Conte ed i fantastici 17

A pensar male si fa peccato ma spesso  ci s’indovina.

Lo diceva uno che di politica e accordi di palazzo se ne intendeva.

Giulio Andreotti, un politico che ha attraversato oltre mezzo secolo di attività parlamentare ed istituzionale nei momenti più difficili della storia contemporanea del nostro paese, deve aver pensato male molte volte a giudicare dalla longevità della sua carriera.

E pensare male, oggi, purtroppo, è facile perché non mancano paradossi ed incompetenze a tutti i livelli amministrativi e di governo.

Così la decisione di dotare l’apparato politico di un team per la fase II costituito da 17 tecnici guidato dal manager Vincenzo Colao suscita qualche lecita perplessità.

È evidente che il mondo post covid sarà diverso da quello che abbiamo lasciato e che la società dovrà convivere con il distanziamento sociale, lo smart working e la de-globalizzazione.

È altresì facile da immaginare che via via che l’epidemia rallenterà la sua devastante corsa la riapertura delle attività diventi un soggetto di attualità che presupponga competenze e capacità manageriali non di poco conto.

Questo spiega gli intenti nobili alla base del gruppo tecnico che annovera:

top manager, economisti, sociologi, una psicologa ed uno psichiatra, un fisico, uno specialista del lavoro, un’avvocato, un commercialista ed un esperto di disabilità.

Perché pensare male, allora?

Il Governo fino ad oggi ha operato nel quadro dell’emergenza con lo strumento dei decreti legge che hanno  limitato la dialettica parlamentare.

Il Premier Conte ha esercitato con abilità le leve della comunicazione e la difficile partita in Europa con la consapevolezza che non sarà, tuttavia, possibile procrastinare all’infinito la chiusura delle piazze e le decisioni politiche fondamentali.

Le misure di sostegno all’economia  ed il nodo degli aiuti comunitari che è stato rinviato al Consiglio Europeo convocato per fine aprile sono ancora allo stato iniziale ben coperti da una sorta di segreto istruttorio.

La nomina di un super manager ed un team di esperti nasconde, per questi motivi, obiettivi ben più ampi del miglioramento dell’azione dell’esecutivo.

Vi sono almeno due strategie che possono riposare nell’intento di cementare il governo mettendolo al riparo dai giudizi dell’opinione pubblica, dai conflitti interni e dall’opposizione parlamentare.

La prima riguarda la tenuta e la popolarità dell’esecutivo di fronte all’agenda delle prossime scadenze.

L’emergenza virale è divampata in un quadro economico mondiale già in buona parte recessivo.

Le misure di sostegno verranno alla fine prese con o senza adesione al Meccanismo Europeo di Stabilità.

Il paese vedrà venire alla luce nuove tasse, una patrimoniale e tagli alla spesa pubblica ed alle pensioni.

Si tratterà di decisioni impopolari che colpiranno un sistema economico indebolito ed un quadro sociale instabile generando conflitti e vuoti di consenso che potrebbe essere più conveniente scaricare su una squadra di tecnici piuttosto che sul premier ed i suoi uomini.

Conte andrà al prossimo Consiglio d’Europa con le spalle più forti e sarà facile pretendere dal super manager Colao ed i suoi economisti una “moral suasion” sull’ineluttabilità delle decisioni da prendere in sede comunitaria, anche se assistite da ipotesi rigoriste.

Un modus operandi che troverà applicazione per tutte le manovre che si abbatteranno sui risparmi di famiglie ed imprese e che dovranno comunque essere assunte.

Si può pensare ad un modo politically correct di togliere le patate dal fuoco ad un governo segnato dall’insicurezza e travolto dalle emergenze delle ultime settimane.

C’è poi un secondo obiettivo non meno importante.

La necessità di portare a termine la legislatura con un governo “politico” e procedere all’elezione del Presidente della Repubblica in un quadro di maggiore stabilità.

Negli ultimi tempi, infatti, l’ipotesi di un ribaltamento di Conte in favore di un governo tecnico stava prendendo piede.

L’idea era quella di riconciliare l’azione politica intorno ad una figura di ampio respiro internazionale in grado di far contare di più l’italia in europa e sui mercati internazionali.

Una scelte dovuta alla luce del degenerare della situazione economica e delle scelte necessarie per il rilancio dell’economia.

È evidente che un governo tecnico avrebbe ri attualizzato le dinamiche politiche già in atto nel paese ed evidenziato lacune e ritardi nelle azioni assunte negli ultimi mesi.

Non è chiaro di chi sia stata la decisione di nominare una squadra di specialisti guidata da un manager già noto al mondo della finanza internazionale da affiancare al governo in carica, né i ruoli che verranno distribuiti per dotare il nascente team di poteri e ovviamente di centri di decisione e responsabilità.

Alcuni hanno già immaginato ad una polizza assicurativa offerta a Conte dal Quirinale.

Non è altre sì da escludere che l’iniziativa abbia messo d’accordo Partito Democratico e renziani   molto più disponibili ad una manovra economica a guida europea e certamente più spaventati di un ritorno di consenso negativo durante la Fase II.

Per capirci, quella, cioè, che dovrà misurarsi obbligatoriamente con le nuove regole della vita sociale ed economica ma anche con le maggiori tasse ed imposte.

La cosa certa è questa:

il Premier dovrà fare, ancora una volta, buon viso a cattivo gioco e confrontarsi con un un corpo tecnico che potrebbe rivelarsi utile per appannare la responsabilità delle scelte impopolari, ma anche fornire il profilo del prossimo Presidente del Consiglio e la lista dei nuovi ministri.

La politica è l’arte del possibile, ma le risposte non mancheranno ad arrivare e, come spesso accade, anche le sorprese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

Coronavirus: l’Italietta, come al solito…

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI




CHI, COSA, QUANDO, DOVE, PERCHÉ …

“Oggi più che mai l’informazione influenza la nostra vita e la nostra sicurezza. Le notizie sono una cosa seria. Fidatevi dei professionisti dell’informazione…”

Questo è il testo di un comunicato che viene insistentemente diffuso da reti televisive, invitandoci a diffidare delle fake news, cioè delle false notizie o, più in generale, delle notizie inventate, in tutto o in parte, che danno dei fatti una versione distorta quando non addirittura ingannevole.

La pratica delle fake news spesso crea una verità fittizia adattata alle aspettative e alla emotività della gente.

L’avvertimento di fare attenzione all’informazione che viene divulgata sarebbe superfluo se chi fa di professione il comunicatore avesse sempre ben presente la Regola delle 5W  che viene dall’inglese come pure dall’inglese viene fake news.

Le 5W, come ogni giornalista ben sa, stanno per Who (chi), What (che cosa), When (quando), Where (dove) e Why (perché) e sono i pilastri sui quali poggia la notizia da diffondere.

Se ci si attiene a questa vecchia ferrea norma è ben difficile che si divulghino notizie fasulle.

