!? Ma, per favore, non prendiamo in giro…

Premesso che sono nella scuola da 30 anni e che sono pure bergamasca, aggravante di questi tempi, lasciatemi dire perché la didattica a distanza non funziona, e men che meno, non funzionano le prime indicazioni operative del Miur.

Sul piano normativo, i sindacati (tutti, incredibilmente concordi) chiedono l’immediato ritiro della circolare, sottolineando che in questo momento straordinario in cui il Governo ha decretato la sospensione delle attività didattiche, l’attivazione della didattica a distanza non può limitarsi a replicare contenuti e modalità tipiche di una situazione di normalità”.

Io, mi limito a dire che non è menzionato, nel contratto nazionale, il fatto che io debba firmare il registro elettronico, men che meno, se non entro, materialmente, in classe.
Non tutti i miei alunni sono provvisti di connessione valida per la didattica a distanza.
L’adesione degli alunni è volontaria, il loro patto formativo non prevede attività a distanza e valutazioni a distanza obbligatorie.

Le valutazioni fatte al di fuori dall’aula scolastica ed in orari in cui non è prevista didattica sono illegali, come lo certificano innumerevoli sentenze del TAR.

E poi, la privacy, dove la mettiamo? L’impiego di video lezioni o comunque di strumenti che facciano uso dell’immagine fisica del docente e dei suoi studenti, non rispettano la privacy.

Se gli studenti, attraverso i genitori, possono fornire delle liberatorie in merito all’uso di immagini e filmati, come fa, invece, un docente a garantire la propria privacy? Come fa un docente ad essere certo che, mentre sta svolgendo una video lezione, non venga filmato da qualcuno e che questo video non finisca pure su you tube?

E poi, lasciando fare ai sindacati la loro parte, sul piano dell’esperienza, la didattica a distanza esaspera due mali della scuola italiana: il protagonismo ed il parassitismo.

Dal momento in cui hanno sospeso le lezioni, alcuni di noi si sono fiondati in una gara di competenze tecnologiche digitali trascinando con sé gli alunni e le loro famiglie in un vortice infernale di link, password, piattaforme digitali ed allegati virtuali.

Altri, dall’oggi al domani, sono spariti, su quel treno che li ha riportati a casa, oppure si sono defilati con la scusa dei problemi di connessione, o, magari, si sono dimenticati di essere gli animatori digitali tanto invocati dalla scuola che si fingeva d’avanguardia…

Ma, c’è anche chi, come la sottoscritta, in coscienza, sa di non appartenere a nessuna delle due categorie precedenti. Non mi sento né protagonista, né parassita.

Non mi sento più niente. Questa scuola non mi appartiene.
Per me, la didattica a distanza è una fatica immane.

Io da sempre vivo (e non semplicemente faccio) una didattica in presenza, una didattica di relazione e non di prestazione.

Io non offro un prodotto, ma stimolo un processo.

Io, quando entro in classe, scendo in campo. E la lezione reale è un gioco di squadra, per tutti.

La didattica digitale non è così, è altamente esclusiva. Sia per i docenti che per i discenti.
Lo sperimento ogni giorno.

Più il tempo passa più ci stiamo perdendo, tra di noi, docenti, ma, soprattutto perdiamo i nostri studenti.

È una catastrofe.

Non parlo della mancata presa visione dei compiti da parte delle famiglie.

Non parlo delle difficoltà nell’invio degli elaborati agli insegnanti.

Ci può stare…
Parlo dell’assurda pretesa di valutare i risultati dei nostri alunni, perché, ditemi voi, che senso ha valutare dei compiti svolti a distanza, senza nessun controllo?!?

Che senso ha chiedere loro delle competenze strumentali da nativi digitali che primo non esistono, e qualora ci fossero, confermano la mancanza di giudizio critico, di capacità di riflessione, di formulazione di ipotesi?

(Manco sanno costruirti una mappa concettuale in presenza, figurati on line?!?)

Lasciamo stare poi, i programmi, o meglio la programmazione didattica, come dicono loro, quelli del Miur.

La programmazione didattica va rimodulata, ci suggeriscono…

Bene, la programmazione didattica è saltata in aria, vi dico io, come le nostre vite.

Se mai, per grazia di Dio, dovessimo ritornare a scuola, giusto in tempo per fare gli esami, non penso proprio che chiederò ai miei alunni di parlarmi di un argomento di civiltà…

Perché la scuola è altro.

È il luogo dello stare.

Dove devono stare i ragazzi per imparare.

E’ il luogo dell’emozione e della relazione.

Dove si apprende insieme, costruendo la lezione non per gli alunni, ma con gli alunni.

La scuola è cura, è luogo di accoglienza, di incontro, di costruzione del sapere.

È un luogo pubblico in più. Gratuito o quasi.

