Mattarella, fu vera gloria?

L’attuale politica italiana e le istituzioni democratiche sembrano vivere una fase difficile nella quale si mescolano luci ed ombre, nuovi totem e vecchi tabù.

Purtroppo un giudizio equilibrato sulla situazione contingente è difficile per diverse ragioni.

Vi è dapprima un fenomeno di socializzazione della politica reso più agevole dalla diffusione  delle reti “social” che ha permesso iniezioni di democrazia diretta.

Vi è poi una crisi agonizzante dei partiti politici tradizionali che per decenni hanno regolato e gestito il consenso elettorale rendendolo coerente con il funzionamento del gioco democratico.

È evidente che la nascita e lo sviluppo di movimenti politici, fondati sulla denuncia piuttosto che sui programmi, ha scomposto lo scenario politico rendendolo più volatile.

Una tendenza che, sebbene con contenuti diversi, ha funzionato anche a ritroso con il divenire “movimento” di  partiti politici di tradizione consolidata: pensiamo alla Lega ma anche allo stesso Partito democratico.

Il fenomeno delle “sardine” degli ultimi mesi rappresenta forse l’emblema del movimentismo rancoroso e privo di contenuti politici che può condizionare, in un modo o nell’altro, la vita democratica di un Paese.

Per questo una valutazione di ampio respiro della situazione politica non può prescindere dalle osservazioni appena enunciate e la posizione del Quirinale, in questo particolare momento storico, dovrebbe essere letta con profondità di campo.

Il Presidente Mattarella, eletto nel 2015 con una votazione sofferta, è stato testimone della nascita della politica “liquida” e di movimento, sostenuta anche da nuove cifre e strumenti della comunicazione, che ha unito insieme rottamatori (Renzi..) e urlatori (Grillo) ma anche intenti eccessivamente populisti da un lato o pericolosamente antieuropeisti dall’altro.

Un quadro politico che ha sdoganato, nel 2018, l’idea stessa che si potesse procedere alla messa in stato di accusa, per alto tradimento, del capo dello Stato per il veto sulla  nomina di un ministro nella formazione del primo governo Conte.

Protagonisti del dibattito furono i rappresentanti del Movimento 5 Stelle ai quali fecero eco altri esponenti, anche del centro destra.

L’articolo 87 della Costituzione assegna al Presidente della Repubblica il ruolo di rappresentante dell’unità della nazione.

Un’unità che la rivoluzione digitale in atto e la seduzione di temi populisti possono contribuire, pur involontariamente, a diluire nell’alveo di un facile qualunquismo.

La scelta di non sciogliere le Camere, nella sofferta crisi politica ancora in corso, deve  essere, pertanto, letta come estremo tentativo non già di negare un voto elettorale che quasi sicuramente consegnerebbe il paese al centro destra,  visibilmente in vantaggio nei consensi, ma piuttosto di scongiurare un esito elettorale che vedrebbe  esplodere le forze politiche attuali, movimentiste e non, in favore di un correntismo multidirezionale che difficilmente aiuterebbe a generare un assetto politico stabile.

Certo anche che la posizione scelta dal presidente ulteriormente favorisce il centrodestra che si ritiene osteggiato dalla scelta e pure il cittadino normale fatica a comprendere invece il tentativo di mitigazione, giusto o sbagliato, che lo stesso Mattarella ha posto in atto.

È sufficiente una lettura critica delle tensioni in atto, all’interno delle forze politiche, per rendersene conto.

Soltanto la storia farà forse chiarezza sul periodo storico che stiamo vivendo.

Crediamo tuttavia che sulla posizione del Presidente Mattarella, alla fine, saranno le luci a prevalere sulle ombre.

 

La Redazione di Betapress




Far West digitale

Ma non prendiamoci in giro…

Il Safe Internet Day, la teoria e la realtà.

Sono insegnante referente cyberbullismo in un I.C. di Novara.

Ieri, in occasione della Giornata Mondiale del Bullismo e del Safe Internet Day, le mie classi hanno partecipato al Convegno on line

“I Giovani e i social network” coi ragazzi della CPS Novara.

La teoria.

Il coordinamento e la progettazione curati dalla prof ssa Gabriella Colla, referente Cyberbullismo e Bullismo dell’Ambito Territoriale di Novara, con presenti, on line, la Dott ssa Rosanna Lavezzaro Questore di Novara, il Prof Andrea Crivelli Consigliere per l’Istruzione della Provincia di Novara, la Dott ssa Patrizia Grossi ASL Novara e la Prof ssa Elena Ferrara, USR Piemonte.

La crème della crème, per dirla alla francese.

La pratica.

Alle ore 11, in classe, con presente i miei alunni, mi collego al link.

Così fanno i miei colleghi, ciascuno controlla i propri studenti, presenti a scuola. Siamo impazienti di vedere cosa succede.

Si collegano tutti gli alunni delle scuole medie e superiori che hanno aderito al progetto ed è subito evidente che il link è stato condiviso con alunni responsabili e corretti, o per lo meno controllati, perché in classe con il prof. presente e, soprattutto, senza in mano uno smartphone per fare danni.

Ma che il link è stato condiviso anche con ragazzi scorretti, per niente responsabili, di sicuro non controllati, perché in classe da soli (almeno spero che non fosse presente un insegnante mentre facevano quello che sto per raccontarvi), o perché a casa, da soli, davanti al computer.

In questo periodo, a Novara, la didattica è in presenza al 100% per le medie e al 50% per le superiori.

Bene, anzi no, male.

Alcuni dei ragazzi che si sono collegati da casa, soli, senza controllo, oppure, può anche essere, qualche ragazzo a scuola, che si è sottratto ad ogni controllo, ha dato il meglio, anzi no, il peggio di sé.

Ma andiamo con ordine.

Subito, sin dall’inizio, è stato evidente, non sono state rispettate le elementari forme di netiquette digitale.

Per chi ancora non lo sapesse, quando ci si collega bisogna tenere il microfono spento e la telecamera attivata.