Oltre che promemoria tecnico per determinare e mettere in sequenza i contenuti di un pezzo, la regola ha anche una valore morale, un metro deontologico cui si può aggiungere, volendo essere rigorosi, un ulteriore elemento:

le circostanze come indicava già otto secoli fa San Tommaso d’Aquino.

Nel suo libro Summa theologiae egli accanto agli elementi precursori dell’attuale Regola delle 5W poneva anche il Quantum (quanto), il Quomodo (in che modo) e il Quibus auxiliis ( con quali mezzi). 

Così impostata, l’informazione non poteva e non può che attenersi al corretto e lineare rendiconto della realtà. 

Il guaio è che oggi nel fornire notizie e dati su un certo argomento si è passati dall’informazione alla narrazione.

Quindi dalla esposizione chiara e ordinata dei fatti si è passati, per dirla in inglese, allo storytelling il cui scopo è anche quello di coinvolgere, affascinare e stupire: in definitiva, influenzare il pubblico cui le news sono dirette.

Un tempo questo obiettivo era appannaggio del marketing e della pubblicità per far incontrare la domanda e l’offerta di beni e servizi in un finale happy end.

Tutti contenti perché il valore percepito di una acquisto era soddisfacente per l’acquirente ed il prezzo pagato era remunerativo per il venditore.

Oggi, dello storytelling si è appropriata anche la comunicazione politica.

E qui sta il rischio perché la narrazione si distacca in tutto o in parte dal reale e spesso costruisce una verità sostitutiva, una “rappresentazione “ avvincente ma falsa.

Ci sono atti del Governo e del Parlamento che sbalordiscono per come sono presentati, si pensi a Salva Italia, Svuota carceri, Spazza corrotti, Pace fiscale ed altri che, più che provvedimenti normativi, sembrano accattivanti titoli di romanzi che affascinano le folle e ne catturano il consenso, agevolando chi governa nel mantenere e consolidare il proprio potere.

 

 

 

 

 

 

 

La libertà di stampa

L’indipendenza di Stampa

 




La meraviglia è dietro l’angolo

 

La nostra società era già intimamente infettata dalle disuguaglianze e dalle ingiustizie ben prima dell’arrivo del Covid-19.

Ed oggi, nel giorno di Pasquetta 2020, è solo tutto più evidente.

Pensavamo che i nostri tempi non ci avrebbero potuto riservare sorprese inedite ed invece eccoci giunti a un incrocio storico decisivo, a una crisi che ci domanda una presa di responsabilità collettiva.

Cosa ne sarà di me?

Del mio lavoro, del mio futuro, della mia vita e di quella dei miei cari?

Per tentare di calmare questa crisi d’ identità, continuano a dirci che siamo in una guerra, dove occorre sacrificarsi compatti, in nome del ritorno alla normalità, normalità che ci stiamo lasciando alle spalle, non per colpa nostra, ma per un microscopico virus.

Ma non è così!

Perché, oggi essere responsabili e realisti significa non voler più ritornare alla normalità, significa evitare di ricostruire quella normalità indesiderabile ed irrazionale antecedente il virus.

Andare avanti significa dare risposte nuove alle nostre vite singole e in comune, accompagnando studio tenace, impegno concreto e proposta realizzabile per ogni passo futuro. 

Dobbiamo avere il coraggio di dire che non è tempo di ricostruire una società malata, ma di costruire una società più giusta dove nessuno sia lasciato ai margini economici, sociali, territoriali.

Se dovessimo decidere di percorrere questa strada, potremo trovare sul nostro cammino alcune sfide irrimandabili, locali e globali al medesimo tempo.

Una è quella ecologica.

I virus sono connessi alla distruzione degli ecosistemi e delle biodiversità, all’urbanizzazione selvaggia, all’agricoltura e all’allevamento intensivo, all’inquinamento e ai cambiamenti climatici in generale.

Ci uccidono molto più queste cose che il Covid-19, che è soltanto l’ennesima dimostrazione di quanto vi sia la necessità irrimandabile, pena un futuro pieno di fenomeni catastrofici, di definire un modello di sviluppo generativo e non estrattivo, in grado di produrre salute e benessere e non più di sottrarne.

Un’altra riguarda il modello di lavoro e consumo.

In pochi giorni, la fragilità delle lunghe e disperse catene globali della produzione è emersa con forza.

La globalizzazione capitalistica, non solo non ha prodotto uno spazio liscio dove tutti abbiamo le stesse opportunità (moltiplicando forme di disuguaglianza e sfruttamento) …

ma sta dimostrando la sua incapacità di affrontare dei cambiamenti se non mettendo a rischio milioni di posti di lavoro.

Tutto il contrario dell’efficienza, tutto a discapito di chi lavora.

È tempo di mettere in discussione il cosa e il come si produce, puntando sull’innovazione tecnologica, la formazione permanente, i diritti e le tutele, la piena democrazia nei luoghi di lavoro.

In terzo luogo, se non stiamo attenti, anche a emergenza conclusa le nostre libertà continueranno a essere compromesse da misure straordinarie.

Lo erano già, sia per le disuguaglianze economiche e sociali, che impediscono di poter esercitare i propri diritti di cittadinanza e dunque di avere la stessa voce, che per lo strapotere dei grandi colossi del mondo digitale che mettono a valore i nostri dati e influenzano le nostre opinioni e comportamenti.

Sul controllo democratico dei dati e sulla trasparenza del web si giocherà un’altra sfida decisiva.

Per fortuna, la rinnovata fiducia nella scienza ci aiuterà a dare risposte migliori alle paure legittime, spazzando via al tempo stesso quelle indotte dalle balle xenofobe.

E soprattutto, stiamo capendo che le paure e l’incertezza si affrontano con più benessere e sicurezza collettiva, investendo sui servizi, sul lavoro, sul reddito delle persone, sulla sanità, l’istruzione, il welfare, la ricerca. 

Immaginare una nuova universalità della cittadinanza non sarà essenziale soltanto per migliorare materialmente le vite della maggioranza delle persone, ma anche per rafforzare la qualità della democrazia e della convivenza.

Anche nei piani alti della Bce e di tutti gli altri attori della governance europea e mondiale si stanno rendendo conto che non si può andare avanti in questo modo, ma è troppo tardi per dare loro credito.

Occorrerà dare battaglia per costruire un nuovo sistema economico, finanziario, fiscale a favore della maggioranza delle persone e non più di pochi privilegiati.

Infine, la sfida più importante siamo proprio noi.

Dobbiamo ingaggiare una lotta innanzitutto con noi stessi, con i sentimenti dominanti e diffusi che sono un misto di impotenza di fronte al mondo, anche quando siamo consapevoli che va male, e di paura di non riuscire a realizzarsi professionalmente e personalmente.

Ciò ci ha spesso costretto ad arrenderci e a conformarci agli eventi, anche a quelli più ingiusti e umilianti.

