Chi ha mangiato la mia carota!

“Chi ha mangiato la mia carota!” di Fabio Delibra: Un Nuovo Orizzonte nella Teoria della Motivazione

In un panorama editoriale spesso affollato da ripetizioni delle stesse teorie motivazionali, “Chi ha mangiato la mia carota!” di Fabio Delibra emerge come un faro di innovazione e profondità. Questo saggio non è solo una lettura interessante, ma una vera e propria rivoluzione nel modo in cui comprendiamo e applichiamo la motivazione nella vita quotidiana e professionale.

La Rivoluzione della Motivazione Laterale

Il concetto di “Motivazione Laterale” introdotto da Delibra rappresenta il cuore pulsante di questa opera. A differenza delle tradizionali teorie che si concentrano sulla motivazione intrinseca (guidata da interessi personali e piacere) ed estrinseca (guidata da ricompense esterne), la motivazione laterale si basa sul “non sé” e sull’”altro”. Questo approccio innovativo propone che la vera motivazione possa essere trovata non solo nel beneficio personale, ma anche nel contributo positivo verso gli altri e nel senso di responsabilità verso la comunità.

Un Approccio Umanistico e Filosofico

Fabio Delibra non si limita a presentare una nuova teoria; egli arricchisce il suo discorso con influenze filosofiche profonde. Tra queste, spiccano il buddismo e il pensiero di Emmanuel Lévinas, che infondono al libro una dimensione etica e spirituale. Questa fusione di psicologia, filosofia e pratica rende il saggio un’opera multidimensionale che invita i lettori a una riflessione più profonda sul significato e sul valore delle proprie azioni.

Struttura e Contenuto

Il libro è strutturato in modo chiaro e accattivante, guidando il lettore attraverso un percorso che parte dalle teorie motivazionali del XX secolo per arrivare all’elaborazione della motivazione laterale. Ogni capitolo è arricchito da esempi pratici e riflessioni personali, rendendo la lettura non solo informativa ma anche profondamente coinvolgente.

Pratiche di Autodifesa Mentale e Meditativa

Uno degli aspetti più apprezzabili del libro è la sezione dedicata alle pratiche di autodifesa mentale e meditativa. Delibra offre strumenti concreti per mantenere l’equilibrio interiore di fronte alle sfide quotidiane e alle emozioni negative. Queste pratiche non sono riservate a esperti di meditazione, ma sono accessibili a chiunque desideri migliorare il proprio benessere mentale e emotivo.

Applicabilità Universale

“Chi ha mangiato la mia carota!” si distingue anche per la sua applicabilità universale. Non è un libro riservato solo a manager o sportivi professionisti; è una guida per chiunque desideri vivere una vita più equilibrata e motivata. L’approccio umanistico di Delibra rende il libro un prezioso compagno per tutti coloro che cercano di mantenere la propria umanità e integrità morale in una società sempre più complessa e competitiva.

Un Invito a Guardare Oltre

In conclusione, “Chi ha mangiato la mia carota!” non è solo un saggio sulla motivazione, ma un invito a guardare oltre le ricompense immediate e a trovare ispirazione in un senso di dovere e responsabilità verso gli altri. Fabio Delibra ci offre una nuova visione che ha il potenziale di trasformare non solo il modo in cui ci motiviamo, ma anche il modo in cui viviamo le nostre vite.

Per chiunque sia interessato a esplorare nuove frontiere della motivazione e a scoprire strumenti pratici per una vita più soddisfacente e equilibrata, “Chi ha mangiato la mia carota!” è una lettura indispensabile. Questo libro rappresenta una ventata di aria fresca nel campo della motivazione e promette di lasciare un segno duraturo nei suoi lettori.




Conseguenze di un assassino fallito

 

“Make America Great Again”, questo il motto proposto agli statunitensi da un uomo che non si è fermato nemmeno dopo che un proiettile lo ha colpito ad un orecchio.

 

Un proiettile che lo ha colpito a pochi millimetri dal cervello.

 

Un proiettile che lo ha portato a pochi millimetri dalla morte.

 

Un proiettile che è stato immediatamente sconfitto da un uomo che si è alzato con il pugno chiuso ed il braccio teso incitando il suo popolo a “combattere”.

 

Un leader che, con quel gesto, è entrato nella storia del mondo.

 

I media continuano a sbeffeggiarlo, a denigrarlo, a definirlo “antidemocratico”, però è lui ad aver subito un tentativo di omicidio.

 

Thomas Crooks, questo è il nome che entrerà nei libri di storia come autore dell’attentato, del tentato omicidio.

 

Un giovane che non si riesce veramente a comprendere come possa essere salito indisturbato su quel tetto ed arrivare a così pochi metri dal suo obiettivo.

 

Pensare che questo giovane possa aver fatto tutto da solo mette letteralmente paura.

 

Pensare che “qualcuno” possa aver “aiutato” questo giovane mette ancora più paura.

 

Viene addirittura da chiedersi se sia stato veramente lui a sparare o se non ci fosse solo lui da quelle parti, magari posizionato meglio e più nascosto.

 

Thomas Crooks, di anni venti, è stato “abbattuto”, lo avevano notato su quel tetto 85 secondi prima che lui sparasse, ma è stato abbattuto dopo che lo stesso ha compiuto il suo terribile gesto.

 

Nel suo discorso alla successiva Convention Repubblicana, il leader dei sovranisti di tutto il mondo ha invitato gli americani a essere “ottimisti ed entusiasti verso il futuro”.

 

Al netto della trita propaganda anti Trumpiana dei soliti media, il discorso di colui che ha qualche possibilità in più degli altri di giurare il 20 gennaio 2025 come quarantaseiesimo Presidente degli Stati Uniti d’America, si è soffermato sulla necessità di “far sparire l’inflazione” e far terminare le drammatiche guerre in corso, quella Ucraina e quella mediorientale in primis.

 

Frasi enfatiche quelle usate dal candidato repubblicano, frasi da comizio.

 

La grande maggioranza dei giornalisti nostrani non si è accorto del fatto che in un comizio si usano iperboli.

 

“Chiudere ogni guerra con una telefonata” e “far sparire l’inflazione” sono iperboli, tipiche semplificazioni da comizio. Lo fanno tutti i politici, i giornalisti lo notano e lo stigmatizzano allorquando sono a parlare coloro che non sono coerenti alla loro “ideologia”, alla loro “fazione”, altrimenti tacciono.

 

Donald Trump, proprio perché non è parte di quella “fazione”, vede molti, in tutto il mondo, che lo aspettano trovando in lui un elemento di speranza.

 

Questa la motivazione del fatto che, se non verrà assassinato nei prossimi cento giorni o se non avverranno nuovamente “eventi atipici” quali quei famigerati tre giorni per calcolare i voti come accadde nel 2020, Trump ha già vinto.

 

Trump ha descritto gli attuali Stati Uniti come uno Stato ove non funziona più niente, cosa che nega avvenisse durante il suo mandato, e la grande maggioranza degli statunitensi la pensa come lui.

 

Trump dichiara che in Stati Uniti sia esplosa la criminalità e, anche su questo, soprattutto nei grandi centri urbani, gli americani la pensano esattamente come lui.

 

Trump ha criticato l’attuale amministrazione per le sue politiche sull’energia, i media notano con sufficienza che gli Stati Uniti non abbiano mai prodotto più energia di quanta ne producano oggi, ma il futuro probabile presidente stava ragionando sui costi per le famiglie, estremamente più alti oggi che durante il suo precedente mandato e gli statunitensi, dopo essersi frugati nel portafoglio, la pensano come lui.

 

Trump ha parlato di “virus cinese” in relazione al coronavirus, lo definiva in questo modo anche nel 2020, i fatti gli stanno dando ragione.

 

Trump, questo potrebbe essere un diretto messaggio all’ establishment italiano, ha di nuovo accusato i Democratici di “barare alle elezioni” e molti americani temono che un fatto che viene dato da quelle parti per certo, se si parla del 2020, possa ripetersi nel 2024.

 

Infine, Trump ha usato l’espressione “Green New Scam”, cioè “truffa”, quando ha affrontato il tema del cambiamento climatico.

 

Sulla crisi Ucraina l’inquilino di Mar a Lago è già stato conseguente.

 

Zelensky ha avuto, infatti, una telefonata con lui.

 

Telefonata semplice e chiara ove il messaggio è stato “è arrivato il tempo di sedersi e trattare. I soldi e le armi statunitensi non continueranno ad arrivare”.

 

Non sembra un caso che il Vaticano abbia deciso di attivare in quello scenario un grande mediatore quale è il Segretario di Stato Cardinale Parolin, superando di fatto il girovagare per il mondo del Presidente della CEI Cardinal Zuppi.

 

Allo stesso tempo in Europa abbiamo dovuto vedere la rielezione della Presidente Von der Leyen ed il “cordone sanitario” nei confronti di coloro che sono portatori di un pensiero diverso dal suo e da quello dell’asse franco – tedesco.

 

“Cordone sanitario”, appunto. Quanto potrebbe essere devastante se la nostra amata Italia, e la nostra assai meno amata Europa dei 27, dovesse, in quanto non affidabile e credibile per le superpotenze occidentali, finire in un assai più periglioso “cordone sanitario” americano e Russo!

 

In fondo, proprio perché ritenuta pericolosa dagli stessi super potenti, la storia ha già visto dopo la Seconda Guerra Mondiale fare da questi quella scelta.

 

Il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino e l’Europa tutta ebbe una grande possibilità di tornare ai fasti del passato.

 

Purtroppo, così parrebbe, gli “appetiti” di pochi stanno riuscendo a disintegrare i sogni di tanti.

 

Purtroppo nel momento topico gli abitanti dell’Europa non avevano a condurre il nostro continente degli Spinelli, dei De Gasperi, dei De Gaulle, degli Adenauer o, finanche, dei Kohl o degli Andreotti ma avevamo delle Merkel con i suoi amichetti francesi.

 

Magari aiutati da dei Clinton e degli Obama.

