Coronavirus: no allo stress, parola di Chiara Cecutti.

Ormai lo sappiamo: provare tristezza, stress, confusione mentale, ansia, paura e rabbia sono conseguenze piuttosto diffuse nell’emergenza coronavirus che stiamo vivendo (e il solo citarle così tutte in fila ci fa sentire ancor peggio!), ma non per questo vanno accettate passivamente né ancor meno sottovalutate.

Naturalmente ognuna di queste condizioni andrebbe trattata e analizzata caso per caso in base alla situazione: per esempio avere paura di ammalarsi è diverso da avere paura di perdere il lavoro, e sentirci confusi perché stiamo vivendo in solitudine è diverso dal provare questo stato perché ci troviamo invece numerosi in casa e non riusciamo a concentrarci causa sovraffollamento fisico e sonoro.

Ma se c’è tra tutte un filo conduttore questo è senz’altro l’avere un atteggiamento positivo e fiducioso nel presente e verso il futuro.

Facile dirlo e difficile farlo? Per alcuni di più e per altri meno dipendentemente dalle nostre caratteristiche personali e dal nostro mindset, ovvero dall’atteggiamento mentale che ci contraddistingue.

Chi per “natura” è portato a vedere il famoso bicchiere mezzo pieno è infatti sicuramente avvantaggiato rispetto a chi tende a vederlo mezzo vuoto anche in condizioni di normalità. La cosa certa per tutti è che se non ci piace il film che stiamo proiettando non servirà a nulla provare a cancellarlo sullo schermo: per cambiarlo sarà necessario andare nella cabina di regia che altro non è che… la nostra mente.

In sintesi la famosa canzone di Lorenzo Jovanotti che canta “io penso positivo perché son vivo perché son vivo” potrebbe diventare un bel mantra sempre che naturalmente non ci si voglia flagellare aggiungendo anche la parte “finché son vivo” che potrebbe invece terrorizzarci.

Ma vediamo come venirne concretamente a capo e cioè da dove partire per potenziare il nostro atteggiamento mentale.

La prima cosa da fare è dare un nome a ciò che proviamo e, nel caso in cui si trattasse di più aspetti, a ognuno di essi; la seconda identificare i pensieri che ci producono quel malessere (o quei malesseri, in questo caso tenendo separate le categorie ); la terza analizzare tali pensieri, razionalizzarli e trovare uno o più modi per tranquillizzarci (in caso di stress, ansia, rabbia e paura è suggeribile intervenire anche sul piano fisico, evitando gli eccitanti come caffè ecc.) pensando che più saremo calmi e fiduciosi meglio staremo e migliori possibilità avremo di trovare piccole e grandi soluzioni per la situazione che stiamo affrontando e che affronteremo nel prossimo periodo.

In fondo chissà quante cose abbiamo fronteggiato e superato in passato che ci sembravano insormontabili, non sarà che siamo più forti e capaci di quanto non ci possa sembrare di poter essere in questo momento? In tutti i modi anche un piccolo mantra costituito per esempio da frasi quali “sono calmo, sono sereno, sono al sicuro, va tutto bene” da ripeterci mentalmente accompagnandolo da qualche bel respiro profondo può essere di grande aiuto.

Step successivo: concentrarsi sulle cose belle anziché su quelle catastrofiche. Affrontare certamente e concretamente tutto ciò che possiamo, e se necessitiamo di aiuto sia materiale sia morale cerchiamolo, ma dedicare dei momenti della giornata a pensare anziché a ciò che non possiamo fare ora, o ai problemi da risolvere, alle tante cose gratificanti che faremo in futuro è vincente.

Che si tratti di un trattamento estetico o di una partita di calcetto, di una passeggiata al mare o in montagna, fa molto bene visualizzare situazioni piacevoli per noi.

Perché poi non dedicarci a pianificare le prossime vacanze? Non ha importanza quando le faremo, e se saranno proprio quelle che stiamo immaginando ora, la progettualità fa sempre, davvero sempre, bene.

Ah, naturalmente anche seguire con limitazione trasmissioni e notiziari funesti in favore di programmi positivi (o quanto meno neutri) rappresenta un ottimo rimedio, idem per quel che riguarda le chiacchiere con amici e parenti. E questo vale anche per i libri: se siamo sotto stress scegliamo letture adeguate…

A questo punto un suggerimento antistress diversificato per chi si trova in solitudine e che invece in sovraffollamento domestico: per i primi importante mantenere i maggiori contatti possibili con altre persone (se video ancor meglio della semplice telefonata) fatto salvo quanto già detto sulle conversazioni con amici e parenti.

E anche cogliere l’occasione per dedicarsi a dipingere, scrivere, leggere, imparare nuove cose (se c’è la possibilità di connettersi nel web c’è tanto anche di gratuito).

Per i secondi invece: tanta organizzazione, suddivisione dei compiti e responsabilizzazione di tutti i componenti della famiglia e soprattutto turni per gestire i bambini e lo smart work per chi lo fa. Ma anche, a turno, uno spazio tutto per sé nell’arco della giornata.

Provare per credere. Che dire poi dell’ironia? Un vero toccasana!

