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L’arte di parlare in pubblico: Consigli per un’oratoria efficace

Parlare in pubblico è una delle abilità più ricercate e, per molti, anche tra le più temute.

Ma come ogni arte, anche l’oratoria può essere affinata e perfezionata con pratica e dedizione.

Occorre rispettare alcuni principi base sui quali non si deve derogare; ve ne diamo un breve assaggio.

 

Conosci il tuo pubblico

Prima di qualsiasi discorso o presentazione, è fondamentale comprendere a chi stai parlando. Quali sono le loro aspettative? Cosa sanno già sull’argomento? Questa comprensione ti aiuterà a calibrare il tuo messaggio in modo efficace.

 

Organizza il tuo contenuto

Struttura il tuo discorso o presentazione in modo logico e sequenziale. Una struttura chiara aiuterà il tuo pubblico a seguire il flusso delle tue idee. Inizia con un’introduzione accattivante, segui con il corpo centrale e concludi con una chiusura memorabile.

 

Pratica, pratica, pratica

La preparazione è la chiave. Anche i più grandi oratori praticano regolarmente. Esercitati a voce alta, davanti a uno specchio, o meglio ancora, di fronte a un piccolo gruppo di amici o colleghi che possono darti feedback costruttivi.

 

Gestisci l’ansia

È normale sentirsi nervosi prima di parlare in pubblico. Respira profondamente, focalizzati sul messaggio e non su te stesso. Ricorda, il tuo obiettivo è condividere informazioni, non ottenere approvazione personale.

 

Utilizza il linguaggio del corpo

Il tuo linguaggio corporeo comunica tanto quanto le tue parole. Mantieni un contatto visivo con il tuo pubblico, usa gesti naturali e evita abitudini distrattive come giocare con i capelli o toccarsi il viso.

 

Coinvolgi il tuo pubblico

Pone domande retoriche, racconta aneddoti o storie pertinenti, o usa altre tecniche per coinvolgere attivamente il tuo pubblico e mantenere la loro attenzione.

 

Migliora la tua vocalità

La chiarezza della voce, la variazione del tono e il ritmo sono elementi chiave. Evita di parlare troppo velocemente e fa attenzione a non cadere in un tono monotono.

 

Sii autentico

Il pubblico apprezza l’autenticità. Non cercare di imitare qualcun altro o di essere una versione idealizzata di te stesso. Mostra passione per l’argomento e credi in ciò che stai dicendo.

 

Preparati per le domande

Anticipa le possibili domande e prepara le risposte. Questo ti darà maggiore sicurezza durante la sessione di domande e risposte.

 

Rifletti e impara

Dopo ogni discorso o presentazione, rifletti su ciò che ha funzionato e su ciò che potresti migliorare. Considera ogni opportunità di parlare in pubblico come un passo verso la maestria nell’arte dell’oratoria.

 

In conclusione, parlare in pubblico è una competenza che richiede pratica, preparazione e autorevolezza.

Ma con dedizione e passione, chiunque può diventare un oratore efficace e ispirare il suo pubblico.




Anno nuovo, problemi vecchi, soluzioni nuove?

Ripartono gli incontri di Diritto Scolastico.

Chiara Sparacio intervisterà gli avvocati Maurizio Danza del foro di Roma e Andrea Caristi del foro di Messina e affronterà con le problematiche del diritto scolastico.

Nella prima puntata si parlerà dello stato dell’arte del riconoscimento in Italia delle abilitazioni all’insegnamento conseguito all’estero.

Al di là delle simpatie e antipatie personali, cosa dice la legge? Come agisce il Ministero?

Diritto Scolastico è una trasmissione di informazione che vuole essere una bussola super partes in grado di sostenere docenti, dirigenti e tutto il personale scolastico che desidera conoscere e far valere i propri diritti.

 

Chiara Sparacio chiede agli avvocati Andrea Caristi e Maurizio Danza quali sono i diritti e i doveri di chi lavora nel mondo della scuola

Segui la puntata di oggi

Abilitazioni all'estero stato dell'Arte
Abilitazioni all’estero stato dell’Arte

Siamo in Europa ma il MIUR non è d’accordo

Messina contro Google, la disfatta del colosso americano.




Ignoto Militi: tra storia e simbolismo

Ignoti militi.

Due parole che creano un’aurea attorno a un figura – un mito – che si articola attraverso cent’anni di storia e di celebrazioni che attraversano tutte e tre le fasi dell’Italia unitaria: l’Italia liberale, l’Italia fascista e l’Italia repubblicana.

La storia del milite ignoto inizia nel giugno del 1921, quando si decise di scegliere una salma che rappresentasse tutti i soldati italiani morti, e non indentificati, durante la guerra appena conclusa.

La proposta si tramutò in legge in breve tempo – seppure ci furono delle contestazioni da parte dei socialisti – che portò alla programmazione della scelta della salma fino al traposto di essa all’altare della patria, in vista del 4 novembre, giornata della vittoria italiana sull’esercito austriaco.

Ad Aquileia, la salma venne scelta tra undici soldati italiani non indentificati da una madre – Maria Bergamas – la quale rappresentava tutte le madri italiane che non avevano una tomba dei propri figli su cui piangere.

Dopo un lungo viaggio, costellato da tutta una serie di tappe in diverse città italiane, con relative cerimonie in omaggio alla salma scelta, il milite ignoto arrivò il 2 novembre alla stazione termini di Roma, dove fu accolto in pompa magna da tutte le cariche dello stato, inclusa la famiglia reale, e una rappresentanza di tutti coloro che presero parte al primo conflitto bellico.

Milite ignoto - vignetta satirica

Due giorni dopo – il 4 novembre – la salma del milite fu portata al Vittoriale, monumento inaugurato dieci anni prima, dove dopo una solenne cerimonia il corpo fu tumulato sotto la statua della dea romana – la quale raffigura la personificazione dello stato romano – dove tutt’ora riposa oggi.

Da quel momento il milite ignoto divenne una figura centrale per la pedagogia e commemorazione nazionale; tematiche che vengono raccolte e fatte proprie nell’immediato da parte del regime fascista: nel 1924 il ministro dell’istruzione Giovanni Gentile impose l’obbligo della celebrazione del milite ignoto, sostenendo che: «contribuirebbe ad ispirare negli allievi vivo amore e profonda devozione alla Patria».

Il fascismo non si limitò a usare le due figure – il Vittoriale e il milite ignoto – come figure legate solo a una forma di pedagogia patriottica in ambito scolastico, ma venne usato in una prospettiva più ampia: come “palcoscenico” in un’ottica di manifestazione nazionali – politica introdotta dalla propaganda di regime.

Il fascismo cercò di valorizzare un sentimento patriottico e di “martirio per la patria” attraverso la figura del milite ignoto, attraverso l’uso – come già accennato – di eventi all’altare della patria, l’uso di immagini e video dove ritraevano parate o momenti di commemorazione che si svolgevano al Vittoriale – mostrando sempre in qualche scena il milite ignoto.

A causa dell’uso propagandistico da parte del fascismo dell’altare della patria, di conseguenza anche del milite ignoto, iniziò una lenta decadenza, seppur le celebrazioni da parte delle autorità politiche e militari continuarono per lungo tempo – si voleva tenere in vita il vero valore che quei due luoghi trasmettevano.

Nonostante questo sforzo, l’opinione pubblica si dimostrava contrariata all’uso commemorativo: il ricordo delle folle oceaniche delle manifestazioni fasciste erano ancora vivo nelle mente degli italiani e il sentimento nazionalistico nutrito nel ventennio era del tutto sparito arrivando provare sentimenti di disprezzo.

Questo comporto un oblio verso i veri valori e i caratteri celebrativi che si erano attribuiti al milite ignoto, per questa ragione le celebrazioni erano sempre meno partecipate; tant’è che dopo l’attentato che il Vittoriale ebbe a subire il 12 dicembre del 1969, il luogo venne definitamente chiuso al pubblico per trent’anni, raggiungendo l’oblio da parte degli italiani.

Altra della patria

Con la nomina alla presidenza della repubblica da parte di Carlo Azeglio Ciampi ci fu un recupero dei simbolismi nazionali, che ormai erano completamenti spariti dai cuori degli italiani, cercando di “ricreare” delle commemorazioni che potessero far rivivere quei sentimenti di appartenenza che erano presenti in altri paesi – come ad esempio in Francia.

Da questo desiderio si ripresero tutte quelle festività nazionali – come il 4 novembre – o celebrazioni che potessero ricreare questi sentimenti; tra questi vi era anche la resa omaggio del milite ignoto.

Seppur questa visione di recupero dei sentimenti nazionali è stata a lungo messa in discussione, quasi ostacolata, da molte forze politiche – soprattutto di matrice secessionistica che hanno cercato di rimarcare la non necessità di ripercorrere questa forma di pedagogia nazionale.