 

Per questo, nel vedere quel cerotto a quel orecchio, poco ci emozioniamo nel sentire le “baggianate” dell’opinionista filo Green Economy di turno e ci esaltiamo nel sapere che quel cervello vicino a quel orecchio incerottato ci permetterà di sognare di nuovo pace e prosperità al mondo intero.

 

A chi ama la “decrescita felice” noi, cittadini sovranisti nel mondo, garantiamo che potranno viverla con tutto l’impegno che vorranno nell’intimità della loro famiglia.

 

Noi, amanti della “radiosa crescita felice”, non impediremo loro di vivere come essi preferiscono.

 

Siamo democratici, crediamo nella libertà, amiamo il confronto nelle differenze, crediamo nel dubbio socratico, ci esaltiamo allorquando vediamo un giovane avere enorme successo, tuteliamo chi non ha il nostro stesso sentire nell intimità e, soprattutto, non accettiamo che qualcuno ci obblighi a vivere come piace a lui.

 

“Fight – Fight – Fight” ci ha ordinato il nostro leader.

 

Lo facevamo, lo facciamo, lo faremo.

 

Ovunque.

 

Oggi molto più convinti di ieri.

 

Ignoto Uno




SOCIALITA’ Ed AUTORITA’

 

Il dinamismo associativo

 

La vita associativa è costituita da relazioni permanenti di convivenza e collaborazione nell’ambito di una comunità, in ordine al conseguimento dei fini specifici diversi nelle diverse comunità: comunità domestica per la propagazione della specie e l’integrazione psico-somatica, spirituale e giuridica della coppia umana e della prole; comunità civile e politica, per il bene e benessere temporale; comunità religiosa per il bene spirituale ed eterno.

La società è una comunità in cui tali relazioni trovano una adeguata strutturazione e organizzazione di servizi sulla base del diritto che fissa e distribuisce compiti, doveri, oneri, benefici, per garantire e promuovere l’ordine sociale.

Vi è infatti un dinamismo evolutivo delle relazioni umane che dà luogo alle varie forme associative (o aggregati sociali), definite dai sociologi in base alla diversità della loro costituzione e dei fini a cui tendono. Si distinguono così:

a) folla: aggregato ordinato ma senza avere relazioni tra i suoi componenti e senza uno scopo ben determinato per tutto l’insieme; esso non adempie una funzione particolare ma semplicemente occupa uno spazio fisico: unico elemento di unione, di compattezza, può essere costituito da un grado elevato di emotività;

 

b) massa: aggregato disorganizzato e discontinuo, che può diventare una sistematica combinazione di gruppi e persone (classe, società), ma intanto è una composizione eterogenea di individui, non istituzionalizzata, non strutturata, nella quale i singoli componenti tendono ad azioni e posizioni di natura individualistica;

 

c) gruppo: collettività identificabile, strutturata e permanete, nella quale le singole persone svolgono con reciproco interesse dei ruoli che seguono norme e si ispirano a valori sociali per conseguire fini comuni;

 

d) comunità: gruppo omogeneo di persone che sono in mutua relazione su un determinato territorio o in base ad altri vincoli permanenti (nazionalità, spiritualità, religione, oltre a quelli familiari) e che si servono di mezzi comuni per il perseguimento dei fini comuni;

 

e) società: collettività organizzata e giuridicamente costituita di persone che vivono insieme su di un comune territorio o si uniscono secondo altri vincoli permanenti, e cooperano mediante i gruppi che compongono nel loro dinamismo evolutivo per soddisfare i loro bisogni sociali fondamentali, così da formare una nuova e superiore.

Si può fare anche una ulteriore classifica degli aggregati sociali fondata sulla forma psicologica dei legami dei gruppi: gruppi fortuiti (folla, pubblico ecc.); gruppi naturali (famiglia, clan, nazione ecc.), gruppi di somiglianza psicologica (classi, partiti, professioni ecc.), gruppi di interesse (Stato, società, sindacati, corporazioni, organizzazioni professionali ecc.), gruppi di ideale (religione, cultura, sollievo ecc.).

 

COMUNITA’ E STRUTTURA SOCIALE

 

La comunità nasce per impeto spontaneo intorno a valori comuni, che quasi istintivamente vengono abbracciati, sentiti, cercati. Sorgono così la famiglia, che nasce da un impulso di armonica integrazione di qualità e esigenze diverse di ordine fisico, psicologico, morale; la nazione che si forma per il bisogno di salvaguardare e incrementare certi valori comuni, quali la lingua, la razza, la cultura, la religione ecc., a cui sono legate molte persone che intendono vivere insieme e coordinare la loro attività in ordine a quei valori; la comunità religiosa – o chiesa – in cui i credenti si associano per il raggiungimento dei valori comuni etici e spirituali in vista del fine ultimo, il bene eterno, sulla base di una dottrina che abbracciano con fede.

Per raggiungere i propri scopi e affermare i valori che le premono, la comunità ha bisogno di strutturarsi, incrementando e disciplinando così le attività che concernono tali valori, per tradursi in bene comune, fine ultimo della vita associativa.

 

L’ AUTORITA’ COME PRINCIPIO UNIFICANTE

 

Ogni struttura implica un principio unificante, un punto di consistenza della sua unità Ogni “tutto” organico ha bisogno di un principio generico e ordinativo di tutte le sue parti.

Nella vita associativa tale principio è l’autorità, come forza morale che nelle comunità più grandi prende forma giuridica per disciplinare le attività poste liberamente nella vita associativa in ordine al bene comune. Le azioni individuali si disperderebbero e forse anche si annullerebbero mutualmente, ne potrebbe esservi convivenza umana, se non ci fosse una guida superiore che indirizzi tutti ad uno scopo unico: appunto l’attuazione del bene comune.

In realtà la comunità esiste solo quando tutto il complesso molteplice e vario di energie tendenti ad un unico fine riceve una sua strutturale, organica e dinamica unificazione da un principio direttivo capace di realizzare e garantire quelle generali condizioni di ordine e di socialità nelle quali i singoli possono operare per raggiungere con dignità di persone e solidarietà di gruppo la loro finalità.

 

LE FORME DI ATTUAZIONE DELL’ AUTORITA’

 

L’ autorità svolge la sua funzione di propulsione, coordinazione e regolazione dell’attività sociale mediante le leggi e il governo. Essa interviene in tutto lo svolgersi della vita economica, sociale, culturale per garantire l’ ordine, favorire la libertà, impedire lotte, sopraffazioni e torti reciproci, favorire l’equilibrio nel rispetto dei diritti e nell’adempimento dei doveri, per orientare e sostenere gli individui e i gruppi, secondo i loro bisogni e le loro legittime aspirazioni, verso la perfezione da raggiungere non solo nell’ambito dei beni economici ma anche e soprattutto di quelli spirituali ( cultura, moralità, religione)..

L’ azione sociale ordinata e coordinata secondo le leggi per raggiungere il bene comune, è la politica intesa nel suo senso più comune.

Ma si noti: le norme date per lo svolgimento dell’attività sociale in ordine al bene non attraggono talmente i membri della società da ottenere infallibilmente il giusto adempimento dei loro doveri.

Inoltre è inevitabile che sorgano contese intorno all’ entità, all’ estensione e al rapporto dei doveri e dei diritti. In caso di inadempimento o addirittura di attività contraria al bene della società, scatta nei singoli e nella comunità un istintivo movimento che applica al comportamento sociale un giudizio di valore: la conformità alla norma è di solito connessa con l’approvazione dei propri simili, e la non conformità con la disapprovazione.

Però questo meccanismo non è sufficiente a ottenere l’adempimento, o a riparare l’ordine sociale violato con la trasgressione, e in ogni caso a conferire efficacia alle leggi, se queste non sono accompagnate dalla sanzione e quindi dal giudizio nei casi di lesione dell’organicità e dell’unità sociale mediante l’infrazione.

Questo è appunto l’effetto sociale della violazione delle leggi: essa sconvolge il fondamento stesso della vita associata; perciò la cura del bene comune esige che si facciano osservare le leggi e si puniscano i loro trasgressori per salvaguardare la consistenza della società, meglio ottenendo la coesistenza e lo sviluppo armonico delle libere attività individuali in ordine al bene comune.

Oltre a questa funzione di difesa sociale, la sanzione ha anche per i singoli nil valore di una pena per l’azione commessa; e più ancora la funzione pedagogica di educazione o rieducazione sociale e comunitaria.

Di qui la necessità dell’autorità giudiziaria nella società

 

L’ AUTORITA’ COME SERVIZIO AL BENE COMUNE

 

La funzione dell’autorità nella società è un servizio che tocca anche ni singoli cittadini, perchè li subordina alla legge, alle esigenze del bene comune, all’ ordine, e adegua la loro attività personale alla dinamica dello sviluppo sociale, ma vale soprattutto per la comunità come tale, che nel suo insieme deve essere retta e diretta in ordine al bene comune.

La direzione delle azioni sociali e il contenimento e la sanzione delle trasgressioni dei singoli; l’azione propulsiva delle capacità operative di tutti; la difesa e l’incremento delle libertà civiche sono compiti dell’autorità che si commisurano a finalità che concernono il bene di tutti.

Nel mondo moderno si è sempre meglio messa in luce la necessità di questo intervento dell’autorità come organo che contribuisce positivamente a promuovere, assicurare e sviluppare, nella tranquillità dell’ordine, il progresso morale e economico della società ben al di là di una semplice funzione di tutela dei diritti dei singoli e dello stato. Tutta la dinamica evolutiva della società deve essere interpretata, servita, favorita e canalizzata dall’ autorità, proprio per la sua natura di vice-gerenza del popolo e di servizio al bene comune.

In realtà il bene comune è la ragion d’ essere come della società così dell’autorità. L’ autorità è lo strumento principale di cui si avvale la società per raggiungere il suo fine, che è l’attuazione del bene comune. Di conseguenza il bene comune deve pur essere il fine dell’autorità. Esso è dunque anche il criterio della costituzione dell’autorità e del suo esercizio, della sua legittimità e della sua efficienza.

 

L’ AUTORITA’ COME MAGISTERO

 

L’ autorità in ordine al bene comune svolge anche una funzione di formazione e di guida morale delle persone umane.