Infine, e per tutti: anche tenersi curati nell’aspetto aiuta il morale.

Mantenersi attivi fisicamente è un elemento fondamentale per scaricare la tensione e sentirsi meglio.

Perciò, compatibilmente con la propria forma fisica, età e preferenze, cerchiamo qualcosa che faccia per noi.

Forse non potremo correre o saltare in casa, ma fare stretching, yoga, ballo, ginnastica sì.

Mai fatto e non sapete come fare? Chi cerca trova: accendete il tablet (o la TV) e scoprirete un mondo.

Certamente anche una buona alimentazione aiuta la forma mentale (oltre che fisica).

Perciò sì a cucinare prelibatezze, che siano possibilmente anche salutari.

In fondo almeno il tempo per sperimentare adesso ce lo abbiamo.

Perciò: pronti, partenza e via con il buon umore e tutto andrà subito meglio.

 

Chiara Cecutti

 (Life Coach e Counsellor)

 




La scuola ai tempi del coronavirus

In questi giorni di sospensione delle lezioni e, da domani, di chiusura totale delle scuole, emerge sempre più la mancanza di alfabetizzazione emozionale, non digitale dei nostri figli, nonché alunni della scuola italiana.

Che senso ha parlare di conoscenze, di competenze, di abilità, quando i programmi sono saltati, non si sa se e quando si torna a scuola e, soprattutto cosa sta succedendo a tutti noi?!?

Che lo sappiano quelli del MIUR, che, dopo un paio di settimane di pseudo didattica digitale, propongono un sondaggio per censire l’alfabetizzazione digitale della scuola italiana!

Sempre scollati dalla realtà di chi, la scuola la vive, davvero!

Non ha senso fornire un report taroccato come nelle prove invalsi, per far vedere che siamo bravi, che i nostri alunni hanno studiato, che siamo all’avanguardia, che ci destreggiamo tra lezioni on line, piattaforme digitali, classroom…

Mai, come in questi giorni, siamo tutti consapevoli che l’educazione emotiva deve assolutamente entrare nelle scuole: la scuola, in un momento di crisi delle famiglie e di collasso della società, rimane un’istituzione fondamentale, capace di fare la differenza.

Un insegnante emotivamente intelligente può fare la differenza, in una lezione frontale, passando tra i banchi, come in una lezione digitale, sorridendo dietro uno schermo.

E’ evidente, proprio in questi giorni!

Per molti giovani, il contesto familiare non offre più un punto d’appoggio sicuro nella vita.

Ecco perché le scuole restano il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi.

La scuola deve accogliere l’ansia dei ragazzi e restituirla loro bonificata.

Oggi più che mai.

Adesso più che mai.

Deve prenderli per mano, facendosi carico della loro fatica di crescere e traghettarli verso l’età adulta.

Un’ età adulta, vaccinata, loro malgrado, da questa sofferenza precoce, di nome covid19.

Siamo sinceri, ci sentiamo smarriti, inqueti, travolti dagli eventi noi adulti, figurarsi loro, che non sono neanche strutturati, emotivamente parlando!

Questo non significa che la scuola sia la panacea di tutti i mali.

Ma, poiché quasi tutti i bambini ed i ragazzi italiani vanno a scuola, anche in questi giorni in cui la frequenza è sospesa, almeno adesso, facciamo sì che la scuola sia un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita.

Che l’emergenza coronavirus sia un’esperienza di vita, un allenamento emotivo, una palestra di disagio gestito.

L’alfabetizzazione emozionale comporta che il ruolo sociale delle scuole si estenda e vada a compensare le deficienze familiari e collettive nella crescita dei ragazzi.

Due le sfide da vincere: gli insegnanti devono oltrepassare i limiti della propria missione tradizionale e la comunità dev’essere più coinvolta nella vita della scuola.
“Come ti senti? Come stai in questi giorni? Cosa stai provando di fronte alle notizie? Che paure hai? Chi ti manca? Che cosa ti aspetti? Quali sogni coltivi?”

Queste sono le domande che dobbiamo rivolgere quotidianamente ai nostri alunni, prima di chiedere l’esecuzione dei compiti e l’invio dei files.

EDUCAZIONE EMOZIONALE. Non c’è forse materia più importante per valutare la qualità degli insegnanti.

Se c’è una competenza da censire è il modo in cui un insegnante gestisce la classe, perché IL MODO è infatti in sé stesso UN MODELLO, una lezione di fatto, testimonia se l’insegnante è dotato di competenza emozionale o ne è carente o, addirittura, sprovvisto.

Ogni atteggiamento di un insegnante nei confronti di un allievo è una lezione rivolta ad altri venti o trenta studenti, in presenza o on line.

Introdurre nella scuola l’alfabetizzazione emozionale e l’educazione sentimentale significa tornare a concepire l’educazione come formazione integrale della persona: una formazione in cui le conoscenze sono centrali, ma che non può rinunciare all’etica e alla conoscenza di sé.

Dunque, cari esperti del Miur, non prendeteci in giro anche stavolta, abbiate la compiacenza di ammettere che la scuola vera non sono i vostri voli pindarici in una scuola virtuale, in tutti i sensi!

