Il nuovo ruolo della truffa per cuori solitari le app di incontri.

Siamo ormai nel 2018 ma il mondo dei single è ancora inquieto.

Sei solo, vuoi trovare la tua  o il tuo compagno di vita?

Usa questa chat, vedrai cosa troverai …

La redazione di Betapress ha deciso di fare un piccolo viaggio all’interno del mondo delle app per single e vi posso dire che abbiamo trovato veramente il regno della truffa.

Abbiamo sperimentato molte app per single e quello che abbiamo trovato è solo truffa, truffa, truffa.

Per aiutarci in questa ricerca ci hanno aiutato Giovanni Aietta e Federica Bonini, i due nostri infiltrati speciali che si sono iscritti a tutte queste presunte app di incontri.

 

Come primo dato vi diciamo che abbiamo sperimentato 23 chat o app di incontri in circa 4 mesi ed il solo risultato che possiamo confermare è di aver speso per entrambi oltre 200 euro.

risultati validi nessuno.

 Ecco un piccolo schema:

contatti ricevuti giovanni 1486 federica 8900.

contatti falsi giovanni 1486 federica 2000.

In pratica il povero Giovanni è stato continuamente tempestato da bot di intelligenza artificiale che hanno solo prosciugato il suo conto continuando a tirarlo in conversazioni inutili, non fornendo mai contatti esterni alla app in cui giovanni era iscritto.

Per Federica sorte leggermente migliore perché qualche contatto era reale, ma poi rivelatosi pericolosamente insano di mente o dedito esclusivamente alla ricerca di sesso.

Alla fine i due nostri amici in realtà altro non erano che la nostra redazione che ha cercato di capirci qualcosa, due contatti falsi dietro i quali c’eravamo noi di betapress.

Non si preoccupino tutti gli sposati che hanno contattato Federica, ci faremo i fatti nostri e non divulgheremo l’elenco di tutti quelli che poi dalle nostre ricerche (quasi tutti) sono risultati sposati, ma pure incapaci di usare identità mascherate visto che poi da una banale ricerca sul web li abbiamo trovati quasi tutti.

Unica cosa che ci sentiamo di dire agli amici che cercano l’anima gemella: risparmiate i soldi, non usate nessun programma di incontri, sono truffe ben organizzate.

Se poi continuerete a farlo vuol dire che avete soldi da buttare.

Agli sposati che si mettono in mano a queste chat non abbiamo consigli da dare se non quello di fare attenzione perché dietro a queste chat spesso ci sono anche dei ricattatori.

A tutti comunque una considerazione: in questa società odierna il vuoto delle nostre anime sembra essere veramente insopportabile.

 

 

 

Le Chat: estensioni della fuga dal matrimonio…

 

Il mondo delle chat come espressione di vero dramma della solitudine

 

 




L’Opinione

Quel “ fare finta di fare finta…..”, dove tutti sanno ma dove tutti fanno finta di non vedere, di non sentire, di non capire, una caratteristica tipicamente “italiana”.

Tutti sapevano, da anni si diceva, si documentava, si denunciava …. ( oggi tutti ne parlano…) ma come nostro “costume” tutto diventava “nulla”.

L’Assioma del “fare finta di fare finta” una finzione doppia quindi, è quello che per oltre 50 anni “ L’Italia che s’è desta….” ha utilizzato e ha continuato a praticare in tante forme e in tutti i campi, dalla politica alle istituzioni, dalle grandi aziende ai grandi delle finanze. Oggi giornata di lutto per i morti del ponte ”Morandi” ( sarebbe interessante sapere anche come questo “grande” ingegnere abbia ottenuto quegli incarichi ) di Genova, ieri per i morti di … domani per i morti di … quasi sempre cronache di tragedie annunciate, di malaffare, di ingiustizie, di corruzione!

Davanti a queste tragedie tutti piangono, tutti ne parlano, tutti, tutti scrivono, dietro messaggi ben confezionati ( con tanta musica come colonna sonora ) o tutti a fare cose che sanno più di “rappresentazioni” che di vera consapevolezza ! Tragedie rimaste nel vuoto…. come le vittime dei terremoti,  morti non per i terremoti ( che è un evento del tutto naturale )  ma per le incompetenze dei tanti “ ing. Morandi” ( ce ne sono ancora tanti in giro ) che hanno costruito case e palazzi ….da crollo e le ditte che nelle “mazzette” navigano sicuri nell’oceano.

Poi ci sono anche quelle tragedie “invisibili” quelle che uccidono pian piano, che non fanno notizie da copertina… sono quelle stragi quotidiane che si consumano tra indifferenze e rassegnazione ( come il Petrolchimico di Siracusa o l’Ilva di Taranto… tanto per fare due esempi ); poi ci sono anche dei media, o programmi TV, son quelli che cercano di “ non fanno finta di fare finta…..” denunciando, presentando fatti, misfatti e oltre…… come Le Iene o  Report…..( tanto per fare solo due esempi…) ma che sempre più spesso restano solo “spettacoli” di prima serata perché quell’Italia che s’è desta…” non ha voglia di farli propri!

Ma oggi … tutti uniti per l’ennesima “tragedia annunciata” !

Sento da ieri sera “Genova nel cuore” … musiche e parole “emozionanti” ma fino a ieri dov’era?

Ipocrisia e finzione, tra segnalati e raccomandati, all’uomo di tizio o di caio … basta con le doppie finzioni, la “dignità” inizia da una giustizia “giusta”, dalla trasparenza, dall’autenticità e dal cambiamento … in tutti i luoghi e in tutte le forme! Un pensiero per Rita Borsellino….., che senso ha piangere sulla sua bara se ad oggi ancora non si vogliono conoscere quelle verità “ oscurate “?

Facciamo “finta di fare finta……” fa bene a tutti!

Prof. Renzo Menga

 

 

 

 




Crollano i ponti: ma si sapeva già tutto!

Cari Italiani, meravigliati che è crollato un ponte così importante e strategico per la viabilità (come ora tutti sostengono)?

Stupiti per il disastro avvenuto?

Ma non vi sentite anche fessi e presi in giro? non avete nella nuca quel fastidio della “fregata”?

Non siete ancora stufi di bla bla bla bla e prese per i fondelli?

NOI si, Betapress ha da sempre segnalato problemi, ruberie, magheggi, storture, ma anche ha sottolineato le prese per il CULO, si cari lettori scusateci per il francesismo, ma dobbiamo dircelo, le PRESE PER IL CULO che quotidianamente noi Italiani subiamo!

 

Ricordiamocelo è sempre già tutto scritto, SEMPRE, Tacito scriveva già nel lontanissimo 110 dopo cristo che “… ove è la massima burocrazia, vi è la massima corruzione …” e Noi siamo ancora qui a farci prendere per il cosiddetto ridendo e scherzando e mangiando la pizza, salvo poi indignarci se cade un ponte che da tempo tutti pensavano sarebbe caduto.

Noi di Betapress nel lontano 2007 abbiamo denunciato la grave situazione di Banca delle Marche, eppure siamo stati derisi beffeggiati oltraggiati e calunniati, peccato che ora la banca non c’è più, come noi avevamo previsto, ed i soldi della gente se ne sono andati in fumo, come noi avevamo previsto, ma fa niente allora stavano tutti bene e quindi chi cercava di sollevare problemi era un delinquente.

Noi di Betapress abbiamo denunciato i comportamenti illeciti di assicurazioni, della gestione dei PON europei, eppure i delinquenti eravamo sempre noi, salvo che poi, a distanza di anni, le nostre parole si sono dimostrate vere, ma nel frattempo i delinquenti, quelli veri, si sono fregati tutti i soldi ed ora si godono le loro pensioni d’oro alla faccia nostra e vostra cari concittadini.

Ma tutti sapevano, tutti!

Ora la vostra coscienza deve risorgere dal torpore in cui l’avete tenuta per anni, facile spegnere l’orecchio davanti alla verità, chiudere gli occhi davanti alla vergogna di un paese che cade a pezzi per la viltà di pochi.

 

Leggete, ascoltate, capite, non criticate a vanvera cercate di saziarvi della verità, dei fatti, cercate di capire e non di discutere, cercate il dialogo e non la rissa, cercate di essere quegli italiani che hanno costruito il diritto e non quelli che hanno inventato le repubbliche, prima seconda terza e quarta, cercate di pensare che un popolo non cresce se mangia pizza, ma se si ciba di cultura.

Siamo una società che ha perso onore, che ha perso fama, che ha perso dignità, BASTA.

Sollevati Italiano, guarda la realtà ed impara a trasformarla invece che semplicemente cercare di criticarla.