È il LUOGO per eccellenza a fronte di tanti NON LUOGHI.

E poi, come se non bastasse tutto questo, guardiamo i fatti.

Cosa sta succedendo in questi giorni di lezioni on line e di classroom?

Spariscono gli alunni.

La didattica a distanza uccide la scuola, perché incrementa il suo abbandono.

Con le lezioni virtuali perdiamo gli studenti più fragili, quelli meno motivati, spesso già trascurati in famiglia.

Da che non sono più entrata in classe, di almeno 20, anche 25 studenti, io ho perso traccia.

E non parlo solo di stranieri, anche di ragazzi seguiti dai servizi sociali, di ragazzi borderline per gli addetti ai lavori… 25 alunni persi, scomparsi.

Il 10- 15% sul totale delle mie classi.
E mi direte voi… chi se ne frega!

E no! È il mio mandato istituzionale tenerli a scuola!

Non funziona così!

Ti mando i compiti.

Magari! Non funziona.
Non si tratta di compiti, fosse solo quello il problema!

E comunque chi ho perso: fra i tanti deboli, quelli ancora più deboli, per mille motivi; famiglia assente, nessun controllo, nessun strumento digitale, niente soldi per i giga, niente supporto di educatori comunali…

DSA, BES, stranieri, tutti quelli che arrancavano ora si sono persi.

Ed io con loro.

Ed allora, alla sera, quando non dormo, penso all’immunità di gregge, quella della scuola italiana del 2020, quella che vogliono quelli del ministero, quando ci parlano di didattica a distanza.

A loro, proprio a loro, vorrei dire “non vantatevi più tanto delle vostre scuole super tecnologiche, che tanto in Italia, non esistono.

Non inventate dei sondaggi docimologici per farci credere che siamo tutti bravi.

Voi che pensate di aprire le danze e di trovare noi che balliamo a tempo…

Io non ci sto, io continuo a pensare a chi resta indietro. A chi arranca, a chi brancola nel buio”.

Forse perché, mai come in questi giorni, mi sento una di loro…

 




“La Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”

CORRADO FALETTI

Sono passati tanti anni, più di dieci, da quando ho lavorato per lo stato, quindi tutto quello che racconterò in queste righe è ormai prescritto e non dovrebbe più far paura a nessuno. CORRADO FALETTI

Ora voi cari lettori potreste pensar che io scrivo queste cose perché sono soffocato dalla rabbia e dalla frustrazione o per un senso di vendetta, a mia difesa e per dimostrare la mia buona fede queste cose le sto dicendo dieci anni dopo, appunto.

In questi anni ho sempre cercato di portare all’evidenza degli organismi preposti le cose che qui racconterò, ma gli esiti dei miei tentativi sono stati poco utili perché, seppur positivi alla fine, sono rimasti talmente sommersi che non sono serviti a far capire al cittadino la realtà in cui viviamo.

Perché raccontarle oggi? perché appare sempre più evidente che pochi comprendono il funzionamento della macchina dello stato, quantomeno pochi sanno che il problema non è solo nella politica, ma nel sistema dirigente su cui la politica appoggia.

Il problema è incardinato nella macchina amministrativa che è troppo complessa, permettendo deviazioni o addirittura scappatoie che vengono gestite dalla media dirigenza statale che ne conosce perfettamente i meccanismi, spesso addirittura li crea lei stessa.

Più volte mi è capitato di vedere arrivare il politico di turno anche animato da buone intenzioni, per poi naufragare clamorosamente nel mare dei cavilli e delle tempistiche assurdamente lunghe “imposte” dalla burocrazia della middle class

Eppure ci scanniamo per le dichiarazioni di Salvini o Zingaretti o Dimaio o chi per loro, per poi non capire che le stesse dichiarazioni, giuste o sbagliate che siano, messe nella macchina statale diventano clamorosi fallimenti …

Non mi soffermerò a raccontare tutto quello che trovai di storto e segnalato agli organismi competenti, non spenderò tempo per raccontare quanto malaffare esiste e come viene bellamente tollerato dalle cariche importanti dello stato, mi limiterò a raccontare qualche  aneddoto che rappresenta la punta dell’iceberg di un sistema talmente cristallizzato che credo sia ormai impossibile distruggere.

Come faccio a dirlo? direte voi, ebbene giudicate da soli se ancora avete la capacità di leggere tra le righe e sopratutto se ancora vi interessa.

Anni dal 2009 al 2014

Venni incaricato di gestire un gruppo di lavoro di scuole per analizzare il controllo di gestione nelle istituzioni scolastiche (chiamato poi gruppo Co. Ge.), il gruppo di lavoro parte nel 2010, ne fanno parte oltre 200 scuole, l’entusiasmo è alto da parte delle scuole, fu la prima volta in cui le scuole vennero coinvolte dal Ministero nella realizzazione di progetti che le riguardano.