 

 




Meglio soli che male accompagnati…

Era già tutto previsto…

Era già tutto previsto, che il cosmo avesse le sue leggi e che la selezione naturale facesse la sua parte, l’avevamo studiato…

Forse non avevamo previsto che fosse così.

Che la nostra realtà si cristallizzasse nelle parole del Presidente del Consiglio, a reti unificate, una sera di marzo di un anno che finirà sui libri di storia.

Oggi tutti abbiamo ben chiaro quale sia la possibilità di vita nella minor vita possibile.

È solo sperimentando sulla propria pelle che le persone imparano.

In questi giorni di stop forzato, a pensarci bene, ci viene fatto dono di un tempo nuovo: un tempo per pensare.

Un tempo forzatamente rallentato, tra le mura domestiche, in cui potersi fermare a riconsiderare molte cose.

Tra qualche anno, dicevo, ci ritroveremo tra le pagine dei libri di scuola e non so cosa verrà scritto.

Ma so cosa ricorderò.

Ricorderò che gli italiani sono stati definiti untori da Paesi come la Germania da cui proviene il paziente zero.

Ricorderò che i francesi ci hanno deriso, poco prima di “puffare” il virus.

E che gli americani ci vogliono dar lezioni, mentre devastano gli altri Paesi e lasciano morire i loro connazionali che non hanno l’assicurazione per curarsi.

Ricorderò il freddo cinismo degli inglesi.

E pure gli italiani che scappano impauriti, irresponsabili.

Ma, soprattutto, ricorderò gli italiani veri, quelli che non si sono potuti fermare un attimo neanche volendo: medici, infermieri, o.s.s., forze dell’ordine, vigili del fuoco, farmacisti e parafarmacisti.

Commercianti e professionisti che hanno deciso di chiudere solo per coscienza civica, rischiando di non sopravvivere economicamente.

Operai, camionisti, postini, spazzini, volontari e assistenti sociali, che hanno garantito i servizi di prima necessità…

Di tutti noi, insegnanti e genitori che cercano di orientare e orientarsi in questo caos.

Di chi ci ha messo la faccia, ma non solo … Della generosità di chi ha donato degli ospedali.

Mi ricorderò di un Paese come la Cina, che in molti abbiamo sottovalutato, darci un esempio incredibile di efficienza e disciplina e una prova di solidarietà e generosità veramente grande, che in pochi si sarebbero aspettati.

Chissà, però, se i libri di scuola racconteranno della vigliaccheria dell’Europa.

Chissà se sui libri di storia, ci sarà scritto dei tagli che abbiamo fatto alle colonne portanti del nostro Paese, per ingrassare le casse di quei Paesi che ci hanno letteralmente preso a calci nel sedere.

Quando tutto sarà passato, perché passerà, ricordiamocelo tutti quanti che ci siamo rialzati, nonostante gli sgambetti.

Rialziamo la testa e tendiamo la mano solo a chi ce l’ha tesa.

Agli altri che resti solo uno stivale da guardare e lucidare e che sia tricolore, naturalmente!

Se poi torneranno sulle nostre spiagge o nelle nostre città d’arte, che sappiano bene che l’Italia è coraggiosa e dignitosa, ma sola.

 




Covid19, un nuovo futuro.

Immaginare il futuro non è semplice.

Il Covid19 sarà vinto, morirà di solitudine o verrà sconfitto da qualche vaccino in via di sperimentazione o dall’innalzamento delle temperature proprie della bella stagione.

In questa situazione, l’opinione pubblica cerca di proiettarsi all’interno di un modello sociale ed economico che vorrebbe immaginarsi impermeabile alla pandemia che stiamo vivendo.

Non si spiegherebbero, altrimenti, gli inviti provenienti da molti settori a vedere nella crisi  un’opportunità di investimento.

La realtà potrebbe essere un’altra e dipanarsi nell’ambito di nuove dimensioni di sviluppo.

Come immaginare, allora, il Futuro?

Il punto di partenza, è a ben guardare, non già il futuro ma il presente.

Comprendere il presente non è soltanto utile ma indispensabile per orientarsi nel Mondo post virus.

Il divieto imposto agli spostamenti con milioni di persone costrette a rimanere nelle proprie case se da un lato risponde ai dettami di una lotta estrema contro il virus, dall’altro impone nuove forme adattive e fa nascere nuove modalità acquisitive.

Il commercio “on line”, l’offerta di servizi attraverso forme “esclusivamente” virtuali finirà per decretare la fine dei canali fisici che già prima della pandemia, avevano minato le basi del commercio di prossimità e delle piccole realtà distributive.

Il lavoro da casa, lo “smart working” con il quale hanno dovuto fare i conti tutte le aziende anche quelle meno attrezzate, ha creato un’ulteriore discontinuità nei processi di digitalizzazione.

Una discontinuità che ha riguardato il lavoro nelle sue diverse proiezioni, quindi quella amministrativa, ma anche gli ambiti direzionali, l’insegnamento, l’amministrazione pubblica, la consulenza, le prestazioni sanitarie e così via.