Nonostante ciò, un effimero recupero di questi sentimenti fu fatto e nel corso degli anni 10 del nuovo millennio ci furono diverse commemorazioni in cui si vide protagonisti diversi simboli, tra cui il milite ignoto – in sinergia con altare dalla patria.

Un esempio lo possiamo trovare nella commemorazione che si tenne nel 2011 – alla presenza di una folla festosa – all’altare della patria, dove si vide l’effettivo recupero dei valori originari del 1921: il sentiero di identificazione nazionale verso un luogo e una figura.

Il recupero della celebrazione al milite ignoto ha comportato di conseguenza il ripristino di tutta una serie di elementi, che per le ragioni che abbiamo già trattato poco fa, furono del tutto dimenticati. La resa omaggio al milite ignoto si individua tre date chiave: il 25 aprile, il 2 giugno e il 4 novembre – in forma eccezionale il 17 marzo 2011.

La cerimonia prevede di rendere omaggio al milite ignoto appoggiando sulla tomba una corona d’alloro da parte del capo di stato – in questo caso il presidente della repubblica – “affiancato” da tutte le alte cariche dello stato (il presidente del consiglio, il presidente del senato, il presidente della camera e il presidente della Corte costituzionale) e da una rappresentanza dei corpi militari assieme alle relative alte cariche militari.

il presidente Mattarella rende omaggio al milite ignoto

Rispetto alla prima fase della storia del milite ignoto, dove esso rappresentava il sacrifico dei soldati italiani morti durante la prima guerra mondiali, ora la salma del soldato non indentificato rappresentata tutti soldati italiani che sono morti per conto dell’Italia.

In conclusione, si può affermare con certezza che il milite ignoto ha lasciato alle sue spalle il proprio oblio che aveva attraversato nel secondo dopo guerra, riportando un interesse sempre maggiore da parte degli italiani; seppure non raggiungendo lo stesso livello di sentimento patriottico che possiamo trovare in altri paesi, ma un parziale recupero di ciò è stato portato a termine.

Nozza Giorgio.




Scusaci piccola K. – la studentessa di II media si è tolta la vita

Il bullismo uccide.

La solitudine uccide.

La mancanza del sostegno, di supporto, di comprensione, uccide.

Quando un solo membro della comunità cede, l’intera società accusa il colpo del fallimento.

A volte pensiamo sia inutile dedicare tanto spazio all’informazione se poi al momento di agire nessuno fa niente.

Altre volte si cerca di fare il possibile ma alla fine la vittima non trova la forza di andare avanti.

Oggi in redazione abbiamo ricevuto una notizia terribile: la piccola K. , studentessa  dell’Istituto Laparelli di Roma si è tolta la vita nella solitudine della sua cameretta.

La nostra redazione aveva conosciuto la narrazione della sua storia nel corso delle ricerche sulle segnalazioni che avevamo ricevuto e che hanno portato poi alla pubblicazione di alcuni articoli sulla scuola.

Ci uniamo al dolore della madre e della famiglia e piangiamo con voi tutte le ingiustizie subite.

Scusaci PICCOLA K., avremmo dovuto combattere di più, ma ti promettiamo che in tuo nome andremo fino in fondo per verificare perché sei stata lasciata da sola.

Betapress non si fermerà, in nome della piccola K.

 

 

per tutti i nostri lettori consigliamo di seguire questo corso sul bullismo, completamente gratuito, che aiuta a capire il fenomeno:

 

il bullismo

 

oppure potete vedere i video sul canale betapressTV a cui vi suggeriamo di iscrivervi.

 

Quante verità ha il Laparelli?

 

Istituto Laparelli di Roma – c’è chi scrive e chi no

 

 




Istituto Laparelli di Roma – c’è chi scrive e chi no

Istituto Laparelli di Roma – c’è chi scrive e chi no.

Oltre ogni ragionevole dubbio.

Qualche settimana fa, a seguito del nostro articolo sull’Istituto Laparelli di Roma, ed a dispetto dei nostri numerosi tentativi di metterci in contatto con la DS Marilena Pera, hanno cominciato a circolare delle voci su un presunto complotto ai danni della DS, di cui noi di Betapress saremmo in qualche modo complici.

Non appena sono arrivate alle nostre orecchie queste notizie, nonostante che nel corso dell’articolo ci fossimo dichiarati permanentemente aperti a un ulteriore incontro, abbiamo mandato un nuovo invito alla DS.

Proprio per darle tutta la sicurezza delle nostre buone intenzioni, le abbiamo proposto una intervista i diretta sul nostro canale YouTube  (al quale comunque vi invitiamo a iscrivervi)

NdD:

Abbiamo sempre sostenuto che Betapress è un giornale che scrive solo fatti e cerca sempre il confronto, questo articolo lo dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio.

Ovvio che anche Noi abbiamo il nostro modo di interpretare una notizia, ma di certo basandoci sempre su fatti reali e documentabili, mai su indiscrezioni o favolette, voci o le famosi frasi “ma tutti dicono che…”.

Nel lungo cammino di questi 5 anni quanto notizie che erano solo parzialmente dimostrabili non abbiamo pubblicato, tante, quante che invece altri giornali senza la benché minima prova hanno pubblicato.

Queste lettere sono solo una piccola dimostrazione di come un’attività di redazione sia comunque un lavoro se fatto seriamente, ed è quello che Betapress svolge quotidianamente su tutte le notizie/segnalazioni che ci giungono.

Chi ci segnala dei fatti lo sappia, chi viene contattato da noi per dei chiarimenti lo sappia, noi non siamo organo di partito, affiliati al ministero, sponsorizzati da interessi economici o politici, contro qualcuno o qualcosa, noi amiamo il nostro mestiere e lo facciamo al meglio, e diamo voce a tutti, anche se abbiamo dieci notizie contro ed una a favore, noi riportiamo.

Volete la verità, scriveteci o segnalateci malcostumi, avete la certezza che interverremo per capirci meglio e che riporteremo solo i fatti.

 

L’email che abbiamo inviato alla DS

Riportiamo il testo integrale della nostra email mandata dall’indirizzo aziendale dell’autrice

Era il 3 maggio 2021

(l’indirizzo è quello ufficiale della scuola per il quale la DS aveva confermato di aver visto le nostre precedenti email)

Testo

Alla c.a. della DS

dott.ssa Marilena Pera 
Gentilissima Dirigente, 

La contatto in merito a una Sua recente dichiarazione secondo la quale pare abbia detto di essere vittima di un complotto del quale Betapress, la testata giornalistica che rappresento, sarebbe in qualche modo complice.

Effettivamente, a memoria, ricordo che quando ci siamo sentite per telefono, Lei stessa aveva anche a me accennato a un non ben definito complotto del quale però non ci ha fornito precise argomentazioni.
Me le avrebbe forse date successivamente, nel corso di quella intervista che in un primo momento aveva consentito a rilasciare ma per la quale, poi, non ha mai dato disponibilità; per motivi senza dubbio validissimi ma a noi tutt’ora ignoti.

La contatto oggi per rinnovarle l’invito a una intervista.

La vocazione di Betapress è quella di dare voce alla verità.
Come lei sa, perché gliel’ho detto io stessa e la cosa le ha quasi suscitato ilarità, quando scriviamo i nostri articoli passiamo molto tempo a verificare le fonti e ad ascoltare quante più campane possibile.

Quando abbiamo iniziato a lavorare sull’articolo che parla del Laparelli, la scuola che dirige, le abbiamo immediatamente mandato una email, era il 4 marzo.

Le abbiamo scritto ancora il 24 dello stesso mese e il I aprile ma non abbiamo mai ricevuto risposta.

Sappiamo che ha ricevuto le nostre email perché ci siamo anche sentite velocemente per telefono e, alla fine, ne avete confermato la ricezione.

Gentile Dirigente Pera, lasciamoci alle spalle tutte le richieste di contatto che Le abbiamo mandato in forma diretta e indiretta, dimentichiamo per un attimo il materiale che aveva promesso di inviarci e non ci ha mandato, non teniamo più conto degli appuntamenti disattesi.
Oggi Le scrivo perché mai e poi mai vorremmo che Betapress apparisse come un giornale “di pettegolezzi” o come “un giornale complice di oscuri complotti”.

La nostra vocazione e la verità limpida e chiara.

Con questa email desidero invitarLa a una diretta sul nostro canale YouTube BetapressTV.
Le propongo una intervista in diretta perché solo così avrà la garanzia di poter parlare in modo diretto e trasparente senza la mediazione di un terzo che riporta le Sue parole.

Attendo una Sua risposta al nostro invito al più presto possibile.
Intanto Le propongo due possibile date:
– Giovedì 6 alle 16,30 oppure
– Martedì 11 alle 16,30
nota bene: se l’orario fosse per lei scomodo, saremo ben lieti di trovare la soluzione per Lei più adatta.