Non solo, chi da mesi, come la sottoscritta, cerca di confrontarsi con le trappole della DAD, sa benissimo che è assolutamente necessario il controllo delle impostazioni da parte dell’insegnante, per impedire che un alunno possa giocare a silenziare il microfono della prof che parla o a spegnere la telecamera quando si è interrogati.

Dunque, mi chiedo, possibile che gli organizzatori dell’evento non abbiano pensato che prevenire è meglio che curare, dando in mano a degli esperti digitali la gestione informatica del convegno?!?

Ieri, invece, era tutto un grande show, microfoni accesi con un inventario di rumori in diretta, alunni che accendevano e spegnevano le telecamere nelle loro stanze, studenti che riapparivano mascherati, che ridevano, scherzavano, e che poi interagivano tra di loro scrivendo in diretta delle grandi stupidaggini sulla chat della piattaforma.

Ma soprattutto, studenti, abili disturbatori dell’evento che strategicamente, a tavolino, direi, ne boicottavano la riuscita.

Come?

Semplice, applicando quello che imparano nei video di Scuola Zoo, un inventario di giochi informatici per “congelare” l’immagine di chi sta parlando, oppure per disturbare con apparenti problemi di interferenza audio, la connessione di chi parla.

E così gli interventi di tutto rispetto di questo enorme impegno collettivo e sforzo sociale si è disperso in un mare magnum di anarchia e mancanza di rispetto in diretta.

Ma per correttezza li riportiamo:

Noi Nativi Digitali di Luciano Fiorenza Politecnico di Milano Facoltà Cybersecurity; I pericoli dei Social Networks di Andrea Pensotti ITIS “Fauser” Novara-CPS Novara; Social Networks e Internet : come tutelarsi dal punto di vista giuridico di Viola Albertinazzi – Luiss Roma Facoltà di Giurisprudenza; L’Importanza del Relazionarsi in Presenza e a Distanza della Dott Barbara Camilli Associazione Psicologia Utile; l’Importanza della Comunicazione e dell’Ascolto Peer to Peer delle Prof sse Ida Angiulli e Valentina Martes referenti Cyberbullismo ITI “Omar” Novara; Comunicare ai bambini ai ragazzi i pericoli della Rete con Bruno Testa fumettista ed infine Il Battello del Rispetto con Vittoria Lorenzetti fotografa.

L’acme è stato raggiunto quando, in tempo reale, sulla chat della piattaforma, mentre i relatori parlavano, venivano postati giudizi irrispettosi, commenti volgari e persino bestemmie in un’escalation di violenza digitale.

I miei alunni, prima divertiti, poi stupiti ed attoniti, erano inchiodati alla lim per vedere in tempo reale, fino a che punto gli altri, i bulli, potevano arrivare.

Erano persino eccitati dallo spettacolo, finché, ho deciso di spegnere il computer ed ho cercato di gestire l’emergenza.

Ho detto loro che gli irresponsabili verranno individuati e puniti, che fare in diretta su una piattaforma digitale delle cose simili, significa firmare la propria condanna, che l’evento era registrato e che rimane traccia di tutto quanto scritto in chat.

Che la polizia postale rintraccerà i bulli e punirà a dovere.

Che ci sarà una sanzione disciplinare per gli alunni coinvolti.

Che è previsto un coinvolgimento penale dei ragazzi o dei loro genitori, qualora fossero minori…

Ma manco mi ascoltavano.

Se volevamo verificare in diretta a che punto siamo arrivati, bene, ci siamo riusciti.

Credetemi, non avrei voluto scrivere quest’articolo.

Ma come insegnante referente cyberbullismo ho il dovere morale di prendere posizione.

E come giornalista, il diritto di cronaca e di critica mi obbliga a dire quanto siamo in pieno FAR WEST digitale.


Nota del Direttore: resta evidente che indipendentemente dall’ambiente oggi i ragazzi sono maleducati, cafoni e pure un poco (tanto) ignoranti, e questo non dipende dal digitale.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antonella Ferrari

 

Bullismo e Cyberbullismo sempre attuali.

Il Digital Divide

 




Draghi e la Repubblica delle vanità!

Evviva Draghi, si, si evviva, ci salverà adesso siamo a posto e chi se non lui …

Premettiamo intanto che nulla abbiamo da dire sul personaggio Mario Draghi, almeno non in questo contesto, ma è doveroso alzare un vessillo di attenzione sul modo e sul sistema che ha portato il “Mario” alla guida di questo ormai misero paese.

Intanto sfatiamo il mito che in questo paese sia possibile mettere un super man che risolve tutto, è come pensare di prendere Senna e farlo correre in formula uno con una panda, perderebbe comunque.

Infatti il vero problema è la panda.

Detto questo facciamo prima due ragionamenti.

Nascita della repubblica italiana 1946, entrata in vigore della costituzione 1948, primo presidente della repubblica De Nicola.

Partendo dal 1948 abbiamo avuto quindi 72 anni di repubblica.

Con il “Mario” oggi abbiamo quindi avuto 67 governi.

67 governi, una media di 1,07 governi all’anno!!!!!!!

Ma secondo voi questo è un paese stabile? indipendentemente da chi lo guida, questa formula italiana non funziona.

Basti pensare che il governo con la maggior durata nella storia repubblicana fu il governo Berlusconi II con 1412 giorni in carica.

Queste poche righe dovrebbero far correre un brivido nella schiena a qualsiasi cittadino italiano, eh si, perché questa instabilità politica ha prodotto un debito pubblico pari a 2,6 mila miliardi di euro.

Ora, volendo vedere, qualsiasi bravo bambino da solo si renderebbe conto che quello che non funziona ha origini lontane, lontanissime, direi fin dalla fondazione di questa repubblica, malata di vanità, la vanità della democrazia.

L’argomento migliore contro la democrazia è una conversazione di soli cinque minuti con l’elettore medio.
(Winston Churchill)

Quindi la migliore democrazia non regge al suo stesso elettore, almeno nel pensiero di Winston, ma anche Pirandello non scherzava:

La causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in mano d’uno solo, quest’uno sa d’esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà.

