Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno

Non vedo l’ora che passi Natale.

E di girare l’ultimo foglio del calendario di quest’anno senza speranza.

Siamo onesti, è da dieci mesi che siamo alle prese con il COVID ed ora non ne possiamo più.

Per fortuna, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ci dà ragione affermando che la popolazione sta sperimentando una sensazione di stanchezza.

È la cosiddetta pandemic fatigue, che rischia di rendere le persone meno attente al rispetto delle regole.

Prima, ciascuno di noi, viveva sulla giostra della propria vita, tra alti e bassi, come tutti, senza troppo pensare alla morte.

Da quasi un anno, invece, il Covid, sostenuto da una narrativa costantemente infarcita di morti, contagi, pericoli ed allarmi, ci fa viaggiare accanto alla morte, in compagnia di demoralizzazione, stanchezza e perdita di prospettive.

Adesso, con la seconda ondata, stiamo pure peggio di prima e gli specialisti parlano di “trauma della recidiva”.

Come ha dichiarato Recalcati in un’intervista: “pensavamo di essere guariti, abbiamo trascorso un’estate spensierata, ritenevamo che il virus avesse esaurito la sua carica di violenza e ci ritroviamo in mezzo al male. Siamo così obbligati a fare il lutto della nostra guarigione e a ricominciare a lottare con meno forze e meno speranze”.

Grazie, Massimo, adesso che ce lo dici tu, stiamo già tutti un po’ meglio…

Scherzi a parte, è evidente, siamo proprio tutti giù, in una condizione di demoralizzazione simile a quella provata da chi soffre costantemente di ansia per lunghi periodi.

Siamo stanchi dentro=stanchezza psichica.

Non ci aspettiamo più niente=mancanza di speranza.

L’OMS definisce tale condizione “Fatica Pandemica”, intendendola come “una condizione di demotivazione a seguire i comportamenti protettivi consigliati, che emerge gradualmente nel, tempo ed è influenzata da una serie di emozioni, esperienze e percezioni”.

Così, l’“Affaticamento” non è inteso in senso clinico (per intenderci: non è la fatica post-infezione da Sars-Cov-2), ma in relazione alla sensazione di spossatezza, al sentirsi sopraffatti dal dover mantenere uno stato di vigilanza costante, ad una stanchezza a rispettare le restrizioni e “pandemico” per sottolineare la specifica correlazione con la pandemia COVID-19 e con le restrizioni imposte per contenerla.

Come emerge questa condizione?

All’inizio di una crisi la maggior parte delle persone è in grado di attingere alle proprie risorse, grazie ad un sistema di adattamento a breve termine che gli esseri umani mettono in atto per garantirsi la sopravvivenza in situazioni di stress acuto.

Ma quando le condizioni traumatiche si prolungano nel tempo e non si profila all’orizzonte la fine dell’evento stressante, demotivazione e scoraggiamento diventano conseguenze naturali e prevedibili.

Per quali ragioni la durata della pandemia impatta fortemente la motivazione delle persone?

Man mano che le persone si abituano all’esistenza del virus riducono la percezione della sua minaccia e, allo stesso tempo, sperimentando i costi personali, sociali ed economici a lungo termine conseguenti alle restrizioni, aumentano gradualmente la percezione della perdita derivante dalle risposte alla pandemia (chiusure, lockdown).

Questo fa sì che i costi percepiti dalla risposta alla pandemia possano superare i rischi percepiti relativi al virus.

Inoltre, col prolungarsi delle restrizioni, aumentano il bisogno di autodeterminazione e libertà.

Paradossalmente, anche le circostanze più tragiche subiscono un processo di normalizzazione se sperimentate per periodi di tempo più lunghi.

Per combattere la “fatica pandemica”, l’OMS propone ai governi un piano d’azione su più livelli, sottesi da principi di trasparenza, equità, coerenza, coordinamento, prevedibilità.

Prima di tutto, bisogna

COMPRENDERE LE PERSONE.

La fatica pandemica deriva da varie barriere che le persone sperimentano all’interno di contesti culturali e nazionali e che richiedono diversi tipi di supporto e comunicazione.

E’ importante identificare i gruppi di popolazione che maggiormente mostrano segni di demotivazione, capire cosa li demotiva.

E’ necessario utilizzare ciò che si apprende per identificare percezioni e bisogni emergenti, per informare sulle politiche della pandemia e su altri interventi.

Proporre nuove iniziative, messaggi e modalità comunicative con le persone di cui si desidera modificare i comportamenti, usando diversi approcci di ricerca.

Poi, bisogna

COINVOLGERE LE PERSONE COME PARTE DELLA SOLUZIONE

Gli esseri umani hanno un bisogno essenziale di sentire il pieno controllo della propria vita, e quando la loro autonomia è minacciata, la motivazione è facilmente persa.

E’ fondamentale che le persone vengano attivamente coinvolte come parte della soluzione, facendo loro comprendere che i comportamenti raccomandati non sono una questione di “sudditanza” all’autorità, ma parte di qualcosa di positivo, che dona speranza.

Piuttosto che concentrarsi su coloro che non seguono i comportamenti, può essere più efficace evidenziare i molti che seguono le norme e i benefici per la salute ottenuti attraverso uno sforzo collettivo.

Ascoltare le persone, comprenderne i bisogni e pianificare politiche che rispondano a tali esigenze e riflettano il senso di identità delle persone promuove l’impegno.

Anche le storie sono potenti motivatori.

Strategicamente si potrebbe: considerare gruppi sociali o persone che assumano ruoli di leadership nel promuovere comportamenti protettivi, trovare modi creativi per motivare i membri della società, chiedere agli utenti di discutere su come desiderano attuare i comportamenti raccomandati, ispirare e informare, avvalendosi del lavoro di scrittori professionisti, giornalisti, artisti.

Rafforzare l’autoefficacia, passando dal “controllo della pandemia sui nostri comportamenti” al “controllare la pandemia con i nostri comportamenti”.

Inoltre, bisogna

CONSENTIRE ALLE PERSONE DI VIVERE LE LORO VITE MA RIDURRE IL RISCHIO

La demotivazione manifestata da alcune persone è in parte una reazione alla lunghezza della pandemia, per cui l’OMS raccomanda di implementare strategie che dovranno andare oltre lo stato di emergenza e consentire alle persone di tornare a qualcosa che assomigli alla vita normale.

Pensare in termini di riduzione del danno può essere un modo utile: tale approccio riconosce che bloccare del tutto i comportamenti potenzialmente rischiosi può essere difficile, ma è possibile ridurre i danni associati a questi comportamenti.

Quando vengono presentati scenari del “tutto o niente” e standard di successo scoraggianti, le persone sono più propense a rinunciare facilmente e a tornare a comportamenti molto rischiosi.

Nel contesto del COVID-19, questo approccio può essere applicato anche ad un livello nazionale.

E’ importante sviluppare linee guida su come continuare con la vita riducendo il rischio di trasmissione, trovare modi creativi di comunicarli, confermare le raccomandazioni piuttosto che cambiarle costantemente.

Spostare la comunicazione da “non” a “fare in modo diverso”, evitare il giudizio e la colpa legati ai comportamenti rischiosi, in quanto ciò può contribuire alla vergogna e all’alienazione più che all’impegno e alla motivazione.

Per ultimo

RICONOSCERE E INDIRIZZARE LA COMPLESSA ESPERIENZA DELLE PERSONE

Le restrizioni pandemiche hanno causato difficoltà e inconvenienti nella vita di tutti i giorni, e tutti hanno subìto una perdita in ambito educativo, lavorativo, relazionale, sportivo, di partecipazione a rituali di comunità.