La particolarità di questo gruppo fu quella di dialogare direttamente con le scuole, saltando qualsiasi intermediazione anche quella sindacale, e dando direttamente le notizie alle scuole, facendole progettare direttamente quello che più serviva loro.

Fin da subito, infatti, il gruppo di lavoro fu soggetto a critica ed attacchi da parte delle organizzazioni sindacali in quanto in un certo qual modo questo gruppo le disintermediava rispetto alle scuole stesse.

I sindacati addirittura chiesero al ministro se il gruppo coge era una mia farneticazione personale.

Le scuole realizzarono progetti importantissimi e vennero avviati i primi progetti di fundrising per le scuole con la grande distribuzione organizzata (ad esempio Conad), con ritorni di svariati milioni di euro.

Progetti che oggi sono all’ordine del giorno come l’ordinativo informatico locale con le banche, e che hanno portato tantissimi vantaggi alle scuole.

Realizzammo inoltre un progetto completo che prevedeva una nuova gestione dei software della scuola, in cui venivano messi a disposizione delle scuola registro elettronico, segreteria digitale, bilancio e contabilità, inventario, sito edu.it, etc. che le scuole avrebbero ricevuto in forma gratuita (costo medio del pacchetto oggi sulle scuole comprato da da fornitori terzi è dalle 4 mila euro in su, quindi si avrebbe avuto un un risparmio per lo stato di circa 32 milioni di euro annue in su, senza contare che un unico sistema informativo avrebbe aiutato molto anche nella formazione, negli spostamenti di personale tra le scuole, nella puntualità degli aggiornamenti,  etc.), peccato che questo progetto sia stato subito boicottato (anche con interrogazioni parlamentari) dai vari fornitori di software per ovvi motivi economici.

Questo gruppo di lavoro realizzò importanti progetti ancor oggi attivi e funzionanti, leggasi appunto il suddetto ordinativo informatico per le scuole in collaborazione con ABI, e avviò un percorso di formazione diretta Miur scuole che poi prenderà forma definitiva nel progetto IO CONTO.

Mi venne anche affidato il ruolo di capo degli ispettori dei fondi europei (un nucleo di sei persone più consulenti esterni), vennero svolte delle ispezioni sulle scuole e sull’utilizzo dei fondi, si riscrissero i regolamenti ispettivi (ad oggi ancora utilizzati).

Durante questa attività uscirono luci ed ombre, dalle pillole del sapere ai fondi mal gestiti da alcune scuole e da società di formazione regionali (parliamo di milioni di euro), ovviamente individuammo anche scuole eccellenti e di altissima qualità.

Provvidi a segnalare le evidenze negative con note ai miei superiori ministri compresi, alla comunità europea, querele alla procura della repubblica, informative ai giornali.

Gli animi si scaldarono, ricevetti lettere anonime, mi venne distrutta la moto con cui mi recavo al ministero, ricevetti lettere dai miei superiori in cui mi si accusava di danno erariale perché facevo troppe ispezioni, le missioni ci vennero pagate con mesi di ritardo, venne messa in giro la voce che mi ero sfasciato la moto da solo e che le lettere anonime le scrivevo io , i carabinieri, su indicazione superiore, indagarono su di me dall’asilo in poi, venni anche indagato per simulazione di reato (ovviamente tutto poi archiviato) dal nucleo interno al ministero dei carabinieri che “casualmente” mandava relazioni ai miei superiori su come stavano gestendo il caso (durante le indagini è un reato), addirittura riuscirono a farmi indagare per la moto, le lettere anonime ricevute (dicevano che me le ero scritte io), i titoli di studio, insomma per screditarmi il più possibile riuscirono a buttarmi addosso una serie di indagini ridicole che normalmente non sarebbero state nemmeno avviate, indagini che comunque furono tutte ovviamente archiviate in seguito (cioè quando non servivano più),  sul momento venni fatto passare per un mitomane pazzo pericoloso, tutti presero le distanze.

Agli occhi delle persone normali questo accanimento contro di me risultò evidentemente una macchinazione, ma immaginate come poteva essere percepita all’esterno tutta questa serie di informazioni buttate là a caso o dai sindacati o da chi aveva interesse a continuare le sue ruberie senza ” lo Sceriffo” che li controllava.

Nonostante questi atteggiamenti io ed i miei colleghi continuammo nella nostra attività, portammo avanti i progetti, le verifiche ispettive, ottenemmo i risultati che poi sono stati certificati dalla società di consulenza esterna.

Se ci si pone attenzione, nessuna delle accuse che ricevetti era diretta al mio operato, ma solo al fatto che ero uno sceriffo, mi rompevo la moto da solo, mi scrivevo le lettere anonime da solo, falsificavo i documenti, pertanto ero un inaffidabile pazzo che diceva cattiverie sui poverini che invece facevano tutto bene, come poi si è visto chiaramente negli anni successivi dalle condanne della magistratura, dalla chiusura forzata degli enti, dall’allontanamento forzato di persone mandate in pensione anticipata.

