L’arte di parlare in pubblico: Consigli per un’oratoria efficace

Parlare in pubblico è una delle abilità più ricercate e, per molti, anche tra le più temute.

Ma come ogni arte, anche l’oratoria può essere affinata e perfezionata con pratica e dedizione.

Occorre rispettare alcuni principi base sui quali non si deve derogare; ve ne diamo un breve assaggio.

 

Conosci il tuo pubblico

Prima di qualsiasi discorso o presentazione, è fondamentale comprendere a chi stai parlando. Quali sono le loro aspettative? Cosa sanno già sull’argomento? Questa comprensione ti aiuterà a calibrare il tuo messaggio in modo efficace.

 

Organizza il tuo contenuto

Struttura il tuo discorso o presentazione in modo logico e sequenziale. Una struttura chiara aiuterà il tuo pubblico a seguire il flusso delle tue idee. Inizia con un’introduzione accattivante, segui con il corpo centrale e concludi con una chiusura memorabile.

 

Pratica, pratica, pratica

La preparazione è la chiave. Anche i più grandi oratori praticano regolarmente. Esercitati a voce alta, davanti a uno specchio, o meglio ancora, di fronte a un piccolo gruppo di amici o colleghi che possono darti feedback costruttivi.

 

Gestisci l’ansia

È normale sentirsi nervosi prima di parlare in pubblico. Respira profondamente, focalizzati sul messaggio e non su te stesso. Ricorda, il tuo obiettivo è condividere informazioni, non ottenere approvazione personale.

 

Utilizza il linguaggio del corpo

Il tuo linguaggio corporeo comunica tanto quanto le tue parole. Mantieni un contatto visivo con il tuo pubblico, usa gesti naturali e evita abitudini distrattive come giocare con i capelli o toccarsi il viso.

 

Coinvolgi il tuo pubblico

Pone domande retoriche, racconta aneddoti o storie pertinenti, o usa altre tecniche per coinvolgere attivamente il tuo pubblico e mantenere la loro attenzione.

 

Migliora la tua vocalità

La chiarezza della voce, la variazione del tono e il ritmo sono elementi chiave. Evita di parlare troppo velocemente e fa attenzione a non cadere in un tono monotono.

 

Sii autentico

Il pubblico apprezza l’autenticità. Non cercare di imitare qualcun altro o di essere una versione idealizzata di te stesso. Mostra passione per l’argomento e credi in ciò che stai dicendo.

 

Preparati per le domande

Anticipa le possibili domande e prepara le risposte. Questo ti darà maggiore sicurezza durante la sessione di domande e risposte.

 

Rifletti e impara

Dopo ogni discorso o presentazione, rifletti su ciò che ha funzionato e su ciò che potresti migliorare. Considera ogni opportunità di parlare in pubblico come un passo verso la maestria nell’arte dell’oratoria.

 

In conclusione, parlare in pubblico è una competenza che richiede pratica, preparazione e autorevolezza.

Ma con dedizione e passione, chiunque può diventare un oratore efficace e ispirare il suo pubblico.




La storia deve essere raccontata in modo neutrale, altrimenti non è storia.

In questi giorni è sorta la discussione sull’insegnamento della storia, discussione originatasi dalle parole del ministro Valditara sul rinnovo dell’accordo con ANPI, associazione partigiani.

Ben rappresenta il giornale la situazione in questo articolo https://www.ilgiornale.it/news/ha-ragione-valditara-raccontare-storia-ben-diverso-fare-2213308.html

Come dare torto a chi finalmente sostiene che la storia debba essere raccontata in modo neutrale, rappresentando tutte le realtà coinvolte e le loro motivazioni.

Lo stesso Barbero, grande divulgatore storico, afferma la necessità che la storia sia raccontata dai documenti e dalla verità, dai fatti insomma, e non dai sentimenti, giusti o sbagliati che siano.

https://allaenne.sns.it/video/alessandro-barbero-unintervista/.

https://youtu.be/ccXct8YxEGc?si=ZAzq7kQPvRnnIlYS.

In effetti dare il racconto della storia in mano a chi della storia ne estremizza i significati per un proprio personale interesse non è la cosa più opportuna per il bene degli studenti in particolare ma di tutti in generale.

Riceviamo molte segnalazioni sul tema è ne pubblichiamo una rappresentativa anche per l’autorevolezza di chi la scrive:

spett.le Betapress, con riferimento all’articolo odierno pubblicato da LA VERITA’ “fate scendere l’Anpi dalla cattedra” in merito all’accordo MIM / Anpi per l’insegnamento della storia nelle scuole, che il ministro Valditara ha comunicato di voler rinnovare allargandolo a tutte le associazioni partigiane , osservo che un analogo accordo è già stato perfezionato il 3 luglio scorso dal MIM con gli istituti per la storia della resistenza (il cui presidente Pezzino è coordinatore di un comitato scientifico promosso da Anpi), prevedente , tra l’altro, l’impiego dei docenti esentati dal servizio presso gli istituti per la storia della resistenza (art.3 ACCORDO 3.07.23) . Valditara CONFERMA che la “cattedra” della storia nella scuola sia comunque monopolio dei “partigiani”. Resta l’interrogativo sul perché il Ministero dell’istruzione (del governo Meloni come dei Governi di centrosinistra) debba appaltare (con assegnazione di risorse pubbliche) l’insegnamento della storia agli studenti a terzi ed altresì solo se appartenenti ad una determinata area politica.

Marco Filisetti già dirigente generale Ministero Istruzione mfilisetti@lanostragorle.org.




L’EROICA apre la cerimonia di inizio anno scolastico.

L’inizio dell’anno scolastico 23/24 è stato celebrato il 18 settembre 2023 a Forlì presso il plesso scolastico Allende.

La cerimonia è stata trasmessa da rai uno nell’ambito del programma Tutti a Scuola condotto da Flavio Insinna e Malika Ayane. (vedi la cerimonia). eroica eroica eroica

Il Maestro Leonardo De Amicis ha diretto l’Orchestra Sinfonica delle Scuole Marchigiane, L’EROICA, progetto nato dalla volontà dell’Ufficio Scolastico per le Marche nella persona dell’ex direttore generale Marco Ugo Filisetti e del maestro Luca Testa, Dirigente scolastico del Liceo Marconi di Pesaro.