E’ vero che il fine comune di per sè dovrebbe polarizzare gli intenti e le azioni dei componenti la società, i quali, per la loro stessa tendenza naturale alla socialità, dovrebbero sentire l’obbligo morale di adoperare i mezzi necessari per il conseguimento del bene comune. Ma per il contrasto che ogni uomo porta in sè, tra passione e ragione, e per le facili deviazioni e reazioni antisociali a cui porta la passione così spesso prevalente sui dettami della ragione, s’ impone la necessità dell’ autorità come organo che per mezzo del diritto cerca di orientare e di contenere le attività di tutti nel giusto ordine al bene comune, evitando ogni discriminazione arbitraria e favorendo l’ armonizzazione di tutti gli interessi, sicchè in questo modo è di aiuto anche alla realizzazione del valore morale dell’ azione libera, armonizzata con la disciplina secondo le esigenze del bene comune.

 

Don Walter Trovato




Ma chi vota più

Tanti Santi… all’Inferno, tanti Diavoli in Paradiso

Il vile attentato in Pennsylvania, miracolosamente fallito, contro il Candidato per i Repubblicani alla Presidenza USA, Donald Trump, ma che è costata la vita a Corey Comperatore eroico sostenitore del ex Presidente ed ex Capo dei Vigili del Fuoco, potrebbe, forse, aver fatto saltare i piani e gli obiettivi di quella parte avversa in USA, che già sembrava in forte difficoltà, e chissà, forse anche in Europa ed in Italia, tanto da sembrare nel panico totale.

Le dichiarazioni con effetto “retromarcia” contro la violenza, evidenziati da proclami di forte invito alla prudenza ed alla moderazione, espressi dall’instabile ma attuale candidato Democratico Biden, lungamente attese, lasciano trasparire, secondo molti osservatori, parecchia ambiguità ed ipocrisia.

Del resto proprio l’attuale Presidente Biden, non ha mai nascosto, pur se celate tra le innumerevoli gaffe, frasi irripetibili contro i suoi avversari, ed in particolare ultimamente contro Donald Trump.

Espressioni che, se pronunciate da altri, sarebbero state indicate come “istigazione all’odio”.

Frasi, spesso talmente violente, che hanno dovuto far lavorare parecchio gli uffici stampa della Casabianca per smorzarne i toni ed evitare finanche incidenti internazionali.

Siamo oramai al punto che, per certi comunicatori, sembra acclarato che l’odio, cui oggi Biden chiede di fermare, viene sempre da quella parte politica, definita, per convenzione, di destra.

Pur tuttavia, sempre più spesso ascoltiamo frasi, contro chi non è allineato al pensiero della sinistra, che giammai andrebbero proferite, come “uccidere un “fascista” non è un reato così grave.

Assistere quindi a questa richiesta di Biden di abbassare i toni della contrapposizione, in questa ultima fase della Campagna elettorale per la Presidenza USA, mancano pochi mesi al fatidico mese di Novembre, lascia tutti parecchio perplessi.

Risulta incomprensibile capire come mai alcuni, “sapientoni” siano arrivati al punto di mettere in dubbio la gravità di questo attentato, ritenendo addirittura che Il Presidente Trump si fosse fatto “sparare” per aumentare la sua possibilità di essere eletto.

Avvicinandoci poi ad i nostri territori, attraversando l’Oceano, quindi in Europa ed in Italia, diventa ancora più evidente quella ipocrisia del politicamente corretto, fortemente contestato dai cittadini, lascia trasparire odio contro chi è reso colpevole di essere di destra, confondendo di fatto i sentimenti di chi vorrebbe avere un quadro più chiaro e certamente più sereno.

Tralasciamo quelle incomprensibili teorie di autolesionismo, enunciate da fantastici “urlatori”, presenti sul web, noti “veicolatori” di discutibili verità, che forse servono ad istigare quelle masse che potrebbero illuminarsi ed abbandonare il pensiero unico, ma che in maniera subdola, vengono indirizzate verso l’odio contro le avverse parti politiche. Notiamo ancora, redattori di noti quotidiani che pur di attaccare ed istigare all’odio, non esitano a criticare una ovvia e DOVEROSA frase di chi CREDE, come: “è un miracolo se mi son salvato”.

Ma se in USA, il futuro DEM sembra essere incerto, in tanti si augurano perdente, diverso sembra essere il destino dell’Europa.

Non è un caso che dopo le elezioni per il parlamento Europeo, dove si è registrato un elevato astensionismo, specialmente in Italia, che ha favorito quei partiti fautori di quel Kaos, che sembra essere stato scientificamente programmato, come potremo leggere in un prossimo articolo, l’avvenuta e scontata riconferma della Presidente della Commissione Europea, Commissione che detterà le regole in Europa e di conseguenza anche in Italia per i prossimi 5 anni, sembra confermare come i Santi stanno all’Inferno ed i diavoli in Paradiso.

Sarà casuale la condanna della Stessa presidente per mancata trasparenza sui vaccini che la Corte UE ha emesso alla vigilia contro la Von der Leyen?

Come mai poco si è parlato di questa condanna?

Forse per non distrarre …

Infatti il risultato è stata: elezione a Presidente della Signora Von der Leyen.

Forse, eleggere condannati, sta diventando una “normalità”?

l’Italia docet?

Chissà, forse saranno trasformati i reati, anche quelli penali, in “atti” eroici? Con

Ci sarà pure la “Santa” approvazione di esponenti “vaticani”?

Come non ricordare il noto elemosiniere di Bergoglio, primo cittadino del Vaticano, Cardinal Konrad Kraiewski che nel maggio del 2019, indossando i panni da elettricista, ha rotto i sigilli al contatore di luce di un palazzo occupato in Via Santa Croce in Gerusalemme a Roma riallacciando la corrente Elettrica agli abusivi.

Strano che l’Esimio Cardinale non intervenga a dare ospitalità ad i numerosi senza tetto che ogni notte dimorano tra le colonne di San Pietro, proprio al Vaticano.

Magari facendo occupare la sua casa o la casa di chi si è fatta eleggere in Europa occupando case.

Tralasciando le recenti elezioni avvenute in Francia, di cui tanto si è discusso inutilmente in Italia, non avendo alcuna influenza, ma dove si è evidenziato che l’unico obiettivo di una “scadente” classe politica, non era il bene comune della popolazione, di cui nessuno ha parlato, ma la poltrona, che essendo occupata, non poteva essere resa libera e disponibile per altri, In Italia, tra astensionismo e propaganda ideologica, giammai si è’ parlato di programmi, e meno che meno di obiettivi.

Così per l’intera campagna elettorale si è cercato di promuovere chi era sottoposto a procedimento penale all’estero, per aggressione, oltre che in Italia, aver ricevuto varie condanne, tra cui l’occupazione abusiva di case.

Come accennato in precedenza, un ruolo importante lo hanno avuto i tanti “urlatori” del Web, “santificati” come esperti di regolamenti elettorali, che hanno convinto tanti elettori a disertare le urne.

Nemmeno a recarsi alle urne con l’intento di tenere alto il Quorum, ma proprio di “disertare”, quindi di non recarsi ad i seggi, adducendo che se fossero andati a votare meno del 50% … chissà cosa sarebbe dovuto accadere.

Cosi, Solo il 49, 7% degli aventi diritto al voto, si sono recati alle urne, il 9 e 10 Giugno 2024, contro il 56, 1% del 2019.

Ma cosa è accaduto?

Contrariamente a quanto sbandierato dagli “urlatori”, le sinistre, sia di destra che di sinistra, oggi si chiamano tutti centro, con grande caos democratico, hanno potuto eleggere la continuità del cambiamento che non cambia, gabbando il cittadino Italiano ed Europeo, che vedrà la continuità di quella presidenza di commissione Europea contestata dal popolo ma voluta da chi…

“Cambiare tutto per non cambiare nulla”

Indicative le parole del presidente di continuità, quando asserisce, nel suo discorso programmatico: “L’era della dipendenza dalla Russia è finita”, indicando l’era della dipendenza dai combustibili.

Forse è finita quella dipendenza, ma ne è cominciata qualche altra?

Magari agricola? Sanitaria? Ecologica? O meglio Green? Come ha voluto ribadire, indicando il 2040 per la riduzione fino all’90% delle emissioni… annunciando una legge che accelera la decarbonizzazione?

Parlare poi di pace, non parlandone o dicendo che per fare la pace bisogna imporre… sembra essere un altro spunto per riflettere.

Meglio concludere, non volendo fare un elenco che potrebbe divenire noioso e ripetere, magari impropriamente, l’essenza di un noto libro, “Il Mondo al Contrario”, contestato dai pochi urlanti ed apprezzato dai tanti del popolo, così da stabilire un vero e proprio record di vendite, che ha suscitato invidia a tanti …

Il ribadire “tanti Santi all’Inferno, tanti diavoli in paradiso” può dare spunto ad innumerevoli riflessioni.

Ettore Lembo




Ordo ab Chao et post Tenebras Lux

 

Ormai il disordine regna sovrano ovunque e, come sempre, la fine di un ciclo storico vede come protagonista la guerra.

Giovan Battista Vico ci ha lasciato uno schema molto convincente del come i cicli storici tendano a ripetersi.

 

Quando il mondo è in preda al caos vuol dire che è in atto una transizione da un sistema che si è usurato ad uno alternativo che ancora non si è stabilizzato.

In guerra non si confrontano solo gli eserciti ma soprattutto due visioni del mondo, chi vince la partita determinerà le regole della nuova società e dunque la visione del mondo che si instaurerà con tutte le nuove regole.

 

Per riuscire a orientarsi nel caos che si è andato producendo, passo dopo passo, nel tempo e per capire quale sia la strada che vogliamo intraprendere bisogna ricominciare proprio dalle origini.

 

Il dilemma eterno che abbiamo davanti e che da sempre è alla base dei conflitti è il seguente:

 

Chi mette ordine nel caos? Dio o l’uomo? Anche se questo sembra un discorso poco adatto nell’epoca moderna in realtà, anche nel XXI secolo, tolte tutte le sovrastrutture accumulate nel corso del tempo, si arriva sempre alla stessa matrice.