Ammettere a vicenda le nostre paure, i nostri problemi, i nostri desideri, è il primo passo per liberarci dalla zavorra del senso di impotenza, del sentirsi spettatori del mondo e unici responsabili del nostro destino individuale:

scoprendo che l’unico modo per cambiare anche le nostre singole vite è diventare attori, costruendo con tanta pazienza, solidarietà e cura, una nuova volontà collettiva.

Con il dolore per le morti e i contagi, la sofferenza per la perdita dei posti di lavoro, per le distanze, i progetti interrotti, lo smarrimento individualizzato ma condiviso, questo virus ci sta costringendo ad aprire gli occhi e a respirare aria nuova come mai avevamo fatto.

Probabilmente entreremo sul serio in una nuova recessione globale. Altrettanto probabilmente l’Europa per come l’abbiamo conosciuta non esisterà più.

Le premesse per alcuni cambiamenti epocali ci sono tutte.

O ci prendiamo in carico la costruzione dei giorni che verranno o purtroppo collasseremo insieme a chi ci proporrà strade già battute.

Siamo immersi in un mondo ingiusto e malato da ben prima dell’arrivo del coronavirus, dove tutto ciò che era tremendamente irrazionale veniva presentato quasi sempre come l’unica strada possibile e praticabile.

Ci sembrerà impossibile e servirà tanto impegno, entusiasmo e soprattutto tanta immaginazione per coniugare pragmatismo e utopia, ma …

ad ognuno di noi, segnato per sempre da questa emergenza, sta il compito di costruire, in ogni luogo, da quelli di lavoro alle città, dal più piccolo paese alle università, un’alternativa credibile, realistica e praticabile di società.

La storia non è finita e ci meritiamo molto di più dalla vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




Parma? of course…

 

Parma è da sempre un punto di riferimento per la politica nazionale ed in questo momento possiamo davvero ben sperare. Facciamo un passo indietro: abbiamo avuto qualche problema giudiziario finito per la gran parte nel nulla, un commissario prefettizio paragonabile al governo tecnico nazionale e poi la prima esperienza dei 5Stelle al governo di un capoluogo di Provincia, gli stessi che sono finiti al Governo dell’Italia.

A Parma l’esperienza è durata ben poco perché si sono dissociati da soli dal MoVimento formando una lista civica e ripresentandosi, vincendole, alle elezioni, in Italia vedremo…

 

Oggi però vorrei parlare di calcio perché negli ultimi anni il Parma, che a cavallo degli anni ’90 era uno dei club più forti in Italia ed in Europa, era arrivato fino al baratro della serie D per poi compiere uno straordinario percorso che lo ha riportato, con quattro promozioni in quattro anni, a giocarsi un posto in Europa. 

 

Venerdì il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha fatto una conferenza stampa dove prolungava le misure restrittive al 3 maggio, poi ha parlato di MES:

un tema molto dibattuto e attaccando alcuni esponenti dell’opposizione e, visto il modo, se n’è attirato, inevitabilmente, le critiche. 

 

Per fare chiarezza il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) non è altro che un fondo europeo al quale possono attingere gli stati che si trovano in situazioni di difficoltà.

Esiste dal 2011/2012!

Giusto per fare chiarezza sulle date:

è stato approvato dal Parlamento Europeo nel marzo 2011 – con relatore il nostro attuale Ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, che allora era Parlamentare Europeo – poi approvato dal Consiglio Europeo (l’insieme dei capi di Stato e di Governo) due giorni dopo (Governo Berlusconi IV).

Nel dicembre 2011 lo stesso Consiglio Europeo (Governo Monti) ha deciso di anticiparne l’entrata in funzione da metà 2013 ad inizio 2012.

Infine è stato ratificato dai singoli stati, in Italia nel 2012, (Governo Monti), con l’astensione o il voto contrario di quasi tutto il centro-destra.

Senza addentrarsi nei tecnicismi che ci allontanerebbero dal cuore del discorso, un conto è permettere alla banca di prestare soldi, un altro è andare a stipulare il prestito.

Ad oggi il Governo italiano non ha chiesto alcunché. 

 

Ma torniamo alla conferenza stampa dove il Presidente del Consiglio ha “invitato a verificare” come erano andate le cose sul MES, lasciando spazio alla confusione tra istituzione e richiesta di soldi, e poi la domanda più semplice quella sulla “potenza di fuoco”:

i soldi che dovrebbero arrivare che ha trovato una risposta indefinita e tutta al futuro.

Ma io questa scena l’ho già vista!

 

E come un lampo diventa tutto più chiaro: ve lo ricordate quel signore, comparso dal nulla, che comprò il Parma Calcio con un Euro?

Quello che convocava conferenze stampa un po’ a caso, invitava i giornalisti ad andare a verificare circa le sue attività e dei soldi che avrebbe dovuto dare a calciatori e dipendenti non c’era traccia?

Il Presidente Conte non era certamente un esponente di spicco della politica prima della nomina, sui ritardi in conferenza Facebook (ehm stampa) ormai ci abbiamo fatto l’abitudine…

l’invito a verificare i propri dati c’è e dei soldi, dai 600 euro ai 400 miliardi, non c’è traccia.

Nessuno vuole naturalmente paragonare Mapi Group a SACE se non per il fatto che tutto ciò ci fa ben sperare…

se l’Italia seguirà ancora una volta l’esempio di Parma, o meglio in questo caso “del” Parma, può essere che tra qualche anno saremo nuovamente tra i grandi della terra! 

 




Eurexit

Alla fine il nemico ha svelato il suo vero volto.

Come i migliori film dell’orrore, quegli che ci tengono incollati alle poltrone fino alla fine, anche il conflitto comunitario sembra avere trovato il suo epilogo.

Le ultime riunioni dell’Eurogruppo,  chiamato ad intervenire sull’emergenza sanitaria ed i rischi economici diretti, sembrano voler assumere posizioni condizionate all’adozione del Meccanismo Europeo di Stabilità, il MES.

Lo strumento, cioè, al quale il Regolamento Europeo n. 472/2013 affida le regole per rinforzare le modalità di sorveglianza sul bilancio pubblico dei paesi membri alle prese con difficoltà nel rispetto dei parametri di stabilità.

Infatti l’adozione del Mes impone ai paesi aderenti che ne facciano richiesta, con parametri di bilancio non in ordine, di adottare  il “Programma di Aggiustamento Macroeconomico”.

Programma messo a punto dalla Commissione Europea dalla Bce e dal FMI per il ripristino dell’equilibrio nei conti pubblici

Un intervento regolato da intenti rigoristi e che privano il paese assistito di ogni residua sovranità economica e quindi anche politica.

È accaduto alla Grecia nel 2009 che ha visto adottare nel triennio successivo tagli verticali alla spesa pubblica e nuove imposte fino alla rinegoziazione del debito con un taglio di oltre il 53% al crediti detenuti dal settore privato (Haircut).