Quindi la storia insegna ma non ha alunni, i cittadini sono ormai imbruttiti da anni di mala informazione, da un giornalismo bieco ed asservito non solo al potere ma anche ai soldi, da un percorso che parte da lontano e che ha allontanato il cittadino dal suo ruolo, relegandolo a spettatore massmediatico senza cervello.

Una democrazia cessa di essere democrazia se i suoi cittadini non partecipano al suo governo. Per partecipare in modo intelligente, devono sapere quello che il loro governo ha fatto, sta facendo e prevede di fare. Ogni volta che qualsiasi ostacolo, non importa quale sia il suo nome, si frappone a queste informazioni, una democrazia è indebolita, e il suo futuro in pericolo.
(Walter Cronkite)

Per anni i cittadini sono stati allontanati da questo stesso paese e come dicevano relegati al ruolo di stupidotti ignoranti, per anni è stata loro negata la corretta informazione e per anni è stato tolto dal mondo dell’istruzione qualsiasi riferimento al funzionamento di questo paese.

Per anni, per anni, per anni … 

Ecco perché questa repubblica pensa più ad impressionare che ad esprimersi, a mostrare più che a fare, e si culla nell’idea che un Superman possa arrivare dallo spazio siderale con tutte le energie per risollevare questo colosso morente dal fango primitivo in cui staziona da decenni.

Badate bene, non sono contro questo paese ed il suo popolo, lo amo, ma sono contro la vanità che si è impossessata di lui, sono contro quell’eccesso di democrazia che lo ha paralizzato per anni e che ora lo sta soffocando lentamente.

Monti, Draghi, Renzi, Letta e la bella compagnia dei chiamati al salvataggio poco hanno fatto, e le cifre del debito pubblico lo dicono chiaramente, e quindi?

che si fa?

Nulla, se questa repubblica non dismette il suo velo di vanità, nulla si potrà fare.

Occorre cambiare il motore, rifondare la repubblica nei suoi principi, comprendere cosa non ha funzionato, verificare magari che frammentare troppo è un errore, o che chi governa deve governare e non preoccuparsi di come continuare  a farlo, magari sarebbe interessante rifondare una nuova costituente per ripensare l’Italia di oggi prendendo spunto dagli innumerevoli errori del passato.

Ma Draghi, il nostro “mariolino”, come farà, quali saranno i suoi primi 100 giorni? 

Sapete cosa c’è, e chi se ne frega, finché il cambiamento non partirà delle radici  non servirà a nulla potare le foglie, un super tecnico non può governare un paese, il governo deve essere in mano ad un politico, ad un uomo che pensa al popolo ed al suo futuro, un uomo che vede il paese non come una azienda da sistemare ma come un figlio da far crescere.

Anche i figli vanno sgridati, anche con i figli occorre avere il polso fermo, ma non certo la mano pesante come invece è già avvenuto nel passato.

E allora speriamo che venga un padre nuovo, serio, che tiene alla formazione del suo unico figlio, che vuole il meglio per lui, che darebbe la sua vita per il suo successo: questo è il padre che vorrei.

Potrebbe essere Draghi?

Molti dicono di sì, molti dicono di no, io penso che le premesse non lo fanno padre ma titolare.

“Mariolino” combatti la vanità di questo paese, rifondalo con l’amore necessario, ricostruiscilo dalle fondamenta, ci vorranno anni, sicuro, ma l’amore dura nel tempo, allora sarai davvero il salvatore, se invece deciderai di applicare formule ed indici, se invece interverrai con la mannaia indiscriminata dei tuoi predecessori, se non comprenderai che il vero problema dell’Italia è nelle sue origini, allora rimarrai per tutti noi, figli di questa Italia, quello stronzo del nuovo compagno della mamma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Corrado Faletti

 

 

 

Draghi, perché durerà poco…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




E L’ARTE SIGNOR PRESIDENTE?

 

Se andiamo avanti così, ci troveremo in una situazione tragica“.

Così Katia Ricciarelli ad Adnkronos ed ancora: “Ho fiducia in Draghi, al quale chiedo di considerare la posizione di noi artisti e salvare la cultura del Paese“.

Personalmente non credo che basti il Professor Draghi a salvare la cultura in Italia, anzi, credo che la ricostruzione debba partire dall’Educazione (in primis!), dal lavoro, dagli investimenti e dall’aiuto concreto alle imprese, anche quelle dello spettacolo.

I provvedimenti assistenziali (leggi Reddito di Cittadinanza; n.d.a.) “drogano” la realtà e non saranno la soluzione per le generazioni che verranno.

Il mondo dell’arte e dello spettacolo è quello che ha risentito maggiormente della situazione e quel che chiede la Ricciarelli è giusto, è vero.

Oggi il settore “entertainment” è in ginocchio e la posizione del famoso soprano (anche se a mio avviso un filino “sentimental-chic”; n.d.a.) è vera e manifesta un disagio comune ad ogni artista: “è un dolore difficile da superare quello della mancanza di pubblico“.

Penso però che il vero punto della questione sia quello della passione. La passione per la musica, l’arte, la scultura la poesia.

Questa passione non è scontata e deve raggiungere il cuore di tutti! La maggior parte del pubblico oggi è interessata ad un prodotto confezionato, semplice da “digerire”… e questa situazione Draghi non la potrà cambiare.

Il problema è molto più viscerale di quel che si pensa, è innanzitutto sociale e di Educazione appunto, perché aiutare l’Arte vuol dire Educare al Bello.

Il mio augurio è quindi che il designato premier indichi una strada per favorire luoghi e contesti in cui questa Educazione sia possibile e la libertà artistica possa tornare al centro della vita dell’uomo.

 

 

 

Perth




SARA’ UN TAUMATURGO O UN ‘TERMINATOR’?