Non mi credete, non siete sicuri che era già tutto scritto da sempre, dubitate di essere presi per il culo?

eccovi una piccola conferma, parte del testo che segue è tratta dal bellissimo libro/inchiesta “La Matrix Europea” di Francesco Amodeo:

Partiamo dall’inizio. Perché una società strategica per gli italiani, con un fatturato annuo di oltre 6 miliardi di euro e introiti certi – che sono aumentati vertiginosamente negli anni com’era prevedibile – sia stata ceduta ad imprenditori privati ?

Facciamo un passo indietro: e’ il 1992 il Cartello finanziario internazionale mette gli occhi e le mani sul nostro paese con la complicità e la sudditanza di una nuova classe politica imposta dal Cartello stesso. Il loro compito è quello di cedere le banche ed i gioielli di Stato italiani ai potentati finanziari internazionali anche attraverso il filtro di imprenditori nostrani. E’ l’anno della riunione sul Britannia quando il gotha della finanza internazionale attracca a Civitavecchia con uno yacht della Corona inglese. Sono venuti a ridisegnare il capitalismo in italia a danno degli italiani, a fare incetta delle nostre migliori aziende e ad arruolare quelli che saranno i loro fedeli servitori al Governo del paese a cui garantiranno incarichi di prestigio: il maggior beneficiario sarà Mario Draghi ma tra i più servili Prodi, Andreatta, Ciampi, Amato, D’alema. I primi 3 erano già entrati a pieno titolo nel Club Bilderberg, nella Commissione Trilaterale ed in altre organizzazioni del capitalismo speculativo anglo/americano che aveva deciso di attaccare e conquistare il nostro paese con l’appoggio di spietate banche d’affari come la Goldman Sachs che favorirà gli incredibili scatti di carriera dei suoi ex dipendenti: Prodi e Draghi prima e Mario Monti dopo.

E’ l’anno in cui in soli 7 giorni cambiano il sistema monetario italiano che viene sottratto dal controllo del Governo e messo nelle mani della finanza speculativa. Per farlo vengono privatizzati gli istituti di credito e gli enti pubblici compresi quelli azionisti della Banca D’Italia, è l’anno in cui viene impedito al Ministero del Tesoro di concordare con la Banca d’Italia il tasso ufficiale di sconto (costo del denaro alla sua emissione) che viene quindi ceduto a privati. E’ l’anno della firma del Trattato di Maastricht e l’adesione ai vincoli europei. In pratica è l’anno in cui un manipolo di uomini palesemente al servizio del Cartello finanziario internazionale ha ceduto ogni nostra sovranità.
Bisognava passare alle aziende di Stato, l’attacco speculativo di Soros che aveva deprezzato la lira di quasi il 30% permetteva l’acquisto dei nostri gioielli di Stato a prezzi di saldo e così arrivarono gli avvoltoi.
La maggior parte delle nostre aziende statali strategiche passò in mano straniera o comunque fu privatizzata. Ma la cosa più eclatante fu che l’IRI (istituto di ricostruzione industriale) che nella pancia alla fine degli anni ’80 aveva circa 1000 società, fiore all’occhiello del nostro paese fu smembrata e svenduta con la complicità del suo Presidente storico Romano Prodi (dal 1982 al 1989 e durante un periodo tra il 1993 ed il 1994) che fu premiato dal Cartello che favorì la sua ascesa alla Presidenza del Consiglio in Italia e poi alla Commissione Europea. A sostituirlo come Presidente del Consiglio in Italia e a continuare il suo lavoro di smembramento delle aziende di Stato ci penserà Massimo D’Alema che nel 1999 favorirà la cessione, tra le altre, di Autostrade per l’Italia e Autogrill alla famiglia Benetton, che di fatto hanno, così, assunto il monopolio assoluto nel settore del pedaggio e della ristorazione autostradale. Una operazione che farà perdere allo Stato italiano miliardi di fatturato ogni anno.

Le carte ci dicono che in quegli anni il Presidente dell’IRI era tale Gian Maria Gros-Pietro.
Lo conoscevate ? Io credo di no. Invece il Cartello finanziario speculativo lo conosceva bene e nel 2001 lo convocò alla riunione del Bilderberg in Svezia, indovinate insieme a chi ? Insieme a Mario Draghi e ad un certo Mario Monti entrambi saranno ampiamente ripagati dal Cartello stesso che in futuro riuscì a piazzare Draghi alla Banca d’Italia e poi alla BCE e Mario Monti dalla Goldman Sachs alla Commissione Europea e poi a capo del Governo (non eletto) in Italia.

E che cosa ne è stato di Gian Maria Gros Pietro ? qui viene il bello. Qui arriviamo al tema di questo post.
Gian Maria Gros-Pietro, che già nel fatidico 1992 era Presidente della Commissione per le Strategie industriali nelle privatizzazioni del Ministero dell’Industria, nel 1994 diviene membro della Commissione per le Privatizzazioni istituita indovinate da chi ? da Mario Draghi.

Ora capite come lavora il Cartello finanziario speculativo per mettere tentacoli ovunque e per far si che ci sia sempre un proprio esponente nei ruoli chiave. Ma non finisce qui. Come abbiamo visto nel 1997 Gross Pietro è Presidente dell’Iri mentre viene organizzata la cessione a prezzi di saldo di Autostrade per l’italia che avverrà nel 1999 col passaggio al Gruppo Atlantia s.p.a, controllata da Edizione srl, la holding di famiglia dei Benetton.
Gros-Pietro firma la cessione, la famiglia Benetton gli strizza l’occhio.
Cosa voleva dire metaforicamente quella strizzatina d’occhio ?

Ora immaginate l’inimmaginabile.
Cosa accade nel 2002 ? Gian Maria Gros-Pietro, dopo aver gestito la privatizzazione dell’Eni andrà a presiedere per quasi 10 anni indovinate che cosa?… proprio la Atlantia S.p.a, la società alla quale solo tre anni prima, come dipendente pubblico, aveva svenduto la gestione dei servizi autostradali italiani.
Les jeux sont faits.

A questo punto proviamo a leggere i termini del contratto di concessione della rete autostradale. Mi dispiace cari amici. Non si può. Sono stati coperti da segreto di Stato manco si trattasse di una riservatissima operazione militare.
Ma com’è stato svolto in questi anni il servizio di manutenzione ordinaria da parte dei concessionari di Autostrade per l’Italia ?

La macabra risposta è descritta nei tragici eventi di Genova e non solo.

Leggendo quanto emerge dalla relazione annuale (2017) sull’attività del settore autostradale in concessione pubblicata sul sito del Ministero e dei trasporti si evince una crescita esponenziale del fatturato (quasi 7 miliardi) e dei pedaggi. In calo solo gli investimenti (calati addirittura del 20%) e la spesa per manutenzioni in controtendenza rispetto alla logica che dovrebbe prevedere un aumento dei costi della manutenzione contestualmente all’aumento del traffico. Ma la sicurezza degli automobilisti è stata messa in secondo piano rispetto alla massimizzazione dei profitti già di per se abnormi.
E com’è andata invece con gli interventi straordinari ad opera dei Ministeri preposti ?

Non c’erano soldi da destinare ad interventi straordinari seppur richiesti dagli esperti a causa dei vincoli di bilancio da rispettare e imposti dal pareggio di bilancio.
Quali vincoli ? Quelli europei. E da chi sono stati imposti questi vincoli ? dal Trattato di Maastricht del 1992, da quello di Lisbona del 2007 e dal pareggio di bilancio in costituzione del 2011. E chi li ha voluti ? Indovinate ? Nell’ordine Romano Podi, Massimo D’alema, Mario Monti, con l’appoggio esterno di Mario Draghi.Torna la cricca al completo.
Ma non erano quelli che insieme partecipavano alle organizzazioni del Cartello finanziario speculativo che voleva far crollare il nostro paese ?
Esattamente. Il cerchio si chiude.

 

 




“O Capitano, mio Capitano “

Esattamente quattro anni fa, Robin Williams si è tolto la vita, lasciando il mondo del cinema, e non solo, sconvolto per la scelta di farla finita.

Innumerevoli ed indimenticabili sono le interpretazioni che hanno reso eterno il valore di quest’attore, nato da una famiglia più che benestante (il padre era un alto dirigente della Ford ). Studente mancato in Scienze Politiche, Robin aveva preferito seguire i corsi della scuola d’arte Juillard di New York, e, per mantenersi agli studi, si era improvvisato mimo.

La sua partecipazione al famoso telefilm “Happy Days”, con il personaggio di Mork, ha decretato il suo successo. Il pubblico era talmente entusiasta per il suo ruolo, che il produttore, Gerry Marshall, ha deciso di dedicare un’intera serie al personaggio. Così, con “Mork e Mindy”, iniziata nel 1978, è arrivato il Golden Globe per Robin, come migliore attore televisivo.

Negli anni Ottanta, però, l’attore ha dovuto affrontare seri problemi di droga ed un matrimonio fallito. Dopo il divorzio dalla prima moglie, si è risposato con Marsha Garces, tata del primogenito, che gli ha dato due altri figli.