Cordiali saluti

Chiara Sparacio

Riscontro

Questa email, ad oggi, non ha avuto alcuna risposta.

Abbiamo aspettato fino ad oggi per pubblicare questo articolo proprio per dare alla DS il tempo di risponderci ma nulla si è mosso da parte sua direttamente.

La solidarietà della maestra

Si era invece mosso qualcosa dalla platea del corpo docenti.

Il 2 maggio, una maestra scrive alla redazione di Betapress (alla sottoscritta arriverà qualche giorno dopo).

La mail contiene dei passaggi che meritano risposta, per amore di trasparenza e correttezza, perché nessuno possa dire che manipoliamo i testi e le informazioni, riportiamo l’intero lungo testo senza le informazioni sensibili per mantenere l’anonimato dell’autrice.

 

La lettera della maestra

                                                                         Alla Redazione Betapress:

                                                                               Direttore Corrado Faletti

 sono una docente dell’IC Via Laparelli […] non ho mai ambìto o ricoperto incarichi gestionali…solo in qualche commissione e sempre… per dovere. Mi piace da sempre fare la maestra e stare con gli alunni per vederli crescere e diventare quello che sono seguendo le loro inclinazioni. Sono stata incerta se scriverle oppure lasciar perdere… e capirà perché. Mi sono fatta diverse domande, in primis, perché avete scelto il nostro Istituto, chi vi ha segnalato una situazione anomala, (non capisco…) nell’articolo pare ci sia già un preconcetto, perché pubblicarlo prima di sentire un contraddittorio? In uno stato di democrazia è d’obbligo, mentre la redattrice pare già abbia tratto conclusioni fino a prova contraria…nonostante i vostri principi di accurata indagine che neppure Report attua e persegue, a meno che la redattrice in buona fede si è fidata di chi le ha riferito la story. Ho deciso alla fine di rispondere non per difendere la nostra attuale DS (e non la nomino al contrario di quanto è stato fatto nell’articolo…sa, questioni di privacy a cui tengo moltissimo) ma perché penso che la nostra attuale preside si possa ben difendere da sola …ha avvocati, tra l’altro anche in famiglia e poi lei si relaziona e consulta continuamente il gruppo di Ds in rete del distretto, prendono decisioni comuni. Le voglio far sapere che tutto il racconto non regge per numerose incongruenze che solo chi lavora da anni in questo Istituto può sapere. E’ una narrazione che si regge poco su basi di realtà e obiettività. Sono anni che noi lavoratrici in questo Istituto ascoltiamo ed assistiamo ad attacchi continui rivolti verso la dirigenza, da quando i primi giorni è arrivata ed ha cambiato lo staff (cosa consueta) scegliendo docenti capaci e preparati che già conosceva. Ormai gli attacchi sono talmente tanti che nessuno sa più dove sia la narrazione e dove ci sia del vero, intanto non c è più credibilità in generale.

Mi sono decisa a scriverle per amore della verità (e non della narrazione) ma soprattutto per dare voce alla maggioranza delle mie colleghe che assistono silenziose e sconcertate agli innumerevoli ed infiniti Collegi docenti dove sono sempre le stesse colleghe (poche una decina su 160) che parlano ed intervengono, monopolizzano puntualmente la seduta facendola sforare a volte con argomentazioni così scontate e prevedibili con la presunzione di Verbo.  Sottolineo che tante colleghe partecipano al Collegio durante il viaggio perché pendolari con tante difficoltà. Il parere  e voto del Collegio Sovrano non sempre è stato rispettato poi in sede di CdI dalle rappresentanti elette da noi. Difficile intervenire. Il clima è teso ed aggressivo, nessuno osa neppure chattare per evitare polemiche o litigi che si possono protrarre in altre sedi. L’articolo, che tra l’altro mi è capitato per puro caso e chissà quante colleghe della maggioranza silenziosa lo ignorano, è ricco di dettagli che solo chi sta dentro ha opportunità di conoscere ed eventualmente “rimaneggiare”…

Siamo in epoca di fake! 

Le questioni del nostro Istituto si posano su due piani, uno di facciata e l’altro sostanziale e pratico. Il primo di natura pedagogica, alto valoriale: a) l’inclusione… che difatti avviene quotidianamente con tanti sacrifici da parte di tutti i docenti…il quartiere è difficile e complesso, le problematiche non di facile soluzione, l’Istituto è ampio, tanti i plessi da gestire, il dimensionamento dovuto ai tagli avvenuto circa dieci anni fa, non ha avuto successo. b)I Progetti, altro punto critico…si sono sempre realizzati a parte in questo periodo Covid che la “minoranza”… pare non consideri nella dovuta gravità (mi ricorda tanto un politico noto). Se si vuole paragonare questa dirigenza con l’altra ormai ex…c’è faziosità. In quel periodo le docenti erano obbligate solo a lavorare su progetti ( progettifici anacronistici ed archiviati per ricadute didattiche infruttuose) trascurando il lavoro curriculare ed a produrre cartelloni da mostrare ai vari eventi x per fare pubblicità alla scuola come per un supermercato. Le docenti avevano pressione a lavorare in tal senso…L’altro piano, invece, pratico e molto meno nobile ma umano, è dato dai personalismi, dalla presunzione che il proprio modello di scuola sia il migliore, (quando la storia ci mostra il fallimento e l’anacronismo), dal desiderio di trasformare la scuola in altra istituzione, dall’ansia di protagonismo, dal recupero di un ruolo di primo piano con relativi privilegi da riconquistare che si possono forse raggiungere mirando alla poltrona più alta e magari sostituendo la titolare  proprio con ex colleghe …come si vocifera tra i corridoi dell’Istituto. Il discredito in questi ultimi quattro anni parte proprio da questi individuali dissensi, pubblicizzati apertamente ai genitori o tramite gli articoli come il vostro che non è il primo. E se diminuiscono le iscrizioni si può capire …tanto se poi ci sono perdenti posto…sono le colleghe giovani a rimetterci. La comunicazione non può esserci, è ormai compromessa perché c’è chi attacca sempre, comunque ed a prescindere sin dai primissimi giorni (ancor prima di prendere possesso della gestione) e chi cerca di difendersi per ovvi motivi (come il gatto e il topo) ma chi ci rimette in questa situazione è la maggior parte dei docenti, presi da mille problematiche che affliggono la scuola italiana di oggi tanto depauperata e bistrattata…alle prese ora anche con il covid. E’ facile fare un articolo ma le situazioni vanno comprese nella coloro complessità e da più punti di vista, inseriti in contesti socio-culturali e soprattutto storici e senza trascurare l’animo umano con le sue spinte più profonde. Forse  una maggiore preparazione culturale e conoscenza della scuola italiana nonché dell’ordinamento del  pubblico impiego e del settore scuola, aiuterebbe a capire cosa sia avvenuto negli anni e a non ripetere gli stessi errori da ogni parte sociale compreso il  sindacato che ora lamenta crisi di rappresentitività. I problemi del nostro Istituto vanno inseriti nella crisi della scuola italiana e, con i tagli perpetrati negli ultimi decenni insieme a quelli sulla Sanità, hanno chiesto il conto in questi giorni con grande drammaticità ed è sotto gli occhi di tutti. Se si aprisse un po’ il proprio orizzonte si potrebbero superare tante piccolezze e meschinità umane…non è questo che dovremmo insegnare ai nostri alunni?

P.S.

ho pensato di rispondere al vostro articolo solo perché non tollero le menzogne e manipolazioni ma non voglio dare alcun seguito a questo mio scritto, inoltre penso che altre colleghe si siano apprestate a smentire tutto l’impianto accusatorio basato sulla denigrazione di questa dirigenza per esaltare la precedente che è assolutamente falso…una delle peggiori per incapacità gestionale ed inesperienza …e mi permetto di valutare, vista la mia lunga carriera. Ho suggerito spesso alle colleghe scontente che se hanno prove di illeciti, siano coraggiose nel denunciare a chi di dovere. altrimenti tutto rimane sul piano di gossip e calunnia.

                                                                                          Buona vita

La nostra risposta

Mentre aspettavamo la risposta della DS Pera, abbiamo tenuto a rispondere ad alcuni punti della email della maestra

Così, il 5 maggio abbiamo risposto

Testo

Gentilissima docente

Accogliamo la Sua email con estrema gioia: in tanti mesi (da febbraio a oggi) di ricerche e contatti la Sua è stata la prima comunicazione in difesa della DS Pera che, nonostante le nostre ripetute richieste di confronto, ci è giunta.

Proprio perché rappresenta la possibilità di un contraddittorio, sarà per noi un piacere pubblicarla (in forma anonima) assieme alle numerose nostre email mandate alla DS che non hanno mai ricevuto risposta.