Un progetto nato nel lontano 2019 e portato alla sua realizzazione con il concerto inaugurale del 23 ottobre 2022 in favore delle popolazioni alluvionate delle Marche, di cui la nostra testata si è già occupata.

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[youtube https://www.youtube.com/watch?v=nDP7MGfUTjk&w=640&h=360]

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=dQskhYXsiuY&w=640&h=360]

 

Riportiamo con piacere il messaggio che il Dott. Marco Ugo Filisetti ha inviato ai componenti dell’orchestra dopo la performance davanti al Capo dello Stato.

Carissimo Maestro Luca Testa e carissimi componenti de l’orchestra EROICA, complimenti per la vostra magistrale esibizione a Forlì il 18 settembre in occasione dell’inaugurazione nazionale dell’a.s. 2023/24. EROICA non è solo un insieme di strumentisti che collaborano ad un’esecuzione musicale e migliorano la propria formazione artistica, ma con la propria azione interpreta lo spirito comunitario, identitario ed “eroico” che, con l’esempio, cerca di trasmettere ai giovani marchigiani, ribadendo loro il messaggio: “Siate sempre uniti, pur nelle diverse idee, siate Comunità, siate amicizia, strumento di amicizia, non lasciate che odi, rancori vi dividano rompendo l’armonia della comunità giovanile alla quale naturalmente appartenete, esercitando in questo tempo il dovere dell’autocoscienza che si interroga a partire dalla propria identità per orientarsi: chi sono io, i miei padri, le mie radici, da dove vengo per sapere dove andare.
Siate coraggiosi e determinati per vincere tutte le difficoltà che si frappongono nel percorso che al suo solstizio consentirà a ciascuno di voi di entrare nella Comunità portando ciascuno la pietra al Cantiere, come è stato per chi vi ha preceduto e per questo sentiamo con riconoscenza presente.
Continuate ad intraprendere anche quando sembra non esserci speranza e perseverare anche se vi sembra di non riuscire.
Conservate sempre il dominio di se stessi, la chiarezza di giudizio, la libertà interiore rifuggendo da ogni tipo di droga che inevitabilmente offusca la mente e semina nell’ anima stanchezza ed impotenza, neutralizzando la corretta capacità di azione .
La vostra vita sia sana, naturale, equilibrata, lontana da tutto ciò che è frivolo, superfluo, artefatto, come i bisogni artificiali creati dalla società consumistica, sia attenta a non alterare gli equilibri ambientali e naturali, sia rispettosa degli altri con sincera comprensione verso le loro inclinazioni, convinzioni o vocazioni. In sintesi: abbiate una concezione eroica della vita, dove per eroe non si intende la persona dal comportamento eccezionale ma colui che, sveglio alla vita, non spegne la luce di cui ciascuno è portatore e, padrone di se stesso, compie il proprio dovere senza aspettarsi ricompense o temere punizioni, avendo nella propria coscienza un giudice ben più acuto e inesorabile.”

Marco Ugo Filisetti

Ex Direttore Generale USR marche ed ideatore del progetto orchestra sinfonica delle scuole marchigiane

 




Bambini disobbedite, perché vi aiuta ad imparare.

Genitori voi invece obbedite, perché vi aiuta a far crescere.

Ma come può obbedire un genitore? ed a cosa, vi chiederete voi lettori…

Il genitore deve obbedire ad un semplicissimo dovere: la necessità di dare strumenti corretti di crescita al proprio figlio, come?

Cercando di conoscere.

La disobbedienza dei bambini è una tappa inevitabile e cruciale nel loro processo di crescita e sviluppo.

Nonostante possa risultare frustrante per genitori e tutori, è importante considerarla come una fase naturale del percorso di apprendimento di un bambino.

È importante capire che i bambini stanno cercando di individuare i propri limiti e di acquisire un senso di indipendenza e autonomia, infatti i primi atti di disobbedienza nei bambini sono spesso un segno che stanno iniziando a sviluppare un senso di sé ed un desiderio di indipendenza.

Questo comportamento può manifestarsi in molte forme, come il rifiuto di seguire le istruzioni, il testare i limiti delle regole, provocare apertamente gli adulti o ignorare i comandi diretti.

È fondamentale comprendere che la disobbedienza non è necessariamente un segno di cattiva educazione o mancanza di rispetto, ma piuttosto del fatto che i bambini stanno cercando di capire il mondo che li circonda e apprendono dalle esperienze, anche da quelle negative.

Questo processo di apprendimento comporta spesso sfide ed errori, anche da parte di genitori e tutori, che hanno un ruolo cruciale nella gestione della disobbedienza dei bambini.

La comunicazione è la chiave: spiegare chiaramente le aspettative e le regole, insieme alle ragioni dietro di esse, può aiutare i bambini a comprendere meglio cosa ci si aspetta da loro.

Infatti la disobbedienza è spesso una fase temporanea e una parte normale dello sviluppo infantile, dove i bambini stanno imparando a esprimere la propria individualità e a comprendere le conseguenze delle loro azioni.

E’ inevitabile che la disobbedienza sia più presente quando quando non comprendono completamente ciò che si aspetta da loro.

Il problema genitoriale è il tempo ma anche la capacità: per spiegare occorre tempo e capacità di trasformare in concetti chiari per un bambino il mondo delle regole che ha intesta un adulto.

Occorre, in un certo senso, che il genitore si ponga in un rapporto esegetico con il bambino al fine di parlare in una lingua e con concetti a lui comprensibili.

In questo meccanismo il genitore dovrebbe conoscere bene alcuni principi come la ridondanza della comunicazione e la semplificazione del concetto, o anche solo la sua traduzione nel mondo immaginifico del figlio.

Certamente conoscere il mondo linguistico in cui il bambino si sta muovendo è importante.

La risposta del genitore a questa necessità non può essere non ho tempo, ma al limite non sono in grado di farlo, perché con la risposta non ho tempo il genitore si chiude alla possibilità, mentre con la risposta non lo so fare si apre un mondo di opportunità.

Regola fondamentale da mantenere è la coerenza e la linearità di comportamenti.

Le regole dovrebbero rimanere costanti, e le conseguenze della disobbedienza dovrebbero essere appropriate e proporzionate, ma soprattutto applicate.