Il Premier Conte tranquillizza il paese sostenendo che sarà il Consiglio Europeo a sigillare le decisioni definitive.

Eppure, un senso di amarezza affiora e le parole non convincono più.

Non è questa l’europa che abbiamo studiato da ragazzi nei libri di scuola.

 

Non è questa neanche l’europa sognata dai padri nobili di un progetto così importante.

 

L’Unione Europea nasce da lontano ed ha radici profonde nei valori della pace, della libertà e della cooperazione.

Valori che grandi uomini politici hanno immaginato e realizzato con dedizione ed impegno:

Altiero Spinelli, Alcide De Gasperi, il francese Jean Monnet, il tedesco Konrad Adenauer, il lussemburghese Joseph Beck ed il belga Paul H. Spaak, tra i più citati.

Uomini che hanno condiviso paure prima che sogni di grandezza.

La Guerra ha segnato molti di loro unendoli in una visione di pace e di libertà .

La paura dei conflitti bellici e della distruzione non è l’unica pietra angolare delle motivazioni  dei padri fondatori.

Beck e Spaak comprendono il senso  di vulnerabilità dei loro rispettivi paesi chiusi tra potenze militari, la perenne condizione di soggiogamento e l’importanza dei principi di sostegno reciproco.

L’europa non nasce su progetti complessi ma su sentimenti reali, pietre d’inciampo dell’umanità uscita dalla guerra:

pace, libertà, cooperazione e tutela di tutti i paesi soprattutto di quelli più esposti al rischio d’invasioni e soprusi.

Queste sono le fondamenta.

Nella riunione dell’Eurogruppo, l’Unione Europea ha toccato il suo punto di minimo ed il suo cuore ha cessato di battere.

Le contraddizioni, per anni nascoste da una diplomazia astuta e da un’opinione pubblica distratta, sono esplose all’improvviso come la Pandemia che ne ha fornito la base d’innesco.

Capire nel profondo come si è arrivati a questo punto è importante.

L’Unione Europea è rimasto un progetto incompiuto e nomade.

 

È stata realizzata l’Unione Monetaria e con essa ci si è dotati di istituzioni farraginose e regolamenti  complicati.

L’Unione politica, intesa come sovranità condivisa, non è, forse, mai entrata nelle agende dei paesi aderenti.

Un punto non secondario perché il dibattito sull’unione “politica” dell’Europa avrebbe dovuto risolvere nodi centrali.

Ad esempio la condivisione di sovranità nelle sue espressioni rilevanti, un progetto unico di finanza pubblica, un’idea comune di politica estera e di sicurezza esterna.

Questioni irrisolte che hanno caricato l’unione monetaria di effetti collaterali di cui, oggi, alcuni paesi mostrano di volersi avvantaggiare.

Un’Europa a sovranità ridotta, senza un bilancio ed un sistema di finanza pubblica comune con un sistema di cambi fissi, ha lasciato che fossero i singoli paesi a reagire alle fasi recessive facendo ricorso all’unico strumento rimasto:

l’innalzamento dei livelli di indebitamento pubblico.

Il collocamento del debito nazionale sul mercato europeo ed internazionale a tassi via via più elevati se da un lato ha reso più agevole la provvista per i paesi finanziariamente più fragili dall’altro ha fornito

ad alcune economie, Germania in testa, un formidabile strumento di crescita e di cooptazione progressiva di sovranità a danno dei sistemi periferici.

È evidente che la necessità di completare l’obiettivo di un’europa politica, in questo contesto, ha perso di portanza.

Le politiche espansive della Bce dal 2008 in risposta alla grave recessione mondiale sono state utilizzate in modo abile dai paesi del blocco nordico.

Paesi che ne hanno usufruito per proteggere industrie e banche nazionali lasciando che fossero le economie periferiche ad assumerne oneri e  responsabilità.

Il Mes nasce, in questo contesto, con il peccato originale di perseguire un sistema di aiuti asservito al controllo economico e politico di alcuni stati a danno di altri.

Un controllo di natura immediata posto in essere attraverso automatismi giuridici maturati all’interno di situazioni di emergenza asimmetriche e gravi per le popolazioni coinvolte che richiederebbero, al contrario, una visione condivisa, uno slancio solidale.

L’europa è caduta ma ora occorre rifondarne i contenuti e l’impianto fiduciario anche con l’avvio di una fase costituente che aggiorni e semplifichi istituzioni e meccanismi di funzionamento.

L’italia può dare impulso ad un confronto politico ampio che sul piano nazionale sia in grado di rimettere in moto l’economia e di riportare nei confini del paese la titolarità del debito pubblico.

Sterilizzando, altresì, la dipendenza dallo “spread” (differenziale di rendimento tra il titolo di stato italiano con scadenza decennale ed il suo corrispondente tedesco) vera arma in mano alla speculazione estera.

Cosa ci attende adesso?

L’europa continentale ha bisogno di una struttura istituzionale e di politiche condivise capaci di resistere alle pressioni geopolitiche in atto e mantenere pace e stabilità.

Per questo sarà importante non lasciarsi sedurre da intenti secessionisti privi di progettualità.

L’idea di un’Unione europea nella quale si specula su sistemi impositivi ingiusti e s’impongono sacrifici ai più deboli, potrebbe finire per sempre.

Certamente dalle sue ceneri dovrà costruirsi un soggetto politico capace di riscrivere i contenuti del quadro costituente aggiornandoli ai bisogni delle comunità locali.

Helmut Kohl, cancelliere tedesco fino al 1998, nel dibattito finale relativo all’adozione della valuta unica, non esitò a sostenere che il

“Futuro” avrebbe visto nascere una “Germania europea e non un’Europa germanica”.

Son passati oltre 20 anni, ma le decisioni dell’eurogruppo  avrebbero deluso anche lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Piano Marshall oggi più che mai!!

 




Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

 

Un mio caro amico, che mi conosce molto bene, quando la sera straparlo, non mi asseconda, anzi, mi dice: “Vai a dormire che è meglio…”

Stasera, mentre Lei stava parlando in diretta, sulla gestione della scuola, in questo periodo di emergenza, avrei voluto gridarle in faccia anch’io lo stesso consiglio, vagamente perentorio.

“MINISTRA, VADA A DORMIRE CHE E’MEGLIO”.

Perché, mi creda, Lei stasera non stava parlando, ma stava straparlando!

Certo, che avrebbe detto di tutto e di più, ce lo potevamo pure immaginare… 

Perché, del resto, Lei stessa, aveva già deciso di perdere credibilità, davanti al Paese, quando, ieri sera, ha scelto di andare da Fazio a “Che tempo fa”, per parlare delle novità della scuola, prima ancora che il decreto fosse firmato.

E lo ha pure anticipato su fb, annunciando che di esami di Stato, valutazione, didattica a distanza e del nuovo decreto Scuola ne avrebbe parlato in un salotto televisivo.