Per inciso, noi il nome lo abbiamo fatto e non abbiamo violato la privacy di nessuno perché l’incarico di DS è un incarico istituzionale.

Glielo dico con certezza in quanto una delle nostre aziende si occupa di GDPR.

Per quanto riguarda i contenuti sarà mia cura risponderle punto per punto

“perché avete scelto il nostro Istituto?”:

non abbiamo scelto il vostro istituto, abbiamo invece ricevuto delle segnalazioni a cui abbiamo dato attenzione, come capita normalmente nella nostra redazione.

Abbiamo ascoltato molte persone e nonostante che abbiamo cercato più volte un dialogo con la Sua DS, non siamo riusciti a sentire l’altra parte della campana.

Abbiamo pubblicato il nostro articolo che abbiamo ritenuto “compiuto” nel senso etimologico del termine e abbiamo nel contempo continuato a cercare una risposta dalla sua DS.

Siamo lieti finalmente di vedere che lo sta facendo tramite lei.

“penso che la nostra attuale preside si possa ben difendere da sola …ha avvocati, tra l’altro anche in famiglia”

Nessuno si è mai prestato a un contraddittorio, non c’è nessuno che accusa nessuno, noi chiediamo un confronto.

Gli avvocati in famiglia, comunque, ormai li hanno quasi tutti, Noi, ad esempio, abbiamo un intero studio legale che si occupa di chi ci diffama o di chi pensa di poterci accusare di malgiornalismo.

E’ una narrazione che si regge poco su basi di realtà e obiettività: 
è la ricostruzione dei fatti fatta sui documenti e le informazioni in nostro possesso, se lei ha documentazioni da aggiungere le accoglieremo con la massima disponibilità.

“Mi sono decisa a scriverle per amore della verità (e non della narrazione) ma soprattutto per dare voce alla maggioranza delle mie colleghe”: dunque, ragionando sui fatti, lei è la prima in mesi che ci ha mandato una qualche comunicazione anche se senza il supporto di prove oggettive come invece fatto da altri, pertanto ci permetta di apprezzare la sua segnalazione ma di dubitare di quella frase maggioranza che lei ostenta,  sappiamo anche che sta girando un foglio per raccogliere delle firme di solidarietà per la DS, non appena l’avrete completato sarà nostro piacere pubblicarlo a confutazione del malessere segnalato.

L’articolo, che tra l’altro mi è capitato per puro caso e chissà quante colleghe della maggioranza silenziosa lo ignorano:
ma infatti ne siamo certi anche noi, e vorremmo chiedere alla DS perché lei stessa ne parla e dice di essere vittima di un complotto di cui noi siamo complici, se l’articolo non circola? Davvero ci stiamo sentendo ingiustamente aggrediti dalle diffamazioni della DS ma siamo sicuri che sia un attacco umanamente umorale, per questo vorremmo poter pubblicare elementi in favore della sua tesi.

“ è ricco di dettagli che solo chi sta dentro ha opportunità di conoscere ed eventualmente “rimaneggiare”… Siamo in epoca di fake!”  Gentile docente, vorremmo che ce ne fossero altre come lei e che altre ci contattassero con lo stesso impegno ma La prego: non usi il termine fake trattando di argomenti in cui c’entra il lavoro del nostro giornale.

Il discredito in questi ultimi quattro anni parte proprio da questi individuali dissensi, pubblicizzati apertamente ai genitori o tramite gli articoli come il vostro che non è il primo: il fatto che non sia il primo dovrebbe far riflettere, ma vi auguro che dopo la pubblicazione di questa sua lettera in difesa, sia l’ultimo.

E’ facile fare un articolo:
no non è facile per niente e, mi perdoni, qui cade della stessa faciloneria che imputa ad altri. Che lei dica a un giornale che fare un articolo è facile, è offensivo allo stesso modo che se noi dicessimo a lei che è facile fare la maestra.

La prego di riflettere su questo approccio perché è ipocrita chiedere comprensione sulle proprie realtà quando chi parla è il primo a non riconoscere e disprezzare le professioni altrui.

Forse  una maggiore preparazione culturale e conoscenza della scuola italiana nonché dell’ordinamento del  pubblico impiego e del settore scuola, aiuterebbe a capire cosa sia avvenuto negli anni e a non ripetere gli stessi errori da ogni parte sociale compreso il  sindacato che ora lamenta crisi di rappresentitività. I problemi del nostro Istituto vanno inseriti nella crisi della scuola italiana e, con i tagli perpetrati negli ultimi decenni insieme a quelli sulla Sanità, hanno chiesto il conto in questi giorni con grande drammaticità ed è sotto gli occhi di tutti.

voglio bene intendere che questa riflessione sia generale e non specifica per noi che lavoriamo con le scuole da più di 10 anni.

Se lei avesse letto tutti gli articoli del nostro giornale certamente la frase succitata stonerebbe alle sue orecchie come alle nostre.

Di contro noi abbiamo contezza di tante scuole che, nonostante i “danni dello stato” come dice Lei (ma non insegnate ai vostri alunni a non dare la colpa sempre a qualcos’altro, perché farlo voi?), riescono a fare dei lavori eccellenti e che noi stessi mettiamo in risalto in alcune nostre produzioni.

“Se si aprisse un po’ il proprio orizzonte si potrebbero superare tante piccolezze e meschinità umane” 
la pensiamo esattamente come lei.

“ho pensato di rispondere al vostro articolo solo perché non tollero le menzogne e manipolazioni ma non voglio dare alcun seguito a questo mio scritto”: 
gentile docente, che sia stata questa lettera una azione spontanea o una azione “dettata” dalla DS, non può pensare di scrivere a un giornale e chiedere che questa comunicazione non abbia seguito: siamo tenuti a risponderle come abbiamo fatto e a darle spazio, in quanto riteniamo che la sua missiva voglia essere un segnale di contraddittorio in favore esplicito della sua ds e come tale gli daremo il giusto risalto.

Ci meravigliamo solo della sua frase non voglio dare alcun seguito a questo mio scritto, se lei ritiene che la sua preside sia ingiustamente accusata venga in trasmissione o partecipi ad un’intervista con noi per difendere fino in fondo le sue convinzioni, raccogliendo certamente il plauso di tutta quella maggioranza di colleghe che sono d’accordo con lei.

Buona serata

Chiara Sparacio 

La corrispondenza successiva

Nella corrispondenza successiva intercorsa con la maestra (mai con la DS o con altri), ci siamo chiariti su alcuni punti di incomprensione ed è risultato chiaro che non volessimo attaccare nessuno, né la docente intendesse offendere noi.

In uno scambio di email la docente ha dichiarato di aver mandato questa email per unirla ad altre che alcune colleghe ci avrebbero mandato.

A noi, però, le altre email non risultano.

E allora pubblichiamo anche l’ultima risposta inviata alla docente in favore anche degli altri insegnati che avrebbero voluto far sentire la loro opinione ma le cui email si sono perse

La mail alla docente e ai colleghi del Laparelli

Gentile docente,
La ringraziamo per i chiarimenti che riteniamo essenziali.
Ne approfitto per segnalarLe che fino ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna altra email da parte di nessuno a difesa della DS Pera, se così fosse stato, come ha visto nelle nostre intenzioni relative al Suo caso, l’avremmo di buon grado pubblicata.  
 
Proprio a questo proposito, in tutta sincerità, restiamo perplessi di fronte alla Sua affermazione di non pubblicare la Sua lettera.
Capisce bene che lei ha mandato una risposta a un nostro articolo e noi abbiamo il dovere di portare le opinioni, soprattutto se sono differenti da quelle già pubblicate.
Per riassumere, Lei ha scritto una lettera in difesa di una persona che reputa “innocente” (ma qui non siamo in un tribunale) ma che non vuole spiegare le proprie posizioni e, per di più, ci chiede di non pubblicare la sua voce a suo favore.
Ci perdoni ma proprio non capiamo allora il motivo per il quale ci ha scritto.
La verità non deve mai essere tenuta nascosta ma deve essere sempre urlata affinché possa essere protetta.
  
Gentile docente, noi ci riserviamo la decisione di pubblicare la Sua lettera e questo non infrangerebbe nessuna legge sulla privacy.

In ogni caso non pubblicheremo il suo nome.

Intanto Le chiedo, se vuole, di spiegarci il motivo della Sua lettera che se non venisse da noi pubblicata avrebbe ben poco valore.

Cordiali saluti
Chiara Sparacio 

PS: Alle colleghe che desiderano scriverci, dia pure il mio indirizzo: chiara.sparacio@betapress.it oppure, info@betapress.it

Conclusioni

Chiudiamo così questo lunghissimo articolo le cui dimensioni sono dovute all’intenzione di dichiarare la nostra correttezza, il nostro impegno a cercare la verità e ascoltare ogni voce, oltre ogni ragionevole dubbio.