Il ritorno ad una fase di normalità potrebbe svilupparsi in un mondo diventato di colpo digitale e capace di disintermediare i principali servizi e tutti i bisogni dei consumatori.

Un modello di virtualità che modificherebbe in modo sensibile il sistema di consumi esistente.

L’accelerazione dei processi di digitalizzazione non è l’unica conseguenza degli scenari post pandemici.

La ridefinizione dei contesti geopolitici sarà un totem con il quale fare i conti.

Le tecnologie “cloud” unitamente alla intelligenza artificiale consolideranno condivisioni di esperienze in tempo reale annullando di colpo il presupposto di viaggi e missioni all’estero.

In queste ore stiamo assistendo alla chiusura delle frontiere.

Gli accordi di Shengen sembrano un antico ricordo.

I programmi Eramus, con i quali migliaia di studenti universitari hanno svolto sessioni di studio all’estero, sembrano appartenere ad un mondo che non esiste più.

Il rischio di un isolamento prolungato ed un ritorno ai confini nazionali potrebbe far divampare fervori nazionalisti e mettere in crisi la stessa idea di economia aperta e globale costruita negli ultimi 20 anni.

La stessa Unione Europea sembra cedere sotto le pressioni sovraniste e reagire, ai programmi di sostegno agli stati aderenti, in modo scomposto.

Il futuro da immaginare, in sintesi, rischia di rappresentare una sfida di valore epocale alla quale guardare dal presente e dalle scelte politiche che la comunità mondiale sarà in grado di assumere nelle settimane che ci separano dal post-Covid19 augurandoci, nel frattempo, che la sopravvivenza della specie umana si declini con le cifre della solidarietà e del rispetto.

 




Coronavirustory

Di fronte ad un’itera Nazione coinvolta nella lotta contro il “nemico invisibile”, non si può non avvertire il senso di silenzio attorno a noi.

Uffici vuoti, bar e ristoranti costretti alla chiusura, scuole deserte. Per le strade non si odono le risate dei bambini, dei loro rumorosi ma meravigliosi giochi, non ci sono gruppi di ragazzi nei locali, e i super market sono i soli ad aver subito l’assalto delle folli compere di quanti più alimenti in vista di un isolamento obbligato a data da destinare.

Forse con debito ritardo, forse dopo mille raccomandazioni, inizialmente andate a vuoto, l’italiano ha compreso non solo la gravità della situazione attuale ma che il nemico si debella lasciandolo da solo. Forse con qualche ingiustificato ritardo ma alla fine abbiamo compreso che la nostra Nazione ci chiama ad un invito comune e non possiamo fingerci sordi alla sua chiamata.

In mezzo a tutto il caos quotidiano c’è chi ancora si affanna a ricercare le cause di questo contagio, a puntare il dito contro la Cina, per aver omesso quello che da subito era tenuta a rivelare al modo, chi invece inveisce contro gli Stati Uniti, per essere quest’ultimi i soli responsabili di aver creato un virus studiato a tavolino (per ragioni comunque sconosciute visto che proprio in America si stanno registrando contagi ed anche decessi).

Sempre in mezzo a questo delicato momento c’è anche un altra categoria, forse la più dura da mettere a tacere, riguarda i mostri da tastiera, i tanti improvvisati tuttologi che costantemente accusano i capi del Governo, per non aver chiuso in tempo le frontiere, per non aver fatto abbastanza, per non essere in grado di far fronte a questa emergenza per non saper dire e nemmeno fare.

Costoro continuano il loro atto di accusa incessante restando comodamente nelle loro case a scrivere attraverso un pc non curandosi del coraggio che serve per annunciare ad un’intera Nazione l’obbligo di fermarsi, per comunicare alla nostra Italia che la situazione è grave ma che nonostante tutto, seppur piegata, troverà la forza per potersi rialzare con il nostro aiuto.

L’italiano ha compreso, ed ha reagito, lo ha fatto stando a casa, lanciando messaggi di speranza attraverso il web, attraverso le migliaia di foto di bambini con in mano gli ormai noti e sempre emozionanti striscioni riportante la frase: “andrà tutto bene”.

Tutto si è fermato, ma non la forza che contraddistingue la nostra Nazione, che barcolla in questo istante ma che non ha intenzione alcuna di mollare.

In questo isolamento tutto è cambiato, noi siamo cambiati, la nostra visione del mondo, degli affetti, del ritrovarsi e del proteggere chi amiamo.

L’eroe non è più soltanto un uomo che calcia una palla di fronte a milioni di spettatori, fra applausi e milioni di euro; nuovi eroi ci rappresentano ed indossano un camice, una divisa, svolgono il loro dovere fino in fondo, in silenzio, non firmano autografi, non finiscono nelle prime pagine; adesso in questa Nazione ferma eroi sono coloro i quali dall’inizio di questa emergenza mai hanno fatto un passo indietro ma hanno combattono in prima linea.

Smettiamola di improvvisarci immunologi, politici, nell’arduo e vano tentativo di additare un colpevole, di condividere consigli su cosa si poteva fare od ancora cosa sarebbe meglio attuare.