 

Per cercare di trovare un punto d’incontro condiviso è necessario partire proprio dalle origini.

 

Nel racconto biblico Dio mette ordine nel caos separando la notte dal giorno, il buio dalla luce, le terre dalle acque per poi procedere alla Creazione di tutte le cose animate e inanimate esistenti in natura.

 

Ecco un primo assunto: l’uomo non ha creato il mondo, lo ha trovato già fatto… Forse su questo possiamo essere tutti d’accordo, anche senza credere nell’esistenza di un Dio Creatore.

E questo universo in cui siamo immersi ha anche un suo ordine prestabilito, i pianeti ruotano secondo regole che non sono state dettato dall’uomo, la vita sulla terra procede secondo regole che non hanno bisogno dell’intervento dell’uomo…forse possiamo essere d’accordo anche su questo altro punto.

 

Ecco già due verità che nessuno potrà mettere in discussione: l’uomo non ha creato l’universo e questo segue delle regole che prescindono dalla volontà dell’essere umano.

 

All’idea di un Dio Creatore, frutto di un pensiero primitivo secondo alcuni, è stata contrapposta una ipotesi “scientifica” quella dell’Evoluzionismo darwiniano secondo la quale la vita sarebbe sorta per caso dal nulla e da quel momento, sempre seguendo la regola della casualità, tutto si sarebbe evoluto fino a costituire il mondo come lo vediamo attualmente.

Ma anche il pensiero evoluzionista non ha potuto sciogliere l’enigma di base e cioè come si sia sprigionata la scintilla della vita che, dunque, resta ancora nel dominio del mistero.

Nonostante questa iniziale fondamentale manchevolezza, è stato costruito attorno all’evoluzionismo darwiniano tutto un castello di ipotesi “scientifiche” che giustificherebbero non solo il passato, ma soprattutto sarebbero in grado di orientare il progresso futuro in base al volere dell’uomo.

 

Forse possiamo dire, come terzo punto fisso, che né il Creazionismo né l’Evoluzionismo sono in grado di dare le prove “scientifiche” dell’origine dell’universo e della vita, almeno a tutt’oggi.

Quindi si può affermare che non esiste nessuna scienza consolidata che possa imprimere il suo sigillo di verità sull’origine della vita e del mondo.

Con queste basi condivisibili possiamo dire che nel momento in cui si affronta un qualsiasi problema sarebbe opportuno cercare di prendere in considerazione il principio di realtà, e cioè che siamo privi delle conoscenze di base, quindi possiamo dire, socraticamente, che sappiamo di non sapere.

Anche le verità scientifiche faticosamente accumulate possono eventualmente essere smentite davanti a nuove scoperte che mettono in crisi le labili certezze raggiunte.

 

Anche se la narrazione biblica dell’uomo nel suo paradiso terrestre dove tutto era disponibile, tranne il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, sembra essere lontana anni luce rispetto al mondo moderno, in realtà a ben guardare si scopre che essa è viva e ben presente anche ai nostri giorni.

 

E’ un dato di fatto che la natura ha fornito agli esseri umani tutto quello di cui hanno bisogno per poter vivere e tramandare la vita su questa terra, ma qualcuno ha pensato che l’opera di Dio, o della natura per chi lo preferisce, potesse essere migliorata, operazione che però prevede dei costi.

Chi si adopera per migliorare la condizione umana si aspetta in cambio un guadagno.

 

Anche oggi gli esseri umani ignorano spesso i doni offerti da madre natura andando alla ricerca di artifici nella speranza di migliorare la vita e ciò avviene solo perché qualcuno ha pensato di poter migliorare l’opera di Dio in cambio di denaro.

La formula che viene utilizzata a tale scopo prende il nome di progresso.

Qualche innovazione frutto dell’ingegno dell’uomo sicuramente è servita a migliorare la vita di tutti un esempio sono gli acquedotti che portano l’acqua pulita direttamente nelle case e con essa anche l’igiene che serve per tutelare la salute.

Qualche altra invenzione può essere considerata utile ma non indispensabile come lo è l’acqua, poi però esistono anche le invenzioni che sono decisamente dannose.

Basta pensare a come l’industria farmaceutica voglia portare in molti paesi dell’Africa prodotti genici sperimentali mentre ci sarebbe bisogno semplicemente di portare l’acqua, per parlare di quanto è accaduto con la recente pandemia da Covid 19.

La domanda che sorge allora è perché invece di dare alle popolazioni ciò di cui hanno realmente bisogno si cerca di dar loro cose inutili se non dannose?

Il tentativo di dare una risposta a questa interessante domanda riguarda tutti noi e ognuno può dare il suo contributo per capire il fenomeno.

Prof. Dina Nerozzi
Neuropsichiatra




Trump is still alive. Ma la polizia sapeva del cecchino…

Alziamo il braccio come Trump

Una giornata storica segnata dalla fortuna quella appena vissuta in Pennsylvania.

Per chi, come il Presidente Trump, crede nell’Onnipotente, segnata dalla volontà Divina.

Una giornata che ha permesso al mondo tutto di comprendere la forza di un uomo che non si piega mai.

Una giornata segnata dall’immagine di un uomo a cui era stato sparato in testa da pochi secondi e che si è rialzato con il braccio alzato in segno di vittoria per dare forza al suo popolo scevro del pericolo che lo aveva appena colpito più che sfiorato.

Una immagine che entrerà nei libri di storia e segnerà in modo indelebile il futuro degli Stati Uniti e del mondo intero.

Con l’attentato al Presidente Donald Trump il mondo, non solo gli Stati Uniti, è entrato in una nuova era.

In quel preciso momento la speranza di chi non crede che alla base dei rapporti fra le persone, i singoli Stati, vi debba essere il valore del rispetto delle tradizioni culturali a favore di un appiattimento su una unica visione della vita indistinta e senza radici, chi crede nella cultura della menzogna politica e della inversione fra bugia e verità a favore della propria parte, chi crede nell’uso del sistema giudiziario come ricatto o clava contro il “nemico”, chi crede di poter gestire i popoli attraverso la propaganda mediatica, chi parla di “libertà di pensiero” ma annichilisce il diritto di pensare, chi propugna e crede in questi non valori sa di avere davanti un leader che non ha paura di loro ed un popolo che, ancor più da oggi, sa di potersi affidare a lui le proprie sorti.

Quel braccio alzato è già entrato nella storia dell’umanità.

Intorno a quel braccio alzato si sono compattati valori e popoli che urlano da tempo il desiderio di non essere sfruttati, usati, strumentalizzati, presi in giro, impoveriti, usati come cavie, spremuti come limoni per favorire una green economy che di “green” non ha niente ma che vuota le tasche dei semplici a favore di pochi.

Questi esseri umani, persone che chiedono che le proprie tradizioni e la propria cultura venga rispettata, cittadini onesti, padri e madri, lavoratori con sogni semplici desiderosi solo di poter dare un futuro migliore ai propri figli, sanno che possono tornare a sognare.

Sognare un mondo con leaders che pensano ai propri popoli prima che a se stessi.

Donald Trump, per molti “il vero Presidente”, ha pensato al suo popolo prima che alla propria vita.

Non è scappato, ha dato forza a coloro che hanno temuto di aver perso un punto di riferimento.

Così facendo è diventato, ancor più credibile, ancor più punto di riferimento.

Al momento dello sparo mancavano 114 giorni alle elezioni presidenziali americane.

Per molti mancavano 114 giorni all’alba di un nuovo sogno di pace e di prosperità.

Chi ha idee diverse da queste ne ha diritto, ma farà bene a iniziare a rispettare chi è portatore di valori diversi e ponga termine allo strumento del denigrare per mettere fuori gioco all’avversario prima culturale e, solo dopo, politico.

“God and Country” è lo slogan dei sovranisti.

Uno slogan antico che permette di sognare moderno.

Intorno ad un braccio alzato che nulla ha ne di destra né di sinistra….. è solo un segno di forza nelle proprie convinzioni

Ignoto Uno

NdR dalle prima testimonianze raccolte dall’FBI di spettatori presenti la polizia era stata informata della presenza del cecchino ma non si è mossa!!!

 

https://tg24.sky.it/mondo/2024/07/14/attentato-trump-pennsylvania




Dove va la chiesa?

Che strada prenderà la “Chiesa sinodale”

voluta da Papa Francesco?

 

Oggi nel mondo “progressista” l’imperativo culturale è di essere nell’ordine: ”inclusivi”, “resilienti”, “sostenibili”, “green”, “accoglienti”, “politically correct”, ovviamente “antifascisti” e – se vogliamo essere al top del progressismo – anche “democratici” con tanto di tessera. Un tocco di cultura “woke”, giusto per utilizzare un termine esterofilo, non guasterebbe, ma da noi in Italia è ancora poco conosciuta, anche se c’è da ritenere che arriverà presto.

Con una simile carta d’identità si può stare certi che si finisce sulle pagine dei principali quotidiani di sinistra, come pure nei dibattiti delle variegate reti televisive presenti sul mercato. Infatti, nel nostro incompiuto bipolarismo odierno abbiamo: da una parte coloro che si ritengono “progressisti”, cioè i depositari del futuro luminoso già intravvisto da Marx, Lenin, Stalin, Mao, Pol Pot e da tutti gli epigoni delle svariate e sanguinarie rivoluzioni comuniste. Dall’altra i più modesti e moderati “conservatori”, alcuni dei quali non sempre sinceri, con le loro sfaccettature di centro, centro-destra e destra fino alle ali più estreme, ali che esistono del resto anche a sinistra.

Perché tutta questa premessa su destra-sinistra in un articolo che dovrebbe parlare del Papa? Perché legittimamente sempre più cattolici italiani, ma anche di tutto il mondo, si stanno interrogando se il pontefice attuale, Francesco, al secolo Jorge Maria Bergoglio, sia un po’ troppo “progressista” e se abbia intenzione di cambiare dall’interno, in maniera radicale, la Chiesa a lui affidata come successore dell’apostolo Pietro.