La cosa che però mi lasciò più perplesso e deluso del mondo in cui ero avvenne proprio in mezzo al marasma che vi ho descritto sopra, il fatto sconcertante, almeno a mio avviso, fu questo:

Venni convocato da uno dei ministri dell’epoca: ovviamente mi aspettavo parole di incoraggiamento per me e per i colleghi che stavano subendo tutta una serie di angherie (come il non pagamento delle trasferte o il continuo controllo sui permessi e sulle presenze), invece dopo un saluto che io non avrei dato nemmeno al peggiore dei miei nemici, venni apostrofato con queste parole, davanti a testimoni:

“la smetta di andare in Sicilia a fare ispezioni, la Sicilia non è Italia e nemmeno meridione …”.

A parte la mia espressione che doveva essere di un misto di schifo e stupore, io comunque rilanciai “ma ministro e la comunità europea? a loro dobbiamo rendicontare i fondi che usiamo”

mi si rispose: ” già non riceviamo tutti i fondi che dovremmo se poi andiamo anche a dire che ci sono magagne…”

“quindi” continuai  io “invece che mettere a posto gli errori che facciamo, nascondiamo tutto e scriviamo che è tutto perfetto!?!? andiamo bene…”

Fui congedato dal ministro senza un saluto, ma con i miei colleghi, aggiornati sull’accaduto, decidemmo di andare avanti nel nostro lavoro, sapendo che sarebbe comunque a quel punto durato poco.

 

Tengo a precisare che io amo la sicilia ed i siciliani, che sono gente veramente in gamba (poi le mele marce sono ovunque), ma questa frase mi sembrò assurda in bocca ad un ministro dello Stato, e questo mi fece perdere molta della voglia di andare avanti.

Venni convocato dalla Comunità Europea che mi chiese conto delle mie relazioni, le confermai, i fondi vennero bloccati per sei mesi: tutti impazzirono, ricevetti minacce, mi venne imposto per scritto di modificare i miei rapporti ispettivi che mandavo alla comunità europea, venne smantellato l’ufficio ispettivo che dirigevo, il venerdì eravamo in sei ispettori e 15 consulenti, il lunedì non c’era più nessuno; dopo una settimana al mio posto venne nominato un nuovo dirigente che mi disse testuali parole: “dopo quello che è successo a te io di sicuro non faccio un cxxxo di niente.”

Nel febbraio 2012 visto che nulla era stato fatto rispetto alle mie segnalazioni rassegnai le dimissioni, che non vennero accettate in quel momento perché a marzo si doveva rispondere alla comunità europea rispetto al mio rapporto che aveva fatto bloccare i fondi e lo dovevo fare io come capo degli ispettori ancora in carica, e peraltro la mia uscita repentina  sarebbe stata evidentemente un colpo tremendo anche e soprattutto verso la comunità europea, venni pertanto convinto a rimanere con la promessa che le mie segnalazioni sarebbero state considerate, mi illusi che sarebbe stato così e ritirai le dimissioni, in realtà fu solo uno stratagemma per prendere tempo e fare così in modo che io mandassi alla comunità europea un rapporto meno pesante perché tenetti conto delle promesse che mi furono fatte.

Questo prendere tempo servì non solo per passare il momento cruciale del rapporto alla comunità europea, ma anche per poter mettere ulteriormente in moto la macchina del fango e darmi del pazzo scatenato in modo tale che tutto quello che dicevo passasse per le farneticazioni di un mitomane.

Devo dire, ad onor del vero, che ci riuscirono.

Amareggiato e deluso, visto che quanto mi era stato promesso a febbraio non veniva messo in atto, consegnai le mie dimissioni definitive ed inderogabili comunque nei primi di settembre 2012, rendendomi conto che il problema non era nel governo politico, erano passati ormai tre ministri, ma nel sistema di alta dirigenza ministeriale.

Dopo la mia uscita la macchina del fango svolge il suo compito che, solo adesso dopo dieci anni, sono riuscito a debellare grazie alla giustizia che mi ha dato ragione (anche se forse un poco in ritardo).

Anche io ho fatto i miei errori certo, avrei potuto mediare, un colpo al cerchio ed un colpo alla botte, invece sono stato categorico, non ho mediato, non ho accettato il compromesso, ho portato lo stile del privato in un comparto che non era abituato a reggerlo, che non è proprio il modo di lavorare in quel mondo, non ho saputo adattare il mio agire all’ambiente in cui mi trovavo e da cui appunto alla fine mi sono allontanato, sono entrato come montanaro bergamasco e ne sono uscito uguale.