Ieri, un interlocutore casuale, si è posto e mi ha posto questa domanda: riferendosi all’attuale fase politica italiana e all’imperativo ormai improcrastinabile di giungere a soluzioni degne di tal nome.

Pochi giorni fa, di fronte all’apparente caos che imperava spavaldo, ho scritto “Mentre Roma discute, Sagunto viene espugnata con la forza!”.

Mi riferivo alla Storia, riconducendomi a quel Tito Livio che definì quest’epitaffio in un momento storico particolare della vita dell’antica Roma, ritenendo che ciò dovesse essere un esercizio che chi governa e amministra avrebbe dovuto tenere in grande evidenza.

Sembra invece che la Storia ben poco abbia insegnato, o forse in troppi credono che la gente non abbia ricordi consolidati.

Poco prima del passaggio a ‘giallo’ della mia Regione, ho voluto fare un giro per le vie di Roma: quelle che una volta erano le arterie più commerciali.

Via Cola di Rienzo, Via Appia Nuova, Via Tuscolana, Corso Vittorio Emanuele, Via del Tritone, Via del Corso…

Ebbene, ovunque dominava la desolazione, un silenzio pesante prendeva la gola, mentre intorno era la cappa plumbea del dramma vissuto da categorie, dipendenti, famiglie, persone.

Ho visto anime vuote che vagavano prigioniere di museruole fisiche e psichiche; negozi chiusi, e – quelli eroicamente aperti – vanamente presidiati in attesa di una clientela assente, attesa ma inesistente.

I pochi (ormai) bar aperti, vendevano secondo le disposizioni, consentendo l’asporto e la consumazione non nelle immediate vicinanze: gente che frettolosamente consumava un cornetto o un caffè, vinta da quelle disposizioni il cui vero fine è sempre più quello di annientare ogni forma di vicinanza, di prossimità, di socializzazione.

Mi sono chiesto più e più volte se coloro che emanano norme, che fanno parte di comitati e quant’altro, che rilasciano pareri e suggerimenti, abbiano mai fatto un giro per queste strade spettrali: confrontandosi con le saracinesche abbassate e con il loro messaggio di morte.

Muovendosi per le vie, è prepotente la sensazione che l’opera di killeraggio del commercio, del lavoro, della produzione, in pochi mesi ha prodotto effetti devastanti, mediocremente fronteggiati da ‘aiutini’ che hanno avuto l’unico effetto psicologico di far ancor più dipendere le persone dalle altrui ‘generose’ concessioni.

Peraltro, chinando la testa nel timore di perderle.

Non esiste più il vocio della gente, segnale di vitalità al pari dei rapporti basati su quella presenza fisica che pur è stata alla base del progresso umano e sociale.

Non esiste il vitale dialogare dei bambini, dei giovani, sempre più chiusi nelle loro case, sempre più abulici e immersi nella solitudine di quei giochi elettronici che – ormai con troppa frequenza – li portano a gesti estremi, impossibili da comprendere.

Non nascondiamoci alla verità!

Siamo ormai al cospetto di una gioventù privata di ogni possibilità di frequentazione e confronto con i propri coetanei, lontana dalla possibilità di frequentare liberamente la scuola, priva di ogni visione prospettica relativa al proprio futuro, obbligata a non potersi muovere: divenendo così sempre più repressa, opaca, indecisa, instabile, abulica.

Ma propensa a scatti di ira incontrollata, pronti a debordare in violenza.

Costi altissimi per ogni Essere Umano.

Costi altissimi per la Società, tramortita da mesi e mesi di lavaggio del cervello tramite un’informazione pilotata e prona, Costi altissimi per il progresso: decaduto a regresso con una rapidità impressionante.

Che fine hanno fatto le regole dell’economia?

Perché non si rispettano i fattori della produzione (beni naturali, lavoro, capitale e organizzazione, e la loro necessaria concatenazione)?

Possibile che non si capisca come il lavoro sia una componente essenziale della vita sociale?

Possibile che non si capisca, e quindi si agisca, che non si può fare a meno di imprese e aziende, dal momento che se esse non producono e non vendono, dovranno licenziare e poi chiudere?

Sono equazioni che anche uno studentello alle prime armi capirebbe: concatenazioni produttive e sociali per le quali non servono alchimisti ma solo soggetti preparati e responsabili.

Ricette? Si, Certo, ne esistono e tante, e tutte valide.

Ma prima di ascoltare, aprite le vostre menti!

Dovrete capire, non fidarvi ‘a scatola chiusa’: troppi sono stati i ‘taumaturgi’, i ‘migliori’, che ci hanno imposto.

Non credete ai mercanti di sogni o ai pifferai magici, perché ogni ‘magia’ passa sulla vostra pelle, su quella dei vostri figli e delle future generazioni. Sollecitate risposte: cosa si farà, chi lo farà, con quali tempi e con quali costi: e soprattutto, rispondendo a chi del proprio operato.

Eh si! Siamo saturi di gente che pretende di governarci contando sulla propria immunità e sulla propria impunità, buggerandosene degli effetti (devastanti) delle loro azioni sui cittadini, sull’economia, sulle finanze, sull’Italia.

Diversamente, anche se avrete percezione del rogo che consuma Sagunto, nulla farete in concreto per evitarlo: e per evitare che consumi voi, le vostre case, i vostri risparmi, i vostri sogni.

Ora, qualcuno tenta di aprirci i cuori alla speranza, pur non tranquillizzandoci sulle paure ‘pandemiche’ o evitando che venga imposta risolutiva chiarezza tra le tante, ormai tantissime, posizioni contrastanti in campo sanitario: ma avremo a che fare con un ‘prode condottiero’, con un ‘mago’, con un ‘taumaturgo’ o con un inatteso ‘terminator’?

Chiudendo il cerchio con il mio incipit, ricordo che la Storia ci tramanda dei molti condottieri risoluti e persino crudeli (ma tutte le guerre, tutte le conquiste, lo sono…) alla testa delle proprie armate: ora attesi da popoli che inneggiavano alla liberazione ora da popoli liberi che sapevano di poter perdere ogni loro avere, persino la vita.

