Due righe per Silvio

Addio a Silvio Berlusconi!                                                                                          

Preliminarmente: a lui non può essere negata, se non da squallidi cialtroni e invidiosi, l’umana pietas; e lo sostengo alla luce dell’infima gara intrapresa da coloro che, a tutti i costi, intendono denigrarlo anche da morto.

Molto ha fatto, moltissimo gli è stato impedito di fare: e ha pagato un duro prezzo, per ciò che ha fatto, specie nel (solo temporaneamente riuscito tentativo) di affrancare energeticamente l’Italia, grazie agli accordi raggiunti con la Russia di Putin e con la Libia di Gheddafi.

Ciò che accadde a Gheddafi, e la brutalità con cui avvenne, è cosa nota.

Ciò che sta accadendo con la campagna d’odio anti-russo, punta emergente di una dichiarata volontà USA di cancellare/ridimensionare la Russia, è sotto gli occhi di tutti o quantomeno di coloro che non si fanno intortare da narrazioni ambigue quando non sfacciatamente di parte.

Non escluderei, proprio alla luce del concatenarsi di eventi, che anche tali buoni rapporti a nome e beneficio dell’Italia, possano averne fatto un bersaglio.                                                                               

La sua visione imprenditoriale, ha comunque rappresentato per l’Italia ottimo punto di riferimento: certo, lo aveva anche reso ‘scomodo’, poiché non era tipo da farsi corrompere, per tradire quegli ideali che per lui erano incentrati sui concetti – questi, certamente positivi di Patria, Lavoro e Famiglia.

Anche a tale riguardo, i detrattori avevano una lunghissima nota di elementi opposti e contrari: ma, tempo e processi, hanno dimostrato che non tutte le accuse erano fondate ovvero dimostrabili.

Ma questa non è la sede: la valenza di questo scritto, intende essere solo essere indirizzata a un Uomo che seppe creare, edificare, costruire; non solo in senso materiale.       

Molti, con perniciosa ostinazione, continuano a dividersi sul fatto se fosse o meno iscritto alla P2 o se fosse stato iscritto: vero è invece che la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia P2 nulla poté dimostrare, né di sue frequentazioni né di una volontaria iscrizione né di un qualche contatto con altri appartenenti al famoso ‘elenco’.

Ma questo giova solo alla curiosità: all’epoca, altri facevano la fila per poter far parte di quella Loggia ‘particolare’ del GOI, di cui si narrava abbondantemente nelle cronache, per sollecitare un qualcosa o solo per ‘far parte’.

A noi piace ricordare l’imprenditore, il costruttore di una ‘nuova’ Milano, vivibile e fruibile; di emittenti che offrono opportunità di lavoro a migliaia di dipendenti che, con la propria azienda di riferimento, hanno legami di rapporti di grande affetto e fedeltà: anche perché il Presidente molto agevolava il personale, facendolo sentire parte del gruppo, parte del progetto, coinvolto in serie prospettive.                                                                                                       

Mancherà anche la presenza e l’apporto del politico: equilibrato, perché portato a mediare piuttosto che non a bluffare, tradito ma non traditore, ‘scomodo’ per molti politici esteri di rilievo, coloro cui un’Italia efficiente e libera nelle proprie decisioni più importanti dava (così come tuttora dà) fastidio e suscitava aperta intolleranza ma anche ‘scomodo’ per quei politici italiani meno propensi a condividere con lui il concetto di Patria e tutto ciò che ad essa attiene.

Vedremo chi tenterà di portare avanti il suo messaggio, e come: ma non sorprendiamoci se, in assenza di Colui che fu il protagonista principale, il fondatore, potranno determinarsi delle divisioni.                  

Ci auguriamo di no.

Ma in politica tutto è fluido, in movimento.                                                 

Una gravissima perdita per la Famiglia, cui va il nostro massimo rispetto, oltreché il nostro cordoglio; una grave perdita per la libera imprenditoria e per l’informazione; un lascito importantissimo per chi dovrà concretamente succedergli nella politica, onorando la sua posizione equilibrata e propositiva.  