Lasciamo che ognuno abbia il suo ruolo, imparando a dire grazie a chi dall’alto delle vostre prediche nelle corsie lotta con i fatti, non solo con le parole.

Si poteva, si doveva ma adesso siamo qui, nolente e dolente, tutto questo ci riguarda ma la speranza resta e quando tutto questo sarà finito, quando tra tanti anni ci chiederanno di raccontare i tempi del covid-19, mi piace pensare che potremo rispondere: “ siamo rimasti tanto tempo a casa tra la paura e le preghiere.

Il mondo intero si era fermato.

Alla fine la gente si era responsabilizzata, non usciva più, aveva lasciato il nemico a marcire nella sua solitudine.

Quando si poté uscire di nuovo osservavamo il mondo con altri occhi, con quelli di un bambino; e il caffè che abbiamo bevuto nei bar, che per molto tempo furono chiusi, seppur fatto con lo stesso chicco era buonissimo.

Sapete perché? perché in quel momento aveva il gusto di libertà, il gusto di un paese che aveva vinto”.

 

 

 




Bestiario del Coronavirus

Il coronavirus ed il carosello delle amenità nazionali

Inventario (in ordine sparso) di quanto detto, o letto, o fatto, dal nostro variegato popolo italico in questi giorni di delirio collettivo.

E vi assicuro che è tutto vero!

Calma, ragazzi, ‘sta storia del Coronavirus è tutta un’invenzione del Governo per frenare Salvini.

Parliamoci chiaro, lo sappiamo tutti che il coronavirus lo ha messo in giro Di Maio, lo ha portato lui dalla Cina, perché non sa più cosa inventarsi per restare al Governo.

Visto? Era come pensavo, il virus è stato realizzato a tavolino dagli USA, perché la Cina stava diventando una potenza economica troppo grande ed indiscussa.

Ma sì, è chiaro: il coronavirus è un‘invenzione delle case farmaceutiche per vendere i vaccini, non giriamoci intorno.

L’avevano detto i testimoni di Geova: moriremo tutti, è questa la fine del mondo!

Ma è una semplice influenza, il coronavirus non esiste, non prendiamoci in giro, sono gli Italiani che sono dei pecoroni!

Per me, il coronavirus, l’hanno messo in giro la Mafia, la N’drangheta e la Camorra per distruggere il Nord. Altrimenti come ci si spiega che al Sud stanno tutti bene?

Tutto terrorismo mediatico, una storia montata dalla stampa per vendere copie. La sanno lunga quei giornalisti di m….a

A me, la storia che il Coronavirus viene dalla Cina, non convince. In verità, lo hanno portato gli immigrati: la Lega lo ha sempre detto di chiudere i porti ed impedire gli sbarchi…

Nessuno prega più, questa pandemia mondiale è la risposta alla nostra cattiveria! Dio ci sta punendo!

Il vaccino esiste, ma lo tengono nascosto, proprio i cinesi. Del resto, a Prato, dove c’è la più grande comunità di cinesi, nessuno è malato.

Come è possibile che solo in Italia abbiamo milioni di casi e negli altri paesi niente? Per me, esagerano con i numeri!

Ma dai, pensaci bene, è tutta una manovra delle case farmaceutiche: una ha creato il virus, una il vaccino, una le terapie per curare i malati, e poi tutte le altre li appoggiano perché quando ti ammali, comunque vai a fare un giro in farmacia.

Ah proposito, hai sentito che bisogna assumere vitamina C? Appunto, in farmacia non si trova più neanche il CEBION…

E’ tutto un complotto! Stanno provocando il crollo dell’economia mondiale. Altro che andrà tutto bene. Qui sta andando tutto a puttane!

Ma basta con tutti ‘sti cialtroni di virologi esibizionisti! Non vedi che non sono d’accordo neanche loro?

Ma che me ne fotte a me, io prendo un treno e me ne torno al Sud!

Bevi bevande calde, che il calore ammazza il virus.

Ma come possono pretendere che ora ce ne stiamo tutti rinchiusi a casa?!? Questa è proprio un’esagerazione…

Tanto muoiono solo i vecchi!

Non è vero! E’ morto uno di vent’anni! E va beh, quello era giovane, ma si faceva le canne!

Ma ci pensi quanti muoiono ogni anno per il fumo?!?

Tutti a parlare del collasso sanitario, ma qui ci obbligano a stare in casa, a fermare tutto e poi come si fa con il collasso economico? e con quello finanziario?

Non interrompere la catena di questa bella preghiera di guarigione.

Se stai male, chiama un taxi, che fai prima!

Agente, ho l’autocertificazione, non posso stare in quarantena con mia moglie!

Le sigarette sono un bene di prima necessità?

Ragazzi, controllate sul registro elettronico che vi ho dato un lavoro di gruppo da fare in questi giorni che la scuola è chiusa!

Al supermercato mi sono piegato ed ho dato una culata al mio vicino. Per sicurezza ho fatto il bidet con l’amuchina…

Va, beh, ragazzi!

Ce la faremo anche stavolta, tutti insieme appassionatamente, perché il coronavirus potrà pure mietere vittime, ma, i deficienti, quelli veri, quelli forti, sono immuni a qualsiasi contagio.