 

LA REDAZIONE DI BETAPRESS PER VOCE DI CHIARA SPARACIO

 

Quante verità ha il Laparelli?




Quante verità ha il Laparelli?

Le verità nascoste: la confusa storia dell’IC Laparelli, la DS contro tutti?

Cosa Succede al Laparelli

L’Istituto Comprensivo via Laparelli di Roma, nella zona di Torpignattara, è un istituto scolastico formato da sei plessi che accolgono la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria.

Ha una bella storia il Laparelli: una storia di inclusione e inserimento all’interno del “nessuno” sociale.

Negli anni le DS, i docenti e il personale amministrativo hanno lavorato per riuscire a fare la differenza e lo hanno fatto con importanti progetti di inclusione nazionali e internazionali.

L’ultima DS in carica si chiama Marilena Pera.

Di lei e della sua carriera sappiamo poco in quanto il suo curriculum non è disponibile on line.

Glielo abbiamo chiesto, ci aveva detto che non era al corrente che il suo curriculum non fosse on line e che sarebbe stato pubblicato entro poche ore.

Ma sono passati giorni.

E la DS sapeva che il suo curriculum non era on line in quanto era stato richiesto da più parti anche in modo ufficiale.

Della DS Pera ci viene detto che, da quando c’è lei, le cose all’IC Laparelli non vanno più tanto bene.

Innanzitutto il Laparelli non è più la scuola dell’inclusione: ragazzi stranieri non vengono più coinvolti in progetti, come accadeva prima, e gli ingressi di ragazzi con disabilità si sono dimezzati nel corso di un anno.

Ma, in generale, anche gli alunni sono diminuiti: siamo passati da 1510 di 5 anni fa ai 1300 attualmente dichiarati dalla DS.

Sui gruppi social del quartiere la scuola viene sconsigliata motivando il fatto con una direzione non adeguata intrapresa dalla scuola stessa.

Il Laparelli non è più la scuola in cui mandare i propri figli.

Alcuni imputano la causa di questo declino alla nuova Dirigente che, per parte sua, si dichiara vittima di un complotto.

Abbiamo mandato alla DS molte email (tre da febbraio ad oggi) per ascoltare la sua versione, ma non abbiamo avuto alcuna risposta ufficiale.

Siamo per caso riusciti a sentirla telefonicamente in un momento in cui né noi né lei eravamo preparati a questo incontro, ci aveva promesso di fissare un appuntamento ma non lo ha mai fatto.

Nonostante avessimo mandato una ulteriore email.

 

I punti salienti

Noi di Betapress raccogliamo segnalazioni sull’IC via Laparelli da febbraio.

In questi mesi abbiamo letto centinaia di pagine, trascorso decine di ore al telefono, preso pagine e pagine di appunti  e mandato email alla DS per conoscere la sua versione dei fatti.

Purtroppo il frutto di questa ricerca non è buono:  sono risultate numerose situazioni spiacevoli alcune delle quali sono attualmente punti di una richiesta di chiarimenti scaturita da una recente ispezione dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio.

Riportiamo qui alcuni punti di doglianza sollevati da docenti, genitori e personale amministrativo che lavorano o hanno lavorato nel corso degli ultimi 4 anni all’IC via Laparelli:

  • Totale chiusura al dialogo e al confronto da parte della DS.
  • Assenza sul sito di documentazione indispensabile per la trasparenza amministrativa (a partire dal CV della DS).
  • Cattiva gestione dell’emergenza COVID (segnalata già dall’inizio dell’anno scolastico con una articolo di AdnKronos riportato tra i crediti).
  • Cattiva gestione di gravi casi di bullismo.
  • Dimissioni in blocco di 7 persone su 7 in amministrazione.
  • Mancata creazione del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione.
  • Mancanza di trasparenza nell’assegnazione di contratti di sostegno.

 

Il nostro scambio con la DS

Difficile lavorare alla ricerca della verità quando la DS, perfino con noi, cambia le carte in tavola nel giro di pochi minuti.

Nel corso di questa nostra inchiesta abbiamo potuto tracciare un profilo umano professionale della prof. Pera basato sulle testimonianze delle persone intervistate e sulle rilevanze raccolte.

Per deontologia professionale, quando scriviamo un articolo, non entriamo mai nel merito della personalità delle persone di cui raccontiamo e le opinioni raccolte restano le opinioni di chi le ha espresse, non le nostre.

Un imprevisto

Abbiamo detto che la DS non ha mai risposto alle nostre email.

Per coincidenza mi sono però trovata in viva voce per pochi minuti con lei, ecco come è andata:

“Dirigente che piacere! Sono Chiara Sparacio di Betapress.it, la sto cercando da un po’ per una intervista”

“non rilascio nessuna intervista se non in presenza del mio avvocato” [da chiedersi il perché ci voglia un avvocato per raccontare quello che un DS fa nella scuola NdD]

“… Mi va bene lo stesso, mi dica quando”

Sono ancora in attesa.

 

La richiesta del protocollo covid

“Dirigente,  già che ci siamo le anticipo alcune delle domande che mi piacerebbe farle. Per prima cosa mancano le procedure di gestione del covid e tutte le documentazioni relative a bandi e amministrazione trasparente”

La dirigente mi spiega che il sito è in rifacimento e che sono andati persi tutti i documenti da Agosto ad oggi.

Anche qui la storia è un po’ ambigua:

  1. quale gestore di sito cancella tutto il contenuto senza fare una copia di backup?
  2. quanto tempo ci vuole per fare un sito?
  3. questa anomalia non risulta comunicata a nessun referente istituzionale.

Per quanto riguarda la documentazione relativa al covid la DS ci ha rimandati a una pagina del sito (che nei giorni precedenti dalle nostre ricerche risultava vuota) che però tra i tanti documenti presenti non riporta quello richiesto.

L’intervista che avrei voluto fare

Come detto, ad oggi la DS dell’IC via Laparelli di Roma, Marilena Pera, non ha ancora risposto alla mia richiesta d’intervista con una data di conferma, ma solo con un laconico “verrò in presenza del mio avvocato” [che peraltro non avremmo problemi ad ospitare su queste pagine NdD].

Ecco però quali argomenti in circostanze più adeguate rispetto a una telefonata inaspettata e frettolosa, avrei voluto affrontare.

1) Totale chiusura al dialogo e al confronto da parte della DS e silenzio sui casi di bullismo.

Avrei voluto chiedere se è vero che docenti e genitori non riescono a comunicare con lei e, secondo lei, perché.

Perché non si presenta alle riunioni e dice di non ricevere le email o di perdere le PEC?

Se è vero che non c’è un dialogo e qual è la sua impressione sul fatto che 7 dipendenti su 7 sono andati via dalla segreteria.

Perché docenti e genitori si dimettono dalle loro cariche istituzionali?

2) Covid, Bullismo e GLI

Avrei voluto chiedere il motivo della gestione inadeguata dei gravi casi di bullismo verificatesi, il motivo per cui davanti a degli episodi gravi non sia stata aperta una tavola di confronto ma, al contrario, siano state chiuse tutte le porte (abbiamo la documentazione comprovante questa chiusura)

O ancora avremmo voluto sapere il motivo per cui manca una presa di responsabilità per la gestione di alcuni casi covid a scuola.

Perché non ci sono comunicazioni ufficiali e protocollati recanti la sua firma?

Perché non è stato creato il Gruppo di Lavoro per l’Inclusione, obbligatorio ad apertura dell’anno scolastico, convocato per la sua costituzione a febbraio ma mai composto perché la DS non si è presentata e non ha delegato nessuno.

Altrove la DS ha affermato che aveva mandato a quella riunione un suo delegato ma l’articolo 9.8 del DL 66/17 dice che

Il gruppo e’ nominato e presieduto dal dirigente scolastico

Inoltre non abbiamo traccia, tra la documentazione ufficiale firmata archiviata con numero di protocollo elettronico, della delega sopracitata.

Ma, comunque sia, perché ad aprile questa grave mancanza non è ancora stata sanata visto soprattutto che il GLI va composto entro Ottobre?

Chi pianifica le attività dei ragazzi disabili?

Chi pianifica le attività di inclusione?

Che fine ha fatto lo sportello di ascolto?

Probabilmente,  questo, che per tanti anni è stato un fiore all’occhiello della scuola, non è un argomento che sta a cuore all’attuale DS.

Fonti vicine a Betapress segnalano che la DS avrebbe avuto il veto di parlare con la stampa nientemeno che dallo stesso Direttore generale dell’ufficio scolastico regionale, ecco quindi il perché non ci risponde.