Questo crea un ambiente in cui i bambini possono prevedere le conseguenze delle loro azioni, il che può contribuire a motivarli a seguire le regole.

Tuttavia, nonostante la necessità di regole e discipline, è altrettanto importante lasciare spazio per l’autonomia e la scelta, ma anche per l’empatia; mostrare empatia verso i sentimenti dei bambini può contribuire a ridurre la disobbedienza, la disobbedienza infantile spesso nasce dalla frustrazione o dal sentimento di abbandono.

Consentire ai bambini di prendere decisioni appropriate per la loro età può ridurre fenomeni di ribellione alle regole, poiché si sentono coinvolti nel processo decisionale; ad esempio, invece di dire “Indossa questa giacca”, si potrebbe chiedere “Vuoi mettere il tuo maglione rosso o il tuo giubbotto blu?”.

Inutile osservare che i bambini spesso imparano dal comportamento dei loro genitori e delle figure di riferimento, ecco perché  mostrare un comportamento rispettoso delle regole può avere un impatto positivo, spesso ricreando ambienti simili in cui gli adulti rispettano le regole che loro stessi impongono ai figli.

L’esempio classico è il rapporto intergenerazionale: un bambino che vede il proprio genitore rispondere male al suo genitore non sarà certo portato a rispettare una regola educativa contraria al comportamento visto attuare dal genitore stesso.

Concludendo la disobbedienza può essere un terreno fertile per l’apprendimento e la crescita dei bambini, ma solo se noi abbiamo gli strumenti per comprenderla ed incanalarla verso un percorso di comprensione dei meccanismi.

Attraverso la disobbedienza si possono sviluppare competenze come la risoluzione dei problemi, la negoziazione e la comprensione delle conseguenze delle azioni.

In estrema sintesi, la disobbedienza dei bambini è una fase normale del loro sviluppo utilissima per poter far comprendere regole, comportamenti sociali e obblighi dell’IO.

La distanza della famiglia da questi momenti educativi, e la loro mancata comprensione da parte dei genitori,  è sicuramente uno tra i più gravi danni possibili da arrecare al bambino.

Affrontarla con pazienza, comunicazione aperta e coerenza nelle regole e nelle conseguenze può aiutare i bambini a imparare dagli errori e a crescere come individui responsabili e consapevoli.




AI: rivoluzione per il modo di apprendere, ma forse si dovrebbe rivoluzionare il modo di insegnare.

Leggo su ‘Il Sole 24 ore’ di ieri: “l’intelligenza artificiale arriva a scuola e rivoluziona il modo di apprendere”. SOMMESSAMENTE: visto la stato complessivo della scuola e della docetica, forse occorrerebbe rivoluzionare il modo di insegnare. 

Anche con l’aiuto degli economici robot, se occorresse  (lo dico provocatoriamente, fermamente convinto come sono che un buon insegnante sia insostituibile). 

Chi deve apprendere è già sufficientemente malridotto soprattutto grazie a giochi e giochini violenti, e allo stare incollato improduttivamente sullo schermo di un PC o di uno smartphone!

Situazioni che lo ‘rintronano’ non aiutandolo nel formulare ed esprimere un  PENSIERO AUTONOMO, privandolo di interessi nella RIFLESSIONE, nello stimolo alla CURIOSITÀ e quindi all’APPROFONDIMENTO e al DIALOGO, soprattutto prediligendo il CONFRONTO PERSONALE e la DIALETTICA, per poter crescere senza rimanere nella propria bolla.

Bolla colma di errori e incertezze, persino carente di dubbi.

Leggere che un giovane, oggi, è accreditato di un vocabolario di neanche 300/350 parole è come sapere che siamo a bordo di una eccezionale astronave, che può solcare gli spazi, ma che invece viene adoperata per andare da casa fino al calzolaio!

Personalmente credo che la tecnologia debba porsi dei limiti, per evitare ai vari Dottor Stranamore di imporre tesi e progressi scientifici che non tengano conto dell’Uomo e del suo immenso valore.

Di AI devono trattare coloro che sanno discernere il giusto dall’errato, che hanno ben presenti i valori dell’etica e della morale.

Soprattutto che siano dotati di una propria vivace intelligenza, perché qualunque macchina/dispositivo “intelligente” non può essere governato da menti instabili, tarate o – peggio ancora – deviate in senso opposto al Bene.




Genitori, chiedete modelli nuovi di insegnamento per i vostri figli.

Il modello educativo frontale è una delle metodologie di insegnamento più tradizionali e ampiamente utilizzate in tutto il mondo.

In questo approccio, un insegnante presenta informazioni o lezioni in modo diretto a un gruppo di studenti, che solitamente sono disposti in modo frontale o in file nei banchi.

Questo modello è spesso caratterizzato dalla trasmissione unidirezionale delle conoscenze dall’insegnante agli studenti, con un’enfasi sull’ascolto passivo e sulla memorizzazione.

Sebbene il modello educativo frontale abbia una lunga storia di utilizzo ed è ancora ampiamente praticato, è importante considerare alcune delle sue sfide e limitazioni.

Prima di tutto, questo approccio può favorire una passività da parte degli studenti, che possono diventare semplici ricevitori di informazioni piuttosto che partecipanti attivi nel processo di apprendimento.

Questa mancanza di coinvolgimento attivo può portare alla noia e alla perdita di interesse per il materiale didattico.

Inoltre, il modello frontale potrebbe non tener conto delle differenze individuali tra gli studenti.

Ogni studente ha uno stile di apprendimento unico, e il modello frontale potrebbe non essere adatto a tutti.

Molti studenti traggono beneficio dall’apprendimento attivo, dalla discussione, dalla collaborazione e dall’applicazione pratica delle conoscenze. Il modello frontale può limitare queste opportunità.

Un’altra sfida del modello frontale è che l’insegnante potrebbe non essere in grado di monitorare attentamente il progresso individuale degli studenti o rispondere alle loro esigenze specifiche.

Questo può portare a una mancanza di personalizzazione nell’insegnamento, che è fondamentale per il successo educativo.

In pratica possiamo individuare 8 punti critici:

1 – Passività degli studenti: Gli studenti spesso sono passivi durante le lezioni frontali, limitandosi ad ascoltare e prendere appunti. Questo può portare a una minore partecipazione attiva e interazione con il materiale.