E l’ITALIA vivrà ancora…




Dirigenti Scolastici, Vicepresidi, DSGA, ATA, Collaboratori scolastici, eroi incompresi

Oggi tempo di Coronavirus, tutto chiuso, città deserte, strade vuote, serrande abbassate, nessuno in giro…

Beh, non è vero, qualcuno in giro c’è, a parte i lavoratori delle imprese, ci sono i presidi ed i vicepresidi, i DSGA, gli ATA ed i collaboratori scolastici.

Non chiedetevi il perché ci sono in giro queste persone, nessuno lo sa, potrebbero tranquillamente stare a casa, ma il governo ha solo sospeso le attività didattiche quindi loro devono andare a scuola.

Bastava scrivere chiuse le scuole invece che sospendere le lezioni e queste persone non avrebbero corso rischi inutili, ma nessuno ha riflettuto su questo, nessuna novità.

Però mentre tutta Italia osanna la foto dell’infermiera crollata sul posto di lavoro, nessuno dice niente rispetto a queste persone che stanno combattendo senza nemmeno la soddisfazione di sentirsi dire grazie.

Anzi i Dirigenti stanno prendendo bastonate dai genitori per il caos generato dalla didattica digitale, devono organizzare un servizio a cui le scuole non sono preparate, senza strumenti, o almeno senza strumenti consolidati ed in una selva di provvisorietà che lascia alla loro responsabilità far funzionare cose che in Italia non sono mai state standard, ma nemmeno testate correttamente.

Inoltre la didattica italiana non è ancora pronta per il digitale, le lezioni dei docenti sono ancora strutturate per un tipo di lezione frontale, salvo rari casi, per cui in due giorni non si possono inventare lezioni on line, e nemmeno si è in grado di bilanciare i compiti on line …

Insomma un vero caos che si muove tra informative privacy, consensi, professori che vogliono google, altri che vogliono edmondo, altri che vogliono chissà che caspita di piattaforma è …

I genitori ancora più nel caos, che già abituarsi al registro elettronico non è stata una passeggiata.

Insomma Scuola Italiana, Brancaleone alle crociate.

Però Dirigenti Scolastici, Vicepresidi, DSGA, ATA, Collaboratori scolastici sono i veri eroi incompresi, perché nonostante l’assurdità dell’ordine ricevuto loro non mollano, combattono, escono di casa e compiono il loro dovere senza nessuno che li fotografa e li rende eroi virali.

Fanno il loro dovere, con abnegazione, nel nome della scuola de dei ragazzi, come i legionari, nella difesa del decadente impero romano, combattevano, sapendo già di aver perso, nelle provincie di confine, ma Roma era Roma.

Oggi per loro la scuola è la scuola, impero di educazione e di conoscenza, la difendono nonostante tutto.

Noi vogliamo rendere loro omaggio e ricordarli, ringraziarli in nome di tutti.

 

 

 




Pandemia Finanziaria, cui prodest?

La crisi virale che ha colpito il mondo negli ultimi mesi ha ormai un nome che suona triste e profetico: quello di Pandemia.

Un Virus che ha ucciso 4947 persone in tutto il mondo, 1016 soltanto in Italia (fonte salute.gov.it).

Eppure, un elevato numero di vittime rischia di farlo la recessione economica nella quale il paese è piombato.

Dalla prima diffusione del Covid 19 in Cina i provvedimenti del Governo Conte sono stati improvvisati, volti più alla mediazione del consenso che alle tutela sanitaria dei cittadini.

Così, invece di chiudere i porti ai voli provenienti dalla Cina, il Governo ha continuato a tranquillizzare il paese con misure inadeguate. Nel frattempo, purtroppo, i contaggi aumentavano e con essi i decessi e la consapevolezza di dover assumere scelte drastiche.

L’8 marzo il Decreto varato dal Governo ha messo in quarantena il Paese, imponendo la chiusura di attività commerciali e proibendo i movimenti delle persone non autorizzate.

Una decisione necessaria ma ancora una volta priva di una visione globale. Una scelta maturata all’interno di una gestione della necessità e non della programmazione.

In questo quadro si sono fermate imprese, scuole, circoli sportivi, attività commerciali privando cittadini ed imprese di ogni entrata economica ma si sono lasciate aperte le Borse finanziarie.

Si è denunciato lo sciacallaggio che ha fatto lievitare il prezzo delle mascherine, dei disinfettanti e dei ventilatori polmonari ma non ci si è occupati di chiudere alla speculazione finanziaria le Borse Valori che hanno subito crolli delle quotazioni che non si vedevano da decenni.

Il FTSE MIB l’indice della borsa italiana che rappresenta circa l’80% della capitalizzazione delle imprese quotate italiane, ha perso, dal 31 gennaio, il giorno in cui il Covid 19 è apparso ufficialmente in Italia, oltre il 50%.

Stiamo vivendo un nuovo 11 settembre quando un attentato terroristico efferato a New York attaccò con due aerei dirottati le Twins Towers distruggendole completamente. In quel momento drammatico l’amministrazione Bush non perse tempo e sospese le contrattazioni a Wall Street per 5 giorni consecutivi. Una chiusura per circostanze di interesse pubblico che non veniva assunta dalla prima guerra mondiale ma che evitò all’America conseguenze economiche peggiori.