Intanto, è continuata l’ascesa dell’attore, passando per “Popeye” di Robert Altman del 1980, ma soprattutto “Good Morning, Vietnam” del 1987, per il quale Robin ha ricevuto la sua prima nomination all’Oscar (1991). Per “L’attimo fuggente”(1989) e “La leggenda del Re Pescatore” (1992) egli ha ottenuto due altre nominations, ma è solo nel 1997, con ” Will Hunting – Genio ribelle”, che si è aggiudicato il premio. Dopo questo successo, l’attore ha continuato a cimentarsi in film che hanno accontentano sia la critica che il grande pubblico, come “Patch Adams” (1998), “Al di là dei sogni”(1998) e “L’uomo bicentenario” (1999), costellando una serie di successi cinematografici che suoneranno ancor più stridenti di fronte alla sua depressione esistenziale.

Come insegnante, vorrei soffermarmi sul film “L’Attimo fuggente”, perché è uno dei film più amati dagli studenti di tutto il mondo, ma anche perché il personaggio del professore interpretato da Robin, coincide con la figura mitica dell’Insegnante, proprio con la I maiuscola. Il film di Peter Weir, datato 1989, propone l’eterno dilemma scolastico tra autorità ed autorevolezza, tra accademismo ed innovazione, tra studio e passione.

Robin Williams è l’indimenticabile professore Joan Keating che sconvolge le regole di una prestigiosa accademia americana degli anni cinquanta. Professore di letteratura inglese, ed ex allievo anch’egli della stessa scuola, Keating preferisce affrontare la materia in modo creativo, con spirito libero, attento alle esigenze dei suoi studenti. Il suo metodo consiste nell’ abbandonare i dogmatismi didattici ed inventare le lezioni, con e per, i suoi alunni.

Esilarante è la scena in cui invita gli alunni a salire sui banchi per vedere il mondo da una nuova prospettiva, nonché il momento in cui strappa le pagine di un libro che pretendeva di analizzare una poesia come se fosse una formula chimica.

Keating rappresenta il vero educatore, colui che e-duce da ogni allievo quanto di più magico e meraviglioso ci possa essere. Rappresenta il professore che accoglie la sfida di “iniziare” i suoi alunni al piacere proibito di un rapporto seducente con la materia. Le sue lezioni di letteratura classica diventeranno sempre più l’introduzione in un nuovo ambito intellettuale ed emotivo.

Gli alunni riconosceranno ben presto in lui il vero Maestro, colui che trascina i discenti nell’avventura della conoscenza.

Il professore Keating è il pioniere del cambiamento trasgressivo, ma costruttivo, l’insegnante che ha il coraggio di uscire dal solco del dejà-vu accademico per trascinare gli alunni nella passione per la lettura e per l’interpretazione dei classici. Solo così, sedotti dal professore carismatico ed innovativo, i ragazzi coltiveranno le loro passioni, e, per esempio, l’alunno Neil deciderà di riportare in vita la Setta dei Poeti Estinti (Dead Poets Society è il titolo originale del film), un gruppo dedito alla poesia di cui era stato membro Keating stesso.

Come però ancor oggi succede, il sistema è restio ad accogliere il cambiamento, le nuove idee restano schiacciate dalla burocrazia.

Nel film, il preside infatti non vuole che i vecchi metodi siano messi in dubbio, e quando Charlie, un altro studente, pubblica un duro articolo di denuncia contro la scuola, verrà punito con una punizione “esemplare”. (Per fortuna, in questo, le cose sono cambiate nella scuola dei nostri giorni, niente più punizioni corporali, ma lavori socialmente utili!!!)

La situazione però crolla quando Neil, consigliato da Keating, decide di iscriversi a un corso di teatro, nonostante il parere contrario del padre, che lo vorrebbe studente di medicina. Durante la serata di debutto dello spettacolo il padre fa una scenata, annunciandogli di volerlo iscrivere a una scuola militare, cosa che causa una crisi di panico in Neil che lo porta al suicidio.

Il preside non può fare altro che avviare un’indagine sull’incidente, venendo così a conoscenza di quanto accaduto tra Keating e i suoi ragazzi. Il professore viene ritenuto responsabile e licenziato e i membri della Setta dei Poeti Estinti puniti.

Il film però si conclude con l’indimenticabile scena della reazione degli alunni che salgono in piedi sui banchi.

Uno dopo l’altro, al ritmo della frase “O Capitano, o mio capitano” formulano il loro saluto commosso all’insegnante, testimoniando che niente è andato perduto, che il suo incoraggiamento a non abbandonare i loro sogni, ha già fatto la differenza, che la Cultura è Libertà, e che niente più sarà come prima.

Infine, vorrei concludere con un paio di citazioni, principalmente tratte dalle battute di Keating, che possono servire come spunto di riflessione per alunni e per docenti in primis, ma per chiunque sia appassionato alla conoscenza.

    “C’è un tempo per osare e uno per essere cauti, e l’uomo saggio comprende a quale è chiamato”.

“Non leggiamo e scriviamo poesia perché è carina. Leggiamo e scriviamo poesia perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione”.

E, per ultimo, un consiglio per gli acquisti, a chi ancora crede nella seduzione mentale…Durante una lezione, Keating interroga un alunno. “Il linguaggio è stato inventato per un unico scopo… qual è, Mr Anderson?” “Comunicare?” “No, per corteggiare le donne”.

Antonella Ferrari

 

 

 




Beatrice Antolini: musica, cuore e anima.

“La musica ? Una questione di cuore e anima”: Beatrice Antolini si racconta a Rockography.  (Photo by Alejandro Joaquin)

Allora Beatrice, partiamo dalle origini: la tua passione per la musica viene da molto lontano, considerando che hai suonato il tuo primo strumento musicale, un pianoforte, all’età di tre anni. Da dove nasce la tua passione per la musica ?
“Più che una passione, a farmi avvicinare così piccola al mondo della musica credo che sia stata una necessità, una vocazione, un modo di essere: non ho ricordi di me da bambina senza strumenti musicali in mano. Già da piccolissima, come hai detto tu, avevo qualche strumento in casa, e già allora cominciai a scrivere dei pezzi: avevo una grande curiosità verso tutto ciò apparteneva a questo mondo.”

La tua formazione nel mondo delle arti è stata anche come attrice (Scuola di Teatro Colli, Bologna, ndr); hai inoltre frequentato l’Accademia delle Belle Arti e il conservatorio (sempre a Bologna, ndr). Quanto è stato importante per la tua crescita personale e professionale avere conseguito una formazione così ampia all’interno del mondo artistico ?
“È stato importante tutto: ciascuno dei miei percorsi mi ha lasciato qualcosa che ha contribuito a farmi crescere sia livello professionale, sia a livello personale. Ricordo, ad esempio, che quando frequentavo la scuola di teatro, spesso scrivevo delle musiche per gli spettacoli. Allo stesso modo però, sono state importanti le situazioni non “istituzionali”, ossia tutte quelle cose che non mi hanno portato ad avere nessun diploma o nessuna qualifica: l’aver suonato qualsiasi genere musicale in qualsiasi situazione, dal punk fino alla musica da camera, credo che mi abbia dato la possibilità di aver vissuto tante vite da un punto di vista artistico, arricchendomi molto. Oltre a quello che ho fatto da sola, anche le collaborazioni con altri artisti hanno avuto per me, e lo hanno tutt’ora, un grande significato: in questo caso, non c’entra più quello che faccio io da solista, in quanto divento una musicista al servizio degli altri, e mettermi al servizio di altre persone, vedere se sono contente del contributo che posso dargli, è veramente bellissimo. La mia vita artistica è stata, ed è tutt’ora, molto variegata.”

Qual è stato il punto di svolta della tua carriera artistica ?
“Parto con una premessa: credo che parlare di carriera in Italia, in questo periodo storico, sia sbagliato; per i tempi che corrono, è molto difficile riuscire ad affermarsi. A questo proposito, non amo il termine “emergente”, con il quale vengono definiti gli artisti che non sono più di tanto famosi a livello mainstream: emergente è qualcuno che inizia a fare qualcosa, non è un artista che crea qualcosa da qualche anno e magari con discreti risultati. Mi piacerebbe che, in questo contesto, venisse utilizzato meno il termine “sommerso”, proprio perché è molto difficile, al giorno d’oggi, riuscire ad emergere; se poi un artista riesce a farlo, può darsi che la sua notorietà duri quel tanto che basta per farlo poi sprofondare nel dimenticatoio. Detto questo, per rispondere alla tua domanda, credo che il disco più importante per me sia stato A due, che mi ha portato a fare circa ottanta date live in un anno. Ricordo che per me fu un bel periodo (era il 2008, ndr), molto stancante ma allo stesso tempo molto appagante.”