2 – Apprendimento unidirezionale: L’insegnamento frontale si basa su una comunicazione unidirezionale, con l’insegnante che trasmette informazioni agli studenti. Questo limita le opportunità per gli studenti di fare domande e contribuire attivamente alla discussione.

3 – Differenze individuali: Gli studenti hanno stili di apprendimento diversi, e l’insegnamento frontale potrebbe non essere adatto a tutti. Alcuni studenti potrebbero avere bisogno di approcci più interattivi o di apprendere in modi diversi.

4 – Concentrazione limitata: Gli studenti possono perdere la concentrazione durante le lunghe lezioni frontali, specialmente se queste non sono coinvolgenti o interessanti. La noia può compromettere l’apprendimento.

5 – Memorizzazione a breve termine: L’insegnamento frontale spesso si concentra sulla memorizzazione a breve termine delle informazioni per superare interrogazioni o esami, ma questo può non favorire la comprensione profonda e l’applicazione delle conoscenze nel lungo termine.

6 – Poca personalizzazione: L’insegnamento frontale tende a essere uniforme per tutti gli studenti, senza tener conto delle loro esigenze specifiche o dei loro livelli di competenza. Questo può portare a un apprendimento inefficace per alcuni.

7 – Manca di contesto del mondo reale: Le lezioni frontali possono mancare del contesto del mondo reale, rendendo difficile per gli studenti collegare ciò che imparano alle applicazioni pratiche.

8 – Limitazioni tecnologiche: In alcune situazioni, l’insegnamento frontale può essere limitato dalle risorse tecnologiche e dalla disponibilità di strumenti educativi moderni, che potrebbero migliorare l’apprendimento.

Per superare questi limiti, molti educatori stanno esplorando approcci più interattivi, come il blended learning (un mix di insegnamento in classe e online), l’apprendimento basato su progetti e l’uso di tecnologie educative avanzate per migliorare l’esperienza di apprendimento degli studenti.

Tuttavia, è importante notare che il modello educativo frontale non è completamente privo di meriti.

Può essere efficace per la presentazione di informazioni chiave o la spiegazione di concetti complessi.

Inoltre, può essere utile in contesti in cui è necessario impartire conoscenze di base o standardizzate in modo efficiente.

Per migliorare il modello educativo frontale, è importante integrarlo con approcci più interattivi e partecipativi all’apprendimento.

L’insegnante può incorporare attività di discussione di gruppo, lavori di gruppo, progetti collaborativi e tecnologie educative per coinvolgere gli studenti in modo attivo e favorire l’apprendimento significativo.

In questo modo, il modello frontale può diventare parte di un approccio educativo più ampio e diversificato che tiene conto delle esigenze e delle abilità individuali degli studenti.

In conclusione, il modello educativo frontale ha un ruolo nel panorama dell’istruzione, ma è importante considerarne le sfide e le limitazioni.

Gli educatori dovrebbero cercare di bilanciare questo approccio con metodi più interattivi ed espansivi per garantire un apprendimento più efficace ed efficiente per tutti gli studenti.

La chiave per un’educazione di successo è la flessibilità e l’adattabilità nell’uso di diverse metodologie didattiche per soddisfare le esigenze degli studenti e promuovere un apprendimento significativo.

Il ruolo della famiglia e dei genitori deve essere interattivo anche sulle metodologie di insegnamento.

Questo non vuol dire che la famiglia deve decidere il modello di lezione che la scuola deve adottare, ma la famiglia deve decidere in che scuola mandare il proprio figlio proprio in base al modello di lezione che la scuola ha deciso di utilizzare.

 

 

 

Ribellione e patto educativo, strumenti intelligenti per i genitori (ed anche per i docenti).

Ci vuole più Disciplina!!!




IL DSGA NON E’ UN SARCHIAPONE!

Chi non si ricorda lo stupendo sketch con Walter Chiari e Carlo Campanini sul Sarchiapone americano?

Per chi non lo ricorda vi suggeriamo di rivederlo qui.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=nywnVhPyiIg?start=12&w=640&h=480]

 

Il Sarchiapone, questo animale stranissimo che Walter finge di conoscere perfettamente aiutato dalla bravissima Ornella Vanoni.

Questa scenetta ci ricorda moltissimo tutta una serie di personaggi, dai sindacati in poi, che pensano e fingono di conoscere il DSGA e le sue caratteristiche ed addirittura non contenti di parlarne a vanvera, vanno a contrattare per loro ed a fare i nuovi accordi, pensando di conoscere il sarchiapone DSGA.

Ma Voi li conoscete i dsga?

ruolo bistrattato ed insultato ma, in realtà, fondamentale per la scuola; se i vostri figli possono avere una scuola che funziona è anche grazie a loro

 

BETAPRESS: Siamo oggi qui con Fabio Amici, DSGA da ormai tanti anni e ideatore del gruppo NOI…DSGA per

Fabio Amici

parlare, appunto, della figura del DSGA.

Fabio, cos’è il DSGA?

 

 

FA: Oggi il DSGA, Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, è una figura importantissima in ambito scolastico perché, in pratica, è il responsabile del funzionamento della macchina scolastica.

È una figura nata nel 1999 con il riordinamento della scuola statale e la creazione della figura del Dirigente Scolastico, ovvero il passaggio dei vecchi presidi al ruolo di dirigenti.

BETAPRESS: ma anche voi siete dirigenti visto che siete direttori?

FA: no, il DSGA non ha il ruolo di dirigente ma è solo un semplice funzionario amministrativo, l’unico funzionario pubblico con competenze specifiche in contabilità e amministrazione, in quanto come si sa, il dirigente scolastico oggi è un ex docente, magari in materie lontanissime da quelle richieste ai dirigenti della p.a.

BETAPRESS: in pratica è una questione di soldi?

FA: non proprio, ma volendo riportare tutto alla busta paga possiamo dire che, se il Dirigente Scolastico prende più di 3500 euro, il DSGA prende meno della metà.

BETAPRESS: ma a livello di responsabilità?

FA: a livello di responsabilità, ovviamente, c’è qualche differenza anche se non tale da giustificare un divario del genere. Ciononostante, il carico operativo dei DSGA è altissimo ancor di più ora con il PNRR.

BETAPRESS: Di questa figura però non si conosce molto, mentre il DS è sempre al centro dell’attenzione.