Salotto televisivo, non aula di Parlamento, perché è proprio quello che le importa, apparire, non agire.

Dunque, ancora una volta, ha scelto la tv prima del Parlamento, per trattare documenti non definitivi, assecondando il solito strascico di polemiche.

Polemiche esaltate ancor più dalle sue dichiarazioni di stasera.

Infatti, come dicevo, Lei, stasera ha superato sé stessa, e pure ogni altro limite politico di questi giorni.

E le spiego pure il perché.

DIDATTICA A DISTANZA

In diretta, non ha mai avuto il coraggio di pronunciare la parola “obbligatoria” riferito alla DAD.
La chiama “chiave di volta”, “non opzionale” e quindi???

Altre polemiche ed incomprensioni.

La FORMAZIONE A DISTANZA OBBLIGATORIA, o vivamente proposta, se non imposta, è nettamente incongrua rispetto ai tempi che stiamo vivendo.

Siamo di fronte ad una delle pagine più tristi della nostra storia.

Siamo impegnati, almeno noi cittadini (voi politici non so…) in una riflessione personale e sociale che richiede tempi di elaborazione lunghi per poter fare scelte di senso.

Di fronte al cambiamento non si può agire in modo precipitoso.

Le risposte devono essere giuste.

Una scuola giusta richiede un tempo lungo, fatto di confronto e di dialogo significativo, teso a valutare vantaggi e svantaggi di ogni scelta.

Scelte, che comunque, devono essere utili a preservare la tutela dei diritti per tutti.
Non mi sembra questo il momento di compiere scelte precipitose e di vantare competenze inesistenti.

Questo è il tempo del dolore e della solidarietà sociale.

 

Bene, Lei e tutto il suo entourage, per tutto rispetto, avete sparato fuori un missile LA DIDATTICA DIGITALE, una sorta di panacea di tutti i mali, con una leggerezza vergognosa, uno strumento palesemente anticostituzionale, antidemocratico nella scuola italiana dei nostri giorni.

Ma lo vuole capire che La DIDATTICA A DISTANZA NON E’ PER TUTTI?!?
Chi come ROSOLINO CICERO, Segretario di Ancodis, ha curato il rilevamento dei dati relativi al possesso di dispositivi adeguati per svolgere la DaD, ha fatto un’amara scoperta, peraltro prevedibile, ma ora certificata in un report al Miur.

La maggior parte degli alunni è privo di dispositivi digitali, o se li ha, essi non sono adeguati, oppure non ha una connessione efficace alla DaD.

La rilevazione nazionale la deve fare riflettere su una triste realtà: quanti alunni rischiamo di avere in dispersione digitale?

Alunni che, invece, eravamo riusciti a tenere – con grande fatica e professionalità – dentro le aule quasi TUTTI i giorni.

Credo che questi alunni – che hanno soltanto la sfortuna di nascere in certi contesti sociali e familiari – sono le VITTIME innocenti della scuola di questo momento.

E questa la sento come una “sconfitta” per tutta la scuola italiana.

Altro che compiaciuto orgoglio!

Viceversa, per gli altri, per gli eletti, per i maghetti informatici, credo che si stia agendo in modo INCOSCIENTE.

Molti docenti, responsabili e competenti si stanno facendo in quattro per portare la lezione ai propri alunni su un piatto d’argento, fin dentro casa.

Viene però ignorato un altro aspetto della questione, ovvero il disimpegno e la negligenza di molti alunni che, pur avendo supporti notevoli, non riconoscono il sacrificio e la dedizione dei docenti.

Perché, non dimentichiamolo, altri alunni, non in fascia debole sul piano informatico, purtroppo, nonostante l’aiuto che ricevono, stanno mostrando un atteggiamento di disimpegno assoluto, convinti che tanto la scuola è finita.

Per cui, quello che mi chiedo è proprio questo: a noi docenti vengono fatte richieste assurde, ci chiedono di lavorare ancora di più, ma i ragazzi?!?

Mi sembra che si stia assistendo ad una sorta di paradosso, per cui ci sia da una parte un iper investimento sui compiti che dovrebbe svolgere l’insegnante e allo stesso tempo una totale deresponsabilizzazione degli alunni, per cui ormai è già assicurata la promozione.

Inoltre, noi docenti, abbiamo valutato i rischi, di fare tutto e subito, magari anche male, pur di non essere criticati?

Siamo noi docenti consapevoli di fare il gioco del Miur per paura di finire, ancora più, nel mirino di famiglie polemiche, caricate dai mass media?

Quanti di noi docenti ha valutato che, quest’azione della DaD, imposta dal Miur, non è a tutela dei propri interessi?!?

La didattica digitale è un BOOMERANG anche per i prof, non solo per gli alunni.

Lo si capirà dopo. Forse tardi.

Finito il momento del” giudizio universale”, quando tutto sarà rientrato, e la categoria dei prof si renderà conto di essersi data ” in pasto” alle famiglie, mai state troppo clementi nei nostri confronti.

Del resto, lo si vede già adesso, quando, comunque vada è colpa della scuola, sia per la piattaforma scelta, che non è istituzionale, sia per la registrazione che viola la privacy, sia per il registro on line che non permette di caricare gli allegati, sia per la email impiegata che è quella del genitore, sia per Whats App che non si dovrebbe usare…

La vorrei proprio vedere la Ministra alle prese con Jitsi, Hangout, Classroom…

Spieghi? Salta la connessione.

Interroghi? Non si Può, non è legale.

Assegni compiti? Non solo, non li fanno, manco mettono la presa visione sul registro elettronico.

Fai leva sull’ esame? Prof, l’esame non c’è più.

Punti sul recupero del debito? La Ministra ha detto che c’è il 6 politico per tutti.

Richiami la serietà di un esame di stato?

Loro, gli alunni, intendo, ti hanno già girato l’ultimo post sarcastico, in cui, un MINIONS, scoppia in una fragorosa serie di pernacchie in faccia al prof che minaccia la Maturità.

E poi, Tutti a scuola dal 1° settembre per recuperare le lacune.

Ma chi ci crede più, quando ogni anno, a settembre, ci sono cattedre scoperte per  titolari assenti, supplenti nominati a tempo fino all’avente diritto, graduatorie esaurite, carosello delle MaD ( messe a disposizione dei dirigenti )…

Ma come si fa a far recuperare gli alunni, se mancano i prof, se non sistema la decennale questione dei precari, i contenziosi storici tra le diverse fasce…

Ma Lei, cara Ministra, in che scuola vive?!?

Oppure, vada a dormire, che è meglio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo

 

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?




Credo quia absurdum… Italexit uber alles?

E’ difficile non cedere alla tentazione di credere allo straordinario quando la realtà appare superare l’immaginazione.

È difficile sgominare il campo da teorie complottistiche quando le dinamiche politiche ed economiche sfuggono da modelli interpretativi consolidati da anni di relazioni internazionali.