La pandemia e le misure per arginarla hanno portato a stress, solitudine e noia, e hanno avuto un impatto negativo sulla salute mentale.

Dal momento che la percezione della perdita correlata alle restrizioni (ad es. perdita economica) in corso di pandemia può essere superiore alla percezione della perdita correlata al virus stesso, non è una richiesta banale chiedere continuamente supporto alla popolazione.

Se questa difficoltà non è ben compresa e riconosciuta da chi chiede sostegno alla popolazione, le persone nel tempo possono benissimo perdere la motivazione.

E’ fondamentale costruire resilienza, identificare e affrontare le difficoltà che le persone incontrano e consentire loro di adottare misure per proteggersi a lungo, più economiche e semplici possibili.

Verificare se la difficoltà a seguire le restrizioni può essere bilanciata con altre misure per alleviare l’impatto negativo, ad es. schemi di sostegno finanziario o sociale, supporto per la salute psicologica o mentale mediante servizi online gratuiti.

Soprattutto, bisogna

EVITARE UNA DICOTOMIA ECONOMIA CONTRO SALUTE.

Sostenere le persone e comunicare loro con empatia, speranza e comprensione, piuttosto che minacciare punizione, suscitare vergogna o colpa, riconoscendo che ognuno sta contribuendo alla lotta contro il virus.

Altrimenti, di virus o di fame, moriamo tutti, con buona pace dell’OMS e dei suoi consigli…




Profe mannaro!

Novara. Importante Liceo di Novara. Docente di storia e filosofia denunciato per molestie sessuali.

Un docente di storia e filosofia del prestigioso liceo di Novara è stato denunciato per violenza sessuale continuata, aggravata dalla qualifica di pubblico ufficiale.

Il Gip presso il Tribunale di Novara, su richiesta della Procura della Repubblica – «ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza per ripetute e dall’aver approfittato dello stato di inferiorità delle vittime, nonché il pericolo di reiterazione del reato e quello di inquinamento probatorio» – ha emesso nei confronti dell’insegnante, la misura cautelare dell’interdizione dalla professione di docente per la durata di un anno.

Il caso è nato dopo le testimonianze di alcune delle vittime che si sono rivolte alla Squadra Mobile della Questura di Novara, testimonianze che hanno fatto scattare le indagini sui comportamenti del docente.

La Polizia, su delega della Procura di Novara, ha effettuato una perquisizione domiciliare a casa dell’indagato, a cui sono stati sequestrati telefono cellulare, personal computer, tablet.

Ancora una volta, una storia da Dottor Jekyll e Mr. Hyde.

A Novara, tranquilla e sonnolenta città di provincia, ci si conosce tutti, ed iscrivere i propri figli all’Importante Liceo di Novara è motivo d’orgoglio e di soddisfazione per i genitori.

Chi vi scrive è di Novara ed ha fatto così.

E conosce la fama ed il prestigio dell’indagato e per rispetto nei  confronti del professore, ha deciso di non sparare il suo nome in prima pagina, come hanno fatto altre testate giornalistiche nazionali.

Il professore in questione è stato considerato un punto di riferimento per intere generazioni di alunni.

Le sue lezioni di storia e filosofia al liceo di Novara sono sempre state apprezzate almeno quanto la capacità di coinvolgere gli studenti in attività extrascolastiche.

Nessuno si sarebbe mai immaginato che sarebbe stato denunciato per molestie di natura sessuale nei confronti di alcune allieve.

Sono state le stesse vittime che, rompendo forse un muro di silenzio, hanno aperto squarci investigativi alla Squadra mobile della città piemontese.

Ma allora come è stato possibile che i colleghi non sapessero e che gli alunni non parlassero?!?

Dopo mesi d’indagine, il quadro tratteggiato dagli inquirenti è terrificante.

L’insegnante «facendo leva sul proprio ruolo, induceva giovani alunne a sottostare ad approcci di natura sessuale».

Ipotesi che hanno convinto la procura di Novara a chiedere al Gip che, cautelativamente, al docente fosse inibito di salire in cattedra per un anno per evitare sia il pericolo della reiterazione dei reati sia l’inquinamento delle prove.

Ma partiamo dalle accuse

Le accuse formulate dai pm vanno dalle violenze sessuali continuate, aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale all’aver approfittato dello stato di inferiorità delle vittime.

Per i magistrati, il professore utilizzava la tecnica di invitare le studentesse in un’aula appartata o a casa per approfondimenti extra scolastici in vista dell’esame di Maturità o per il completamento di ricerche e la scrittura di libri.

Una volta convinte le ragazze, spiega la polizia, provava a baciarle sulla bocca o sul collo e le palpeggiava.

Un comportamento che ripeteva anche se le giovani provavano a divincolarsi o se, sopraffatte e scioccate, restavano impietrite e subivano le molestie.

Per cercare prove la sua casa è stata perquisita e gli sono stati sequestrati lo smartphone, un computer e il tablet.

Gli inquirenti ritengono che sia stato autore di abusi sessuali su almeno cinque studentesse, di cui una minorenne.

Quello che sconvolge è che, nel corso dell’attività d’indagine è emerso che questi comportamenti il professore li poneva in essere da anni e che, nell’ambiente studentesco, alcuni suoi discutibili atteggiamenti pubblici erano tollerati e scambiati per dei «gesti affettuosi» mentre, in realtà, nascondevano un preciso modus operandi finalizzato a carpire la fiducia delle giovani vittime.

Adesso tutta la città, stupita ed attonita, si scrolla di dosso la falsità e la cortesia che la contraddistingue, ma perché è così difficile squarciare per tempo il velo dell’indifferenza verso le “stranezze” di un collega ed il muro dell’omertà verso gli abusi di un professore?!?

Perché è così radicato l’atteggiamento del “farsi i c…i propri” per quieto vivere tra il personale scolastico?

Perché spesso i colleghi, parlano alle spalle, ma non agiscono di fronte?!?

Perché i pochissimi che agiscono e reagiscono ricevono pressioni, minacce, diffide di aver offeso il decoro e l’onore del collega in questione e di aver divulgato fatti inerenti l’istituto?!?

E che dire dei dirigenti, magari ripetutamente informati dei fatti che cercano una conciliazione per non aver casini, dicendo che non c’è niente di scritto?!?

E che poi quando ci sono ripetute segnalazioni disciplinari, temporeggiano, sperando che l’anno scolastico finisca e che tutto torni a posto, magicamente, da solo …

Mi vergogno io per loro, e come docente, mi dispiace tantissimo che siano state le alunne, a volte persino minorenni, ad avere agito e reagito, da sole, mentre gli adulti, per di più formatori, stavano a guardare, ed a commentare…

 

 

 




RIGE: Magia della Musica

 

Ho iniziato ad impegnarmi con BetaPress per un motivo e per un’esigenza.  

Il motivo è semplice per amicizia, una parola molto usata che però racchiude tanti significati e valori: riporta al riconoscimento di una strada comune e al camminare fianco a fianco su questa strada.

Semplice! L’esigenza è il voler parlare di sé attraverso quello che conosco bene e che pratico fin da ragazzino, la Musica e trovo ragionevole parlare di ciò che si conosce ed essere leali con chi legge e quindi con sé stessi, leviamo quindi sicuri l’àncora, partiamo… Let there be rock!

Da dove iniziamo?

Da una considerazione: certe canzoni mi ricordano sapori, luci, profumi, suoni e colori di luoghi e di viaggi a cui hanno fatto da colonna sonora.

Alzi la mano chi non ha, almeno una volta, associato un viaggio ad una canzone.

Magia della musica!