Così che, ancor prima dei condottieri e delle loro gesta, era sempre e comunque la loro fama a precederli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Bellantonio




Draghi, perché durerà poco…

Perché il Governo Draghi non durerà a lungo ?

Iniziare una riflessione con una domanda che contiene già la risposta non sarebbe corretto ma va dritto al punto.

Il Professor Draghi è un’economista banchiere e appartiene a quella generazione di uomini politici o accademici che ha fatto crescere il Paese facendo quadrare i conti con le decisioni giuste non con quelle popolari.

Il contesto politico e sociale nel quale è caduto il paese per colpa di una classe politica di governo sopraffatta dalla gestione dell’emergenza e dello slittamento progressivo dei problemi non può essere compatibile con un Governo tenico/istituzionale.

La ragione è evidente.

Nell’agenda della politica italiana e dell’Unione europea sono in fila questioni che attendono decisioni “politiche” non decreti esecutivi attuatori.

Il Covid19, la gestione dell’emergenza e del piano vaccinale hanno in parte diluito la visibilità centrale delle questioni politiche.

I continui trasformismi politici delle forze che hanno tenuto in vita l’ultimo Governo Conte hanno contribuito a rendere meno chiari i reali perimetri della contesa politica.

La realtà è che il paese ha bisogno ormai di scelte strategiche che risolvano in modo netto la portata delle azioni che andranno prese e scadenzate all’interno del Recovery Plan.

In questo contesto è evidente che mantenere il Reddito di Cittadinanza ed i “navigators” nella formula attuale o modificare la politica della disoccupazione giovanile con iniziative di inclusione e formazione anche prescrittive è una questione politica.

Analogo ragionamento riguarda lo sblocco delle grandi opere paralizzato dai veti del M5S in favore di un’economia green per la quale sarebbe auspicabile riconvertire intere aree industriali in siti turistici, magari senza turisti.

La riforma dell’Irpef e della Pubblica Amministrazione dovranno essere sostenute da forti  opzioni politiche e lo stesso può dirsi per la Sanità, la Giustizia e la Scuola.

La verità è che in Italia da diversi anni ormai sono in crisi le Istituzioni democratiche e con esse la Politica.

Il forte sviluppo della dimensione “social” ha contagiato tutti i settori della Vita economica e sociale ed ha sconvolto i paradigmi della politica rappresentativa.

La fine dei partiti politici come momento di sintesi e gestione del potere ha aperto la strada ad un movimentismo superficiale che privo di  argini è diventato talvolta elemento d’instabilità finendo per indebolire lo Stato e le sue istituzioni.

Ne è sintomo evidente la scelta maturata nelle ultime settimane di mettere in opera ogni artificio per evitare le elezioni anticipate che potrebbero far emergere maggioranze parlamentari polimorfe e trasversali e comunque diverse da quelle attuali  “gestibili” anche se con grandi sforzi e forzature.

Il Governo Draghi non durerà a lungo.

La speranza è che il Parlamento si preoccupi almeno di impostare la campagna vaccinale, di dare esecuzione alle misure di sostegno dell’economia ed al varo dei Piani programmati di ripresa attesi dalla Commissione europea.

 

Redazione di Betapress

 




Safer Internet Day

Dal 2004 il 9 febbraio di ogni anno si celebra in Europa il Safer Internet Day (SID), evento nato con il Safer Internet Action Plan che fu elaborato per il periodo 1999-2004.

Il piano aveva l’obiettivo di incoraggiare la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo dell’industria connessa ad Internet promuovendo l’uso sicuro di Internet e lottando contro i contenuti illegali e nocivi.

Il programma (1999) si articolava su tre piani:

  • creazione di un ambiente più sicuro mediante l’istituzione di una rete europea di linee dirette (hotline), incoraggiamento dell’autoregolamentazione e dell’elaborazione di codici di condotta;
  • sviluppo di sistemi di filtraggio e di classificazione;
  • iniziative di sensibilizzazione.

Nel corso degli anni, l’Europa ha comunque continuato a promuovere iniziative (Safer Internet Plus) con la finalità di realizzare Internet come un luogo sicuro per i ragazzi.

Anche quest’anno, quindi, il 9 febbraio si celebra il Safer Internet Day 2021, giunto alla sua 18ma edizione, e il tema è “Together for a better internet” (insieme per un internet migliore).

L’iniziativa è gestita dai Safer Internet Centres esistenti in ciascuno Stato membro.

L’iniziativa è finanziata dall’Unione Europea e la giornata viene celebrata online in più di 170 paesi del mondo.

Mariya Gabriel, Commissario europeo per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, ha dichiarato: “I giovani hanno bisogno di sentirsi sicuri e responsabilizzati quando navigano nel mondo online per poter godere appieno del mondo digitale. Con il Piano d’azione europeo per l’alfabetizzazione digitale, mettiamo l’alfabetizzazione digitale al centro del panorama educativo europeo, promuovendo l’alfabetizzazione digitale per combattere la disinformazione online, sostenendo educatori e insegnanti e assicurando un e-learning di qualità“.

Il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton ha dichiarato: “La crisi del coronavirus ci ha costretti a spostare la maggior parte delle nostre attività quotidiane online e quando lasciamo i nostri figli navigare in internet, vogliamo che siano protetti. Siamo determinati a garantire che la trasformazione digitale porti benefici a tutti in modo sicuro. Ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale online. Ora ci aspettiamo che l’industria tecnologica faccia la sua parte nel rendere internet più sicuro senza indugio e in linea con le regole dell’UE“.

La Commissione europea con il comunicato stampa dell’8/2/2021 precisa che la Direttiva sui servizi di media audiovisivi (Audiovisual Media Services Directive – AVMSD) richiede alle piattaforme di condivisione video online di limitare l’accesso dei bambini a contenuti dannosi e le regole per le piattaforme digitali.

Inoltre, la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali, proposte nel dicembre 2020, includono obblighi specifici per le grandi piattaforme per affrontare rischi significativi per il benessere dei minori.