Eppure, decifrare le parole della politica in questo momento è molto difficile.

La Pandemia non arretra e l’economia mondiale è in fortissimo rallentamento.

Citare le proiezioni ed i dati macroeconomici non serve più.

Tassi di crescita e di occupazione, così, come il destino di imprese, famiglie e intere  comunità sono diventati colori, suoni, frasi senza sintassi.

In un mondo in bianco e nero, i ministri delle finanze dell’Unione Monetaria si riuniranno, martedì prossimo, ancora una volta, per discutere le misure di sostegno da adottare per i paesi più deboli della comunità europea, Italia, in prima linea.

A poche ore dalla riunione, convocata, occorre ricordarlo, dopo una pausa di riflessione di dieci giorni, i paesi europei procedono in ordine sparso.

L’Italia e la Spagna, colpite per prime dal Covid 19, sostengono l’emissione di euro bond per sostenere l’economia rifiutando interventi assistiti da condizioni che limiterebbero la propria sovranità economica e politica.

La Francia, già sostenitrice della linea italiana, ha cambiato strategia optando per misure legate al Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes).

In particolare, i cugini francesi avrebbero pronto un piano articolato che prevede l’istituzione di un fondo gestito dalla Commissione Europea, un’iniezione di aiuti pari al 2% del Pil di ogni paese finanziato attraverso il Mes e garanzie erogate dalla Bce per la costituzione di un fondo per l’emergenza sanitaria di 20 miliardi con una capacità d’intervento fino a 200 miliardi d’euro.

L’Olanda si prepara a riaffermare la volontà di assistere le economie in difficoltà con la creazione di un fondo specifico per circa 20 miliardi di euro costituito con il contributo di tutti i paesi dell’Unione.

La Germania che tira le fila del confronto brandendo lo stemma della virtuosità dei propri conti pubblici continua a proporre l’intervento del Mes reso più attraente da una pluralità di misure: 200 miliardi dal fondo stesso, 500 miliardi attraverso l’intervento della Banca Europea degli Investimenti (BEI) e 100 miliardi, infine, attraverso un fondo gestito direttamente dalla Commisione Europea.

È evidente che la strategia tedesca, dopo l’opposizione ferma alle richieste  di procedere alla emissione di “Corona bond”, sia quella di arrivare alla riunione di martedì con una molteplicità di proposte che in realtà si risolveranno nella solita opzione: l’adozione del Mes che consente alle istituzioni europee di imporre, ai paesi richiedenti, le misure di politica economica più idonee al riequilibrio dei conti pubblici.

Una vera e propria cessione di sovranità che fa rima con austerità e tagli verticali al bilancio pubblico.

Si tratta di timori fondati.

Ne è riprova, la recente esternazione della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen pronta a venire incontro alle richieste di aiuto attraverso il Bilancio Europeo ed il Quadro Finanziario Poliennale (QFP) che ne raccoglie gli obiettivi, per erogare a sostegno dei paesi dell’Unione un piano di 2770 miliardi di euro oltre ad un’iniziativa di sostegno per i disoccupati dei paesi aderenti per circa ulteriori 100 miliardi.

Un vero e proprio Piano Marshall per la difesa ed il rilancio dell’economia che dovrà fare i conti con la frammentazione delle posizioni sul tavolo delle trattative.

La riunione dell’eurogruppo si aprirà, probabilmente, con l’opzione del già anticipato rimando al Quadro Finanziario Poliennale che si dovrà occupare di fissare i limiti di spesa per i prossimi 5 anni.

Le cifre sono imponenti e potrebbero riuscire nel duplice obiettivo di dare risposte al crescente scetticismo sulle fondamenta dell’Unione ed essere vendute facilmente alle opinioni pubbliche nazionali come un grande successo della mediazione delle classi dirigenti.

Purtroppo, la verità è che nella riunione del dieci marzo scorso, a margine delle questioni in agenda, si è aperto un confronto, tra europarlamentari e presidenza, anche sul  QFP per il periodo 2021/2027.

Il parlamento sulla vicenda ha finito per prendere atto che gli stati membri non sono pronti a fornire le risorse necessarie per affrontare le sfide dell’Unione europea (fonte PE).

Un controsenso evidente che smaschera il sensazionalismo degli ultimi annunci.

La buona notizia, ammesso che possa definirsi tale, è che la Germania dovrà finalmente gettare la maschera e chiarire, senza ulteriori indugi, i prossimi passi.

Abbiamo già parlato nei precedenti articoli del temuto epilogo di questa vicenda.

Le fondamenta politiche dell’europa sono in crisi da diverso tempo e la recessione economica ha bussato alle nostre porte già prima del Covid 19.

La Germania che nel 2019 ha visto concretizzarsi i timori di una recessione tecnica con la caduta  dei principali indicatori economici ed il calo degli indici di fiducia, vuole scongiurare il rischio di una profonda crisi post pandemica.

I paesi dell’europa mediterranea che rappresentano un mercato fondamentale per l’industria tedesca, si trovano, oggi, nella triste condizione di poter essere condizionati attraverso semplici automatismi giuridici costruiti all’interno di situazioni di emergenza.

L’europa come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi è, forse, giunta al termine ma abbiamo ancora bisogno di istituzioni comunitarie capaci di difendere l’autonomia, i valori libertari e democratici dalle tensioni internazionali e geopolitiche in atto.

Per questi motivi grava su tutti i paesi il compito di restituire alla politica ed alla finanza contenuti morali elevati per renderli strumenti al servizio delle comunità e non meccanismi di soggiogamento delle classi più povere.

Al prossimo incontro dei Ministri delle Finanze dell’eurozona  dovrà prevalere una visione più ampia di quella delle singole comunità locali.

Senza un accordo aperto alla solidarietà ed alla condivisione, senza una “terza via” libera da condizioni e riserve non resterà che prendere atto che una nuova pagina sul futuro dell’Unione sarà ben presto scritta sullo sfondo di una dolorosa uscita dell’Italia  (ItalExit) o di un esodo dei paesi virtuosi in una nuova area a guida tedesca, la Deusche Mark Zone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pandemia Finanziaria, cui prodest?

Piano Marshall oggi più che mai!!

 

 

 

 




Nondum matura est…

Difficilmente Esòpo avrebbe immaginato che le sue opere sarebbero state molto utili a meglio comprendere alcuni “meme” che girano sui social ai giorni nostri. 

 

Lo scrittore greco, vissuto circa 500 anni prima di Cristo, nella famosa fiaba della volpe e dell’uva ci ricorda quanto il genere umano abbia nell’incolpare l’altro uno sport che, grazie agli dei – per rimanere storicamente con l’autore – non entrò mai alle Olimpiadi. 