Ho percorso abbastanza l’Italia e l’Europa per lavoro (e per piacere) e questa sensazione l’ho provata fortemente molte volte, come la prima volta che mi sono recato a Deauville per lavoro ed  il viaggio di ritorno in auto verso Parigi accompagnato da un CD (correva l’anno 2001…) ed ascoltavo la sommessa melodia di Indifference dei Pearl Jam.

Mi capita spesso ed anche Believe dei Mumford & Sons mi richiama sempre qulle atmosfere frenetiche, ultratecnologiche e moderniste della Londra del The Sharp, del Walkie-Talkie, del quartiere di Canary Wharf e del viaggio padre/figlia di qualche anno fa.

Nell’ultimo anno mi sono lasciato affascinare dai “sapori” di una canzone di Cesare Cremonini, che reputo tra i 10 più completi ed espressivi musicisti pop italiani dell’ultima generazione, sfornato da quella incredibile fucina musicale che è Bologna.

Questo brano è La Isla ed è contenuta nell’album Possibili scenari del 2017, rieditato completamente per piano e voce l’anno successivo.

La versione che preferisco è quella notturna, intimistica, quasi timida di pianoforte/voce.

L’operazione di spogliare la canzone e lasciarla nella sua struttura essenziale, nella struttura da cui solitamente parte la composizione del brano – melodia/arrangiamento primario/armonia – le dona a mio avviso una certa magia e aggiunge mistero all’ascolto, quasi a disvelare ciò che l’autore voleva dire usando quell’accordo, quella parola sussurrata e non cantata, quel colore dato a quella nota o quell’accento usato in quell’altra.

La Isla mi riporta continuamente alla memoria un viaggio di sette estati fa in Provenza, anche in questo caso un viaggio on the road in auto assieme ai figli, al fratello e alla nipote.

E’ tutta la costruzione della canzone che fa tornare a galla quei momenti; le quattro note iniziali suonate al pianoforte quasi solo con la mano destra e ribadite poi con accordi quasi accennati riescono a ripescare il ricordo del colore della luna così grande e gialla, della prima sera in cui arrivammo ad Aix-en-Provence e alla sensazione di intimità di trovarmi li, io e lei, in quel preciso momento.

I versi poi fanno il resto: “In quel locale al porto c’era Alain Delon, e tu eri magica in pista, questa follia non vedo l’ora che finisca, la Isla”.

E il crescendo della canzone mi riporta di getto ad un preciso quadro di Paul Cézanne, La montagne Sainte-Victoire, o meglio, ad uno delle 80 versioni fatta alla montagna di casa (Cézanne nacque e passò gran parte della vita a Aix-en-Provence, ai piedi proprio di questo massiccio calcareo); ricordo perfettamente l’impressione nell’accostare questa canzone alla visione della montagna e poi del quadro.

Suggestione o vera e propria immersione nel mood di quel momento?

Non lo saprei dire, ma certamente è s-concertante cosa un brano possa fare ad un orecchio – o meglio, ad un cuore – quand’anche fosse distratto e poco allenato.

 Un grande musicista qual è Nick Cave scrisse nel suo libro Strange than Kidness: “Che cos’è una canzone se non un richiamo all’Aldilà”.

Beh, non so se La Isla, Trieste o Believe mi avvicinino veramente ad una dimensione diversa da quella ordinaria, ma sicuramente mi fanno compagnia rendendo visibili, odorabili, udibili alcuni ricordi che non vorrei mai svanissero.

Magia della Musica!

 

RIGE




Perché imparare piangendo se lo si può fare ridendo?

Oggi vi voglio raccontare una storia.

Una bella storia, che ha a che fare con le favole e la musica.

Il personaggio principale è un musicista, scrittore e regista che da anni si occupa di diffondere tra bimbi ed adolescenti un modello di scrittura non banale su cui aggiungere una melodia.

La storia è quella di Gianluca Lalli, 44 anni, marchigiano, di Colle d’Arquata, piccola frazione di Arquata del Tronto, provincia di Ascoli Piceno.

Un cantautore, di quelli “impegnati” avremmo detto negli anni Settanta.

Non a caso ha collaborato con il bolognese Claudio Lolli (“ Ho visto anche degli zingari felici”, “Aspettando Godot”, “Borgesia”).

Nel 2005 ha vinto il premio Rino Gaetano, a cui ha poi dedicato una canzone e anche un docufilm, titolati entrambi Rino, nel 2019.

Per completarne il profilo artistico, nel 2013 il video del suo brano “Il lupo ha vinto il premio Hard Rock Café nella sezione video musicale alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.

In più Lalli è un educatore, di formazione e di professione, anche se la musica resta il suo interesse primario.

Dopo il terremoto del 2016 che ha raso al suolo il paese dov’era nato e cancellato casa sua, oggi vive a San Benedetto del Tronto.

Mi ha catturato l’attenzione perché ha appena pubblicato un nuovo album, Favole al telefono tratto dall’omonima raccolta di racconti del 1962 di Gianni Rodari.

Favole che sono per piccoli, ma anche per adulti, come del resto tutta la letteratura dello scrittore di Omegna: la sua bravura stava proprio nel riuscire a raccontare la stessa storia disponendola su più piani.

Quest’anno, il 23 ottobre, si sono celebrati i cento anni dalla nascita di Rodari.

Bene, a ridosso del centenario della nascita del noto autore piemontese, Maestro dei maestri, Gianni Rodari, scopriamo oggi il prezioso lavoro di Gianluca Lalli a partire dal suo ultimo album “Favole al Telefono” tratto, per l’appunto, dall’omonima opera di Gianni Rodari.

L’idea di mettere in musica le favole di Gianni Rodari nasce per Gianluca Lalli da un progetto chiamato “Il Cantafavole”, ideato e realizzato dall’artista stesso; si tratta di un laboratorio di scrittura creativa e musicale, che in qualità di esperto esterno il cantastorie propone nelle scuole statali da molti anni con l’intento di insegnare ai bambini l’arte del cantautorato e della scrittura.

Il progetto ha avuto e continua ad avere molto successo, ed è in questo contesto che è nata l’idea di mettere in musica i testi di Rodari, rendendo protagonisti i bambini.

Ma, attenzione, l’opera narrativa di Gianluca Lalli non si ferma qui, oltre a far vivere i valori narrati da Rodari a Rino Gaetano, dando voce alle storie dell’autore fuse a quelle dei bambini, il cantautore porta nella sua musica la ricchezza e le ispirazioni tratte dai suoi tanti incontri musicali e quotidiani, dai grandi artisti da lui apprezzati a tanti sorrisi e colleghi cantautori.

Autore e musicista dalla spiccata sensibilità e dal merito riconosciuto, non solo dai tanti premi ricevuti, ma dal calore che riceve nelle sue esibizioni di stampo a dir poco socio-educativo, realizza opere musicali e teatrali a contrasto degli stereotipi e contro la violenza di genere.

Uno spettacolo contro la discriminazione di genere è Lisistrata e le altre.

Questa creazione/produzione teatrale Lisistrata si propone di ripercorrere, attraverso vari personaggi femminili e con l’ausilio della poesia, le fasi storicamente più importanti della nostra società, raccontando vicende di donne, protagoniste-vittime della violenza di genere.

 

Il titolo è una rievocazione e insieme un omaggio alla commedia di Aristofane che per la prima volta collocò le donne come protagoniste di uno spettacolo teatrale, immaginando così un mondo alla rovescia, un mondo pacifico guidato da donne, suscitando angosce ancestrali di cui neppure lo stesso grande commediografo fu scevro.

Volgendo brevemente lo sguardo alla nostra storia, raramente alle donne sono stati offerti gli strumenti attraverso i quali ribellarsi: istruzione, autonomia economica, autodeterminazione, tutele giuridiche.