Proprio come te, molta della critica di settore ha ritenuto il tuo album A due un punto di svolta, ma non pensavo che fossi contraria a parlare di carriera.
“In generale, quando pensiamo ad una carriera nel senso classico del termine, siamo portati a pensare a quest’ultima come se fosse una continua ascesa, intervallata magari da alcuni picchi, positivi o negativi, verso il successo. Adesso, in ambito musicale, non è più così: puoi produrre qualcosa che porta il tuo nome ad essere sulle pagine di tutti i giornali, per poi, come detto prima, essere poco dopo dimenticato da tutti. Credo che un artista, oggi, debba essere sempre in grado di ricrearsi e di pensare a se stesso in termini innovativi: è molto difficile pensare di vivere con una carriera esclusivamente da solista, perlomeno nell’ambito della musica alternativa, che è quello nel quale mi trovo ad operare io. Visto che lavoro ogni giorno perché voglio che ciò che sogno e ciò che desidero si realizzi, sono disposta a “mutare”, a cambiare, a continuare a fare i miei dischi facendo anche altro.”

C’è una cosa che mi ha affascinato molto del tuo percorso artistico, cioè la scelta di promuovere proprio il tuo secondo album, A Due, attraverso il progetto liveCASTour: tramite questa piattaforma, hai diffuso in rete un concerto a porte chiuse, che è stato distribuito in 8 clip destinate ad 8 portali generalisti. Come mai una scelta così non convenzionale per promuovere l’album ?

“Decisi di seguire questa strada con la mia etichetta discografica di allora. La paternità dell’idea non è mia, ma di Michele Faggi della rivista indie-eye, che è stato sicuramente innovatore e influente per quanto riguarda l’aspetto promozionale online: all’epoca (2008, ndr), quando lo sviluppo digitale non era ai livelli di cui fruiamo oggi, si è inventato qualcosa che dopo, nel mondo del web, ha fatto scuola.”

A Febbraio è uscito il tuo sesto album, L’AB, interamente prodotto e composto da te. Che cos’è L’AB per Beatrice Antolini ?
L’AB vuol dire tante cose per me. Sicuramente, L’AB significa laboratorio, che può essere rappresentato fisicamente da questa stanza, dove ho composto e prodotto interamente il cd (nel suo studio posto al piano inferiore di casa sua, ndr). L’AB è anche un laboratorio di ricerca interiore, di miglioramenti interiori: io credo che la spinta delle persone, in generale, debba andare verso il prossimo, cercando di fare tutte quelle piccole cose che, facendo bene a se stessi, possano fare bene anche agli altri. Cerco quindi di essere ogni giorno una persona migliore, e il mezzo attraverso il quale provo ad esprimere questa mia aspirazione ed ambizione è la musica; è, di fatto, il frutto di un grosso lavoro che ho fatto, e sto facendo tutt’ora, su me stessa. Ma L’AB è anche un’analisi, senza giudizio, della realtà di oggi: ecco perché ho deciso di mettere, nella copertina del mio album, una rappresentazione simbolica della femminilità, ridotta in questo caso a parentesi e puntini, che richiamano, a loro volta, il linguaggio delle emozioni ridotte a simbolo, come nel caso delle emoticons, che semplificano una realtà molto complessa da descrivere: io penso che le persone abbiano delle emozioni molto variegate e sfumate, e certi strumenti che possiamo utilizzare oggi per veicolarle agli altri, non sempre sono all’altezza per esprimere tutto ciò che abbiamo dentro. L’uomo è in continua mutazione, e con L’AB ho voluto fare una fotografia parziale alla realtà.”

Come mai la scelta di fare tutto da sola per quanto riguarda la produzione dell’ultimo cd ?

“Io ho prodotto tutti e sei i miei cd da sola, anche se questo non l’ho mai detto chiaramente, per paura di poter passare da presuntuosa e chissà cos’altro agli occhi degli altri. La mia direi quindi che non è stata una scelta: lavoro nel mondo della musica come produttrice e compositrice, ed è quindi per questa vocazione che ho deciso di produrre, oltre che comporre, tutti i miei cd. Al giorno d’oggi, essere produttori significa anche trovare un sound innovativo adatto alle diverse circostanze: molto spesso è ciò che fa la differenza fra un album prodotto bene e un album prodotto male. Di fatto, è ciò che ho cercato di fare con L’AB: adottare un suono che potesse essere innovativo rispetto ai tempi correnti.”

C’è un brano che mi ha particolarmente colpito di L’AB, ed è il brano Insilence (In silenzio, ndr), all’interno del quale affermi l’importanza del silenzio come strumento di difesa del proprio io rispetto alla società nella quale viviamo. Come mai ritieni il silenzio un’arma così importante e preziosa ?
“C’è una cosa che non ho mai detto, e che voglio dire adesso: fin da piccola, mi sono sempre chiesta il motivo per cui la gente tende a riempire i silenzi di parole, per evitare di creare quella situazione che i più definirebbero, probabilmente, di imbarazzo. Ho sempre pensato, in risposta a queste situazioni, che a volte sarebbe bello guardarsi semplicemente in faccia, oppure interagire senza parlare, come magari siamo portati a fare con gli animali; al perché l’uomo tenda a comportarsi diversamente, ad oggi non saprei ancora dare una risposta, ma posso certamente dirti che nel silenzio ci si può immergere senza aver paura. Insilence racchiude in se tutto questo, ed è anche la canzone “risolutrice” dell’album, in quanto si trova in apertura, ma in realtà è il pezzo che, razionalmente, “risolve” appunto tutto il mio lavoro: alla fine dei giochi, forse in se stessi si può trovare una via per vivere bene anche in una società come la nostra. C’è una soluzione, e la soluzione è Insilence, uno strumento più che mai prezioso per poter trovare la propria pace interiore.”

A proposito delle tue collaborazioni a cui accennavi poco prima, quanto pensi che siano state importanti per la tua carriera ? Qual è quella che ti ha lasciato qualcosa in più rispetto alle altre ?

“Le collaborazioni più belle che ho fatto sono state quelle con artisti di caratura internazionale: collaborare con Lydia Lunch Ben Frost è stata un’esperienza pazzesca. Un’altra che rientra in questa categoria, e che posso definire senza dubbio la più importante per la mia carriera, è stata l’ultima arrivata in ordine di tempo: collaborare con Vasco Rossi è stato, oltre ad un grandissimo onore, una delle esperienze lavorative in cui mi sono sentita più a mio agio.”

All’interno delle tue produzioni artistiche, misceli diversi generi musicali: dal pop classico all’elettronica, dal funk al rock progressivo. Chi è oggi, musicalmente parlando, Beatrice Antolini ?

“Una che non ha mai pensato ai generi. Tutti quelli ai quali sono stata accostata mi piacciono, e anzi, chi più ne ha più ne metta: tendiamo sempre ad etichettare, ma a me piacciono talmente tante cose nella mia vita che, racchiudere in una sola definizione tutto quello che faccio, mi fa sentire a disagio. Per esempio, non ho mai scelto uno strumento nel quale specializzarmi: non ho mai avuto le palle di decidere cosa suonare, e quindi ho deciso di suonare un po’ di tutto. Così, non potrei andare avanti con la mia ricerca e le mie sperimentazioni se decidessi di abbracciare un solo genere: visto che nella mia musica sono io, per potermi esprimere al meglio devo rifarmi a più generi, e L’AB, da questo punto di vista, ne è senza dubbio una perfetta sintesi.”


Come vedi il panorama musicale attuale ? È più difficile di un tempo riuscire ad emerger o i social media, ed internet più in generale, hanno messo nelle mani di aspiranti cantanti un’occasione mai vista prima per affermarsi ?

“Io penso che dietro a questi progetti che stanno dominando il panorama musicale contemporaneo, fatti di pochi singoli ma con un’immagine curata al dettaglio del cantante piuttosto che della band, ci sia sempre un investimento, un’organizzazione: non penso che sia tutto così casuale come sembra. Vedo delle cose, soprattutto nel rap, di altissima qualità, che è difficile pensare di improvvisare o di autoprodurre se si è estranei a certe tecniche. Di questo, ne sono anche contenta, così noi italiani possiamo arrivare al livello di produzione musicale di alcuni paesi esteri, che è veramente eccezionale. Tutto questo, non succede però in tutti i generi musicali: per esempio, in uno stile a cui mi sento particolarmente vicina, la musica alternativala tendenza della produzione non va affatto in questa direzione purtroppo, anzi. Se qualcuno sfrutta con l’artista le possibilità offerte dai nuovi mezzi di comunicazione, si schiudono delle possibilità mai viste prima per quanto riguarda la promozione di se stessi e delle proprie opere, ma, voglio ribadirlo, non credo affatto che alcune cose, ad esempio alcuni video, possono avere una qualità eccelsa se girati in autonomia nella propria cameretta.

In Italia, al di là del fattore promozione, resta il fatto che è una lotta fare dischi, a meno che un artista non decida di compromettersi, cosa che io non ho mai fatto.”