                                                                                               

Ora è oltre… Finalmente in pace.




“Solanina”: quando nel veleno si nasconde la medicina

Nella foto: il regista Massimo Libero Michieletto, la protagonista Carlotta Piraino (Nina) e Jasmine Laurenti (Eva)

 

Ed eccoci al quarto episodio del Diario di Eva, iniziato l’estate scorsa per documentare le varie fasi di lavorazione del film “Sola Nina”.

Finalmente, l’anteprima assoluta.

Sabato dieci giugno 2023, al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV), è stato presentato il secondo lungometraggio firmato dal regista indipendente Massimo Libero Michieletto.

L’evento è riuscito a distogliere l’attenzione di un nutrito pubblico che, snobbando la Finale di Champions League fra Manchester City e Inter, ha preferito raggiungere l’Autore e parte del cast, per godere di questa primizia.

Il ritorno dell’Eroe: un po’ di autobiografia

Questa avventura, per me iniziata il 28 febbraio 2022 con un messaggio di Massimo, ha raggiunto il suo climax sabato scorso, quando ho preso il microfono per dare il benvenuto ai presenti.

Beh … ero così emozionata che la mia voce è andata a farsi un giro altrove, letteralmente.
Sarà perché, tra gli spettatori, c’erano anche miei carissimi amici e parenti … o forse perché il mio debutto cinematografico è avvenuto, guarda caso, a pochi chilometri da dove sono nata.

Sta di fatto che mi sono identificata nell’Eroe che ritorna lì dove tutto è cominciato, condividendo il suo premio con gli astanti. Comunque, l’avventura è tutt’altro che conclusa: a settembre, infatti, si ritorna al Festival del Cinema di Venezia.

Il Film

L’opera è coraggiosa, audace, fuori dagli schemi, proprio come il suo Autore. Narra del viaggio interiore di morte e rinascita di Nina – la splendida Carlotta Piraino – iniziato proprio grazie alla tragica fine del suo matrimonio e all’auto che non ne vuole sapere di ripartire: circostanze apparentemente “negative” che giocano, come avremo modo di scoprire, a suo favore.

Il film si apre con lo stridente contrasto fra la sentenza di sfratto subita da Nina e il suo incontro con la “svalvolata” vagabonda vestita da sposa (Giovanna Digito). Le parole di quest’ultima suonano così vere, da metterci subito il tarlo se sia più reale ciò che riteniamo “normale”, o ciò che etichettiamo come “follia”.

Poi, il ritmico susseguirsi di scene come sogni ricorrenti: le lunghe passeggiate e i momenti di gioco fra Maria – Maria Casamonti – e Nina (due universi apparentemente inconciliabili), le tre marie nel salone di bellezza – Barbra Ann Coverdale, Loni Zanatta, Laura Boschiero – il delirante pranzo nel giardino di Eva, narcisista irrisolta nonché sorella maggiore di Nina, con sua figlia Evita – Selene Demaria – e David – David Ponzi – il fidanzato non si è capito bene di chi.

Il Messaggio

Verso la fine, quando il cerchio sta ormai per chiudersi e la “crisalide” Nina è alla vigilia della sua resurrezione (la svolta come rinascita, rivelazione, riscoperta di sé, rivincita), compare in scena l’ex marito di Nina a ricordarle che lei è “il nulla”. Ma è proprio dal nulla che il Tutto può manifestarsi, alla faccia dell’incredulo detrattore della nostra risorgente Eroina.

Il Messaggio è chiaro, tanto da renderci scomodo il non tenerne conto e far finta di nulla: se impari a fidarti della vita e dei suoi giri pazzeschi scopri che, alla fine, tutto è servito a fare di te la persona migliore che tu potessi diventare, il vero Te.