FA: verissimo e gravissimo. Negli anni si è sempre puntato sul ruolo de DS sacrificando il DSGA sommergendolo di attività amministrative a fronte di un depauperamento allarmante del personale di segreteria.

BETAPRESS: Mai nessuno ha pensato a Voi?

FA: da che mi ricordi io, solo una persona in tutti questi anni e, casualmente, proprio il suo direttore: Corrado Faletti che, quando era un dirigente del Ministero dell’istruzione, ormai 15 anni fa, aveva dato grande visibilità al nostro ruolo, comprendendone l’importanza.

Non solo al nostro ruolo ma a quello di tutta la segreteria collaboratori scolastici compresi.

In quel periodo il nostro apporto alla scuola fu evidenziato come si merita e riuscimmo, assieme a Lui, a realizzare progetti fondamentali che ancora oggi sono l’ossatura amministrativa della scuola.

BETAPRESS: Ad esempio?

FA: Non credo lei abbia tutto questo spazio sul suo giornale per poterli dire tutti, ma ne cito solo qualcuno che ancora oggi è base nella scuola: l’ordinativo informatico locale, i nuovi inventari, il nuovo decreto di contabilità, la formazione per le scuole, i report amministrativi su SIDI, e tanti altri ancora.

BETAPRESS: Ma oggi cosa sta succedendo?

FA: non solo da oggi, ti faccio un esempio. nel ccnl 2016/19 l’aumento dell’indennità di direzione del dsga fu di 6,5€ lordi al mese! meno dell’aumento riconosciuto ad un cs (con tutto il rispetto per i cs) e di tutta la scuola! una sorta di presa in giro. per non parlare del nuovo CCNL 2019/21, la cui intesa è stata firmata a luglio. ancora peggio di prima, prevedendo un de-mansionamento anche professionale visto che mentre prima eravamo in una categoria alta ovvero la d (cioè quella più alta prevista) adesso siamo stati “declassati” alla c. oltre a questo, si prevede la trasformazione del ruolo del dsga, in incarico triennale di nomina degli uffici scolastici provinciali e le reggenze ad interim dei dsga nelle altre scuole sguarnite di dsga, senza alcun compenso! per far capire, al ds reggente di altra scuola, viene riconosciuto un compenso ulteriore di 500€ nette per ogni scuola in più. differente trattamento incomprensibile, visto le firme congiunte e le pari responsabilità nei principali atti contabili e amministrativi delle istituzioni scolastiche. senza un dsga, l’attività amministrativa della scuola si bloccherebbe, non si pagherebbero le fatture, l’iva allo stato, non si pagherebbero i supplenti, non si potrebbero incassare i finanziamenti dell’EU e dello stato, o quelli degli alunni, non si farebbero gite, né bandi di gara per i pnrr o i pon, il personale non avrebbe le ricostruzioni di carriera o il pagamento dei tfr/tfs, solo per dire alcune delle competenze e delle responsabilità di un dsga. l’elevata qualificazione riconosciuta ai dsga, è stato un bluff per noi, considerato la disparità di indennità riconosciute ai pari direttori degli enti locali, che percepiscono indennità di posizione quasi triple rispetto le nostre (fino a 18.000 € l’anno) e indennità di risultato (un altro 10% in più), magari gestendo meno personale di quello gestito da un dsga.

BETAPRESS: In pratica prima stavate in una categoria di contratto che prevedeva una certa qualificazione professionale adesso vi hanno sbattuto in una categoria inferiore, cioè come se prima aveste avuto la magistrale ed ora avete solo la triennale.

FA: vero e l’esempio è interessante.

Calcoli che per svolgere il nostro ruolo qualificato, lo stato utilizza da anni figure intermedie ovvero assistenti amministrativi “promossi” al ruolo di DSGA chiamati facente funzione, dandogli ovviamente uno stipendio più basso ma con le stesse responsabilità e carichi di lavoro.

Tutto questo per non fare un concorso adeguato e per, ovviamente, risparmiare.

BETAPRESS: ma di che numeri stiamo parlando?

FA: beh su 8000 circa DSGA più di 2500 sono facenti funzione.

BETAPRESS: stiamo parlando del 31%?

FA: Esatto e questo deve far riflettere: lo Stato aveva definito il ruolo DSGA come classe D contrattuale (che prevedeva la laurea magistrale) invece ha accettato di far fare il DSGA FF (facente funzione) anche a personale non laureato.

Negli anni si è trascinata questa abitudine ed i sindacati non hanno detto e fatto nulla, cosa che ritengo molto grave, fino ad arrivare oggi a declassare il ruolo appunto al livello C che è quello che prevede la laurea triennale.

Oggi ci sono dei colleghi che svolgono il ruolo di DSGA FF anche da più di 15 anni e ci sono dei colleghi che svolgono il ruolo da DSGA da altrettanto tempo.

Alla fine, il ruolo è stato svalutato nel suo senso più profondo.

BETAPRESS: in pratica lo stato ha creato una profonda divisione nel personale ATA.

FA: non mi fraintenda.

Io ho la massima stima dei colleghi che hanno accettato di assumere il ruolo di facente funzione e ne difendo i loro diritti dopo 10 anni ad aver riconosciuto i loro sforzi.

Nello stesso tempo devo difendere la mia categoria, non dai bravissimi colleghi che si sono sacrificati, ma dallo stato che utilizza mezzucci per tirare avanti, distruggendo la qualità delle segreterie scolastiche. non si possono accettare stabilizzazioni di ff con solo 3 anni da dsga! la professionalità e la competenza di un ruolo complesso come il nostro, non si acquisiscono con soli 3 anni, magari in una piccolissima scuola! (senza nulla togliere ai colleghi FF da pochi anni ovviamente che rispetto, ma 3 anni sono pochi per comprendere appieno un ruolo complesso come il nostro)

In ogni caso, e lo dico con rammarico profondo, a parte il “periodo Faletti” e nonostante i risultati che in quel periodo i dsga hanno realizzato grazie al loro coinvolgimento, non c’è più stato un momento di rivalutazione delle segreterie e quindi dei ruoli in essa contenuti, ma piuttosto il contrario.

BETAPRESS: è vero che il ruolo di assistente amministrativo può essere svolto anche da un collaboratore scolastico (bidello NdR) tramite semplice presentazione di domanda?