Ho letto in una tua passata intervista che, secondo te, gli artisti dovrebbero essere degli intellettuali. Tu ti ritieni un’intellettuale ? Cosa pensi, al riguardo, dei tuoi colleghi ?

“Ad essere sincera, non credo di aver mai detto una cosa del genere, anche perché penso proprio il contrario. Non solo non penso che per fare gli artisti si debba essere intellettuali, ma più vado avanti con l’età e l’esperienza, e più penso che bisogna andare oltre l'”intellettualismo”: ciò che conta veramente è saper rappresentare la realtà, perché questo è il compito che ogni artista ha, o quantomeno dovrebbe avere. Credo che la musica sia più un discorso di cuore e di anima.”

Tornando ai tuoi lavori, qual è l’album, e qual è il singolo, ai quali ti senti più affezionata ?

“L’album a cui sono più affezionata è probabilmente Big Saloon, che è stato il mio primo disco, nato peraltro come demo, che è quello che mi ha aperto porte molto importanti. Sono particolarmente legata a questo cd anche perché, quando lo ascolto, mi sento come se mi guardassi allo specchio: ogni volta, mi rendo conto che alcune cose che avevo allora non ce le ho più, mentre ne scopro continuamente di nuove dentro me stessa. Io non ho la passione di collezionare fotografie, ma devo dire che i miei album, fissando nel tempo un determinato momento, mi regalano l’emozione di riscoprire, di volta in volta, ciò che ancora mi porto dietro e ciò che invece non fa più parte di me: ascoltare Big Saloon, da questo punto di vista, è l’esperienza più introspettiva che io possa a fare. Come brano, invece, è più difficile sceglierne uno: posso citarti Planet, del mio terzo album Bio Y, che, senza nemmeno saperti spiegare bene il perché, riesce a mettermi in collegamento con qualcosa di celeste, di non terreno.”

Quali sono, per concludere, i tuoi progetti futuri a livello artistico ?
“Intanto, spero di riuscire a riprendere in mano la promozione di L’AB, che ho dovuto interrompere per andare in tour con Vasco, e spero di riuscire a farlo il prima possibile. Oltre a questo, sono arrivata ad un punto in cui sento il bisogno di cambiare e di provare qualcosa di nuovo, cercando di fare qualcosa, a livello musicale, che non ho mai fatto prima. Penso proprio che L’AB chiuderà un ciclo, sia mio personale, sia riferito al percorso artistico cominciato a suo tempo con Big Saloon: ho voglia di dedicarmi a cose diverse.

A Settembre dovrebbe uscire il vinile di L’AB: darò notizie più certe tramite i miei social quando ne avrò anche io.”

 

 




Chi siete, da dove venite, quanti siete, cosa portate?: un Fiorino!

Siamo alle solite, l’ottusa incapacità di ascolto della politica ci ricorda la bellissima scena di “non ci resta che piangere”  in cui era palese l’ottusa e unicamente mirata ad in interesse economico capacità di ascolto delle “istituzioni”.

Un Fiorino, indipendentemente da tutto.

Anche oggi ci sembra che sul tema della vicepresidenza delle scuole italiane o dei primi e secondi collaboratori che dir si voglia, si stia ragionando alla stregua di un fiorino.

I Governi fino ad oggi non hanno non solo ascoltato le giustissime lamentele di presidi e vicepresidi ma hanno fatto orecchie da mercante per gestirsi i propri meschini interessi al prezzo della cultura dei cittadini del loro stesso paese.

Ma non solo i governi, ma anche i sindacati e le organizzazioni parasindacali, in questi ultimi vent’anni non hanno dato la minima importanza ad un ruolo quello del vicepreside che invece è ruolo fondante delle realtà scolastiche sul territorio.

 Un diritto calpestato ignorato dallo Stato definisce da solo uno stato non etico e non democratico; certo ci viene in mente il film “chi ha incastrato Roger Rabbit”, dove la bella Jessica diceva “non sono cattiva, mi dipingono così”, anche lo Stato oggi sembra dire non sono cattivo mi dipingono così, ma caro il mio Stato, se ignori i diritti, o addirittura li cancelli (come nel caso dei diplomati magistrali), che Stato puoi mai essere…

IO ho un sogno, uno stato etico, dove non servano sindacati o associazioni para qualcosa, ma dove lo Stato etico difende il suo cittadino, sia che sia lavoratore o imprenditore, dirigente scolastico o primo collaboratore, docente o bidello, assistente amministrativo o tecnico, IO ho un sogno, uno stato in cui la priorità sia la cultura e l’educazione, ove i ragazzi crescano nella cultura e nel rispetto di tutti, non nella soverchieria e nella dominazione, dove il bullismo sia solo un racconto di fantasia, dove il futuro sia da costruire e non da temere, IO ho un sogno, uno Stato che investa nei suoi cittadini e non che li ritenga tutti dei delinquenti, con delle leggi che partano dal presupposto che tutti  hanno dei diritti, non che tutti hanno dei doveri, IO ho un sogno, che i nostri studenti trovino una scuola professionale ed educante, che li prepari al futuro, con una classe educativa che sia preparata e orientata al bisogno dei ragazzi, IO ho un sogno, vorrei vedere la scuola come strumento di crescita dei giovani nella libertà, IO ho un sogno, che non vi sia più solo la libertà di insegnamento, ma anche quella di imparare.

Credo che il mio sogno sia condiviso da molti, credo che la realtà sia in fondo un insieme di sogni passati e presenti, e che il futuro sia possibile solo se nel nostro cuore continui a dimorare il sogno di una scuola che formi, trasformi, educhi ma sopratutto accompagni i ragazzi nelle prime fasi della loro vita.

Chi sogna di notte dorme, chi sogna nella vita è un costruttore di futuro.

E noi siamo convinti che esistono ancora dei sognatori, nonostante le continue cattiverie del mondo, le piccolezze dell’uomo, gli sbagli dello Stato e di tutti i para qualcosa, i sognatori costruttori di futuro esistono, e Noi li difendiamo a spada tratta, come si deve difendere un’idea quando si è convinti, come si deve difendere un amore, un affetto, come si deve difendere il diritto di tutti ad avere un futuro.

Ecco i nostri amici di Ancodis, che sognano ancora come noi, per costruire un futuro equo per le nuove generazioni.

Chi difende un diritto a favore degli altri e per il futuro dei giovani troverà sempre spazio su queste pagine.

___________________________________________________________________________________________

COMUNICATO STAMPA del 03 agosto 2018

 ANCODIS: da vicepreside a “Collaboratore principale”.

Una evoluzione semantica che non corrisponde

ad una innovazione giuridica. Preferiamo la seconda!

 

Fino al 2001 c’erano i docenti incaricati di collaborare con il Direttore Didattico o il Preside (i Collaboratori e tra questi il Vicepreside) ai sensi dell’art 7 comma h del D.Lgs 297/94, poi divenuti docenti individuati dal DS (Collaboratori del DS e tra questi il 1° Collaboratore) con il ben noto D.Lgs 165/2001 all’art. 25, comma 5; successivamente si fa riferimento ai Collaboratori del DS all’articolo 1, comma 83, della legge 13 luglio 2015, n. 107 (collaboratori fino al 10% dell’organico dell’autonomia): in tutti i casi si tratta di docenti che coadiuvano il DS in attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica.

Oggi apprendiamo dell’esistenza tra i Collaboratori di una nuova figura: il “Collaboratore principale” (fonte ANP del 2/8/2018).

Chi sarebbe in effetti? L’ex Vicepreside, l’ex 1° Collaboratore, cioè quel docente che in ogni Istituzione scolastica svolge mansioni delegate dal DS di rilevante importanza necessarie all’organizzazione ed alla gestione del servizio scolastico.

All’innovazione semantica, purtroppo, ancora oggi NON corrisponde la più importante e cioè l’innovazione dello status giuridico che per noi Collaboratori dei DS è il TEMA preminente per portare il nostro modello di gestione scolastica nei ranghi dei moderni sistemi europei.

Nel sistema scolastico italiano si inventano nuovi acronimi e si introducono nuovi termini ma non si alza lo sguardo ad un modello di governance che deve tenere conto di tutte le competenze e le figure OGGI indispensabili a tale compito.

Si tratta di tre anelli strettamente connessi che si chiamano DS, DSGA, Collaboratori del DS (1°- 2° – Fiduciari di Plesso). Dobbiamo avere la consapevolezza che l’anello dei Collaboratori sta di fatto tra il DS ed il DSGA: tutti CONCORRONO in sinergia ed in sintonia – sulla base di ruoli, mansioni e responsabilità – alla organizzazione del servizio scolastico che certamente per alunni e genitori si esplica nella qualità dell’Offerta Formativa.