 

Tuttavia, con il passar del tempo, ci sono state importanti rivoluzioni a favore delle donne e spesso promosse dalle donne stesse: dalla legge più importante, quella del mondo romano, che concesse alle donne il diritto di ereditare, alle più recenti conquiste quali il diritto di voto, l’abolizione della ridicola legge sulla delitto d’onore o la lentissima agonia del matrimonio riparatore, le leggi sul divorzio e sull’aborto, il lento ma progressivo riconoscimento delle competenze femminili nel mondo del lavoro.

 

Tuttavia, il fatto che i femminicidi e gli omicidi di genere siano sempre più frequenti (fino a 114 in un mese!) fa riflettere su come questa società, malgrado le conquiste giuridiche, sia ancora in effetti una società violenta, analfabeta in senso civico, incapace di accogliere come un arricchimento le diversità di ogni sorta, spesso vissute con competitività e percepite come un impedimento alla realizzazione di se stessi.

A tale proposito, come redazione di betapress, segnaliamo con grande piacere le migliori poesie di Gianluca Lalli, poesie proprio dedicate al valore e alla dignità di ogni donna.

 

“BAMBINA” Poesia sulla tematica della Prostituzione minorile

https://youtu.be/x_keAZosRCU

 

“VIOLENZA” Poesia sulla tematica del Matrimonio Riparatore dedicata a Franca Viola

https://youtu.be/nX4CrJFp4f8

“SEXY” Poesia sulla tematica della sensualità stereotipata

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=343572082499822&id=100005410990670

 

Dunque, come dicevamo all’inizio, la storia di Gianluca Lalli, è proprio una bella storia. 

Certi di aver contribuito ad una scelta etica nel condividerla con i nostri lettori, vi diamo appuntamento a dei nuovi incontri con questo grande artista a 360°.

Continueremo a scoprire insieme a lui le creazioni musicali e le produzioni teatrali che possono fare la differenza in un periodo come il nostro di appiattimento culturale e di omologazione sociale.

AD MAIORA, Dunque, caro Gianluca Lalli.

 




la casa sull’albero

Disagio psicologico, ansia, stress, depressione, solitudine, malattia, morte…

Chi più ne ha, più ne metta…

Ma anche idee, consigli, interventi, programmi, strategie e fantasie, esercizi e supporti, per agire e reagire.

“Parliamone insieme”.

Nasce con questo titolo la rubrica di supporto psicologico di betapress.it.

Un’iniziativa voluta dalla redazione che ha contattato diversi specialisti.

Dottori, Psicologi, Psicoterapeuti, Psichiatri disposti a collaborare, con tanta professionalità e generosità per stare dalla parte dei nostri lettori, per offrire loro un valido aiuto, per confrontarci ed aiutarci, insieme, in questi giorni particolarmente difficili.

Un invito rivolto ai nostri lettori, scriveteci, raccontateci le vostre emozioni, poneteci le vostre domande, non abbiate paura.

Un impegno assunto dalla nostra redazione, un aiuto concreto, un intervento immediato, una risposta a domicilio, competente e gratuita.

Oggi, parliamo con la Psicologa Barnabino Federica.

Psicologa, psicoterapeuta, specializzata in Psicoterapia Cognitiva, iscritta all’Ordine degli Psicologi e Psicoterapeuti del Piemonte, terapeuta ACT.

Betapress- Buongiorno, Dott.ssa Barnabino.

Per i nostri lettori, quali sono gli ambiti precisi del suo intervento come psicologa?

Dott. Barnabino- Lavoro come psicologa scolastica e svolgo attività libero professionali a Vercelli con adulti, adolescenti e bambini. 

Betapress- Benissimo. Proprio quello di cui volevamo parlare.

Il mondo dei bambini ed i loro sacrifici durante questi mesi.

Anche loro, soprattutto loro, sono stati messi a dura prova, specie nella prima fase della pandemia….

Dott.ssa Barnabino- Sì, purtroppo è così, i bambini hanno provato un vero disagio, soprattutto nella prima fase della pandemia.

Proprio per questo, durante il primo lockdown, con la chiusura delle scuole, ho lavorato insieme a colleghe al progetto web “La casa sull’albero” per bambini e genitori, promosso dall’ Associazione Momento per Momento.

Con un gruppo di psicologhe, che esercitano in diverse città, si è pensato di unire le professionalità per offrire un servizio di qualità.

Betapress- Bellissima iniziativa!

Ma dal punto di vista economico, le famiglie in crisi, potevano permetterselo?

Dott.ssa Barnabino- Nei mesi dell’emergenza, che ha coinvolto anche l’aspetto economico, è stato proposto questo progetto completamente gratuito al fine di promuovere benessere psicologico e psicoeducativo ai bambini e alle loro famiglie.

Betapress- Complimenti a Lei e alle sue colleghe!

Ci racconti allora di “La casa sull’albero”.

Dott.ssa Barnabino- “La casa sull’albero” è stato un progetto web.

Attraverso video ed immagini, ed in particolare attività da fare insieme ai bambini e ai ragazzi, si è cercato di aiutare le famiglie a trasformare un momento di vita difficile in momenti vissuti con consapevolezza, condivisione e gratitudine.

Per esempio, La casetta degli “allenamomenti” ha voluto essere un luogo sicuro in cui ogni momento, seppur difficile, ha potuto trasformarsi in momento speciale. 

Le richieste pervenute durante il primo lockdown riguardavano, infatti, prevalentemente, la gestione dello spazio-tempo familiare, l’organizzazione di nuove routine ed il trovare, con i più piccoli, un linguaggio condiviso per affrontare tematiche, emozioni e pensieri relativi alla pandemia.

Betapress- Dott.ssa, parliamo appunto della famiglia, la prima cellula sociale. Come ha reagito durante il primo e il secondo lockdown?

Dott.ssa Barnabino- In generale penso che, se da un lato la situazione ha generato ed acutizzato conflitti familiari, dall’altro ha però permesso di attivare nuove risorse, dando spazio alla creatività e alla riscoperta di valori.

Diverse richieste sono state, invece, purtroppo legate al tema della morte, del mancato saluto dei propri cari e della gestione del lutto chiusi all’interno del proprio confine domestico. 

Fortunatamente, i pazienti già in carico si sono progressivamente adattati alla consulenza on-line e in loro non vi è stato un peggioramento della sintomatologia pregressa. 

Dal mio punto di vista, questo secondo lockdown ha portato vissuti di maggior disagio psicologico.

I pazienti in carico hanno, in molti, rifiutato la consulenza online esprimendo la volontà di continuare, in sicurezza, le sedute in presenza, per mantenere uno spazio relazionale che evidentemente viene a mancare negli altri contesti. 

Betapress- Quali sono le forme di disagio più ricorrenti nei minori?

E quali consigli può dare ai nostri lettori?

Dott.ssa Barnabino-Le problematiche ad oggi riscontrate riguardano prevalentemente: 

  • La paura e la mancanza di contatto nei più piccoli.

In questo caso, riterrei indispensabile suggerire ai genitori strategie rivolte alla creazione di routine stabili che possano creare un “luogo sicuro”, nonostante il dolore e l’incertezza che ci accompagna. Consiglierei ai genitori di vivere dei momenti di gioco condiviso con i loro figli, e di dare spazio alle emozioni vissute attraverso la narrazione delle stesse. 

Betapress- Sì, ma i ragazzi più grandi, non sono disposti ad ascoltare né fiabe, né prediche…

Dott.ssa Barnabino- Nei ragazzi le difficoltà maggiori credo siano legate al vivere costretti nell’ambiente domestico con lo scatenarsi di conflitti, apatia ed incremento delle dipendenze dal web.