Non vorremmo essere irriverenti verso questo pontefice venuto “da molto lontano”, che nei fatti, sin dai primi giorni, si è dimostrato “rivoluzionario” se non addirittura eversore della tradizione apostolica cui eravamo abituati a conoscere con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI. Infatti ha concesso interviste al direttore di Repubblica, Scalfari, che non registrava ma mandava a memoria le sue risposte e poi le proponeva “molto liberamente” in lunghissime interviste non smentite dall’autore. Forse per questo sono iniziate a fare capolino affermazioni deflagranti che ci hanno stupito.

Saltando il “chi sono io per giudicare”, riferito a un gay “che cerca Dio”, Francesco non ha aggiunto che per evitare il peccato mortale e il rischio di “finire all’Inferno” sia opportuno che lo stesso gay smetta di compiere atti di amore omosessuale. Sembra del resto, non avere ricordato ai fedeli che la “castità” è un valore che si riferisce a tutti, eterosessuali e omosessuali, donne e uomini, sposati e single, consacrati o semplici credenti. Per lo più, il Papa evita di richiamarlo apertamente, così che sembra che la castità sia scomparsa dal “radar” ecclesiale. Ebbene, muovendo verso l’oggi dopo la follia della adorazione in Vaticano della Pachamama, una sorta di divinità delle tribù amazzoniche, davanti alla quale scandalosamente si sono inchinati preti e vescovi, prelati e semplici chierici. Nessuno si è dimenticato della “apertura” alle coppie irregolari, dove in pratica la situazione di evidente e aperto adulterio viene accettata e giustificata visto che possono prendere la comunione. Come anche la “benedizione delle coppie omosessuali” fatta di nascosto, senza ufficialità ma comunque fatta da un prete, una specie di preludio alla accettazione futura del matrimonio omosessuale perché “Dio accetta tutti tutti tutti, così come sono”,

Queste le parole spesso usate dal Numero uno in Vaticano verso gli LGBTQ+ …

E che dire della benedizione delle politiche green, come pure dei vaccini per il Covid definiti da Francesco un “atto d’amore”? Oppure del sostegno aperto alle tesi del World Economic Forum con le politiche antiumanistiche sul “grande reset”? E, andando avanti con le stranezze verso le quali Francesco ci ha abituato, come valutare le scelte accomodanti con la Cina tramite l’accordo bilaterale col quale, di fatto, il governo cinese mette becco sulla scelta di vescovi potendo imporre quelli “amici” del regime?

La novità più recente, e forse più importante, è quella odierna che riguarda la terza fase del Sinodo dei vescovi che si terrà in ottobre.

Orbene, anche qui la novità grossa è che Francesco sta imponendo una “agenda” ecclesiale basata sul concetto che la mentalità “sinodale” dovrebbe essere quella che regge e orienta la Chiesa del futuro, secondo la quale, il ruolo della gerarchia “Papa, Cardinali, Vescovi, Parroci ecc.” viene ridotto quasi a, e dove a imperare in una sorta di nuovo “parlamento ecclesiale” è appunto l’assemblea sinodale all’interno della quale tutti possono dire la loro. Curiosamente, quasi si arriva a utilizzare il principio grillino dell’ “uno vale uno”, nel senso che l’ultimo dei fedeli potrebbe essere portatore di una visione di valori e di istanze reputate equivalenti o superiori a quelli espressi dalla stessa gerarchia, la gestione dei fedeli potrebbe essere affidata a una sorta di assemblea di base all’insegna di un inedito “politically correct” ecclesiale.

Perché ci soffermiamo su questi aspetti? Perché la visione di Francesco, almeno ciò che si lascia intuire, è quella di spostare l’asse culturale e gerarchico della Chiesa cattolica verso una sorta di “progressismo inclusivo e resiliente”, dove si prefigurano senza dirlo apertamente, una nuova struttura ecclesiale in stile protestante, con il Papa non più apertamente considerato Vicario di Cristo in terra e coi pieni poteri a lui conferiti “Ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”, ma una sorta di primus inter pares, che dialoga con luterani, ortodossi, evangelici e similari quasi alla pari, rinunciando nei fatti all’autorità conferita a Pietro e ai suoi successori un paio di migliaia di anni fa da Gesù in persona.

Sarà giusta questa interpretazione progressista della Chiesa di Francesco? Oppure la sua “Chiesa sinodale” è una forzatura riduttiva e snaturante della Chiesa tradizionale che abbiamo sin qui conosciuto? Lo “strumento di lavoro” del Sinodo varato nei giorni scorsi lascia aperte molte domande su questioni quali ruolo della gerarchia, assemblee sinodali, ruolo delle donne, accoglienza e integrazione dei gay e di tutte le minoranze possibili e immaginabili. Nel frattempo con i riottosi che cercano di resistere alle sue novità, definite “processi”, Francesco ci va giù pesante e con chi non “si allinea”, è forse un esempio mons. Viganò e diversi istituti religiosi maschili e femminili “tradizionalisti”, arrivano scomuniche, espulsioni dallo stato religioso, confisca dei beni dei monasteri, riduzione sul lastrico di interi gruppi di suore o religiosi colpevoli di essere legati ai loro carismi all’ “antica”.

Per i credenti “normali”, come probabilmente molti di noi sono, il momento è molto preoccupante ma anche promettente.

O la Chiesa prende coscienza che qualcosa di profondo sta avvenendo, oppure c’è il rischio che fra qualche anno o decennio ci sveglieremo e scopriremo che quella istituzione spirituale voluta da Gesù si sia trasformata in una specie di gigantesca Ong, se non peggio ….

Molti lo temono, altri sono fiduciosi che non accadrà.

Non praevalebunt, ovvero le porte degli inferi non prevarranno.

Il Credente




“Cosa ti piace davvero?”

Se lo sai, hai un Destino!

Un “destino” di nome Roberta

“Din!” Tintinna la notifica di whatsapp all’arrivo di un nuovo messaggio. È un aggiornamento di Roberta Callegari, titolare della libreria Wälti e organizzatrice di eventi culturali a Lugano. Ho un tuffo al cuore. Le rispondo prontamente che ci sarò, e che mi piacerebbe intervistare lo Scrittore. Presto fatto. In pochi minuti mi conferma l’appuntamento per il giorno dopo. 

Igor Sibaldi ritorna in Città per presentare uno dei suoi ultimi libri, pubblicato a maggio di quest’anno per Mondadori: “Ribellarsi al destino – Impara a non rassegnarti e prendi sul serio i tuoi desideri”. Sono queste parole a risuonare in me, come accade fra diapason tarati alla stessa frequenza. Un “destino” di nome Roberta ci permette di incontrarci in una saletta del LAC, affacciata sul chiostro della Chiesa Santa Maria degli Angioli.

È la prima volta che lo incontro di persona e, seduta accanto a lui, non posso non notare il colore cangiante e rarissimo dei suoi occhi. 

“Perché Suor Soubrette?” Mi chiede con un sorriso. 

Gli rispondo porgendogli una copia del mio libro, che avevo portato con me completo di dedica personalizzata. “Igor”, così mi fa sapere di voler essere chiamato, è un uomo “down to earth”. Semplice e schietto. Mi sento a mio agio. Gli anticipo cosa ho pensato di scrivere a mo’ di introduzione all’articolo. È d’accordo. Ed ecco, in sintesi, di cosa parleremo. 

Sommario

Cos’è il Destino? Nel Sibaldi pensiero è una sorta di gabbia dorata – l’immagine è mia, nel tentativo di esprimervi il suo messaggio in metafora – posata su certezze assolute imposte da famiglia, società, sistema educativo, psicologia, morale, progresso… Le sbarre sono costituite da limitazioni sia interiori, sia collettive. Chiusi lì dentro, ci si è assuefatti a un linguaggio intriso di “Devi… Non devi… Puoi… Non puoi…” e il tremendissimo “bisogna”, con cui non ce la si può prendere perché non c’è nessuno con cui confrontarsi. Bisogna e basta. Ecco. Nella prigione dorata del Destino, definito dall’Autore come “sensazione che una qualche forza sconosciuta stia limitando la mia libertà”, vivono, anzi, sopravvivono gli “adeguati”. Questi ultimi sono, purtroppo, la maggioranza silenziosa di chi non osa farsi domande, né mettere alcunché in discussione.

Ed ecco che Igor porge una chiave a chiunque desideri rispondere al suo appello: “Puoi uscire di lì, a patto che tu risponda alla domanda: ‘Cosa ti piace DAVVERO?’”. 

E qui, la massa si divide in due gruppi: quelli che rispondono con certezza, in pochi secondi, hanno un destino, cioè avvertono una sensazione di limitatezza, accorgendosi di desiderare qualcosa che ancora non sono, non fanno, non hanno… Gli altri, quelli che ci pensano troppo, si chiedono se possano o non possano, debbano o non debbano, desiderare alcunché al di fuori della gabbia dei puoi, devi e bisogna.

La chiave comunque è stata offerta a chiunque voglia trovare, al di fuori del sistema, un’autentica libertà.

Ma c’è un prezzo da pagare: per intraprendere il suo viaggio dell’Eroe alla conquista del vero Sé e dei propri Desideri, il “disadeguante” deve trovare la forza per mollare tutto e, se necessario, ripartire da zero. E dove può ricavare questa energia? Secondo Igor nei suoi “difetti”, che assurgono al ruolo di Mentori.

Gli avversari invece sono sempre i suoi limiti, auto o etero imposti che siano.

Il premio finale, il “successus”, è dell’Eroe che rinuncia a chi era ed è, per lasciar posto a chi sarà. L’importante è che, durante il suo non facile percorso, impari a fidarsi di ciò che gli può accadere. E qui, Igor mette in evidenza come il verbo inglese “happen”, accadere appunto, condivida la sua radice con il sostantivo “happiness”, felicità. Come a dire: sei felice se non ti accontenti e ti fidi di ciò che ti può succedere.

Incontro con Igor Sibaldi

J.L.: Cosa vuol dire “desiderare”?