Il Safer Internet Day, comunque, è l’occasione per evidenziare quanto la protezione dei dati personali e la privacy siano importanti unitamente, ovviamente, agli aspetti di sicurezza informatica.

Le piattaforme digitali online, quali titolari del trattamento, sono obbligate al rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e precisamente del Regolamento UE 2016/679 e del codice privacy italiano (D.Lgs. 196/2003, così come modificato dal D.lgs. 101/2018).

Per la Repubblica di San Marino la disciplina in materia di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali è la L. 171/2018 che è in vigore dal 5/1/2019.

Tuttavia, quando si parla di minori non si può fare riferimento unicamente alle norme.

La famiglia è il nucleo primario della società e resta il principale contesto all’interno del quale i minori si relazionano con i propri genitori.

I genitori, da parte loro, esercitano la responsabilità genitoriale sui figli minori e sono tenuti a svolgere il controllo sebbene senza una profonda interferenza sulla loro sfera personale.

Tale controllo dovrebbe essere esteso anche alle attività che i minori compiono online.

Del resto, ciò è espressamente indicato nel citato GDPR, ove si fa riferimento al consenso “prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale” sul minore di anni 13 (questa l’età minima per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, ma dipende dal singolo Paese; in Italia è fissata a 14 anni).

La questione può apparire semplice, ma in realtà non lo è affatto in quanto è molto difficile controllare l’età effettiva e, ancora di più, la vera identità di colui che chiede l’accesso ad una risorsa online.

Sarebbe necessario un intervento legislativo sulla identità digitale che – al di là dello SPID italiano – sia valida quanto meno a livello europeo e anche interoperabile tra gli Stati membri.

Sono allo studio alcune proposte sulla identità digitale, ma il problema, comunque, per i minorenni resta.

Il discorso è ampio e meriterebbe maggiori spazi di approfondimento.

Bisogna investire su campagne di informazione e sensibilizzazione per accrescere nei minori la consapevolezza del valore che hanno dati personali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nicola Fabiano




Emilia Romagna e Toscana insieme per le Olimpiadi 2032

 

Emilia Romagna e Toscana insieme per le Olimpiadi 2032 non sono solo un sogno, ma una possibilità ed un’opportunità molto più concreta di quanto s’immagini. 

 

Stiamo vivendo un momento molto difficile nel nostro Paese e lo Sport che è il “vaccino” naturale e senza contro-indicazioni, all’inattività che, fonte OMS, uccide più di due milioni di persone ogni anno nel mondo, può essere anche motivo di rilancio economico e sociale del territorio. 

 

Le due regioni oltre che da una vicinanza geografica godono di una vicinanza sportiva, il Presidente Bonaccini che, oltre a tenere per se la delega allo Sport, ha compreso appieno il valore sociale del mondo sportivo in termini di eventi, impiantistica, valore educativo, etc. e avere in Toscana una sponda come il Presidente Giani, membro del Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico, può creare un gioco di squadra senza precedenti nel passato recente. 

 

Allargare la candidatura da una singola città ad un territorio più vasto, come due regioni, va esattamente nella direzione tracciata dal Barone Pierre de Coubertin – creare una società migliore attraverso lo Sport – con il coinvolgimento diretto di molte più persone non solo nello “spirito olimpico” ma anche dal punto di vista economico e di sviluppo infrastrutturale.

Io mi onoro di rappresentare gli Atleti e per milioni di ragazze e ragazzi che hanno sofferto, più di altri, gli effetti collaterali della pandemia che stiamo vivendo; dalla didattica a distanza alla mancanza di occasioni sociali d’incontro e confronto, senza dimenticare la chiusura degli impianti sportivi, la prospettiva di dedicarsi ad una disciplina e anche solo sognare una medaglia olimpica, può davvero cambiare la vita.

Magari passando per un serio riconoscimento scolastico della figura degli atleti.

 

Inutile dire quanto questo possa essere importante per far ripartire il Paese ed il mondo sportivo. Servono investimenti nell’impiantistica e soprattutto questa mossa potrebbe essere la salvezza per tutte quelle società e strutture sportive, a partire da palestre, piscine ed piste da sci che sono state tramortite economicamente dalla pandemia.

Per loro un aiuto economico immediato può essere un sollievo – sempre troppo poco e troppo tardi – bensì la prospettiva di un’edizione dei Giochi Olimpici estivi è una concreta possibilità di guardare al futuro con meno paura.  

 

Le nostre regioni sono ad altissima vocazione sportiva con un insieme di eventi che non ha precedenti nella storia, a dimostrazione delle eccellenti capacità organizzative, riconosciute anche dal Presidente Bach in occasione dei mondiali di ciclismo ad Imola ma, allo stesso tempo, strutture di livello internazionale pronte ad ospitare i Giochi Olimpici.

Le Olimpiadi potrebbero quindi sviluppare anche tutti quei centri sportivi medio piccoli che sono la casa ed il cuore del nostro mondo sportivo associazionistico e portare benefici per generazioni. 

 

Il Comitato Olimpico ha dato avvio al percorso di rinnovamento degli incarichi e l’impegno elettorale è senza dubbio importante, credo tuttavia che chiunque rappresenti il mondo sportivo in questo momento abbia il dovere civile e morale di mettersi al servizio della candidatura, a partire dai CONI Regionali, che avendo contatto diretto con le federazioni, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva e le associazioni benemerite, possono fornire, unitamente alle istituzioni, un apporto determinante per la realizzazione del progetto. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vittorio Andrea Vaccaro

membro della Giunta Regionale Emilia Romagna del CONI

 

Giochi Olimpici: Nobel per la Pace.




Data Protection Day 2021

 

Il 28 gennaio 2021, si è celebrata la 15ma Giornata della protezione dei dati personali – Data Protection Day.

Infatti, il 26 aprile 2006, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha deciso di lanciare una Giornata della protezione dei dati, da celebrare ogni anno il 28 gennaio.