La storia, tuttavia, smette di essere maestra di vita quando chi assume le decisioni non ne conosce le cifre o non è in grado di interpretarle.

Per questo motivo, in queste ore, il vero protagonista della crisi rischia di diventare la recessione economica divenuta sistemica e globale.

Il Prodotto Interno di un Paese, il PIL (prodotto interno lordo) è il valore dei beni e servizi prodotti e quindi consumati all’interno del paese stesso.

L’espressione che lo esprime, in contabilità nazionale, è data dalla somma dei Consumi Finali, degli Investimenti, della Spesa Pubblica e delle Esportazioni al netto delle Importazioni.

Ebbene, se associamo ad ognuno di questi addendi valori prossimi allo zero abbiamo il collasso di un sistema economico.

È come sospendere di colpo una partita di Monopoli riponendo alla rinfusa dadi e banconote. Siamo in questa situazione.

In questo contesto, la mancata chiusura delle Borse Finanziarie con le perdite che ne sono derivate negli ultimi giorni, con lo spread balzato sopra i 200 punti, assumono una gravità estrema perchè lasciano libero il fianco del paese a quegli attacchi speculativi che vanno a sommarsi alla caduta di tutti gli indicatori economici e che mettono, altresì, in evidenza, luci ed ombre degli aiuti europei.

La decisione a sorpresa dell’Eurogruppo di anticipare la votazione sul Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), prevista originariamente per fine Aprile, a Lunedì prossimo, potrebbe accelerare enormemente una sorta di commissariamento dell’Italia da parte dell’Unione Europea.

Il MES istituito nel 2012, è bene ricordarlo,è un’ organizzazione intergovernativa a cui il trattato istitutivo attribuisce il potere di “imporre” scelte di politica economica ai paesi aderenti.

Le condizioni richieste tuttavia per ottenere aiuti finanziari da parte dei paesi membri in modo ordinario richiedono parametri di finanza pubblica in ordine, ovvero, Deficit di Bilancio inferiore al 3%, rapporto Debito Pil inferiore al 60%. Condizioni a cui l’Italia non può aspirare, soprattutto nel momento attuale e che aprirebbero la strada ad aiuti condizionati ad interventi rigoristi.

La sensazione, in sostanza, è quella che anche l’aumento da 3.6 md a 7.5 md del sistema di aiuti concesso all’Italia sia il rovescio della medaglia per il voto favorevole alla formulazione attuale del Mes in agenda per la votazione lunedì 16 Luglio prossimo, a Bruxelles

Una volontà che purtroppo l’esternazione di oggi, declassata poi a rango di gaffe, di Christine Lagarde sulla decisione di non utilizzare un taglio dei tassi di interesse a sostegno dell’economia dei paesi maggiormente in difficoltà, rende tristemente attuale.

La Politica dovrà mostrare capacità di visione globale e determinazione nel difendere il Paese dalla minaccia di una pandemia ma, al contempo, dovrà lottare contro la speculazione internazionale ed adottare misure di sostegno più incisive in favore di imprese e famiglie.

Nei prossimi giorni avremo maggiori elementi per una lettura più ampia della situazione attuale ma una cosa, tuttavia, è certa: resteremo a casa rispettando i decreti, lavoreremo con ostinazione come facciamo da generazioni, ci prenderemo cura dei più deboli nonostante la crisi e le difficoltà ma non lasceremo che l’Italia diventi una provincia dell’Europa.

 

Fabio Delibra

 




Chiusura Totale, forse manca qualcosa…

Siamo nella pandemia, lo dice l’OMS, quindi situazione gravissima, in cui l’Italia è un centro tipo “ground zero”.

Tutti a casa, ed, attenzione, se andate in giro e non avete una motivazione valida prendete un’ammenda di 206 euro che vi resta sul casellario giudiziario, quindi vi sporca la fedina penale!!!!!

Tutto spento, serrande abbassate, guai ad andare in giro, e ci mancherebbe, negozi chiusi, scuole chiuse, tutti a casa…

Ma perché le scuole sono ancora aperte??? 

Perché gli ATA ed i Dirigenti devono andare  a Scuola? a fare cosa????

Stiamo mandando gente in giro per niente, non serve a niente, chiudete anche le segreterie!!!!!!

 Tenere aperte le segreterie oggi è un poco come pensare di mandare una visita fiscale!!!!

Ma la cosa ancora più grave è lasciare aperte le borse!

Una follia, un modo per mandare ulteriormente a puttane i risparmi delle famiglie ma anche un modo per svendere il poco patrimonio industriale italiano, che verrà comprato sempre dai soliti ignoti.

Meccanismi di fiducia finanziaria del paese saltati, borse a picco, aziende prossime alla chiusura, liquidità di capitale azzerata e sempre più a picco, ma porcaccia miseria è così difficile da capire che occorre sospendere i mercati, subito!

Invece invochiamo aiuti dalle banche centrali, o finanziamenti agevolati alle imprese; ma perché dobbiamo indebitare ulteriormente le imprese?