FA: perfetta domanda. È proprio vero.

Questo dimostra come lo Stato non si renda conto della competenza necessaria per svolgere il ruolo di assistente amministrativo di segreteria.

Ci vogliono anni di esperienza per muoversi tranquillamente in una segreteria scolastica, e chi viene dai ruoli dei collaboratori dovrebbe almeno poter fare una sorta di internato di due anni prima di assumere il ruolo di assistente amministrativo.

BETAPRESS: questo anche perché poi lo stato conta uno la persona che vi viene affidata.

FA: esatto.

Poi per noi è una risorsa in carico che fa organico effettivo mentre invece la segreteria deve dedicare del tempo per formare questa nuova risorsa; quindi, non è mai +1 ma di solito -2.

BETAPRESS: ma non è stato fatto qualche anno fa un concorso per DSGA?

FA: sì, corretto.

Peccato che dei 1900 vincitori con il concorso 400 hanno abbandonato il primo giorno di lavoro e poi via via seguiti da altrettanti.

Ma, d’altronde, con uno stipendio base di 1.450 euro ed un carico di lavoro e di responsabilità come pochi altri ruoli nella pubblica amministrazione secondo lei chi ci rimaneva, quando un neolaureato magistrale prende almeno 1700 euro come primo stipendio ed in posti con meno carichi e responsabilità?

BETAPRESS: ma non c’è la possibilità di avere compensi per attività aggiuntive?

FA: no.

i compensi che possono essere dati al personale ata non possono essere dati al dsga ed addirittura alcune scuole che avevano remunerato il dsga per attività aggiuntive oltre il proprio orario di lavoro, si sono viste negare il visto sulla rendicontazione con la richiesta del compenso percepito al dsga.

BETAPRESS: insomma sminuiti, declassati, insultati, sottopagati, non è il caso di ribellarsi?

FA: certamente.

Abbiamo già in team di avvocati che sta studiando delle possibili azioni anche solo per bloccare questo contratto indegno ed offensivo della categoria.

La delusione è anche legata al comportamento dei sindacati che non si sono mossi adeguatamente per difendere la categoria.

BETAPRESS: Se lei potesse chiedere un miracolo cosa chiederebbe?

FA: immediata riqualificazione professionale di tutte le figure legate al personale amministrativo, adeguamento stipendiale correlato al ruolo ed alle responsabilità, percorsi guidati per l’ingresso nelle segreterie scolastiche, concorsi corretti, immediata sospensione dell’utilizzo di figure professionali senza caratteristiche adatte, revisione del CCNL per riconoscere i ruoli adeguati, e mi fermo per pietà, perché andando avanti dimostro come lo Stato non abbia considerato la nostra figura e quella delle segreterie adeguatamente.

 

Ecco quali sono le figure silenziose e produttive della scuola.

Grazie a loro la scuola partecipa a bandi, ottiene fondi, porta avanti i procedimenti amministrativi, le gestioni ordinarie e straordinarie.

Eppure, lo stato non le vede e, verrebbe da dire, non vuole vederle per non dar loro la corretta gratificazione economica.

Betapress si impegna a porre su figure come la loro un riflettore enorme, ecco perché, per chi non li conoscesse, oggi ve li abbiamo presentati, e continueremo a dare loro voce in ogni occasione possibile.

Se c’è qualcosa di buono nella scuola in cui mandate i vostri figli, è anche merito loro.

 

 

 

 




GRAFFI: E SE L’ITALIA?

Immigrazione clandestina.

La Germania non accetterà più immigrati clandestini provenienti dall’Italia.

La Francia blinda i propri confini.

E l’Italia?

Possibile che la malavita organizzata sfrutti i drammi di Marocco e Libia per favorire sbarchi in massa sulle coste italiane?

E l’Italia?

Le crisi non partono mai da lontano e ignorarne i segnali, fare finta di non ascoltare i campanelli d’allarme o di non vedere le anomalie, non porta lontano.

Il governo Meloni ha avuto in lascito un’eredità pesantissima, per amministrare la quale era chiaro fin da subito che non sarebbe stato sufficiente l’esercizio della pur massima “buona volontà”.

Le situazioni geopolitiche, le dinamiche particolari – globali e particolari – dell’economia e della finanza (estremamente fluide e imprevedibili, in quanto ricchissime di variabili), il modificarsi del conflitto instaurato nell’area ukraina da ‘bellico’ a ‘economico’ (per la non soccombenza del dollaro nel primato di “valuta di riferimento”), hanno determinato disallineamenti importantissimi.

Ossia, la situazione che il subentrato governo Meloni Ha ereditato, è ora profondamente mutata: e per affrontarla non sono sufficienti alleanze strumentali.

Occorre avviare radicali misure strutturali.

A un claudicante non basta unirsi a un gruppo di zoppi, per sperare di non zoppicare più.

A queste variabili si sommano imprevisti in alcune aree del mondo, tali da suscitare ripercussioni dagli sviluppi non prevedibili.

In modo imprevisto, si sta assistendo a fenomeni di portata straordinaria che – i solerti cronisti di una storia malata e corrotta – attribuiscono a presunti mutamenti climatici innescati base da inquinamenti vari.

Terremoti devastanti, inondazioni straordinarie, tempeste violentissime, incendi diffusi e irrefrenabili, piogge e grandinate eccezionali, persino la minaccia di possibili eruzioni vulcaniche, scuotono la superficie terrestre provocando migliaia e migliaia di morti oltre che danni inimmaginabili e incalcolabili.

Tali fatti, sommati al perdurare di anomale epidemie, scuotono il mondo dalle fondamenta.

Ma hanno certamente un risvolto immediato: la malavita organizzata entra subito in azione.

Prevedere che dalla Libia e dal Marocco ci possano essere masse imponenti di potenziali clandestini verso l’Europa, verso l’Italia in primis, prevedere quindi l’acuirsi di una crisi già pesantissima, è esercizio agevole.

Meno , le misure per fronteggiare la situazione.

E l’Italia?

Blocco terrestre e navale, quindi?

Forse sarà inevitabile, o saremo invasi da una massa ingovernabile di “clandestini” e forsanche “finti profughi”.

In situazioni di emergenza, non si deve e non si può ragionare in termini “normali”.