 

Uno dei meme più divertenti e ad effetto è quello dal titolo “Ah, se solo ci fossero le donne al potere … il mondo sarebbe diverso” e sotto la foto della Presidente della BCE Christine Lagarde, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ed il Cancelliere Tedesco Angela Merkel, tutto ad indicare che queste tre signore sarebbero la sciagura dell’Italia.

 

Analizziamole brevemente, senza nemmeno entrare nel merito delle loro “uscite” più o meno felici e dei loro provvedimenti.

Nel primo caso il Consiglio Europeo – la riunione dei capi di stato o di governo degli Stati membri dell’UE – nomina il presidente della BCE per un periodo di otto anni … decide tramite una votazione a maggioranza qualificata.

Quindi alla scelta ha contribuito il nostro Presidente del Consiglio.

 

La seconda è stata eletta dal Parlamento Europeo a maggioranza assoluta.

In questo organismo, come in quello italiano, vi sono dei gruppi che dipendono dai partiti europei di riferimento.

Quindi votando alle elezioni europee abbiamo deciso anche noi quale peso dovevano avere i vari gruppi in Europa.

Teniamo a mente che le scelte non sono Nazionali ma Europee quindi il voto nazionale va analizzato al netto delle maggioranze in tutta Europa. 

 

Ed infine il Cancelliere Tedesco.

E’ proprio quando si sente dire che la colpa dei problemi del nostro Paese è da imputare al Cancelliere Tedesco che Esòpo e la sua favola tornano attuali.

Citiamola:

 

Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli, ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi.» Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze.

 

Eh si, è una pretesa curiosa che il Cancelliere Tedesco faccia gli interessi degli italiani, quando questi non coincidono con quelli tedeschi!

Se poi questo è più bravo, o riesce ad ottenere di più rispetto a quello Italiano, la colpa non può essere certo sua, ma nostra! 

 

Assumiamoci le nostre responsabilità ma, al tempo stesso, facciamone tesoro e quando ci saranno le prossime elezioni ricordiamocene!

Se saremo stati capaci di mettere in campo le nostre eccellenze saranno gli altri a dire “è colpa del Presidente del Consiglio Italiano!” 

 

E in quel momento potremo finalmente fare bel un brindisi con un buon vino italiano frutto di quell’uva che non era acerba, ma solo difficile da cogliere! 

 

 

 

 

 

 

 

 

3200 giovani: il senso del Trofeo CONI Kinder+Sport




San Gennaro esiste…

Grazia ricevuta per tutti gli studenti di Italia

Tutti promossi, anche con debiti, tutti ammessi agli esami di stato, e la Maturità sarà ridotta ad un colloquio on line.

Queste le dichiarazioni ufficiose, dunque, per ora non ufficiali, veicolate da Tg com 24, questa notte.

Sugli Esami di Stato, che concluderanno l’anno scolastico, “il confronto è aperto e a giorni saranno comunicate decisioni ufficiali in merito”.

Questo è quanto rende noto il Ministero dell’Istruzione.

Al vaglio un piano di emergenza per portare a termine lezioni ed iter disciplinare in questa situazione travagliata.

E fin qui, ci siamo.

Il via libera lo si avrà solo dopo Pasqua.

E qui inizia il bello!

Perché, ormai da anni, eravamo preparati che, almeno per Pasqua, il Miur ci regalava una bella sorpresa, una nuova versione degli esami di stato.

Sapevamo, noi addetti ai lavori del mondo scuola, che avevamo due mesi di tempo per fare i salti mortali, per adattarci alle nuove disposizioni, cercando di salvare il salvabile.

E, attenzione, non lo dico solo nell’ottica di un prof, ma, anche e soprattutto, nell’ottica di un alunno, che, fino all’ultimo, non sapeva di che morte doveva morire.

Adesso, le sorprese, arriveranno in ritardo.

E saranno tante e belle, come i fuochi d’ artificio della nostra Ministra, che, ogni giorno, ne spara una nuova.

Si torna a scuola, sì o no? Non si sa…

Se sì, quando? Vedremo…

E dunque, gli esami ci sono oppure no? Stiamo valutando…

Ed in che modo? Ci stiamo pensando…

Ma, per favore, state zitti, Lei, cara Ministra ed il suo entourage.

State zitti, che è meglio!

E già, perché, lo volete capire, che più dichiarazioni rilasciate e rimangiate, con gli organi di stampa, è peggio è?!?

Smettetela di confondere, famiglie, studenti, insegnanti, presidi, personale di segreteria…

Siate onesti, non avete le idee chiare, parlo a voi politici, su quando si tornerà a scuola, se il rientro nelle aule sarà ipotizzabile per maggio, oppure si chiuderà

l’anno scolastico con i ragazzi a casa fino a giugno.

A conferma di quanto le dichiarazioni contraddittorie confondano l’opinione pubblica, oggi, sul quotidiano “La Repubblica”, sono circolate alcune indiscrezioni circa l’anno scolastico in corso.

Secondo il giornale, nessuno studente perderà l’anno, ma non ci sarà un “6 politico” per decreto.

Questo sempre che, nel primo quadrimestre, il voto in materia sia stato al di sopra di 4.

Praticamente, che messaggio passa?

Avanti tutti, dal quattro in su… 

 

Inoltre, riguardo agli esami di Maturità, l’unica certezza è che non ce ne sono.

Valutiamo insieme le ipotesi possibili.

 

Prima ipotesi.

Tutti a scuola il 4 maggio, come dice Renzi. 

Se dovessimo ritornare tutti in aula ai primi di maggio (cosa al momento remota), si prevede l’ammissione all’esame per tutti, indistintamente, anche quelli che avevano qualche insufficienza.

E già qui, primo errore, ma, perché dirlo adesso?!?

Così, si penalizzano gli studenti responsabili e coscienziosi.

Quelli che si sono sempre impegnati, sia prima, con la scuola tradizionale, che adesso, con la sfida della didattica digitale.

Che senso ha la partecipazione, l’impegno, la costanza, se tanto, tutti sono ammessi all’esame?!?

Ma soprattutto, così facendo, svendendo l’ammissione all’esame e praticamente regalando la maturità a tutti, si va a premiare i furbi ed i lazzaroni, quelli che non hanno mai fatto niente, né prima, né dopo.

Bel modello educativo che forniamo ai nostri alunni!

E poi ci riempiono la bocca con la storia delle competenze trasversali di educazione alla cittadinanza!

Poi, non lamentiamoci se, dalle nostre classi, quest’ anno più che mai, usciranno dei futuri cittadini allenati a fare il minimo, convinti che tanto tutto il resto è dovuto.

 

Inoltre, col rientro ai primi di maggio, secondo i geni del Miur, ci sarebbero quattro settimane piene di lezioni e il 17 giugno potrebbe esserci il primo scritto di italiano.

Infatti, passata l’emergenza, è un attimo, recuperare il programma ed arrivare tutti insieme, appassionatamente agli esami!

Del resto, è risaputo, dopo Gesù Cristo, i miracoli li fanno i prof!!!