La Convenzione 108 è stato il primo trattato internazionale vincolante sulla protezione dei dati e un modello per molti altri regolamenti sulla protezione dei dati.

Quest’anno, poi, si è celebrato anche il 40mo anniversario della apertura alla firma della Convenzione 108 del Consiglio d’Europa per la protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati personali.

Infatti, il 28 gennaio 1981 a Strasburgo veniva aperto il Trattato n. 108 (riferimento è ETS No.108) del Consiglio d’Europa alla firma degli Stati membri e all’adesione degli Stati non membri.

Il titolo del Trattato n. 108 è “Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale”.

La Convenzione 108 (ETS n. 108) è entrata in vigore l’1 ottobre 1985 con 5 ratifiche. L’Italia l’ha firmata il 2 febbraio 1983 e ratificata il 29 marzo 1997, ma la data dell’entrata in vigore è l’1 luglio 1997.

Questa Convenzione rappresenta il primo strumento internazionale obbligatorio che ha per scopo la protezione delle persone contro l’uso abusivo del trattamento automatizzato dei dati di carattere personale, e che disciplina il flusso transfrontaliero dei dati.

Oltre alle garanzie previste per il trattamento automatizzato dei dati di carattere personale, la citata Convenzione 108 bandisce il trattamento dei dati «delicati» sull’origine razziale, sulle opinioni politiche, la salute, la religione, la vita sessuale, le condanne penali, in assenza, di garanzie previste dal diritto interno.

Il 18 maggio 2018, dopo 7 anni di intenso lavoro e negoziati, viene adottato dalla 128a sessione ministeriale del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, tenutasi a Elsinore, in Danimarca il Protocollo (CETS n. 223) che modifica la Convenzione 108.

Essa, quindi, viene rinnovata in una versione modernizzata denominata Convenzione 108+.

La Convezione 108+ si compone di complessivi 31 articoli ed entrerà in vigore con la ratificazione da tutte le Parti del Trattato STE 108, oppure l’11 Ottobre 2023, se a tale data ci saranno 38 parti del Protocollo.

Allo stato attuale risultano 10 ratifiche e 33 firme non seguite da ratifica. L’Italia l’ha firmata il 5 marzo 2019 e non ancora ratificata; San Marino l’ha firmata il 16 luglio 2019 e non ancora ratificata.

Il mese di maggio del 2018 ha visto anche l’applicazione del Regolamento UE 2016/679, meglio noto come GDPR (acronimo di General Data Protection Regulation), che costituisce la disciplina europea sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.

Al citato regolamento, per l’Italia, si aggiunge la disciplina del codice privacy (D.Lgs. 196/2003).

A chi forniamo i nostri dati personali e perché?

È necessario acquisire consapevolezza.

Il salto di qualità può essere fatto unicamente con una consapevolezza adeguata al tema che affrontiamo o che ci proponiamo di affrontare.

Quali sono le sfide da affrontare?

Tra le principali sfide, va menzionata certamente la pandemia da COVID-19, i quali effetti sono sotto gli occhi di tutti: questa, tuttavia, non è solo valutabile da un punto di vista medico e sanitario e presenta diverse questioni legate proprio alla protezione dei dati personali.

Da un lato, è innegabile che dall’inizio della pandemia ci sia stato un incremento esponenziale dell’uso delle tecnologie e delle risorse digitali disponibili, ma si è parlato poco dei rischi collegati alla privacy e alla protezione dei dati personali.

Dall’altro, il trattamento di grandi quantità di dati sulla salute delle persone fisiche va effettuato nel pieno rispetto della legislazione vigente e con l’adozione di tutte le opportune misure di sicurezza.

Inoltre, in questi ultimi tempi si parla molto di vaccini e il contesto internazionale si sta interrogando sulla liceità di soluzioni quali il vaccine passport o immunity passport.

Altra sfida è quella dell’Intelligenza Artificiale (AI).

La Commissione europea da tempo ha creato il gruppo di esperti denominato “AI High Level Group” e il CoE ha creato il Comitato ad hoc sulla Intelligenza Artificiale (CAHAI).

Inoltre, proprio il 28 gennaio il Consiglio d’Europa ha pubblicato le linee guida sul riconoscimento facciale, affermando la necessità di una regolamentazione rigorosa per prevenire le violazioni dei diritti umani.

Ulteriore sfida, come ho già detto in diverse occasioni e da ultimo nel mio libro, è quella relativa alle Neuroscienze.

In particolare, esiste un allarme legato all’impatto che le tecnologie adottate nell’ambito delle neuroscienze possono avere su protezione dei dati personali e privacy.

Si tratta di un aspetto che negli USA stanno osservando da tempo, ma – in ragione dell’approccio alla privacy di quel Paese – con risultati aderenti al loro impianto costituzionale.

Questi fenomeni vanno valutati attentamente; senza dubbio l’etica è un elemento fondamentale.

Il mio approccio, basato sul modello relazionale denominato DAPPREMO (acronimo di Data Protection and Privacy Relationships Model), potrebbe essere utile per approfondire questi aspetti.

Il tema delle neuroscienze in relazione all’impatto su protezione dei dati personali  e privacy, senza dubbio, potrebbe essere quello di maggiore importanza per i nostri tempi, tanto che – provocatoriamente – ho lanciato l’idea di una nuova categoria di diritti che ho definito “neuroprivacy rights”.

 

 

 

 

 

 

 

Nicola Fabiano

Privacy e azienda: la chimera della non applicabilità.

Cyber Psicologo e la privacy




MA DAI! IL ROCK E’ MORTO?

 

Premetto che le mie riflessioni non vogliono essere una accanita difesa (per dirla alla Jack Black di School of Rock) del dio del Rock… lui non ne ha sicuramente bisogno!

Non mi sognerei mai inoltre di criticare altre testate, perché non la pensano come il sottoscritto; tuttavia mi infastidisce alquanto la superficialità con cui alcuni noti giornalisti musicali (che non citerò per non offrire loro della visibilità gratuita) si cimentano in articoli senza capo né coda con a tema “La morte del Rock”.