I.S.: Il contrario di “considerare”. Considerare vuol dire “tener conto delle autorità”. Desiderare vuol dire “non mi importano le autorità”. Le autorità possono essere i governi, la massa, la tradizione, i genitori. Considerare vuol dire “Io considero tutto, sono una persona prudente e attenta.” De-sidero, De-siderare: “Me ne vado via, ignoro le autorità e ragiono con la mia testa.” 

J.L.: Da dove vengono i desideri?

I.S.: Dal futuro. 

J.L.: Possiamo considerarli indizi di chi siamo realmente?

I.S.:. No. Di chi saremo. 

J.L.: In che modo hanno a che vedere con la nostra chiamata?

I.S.: La nostra chiamata è il futuro nostro che comincia a battere un po’ i piedi: “Insomma, arrivi o non arrivi?” Tutti pensano che il futuro non ci sia, ma il futuro c’è eccome! Ci sono tanti futuri. E il futuro più importante è quello che si chiama di solito “chiamata”, che ispira i desideri. 

J.L.: Che cosa intendi qui per difetti?

I.S.: I difetti sono, secondo me, le proteste all’adeguamento. La massa dice: “Bisogna fare questo e quest’altro sennò non vai bene, sennò non sei normale.” Difetto è dire: “No, io non sono normale e neppure voglio esserlo.”

J.L.: Chi ha stabilito siano difetti? 

I.S.:  La tradizione. E la morale. Morale nel senso: usi e costumi di una determinata epoca… Che naturalmente sono diversi dagli usi e costumi dell’epoca precedente e di un’epoca futura. 

J.L.: In base a quali parametri di riferimento?

I.S.: In base al criterio di adattamento. Quella che si chiama “pressione selettiva”. O sei così, o non ti prendo in considerazione. Se hai ancora il Nokia, non ti guardo neanche. È un difetto avere un Nokia, naturalmente. 

J.L.: (in un sospiro gli confido di averne uno, appena acquistato)

I.S.: (sorride)

J.L.: C’è chi ha fatto dei difetti un pretesto per inseguire un ideale di perfezione… Un’altra prigione?

I.S.: Purtroppo sì. Perché l’ideale di perfezione, se uno lo precisa prima di raggiungerlo, è ancora passato. C’è un passo bello della Bibbia, Genesi capitolo 12, in cui Dio si rivolge ad Abramo che è già anziano, e gli dice: “Cambia vita”. Gli dice: “Vieni e ti porterò in un paese che io ti indicherò quando sarai partito. Cioè, non partire per un programma già pronto, altrimenti non mi interessi.” Il problema degli ideali è che sono basati su quello che uno sa adesso, e sono delle preclusioni a tutte le possibilità future. 

J.L.: Chi e cosa sono gli avversari interiori?

I.S.: Sono numerosissimi. Tutti quelli che popolano il nostro passato. Quasi tutti, naturalmente. Possiamo benissimo elencare ai primi posti i nostri genitori. Gli amici, i fidanzati, gli insegnanti… E così via… Poi, naturalmente, tutte le persone che gli altri rispettano e che noi pensiamo di dover rispettare. Il peggiore di tutti, il più cattivo, non è una persona, non è una figura umana, ma è il senso di colpa. 

J.L.: Conviene affrontarli, combatterli e vincerli o conviene piuttosto ignorarli? 

I.S.: Ignorarli è impossibile. Bisogna per forza venirne a capo. Tanto per citare ancora la Bibbia, c’è questa interpretazione consueta della storia di Caino e Abele, che vuole che Caino sia un contadino e che Abele sia un pastore. Nel testo originale non è scritto così. Nel testo originale Caino è un esploratore, e Abele è un costruttore di recinti. E sono fratelli. E Caino non sopporta di avere come punto di riferimento, come personalità critica che lo giudica, un costruttore di recinti. E l’unica possibilità di disfarsene è, secondo la Bibbia, eliminarlo. Tanto non si elimina mai Abele. Ritorna sempre. La cosa curiosa è che, dopo l’assassinio di Abele, Caino non chiede scusa. (Ride) E Dio non lo punisce. 

J.L.: Non lo punisce?

I.S.: No. Anzi. “Vai via da qua”, gli dice. Caino ha preso dalla mamma, che è Eva. Che è quella che ha disobbedito. E quella volta Yahveh dice: “Fuori di qui.” E loro (Adamo ed Eva ndr) han detto: “Va bene. Non vedevamo l’ora di uscire. Non ne potevamo più di stare qui dentro, in questo giardino sbarrato…” E con Caino fa lo stesso, lo manda via. E poi Yahveh ci pensa e dice: “Speriamo che nessuno lo superi, Caino, perché se incontra uno più forte di lui, quello lì sarà ancora peggiore.” Allora spara un incantesimo su Caino, che nessuno può superare la disobbedienza di Caino perché sennò, diventa troppo preoccupante. “Che nessuno tocchi Caino!” Di solito si pensa che voglia dire: “Nessuno se la prenda con il criminale!” Non è questo, è un’altra cosa. La Bibbia è piena di sorprese. 

J.L.: Potremmo fare dei nostri avversari interiori dei mentori? Degli alleati, invece che dei nemici?

I.S.: No. Sono draghi. I draghi sono animali interessantissimi, nella mitologia. Talmente interessanti che sono gli unici animali fantastici che compaiono nelle leggende dei santi. Vedi San Giorgio… Non ci sono unicorni, non ci sono fate, non ci sono gnomi, elfi… I draghi ci sono. Sono veramente una grande scoperta dell’umanità, i draghi. Inspiegabile. La paleontologia è del diciottesimo, diciannovesimo secolo. Cioè fino a fine Settecento e inizio Ottocento non sapevamo come fossero i dinosauri. La paleontologia è recentissima, come scienza. I draghi, nel Medioevo, addirittura nell’età greca, erano già “dinosauri”. Li avevan già visti! Ma come han fatto gli antichi a immaginare un dinosauro se i dinosauri sono scomparsi decine di milioni di anni prima che comparisse l’uomo? Questo è un bel problema che nessuno ha risolto… Interessante dal punto di vista mitologico è che il drago rappresenta sempre il passato. Il passato che non vuole passare. L’eroe a un certo punto deve uccidere questo drago. E quando uccide il drago, trova i tesori. Un tesoro lo trova Sigfrido, subito, nell’invulnerabilità. Uccide il drago e diventa invulnerabile. Il drago di Tolkien è seduto su un tesoro. Se uno riesce a eliminare il passato, trova un tesoro. È difficilissimo d’altra parte…

J.L.: Quali sono gli avversari collettivi e come possiamo riconoscere, combattere e vincere anche loro? 

I.S.: I peggiori di tutti – è una cosa che nessuno conosce – ne parlo tanto, ma vedo che non prende, questo argomento, anche se secondo me è appassionantissimo – è il conscio collettivo. Si parla tanto di inconscio collettivo. In Svizzera c’era Jung, che scopre l’inconscio collettivo. Il conscio collettivo è peggio. Il conscio collettivo è quello che si pensa di solito. È quello che è bene sapere per essere presenti, contemporanei. Non solo sapere ma anche pensare, ragionare, considerare… Questo è il conscio collettivo. Il conscio collettivo è un nemico potentissimo. Il conscio collettivo è fatto di “noi”. Il noi ha una caratteristica come pronome culturale: ha un nemico che non può tollerare, un nemico mortale del noi, mortale nel senso che il noi lo fa sempre fuori, che è l’io. Cioè il noi non tollera l’io. Il conscio collettivo è un noi. E l’io deve fare i conti con questo noi. Di solito resiste un pochino durante l’adolescenza, e poi cede e diventa un noi. L’io diventa come loro. Cioè io non sono più io, ma io divento una parte di un noi, che può essere tradizionalista, contestatario, innovatore, ribelle, però è sempre un noi. È una mentalità plurale, in cui l’io non è sopportabile. Il noi è quello che fa le guerre… Ci sono grandi esempi. L’esempio principale è nei Vangeli di Gesù, che continua a ribadire l’importanza dell’io… I Vangeli sono un romanzo di lotta fra l’io e il voi. Gesù ha sempre qualcuno che chiama “voi”. Voi, voi, voi, voi… Poi è venuto San Paolo che è molto più politico: “Sì, ‘io’ fino a un certo punto, l’io deve formare una bella rete di ‘noi’, che io dirigo…” (ride)

J.L.: … E ha posto le basi della chiesa, come la conosciamo oggi.  

I.S.: “Trasumanar significar per verba non si poria” – dice Igor, citando Dante nel primo canto del Paradiso – “Trasumanare” non si può dire per parole. Ma se uno l’ha provato, capisce quello che sto dicendo. È bello quel passo del Paradiso. Dice: “Io non te lo posso spiegare. Ti dò l’idea. Però se non l’hai provato lasciamo stare, fai finta di niente. Se l’hai provato però, ci capiamo bene. Quello che non ti posso spiegare neanche tu puoi spiegarlo, ma se l’hai provato ci capiamo.” Si comunica sempre nonostante le parole. Prima speravo che si comunicasse attraverso le parole, adesso si comunica nonostante le parole. Si comunica sempre per una forma di telepatia. Durante le conferenze… In tutte le forme d’arte è così. Se uno legge un libro, sono una serie di parole messe su una pagina. Se non c’è un pochino di telepatia, se non c’è un contatto che passa non attraverso le parole, ma nonostante le parole, non c’è dialogo. 

J.L.: “Adeguàti”. Si nasce con questa predisposizione all’adeguamento, o ci si adegua nel tempo? 

I.S.: Nooo… Cinque anni di elementari. Tre anni di medie… Cinque anni di superiori… Sono tredici anni di addestramento. Nessun animale ha un addestramento così lungo. Il gatto dopo un anno sa già tutto quello che c’è da sapere. L’uomo ha bisogno di tredici anni di ammaestramento. Tredici anni, per farlo diventare “adeguato”. Evidentemente c’è una resistenza terribile. Altrimenti le scuole durerebbero due anni, tre anni al massimo…

J.L.: E ribelli, si nasce o si impara a esserlo?