Ma l’Italia, saprà reagire e quindi agire?




Imito ergo sum

Il Processo Imitativo nei Bambini: Sviluppo, Importanza e Implicazioni

L’imitazione è una delle prime abilità cognitive che i bambini sviluppano fin dalla loro più tenera età, da non confondere con il processo di imprinting di cui abbiamo parlato già.

Questo processo, apparentemente semplice, gioca un ruolo cruciale nello sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo dei bambini, ed è importante per esplorare il processo imitativo nei bambini, analizzando come si sviluppa, l’importanza di questa abilità e le implicazioni per l’apprendimento e lo sviluppo futuro.

L’imitazione è una caratteristica fondamentale del comportamento umano che nasce fin da subito ed assume importanza successivamente, con l’appartenenza ad una etnia sociale e per i riferimenti gergali della comunità di appartenenza.

Nei neonati, i primi segnali di imitazione possono essere osservati già nelle prime settimane di vita, quando imitano le espressioni facciali dei genitori.

Da osservare comunque che il processo di imitazione potrebbe non essere consapevole almeno dall’inizio, ovvero nelle prime settimane di vita.

In questo primo periodo potrebbe subentrare il comportamento dei cosiddetti neuroni a specchio che ci permettono di comprendere gli stati d’animo altrui proprio perché li “specchiamo” con i nostri.

Quindi il bambino nelle sue primissime fasi di vita potrebbe non tanto imitare il comportamento degli adulti, cosa che avviene invece dopo i primi mesi, ma solo una serie di reazioni che lui stesso sente come proprie rispetto a quel particolare sentimento o emozione.

Questo concetto dei neuroni a specchio è un modo per spiegare i processi empatici che ci fanno comprendere lo stato d’animo altrui, riconoscendo degli atteggiamenti fisiognomici che identifichiamo simili ai nostri in quel particolare momento (piangere, ridere, sospirare, etc.).

Tuttavia, l’imitazione diventa più complessa e intenzionale con il passare del tempo, contribuendo a formare quella che oggi definiamo la personalità dell’individuo.

Fondamentale quindi l’ambiente e le persone che affianchiamo al bambino fin dalle sue prime fasi di crescita.

L’imitazione, pertanto, è un processo di autoapprendimento che parte fin da subito e viene utilizzato per forgiare anche il carattere e non solo.

Gli stessi meccanismi di difesa personale legati agli atteggiamenti aggressivo, remissivo, etc. si formano nelle prime fasi di vita imitativa.

Il primo tipo di imitazione che possiamo identificare è quella Neonatale definita spesso anche  sindrome del cucciolo: fin dai primi mesi di vita, i neonati iniziano a imitare alcune espressioni facciali e gesti dei loro genitori.

Questa imitazione precoce contribuisce a stabilire un legame emotivo tra il bambino e i suoi genitori ed ha il significato di legare il cucciolo al suo riferimento protettivo nelle prime fasi di vita.

Il primo vero imprinting imitativo si ottiene comunque con l’imitazione Sociale verso i 9-12 mesi, dove i bambini iniziano a imitare attivamente i comportamenti degli altri.

L’importanza di questa fase è fondamentale, anche perché abilita nel bambino i primi atti motori consapevoli come il camminare o il correre, questa imitazione sociale include in fase iniziale azioni come battere le mani, agitare la testa e pronunciare suoni, quindi anche il parlare nel linguaggio della comunità di riferimento.

Ricordiamo che spesso la mancanza di questa fase è strumento utile per la diagnosi di disabilità importanti come l’autismo.

Una volta strutturati i primi passi verso un’autonomia fisica, ove si intenda l’attivazione degli strumenti sensoriali completi e del linguaggio, incomincia nel bambino l’attivazione di quella che possiamo definire imitazione Simbolica completa o avanzata.

Intorno ai 18-24 mesi, i bambini iniziano a mostrare un’imitazione simbolica più avanzata, quindi uscendo dai confini di un’imitazione empatica, iniziano ad imitare azioni che non sono presenti nel loro repertorio quotidiano, come fingere di parlare al telefono o di cucinare.

Questo tipo di comportamento imitativo è fondamentale perché permette al bambino di collegare azioni a strumenti e comunque ad agevolare i processi astrattivi nonché “favolistici” che permettono al bambino di sviluppare la fantasia e tutta una serie di strumenti interpretativi della realtà che lo circonda.

Questa fase è importantissima perché permetterà al bambino di superare tutti i successivi step di crescita, garantendo una corretta rielaborazione degli input che riceverà dal contesto comprendendo pian piano la differenza tra reale e fantastico.

Questo processo si realizza pienamente nei primi cinque anni di vita e permette al bambino di strutturarsi per poter gestire un confronto con le realtà  che incontrerà quando il bambino uscirà dalla fase 0 – 5 anni, fase delle favole, per confrontarsi con i suoi coetanei e altri adulti, nella seconda fase 5 – 10 anni, fase del copia incolla, ove cercherà di imitare, con gli strumenti in suo possesso, quelle che riterrà simbologie migliori della sua.

Questo mondo nuovo a cui si affaccia il bambino attiva definitivamente quella che possiamo chiamare l’imitazione di Ruoli, che inizia già verso i 2-3 anni, quando i  bambini iniziano a imitare ruoli sociali.

Ad esempio, possono fingere di essere un insegnante o un medico durante il gioco.

Quest’ultimo modello imitativo si strutturerà poi come un modello di riferimento che utilizzeremo in tutta la vita e sul quale ci confronteremo spesso anche da adulti.

E’ il modello finale che ci porta ad imitare e quindi ad inseguire quello che vorremmo e non quello che siamo.

Un modello che, se non tarato correttamente, sarà l’Armageddon di tutta la nostra vita adulta, spesso sbilanciata tra invidie e supponenza.

L’imitazione è pertanto cruciale per lo sviluppo dei bambini sotto molti aspetti e proprio per questo deve essere indirizzata o comunque orientata in modo sano ed equilibrato.

Proprio grazie all’apprendimento Sociale possiamo iniziare a definire modelli che poi i bambini potranno prendere come riferimento, infatti l’imitazione consente ai bambini di apprendere dai loro modelli, inclusi genitori, insegnanti e coetanei.