[ma non aveva detto che avrebbe fatto l’Intervista con il suo avvocato? NdD]

3) Le MAD (Misteriose Assegnazioni Discrezionali)

Perché le graduatorie del GPS non sono state pubblicate sul sito né il problema dell’aggiornamento del sito è stato comunicato con alcun documento ufficiale?

Secondo quale criterio sono stati assegnati gli incarichi provenienti dalle domande MAD (Messa a Disposizione)?
Come mai sembrerebbe che persone con titoli inferiori ad altri candidati hanno avuto la precedenza?

E perché la convocazione è stata fatta tramite telefonata e non tramite il Sistema Informativo Dell’Istruzione?

Per non parlare delle assegnazioni capestri di incarichi a parenti di personale scolastico.

Queste e tante altre sono le domande che vorremmo fare alla DS Pera e ci auguriamo di ricevere presto risposte chiare, coerenti, non contraddittorie e corrispondenti al vero.

Altrimenti dovremmo chiederle al direttore regionale…

Ce lo auguriamo perché la scuola è uno dei pilastri della nostra società e non possiamo permetterci di comprometterla.

 

L’opacità dell’amministrazione trasparente

A noi può anche stare bene che il sito sia in ristrutturazione e possiamo anche credere che ci voglia molto tempo per concluderlo.

Vogliamo anche credere che non sia stata fatta una copia di backup ma vogliamo confidare nel futuro.

Ci piacerebbe sperare che il mese di giugno 2021 si popolino sul sito le sezioni ad oggi deserte che sono tali da anni.

Da quando 7 persone su 7 dell’amministrazione hanno lasciato la scuola, che avevano scelto e in cui lavoravano da anni, per incompatibilità lavorativa con la nuova arrivata e non hanno, quindi, più aggiornato il sito.

Speriamo di vedere aggiornata la sezione Disposizioni generali che ad oggi ha come ultimo aggiornamento marzo 2019.

O la sezione sezione organizzazione aggiornata novembre 2018.

La sezione organigramma non aggiornata da due anni

Speriamo di veder popolata la sezione consulenti e collaboratori che riporta come ultima data di aggiornamento il 16/03/2019, ma che adesso è vuota.

Ci piacerebbe poter vedere cosa è successo nella sezione Personale dal 2018 ad oggi.

Se dal gennaio 2020 ad oggi sono stati pubblicati Bandi di gara e se avremo il piacere di leggere i bilanci.

Perché non smetteremo di cercare la verità sulla scuola

Le scuole sono sistemi complessi che hanno come obiettivo quello di formare individui adulti e preparati alla società che incontreranno.

Per fare questo dirigenti, docenti, personale amministrativo e famiglie si impegnano e danno il loro massimo.

Quattro colonne il cui collante e coordinatore spesso è chiamato ad essere il dirigente scolastico.

Se il dirigente non è in grado (per motivi personali, professionali o di qualunque genere) di non svolgere perfettamente il proprio difficilissimo lavoro di coordinamento, direzione, supporto e correzione, il sistema basato sulle quatto colonne rischia di essere messo in crisi, con danno certo degli studenti.

Lo ripetiamo: gli studenti sono i soggetti da tutelare e le scuola l’ideale da portare avanti.

Come noi la pensano molti docenti, personale amministrativo, dirigenti e genitori.

Proprio per sostenere questa nostra convinzione ci troviamo a raccontare storie che hanno bisogno di essere corrette.

 

L’IC via Laparelli sta attraversando anni delicati: il vecchio prestigio della scuola sta venendo meno per una gestione della quale si occuperanno di far chiarezza le autorità competenti già al lavoro.

Però il Laparelli non cederà perché può contare su un corpo docente che, nonostante gli inviti a rinunciare, non molla e non abbandona i ragazzi; può contare sui genitori che difenderanno il diritto dei figli ad avere una scuola buona; può contare sul personale ATA che non farà passare nulla che non sia trasparente.

Forza Laparelli, non vediamo l’ora di scrivere dei tuoi successi.

 

Un chiarimento per tutti – manifesto di redazione

Permetteteci di chiarire un punto del nostro modus operandi redazionale.

Noi non siamo un giornale che cerca la notizia veloce, quella da tanti click per capirci.

Quando noi lavoriamo su un qualunque articolo e in particolare su una indagine relativa a una scuola, prendiamo tempo.

Tempo per ascoltare più fonti, tempo per capire in che contesto si inserisce la segnalazione, tempo per raccogliere tutti gli incartamenti che renderanno il nostro articolo veritiero e verificabile: una roccaforte al riparo da ogni possibile dubbio.

Per etica redazionale, noi inseguiamo la verità e non la notizia.

Prima di scrivere una sola riga, noi verifichiamo che sia vera e provabile, cerchiamo di dare la parola a tutti gli attori della notizia stessa .

Noi non insinuiamo e non supponiamo, noi riportiamo un concentratissimo distillato di ciò che abbiamo raccolto.

Detto questo, la verità alle volte viene portata da chi ha il coraggio di dirla che non sempre è la maggioranza.

Spesso le persone non parlano perché hanno paura: paura di intromettersi, di esporsi, delle sconosciute conseguenze…ma anche di perdere i loro privilegi, i loro piccoli poteri, i loro vantaggi…

Chi parla, ed è la storia dei nostri eroi, è chi vede nel bene da conseguire (nel nostro caso il bene degli studenti che hanno il diritto di frequentare una scuola ben gestita) un ideale più grande del proprio interesse personale.

Quindi non sempre noi possiamo ascoltare la maggioranza, ma sempre dedichiamo il tempo a chi non vuol tacere.

Riporto un esempio che fa sempre il nostro direttore Corrado Faletti

“In un caso di omicidio normalmente 100 persone dicono di non aver visto nulla, 10 dicono che hanno visto ma non vogliono essere coinvolti, solitamente  è una persona sola che se la sente di parlare. E proprio chi parla deve essere obbligatoriamente ascoltato, perché quell’unica voce può magari anche poi essere smentita, ma almeno permette di affrontare il problema”.

Ovviamente come ogni esempio è estremo, ma credo renda bene la nostra etica.

 

Crediti

Articolo AdnKronos

DECRETO LEGISLATIVO 13 aprile 2017, n. 66

Il metodo Montessori che fa fuggire i bambini

 

Sereni è, Sereni sarà, ma si rasserenerà?

Chi ha ferito il Garibaldi?




Il metodo Montessori che fa fuggire i bambini

Il fatto

All’Istituto Comprensivo Ceneda di Roma diretto dalla Dirigente Scolastica Sabina Maraffi, da qualche tempo le cose non vanno bene.

4 bambini hanno deciso di cambiare scuola e almeno 4 vivono una situazione di malessere.

Con questo articolo intendiamo sollevare il problema affinché possa non presentarsi mai più.

Perché crediamo nella scuola

La scuola è organizzata come una azienda.

A partire dalla riforma Bassanini del 1997 tante figure legate al mondo scolastico hanno visto una propria ricollocazione e altre hanno assistito alla propria nascita dando vita a una struttura piramidale a tutti gli effetti che ha come obiettivo il miglior funzionamento della scuola a vantaggio dello studente di oggi che sarà l’uomo o la donna di domani.

La scuola buona, efficace e meritevole è la scuola che riesce a formare individui psicologicamente ed emotivamente adulti pronti ad affrontare la propria vita traendone il meglio per sé e per la società.

Al vertice di questo incarico gravosissimo e di valenza etica enorme c’è il Dirigente Scolastico a cui compete il ruolo di far viaggiare perfettamente la “macchina scuola”.

Sarà talento e professionalità del dirigente saper guidare come per una sinfonia il personale docente, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), le famiglie e i discenti.

Fare il Dirigente Scolastico è oggi più che mai un incarico di estrema responsabilità e altissimo valore sociale.

Tutti noi siamo grati ai Dirigenti Scolastici, ai Direttore dei Servizi Generali Amministrativi, al personale ATA, a tutti i docenti e a tutte le professionalità che orbitano attorno al mondo della scuola.

Siamo convinti che proprio la scuola sia e debba essere l’ideale incubatrice del miglior mondo possibile.

La gerarchia a scuola

In un sistema piramidale che vede al vertice il Dirigente Scolastico e alla base come elemento fondante gli studenti e le loro famiglie, affinché tutto proceda per il meglio e il dialogo tra le parti sia costante e profittevole, vengono applicate delle regole semplicissime.

Abbiamo detto che il fine ultimo della scuola è formare gli alunni grazie alla professionalità dei docenti, assisiti e supportati dal personale ATA e coordinati dal Dirigente Scolastico.

Il processo educativo degli alunni avviene grazie al lavoro corale della scuola e della famiglia.

Accade quindi che è fondamentale che il corpo docente e le famiglie comunichino e si confrontino per il bene dello studente.