Vi sono poi le difficoltà legate al mondo scolastico e alla didattica a distanza.

A tale proposito, mi permetta di esprimere un’opinione sulla DAD.

Credo purtroppo che, nonostante il grande sforzo dei professori e del personale scolastico, se ci mettiamo dalla parte degli alunni, dobbiamo ammettere che siamo ancora molto lontani da un risultato efficace, sia in termini di attenzione che di motivazione.

Nell’ impostazione del sistema scuola, i docenti, ma non solo loro, si sono concentrati sugli aspetti strettamente legati alla didattica, trascurando la relazione, l’interazione, la comunicazione.

Ma nessuno può negare quanto sono importanti gli aspetti relazionali nell’apprendimento e che incidenza hanno nel raggiungimento del risultato.

Ritengo che nella dad non si possa semplicemente pensare di trasferire la lezione in presenza sul web, ma bisognerebbe, invece, formare professori e maestri affinché possano avere gli strumenti per costruire nuove modalità didattiche dove anche gli aspetti emotivi e relazionali abbiano spazio.

Betapress– Dott.ssa, ha ragione, ma in certi casi, la DAD è diventata un alibi per gli alunni.

Un alibi per non studiare, indipendentemente dalla mancanza di relazione. Tanto più che gli studenti più grandi hanno capito subito che sarebbero stati promossi, comunque, a prescindere dal loro impegno…

Dott.ssa Barnabino- Anche qui, bisognerebbe cambiare prospettiva.

Per gli adolescenti ritengo che l’aiuto più grande derivi dal comprendere quanto loro stanno perdendo: la mancanza del loro mondo, che dovrebbe essere ricco di esperienze vissute nel confronto con i pari e che si ritrovano invece costretti tra le mura domestiche, dove spesso diventa difficile la comunicazione e il rispetto dei tempi e degli spazi.

Betapress- E gli adulti? Hanno patito molto anche loro, e sembrerebbe che siamo tutti ben lontani da un po’ di pace…

Dott.ssa Barnabino– Negli adulti, i vissuti depressivi degli ultimi mesi, sono legati al senso di solitudine, alla distanza affettiva e al cambiamento del proprio stile di vita.

Betapress– Che consigli ha per loro?

Dott.ssa Barnabino-Oltre al supporto nelle situazioni più critiche, riterrei utile, in generale, offrire strategie per gestire il nostro essere disorientati davanti alla mancanza di possibilità progettuali per il futuro. L’obiettivo dovrebbe essere il favorire la concentrazione sul presente e sul riuscire a trasformare e vivere momenti ordinari in momenti speciali.

Betapress- Dott.ssa, può farci qualche esempio concreto?

Dott.ssa Barnabino-Intendo strategie legate alla mindfulness e più nello specifico alla terapia act, che sono rivolte a portare l’attenzione in modo consapevole sul momento presente.

Ad esempio una passeggiata ‘consapevole’ portando l’attenzione sui profumi, sui rumori e su ciò che vediamo.

Oppure l’assaporare in modo lento una cena, scoprendo nei piatti nuovi sapori a cui solitamente non prestiamo attenzione

Sono piccole attività, che possono sembrare banali, ma che possono essere adattate a grandi e piccoli e che aiutano a rendere speciali i momenti della vita quotidiana a cui troppo spesso non prestiamo attenzione. 

E allora, noi di betapress ci diciamo, e vi diciamo “Perché non provare?!?”

Intanto, oggi, grazie al confronto con la Dott.ssa Barnabino, abbiamo provato a cambiare prospettiva.

Oggi, stando dalla parte dei bambini, abbiamo scoperto un altro modo per affrontare il disagio, mettendo in conto che anche un gioco, una fiaba, un profumo, un sapore, un colore può cambiarci l’umore.

E allora, aspettiamo qualche testimonianza, suggerimento, consiglio anche da parte vostra, cari lettori, perché, parlandone insieme, fa bene…

 




Il libro della redazione

Presentazione on line della pubblicazione del libro curato dalla redazione

 

Con estremo piacere vi mostriamo la presentazione del libro della redazione di Betapress.it

Covid 19 Parole, opere e omissioni di un periodo pandemico ancora oscuro

Autori in ordine alfabetico:

Alessandro Bolognini,

Fabio Delibra,

Corrado Faletti,

Antonella Ferrari,

Jasmine Laurenti,

Alessandro Manini,

Federico Pertile,

Chiara Sparacio,

Andrea Vittorio Vaccaro.

 

 

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=YwMKoAvPCo8]

 




Depressione e Covid19: l’opinione.

 

Consapevoli dell’incremento del disagio collettivo da Covid 19 e per fronteggiare il preoccupante aumento di diverse forme di depressione provocate dal lockdown, la redazione di betapress propone una serie di interviste a noti Psicologi e Psichiatri, che si sono resi disponibili ad offrire ai nostri lettori un’azione di supporto psicologico a 360°.

Oggi ne parliamo con la Psicologa Crigna Valentina.

 

Betapress- Buongiorno dott.ssa, una carriera interessante la sua …

 

Dott.ssa Crigna– Mi sono laureata nel 2015 in Psicologia Clinica e di Comunità, ora sono al termine della specializzazione in Psicologia del ciclo di vita.

Durante il mio percorso formativo ho svolto varie esperienze di tirocinio, tra le più significative c’è stata quella all’Ospedale Niguarda di Milano nei reparti Nemo (malattie neuromuscolari) e Unità Spinale. 

Attualmente, presso il consultorio dell’Asl di Novara, seguo un progetto sulla prevenzione della depressione post partum.

Nel corso degli anni ho ampliato la mia formazione frequentando un corso quadriennale di sessuologia e conseguendo il titolo di sessuologa clinica.

Da un paio d’anni, inoltre, mi occupo di dipendenze tecnologiche e di utilizzo disfunzionale della rete e dei dispositivi tecnologici. Ultima, ma non per importanza, l’esperienza in collaborazione con varie associazioni che si occupano di fornire sostegno psicologico alle donne vittime di violenza.

 

Betapress- Parliamo ora del profilo medio dei suoi pazienti, età, sesso, livello culturale, condizione sociale.

 

La mia utenza è variegata.

Mi occupo di tutte le fasce d’età, anche se buona parte dei miei pazienti si collocano nella fascia d’età che va dai 20 ai 40 anni.

Nel corso della mia esperienza professionale, ho lavorato sia con uomini che donne, senza che ci fosse una particolare predominanza dell’uno o dell’altro sesso.

Anche per quanto riguarda il livello culturale ho seguito e seguo pazienti con livello culturale ed estrazione sociale estremamente variegata.

 

Betapress- Partiamo dal primo lockdown.

Quale richiesta di aiuto/supporto psicologico ha ricevuto.

Con quale frequenza/modalità e perché.

 

Dott.ssa Crigna- Nel corso del primo lockdown ho ricevuto alcune richieste di sostegno psicologico, in realtà non quante me ne sarei aspettate.

La paura di uscire e di avere contatti con le persone credo abbia molto frenato gli individui nel chiedere l’aiuto di un professionista.

Allo stesso tempo, le persone hanno fatto fatica a chiedere un supporto psicologico a distanza, fatto che avrebbe arginato la paura di uscire, a causa della difficoltà a ritagliarsi uno spazio intimo e riservato nella propria abitazione per poter svolgere un colloquio con uno psicologo.

Le richieste d’aiuto che ho ricevuto non erano strettamente inerenti ai vissuti emotivi scatenati dal lockdown, ma connesse a problematiche psicologiche già esistenti che sono state messe a dura prova dalla situazione emergenziale e che hanno richiesto l’intervento di un professionista.