Però alla luce dell’esperienza che ho vissuto, finché il mondo del pubblico non assimilerà lo stile del privato, non funzionerà mai.

Nel mondo del pubblico il 75% del tempo i dirigenti lo passano per “pararsi il fondoschiena“, quindi prima di fare una cosa chiedono 1000 pareri, 1000 relazioni, aumentando tempi, costi e facendo in modo che l’idea iniziale diventi tutt’altra cosa alla fine dei passaggi.

Insomma manca il coraggio di portare avanti idee innovative e soprattutto manca la voglia.

Ah, tra le altre cose, ho anche dovuto discutere con qualche sindacato perché a loro non andava bene che il ministero parlasse prima con le scuole che con loro, sindacato che ancora oggi riesce a dire che il ministero ha fatto in modo che io me ne andassi (nonostante io avessi ricevuto lettera di encomio da parte del mio superiore diretto), notare la frase il ministero ha fatto in modo che io me ne andassi (il sindacato infatti dice e scrive: “il ministero ci ha garantito che il problema faletti sarebbe stato risolto”), ma non è proprio qui che un sindacato dovrebbe intervenire? o almeno verificare cosa succede? invece il sindacato ha spalleggiato il ministero (in realtà alcuni personaggi del ministero) addirittura schierandosi con gli stessi  … assurdo vero? un sindacato che dice consapevolmente che un datore di lavoro assilla un lavoratore fino a farlo andar via, e lo dice come se fosse una cosa giusta???

ma sindacato mio, sei sicuro? se fossi stato un lavoratore così pessimo, secondo te, il mio capo aveva davvero bisogno di farmi mobbing, di fami indagare per qualsiasi fesseria, di non pagarmi le trasferte, di togliermi gli incarichi, di allontanare dal servizio tutti i colleghi presenti, compresi i consulenti,  per farmi dare le dimissioni?? non ti sembra che ci sia sotto qualcosa???

in fondo bastava licenziarmi per giusta causa …

ah, ma certo, la giusta causa non c’era, appunto, allora giusto farmi mobbing, ma che lo dica anche il sindacato non è un poco patetico?

ma anche ammesso che io fossi un pazzo, ma gli altri colleghi presenti non andavano tutelati??

Mi viene da ridere a pensarci!

Comunque, a ripensarci bene, il mio datore di lavoro non poteva licenziarmi, c’erano gli encomi della comunità europea, c’erano le lettere di gradimento delle scuole, ma soprattutto c’è una relazione (che ovviamente non esiste sul sito del ministero come non esiste nessun riferimento al progetto Co. Ge. tutto cancellato) fatta da una società di revisione che dice che, con la nostra attività, progettuale sono arrivati in più,  alle scuole, circa 13 milioni di euro nei primi due anni per poi assestarsi sugli 80 milioni di euro ogni anno per tutti gli anni successivi alla sperimentazione,

… andata la giusta causa …

 

Per dieci anni mi sono gestito tutto il rammarico che questa situazione mi ha lasciato, anche se mi ha fatto piacere che in precedenza qualche ex collega ispettore abbia rilasciato qualche dichiarazione raccontando i fatti, anche se in forma anonima.

Ma io ho taciuto sperando che il tempo fosse galantuomo con i galantuomini, e devo dire che alla fine lo è stato, anche se, per me purtroppo, la galanteria è arrivata postuma.

Scrivo ora queste cose perché sia abbastanza chiaro che qui nel nostro paese da cambiare sarebbe buona parte dell’impalcatura, non solo le bandiere in cima al balcone, invece noi ci illudiamo che basti votare pinco piuttosto che pallino per cambiare qualcosa, non è così!

I decenni di malgoverno del nostro paese lo dimostrano, non importa chi governa, conta il substrato, l’humus del sottobosco italiano della PA che oggi è uno dei veri artefici dello sfacelo a cui stiamo assistendo.

Al 31 agosto 2019 il debito pubblico era pari a 2.463 miliardi di euro, rispetto ai 2.466 miliardi del mese precedente (dato rivisto), che rappresenta il massimo storico.

Occorre dire altro?

Direi proprio di no.

Vorrei lanciare una proposta: chiediamo tutti asilo politico in un paese straniero (Canada, Australia, Nuova Zelanda, Russia) per incapacità manifesta dello stato italiano, secondo me non possono negarcelo.


In considerazione di questo malcostume italiano, Betapress.it propone a chiunque abbia avuto un sopruso, sia stato messo da parte perché faceva il suo lavoro, abbia ricevuto azioni di mobbing o simili, di raccontare la sua storia tramite le nostre pagine.

Un nostro giornalista raccoglierà la testimonianza e pubblicheremo un articolo nella nostra rubrica IO CI HO PROVATO, in cui racconteremo storie di soprusi e di malcostume che nessuno ha mai raccontato.