Attraverso l’imitazione, acquisiscono conoscenze, competenze e valori sociali, pertanto sia gli ambienti che le persone che mettiamo a far parte del loro mondo, oltre noi stessi ovviamente, sono strumenti di costruzione della loro personalità.

L’imitazione ha anche un ruolo chiave nello sviluppo del linguaggio.

I bambini imitano i suoni e le parole dei loro genitori, contribuendo così alla formazione delle basi linguistiche, pertanto una corretta impostazione linguistica deriva anche dai modelli che vengono affiancati ai bambini nel loro percorso di crescita.

Lo stesso sviluppo cognitivo deriva dall’imitazione che aiuta a sviluppare abilità cognitive come l’attenzione, la memoria e la risoluzione dei problemi.

I bambini imparano a pensare in modo astratto e a elaborare concetti complessi attraverso l’imitazione di comportamenti e giochi di ruolo.

Senza voler semplificare troppo ma tutto questo porta alla costruzione dell’Identità personale.

L’imitazione di ruoli contribuisce alla formazione dell’identità del bambino, che, attraverso il gioco di ruolo, esplora diverse identità e sviluppa un senso di sé.

Ma ricordiamoci un elemento importante: l’imitazione nei bambini non è solo un fenomeno di breve termine, ha implicazioni durature per il loro apprendimento e sviluppo futuri. 

Conseguenze di un buon processo imitativo sono l’apprendimento Sociale Continuo, che trasforma l’imitazione in un meccanismo di apprendimento sociale anche nell’età adulta. Gli individui imitano comportamenti e abitudini degli altri per adattarsi alla cultura e alla società.

Anche lo sviluppo empatico è conseguenza di una buona e corretta impostazione imitativa, infatti l’imitazione contribuisce allo sviluppo dell’empatia, non per altro i bambini che imitano comportamenti di gentilezza e compassione diventano adulti più empatici.

Per garantire un buon comportamento imitativo è importante investire sull’apprendimento Tramite il Gioco.

Il gioco di ruolo e l’imitazione nel gioco aiutano i bambini a sviluppare competenze importanti come la risoluzione dei problemi, la creatività e la cooperazione.

L’imitazione nei bambini è un processo complesso e cruciale per il loro sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo.

Attraverso l’imitazione, i bambini apprendono, esplorano il mondo che li circonda e costruiscono la propria identità.

I genitori, gli insegnanti e gli adulti devono riconoscere l’importanza dell’imitazione nei bambini e fornire modelli positivi per influenzare in modo costruttivo il loro apprendimento ed il loro sviluppo.

In ogni caso una semplice riflessione per tutti i genitori: se vogliamo far crescere dei giovani felici e con buon senso dobbiamo costruire i loro processi imitativi, che è la cosa più semplice, portarli a riflettere, che è la cosa più onorevole,  ed insegnare loro a convivere con l’esperienza, che è la cosa più difficile di tutte.

 

 

 

Interferenza ed Imprinting: i pilastri dell’apprendimento efficace

 




Psicologia e pedagogia: cui prodest?

 

Pedagogia e Psicologia, due linee di sviluppo delle azioni umane che studiano i percorsi dell’individuo, ma in modalità differenti.

La pedagogia e la psicologia sono due discipline strettamente correlate che si concentrano sull’educazione, lo sviluppo e il benessere degli individui, ma hanno obiettivi, approcci e ambiti di studio diversi. 

 La pedagogia è la scienza dell’educazione, si concentra principalmente su come insegnare e come apprendere.

Gli studi pedagogici riguardano la progettazione di programmi educativi, le strategie di insegnamento, l’organizzazione delle scuole e il miglioramento dei metodi educativi.

 La pedagogia è più orientata all’educazione ed all’insegnamento, si preoccupa di come trasmettere conoscenze, valori e abilità agli studenti in modo efficace ed etico; ovviamente per far questo deve anche comprendere il contesto, lo status dell’individuo ed il suo profilo.

La pedagogia si applica principalmente all’ambito dell’istruzione formale, come scuole, università e programmi di formazione, si concentra su come le persone apprendono all’interno di contesti educativi.

L’obiettivo principale della pedagogia è migliorare il processo di apprendimento e insegnamento, ottimizzando l’esperienza educativa per gli studenti.

La psicologia è la scienza dello studio del comportamento umano e dei processi mentali, essa si concentra su come le persone pensano, sentono, si comportano e si sviluppano nel corso della vita, pertanto include anche lo studio delle emozioni, delle motivazioni e delle interazioni sociali.

La psicologia è più ampia e generale rispetto alla pedagogia proprio perché inevitabilmente comprende diverse aree di specializzazione, come la psicologia clinica, la psicologia dello sviluppo, la psicologia cognitiva, la psicologia sociale, evidentemente la psicologia studia il comportamento umano in un contesto più ampio, non limitandosi all’educazione.

La psicologia si applica pertanto in una vasta gamma di contesti, tra cui la salute mentale, la psicoterapia, la consulenza, l’ambito organizzativo, lo sport, la ricerca scientifica e l’istruzione.

È pertinente in qualsiasi situazione in cui si analizzano o si influenzano i comportamenti umani e i processi mentali.

L’obiettivo della psicologia è comprendere il comportamento e i processi mentali umani, spesso per scopi di diagnosi, intervento terapeutico, ricerca scientifica o miglioramento della qualità della vita.

In sintesi, mentre la pedagogia si concentra principalmente sull’educazione e sulla trasmissione di conoscenze, la psicologia si occupa di un’ampia gamma di aspetti legati al comportamento umano e ai processi mentali.

Mentre le due discipline possono sovrapporsi in alcuni settori, soprattutto quando trattano sullo stato dell’individuo nell’intraprendere azioni,  hanno scopi e metodi di studio distinti.

Entrambe svolgono un ruolo importante nell’ambito dell’educazione, ma in modi diversi.

Ci piace rappresentare l’interazione tra le due scienze come un meccanico ed un gommista: il primo deve garantire che il motore funzioni e che niente all’interno della macchina abbia problemi, mentre il secondo deve garantire che la macchina vada dritta e non sbandi.

E’ evidente che per il benessere di un giovane ma anche di un adulto sono necessarie entrambe, riuscireste voi a sistemare la vostra macchina andando solo dal meccanico?

 

Pedagogia ed inclusione: strumenti per combattere il disagio giovanile.