I.S.: Si nasce, come dimostra qualsiasi conversazione con un bambino che abbia meno di tre anni, basata sul “perché”. L’adulto fa resistenza. Una persona ribelle o rivoltosa è una persona che chiede perché. Quelli che non chiedono, si sono adeguati. Un bambino chiede perché. Poi comincia ad adeguarsi quando si accorge che l’adulto non è che non risponde perché non sa, non risponde perché non capisce. Prima grande delusione verso i tre, quattro anni. Poi verso i cinque, sei anni un’altra scoperta triste è che le parole del linguaggio comune non sono sufficienti. Non sono sufficienti a dire tutto quello che si potrebbe dire. Il vocabolario attivo di una certa epoca, specialmente della nostra, è scarso. Quindi per descrivere certe sfumature di sentimento, certe sfumature di percezione, non basta. È una scoperta molto rattristante, molto triste, che vuol dire che non potrò mai esprimermi… A meno che non diventi un artista. Però non tutti sanno che c’è questa scappatoia. Dopo comincia l’addestramento della scuola, e tutto il resto.  

J.L.: Come possiamo imparare a ribellarci al nostro destino?

I.S.: Si tratta di imparare, perché nessuno dei corsi attualmente immaginabili, scolastici, universitari e così via, tratta di questo argomento. Sono tutti corsi che si basano sull’adeguamento a qualcosa. Il destino può essere il destino collettivo, che è quello della maggioranza delle persone, o può essere il destino personale. Ci sono sempre i limiti. Limiti condivisi o limiti non condivisi. Le persone per bene, le persone non disturbate diciamo, tendono ad adeguarsi, all’inizio, per evitare problemi. Poi bisogna per forza reimparare, da adulti, quello che si sapeva già da bambini. Che si può chiedere perché. E i perché più utili sono quelli che non hanno risposta. Il grosso problema sono le domande che hanno già risposta… A scuola ti fanno domande che hanno la risposta pronta, e lo stesso quando sei tu a fare domande. Questo, dal punto di vista intellettuale, è una sciagura… Uno vince, fa punti, quando trova domande che non hanno risposta. Per ora. E ci vuole qualche settimana, qualche mese… E durante qualche settimana, qualche mese uno cresce tantissimo, grazie al fatto che ha trovato la domanda che finalmente non ha risposta. I cosiddetti “ribelli” al proprio destino e al destino collettivo, sono quelli che trovano le domande migliori. Naturalmente hanno una trappola, che è una qualche ideologia già pronta, che strumentalizza i ribelli. Cioè, c’è gente che fa domande domande domande, e c’è chi dice: “Ti dò io le risposte… Ma tu devi votare me. Devi seguire me, comperare i miei libri e i miei gadget.”

J.L. Come possiamo imparare a fidarci di ciò che ci può succedere?

I.S.:  Difficilissimo. Fidarci di quello che i latini chiamavano “successus”, quello che gli Inglesi chiamano “happiness”: essere in buoni rapporti col verbo “happen”, il verbo succedere. Difficilissimo. Tutti gli animali lo sanno fare. Gli animali, avendo una memoria molto spaziosa e non facilmente offendibile, si fidano di quello che può succedere. Devono cacciare, non hanno il supermercato… L’uomo, l’umanità, specialmente oggi, teme tantissimo quello che può succedere. Solo che è bene sapere che la parola “fortuna” viene dal vocabolo “forse”, che è lasciare un’incertezza sul futuro. Se uno non lascia e non ama questa incertezza, di fortuna non ne ha. E poi naturalmente se non si fida di quello che può succedere gliene capitano di tutti i colori. Perché deve dimostrare a se stesso che ha ragione a non fidarsi. E allora mi fido, ed ecco che mi dimentico le chiavi della macchina da qualche parte. Mi sono fidato, ed ecco che mi fidanzo con quella là. Ma porca miseria, se non mi fossi fidato… E sono tutte strategie di auto delusione per dimostrarci che è vero il modo di dire che chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che perde, non sa quello che trova. 

J.L.: Come facciamo a capire se siamo autenticamente liberi?

I.S.: Se sorridiamo. Naturalmente, non per cortesia. C’è una contrazione dei muscoli involontari dei muscoli delle guance, che porta al sorriso. Quello lì è un riflesso fisiologico, un sintomo di libertà. 

J.L.: Successo e essere felici vanno di pari passo o può anche essere che la felicità non sia, necessariamente, inclusa nel pacchetto “successo”?

I.S.: Ma… Dipende, perché in Italiano essere felici è una forma di contentezza. La felicità non è contentezza. Filologicamente non c’entra niente. Contento è uno che decide di farsi contenere, nella sua situazione. E tanti si rassegnano a essere contenti e pensano di essere felici. Invece felice sarebbe una persona che non si rassegna, che non si lascia contenere, che vuole sempre molto, molto di più ed è entusiasta di volere questo molto di più. 

J.L.:  Qual è il ruolo della mente, in questo viaggio eroico di uscita dalla morsa del Destino?

I.S.: Consigliera. 

J.L.: Qual è il ruolo giocato dalla fede?

I.S.: Grande freno. 

J.L.: Ok. Mettiamola su questo piano. A me piace molto e mi ispira distinguere sempre la spiritualità dalla religiosità. La spiritualità, perlomeno nella mia sensazione, è qualcosa che puoi sperimentare se non ti sei adeguato. La religiosità, invece, è qualcosa alla quale ti attieni magari per non sentirti in colpa o per mille altri motivi, quando ti adegui. Quindi, parlando di fede spirituale e non religiosa, dici lo stesso che è un grande freno?

I.S.: Sì. La differenza tra spiritualità e religiosità è una differenza di concretezza. La religione è chiara. La parola è chiara. Il verbo “religare” vuol dire “legare” la vite al sostegno. Che cresca lì e non cresca altrove. Chiaro. Spiritualità è molto vago. Spiritualità è vaghissimo, come termine. Perché si basa sulla parola spirito e nessuno che io conosca conosce il significato della parola spirito, nessuno per esempio sa definire la differenza tra spirito e anima. Dire “spiritualità” è come dire “nuvolette”. Il termine è volutamente modesto per motivi editoriali. Perché dire “spiritualità” è più evocativo. In realtà quello che sarebbe spiritualità, sarebbe filosofia. Solo che se uno dice filosofia come genere letterario, i lettori si scoraggiano. E allora si chiama “spiritualità”. Spiritualità è un po’ più disimpegnato di religione, bisogna vedere che cosa intendono le persone per spiritualità. Spiritualità vuol dire, penso, interesse per realtà che una persona può sperimentare da sola, per conto suo, senza maestri o con maestri temporanei. Allora questo va bene. Naturalmente la fede diventa un’ancora, l’ancora è utile quando si vuole stare in porto. Quando uno vuole stare in porto la fede è utilissima. Quando una persona si stufa di stare in porto, allora la fede diventa un intralcio. 

J.L.: Quali sono, secondo te, i valori più importanti con i quali equipaggiarci per uscire dalla morsa del destino… Se credi che possano esserci d’aiuto… 

I.S.: Ce n’è uno solo. La scoperta.

J.L.: E il ruolo del coraggio e della paura, nel risvegliarsi e rendersi conto che qualcosa andrebbe cambiato? 

I.S.: Coraggio è una parola molto sopravvalutata. È un epifenomeno. La paura scatta quando uno si trattiene. Basta non trattenersi e non c’è neanche bisogno di coraggio. 

J.L.: Come possiamo trovare la forza – uso questo termine per evitare la parola “coraggio”, che mi hai appena smontato – di mollare tutto? Su cosa si può fare leva se si vuole offrire a un essere umano l’opportunità di conquistare questa autentica libertà di cui si è parlato all’inizio? 

I.S.: Una volta avevo un amico molto caro, che era un pittore, anziano. È molto interessante parlare coi pittori mentre dipingono. Sono intelligentissimi in quel momento. Così come sono ispirati nel pennello, sono ispirati nelle parole. E gli chiedo: “Ennio – si chiama Ennio Toniolo – perché non ho il coraggio di guardare le nuvole? A me piacciono tantissimo le nuvole, però se le guardo dopo qualche secondo abbasso lo sguardo. Come mai..?” “Perché non sei abbastanza. Nuvole sono, tu non sei abbastanza…Ovvio.” Mi dice. “E come si fa a essere?” Lui mi dice, dipingendo: “Non si fa. Si è.” (Ride). 

J.L.: E questo essere è in continuo divenire…”

I.S.: Sì, essere vuol dire sentire che ti manca qualcosa. Quando una persona “è”, qualsiasi cosa sia, non c’è dubbio che appena accetta l’idea di essere qualcosa, si accorge che è troppo poco. E quindi comincia a divenire. 

J.L.: Come sei riuscito tu, a ribellarti al tuo destino? Sei nato in un contesto che ti ha permesso più libertà in questo senso? 

I.S.: Un po’ sicuramente il contesto. Perché metà famiglia russa, metà famiglia italiana… Avere due patrie vuol dire non averne nessuna, per essere fatalmente diversi. E poi la noia. La grande amica. Appena arriva la noia, è un regalo. Se una persona è sensibile alla noia, è salva. 

 




I Patrioti

Gentile e Croce vs Schlein e Conte

Nel parlamento europeo si è formato un nuovo gruppo denominato “patrioti”.

Interessante notare l’immediato attacco da parte dei media italiani, una vera e propria azione di “Killeraggio” quella che alcune testate hanno intrapreso nei confronti di questa nuova e numericamente rilevante compagine politica.

“Camerati” sono stati definiti i suoi membri.

Questo atteggiamento mediatico porta chi scrive ad attuare una semplice azione di sillogismo.

Il ragionamento deduttivo della logica aristotelica è, di questo sono certo, un utile impegno della mente, peccato che sia sempre più sconosciuto sia ai cosiddetti intellettuali che a molti, quasi tutti, i leaders politici italiani.

La premessa è che i parlamentari appartenenti a questo gruppo sono stati eletti attraverso libere elezioni nelle loro nazioni. Certamente questo vale per i leghisti, partito che ha aderito ai Patrioti nel parlamento europeo.