Facciamo interventi come Stato a livello di capitale, aiutiamo le ricapitalizzazioni non gli indebitamenti, compriamo asset ed aiutiamo la stabilità dei mercati.

Se chi è al governo non ha idea di come fare, si faccia aiutare da chi più in gamba, forse è il momento di agire.

Evitiamo più che mai che da una sicura prossima crisi di liquidità si arrivi a problemi di solvibilità, da lì non ne usciremmo più…

Abbiamo chiuso tutto tutelando la salute, almeno quella immediata, ma la salute del paese prossima ventura, quella costituita da salute fisica, mentale ed economica?

A me sembra di no, anzi per nulla…

 




#iorestoacasa

L’Italia che si sbatte e quella che se ne sbatte…

C’è l’Italia che lotta e quella che boicotta, l’Italia della resistenza e quella della demenza, l’Italia dell’impegno e quella del me ne frego.

E poi ci siamo noi, ognuno di noi, obbligati, ora, a darci una mano, senza stringerci la mano, a stare uniti, seppur isolati.

Ora, davvero, siamo sulla stessa barca.

Ora, caso mai volessimo scappare, ci resta un barcone, quello dei profughi.

Ma stavolta, a Lampedusa, bloccano noi che vogliamo uscire, non gli altri che vogliono entrare.

Eh, sì, caro amico virus, ce ne stai facendo di favori!

Altro che lo scioglimento dei ghiacciai, minacciato da Greta Thunberg, tu ci stai dimostrando che il cambiamento climatico non ci tocca fino a che non ci sentiamo come quegli orsi polari alla ricerca del cibo, che la mascherina dobbiamo metterla proprio adesso che l’inquinamento è diminuito!

Altro che cori razzisti o tifoserie violente negli stadi, adesso, niente pubblico, partite a porte chiuse (mai, prima dell’altro ieri, un derby come Juve-Inter si è svolto così, in un clima di rispetto dell’arbitro e di solidarietà tra i giocatori rivali) e, da ieri, tutto fermo, pure le partite truccate ed il calcio scommesse!

Prima, assurdi rigurgiti xenofobi, con svastiche sui muri ed ingiurie ai sopravvissuti all’olocausto, adesso, siamo noi i segregati, quelli privati di una seppur minima libertà, rispetto a chi, davvero, era stato spogliato di tutto, libertà e dignità, nello scempio dei campi di concentramento!

Fino a poche settimane fa, erano i neri, poveri e sporchi che portavano la scabbia, adesso sono i bianchi, ricchi, potenti e famosi che portano il virus!

Quanto abbiamo detto e pensato che erano gli altri che dovevano starsene nel loro paese, adesso siamo noi che non possiamo uscire dal nostro ed imploriamo aiuti umanitari!

Prima tutti fuori, di casa e di testa, a correre come dei matti, perdendo il senso del tempo, in un delirio di onnipotenza e di onnipresenza, secondo l’assurda logica del produco dunque sono, arrivo dappertutto e consumo a più non posso.

Adesso un fermo immagine, IO RESTO A CASA. E sto fermo.

A misurare un tempo eterno, distillato su gesti quotidiani, scandito da consuetudini domestiche.

Questo tempo ritrovato è quello del prendersi cura di noi, ma, soprattutto, nostro malgrado, di chi è uno di noi, magari di quel nonno dimenticato o di quel figlio trascurato.

Infatti, dove prima c’era una famiglia scoppiata, ognun per sé e Dio per tutti, ciascuno indaffarato, intento a vivere la propria vita, dimenticandosi del proprio ruolo, adesso, c’è una famiglia ricomposta, magari problematica, ma dove, obbligatoriamente, ognuno di noi deve accorgersi che l’altro è lì, vicino a lui.

Ti ringrazio caro virus, perché ci stai dimostrando che nelle relazioni umane, la comunicazione non verbale, la socialità sono fondamentali, che non c’è social network che tenga, che la vera comunicazione non è quella virtuale, ma stare vicino, toccare, abbracciare l’altro.

Ti ringrazio caro virus, perché ci stai dando la prova che l’uomo è un animale sociale, ma è anche un essere dotato di intelligenza e volontà.

Che in questo momento l’aggregazione è pericolo di estinzione.

TOCCA A NOI SCEGLIERE!

Perché, mai come adesso, stare insieme, non significa fare branco o stare in gruppo, ma scegliere consapevolmente di stare da soli e lontano, per proteggerci, l’un l’altro.

Che l’unico modo per uscirne è non uscire, riscoprendo la reciprocità del gesto condiviso, il senso di appartenenza ad una comunità da proteggere, il sentirsi parte di un qualcosa di più grande di noi, riconoscendo che la nostra vita dipende dagli altri, da tutti gli altri.

Il coronavirus ci trascende e ci obbliga a riflettere.

IL coronavirus ci sta urlando in faccia che non siamo più noi l’ombelico del mondo, che non esiste più una linea di confine tra me e te, tra noi e voi, ma che ci sono io negli altri, con gli altri e che tutti insieme dobbiamo ruotare intorno allo stesso asse, quello della sopravvivenza.