 

Ogni veleno racchiude una potente medicina

La cosa più assurda ma vera è che la solanina, il veleno nascosto nella patata – il prosecchino degustato prima della proiezione mi ha permesso di dare spazio al mio british humour, altrimenti vittima dell’autocensura – è anche medicina per chi, come la nostra sola Nina, grazie all’uscita dalla sua zona di comfort e a una provvidenziale immobilità fisica, può intraprendere il Viaggio dell’Eroe nei meandri della sua psiche.

Insomma: è solo dando carta bianca all’anima, che la nostra vita può fiorire!

“Sola Nina”, infine, ci permette di realizzare che siamo meravigliosamente perfetti così come siamo. E che tutto accade per renderci consapevoli di questa verità.

E questo è quanto. Per ora.

Alla prossima, dalla vostra reporter …

Jasmine Laurenti

Nella foto: Jasmine Laurenti, attrice e voce fuori campo nel film “Sola Nina”, presentato in anteprima assoluta al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV)

 

 




GRAFFI QUOTIDIANI … Guerra! Guerra! Guerra!

 

Al MIT di Boston un ex-premier Italiano, che tanto bel ricordo ha lasciato nel cuore degli Italiani, e ancor prima in quello dei Greci , celebrato e ultra-premiato per le sue capacità, ha affermato che “Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio agli autocrati che l’UE è pronta a scendere a compromessi su ciò che rappresenta, su ciò che è. Segnalerebbe inoltre ai nostri partner orientali che il nostro impegno per la loro libertà e indipendenza – un pilastro della nostra politica estera – non è poi così incrollabile”.         

La sintesi di queste parole, vorrebbero un incitamento a proseguire nell’odio, nella carneficina, nella guerra per la guerra.

Le sue parole, né più né meno ricordano l’eccitazione foriera di sventura suscitata da un leader politico-militare italiano il 10 Giugno del 1940 (lo scorrere del tempo, la concomitanza di date e contenuti, ci insegnano perennemente che nulla avviene per caso e che i cicli della storia si ripetono, inesorabilmente quanto tragicamente: stravolgendo e travolgendo uomini e cose): in quel caldo pomeriggio, la folla adunata a Piazza Venezia finì per scandire, con sempre maggiore veemenza e violenza, l’orrido grido GUERRA! GUERRA! GUERRA!                                                                                    

A Boston e altrove, agli osservatori attenti quanto disincantati è sembrato che la Storia, attraverso bocche sussiegose e cerimoniose, lanci nuovamente lo stesso messaggio triste e lugubre: GUERRA! GUERRA! GUERRA!  Ricordando altresì che essa, la Storia, è sempre inesorabile e pronta a presentare il proprio doloroso, orrido, conto: fatto di miseria, sangue, fame, morte, sofferenza, dolore.   

Ma perché non si parla e si opera per la PACE?                                                                                                           

Perché ogni volta che si parla di PACE e si muovono con maggiore concretezza le diplomazie in tale direzione, accadono (anche in queste circostanze, il caso non esiste) fatti dirompenti che proprio la PACE allontanano?

Il ricordo degli atti di terrorismo/sabotaggio che misero fuori uso il Nord Stream 1 e 2, quelli legati all’esplosione che ha aperto l’enorme breccia nella diga di Kakhovka  (cannoneggiata costantemente dai militari in forza all’esercito ukraino), le questioni legate all’Azovstalt o alla centrale nucleare di Zaporizhia, al pari di altre operazioni belliche, ci fa sorgere dubbi e quesiti persino senza risposta: ciò, nonostante la propaganda del mainstream che in modo martellante , ma mai obiettivo!, ci suggerisce di chi siano le ragioni e di chi i torti, e di quale possa essere la soluzione giusta…

GUERRA! GUERRA! GUERRA!

dapprima inviando qualche contingente militare, il cui compito non sarà certo quello di pettinare le bambole, poi, utilizzando la tecnica del barattolo di marmellata, il coinvolgimento sarà totale.