L’affermazione maggiore, o “a contrasto”, di chi è ostile alle idee proposte da detto gruppo può essere ridotta a sintesi in queste parole: “sono camerati”.

Affermazione ad effetto e, almeno per chi scrive, calunniosa.

Solo per rispetto del lettore affermo di aver votato il generale, ora onorevole, Vannacci e di essere graniticamente antifascista.

Anzi di sentirmi fortemente calunniato se accostato al concetto di “camerata”.

Essere cristiano liberale, per i palati più fini direi Crociano, è assai vicino a molte delle posizioni dei Patrioti nel parlamento europeo ed assai lontano dai fascisti, neo o ante litteram che siano.

In fondo sono proprio dei membri della gioventù vicina al partito della Premier ad essere stati notati per atteggiamenti richiamanti il famoso ventennio è la Meloni parrebbe voler appoggiare la candidatura tanto amata dai ben pensanti della Von der Leyen. Fatto che rende la Premier poco attaccabile da molti.

Tornando, però, al sillogismo presente in questo mio ragionamento, la conclusione che ne deriva necessariamente è che gli elettori che hanno votato per i partiti che hanno aderito a questo gruppo, in Italia la Lega, sono dei “camerati”, cioè dei fascisti.

Fatto che nelle righe precedenti ho escluso per buona parte di coloro che si sentono rappresentati da chi propone quelle idee. Idee Crociane per l’appunto.

Furono Benedetto Croce e Giovanni Gentile, infatti, i principali filosofi dell’idealismo italiano.

Impossibile non notare, almeno per chi ha la passione per Giovan Battista Vico e la sua teoria sui corsi e ricorsi storici, le similitudini fra il periodo in cui i due filosofi formarono il loro pensiero contrapposto al positivismo e quanto vediamo accadere oggi nel nostro occidente.

L’idealismo, infatti, si formò come reazione al positivismo agli inizi del ventesimo secolo esattamente per merito di Giovanni Gentile e Benedetto Croce.

Confronto che i due scienziati del sapere affrontavano anche pubblicamente attraverso i loro scritti sulla rivista La Critica.

Entrambi ritenevano che le teorie dominanti, al tempo il positivismo, fossero pericolose e deteriori.

Oggi per molti le ideologie gender e green causano la stessa reazione.

Proprio quel costruttivo confronto permise il formarsi di una teoria contrapposta a quella allora dominante.

Pensiero che, da follower direbbe gli esperti di marketing di oggi, divenne maggioritario e che i ben pensanti del tempo cercarono di reprimere.

Di nuovo chiare le analogie con l’oggi.

Il pensiero idealista di Gentile e Croce trovava origine nelle teorie filosofiche di Hegel, sarebbe stato saggio al tempo confrontarsi con le stesse e non cercare di minimizzarle, reprimerle.

Detto percorso intellettuale voleva contrapporsi al marxismo ed al materialismo, ne aveva lo spessore, la qualità intellettuale.

Ridurlo a “barzelletta da reprimere” ha permesso ai più esaltati di prendere il sopravvento sui più moderati, lo conseguenze le abbiamo subite tutti.

Croce e Gentile, proprio per questo elemento denigratorio, presero strade diverse.

Il primo fu mentore del pensiero liberale e conservatore, il secondo divenne parte del partito fascista pur se più orientato ad una idea di liberismo quasi mazziniano.

Ne scrivo oggi perché il tanto parlare a vanvera, si usa definirli slogan, oltre ad essere spesso calunnioso è, anche, assai privo di spessore . Inoltre assai pericoloso per la tenuta democratica di molti Stati occidentali.

Le parole vengono usate come “clave” da chi detiene il cosiddetto potere.

Essi ritengono le stesse strumento di denigrazione e di annichilamento di colui che è portatore di un pensiero opposto.

In fondo hanno solo paura di perdere i benefici del potere.

Tutto questo, ovviamente, facilitato da un sistema mediatico oramai più propenso a fare propaganda per la propria parte che a mantenere un ruolo “terzo” utile al confronto fra idee opposte e, così facendo, porsi come garante del libero scambio di opinioni. Elemento questo cardine della tenuta democratica.

Facile, infatti, dare del “camerata” o del “cospirazionista” in assenza di contraddittorio. Facile ma assai pericoloso nel medio periodo.

Oggi i vari esponenti della sinistra italiana ed europea ritengono, esattamente come al tempo, che l’arte del denigrare garantirà loro il mantenimento del potere.

Io, cultore del confronto democratico, vivo questo loro espediente come la ripetizione di un errore storico.

Ignoto Uno




Tre proposte da appoggiare

In scadenza i termini per la raccolta firme di tre importanti proposte di legge di iniziativa popolare.

I media ed i partiti dell’arco parlamentare tacciono.

Nel più stridulo e rumoroso silenzio dei Media e di tutti i partiti dell’arco parlamentare stanno per scadere i termini per la raccolta firme di tre importantissime proposte di legge popolare.

  • Diritto alla libertà di pagare in contanti
  • Stop all’indottrinamento Gender nelle scuole
  • Diritto all’autoproduzione del cibo Proposte di legge annunciate in Gazzetta Ufficiale 23AO6500 G.U. Serie Generale 274 del 23/11/2023 le cui firme possono essere raccolte da tutti i cittadini aventi diritto al voto, dal 15 Gennaio 2024 fino al 15 Luglio 2024 presso tutti gli uffici elettorali dei propri municipi e comuni.

Scarsa ed insignificante l’informazione che i media hanno svolto per queste proposte di legge, complici anche tutti i partiti dell’arco parlamentare, che ben si son guardati dal promuoverli, nonostante il grande interesse che questi temi hanno trovato nella maggioranza cittadini.

Proposte di legge che rafforzano fortemente la volontà popolare, rilevabile anche in maniera determinata, dalle espressioni di voto risultate dalle ultime tornate elettorali.

Ricordiamo che nelle politiche dello scorso anno si è assistito ad un forte cambio di passo che i cittadini hanno voluto dare attraverso il voto, bocciando tutti quei partiti che hanno promosso o imposto le politiche green, che arriverebbero addirittura ad imporre il veto alla autoproduzione di cibo, alle politiche economiche finanziarie, con l’assurda restrizione all’uso dei contanti ed alle politiche sociali con l’indottrinamento gender nelle scuole, in nome di innaturali introduzioni di genere oltre al naturale maschio e femmina.

Voto che nonostante il sensibile cambio di passo che i cittadini hanno voluto dare con il voto, non ha sortito i risultati sperati, avendo il governo eletto, continuato proprio quelle politiche che i cittadini votanti avevano bocciato.

Democrazia rappresentativa dei cittadini o di lobby di potere?

Sembra essere questo il quesito che tanti si pongono.

Non a caso alcuni movimenti di cittadini, in tutto il territorio nazionale, hanno sentito l’esigenza di proporre queste proposte di legge fuori dalle sigle dei partiti, e seguendo le regole che lo stato impone per la presentazione di leggi di iniziativa popolare.

Un sistema che identifica la volontà di partecipazione ad un cambiamento che non trova riscontro nella politica, tanto da far nascere il successo di quel libro scritto, in maniera semplice, rappresentando il pensiero di quella grandissima maggioranza di Italiani, stanca di leggi assai discutibili, innaturali, complicate, burocratiche e fortemente restrittive, e troppo spesso non fruibili, che forse servono solo a far cassa, complicando la vita dei cittadini oramai assai indispettiti.

Libro che ha raggiunto in Italia record di vendite talmente elevate che forse a suscitato un certo fastidio a blasonati scrittori, giornalisti e conduttori, che giammai hanno provato l’ebbrezza di simili numeri.

Libro, assai chiacchierato, sembrerebbe in maniera particolare da chi non lo ha letto, più per principio ideologico o di politicamente corretto, che da tutti i cittadini che lo hanno acquistato.

Libro che ha dato un così grande successo al suo autore, da essere stato brillantemente eletto alle recentissime elezioni Europee.

Ritornando al tema del titolo, non entriamo nel merito delle tre proposte di legge, dal momento che sarebbe impossibile in un semplice articolo descriverne contenuti effetti ed altro.

Siamo certi che se ci fosse stata una opportuna informazione seguiti da democratici dibattiti, con pro e contro, i cittadini si sarebbero potuto farsi un’idea.

Oggi, è più difficile, dati i tempi, ma l’opportunità di promuovere leggi di iniziativa popolare, che poi possano essere discusse in parlamento ed eventualmente modificate prima della sua definitiva approvazione, sarebbe un bel salto di democrazia e civiltà.

Per cui recarsi nei propri rispettivi comuni o municipi, che non possono rifiutarsi o disconoscere, e chiedere di apporre le firma per le proposte di legge sopra citate, significa esercitare uno dei diritti democratici.

Riflettere tuttavia che in Italia le informazioni prendano strane strade, lo si evince anche dalla imminente scadenza al 30 giugno 2024 per chi vuole opporsi al trasferimento all’interno del fascicolo dei suoi dati sanitari raccolti tra il 2012 ed il 19 maggio 2020. Ricordiamo che per farlo, si deve seguire la procedura sul sito “www.sistemats.it”.

Una procedura assai complessa, anche se descritta come semplice, e che a detta di molti richiede tempo e non sempre va a buon fine, costringendo l’esecutore a ricominciare o a lasciar perdere.

Sarà questo il motivo per cui al 25 giugno coloro che si sono opposti erano 90.640 (dei quali 6.371 minorenni), lo 0,15% degli italiani?

O forse non tutti sono a conoscenza che bisogna opporsi e che la scadenza è il 30 giugno?

Chiedersi come mai bisogna opporsi ad un inserimento all’interno di un fascicolo che contiene dati sanitari, piuttosto che richiedere l’inserimento, come forse sarebbe ovvio, anche per far esprimere una volontà democratica di scelta, lascia aperte tante ipotesi, tutte percorribili, che esulano da quella che viene proposta come una “opportunità”, specialmente alla luce dei trascorsi evidenziati da quel discutibile periodo che vide la nascita del “greenpass”.

Si tratterà forse di un Green pass occulto?

Ettore Lembo