 

Betapress- Invece nel secondo lockdown…

 

Dott.ssa Crigna- Durante il secondo lockdown ho ricevuto una richiesta di sostegno psicologico ben più ampia rispetto ai mesi precedenti.

Varie persone si sono rivolte a me per disturbi del sonno, ansia e vissuti depressivi, in alcuni casi emersi già nel primo lockdown, in altri casi emersi solo dopo l’estate. Le persone che hanno vissuto con emozioni negative anche il primo lockdown, per svariati motivi, hanno deciso di non chiedere aiuto.

Una causa può essere stata la difficoltà nel sostenere, da un punto di vista economico, un percorso psicologico, ma anche la convinzione o la speranza che, finito il primo lockdown, saremmo tornati tutti alla nostra vita com’era prima del Covid, e che di conseguenza anche i disturbi emersi sarebbero scomparsi.

Quando le voci di un nuovo lockdown hanno iniziato a circolare, le persone che hanno vissuto in maniera peggiore, dal punto di vista emotivo i mesi precedenti, hanno sentito il bisogno di cercare un aiuto professionale per superare la loro situazione.

 

Betapress- Secondo lei, c’è stato dunque un incremento cronologico del disagio?

 

Dott.ssa Crigna- Come già detto, nella mia esperienza professionale ho potuto constatare una maggiore richiesta d’aiuto nei mesi più recenti.

Credo, però, che il forte disagio emotivo causato dall’emergenza Coronavirus sia emerso già al primo lockdown, ma che sia rimasto silente.

 

Betapress- Le dipendenze da fumo/alcool/social sono segno e segnale specifico dell’isolamento e della solitudine?

 

Dott.ssa Crigna- I dati provenienti da vari enti ed istituzioni ci dicono che le richieste di aiuto connesse a dipendenze di vario tipo (droghe, alcool, gioco d’azzardo, ecc.) sono aumentate durante i mesi scorsi.

D’altronde, basta osservare i dati di vendita degli alcolici, che hanno subito un’impennata importante nel periodo del primo lockdown, si parla di un aumento del 180%, anche grazie alle consegne a domicilio.

Prima eravamo abituati a vivere vite disordinate e frettolose, distratti da mille stimoli spesso superficiali (chat, media, informazioni, pubblicità, divertimenti, ecc.).

Il primo lockdown ci ha messo di fronte in maniera inusuale alla nostra intimità psichica ed al vissuto più profondo delle nostre relazioni sentimentali, interpersonali e sociali.

Il silenzio e la solitudine sono diventati uno spazio vuoto nel quale si sono moltiplicati il disagio esistenziale, l’insicurezza e la paura.

L’alcool, il fumo e le altre dipendenze hanno trovato suolo fertile nelle persone che non sono riuscite a far fronte a questi disagi in maniera adattiva.

 

Betapress- Parliamo della Paura: soggettiva, oggettiva e collettiva

 

Dott.ssa Crigna- La paura è un’emozione potente ed utile, ci permette di prevenire i pericoli ed è quindi funzionale ad evitarli.

La paura, però, funziona bene se è proporzionata ai pericoli. Oggi molti di essi non dipendono dalle nostre esperienze.

Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete.

Succede così che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi derivanti dalla frequenza dei pericoli. In questi casi la paura si trasforma in panico e finisce per danneggiarci.

Si ha più paura dei fenomeni sconosciuti, rari e nuovi, e la diffusione del Coronavirus ha proprio queste caratteristiche. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi.

Non è sempre così semplice controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

 

Betapress- Dott.ssa ci aiuta a decifrare la consapevolezza del limite e della fragilità esistenziale?

 

Dott.ssa Crigna- L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Coronavirus ci ha messi tutti di fronte alla fragilità della nostra esistenza.

Nessuno è più al sicuro, tutti sono in pericolo, ognuno di noi potrebbe contrarre il virus e trovarsi ad affrontare stadi diversi della malattia, dall’assenza di sintomi ad essere in terapia intensiva.

L’attuale pandemia ha avuto un forte impatto emotivo e psicologico proprio perché ha reso le persone consapevoli della propria ed altrui fragilità, ma soprattutto perché ha portato buona parte delle persone ad essere consapevoli dei propri limiti, consapevoli che nessuno avrebbe mai potuto considerarsi immune e al sicuro da questa malattia.

 

Betapress- Per alcuni, la prossimità della malattia e l’esperienza della morte in casa sono stati devastanti…

 

Dott.ssa Crigna- A conti fatti è difficilissimo trovare una persona che non conosca qualcuno che ha contratto il Coronavirus.

Visti i numeri, tutti o quasi, abbiamo avuto un contatto più o meno ravvicinato con il Covid.

Uno degli impatti forse più forti che il Covid ha avuto sulle nostre vite è quello relativo alla morte e ai rituali ad essa connessi. Le persone sono morte, e continuano a morire, sole.

A prescindere dal luogo in cui si trova un malato (casa o ospedale) il suo approssimarsi alla morte sarà contraddistinto da un unico elemento: la solitudine.

Egli non potrà salutare i suoi cari, e non potrà essere salutato dai suoi cari. Nel periodo del primo lockdown chi ha perso un caro a causa del Covid non ha nemmeno potuto presenziare ad un funerale, non ha potuto salutare l’affetto di una vita con un rito di passaggio così importante e significativo.

Questo inevitabilmente ha creato e creerà dei vissuti emotivi molto forti, ha reso difficile un’elaborazione del lutto già compromessa dai risvolti psicologici negativi della pandemia.

 

Betapress- Nuove ansie, come affrontarle e gestirle?

 

Dott.ssa Crigna- Quando l’ansia non ha le caratteristiche di un vero e proprio disturbo si può iniziare a gestirla utilizzando delle tecniche di rilassamento, che sono molto efficaci nel bilanciare i livelli di attivazione del corpo spostando l’equilibrio psicofisiologico da uno stato di attivazione ad uno di rilassamento.

Un altro consiglio può essere quello di allenare la mente alla consapevolezza, poiché aiuta a controllare e ridurre le emozioni negative e a conoscere e osservare le modalità di funzionamento della nostra mente.

L’ansia può essere amplificata dalla perdita di sonno, la cui qualità è ormai dimostrata molto importante per la nostra salute mentale, è dunque, fondamentale, porre attenzione ad un’adeguata qualità del sonno.

Quando l’ansia raggiunge livelli di intensità più estremi e non controllabili dalla persona, sfociando in un vero e proprio disturbo d’ansia, occorre un intervento professionale.

Sarà, quindi, importante rivolgersi ad uno psicologo che possa aiutare la persona a riconoscere i propri stati d’ansia e ad imparare a gestirli al meglio.

 

Betapress- Quali sono le strategie comportamentali e gli interventi sul piano cognitivo per agire e reagire?

 

Dott.ssa Crigna- Una prima azione da compiere potrebbe essere quella di evitare un eccesso di informazioni e soprattutto fare attenzione alle fonti.

Dovremmo ascoltare le notizie dosando le informazioni, ascoltandole al massimo due o tre volte al giorno, preferibilmente su fonti governative.

Molto importante è cercare di conservare una propria routine, perché questo ci aiuta moltissimo a mantenere una parvenza di normalità.

Se non possiamo mantenere le nostre solite abitudini creiamone di nuove, cercando di mantenerle costanti nel tempo.

Conservare degli schemi quotidiani ci permette di far fronte in maniera più adattiva al momento di grandissima incertezza sanitaria, economica e sociale.

Può essere utile anche condividere le proprie preoccupazioni, parlare di ciò che ci mette paura, ma è importante stare attenti a evitare che il Covid e la pandemia diventino gli unici oggetti delle nostre discussioni.