E la Russia ha già detto chiaramente che, per loro, ciò equivarrà a una discesa in campo diretta.                         

Non PACE, quindi, ma esplicita GUERRA contro la Russia: questo sottendo tutti gli interventi, dal Segretario della NATO Stoltenberg al leader USA Biden, ai leader UE, tutti (apparentemente) uniti tanto nel ritagliarsi alibi (molto imperfetti: a uso dei creduloni) che nell’ostinarsi nel cul-de-sac della GUERRA.

Quindi, la GUERRA come unica opzione, per arrivare dove?

Alla PACE: una PACE che però ‘’’deve’’’ passare dalla sconfitta della Russia, perché altrimenti l’Europa, gli alleati NATO, farebbero brutta figura, dando dimostrazione di ‘debolezza’ tale che poi la ‘gente mormora’.                                                                   

Noi siamo per la PACE, i popoli sono per la PACE (solo politici, politicanti, trafficanti e affaristi perseguono finalità opposte): lavorare per la PACE esige CORAGGIO ed è prova di COERENZA e di FORZA, di AMORE PER IL PROPRIO POPOLO, di SALVAGUARDIA DELL’INCOLUMITA’ DELLA POPOLAZIONE e anche di quelle FORZE ARMATE che non devono essere gettate allo sbaraglio.                    

E basta con le falsità: l’Ucraina non sta combattendo per l’Europa né la sta difendendo, né sta combattendo per salvare l’Europa da una possibile quanto molto ipotetica invasione.                                        

Se c’è un ‘invasore’, forse occorre cercarlo altrove.                                                                         

NON RACCOGLIAMO I FINTI MESSAGGI PACIFISTI DI CHI VUOLE SPINGERCI A UNA GUERRA IN CAMPO APERTO.

MOBILITIAMOCI: MA PER LA PACE! RICORDANDO A CHI UNISCE A ‘PACE’ L’AGGETTIVO EQUO, CHE PER RAGGIUNGERE TALE OBIETTIVO – EVIDENTEMENTE BIVALENTE – OCCORRE FARE UN PICCOLO PASSO INDIETRO. FINO ALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, DANDO NOME E COGNOME A CHI TRADI’ GLI IMPEGNI ASSUNTI E ALLE CONSEGENZE DI CIO’. FINO A OGGI.                                                                                                      

Risolvere tutto ciò, attraverso la diplomazia, può condurre a una autentica pace (abbastanza) equa.




“Il Minatore che riesce a tirar fuori i brillanti dal fango”

Intervista alla Dottoressa Elena Pagliacci Cipriani sul nesso fra salute mentale, Spiritualità e Valori.

Faccio una sorpresa a un’amica che non vedo da tanto tempo. Dovevamo sentirci alle nove su whatsapp per un’intervista della durata massima di un’ora. In effetti, alle nove la chiamo e le chiedo se è pronta. Mi risponde di sì. Le dico: “Ok. C’è una sorpresa per te. Avvicinati alla porta.” “La mia porta?” “Sì”. Ed eccomi qui, da Lugano a Milano in carne e ossa, complice il portiere che non l’ha avvisata del mio arrivo, sul pianerottolo, davanti alla sua porta.

È pazzesco il nostro “sentirci” a distanza. Perché proprio ‘oggi’ ha deciso di indossare un maglioncino color glicine (uno dei miei colori preferiti) e indossare gli orecchini che le ho regalato al suo compleanno di qualche anno fa. Me lo fa notare, felice della singolare coincidenza che sappiamo non esserlo affatto.

 

Preambolo.

Ho avuto la fortuna, anzi meglio, la benedizione di incontrare Elena ventitré anni fa, grazie a un amico comune che ci ha presentate.

Non è andata proprio così: la verità nuda e cruda è che stavo attraversando uno dei periodi più assurdi della mia vita e piangevo in continuazione. 