Il lettore di BetaPress conosce bene la filosofia del nostro quotidiano online e sa che il compito dei suoi cronisti è quello di porre delle riflessioni libere, gli obiettivi sono quelli della proposizione analitica e dell’oggettività responsabile.

Invece nell’epoca in cui i Social generano quotidianamente tonnellate di “fuffa” mediatica condita da incompetenza, sentimentalismo ed illogicità, il compito della stampa specializzata dovrebbe essere quello di indirizzare i lettori verso concetti autentici e documentati. Purtroppo non è così!

Ma arrivo alla domanda: il Rock è morto?

Il Rock non è morto, ma con lealtà si può parlare certamente di declino. Il Rock è un “phylum” musicale composto da una miriade di sottocategorie (più di 70!), servirebbe un’attenta analisi per addentrarsi nel suo complesso “subphylum” e non basterebbero queste poche righe per raccontare tutte le evoluzioni ed i profondi mutamenti che ha subito negli utimi decenni.

Per più di 60 anni il Rock è stato una bandiera per intere generazioni di giovani che ha suscitato vere rivoluzioni politiche e sociali. E’ stato un mezzo potente di contestazione e denuncia e nel contempo un grido di amore, di bellezza, di verità.

Ma è negli ultimi 20 anni che si è consumato un radicale cambiamento nella società, che ha portato il Rock ad essere prerogativa quasi esclusiva degli appassionati, quasi tutti musicisti.

L’attrazione per il Pop, il Rap, il Trap, l’EDM ed altri generi più “digeribili” è evidente e va di pari passo con il mutamento dei tempi. La mia non vuole essere una critica ad altri generi diversi dal Rock, bensì una vera e propria denuncia contro la musica (in genere!) “usa e getta”, culmine della sporcizia (in termini artistici si intende!) in cui il “protagonista” vale più dell’artista e qualsiasi cane ululante, aiutato dalla tecnologia, può diventare (perfino!) un cantante.

Tutto il mercato musicale è diventato più veloce, più superficiale, la musica è smaltita in poco tempo e deve contenere messaggi commerciali più o meno palesi, il “product placement” infatti è diventato parte centrale ed integrante della musica dell’era moderna.

Il Rock invece è il genere musicale meno adatto a contenere messaggi pubblicitari di posizionamento di un prodotto e difficilmente si sposa con la comunicazione commerciale, a meno che non si tratti di grandi Artisti Planetari, che sono divenuti Brand Commerciali essi stessi.

Le imposizioni legate al business discografico, unite alla completa mancanza totale di valori (e qui metto in primo piano l’incapacità genitoriale della mia generazione), hanno contribuito enormemente a facilitare un forte individualismo ed una completa atarassia verso l’Arte da parte dei giovani, per cui il Rock, con la sua storia ed i suoi messaggi a volte complessi, non è più interessante.

Odio da anni l’estremo conservatorismo dei duri e puri del Rock tanto quanto odio, ed il lettore conosce bene la mia posizione in merito, l’intero apparato discografico che ha il grave torto di aver prodotto della musica scadente, attraendo grandi masse di giovani e favorendo il dileguarsi delle parole “Talento”, “Arte” e “Vocazione” e … “(…) lasciando alle generazioni future il vuoto di una musica techno rimanipolata al computer … ritmi ormai sintetizzati, canzoni che inneggiano la violenza e spazzatura sdolcinata slavata e smancerosa”, per citare il solenne monologo di Elwood Blues nel sequel dei Blues Brothers.

Uno dei fenomeni che ha contribuito al declino del Rock è quello che chiamo “artificial lung” e cioè “polmone artificiale”.

Le Majors sfruttano il più possibile artisti in età pensionabile o addirittura non più fra noi (Lemmy dei Motörhead ha venduto più dischi da morto che da vivo; n.d.a.), gente che a 80 anni è ancora sulla breccia ed è obbligata a pagliacciate tra live, studi di registrazione e promozione.

Questi gruppi storici stanno completamente oscurando le giovani rock band che, non avendo attenzione da parte delle Etichette Discografiche, finiscono per suonare cover degli stessi dinosauri del Rock, che oscurano le giovani bands. Insomma un loop destinato a durare fino all’infinito, o quanto meno fino a completa estinzione dei rocker triassici.

Ma per fortuna l’incapacità di produrre talenti emergenti da parte delle Majors non ha impedito al Rock di poter continuare ad esprimersi.

Ogni giorno infatti nascono band rock molto valide che produttori illuminati, quasi sempre legati ad Etichette Indipendenti, continuano a scovare in qualche garage e, rischiando in proprio, decidono di investire sui giovani talenti.

Questi sono i veri artefici del cambiamento!

L’augurio è che nascano e vengano scovati migliaia, milioni, centinaia di milioni di artisti (non solo rockers) a cui venga lasciata piena libertà creativa. Da tenere d’occhio sicuramente le seguenti band italiane che vi consiglio di ascoltare: DHARMA 108,  CASABLANCA ed i giovanissimi ENDLESS HARMONY della bravissima Pamela Pèrez (voce) con cui recentemente con la mia band, gli UEMMEPI, abbiamo avuto l’onore di dividere il palco.

Affinché emerga la creatività e la vera Musica, come la vera Arte, servono delle guide, degli educatori che pongano al centro il Bello della Musica perché il problema non è Rock sì e Trap no!

Senza testimoni ed appassionati educatori non ci sarà cultura e quindi chiarezza tra la contrapposizione di motivetti insulsi e degradanti legati al largo e veloce consumo e l’Arte vera.

Il grande Blu Lou (Marini) in una recente intervista mi disse: Non siamo più abituati ad accompagnare i giovani nell’ascolto dell’arte vera che apre la mente ed il cuore al bello! Se un giovane sapesse con quale violenza la macchina pubblicitaria delle “discografiche” manipola le coscienze… tornerebbe al Blues.

Lo stesso vale per il Rock.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PERTH