Quando la scuola funziona, il dialogo è costante, la crescita effettiva, famiglie, studenti, docenti e DS comunicano facilmente e riescono a far crescere la scuola che, ricordiamolo, è patrimonio della comunità.

Il possibile problema

Ovviamente, come in tutti i rapporti umani, può accadere che qualcosa si inceppi: che ci sia una incomprensione tra una qualche famiglia e un docente o tra un docente e altri colleghi… tutta ordinaria amministrazione.

Spetta al Dirigente Scolastico sanare i dissidi e fare in modo che tutto vada per il meglio.

Cosa bisogna fare quando i genitori non riescono a comunicare con i docenti o, peggio ancora, con il Dirigente Scolastico?

Cosa bisogna fare quando i bambini non si trovano bene nella propria classe?

A chi rivolgersi quando si ha bisogno di fare chiarezza nei comportamenti degli studenti ma non si riesce ad avere una risposta da chi ha segnalato il comportamento anomalo?

Normalmente le condotte degli studenti vengono discusse tra genitori e docenti (esistono infatti le riunioni tra docenti e genitori), laddove il caso richiedesse delle attenzioni maggiori, per esempio disagi dello studente o disallineamento nell’apprendimento, problemi di qualunque tipo tra genitori e docenti, entrano in gioco le varie gerarchie scolastiche fino al dirigente scolastico.

Questo sistema nella maggior parte dei casi riesce a fronteggiare e risolvere al meglio ogni situazione.

Ci sono delle volte, però, in cui invece qualcosa si rompe e questo processo si blocca non portando soluzioni.

Non sempre la storia ha un lieto fine

Può capitare alle volte, per inesperienza, mancanza di attitudine degli attori o attraversamento di un periodo particolarmente difficile che il flusso comunicativo venga interrotto.

Può capitare che dei genitori che hanno bisogno di parlare con un docente non ci riescano e che i genitori, esasperati, non riescano a parlare neppure col dirigente scolastico.

Può capitare così anche che alcune famiglie decidano di portar via i propri figli dalla scuola.

Ma davvero possiamo permettercelo?

Davvero possiamo portar via dei bambini da una scuola lasciandogli come insegnamento che le difficoltà sono insuperabili e l’unica strada è la fuga?

Chi scrive pensa che realtà come queste non dovrebbero mai aver luogo ma, purtroppo, l’esperienza delle segnalazioni che arrivano in redazione raccontano una brutta realtà.

Storia

Questa è la storia brutta (ma non insanabile) di un flusso di comunicazione interrotto.

È la storia di genitori che non riescono ad avere risposte e docenti che non hanno il coraggio di affrontare le proprie responsabilità.

È la storia dell’Istituto Comprensivo Ceneda di Roma e degli studenti che ha perso.

L’Istituto Ceneda di Roma

L’istituto Ceneda è un Istituto molto grande e importante per la sua posizione e offerta formativa all’interno della città di Roma.

L’Istituto è costituito da cinque plessi:

  • Secondaria di Primo Grado “Carlo Urbani”
  • Infanzia Montessori “Lorenzo Cuneo”
  • Infanzia e Primaria “Giuseppe Garibaldi”
  • Primaria “Bobbio”

La storia che raccontiamo oggi è legata alla scuola primaria, in particolare modo alla scuola che applica il metodo Montessori.

Molti genitori preferiscono il Ceneda rispetto ad altri più vicini proprio perché desiderano che i propri figli siano educati attraverso il metodo Montessori.

Ma è proprio in una classe della scuola primaria che qualcosa non va.

Abbiamo notato che nell’ultimo anno 4 bambini hanno lasciato la scuola e altrettanti vivono una condizione di malessere legato al protocollo educativo seguito.

Abbiamo provato ad andare a fondo sul motivo di questa anomalia e abbiamo scoperto che alla base di tutto c’è un problema di comunicazione tra le famiglie e la scuola.

Il problema

Stando alle informazioni raccolte, accade che in una classe della scuola primaria, contrariamente a quanto dichiarato, non venga seguito il metodo Montessori.

Pare che i bambini non utilizzino il materiale didattico specifico e che, in pieno contrasto col Metodo, si trovano a dover, per esempio, copiare parole dalla lavagna.

Pare che il materiale didattico non sia sufficiente per tutti i bambini e che una delle maestre adotti atteggiamenti e linguaggi non adatti alla formazione equilibrata dei bambini.

Su questo paragrafo, essendoci una indagine dei carabinieri in corso, non ce la sentiamo di dire se sia esattamente come raccontato o meno e, anzi, siamo pronti a scrivere un articolo di belle notizie quando tutto sarà chiarito.

La parte triste di questo racconto è che tutto poteva essere evitato.

La denuncia non è nata dall’oggi al domani ma al capolinea di una lunga serie di richieste di chiarimento.

Al capolinea di una lunga serie di email, messaggi e PEC inviate e senza risposta.

Quando i bambini hanno iniziato a non voler più andare a scuola o a mostrare segni di malessere verso lo studio, i genitori hanno chiesto un confronto con la maestra.

Quando questo è stato ripetutamente negato, si è chiesto il confronto con il dirigente scolastico che di fronte alle numerose PEC (con relativa notifica di ricezione e apertura) ha prima negato di averle mai ricevute e poi detto di averle perse.

La denuncia non è stata fatta per aggredire la scuola ma per l’esasperazione sorta dal fatto di non riuscire a risolvere in altro modo il problema.

Le famiglie, di fronte a mesi di silenzio, risposte inviate e rinnegate dal dirigente scolastico, non hanno potuto far altro che cedere.
Alcune hanno portato via i loro figli, altre continuano a vivere l’incubo del muro di gomma.

Ma questa non è una condizione accettabile.

Chi scrive pensa che una società civile non si può permettere di dare come unico scampo a un bambino che sarà l’adulto di domani, la fuga.

Chi scrive non può accettare che all’interno di una scuola un dirigente scolastico aggredisca verbalmente genitori portando via i docenti e fomentando il reciproco odio.

Chi scrive crede fortemente nella possibilità del cambiamento ove le persone siano in grado di imparare dai propri errori e ammetterli.

E così noi di Betapress con questo articolo ci auguriamo che le cose all’Istituto Ceneda di Roma cambino, che i bambini non abbiamo più paura di affrontare la loro maestra e, anzi, che questa possa diventare un punto di riferimento della loro crescita come è giusto che sia.

Le nostre pagine saranno sempre aperte per il DS Sabina Maraffi che non ha ancora risposto alla nostra email di richiesta di contatto.

E non vediamo l’ora, tra qualche mese, di raccontare la bellissima storia dell’Istituto Comprensivo Ceneda di Roma che ha superato i suoi piccoli problemi e adesso contribuisce alla crescita di adulti sani.

… Oppure continueremo a raccontare e denunciare quello che non va, senza tregua né stanchezza perché, parafrasando quello che ci ha detto una mamma

“lo stato si fonda sulla sanità, sull’istruzione e sulla giustizia, se finisce questo, finisce tutto”

 

Crediti

Metodo Montessori

 

Chi volesse segnalare una anomalia all’interno di una scuola, può scrivere a info@betapress.it

Chi fa l’interesse del Poggiali Spizzichino?




Massimo Coen Cagli parla di Fundraising per le scuole

Massimo Coen Cagli ci parla del fundraising

In questa puntata de “il fundraising per le scuole” Chiara Sparacio (la sottoscritta) e Francesca Donati  hanno ospitato Massimo Coen Cagli il più famoso fundraiser nel settore della scuola.

Massimo Coen Cagli ha dimostrato come ogni scuola può fare fundraising e come attingere alle risorse umane all’interno della scuola stessa.

All’interno di una puntata molto concreta, ha spiegato come chiedere e a chi.

 

Di seguito il video

Il Fundraising per la Scuola

Aiutiamo le scuole col fundraising

BetapressTV




Bentornata a casa??

Silvia Romano è viva ed è stata liberata.

 E gli italiani come reagiscono?

Sollevo, gioia, stupore la reazione di alcuni.

Perplessità, smarrimento, incredulità quella di altri.

Rabbia, odio, xenofobia, sessismo quella di altri ancora.

E la reazione suscitata non c’entra con il credo politico, l’identità sessuale o il potere economico di chi la prova.

E’ un brivido che ci scorre lungo la schiena quando la vediamo.

“E’ lei, è viva, ce l’ha fatta!”

“Ma com’è vestita? Ma cosa dice? Ma cosa le hanno fatto?”

Fino a ”Non è possibile! Ma chi abbiamo liberato e perché?”

E così succede che Silvia non abbia nemmeno finito di scendere la scaletta dell’aereo che da Mogadiscio l’ha riportata in Italia, che centinaia di benpensanti (ma altrettanto mal scriventi) si scatenino già sui social con illazioni e offese di ogni tipo. 