Incrocio Franco (l’amico di cui sopra) nel lungo corridoio di una sala di doppiaggio, a Milano. Mi dice: “Ti fisso un appuntamento con una mia amica. È bravissima. Vedrai che ti aiuterà.”

21 marzo 1999: entro e mi siedo sul grande divano del soggiorno della Dottoressa Elena Pagliacci Cipriani, psicanalista e Consigliere nazionale della Lega Italiana di Igiene Mentale, oltre a centomila altre bellissime cose. Bando ai convenevoli, le consumo una nutrita scorta di Kleenex. Il mio Viaggio dell’Eroe più importante inizia così. Pochi mesi dopo intraprendo un percorso spirituale. Lei mi vede rifiorire e ne gioisce, vuole sapere, condivido con lei le mie scoperte. Mi raggiunge in chiesa. Il resto è storia che, col suo permesso, racconterò in un capitolo a lei dedicato della mia autobiografia.

Elena ha un’anima meravigliosa e un cuore che può contenere il mondo.

Incontrarla è un grande privilegio, esserle amica un dono divino. L’ho raggiunta per parlare di argomenti scottanti quale il sensibile aumento, soprattutto fra i ragazzi, di depressione, ansia e stress, dopo il triennio più balordo della nostra storia più recente. L’articolo è qui.

Oggi condivido la parte più spirituale e non per questo meno scientifica della nostra chiacchierata. In tre ore di intervista (volate!!!) ho raccolto una miniera di pepite di saggezza, esperienze e informazioni.

 

Gli argomenti della nostra chiacchierata.

Si è parlato della correlazione fra salute mentale e spiritualità, di come funziona la mente di una persona felice, dell’importanza di sapere ciò che si vuole dalla vita, dello pseudonimo che un amico famoso le ha appioppato e perché, della vulnerabilità come superpotere, di cosa siano l’autorevolezza, il successo e il vero amore. Se avrete la grazia di seguirci fino alla fine, vi riempirete le tasche di chicche preziose di cui far tesoro per tutta la vita.

Dopo aver “sbobinato” l’intervista e trascritto la nostra conversazione, ho deciso che non avrei cambiato una virgola o quasi di quanto ci siamo dette.

Ne è uscito, a mio avviso, qualcosa di molto speciale.

Non mi rimane che augurarvi buona lettura!

 

Il nesso fra salute mentale e spiritualità.

J: Un giorno mi hai detto che c’è un nesso fra salute mentale e spiritualità. Se c’è una correlazione tra loro, in che modo si influenzano a vicenda?

E: “Si influenzano tantissimo. Vedi, il senso dell’analisi è la conoscenza. L’ideale sarebbe, come in un matrimonio, che i due coniugi si conoscessero al punto che ciascuno può leggere la vita dell’altro come in un libro e sapere quello che c’è stato, quello che hanno avuto … Questo è ‘conoscere’ l’altro. Il grande conoscitore per eccellenza è Gesù, se ci pensi. Lui cosa ha fatto? Per farsi conoscere ha lasciato un libro di consigli (sono stati chiamati ‘comandamenti’, ma sono consigli) per la nostra vita.

Così è la nostra spiritualità. Ciascuno di noi ha un libro di conoscenze della propria vita, che è collegata con la propria psiche. La psiche è la somma di tutto quello che è il tuo istinto, l’ego, l’es, tutte queste cose messe insieme. Anche chi non ha questa parte (spirituale ndr), la ricerca. Come? Per esempio attraverso la paura della morte, che ti spinge a superarla con la spiritualità, il credere in qualcosa, qualsiasi cosa.

Ebbene: se osservi una persona malata di mente e la paragoni con una persona posseduta, vedi che c’è un nesso. È come se ci fosse un uomo interiore cattivo che prende la tua psiche e la trasforma. Ho avuto tra i miei pazienti molte persone che hanno tentato il suicidio e tutti dicono la stessa frase: ‘C’era qualcuno che mi diceva: Buttati. Perché non lo fai? Buttati!’