 

Certi di aver offerto un primo e valido supporto psicologico ai nostri lettori, ringraziamo la Dott. ssa Crigna Valentina per la competenza, professionalità e disponibilità dimostrate, e diamo appuntamento al nostro pubblico, sempre su queste pagine e nel nostro canale youtube con la rubrica parliamone insieme, per affrontare con la  Psicologa Barnabino Federica il disagio nei minori e lo stress correlato all’isolamento e alla Dad.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bullismo e Cyberbullismo sempre attuali.

 




Covid19 = aumento della depressione

Rapporto tra aumento della depressione e Covid 19

Continuo incremento del disagio psicologico, ma, soprattutto preoccupante aumento della depressione, sia negli adulti che nei minori, in questo 2020 “annus horribilis” dominato dal Covid.

I dati europei dicono che il 14% della popolazione è attualmente affetta da disturbi depressivi, con un effetto domino sulle spese mediche nei diversi stati

Basti dire che in Gran Bretagna, gli effetti della depressione costerebbero allo Stato circa 12 miliardi di sterline l’anno.

In Italia, la percentuale media di persone con problemi d’ansia e di depressione è dell’11%.

Attenzione però, attualmente, nel Lazio tocca il 17%; ed in generale, la depressione ha una maggiore frequenza al Nord ed una minore incidenza al Sud, per fattori sociali, genetici, climatici ed ambientali.

Lo studio coordinato dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” insieme all’ISS su un campione di 20.720 partecipanti, ha evidenziato che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress, soprattutto nelle donne.

Secondo la ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità

“gli ultimi mesi hanno comportato molte sfide, in particolare per gli operatori sanitari, gli studenti, i familiari dei pazienti affetti da Covid-19, le persone affette da disturbi mentali e più in generale le persone che versano in condizioni socioeconomiche svantaggiate e i lavoratori i cui mezzi di sussistenza sono stati minacciati.
L’impatto economico sostanziale della pandemia può infatti ostacolare oltre che i progressi verso la crescita economica anche quelli verso l’inclusione sociale e il benessere mentale.
Numerosi studi mostrano che la perdita di produttività lavorativa è tra i principali determinanti della cattiva salute mentale”
 (ISS).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che, nel 2020, la depressione sarà il disturbo mentale più diffuso al mondo e la seconda malattia più frequente dopo le malattie cardiovascolari.

Già negli ultimi 3- 4 anni si è registrato un notevole aumento di casi di malattie mentali in generale. L’intensità e la gravità di queste malattie è invariata, quello che è cambiato è il numero di persone colpite e che soffrono a causa di esse.

I numeri sono molto significativi: più della metà delle forme depressive viene avvertita già all’età di 14 anni, ma purtroppo la metà delle nazioni del mondo ha un solo psichiatra infantile ogni due milioni circa di abitanti.

Esistono diversi tipi di depressione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità divide in due grandi categorie:

  • depressioni maggiori (psicotiche) più rare e ben curabili con farmaci e psicoterapia, e
  • depressioni reattive (dette anche nevrotiche o minori) che invece sono molto diffuse e riguardano un maggior numero di persone.

La depressione si manifesta in tutte le età della vita e anche questo momento non fa eccezione. Bambini, adolescenti, adulti e anziani, per motivi diversi, possono soffrirne.

Inoltre, la pandemia da Covid-19 non risparmia nessuno.

Adulti ed anziani che si ammalano anche di forme gravi o mortali, giovani che si ammalano in modo meno grave, ma che hanno comunque molti disturbi e bambini che di solito non si ammalano in modo serio, ma che sono molto preoccupati ed impauriti per la salute dei loro familiari, soprattutto dei nonni.

I bambini sentono, ascoltano, capiscono e percepiscono emotivamente lo stato d’animo di chi li circonda, hanno dei veri e propri “radar emotivi” che li tengono anche inconsciamente, continuamente in contatto profondo con chi li circonda da cui dipendono e a cui vogliono bene. I bambini hanno le loro buone ragioni per essere preoccupati ed hanno bisogno di essere tranquillizzati e rassicurati.

Per non palare delle depressioni da lutto in coloro che hanno perduto persone care, familiari, parenti ed amici.

Quello che accomuna tutti, in ogni età della vita è che, una volta riconosciuta e curata, ogni forma depressiva può regredire, andare “in remissione” o guarire.

Le cose importanti sono almeno due:

  1. chiedere aiuto senza timore o vergogna
  2. individuare le cause

Fondamentale è lavorare sulle cause che l’hanno prodotta ed in presenza di disturbi gravi o con familiarità, agire tempestivamente riconoscendo i sintomi non appena si presentano.

Di primaria importanza è consultare delle figure professionali, (analista o psichiatra); riprendere una “tranche” (un breve periodo) di analisi per affrontare il problema del momento e modificare o assumere di nuovo per un periodo la terapia farmacologica.

È il modo migliore per prevenire ricadute, tutelare la propria salute e il proprio benessere, e prendersi cura di sé stessi.

Come redazione di betapress, intendiamo offrire un’azione di supporto psicologico offrendo ai nostri lettori la consulenza di affermati psicologi che si sono resi disponibili per affrontare i seguenti temi

  1. Dipendenze da fumo/alcool/social segno e segnale specifico dell’isolamento e della solitudine.
  2. Paura soggettiva, oggettiva e collettiva
  3. La consapevolezza del limite e della fragilità esistenziale
  4. Nuove ansie, come affrontarle e gestirle?
  5. Strategie comportamentali ed interventi sul piano cognitivo per agire e reagire.

 

Domani uscirà su queste pagine una nostra intervista con la Dott. Psicologa Crigna Valentina, Sessuologa clinica, specializzata in psicologia del ciclo della vita con esperienza all’ Ospedale Niguarda di Milano nei reparti Nemo (malattie neuromuscolari) e Unità Spinale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sitografia essenziale

  1. http://www.agenziafarmaco.gov.it/content/allarme-oms-nel-2020-la-depressione-sar%C3%A0-la-malattia-pi%C3%B9-diffusa
  2. https://www.epicentro.iss.it/mentale/documentazione-mondo
  3. https://www.who.int/en/news-room/fact-sheets/detail/adolescents-health-risks-and-solutions
  4. https://www.lopinionista.it/depressione-da-covid-19-psicoanalisi-farmacologia-e-medicine-non-convenzionali-insieme-per-la-cura-intervista-ad-adelia-lucattini-76774.html

 

 




“Malattia: Messaggio D’Amore?”

“Dimmi che scherzi”.

Per Monica Grando, Naturopata e Consulente del BenEssere a 360°, la malattia è il modo in cui l’anima fa sapere al corpo che il suo “abitante” si è smarrito per via.

Lo stesso sintomo, sotto forma di disagio o addirittura dolore fisico, è il linguaggio con cui l’anima esprime l’allontanamento del paziente dal suo e nostro comune Scopo: risvegliarci all’Amore, alla Bellezza, alla Perfezione del Tutto di cui facciamo parte; fluire con la Vita, rimanendo collegati alla Sorgente da cui la Vita stessa procede; mantenere, durante il Viaggio in una dimensione più densa, Armonia, Integrità, Coerenza tra il mondo interiore e le nostre azioni / reazioni alla realtà esterna.

La domanda che sorge spontanea è se sia da considerarsi allo stesso modo la malattia di un bimbo appena nato, o quella che sorprende un Viaggiatore, ormai vicino al suo Traguardo, reso inconsapevole da una mente vuota, senza più memoria né giudizio né “presenza”.