Sappiamo bene – nessuno può negarlo – che senza un’adeguata gestione ed organizzazione dell’Istituzione scolastica (oggi un sistema complesso con molti plessi da gestire, qualche centinaio di docenti da coordinare ed alcune centinaia anche migliaia di studenti da gestire, istruire ed educare, progetti didattici ed extradidattici di inclusione e di integrazione, ASL, sicurezza, privacy) non è facile garantire una qualità dell’istruzione e della formazione dei nostri alunni.

Questa è la domanda: si vuole procedere in questo riconoscimento del terzo anello – sulla base di procedure trasparenti e condivise, fondate sull’esperienza e sulle competenze maturate in anni di quasi “gratuito servizio”, con tempo dedicato alla formazione specifica oppure si vuole continuare a restare ancorati ad una visione la cui innovazione si esplica soltanto nel lessico?

Quello dei Collaboratori, ed in particolare del “Collaboratore principale”, è un compito delicato ed impegnativo che richiede tempo e dedizione, spirito di servizio e tanta passione, in TUTTE le scuole italiane!

Occorre riconoscerlo senza reticenze né pregiudizi!

Per essere chiari e per dare riscontro a quanto affermato riportiamo un esempio di incarico del DS al “1° Collaboratore o principale” lasciando a chi legge ogni opportuna valutazione:

Il docente 1° Collaboratore – su delega – sostituisce il DS in caso di assenza o impedimento per periodi brevi, esercitandone le funzioni anche negli Organi collegiali, redigendo atti, firmando documenti interni, curando i rapporti con l’esterno;

  • Garantisce la presenza in Istituto, oltre l’orario contrattuale e secondo le necessità organizzative – anche nei mesi di luglio ed agosto – per il regolare funzionamento del servizio scolastico, assicurando la gestione della sede, controllando le necessità strutturali e didattiche, riferendo al dirigente sull’andamento;

  • Collabora con il Dirigente scolastico per la formulazione dell’ordine del giorno del Collegio dei Docenti e ne verifica le presenze durante le sedute;

  • Predispone, in collaborazione con il Dirigente scolastico, le presentazioni per le riunioni collegiali;

  • Svolge la funzione di segretario verbalizzante delle riunioni del Collegio dei Docenti, in collaborazione/alternanza con il docente secondo collaboratore;

  • Collabora nella predisposizione delle circolari e ordini di servizio;

  • Autorizza i permessi brevi personale docente e gestisce le modalità di recupero;

  • Predispone il servizio scolastico in caso di assenza di uno o più docenti;

  • Raccoglie e controlla le indicazioni dei responsabili dei diversi plessi;

  • Collabora con il Dirigente scolastico per questioni relative a sicurezza e tutela della privacy;

  • Si occupa dei permessi di entrata e uscita degli alunni;

  • Partecipa alle riunioni di staff indette dal Dirigente scolastico;

  • Collabora alla formazione delle classi secondo i criteri stabiliti dagli organi collegiali;

  • Cura i rapporti e la comunicazione con le famiglie;

  • Partecipa, su delega del Dirigente scolastico, a riunioni presso Uffici/Enti esterni;

  • Segue le iscrizioni degli alunni;

  • Fornisce ai docenti materiali sulla gestione interna dell’Istituto;

  • Collabora alla predisposizione del Piano annuale delle attività, del Piano di miglioramento, del Rapporto di autovalutazione, del PTOF;

 

Svolge altre mansioni con particolare riferimento a:

  • Vigilanza della disciplina e controllo del rispetto del Regolamento di istituto;

  • Organizzazione interna (gestione alunni, supplenze brevi, accoglienza supplenti);

  • Gestione dell’orario scolastico;

  • Controllo dei materiali inerenti l’organizzazione: verbali, calendari, circolari;

  • Organizzazione di scrutini, esami e riunione di dipartimenti;

  • In caso di assenza del DS, è preposto alla sicurezza nella Sede centrale.

Il docente 1° Collaboratore, in caso di assenza del DS, è delegato alla firma dei seguenti atti amministrativi:

  • atti urgenti relativi alle assenze e ai permessi del personale docente e ATA;

  • atti contenenti comunicazioni al personale docente e ATA;

  • corrispondenza avente carattere di urgenza con l’Amministrazione regionale, provinciale, comunale, con altri enti, Associazioni, Uffici e con soggetti privati;

  • corrispondenza avente carattere di urgenza con l’Amministrazione del MIUR centrale e periferica;

  • richieste di intervento forze dell’ordine per gravi motivi.

Il suddetto docente sarà retribuito, giusta contrattazione d’Istituto, con i finanziamenti a carico del Fondo per le attività aggiuntive previste per le collaborazioni col Dirigente Scolastico.

Rappresentanti delle Istituzioni, MIUR, OO.SS. volete riconoscere giuridicamente e contrattualmente tutto questo lavoro svolto nell’interesse ed a favore delle nostre Istituzioni Scolastiche?

Non possiamo non evidenziare, inoltre, che in moltissime scuole il suddetto 1° Collaboratore spesso si trova a dover essere impegnato in attività di insegnamento, deve allontanarsi dalla classe creando un disagio ai propri alunni, al personale di sorveglianza ed – in caso di assenza prolungata del DS – si trova in condizioni ancora peggiori quasi al limite del danno didattico!

Si capisce, quindi, che per queste ragioni non si può più rinviare il dibattito sul riconoscimento giuridico di TUTTI i Collaboratori e sull’esonero – tra di essi – del Collaboratore principale.

 E’ urgente trovare una soluzione giuridica che davvero ponga in essere quelle scelte  innovative per la scuola italiana.

“Se non si vuole che il prossimo anno scolastico sia ancora segnato da un’ulteriore difficoltà ed associato agli inconvenienti organizzativi derivanti da una distrazione del legislatore, è assolutamente necessario correre ai ripari. Quale sia la misura più efficace ed idonea da assumere è decisione che appartiene a chi ha la responsabilità di governo; ma che essa sia indifferibile è sotto gli occhi di tutti” (Giorgio Rembado, 14/7/2015).

 

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo

Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa

Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze

Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa

Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo

Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania

Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma




Alessandro Gaetano: Nuntereggaepiù tour

“Vi racconto la Rino Gaetano Band”

L’intervista ad Alessandro Gaetano della Rino Gaetano Band

Alessandro, oggi la Rino Gaetano Band riscuote molto successo ed è un punto di riferimento per tutti coloro che sono orfani di Rino Gaetano: come nasce questa band e chi sono i componenti attuali ?

 

“Il progetto nasce dal desiderio di riscoprire Rino, di presentarlo alle persone che non hanno avuto modo di conoscerlo: cerchiamo di farlo sia attraverso la sua musica, sia attraverso i testi, dei quali è stato sia compositore che paroliere. La line-up attuale è la seguente: Michele Amadori alle tastiere, Ivan Almadori voce e chitarra, Marco Rovinelli alla batteria, Alberto Lombardi alla chitarra elettrica, Fabio Fraschini al basso ed infine io, Alessandro greyVision, voce, chitarra e percussioni. La prima formazione risale al ‘99 e aveva un altro nome. Ci sentiamo molto vicini al suono di Rino degli anni ‘70”. “

Sarete in tour tutta l’estate ed oggi (4 Luglio, n.d.r.), qui a Cortona (AR), va in scena un’altra tappa del vostro tour: cosa dobbiamo aspettarci da questo Nuntereggaepiù tour ?

“Il Nuntereggaepiù tour è il nostro modo di abbracciare quell’ LP che uscì nel lontano ’78, dando particolare risalto al brano Gianna, il brano che Rino portò in quell’anno a Sanremo, consentendogli di raggiungere la terza posizione. È risaputo che la sua iniziale decisione fosse quella di presentare al Festival proprio il brano Nuntereggae più. Gianna gli consentì però di dare ugualmente quegli “scossoni”, anche in televisione, a lui tanto cari.”

Dietro alla Rino Gaetano Band c’è una vera a propria Associazione, nata per dare valore alla memoria di Rino. Di cosa si occupa, precisamente, l’Associazione culturale italiana “Rino Gaetano” della quale è presidente tua madre, nonché sorella di Rino, Anna Gaetano ?

“L’associazione è nata per organizzare il Rino Gaetano Day, giunto all’ottava edizione. Ciò che ci unisce come band al Rino Gaetano Day è il fatto di portare un grande concerto gratuito in piazza, insieme a tanta solidarietà: l’Associazione, nel nome di Rino Gaetano, supporta ogni anno associazioni benefiche, attraverso la sua musica.”

 

Pensi che, al di là del vostro impegno, ci sia, in generale, un’adeguata sensibilizzazione per quanto riguarda il ricordo della figura di Rino ? A livello istituzionale, per esempio nelle scuole, viene fatto qualcosa in suo ricordo ?