È come se la nostra psiche a un certo punto facesse entrare un inquilino indesiderato, che si siede sul divano di casa nostra e non se ne va più via. C’è un miscuglio di quello che potremmo definire ‘demoniaco’ e quello che è la tua psicologia. Io sono assolutamente convinta che c’è un nesso preciso, perché vedo questo inquilino che si impossessa della mente, soprattutto quella dei ragazzi. E non ha nulla a che fare con quello che bevono: è la somma di tutte le cose (abitudini, pensieri, ndr) che fanno sì che l’inquilino prenda il sopravvento. Il nesso è strettissimo, anche se non lo sai riconoscere.”

J: Può una persona con il proprio libero arbitrio scalzare questa presenza?

E: “Potrebbe.” 

J: E allora perché si arriva a certi estremi?

E: “Perché da una parte hai la voce della spiritualità che ti invita a guardare il cielo, e non è quella voce che ti dice: ‘Credi, credi in me’. No no no. È vivere in funzione di questo cielo. Non importa se c’è la prova, la sofferenza. Ti invita a pensare che non sei solo e che puoi contare su una mano che è sempre vicina a te. Anche dall’altra parte c’è una mano, ma è una mano che ti tira giù. È una mano che continua a prometterti sempre e solo cose materiali, ma che ti tira sempre più giù, sempre più giù, sempre più giù. È una lotta quella che devi sostenere, per arrivare a dire: ‘No, grazie. Io non voglio scendere così in basso.’ Ma quando sei così in basso è difficilissimo risalire.”

 

Il punto di contatto fra psicanalisi e spiritualità.

J: Se ho capito bene quindi psicanalisi e spiritualità hanno trovato un punto di contatto?

E: “È un po’ come quando trascuri una pianta per molto tempo. Alla fine questa pianta non fiorirà più. Credo che ci sia una parte della psicanalisi che nega completamente ciò che è spiritualità e fede. Io ti parlo da credente – ‘credente’, non ‘religiosa’ – e ti parlo di quello che vedo. Vedo che c’è questo nesso: questo inquilino indesiderato entra e ti soggioga. Lo vedo soprattutto nei ragazzini, dove c’è un terreno ampio dove puoi scavare. Quando dico ‘alza gli occhi al cielo’ non intendo parlare di religione o di fede, ma di spiritualità, di etica. L’etica è data dai valori interiori e dalla libertà.

Quando vedi una persona e ti dici: ’Non riesco a capire: da una parte mi sembra bella, dall’altra la vedo cinica.’ È perché le radici, l’Etica, erano buone all’inizio. Poi arriva la depressione e ti dici: ‘Caspita, com’è possibile?’ ‘Cosa succede?’ ‘Come funziona questo meccanismo?’ Secondo me c’è proprio un incrocio fra spiritualità e psiche. È come se quell’inquilino indesiderato entrasse, tuo malgrado; gli hai lasciato uno spiraglio, una piccola porta aperta: il non perdono dei tuoi genitori, la rabbia repressa, la tristezza che non hai mai espresso. Una delle regole – per stare bene ndr – è esprimere sempre quello che hai dentro: così chiudi la porta e se la porta è chiusa, l’inquilino non entra. Ma se la lasci socchiusa, il male entra. La mancanza di perdono è la chiave più importante.” 

 

Sulla vera Felicità.

J: Cos’è per te la felicità e come si fa a riconoscere una persona felice?

E: “Gli occhi. Guarda gli occhi. Ho avuto nella mia vita tantissime persone che mi dicevano ‘Io voglio avere gli occhi lucenti come i suoi’. Credo che quando tu mandi via l’inquilino indesiderato e fai entrare il cielo, tutto diventa chiaro, trasparente, arriva la verità ed è la verità che ci rende liberi. Quindi se tu sei libero, la persona che non lo è lo vede, e vuole diventare libero come te.