Perché? Per la sua immagine killer, così stridente da quella a cui eravamo abituati.

Avevamo in mente una ragazza in canottiera, abbronzata e sorridente, con in braccio un bimbo africano, ed invece, ci siamo trovati di fronte una donna coperta, quasi irriconoscibile, se non fosse stato per il sorriso, e, per alcuni, persino il sorriso è sembrato provocatorio.

Certo, per molti, è bastato vedere lo jilbab, quel lungo velo, verde come il colore dell’Islam, a incorniciarle il viso e a coprirle il corpo, perché Silvia Romano, da eroina si trasformasse in traditrice.

O quantomeno “ingrata”, proprio come oggi l’ha bollata la prima pagina del Giornale: 

“Islamica e felice, Silvia l’ingrata” ha titolato il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, mentre Libero non è stato da meno gridando: “Abbiamo liberato un’islamica”.

Già perché in queste ore, in cui l’hashtag Silvia Romano continua a imperversare, c’è un fatto che è chiaro ed evidente e cioè che Silvia Romano ha smesso di essere una persona, una cittadina italiana con tutti i suoi sacrosanti diritti, per diventare un simbolo da agitare nell’incessante guerra razzista e sessista che purtroppo non conosce tregua.

Neanche il tempo di festeggiarla, di accoglierla nella sua città che altri due hashtag, quello di Aisha, il suo nome islamico, e quello di Silvia Romano incinta, sono entrati in circolo, nel catalogo infinito dell’odio da tastiera.

Che cosa si rimprovera alla giovane cooperante milanese che era in Kenya, lei specializzata in psicologia infantile, per aiutare i bambini orfani e che è stata rapita e tenuta prigioniera per oltre 18 mesi? 

 

Di sicuro il sorriso: nel conformismo ipocrita imperante, un ostaggio deve essere a pezzi, deve farsi vedere distrutto, possibilmente in lacrime.

E poi la conversione all’Islam, la religione più odiata, oltre che la seconda più praticata nel mondo.

Un affronto per molti italiani che confondono le frange dell’estremismo islamico con la stragrande maggioranza dei musulmani e che, evidentemente, non ricordano che la nostra Costituzione, quella di un Paese laico, prescrive la libertà di culto.

Per cui ognuno di noi è libero di professarsi cattolico, buddista, ateo o musulmano senza che questo debba diventare materia di dibattito o, ancor peggio, di scandalo per chiunque altro.

 

Inoltre, dulcis in fundo, Silvia è una donna.

Una donna forte, come lei stessa ha ricordato nelle prime parole che ha pronunciato dopo la liberazione.

E, si sa, niente è più insopportabile per molti sessisti che da giorni si sbizzarriscono in truci doppi sensi ed illazioni offensive, da quella secondo la quale Silvia sia incinta a quella che la vuole vittima della sindrome di Stoccolma. Ma, credetemi, il linguaggio utilizzato è ben altro.

Perché, si sa, il salto da esperto in virologia a quello in psicologia, nel magico mondo dei social, lo si può fare in un attimo, a stretto giro di tweet.

Va detto però che sono tanti, tantissimi i giornalisti ed i commentatori che in queste ore stanno cercando di spegnere questa ignobile polemica. 

Andrea Purgatori, ad esempio, scrive: “Se il problema è il vestito, occupatevi di quelli in nero col braccio alzato. Se il problema è il riscatto, la prossima volta vi scambiamo volentieri. Se il problema c’è l’avete nella testa, andate da uno bravo. E fate presto”.

Myrta Merlino interviene così: “Mi sfugge il senso del dibattito su #SilviaRomano, diventata Aisha. Se avessimo saputo prima della sua conversione all’#Islam, non avremmo dovuto salvarla?!?”. 

Tranchant come sempre Selvaggia Lucarelli: “Si è convertita all’Islam, non dice mezza parola d’odio, sorride anziché piangere. È una donna. Non glielo perdoneranno mai”.

Nell’attesa che gli odiatori trovino un altro osso da spolpare, ci sentiamo di dare un consiglio a Silvia Romano, quello cioè di stare alla larga dalla Rete.

I traumi di un sequestro sono lunghi e difficili da superare.

Ma quelli del cyber-bullismo non sono da meno. 

In quanto alla conversione, resta un fatto intimo, di estrema importanza, per ogni persona.

Un percorso che doloroso o liberatorio che sia, va rispettato, comunque. Sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tipi da social

 




Meridionali mon amour

Quando un grande Direttore come Vittorio Feltri ci consegna una lezione come quella dell’altra sera, per tutti noi piccoli direttori di testate insignificanti non c’è che da imparare.

In effetti dai grandi si impara in grande, ed io, piccolo, ho imparato in grande: ho imparato come non si fa.

Ho imparato che i ruoli sono importanti e la direzione di un giornale, seppur piccolo come il mio, comporta grandi responsabilità, come quella ad esempio del rispetto.

Il rispetto è anche nell’uso che si fa della propria posizione, nel peso che le parole assumono quando si ricoprono dei ruoli importanti.

L’Italia è un paese unico ed irripetibile, bello da morire e brutto da impazzire, saggio come nessuno e stupido peggio di un bambino, altruista e generoso ma anche furbo e traditore.

E’ un paese estremo, assoluto, indimenticabile.

Ma tutto questo è intimamente legato agli italiani, al popolo, al nord ed al sud, nella sua dimensione nazionale.

Questo Paese l’ho girato in lungo ed in largo, conoscendone gli abitanti in tutte le loro sfaccettature, ho avuto a che fare con il bello ed il brutto, ma ho avuto modo di conoscere gli italiani, profondamente italiani, sempre.

Ho visto mondi diversi, ho visto vite diverse, ho visto tradizioni diverse, ma mai nessuna era inferiore alle altre.

Fatico molto caro Direttore Feltri a capire da dove Le sia uscita la considerazione sull’inferiorità dei meridionali.

Nella storia del nostro paese non l’ho trovata, anzi il meridione da dopo la caduta dell’impero romano è rimasto una culla di civiltà, nella prima guerra mondiale il sud fu portatore di soldati al fronte e pagò a caro prezzo con il maggior numero di morti.

Nelle arti meno che meno, il sud è sempre primeggiante fiero ideatore di filosofie, musiche, dipinti, opere.

Ho visto accogliere senza chiedere sia al nord che al sud, non riesco davvero a pensare che ci siano anime inferiori in questo paese

Forse Lei si riferiva alla criminalità, al fatto che il sud si sia piegato alle mafie?

Però caro Direttore ha visto il pegno umano che il Sud ha pagato per la lotta alla mafia?

Ha visto che uomini sono usciti da queste battaglie, ha visto che levatura morale, che intelligenza, che amore per lo Stato (che sinceramente a volte questo stato non si merita).

Forse Lei, caro Direttore, non conosce il Sud, e Lei mi dirà con la sua simpatica prosopopea “e chi se ne frega!”, ebbene io me ne frego, caro Direttore, e sa perché?, perché questo paese si salverà solo grazie agli italiani, polentoni o meridionali che siano.

Perché, caro il mio Direttore, il diverso è dentro di noi, non fuori, il mostro, se c’è, lo creiamo noi.

Io amo i meridionali, li ho conosciuti, hanno un cuore grande.

Diceva Montanelli questo: l’Italia non si salverà perché non si ricorda del proprio ieri, ma gli italiani si salveranno perché non hanno unità nazionale e sono i migliori mestieranti d’europa (nei mestieri servili), non hanno una entità nazionale si adattano, si assimilano.

 

Io vorrei invece che questo paese si salvasse assieme a tutti i suoi italiani, perché io sono italiano, sono polentone, sono terrone, sono un italiano che si ricorda della storia del suo paese, fin dalle origini.

Mi ricordo di chi ha costruito e di chi ha distrutto, amo i primi e compiango i secondi.

Come Direttore di un piccolo giornale però le dico per me non esiste nord sud centro, per me esiste un grande paese che potrebbe essere guida delle genti, come è stato quando nessuno pensava che ci fosse un nord ed un sud, ma quando tutti pensavano che c’era un’Italia prima da unire e poi da difendere.

Siamo sempre stati un grande paese, ma noti caro Direttore, lo siamo stati quando lo abbiamo pensato davvero.

Forse allora è anche una nostra responsabilità far pensare agli italiani che c’è l’Italia, non il nord ed il sud.

Non riesco a vedere un diverso nel mio paese, perché non ci sono diversi, ci sono differenze, che in realtà uniscono molto di più delle similitudini.

Si è sempre meridionali di qualcuno, diceva Luciano De Crescenzo, per questo io Le dico: Meridionali mon amour.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’indipendenza di Stampa

 

L’Italia e l’ultradestra