Monica risponde alla mia prima domanda con serena lucidità: anticipando inevitabili obiezioni, estirpando sul nascere i pregiudizi di chi si affida alla medicina ufficiale come unica risorsa, preparando un fertile terreno di Fiducia all’imminente semina di chicche di Consapevolezza.

 

“Stai zitto!”

In due parole liquidiamo il sintomo quando si presenta, il dolore fisico, il disagio con cui l’anima ci parla.

Un antidolorifico e via. Tutt’al più ci accontentiamo di una cura che si accontenta di assopire la parte del corpo in cui l’anima, amorevolmente, continua a mandarci i suoi messaggi.

Il corpo in tutto questo non ha colpa alcuna. Nella sua innocenza, si presta a essere canale di comunicazione tra le dimensioni più sottili e quelle più dense della “carne”.

È l’ego qui, a farla da padrone. Fino a che il Viaggiatore non arriva al limite di sopportazione e riceve, a volte in modo un po’ brusco, la sua “chiamata dell’Eroe”.

Ed ecco che il malessere diventa viatico di Conoscenza, Porta d’accesso a una Saggezza antica, vero e proprio Percorso iniziatico.

Nella totale identificazione dell’Eroe nei suoi disagi e dolori fisici, non c’è speranza di salvezza: tutto si risolverà, se si risolverà, nella dimensione in cui il corpo abita. Qui a dolore e sintomo risponde la chimica, non la Consapevolezza.

La Sorgente della Vita è aperta a tutti, ma non tutti hanno il coraggio di risalire la corrente: decidere di farlo implica il voler guardare in faccia la propria verità, l’assumersi la responsabilità delle proprie scelte, il coraggio di aprirsi al Cambiamento.

 

“Il ruolo del Terapeuta”

E qui entra in gioco il Terapeuta che, consapevole del proprio ruolo, accompagna il Viaggiatore nel suo Percorso verso la Guarigione.

Guarigione che, esprimendosi a livello fisico con la progressiva attenuazione e scomparsa del sintomo, affonda le sue radici nella Consapevolezza di essere molto di più di un corpo dotato di intelligenza: siamo spirito, anima – sede del raziocinio e delle emozioni – e corpo fisico: inseparabili, intercomunicanti.

Punto di partenza di ogni Terapia è la rinuncia, da parte del Viaggiatore, al proprio ego – programmato per la mera sopravvivenza – riconoscere di aver perso il contatto con la parte più profonda e più vera di Se Stesso; lasciar fare alla Vita che, con infinito amore, ripristina Equilibrio, Armonia e Coerenza interiore.

Il Terapeuta, da parte sua, deve mettersi da parte e, con umiltà e saggezza, educare il Viaggiatore all’ascolto e alla piena accettazione del dolore come parte integrante dell’Esperienza.

È così che il nostro Eroe può imparare a decifrare il messaggio che l’anima gli porge!

A Viaggiatore e Terapeuta non rimane che lasciar fare a Dio – o comunque lo si voglia chiamare – in un attivo abbandono all’infinita intelligenza della Vita.

Ondina Wavelet – Jasmine Laurenti

Per guardare il “Soul Talk” con la Naturopata e Consulente del BenEssere Monica Grando, clicca qui.

Scopri i vantaggi riservati ai sostenitori del Progetto multimediale “Ondina Wavelet World”, che ha lo scopo di creare una cultura basata sulla consapevolezza del potere creativo delle nostre Parole pensate, dette e agite, cliccando qui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 




“VIRTUOSE E VIRTUOSI IN VIRTUALE”: BALZARETTI E IL SUO ENTUSIASMO PER IL CONSERVATORIO DI GALLARATE

 

 

Da qualche settimana il Conservatorio pareggiato “G. Puccini” di Gallarate ha visto l’arrivo di un nuovo direttore: si tratta del M° Carlo Balzaretti, musicista di lunga esperienza, il quale ha già ricoperto il medesimo ruolo presso i conservatori di Brescia e Como.

Sin da subito Balzaretti si è prefissato di dare maggiore voce e visibilità al Puccini (oltre che di portarlo finalmente alla statizzazione, probabilmente entro la fine del 2021) approcciando con una prospettiva poliedrica e di tipo imprenditoriale. L’obbiettivo è quello di renderlo polo di attrazione e di riferimento per il varesotto e circondario, ampliando l’offerta formativa – già sono state attivate tre classi AFAM in più – e instaurando scambi, collaborazioni con l’esterno. Aprire le porte dell’istituto creando connessioni ed opportunità diversificate (come, ad esempio, masterclass estive svolte in sede).

Quindi, non soltanto porre gli studenti al primo posto, con una continua e variegata possibilità performativa, ma collaborare con loro, coinvolgendoli il più possibile nel supporto gestionale, di produzione musicale, e amministrativo – collaborando attivamente con la segreteria, e assumendosi la gestione della parte social – al fine di garantir loro una formazione ad ampio spettro, adeguata ad affrontare il futuro lavorativo con preparazione.

Ed è proprio con “Virtuose e virtuosi in virtuale” che si comincia: una serie di concerti che, in questo momento di oggettive limitazioni sul fronte live, sfrutteranno intelligentemente e al massimo le nuove risorse tecnologiche e virtuali messe a disposizione dal conservatorio. E’ stata rinnovata la pagina Facebook (https://www.facebook.com/issmpuccinigallarate), e creati il profilo Instragram (https://www.instagram.com/conservatorio_puccini/) e il canale YouTube dell’istituto (https://www.youtube.com/channel/UCixVTEtGgYZuQjVfOzcxCMw/featured), attraverso i quali i concerti verranno pubblicizzati e trasmessi.

Il cartellone, ad ora, prevede 4 appuntamenti dedicati al pianoforte, distribuiti sui Lunedì del mese in corso, più uno Giovedì 24; ma l’idea è quella di proseguire per tutta la durata dell’anno accademico, coinvolgendo mano a mano tutte le classi di strumento, comprese quelle di musica da camera e di musica di insieme, compatibilmente con le limitazioni vigenti.

I concerti saranno tutti alle ore 20.30, e cominceranno il prossimo 7 Dicembre con l’esibizione della pianista Aurora Avveduto, recentemente laureata al triennio accademico con la guida del M° Giorgio Spriano. Il suo programma, intitolato “Chants d’Automne”, curioso perché tematico e di ricerca, affronta la stagione dell’autunno sotto varie luci e compositori di epoche differenti, fino ai giorni nostri, con Francesco Maria Sardelli, compositore italiano contemporaneo, e il suo brano Pioggia d’autunno.

Il 14 e il 21 Dicembre sarà il turno di tre giovanissimi pupilli del M° Irene Veneziano: Beatrice  Distefano e Viktoria Esposito (rispettivamente di 14 e 13 anni, entrambe nella sera di Lunedì 14) e Gabriele Rizzo (11 anni – concerto di Lunedì 21). I loro programmi spazieranno dal barocco di Bach e Scarlatti fino ad opere di stampo decisamente più moderno, come le Danzas Argentinas di Ginastera, passando per Mozart, Chopin e Schubert.

Il concerto di Giovedì 24 vedrà protagonista il duo a 4 mani Omonóos, composto da Silvia Gatti e Gabriele Salemi, entrambi storici allievi del M° Maria Clementi. Proporranno due opere di rilievo: la celebre Fantasia in Fa minore D.940 di Schubert e Ma Mêre l’Oye di Ravel, portando gli ascoltatori dalla densità meditativa – quasi sofferta – della prima all’atmosfera trasognata e fiabesca della seconda.

Il link per seguire i concerti è il seguente:

 

https://www.youtube.com/channel/UCixVTEtGgYZuQjVfOzcxCMw/featured

 

Andrew Gaspard