 

“Penso di si. Recentemente ho avuto modo di andare in una scuola per portare il brano inedito ‘’Ti voglio’’, rivisitato e cantato da Artù (il quale ha ultimato il testo lasciato incompleto da Rino Gaetano, ndr) arrangiato dalla Rino Gaetano Band. I bambini hanno fatto una recita con i brani di Rino e di Artù che abbiamo cantato con loro. Personalmente, non mi piace l’idea di strafare: non penso che sia bello cercare di esserci per forza, ma esserci dove ti chiamano, dove sei benvoluto, che è sicuramente la cosa più bella.”

 

(Alessandro Gaetano durante l’intervista di Sacha Tellin; photo credit to Alejandro Joaquin Sotoi)

 

Fra le cose che sono state fatte in suo ricordo, c’è la fiction Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu. È stata oggetto di numerose polemiche, dovute in larga parte ad una inesatta ricostruzione dei fatti attinenti la vita del cantautore calabrese. Cosa ne pensi tu al riguardo ?

 

“Io e mia madre abbiamo già dichiarato in altre interviste che questa fiction non è rappresentativa di Rino: forse può esserlo in una minima percentuale. Nelle tv italiane è apparsa una figura di Rino distorta fino all’eccesso, un’immagine poco realistica per chi lo ha conosciuto in vita. Era sicuramente un personaggio irriverente e scanzonato, un pò burlesco e sicuramente controcorrente. Claudio Santamaria (attore che interpreta Rino nella fiction, ndr), ci ha regalato certamente un’interpretazione emozionante, è stato davvero bravo, ma il personaggio che gli hanno dato non è Rino Gaetano.”

 

E secondo te, perché hanno così leso l’immagine di Rino ?

 

“Probabilmente si tende a voler commercializzare un pò tutto e tutti, credo sia questa la reale motivazione. Direi invece a certi signori di commercializzare se stessi e non l’immagine degli altri.”

 

Venendo al mondo del cantautorato moderno, cosa pensi che differenzi i cantautori della generazione di Rino rispetto a quelli di oggi ? Ammesso e concesso che tu creda che quest’ultimi ci siano ancora.

 

“C’è un cantautore che può essere, sotto certi aspetti, accostabile alla figura di Rino, ed è Max Gazzè. Per quanto riguarda il panorama attuale non vedo tanta luce. All’epoca non tutto era prestabilito, nonostante ci siano alcune similitudini circa gli accordi con le etichette di allora come di oggi. Rino, ad esempio, era costretto a fare un LP ogni anno sebbene fosse completamente libero di inciderci sopra ciò che voleva, purché ne censurasse alcune parole. Era molto difficile allora creare dei progetti a tavolino, cosa che invece viene fatta oggi. Lo stesso Rino si batteva per tutto il contrario di ciò che vediamo oggi: quando arrivava al Folkstudio dicevano che era arrivato “lo strano”. Oggi invece, facciamo il commerciale, mercifichiamo e vendiamo tutto.”

 

Oggi i talent show sono un mezzo che permette, agli aspiranti cantanti, una visibilità che prima non era assolutamente possibile: quale pensi sia il loro contributo alla musica italiana ?

 

“Non sposo l’idea di questi show, non riesco proprio ad avvicinarmi ad essi. Nel mio piccolo faccio musica strumentale e i talent show sono un mezzo nel quale non credo affatto. Se io fossi un cantautore, me ne terrei alla larga: ti prendono, ti cuciono i panni che vogliono vederti addosso, confezionandoti a loro piacimento. Ho qualche amico che, anche se ogni tanto torna a fare qualche apparizione, si è completamente dissociato dai talent show che lo avevano inizialmente ‘’impacchettato”.

 

Tornando alla figura di Rino Gaetano, come mai, secondo te, ha conosciuto un’esplosione di popolarità dopo la sua scomparsa?

 

“Rino era tanto ermetico quanto semplice e diretto, il suo messaggio è come qualcosa che arriva in modo forte soprattutto ai più deboli, agli ultimi. Non nego comunque che ci siano persone che lo apprezzano solo perché, oggi, è una icona di stile al di là del suo messaggio.”

Quanto ha influito sulla tua scelta di fare musica, il fatto di essere il nipote di Rino Gaetano ?

 

“Iniziai da bambino, mosso da un’estrema curiosità verso il mondo della musica, quando ancora non realizzavo affatto che mio zio ne fosse immerso. Penso che la parentela non abbia influito molto: ero già coinvolto dalla musica. A pochi anni avevo già un giradischi che ha poi accompagnato la mia crescita. I miei brani preferiti mi seguono perfino durante il sonno. Non dico, come alcuni ipocriti, che la musica è la mia vita, piuttosto, che è una grande compagnia.”

Per concludere, quali sono i progetti della band per il futuro ?

 

“Abbiamo in programma di fare, senza però saperti dire ancora quando, un cd della band con alcuni pezzi di mio zio, registrati live o in studio: è una richiesta che ci fanno molto spesso dopo i concerti ed abbiamo quindi deciso di attivarci per realizzarla. Per quanto riguarda invece i live, dopo la fine del tour, sicuramente torneremo in alcuni dei locali che ci accolgono ogni anno calorosamente come l’Auditorium Flog di Firenze, l’Hiroshima Mon Amour a Torino, senza parlare di Roma, dove in alcuni locali ci sentiamo ormai quasi ‘’di casa’’. Questo tour poi ci porterà in giro per l’Italia, dal Sud fino in Piemonte. Sarà per noi un vero piacere continuare a portare in alto il nome di Rino.

Buona musica!”.

 

 




Pistoia Blues Festival: calore, emozione e musica strepitosa

La magia della musica sotto le stelle: il racconto dell’ultima serata del Pistoia Blues Festival

Dopo l’esibizione, tra gli altri, di artisti del calibro di Alanis Morissette (chiamata ad aprire il festival a sei anni dalla sua ultima esibizione su un palco) e James Blunt (con il suo “The Afterlove Tour”, che dopo la tappa pistoiese, farà visita stasera al Carpi Summer Festival e domani sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma), ieri sera è andato in scena l’ultimo atto della manifestazione, particolarmente ricca di ospiti famosi sia a livello nazionale che internazionale.

Piazza Duomo di Pistoia comincia a riempirsi a partire dalle 18.30, per prendere parte ad una lunga serata che comincia alle 19, con l’esibizione dei Seraphic Eyes, gruppo che presenta il suo ultimo lavoro registrato in studio, Hope. Un’ora dopo, è il turno di un’altra band che, con il suo tour, sta portando in giro per la tutta la penisola la loro ultima fatica: sono i Casablanca a dar seguito all’evento, con il suo Pace, Violenza o Costume (album uscito a Marzo di quest’anno), interrotti bruscamente, purtroppo, da esigenze organizzative, quando mancavano due canzoni soltanto alla fine della loro performance. L’atmosfera comincia a scaldarsi, le due band chiamate ad aprire la serata si dimostrano all’altezza del prestigio del festival, mentre il suggestivo scenario medievale di Piazza Duomo si fa sempre più pieno, preparandosi ad accogliere i due protagonisti della serata.

È alle 21 che, tutta la piazza, va in estasi: è infatti arrivato il turno di Mark Lenegan con la sua band (Mark Lenegan Band), che infiamma così tutti i presenti. L’ex voce di Screeming Tree e Quens of the Stone Age, porta in scena tutte le 10 canzoni del suo ultimo cd, Gargoyle, insieme ad altri successi che hanno segnato la sua carriera: si va da Nocturne a Sister, da Emperor a Goodbye to beauty, senza tralasciare la splendida performance di Blue Blue Sea. L’esibizione è curata e precisa in ogni suo particolare: la voce inconfondibilmente rauca del cantante e frontman della band si sposa perfettamente con gli arrangiamenti rivisitati in chiave blues dalla band, che lo seguono alle sue spalle curando ogni passaggio musicale.

Ma il calore delle persone con cui avevano accolto il primo grande ospite della serata, non viene affatto meno, anzi, si moltiplica, quando, intorno alle 22.40 circa, salgono sul palco i Supersonic Blues Machine. Il trio formato da Lance Lopez alla voce e chitarra, Fabrizio Grossi al basso e Kenny Aronoff alla batteria (con due coriste veramente eccezionali a supportarli), porta in scena l’ultimo lavoro, Californisoul, inciso grazie anche alla collaborazione con alcuni pesi massimi come Eric Gales, Robben Ford e Walter Trout, oltre a Billy Gibbons.

Sono tante le canzoni estratte dall’ultimo album che vengono riproposte in versione live: da This is Love a Elevate, da Bad Boys alla splendida Elevate, l’effetto delle canzoni dell’ultimo cd suonate dal vivo, rimanda prepotentemente ad una colonna sonora adatta ad un road trip immaginario degli anni Settanta lungo la costa californiana. Blues, rock e soul si fondono perfettamente in un connubio che invita tutti i presenti ad alzarsi e a ballare sulle note delle canzoni proposte dalla band. Oltrepassato la metà del concerto, sale sul palco l’ospite più atteso, Billy Gibbons (cantante e chitarrista degli ZZ Top), ospite d’onore della serata: è lui, una volta entrato sul palco, a convincere tutti i presenti ad alzarsi e a correre sotto al palco, prendendosi da subito la scena, accompagnando progressivamente il concerto verso la chiusura, non prima di uscire dal palco, per ritornare poco dopo e concedere il tanto sperato bis: La Grange, I’ve got my modjo working e I’m going down, chiudono una performance davvero molto appassionante.