Siamo fermamente convinti che il silenzio su questi casi sia fatto ancora più grave dei casi stessi, pertanto scrivete alla mail iocihoprovato@betapress.it  e raccontateci cosa vi è successo, non fa nulla se è successo dieci anno or sono o ieri o sta succedendo, noi lo racconteremo sentendo tutte le campane e portando alla luce tutta la verità, così come stiamo già facendo nel mondo delle scuole.

Il nostro team di avvocati valuterà gratuitamente il vostro caso e vi darà le prime indicazioni per poter reclamare giustizia.

 

note di positiva speranza:

A onor del vero occorre però fare i nomi di chi in quel periodo fu dalla mia parte, aiutandomi, o anche solo non voltandomi le spalle:

in primis l’allora direttore generale del bilancio del Miur, Marco Ugo Filisetti, che con me portò avanti parte delle battaglie e che comunque subì anche lui una forma di ostracismo che lo portò ad essere trasferito ad altro incarico. (leggi più avanti)

della politica vi fu solo un senatore, che nel momento in cui tutti mi misero al bando, rimase al mio fianco cercando di aiutarmi.

i colleghi Elisabetta Cannarsa, Cesare di Falco, Cavallo Patrizia, Antonino Giunta, Rocco Pinneri, Gianna Barbieri, il consulente Giovanni Vico, a cui sempre va un mio pensiero affettuoso.

 

 

corrado faletti

Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti Corrado Faletti

per chi volesse approfondire, ecco alcuni documenti utili:

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

 

 

PON – intervista ad un ex ispettore dei fondi europei del MIUR

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=4VDSISTKNMY?start=5&w=640&h=360]

 

http://www.report.rai.it/dl/Report/extra/ContentItem-7778933c-ec14-4f2d-8b5a-3712b51d388b.html

https://www.ilsussidiario.net/news/educazione/2016/8/3/scuola-pillole-del-sapere-la-sentenza-della-corte-dei-conti-che-la-giannini-non-puo-ignorare/717312/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/24/ministero-dellistruzione-a-roma-aperta-uninchiesta-per-bandi-su-misura/635955/

https://www.iltempo.it/cronache/2016/07/26/news/il-grande-bluff-delle-pillole-del-sapere-1016138/

questi a seguire sono i documenti che provano quanto raccontato sopra, ovviamente non sono tutti, ma credo che bastino per dare veridicità ad un racconto che altrimenti potrebbe sembrare surreale ed inventato:

questa è la lettera con cui prese avvio ufficialmente il progetto Co.Ge

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/lettera-avvio-coge-biondi.pdf” title=”lettera avvio coge biondi”]

questa è una delle scuole su cui facemmo l’ispezione nel 2010

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/borsellino-articolo.pdf” title=”borsellino articolo”]

questo è l’ente di formazione citato nell’articolo sopra e da noi segnalato

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/assunzioni-edyuform.pdf” title=”assunzioni edyuform”]

questa è la lettera di buon servizio ricevuta

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/44-faletti-miur-lettera-paluso-Filisetti-protocollata-2013.pdf” title=”44 – faletti miur lettera paluso Filisetti protocollata 2013″]

questa è la lettera in cui venivamo accusati di far troppe ispezioni, e leggendo gli articoli di cui sopra appare molto ridicola

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/parte-lettera-su-troppe-ispezioni.pdf” title=”parte lettera su troppe ispezioni”]

relazione di società di consulenza su mio operato

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/MIUR_Progetto-Co.Ge_._Relazione-tecnica-0.34-relazione-di-kpmg.pdf” title=”MIUR_Progetto Co.Ge._Relazione tecnica 0.34 relazione di kpmg”]

alcune delle tante lettere di ringraziamenti

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/06-LETTERA-ministro-da-borini.pdf” title=”06 – LETTERA ministro da borini”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/07-lettere-varie-complimenti-progetto-coge.pdf” title=”07 – lettere varie complimenti progetto coge”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/IC-MISANO.pdf” title=”IC MISANO”]

la mia prima lettera di dimissioni del 7 febbraio 2012

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/41-prima-lettera-di-dimissioni-7-2-2012.pdf” title=”41 – prima lettera di dimissioni 7-2-2012″]

la seconda e definitiva lettera di dimissioni del 5 settembre 2012

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/42-dimissioni.pdf” title=”42 – dimissioni”]