Le tracce però, attenzione, dovrebbero tenere conto che il programma del secondo quadrimestre nessuno è riuscito a concluderlo.

Alle commissioni verrebbe data grande autonomia di scelta di argomenti.

Altro errore madornale.

Il selvaggio West.

Ognuno per sé e Dio per tutti!

Però, c’è sempre un però.

Non è mica detto. 

Infatti, tra un po’, ci diranno, no dai stavamo scherzando…

 

Seconda ipotesi.

Per quest’anno nessuno torna in aula.

La data limite, secondo gli esperti, è appunto il 17 maggio.

Oh, almeno una certezza c’è, direte voi…

No, attenzione, altra sorpresa!

Se le scuole rimarranno chiuse fino al 17, l’esame di Stato dovrà essere completamente diverso.

Tutti saranno ammessi, ma non ci saranno due scritti, tutto sarà concentrato in un unico colloquio, davanti alla commissione.

Eh qui, immaginate la festa dei nostri alunni, niente più versioni di latino al classico, niente più studio di funzioni allo scientifico, men che meno analisi di bilancio per i futuri ragionieri.

Un esame di un’ora e con alcuni esercizi matematici o di traduzioni, dipende dal percorso scolastico.

In quest’ultimo caso, l’intero colloquio dovrebbe valere 60 punti su 100, con gli altri 40 assegnati con l’analisi degli anni scolastici di terza e quarta superiore.

La data di inizio degli esami di Maturità è sempre quella del 17 giugno, con conclusione prevista entro metà luglio.

 

Terza ipotesi.

Stiamo a vedere.

Cioè, navighiamo a vista.

Se dovessimo trovarci in un’altra situazione di lockdown a tempo indeterminato, allora tornerebbe in auge l’esame online per tutti.

Maturità, maxi colloquio.

Terza media, mini colloquio.

Per tutti gli altri promozione garantita.

Praticamente, una grazia ricevuta, nel vero senso della parola!

Ma, attenzione, la Ministra Azzolina, si è precipitata a dire la “promozione di massa” non significa non recuperare quanto non fatto o lasciato indietro in questi mesi.

Almeno settembre e ottobre del prossimo anno scolastico saranno utilizzati per recuperare.

Ai ragazzi sarà chiesto uno sforzo in più, anche di tempo.

Il programma andrà recuperato e questa volta senza sconti!

Eh, già, come al solito, quando i buoi sono fuori dalla stalla …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

Se lo dice Lui …

sdidatticamente parlando e non solo

 




Andrà tutto bene! Parte quarta

 

Andrà tutto bene o andrà tutto a puttane?!?

Scusate la volgarità, capisco di non essere molto professionale ad impiegare un simile linguaggio…

L’intento, però, è stare dalla parte dei cittadini, soprattutto dalla parte di quei lavoratori che hanno perso tutto, lavoro, guadagni, tutela politica e speranza nel futuro…

Infatti, continuando come betapress, nella nostra ricerca sui lavoratori autonomi, commercianti, artigiani e liberi professionisti nell’emergenza coronavirus, abbiamo proposto sempre le stesse domande, focalizzandoci, questa volta, sulle problematiche specifiche del mondo degli artigiani.

Criticità specifiche del proprio lavoro in generale e, soprattutto adesso.

Impatto economico e problemi fiscali.

Decreto di marzo efficace o inadeguato?

Cosa è impellente in questo momento e nei prossimi mesi?

Quali sono le soluzioni possibili e quali sono pura propaganda elettorale?

“ALTRO CHE PIANO MARSHALL, QUI E’ UN PIANO AL MACERO!”

Questa è stata una risposta diretta, da chi vanta mezzo secolo di lavoro nel settore.

Chi parla è una nota parrucchiera di Novara, prestigiosa e competente.

Ha passato la sua vita in negozio (“Ancora un po’, e partorivo in negozio! Allattavo mia figlia tra un taglio e l’altro, senza far aspettare la cliente…”).

Una di quelle che ha dedicato la sua vita al lavoro, sempre impegnata a formare nuovi specialisti del mestiere.

Tanto che, parecchi suoi allievi, imparata l’arte, hanno aperto, a loro volta, dei saloni di acconciatura e di estetica.

Una di quelle che ci sa fare, sempre pronta a rimettersi in gioco, ad aggiornarsi.

Per chi è del settore, basta dire che ha vinto diverse volte il prestigioso premio nazionale “Il pettine d’oro”

Vi assicuro che esiste, non dico il nome perché non ha bisogno di pubblicità, non cerca fama, ma ascolto.

Bene, mi ha detto “Non fare il mio nome, ma, scrivi che stavolta è proprio finita!”

Sua figlia, che buon sangue non mente, anche lei ha un’attività in proprio, un salone estetico, in particolare è specializzata nei tatuaggi estetici e ricostruttivi, (su cicatrici post interventi di mastectomia), mi ha detto così.

“Io sono un’artigiana, lavoro da sola, inutile ribadire quanto pesano le tasse e quindi, quanto, normalmente, è già pesante mandare avanti l’attività.

Prova ad immaginare adesso, con tutto quello che sta succedendo!

Quando non puoi aprire il negozio, per ciò che sta accadendo, non c’è introito e non c’è la cassa integrazione che tutela i lavoratori dipendenti.

C’è “una tantum” forse, che nel mio caso mi paga solo la metà delle spese fisse di un mese (cioè affitto, luce, telefono eccetera) non mi dà i soldi per fare la spesa, per mantenere i miei figli o pagare le bollette di casa.

Me la devo cavare da sola, oppure, indebitarmi con la banca.

Come se, indebitarsi, fosse una soluzione, ancora peggio!

Bisognerebbe poter non pagare almeno l’affitto del locale.

Locale, in cui, per legge, non posso lavorare, locale che è una spesa viva.

Il negozio adeguato e la clientela fedele, sono fondamentali per avere una cassa dignitosa per noi autonomi.

Dunque, come possiamo pagare le tasse se non lavoriamo?

Noi artigiani non abbiamo bisogno di prestiti dalle banche, abbiamo bisogno di liquidità.

Non ho previsioni attendibili per il futuro, ma ho solo una speranza.

Spero che a maggio si possa ricominciare e, a quel punto, vedere se vale la pena tenere aperta l’attività o chiudere.

Certo che, più permane questo blocco, più peggiora la situazione.

Temo proprio che, nonostante tutti i sacrifici fatti per mettermi in proprio, dovrò regredire, e tornare a lavorare come dipendente.

Di sicuro, dovrò cercare altre soluzioni, perché, con che soldi do da mangiare ai miei figli?

Con che soldi li faccio studiare?!?”

Le sue parole, mi lasciano spiazzata.

Questa volta, però, vi faccio il suo nome. Silvia Berto, tatuatrice “Lady Tatoo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

Coronavirus: andrà tutto bene, parte seconda.

Andrà tutto bene … parte terza