Finisce così questa edizione del Pistoia Blues Festival, manifestazione nata nel 1980 che ha ospitato, negli anni, moltissimi artisti di fama internazionale all’interno della città. L’appuntamento, per tutti gli appassionati di blues e rock, è quindi per l’anno prossimo.

 




Calimocho, Nomadi cocktail !

Nell’interessante ricerca della redazione di Betapress di talenti musicali appare il gruppo Calimocho, che si definisce Tribute Band dei Nomadi.

Il nome del gruppo infatti rilancia l’omonima canzone dei Nomadi invece che il cocktail basco da tutti conosciuto.

Ebbene il gruppo armonizza sonorità che ci sono molto piaciute, riuscendo a trasmettere passione e simpatia, bravo Stefano Motti, cantante e leader del gruppo, che è riuscito a coinvolgere il pubblico interpretando magnificamente il mood dei Nomadi.

Alla batteria troviamo Ambrogio, vecchio mito della musica rock con i Dalton, un vero fenomeno ritmico che da solo riesce a ipnotizzare il pubblico con le sue capacità interpretative.

Le tastiere sono gestite da Bebbe Brigatti, che è riuscito a dare un incredibile paesaggio a tutte le canzoni della serata, mostrando bravura e passione, mentre il basso è suonato da Federico Mazzola, vero virtuoso dello strumento.

Alla chitarra troviamo Daniele Locatelli, giovane promessa musicale, lo abbiamo visto particolarmente dotato e con un’ottimo timbro vocale, certamente ancora in crescita, ma con una grande passione e con ottima presenza di scena.

Insomma i Calimocho appena nati hanno tantissimo potenziale, certo tutti i componenti vengono da gruppi noti, Stefano Motti dalle Apparenze ad esempio, ma insieme rendono armonia il modo di fare gruppo.

 

 

https://www.facebook.com/NomadiOfficial/videos/nomadi-calimocho/10155896498063734/

 

 




Dirigente o non dirigente, questo è il dilemma!

Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire… nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci riflettere. È questo lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quietanza con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. 

prima scena del terzo atto dell’Amleto di William Shakespeare.

Ogni volta che in questo periodo sentiamo parlare di dirigenza scolastica ci viene affannosa alla memoria proprio la fantastica scena del dilemma di Amleto, essere eroi o codardi, sapere o non sapere, consapevolezza o inconsapevolezza, insomma il grande dubbio del coraggio e della ragione.

Oggi le responsabilità legate al ruolo dei dirigenti scolastici fanno pensare come sia folle esercitare quel ruolo, folle e coraggioso al tempo stesso, ma quel ruolo è talmente importante per chi crede nello Stato che diventa traguardo atteso e sperato, cercato e spesso svolto lo stesso anche senza averne l’investitura formale.

E’ un ruolo d’onore, se viene svolto al meglio, una missione, se viene svolta con passione, un progetto continuo, se viene svolto con competenza.

Lo sanno bene le migliaia di aspiranti dirigenti che in questi giorni si stanno preparando per il prossimo concorso, certo dalle domande che sono state preparate per loro dal MIUR non crediamo possano capire molto del loro ruolo futuro, ma sopratutto non riteniamo che un concorso fatto in questo modo possa selezionare dei dirigenti.

Ma ancor di più il dirigente scolastico non può prescindere dall’esperienza, che non è quella dell’insegnamento, ma di chi gestisce una scuola.

Ecco perché sempre di più saremmo dell’idea che per poter fare il concorso a dirigente scolastico bisognerebbe aver fatto 5 anni non da docente, ma da vicepreside.

Ovviamente questa nostra visione risulterebbe molto impopolare ma dubitiamo che in azienda l’imprenditore saggio nominerebbe dirigente un suo impiegato senza che lo stesso non abbia l’esperienza necessaria per aver conosciuto l’azienda in tutte le sue sfaccettature.

In ogni caso continuiamo a pensare che chi ha bene o male già svolto questo ruolo dovrebbe comunque essere tenuto nella massima considerazione.

Ecco come la pensano gli amici di ANCODIS sull’infinito tema delle reggenze.

 

COMUNICATO STAMPA del 16 luglio 2018

 ANCODIS: la condizione di precarietà della governance di alcune migliaia di scuole italiane. Quale possibile soluzione?

In questi giorni, leggiamo sugli organi di stampa dichiarazioni che intendono risolvere il problema delle scuole senza DS titolare – si potrebbe dire – con una soluzione all’italiana: si propone, infatti, una modifica al Decreto Legge “Dignità” per dare la possibilità a qualche centinaio di ricorrenti del concorso del 2011 – che come è noto lamentano dal loro punto di vista una disparità di trattamento con i ricorrenti del 2004 e del 2006 sanati in forza delle previsioni della L.107/2015 – di fare un corso/concorso di alcune decine di ore per poter accedere al ruolo dirigenziale.

Solo per ricordare, ai sensi del comma 87 e del comma 88 lettera a-b dell’articolo 1 della Legge n.107/2015, il D.M. n.499/2015 ha indetto la procedura straordinaria prevedendo la partecipazione “per quei soggetti che avessero avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non avessero avuto, alla data di entrata in vigore della Legge 107, alcuna sentenza definitiva” relativamente ai concorsi del 2004 e del 2006 e  “per quei soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie ovvero avessero superato positivamente tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale” relativamente al concorso del 2011.

In seguito ai ricorsi al TAR ed al successivo intervento del Consiglio di Stato che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla procedura riservata, siamo in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale prevista per il 20 novembre.

Considerato che il Consiglio di Stato – nell’Ordinanza di rimessione della questione alla Corte Costituzionale – ha espresso un severo giudizio sulla sanatoria dei ricorrenti del 2004 e del 2006, evidenziando che il criterio adottato è puramente casuale e non garantisce minimamente in ordine al possesso dei requisiti di professionalità da parte degli interessati, appaiono incomprensibili le posizioni di quanti ancora oggi rivendicano ad ogni piè sospinto un accesso al ruolo dei Dirigenti Scolastici sulla base di un ricorso!

ANCODIS ritiene che il semplice superamento di un quiz a punti e la attivazione di un ricorso – nulla garantisce circa la capacità di gestire la complessità di un’Istituzione scolastica nemmeno dopo la frequenza di alcune decine di ore di formazione ed invita, pertanto, ad attendere serenamente le decisioni della Corte Costituzionale, a rimettersi alle stesse sia in caso di esito favorevole che sfavorevole ai ricorrenti ed invita il Legislatore a non forzare le regole di diritto, con scelte politiche che produrrebbero quale logica conseguenza altri contenziosi.

Ed intanto moltissime Istituzioni Scolastiche – in attesa dello svolgimento delle procedure concorsuali – restano prive di un DS titolare!

Con estrema chiarezza, ecco la proposta di ANCODIS: si svolgano con cadenza regolare i concorsi riportando ad una condizione fisiologica, anche in termini temporali, le reggenze e nelle more del completamento delle fasi concorsuali si conferiscano incarichi di presidenza.

Lo strumento giuridico esiste: la Direttiva 281/2018, infatti, all’articolo 2 comma 1 ed all’articolo 3 comma 2 ne prevede l’applicazione per quanti sono già inseriti nella graduatoria 2005/2006.Tali incarichi, nella visione di ANCODIS, devono avere natura essenzialmente temporanea e dovranno servire a coprire giuridicamente una situazione di fatto, cioè il quasi totale affidamento delle istituzioni in reggenza ai Collaboratori Vicepresidi.

Per l’A.S. 2018-2019 – considerato che il problema delle scuole senza DS rappresenta una emergenza strutturale e patologica per il nostro sistema scolastico – con il cosiddetto Decreto Legge “Dignità” è possibile modificare in sede di dibattito parlamentare l’articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e dare – sulla base di nuovi e moderni criteri di inserimento nelle graduatorie fondati sull’esperienza certificata nella governance scolastica (professionalità, capacità di organizzazione e gestione delle istituzioni scolastiche) – un preside incaricato alle autonome I.S..

Almeno che – per non decidere – è preferibile mantenere una condizione di precarietà in circa 4000 Istituzioni Scolastiche.

Con buona pace di personale, alunni e famiglie!

Il Tesoriere A.N.Co.Di.S. Palermo                          Il Presidente A.N.Co.Di.S. Palermo

     Dott. Francesco Camillo                                                Prof. Rosolino Cicero