Alcuni articoli sulle nostre iniziative

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/60-mio-articolo-con-intervista-ad-ispettore-ex-miur-Fondi-Europei_-luci-ed-ombre-forse-più-buio-profondo…pdf” title=”60 – mio articolo con intervista ad ispettore ex miur Fondi Europei_ luci ed ombre, forse più buio profondo..”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/30-IlSole24ore-20mag12-Sostegni-privati-per-le-scuole.pdf” title=”30 – IlSole24ore 20mag12 – Sostegni privati per le scuole”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/31-sole-24-ore-23-marzo-2012.pdf” title=”31 – sole 24 ore 23 marzo 2012″]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/34-2012_03_23_Corriere_AdriaticoAN_Miur.pdf” title=”34 – 2012_03_23_Corriere_AdriaticoAN_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/35-2012-03-21_RestodelCarlino_Miur.pdf” title=”35 – 2012-03-21_RestodelCarlino_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/36-2012_03_24_IlMessaggeroAN_Miur.pdf” title=”36 – 2012_03_24_IlMessaggeroAN_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/37-2012_03_24_ilRestodelCarlinoAN_Miur.pdf” title=”37 – 2012_03_24_ilRestodelCarlinoAN_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/38-2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur.pdf” title=”38 – 2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur”]

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/39-2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur1.pdf” title=”39 – 2012-03-20_CorriereAdriatico_Miur1″]

una delle tante lettere anonime ricevute

[pdf-embedder url=”https://betapress.it/wp-content/uploads/2019/11/lettera-minatoria-dicembre-2011.pdf” title=”lettera minatoria dicembre 2011″]

 

 

https://betapress.it/condannato-per-diffamazione-giusto-scozzaro-ex-segretario-provinciale-cgil-palermo/

Vita da sindacato: quando manca la logica nelle cose

 

 

 

 

 




Cyber Psicologo e la privacy

Nelle recenti elezioni che si sono svolte  in USA che hanno indicato  Trump nuovo presidente e che hanno visto la Russia di Putin  mettere  un hacker malefico con lo scopo di « avvelenare » lo svolgimento democratico della campagna politica.

Trump ha ammesso : «Penso che dietro l’hackeraggio della campagna presidenziale americana ci sia la Russia ma anche altri paesi, per questo «in campo informatico creeremo una task force» «Abbiamo unito le sei migliori menti per creare un muro contro gli hacker. I democratici non hanno saputo difendersi». «L’incontro con l’intelligence era confidenziale- ha aggiunto – è una disgrazia, vergognoso che quelle informazioni siano state violate e  divulgate.

Questi accadimenti ci insegnano che le nostre vite digitali corrono un serio rischio, i pirati della rete attaccano sempre più le falle della nostra negligenza nel proteggere il nostro « sistema operativo » umano. I fatti sopra citati ci insegnano che esistono azioni di manipolazione del patrimonio digitale che comprende anche dati sensibili e personali.

La Commissione Europea ha proposto una serie di riforme per migliorare la tutela dei dati personali per cittadini e imprese fra cui la tutela dei metadati e norme semplificate sui cookie.

E’ stata pubblicata una nuova proposta per aggiornare il vecchio quadro normativo sulla privacy nelle comunicazioni elettroniche, che risale ormai alla Direttiva 2002/58/CE che peraltro si applica soltanto agli operatori Tlc tradizionali.

La nuova direttiva Privacy entrerà in vigore entro il 25 maggio del 2018 e oggi la Commissione ha proposto un giro di vite sulla protezione dati delle chat di messaggistica r dei social come WhatsApp, Skype, Facebook, Messenger, Gmail, Viber e iMessage che dovranno sottostare alle medesime regole in termine di protezione dati degli operatori Tlc.

Il nuovo regolamento proposto dalla Commissione introduce l’obbligo del consenso per il trattamento di qualsiasi dato personale online.

In particolare, la Commissione propone che siano protetti sia il contenuto delle comunicazioni (siano esse via chat, email o telefonate internet-based), sia i ‘metadati’ come durata della chiamata o localizzazione, che dovranno essere cancellati se l’utente non dà il consenso all’utilizzo.

Vengono poi semplificate le regole sui ‘cookies’, visto che oggi l’utente deve dare il consenso all’utilizzo ogni volta che apre un nuovo sito web. Con le nuove regole ci sarà invece un modo per settare di default, sul browser, il livello di protezione desiderato, per evitare di dover rispondere alle numerose richieste. La proposta chiarisce poi che non serve consenso per quei cookies non intrusivi della privacy, come quelli che servono a migliorare l’esperienza di internet (ad esempio, quelli grazie ai quali un sito ricorda lo storico dei tuoi acquisti).

 

Pur condividendo la necessità di proteggere i consumatori, ritengo che “la Normativa vigente per la protezione dei dati fornisca già un quadro sufficiente sia dal punto di vista della neutralità tecnologica sia dal punto di vista dell’orientamento al futuro.

E ancora: “Il regolamento finale dovrà tenere  conto dei nuovi servizi e che tutti i provider siano soggetti alle stesse regole. Se non si superano le attuali inconsistenze e restrizioni agli operatori , in Europa sarà preclusa la possibilità di espandere la scelta dei consumatori e di offrire nuovi servizi competitivi ai cittadini”. Tanto più che gli sforzi economici per la realizzazione delle nuove reti 5G sono in capo alle telco, chiosano ETNO e Gsma.

Il 92% degli europei ritiene importante mantenere la riservatezza delle e-mail e dei messaggi online. Tuttavia, la vigente direttiva Privacy si applica unicamente agli operatori di telecomunicazioni tradizionali. Le norme in materia di riservatezza si applicheranno d’ora in poi anche ai nuovi operatori che forniscono servizi di comunicazione elettronica – ad esempio WhatsApp, Facebook Messenger, Skype, Gmail, iMessage, Viber.

Tutti i cittadini e le imprese nell’UE potranno godere dello stesso livello di protezione delle comunicazioni elettroniche. Anche le imprese trarranno vantaggi da un unico corpus di norme applicabili in tutta l’UE.

La riservatezza sarà garantita sia per i contenuti sia per i metadati delle comunicazioni elettroniche (ad esempio, l’ora della chiamata e il luogo). Entrambi hanno una forte componente di riservatezza e, secondo le norme proposte, dovranno essere anonimizzati o eliminati in caso di mancato consenso degli utenti, a meno che non siano necessari, ad esempio per la fatturazione. Una volta ottenuto il consenso al trattamento dei dati relativi alle comunicazioni (contenuti e/o metadati), gli operatori di telecomunicazioni tradizionali avranno maggiori opportunità di utilizzare i dati e fornire servizi aggiuntivi.

Ad esempio, potranno produrre mappe di calore per indicare la presenza di persone di cui potranno avvalersi le autorità pubbliche e le imprese di trasporto nello sviluppo di nuovi progetti di infrastrutture.

E’ prevista la semplificazione della cosiddetta “disposizione sui cookie”, che ha dato luogo a un numero eccessivo di richieste di consenso per gli utenti di internet. Le nuove norme permetteranno agli utenti di avere un maggiore controllo sulle impostazioni, consentendo di accettare o rifiutare facilmente il monitoraggio dei cookie e di altri identificatori in caso di rischi per la riservatezza.

La proposta chiarisce che il consenso non è necessario per i cookie non intrusivi che migliorano l’esperienza degli utenti (ad esempio, quelli che permettono di ricordare la cronologia del carrello degli acquisti). Il consenso non sarà più necessario per i cookie che contano il numero di utenti che visitano un sito web.

Saranno  vietate  le comunicazioni elettroniche indesiderate, indipendentemente dal mezzo utilizzato, ad esempio email, SMS e, in linea di principio, anche chiamate telefoniche se gli utenti non hanno dato il consenso.

Gli Stati membri potranno optare per una soluzione che conferisca ai consumatori il diritto di opporsi alla ricezione delle telefonate a scopo commerciale, per esempio mediante la registrazione del loro numero in un elenco di nominativi da non chiamare. Gli autori delle telefonate a scopo commerciale dovranno mostrare il proprio numero telefonico o utilizzare un prefisso speciale che indichi la natura della chiamata.

Anche se le norme sono molto incisive sulla protezione dei dati personali e della privacy è meglio metterci molta attenzione anche da parte nostra.

Per proteggersi dagli attacchi  di hackeraggio sempre di più si consolida la tendenza  di avvalersi della consulenza di specialisti conosciuti anche come «  psicologi dell’informatica » che hanno il compito di raccogliere informazioni sul soggetto preso di mira , setacciando i profili dei social ma anche utilizzando telefonate presentandosi come appartenente di un call center di una ditta con la quale effettivamente abbiamo sottoscritto un contratto oppure fingendo di dover fare un sondaggio.

I più esposti ai furti di dati personali sono gli uomini che a differenza delle donne sono più disponibili a rinunciare alla riservatezza  pur di conquistarsi qualche « like ».

In ultima analisi la mia raccomandazione è quella di ribadire l’importanza di proteggere se stessi e la privacy altrui diventando più consapevoli e informati  riguardo agli scambi di informazioni che si condividono sui social media  e installare sui propri device software efficaci per la sicurezza.

Nella mia funzione di « psicologo informatico » è mia abitudine, nello svolgere attività consulenziale, trasferire al mio interlocutore le cinque regole fondamentali che sono anche le « top della sicurezza ».

  • Ignorare false e-mail che contengono link che reindirizzano su pagine web truffaldine
  • Diffidare dei messaggi di mittenti sconosciuti, controllare bene anche quelli inusuali provenienti dai contatti della rubriga
  • Stare attenti ai messaggi con allegati che spesso sono virali
  • Tenere sempre presente che tutto ciò che viene pubblicato online è potenzialmente accessibile anche dai criminali del web
  • Analizzare messaggi che annunciano una favolosa vincita oppure a messaggi di ragazze che offrono il loro amore

Spero di avere fornito informazioni importanti per la protezzione delle « vite digitali »