Per me la vera felicità è l’unione della tua etica personale con la felicità alla quale aspiri. Per tanti è possedere case, macchine … Per me no. La mia felicità è la gioia profondissima che provo quando dò qualcosa a qualcuno senza aspettative e vedo questa luce riflettersi nei miei occhi.”

J: Esiste una correlazione tra salute mentale e felicità? E se sì, come funziona la mente di una persona felice? Te lo chiedo per avere qualche dritta da mettere a disposizione di chi non si sente ancora felice e vuole diventarlo.

 E: “La mente di una persona felice è una mente in cui ‘tutto mi è lecito ma non sono schiavo di niente’: vuol dire che tutto mi è concesso – un bicchiere di vino, una sigaretta … – il veleno sta nella misura. Tanto più esagero, tanto più divento dipendente da una certa cosa, e se sono dipendente da qualcosa, qualsiasi cosa sia … ne sono schiavo. Se qualcuno ti dice: ‘Io sono così buono …’, non credergli. Uno deve essere sempre nella misura. Altrimenti non può essere felice. La felicità è nel non avere rospi in gola, perdonare, avere la misura. Anche Eraclito diceva che quello che diventa malattia è l’eccesso. L’eccesso di freddo, l’eccesso di caldo, non vanno bene. È la misura che fa la differenza. Perfino l’eccesso di amore fa male. Comunque, devo sempre ricordarmi che l’amore non è bisogno ma è scelta. Quindi devo essere felice e contento di me stesso. Poi posso anche avere qualcuno che aggiunge amore, che mi dà amore, che io ricambierò. Altrimenti diventa un bisogno, una schiavitù, una dipendenza.” 

J: Ammesso che la felicità sia il nostro stato naturale, perché al giorno d’oggi è così raro trovare una persona felice? 

E: “Ritorniamo al discorso della conoscenza. Secondo me è importante conoscere te stesso, sapere quello che davvero vuoi, quale sia il tuo obiettivo. Un sacco di persone non centrano il bersaglio. Vanno sempre in tondo, girano su se stesse, vogliono questo, vogliono quello, e mancano il bersaglio, perché mancano quello che davvero vogliono dalla vita.”

J: In questa ricerca, cosa suggeriresti a una persona che disperde le proprie energie e non sa cosa vuole?

E: “Di fermarsi e passare del tempo in solitudine, nella Natura.”

 

Il Minatore che tira fuori i brillanti dal fango.

J: So che tra le persone a te più care ce n’è una che ti ha affibbiato lo pseudonimo di ‘Minatore che riesce a tirar fuori i brillanti dal fango’. Possiamo fare il nome di questo amico?

E: “Certo! (Il famoso cantante italiano Albano ndr). Lui è un amico carissimo, una persona stupenda che si presenta come non è, nel senso che chi lo vede lo percepisce come arrogante, ‘padre padrone’, ma non lo è affatto: è una persona meravigliosa che ha il senso degli altri. Lui mi chiama ‘minatore’ e io lo chiamo ‘contadino’. Quando mi dice che tiro fuori dei brillanti dal fango, lui descrive il mio sogno. Quando vedo persone che rinascono dal fango, sono così felice: questo termine – minatore ndr – mi piace un sacco.”

J: Ti va di regalarci tre piccole storie di tre persone che hai aiutato a risplendere?

E: “Non potendo fare nomi, posso dire che uno è un ragazzo meraviglioso di una famiglia molto importante che per me è stato come un figlio nato nel mio cuore. Lui è una persona che non solo risplende, ma risplenderà e sarà anche il brillante della sua famiglia, che è una famiglia difficile e complicata.

Poi ho una storia fantastica, quella di un signore che aveva avuto un incidente molto grave in cui le è morta fra le braccia la sua bambina, che era accanto a lui in macchina. Questo signore è venuto da me odiando la psicologia, dopo dieci anni di psicologi, e quando è entrato dalla mia porta mi ha detto, in tono di sfida: ‘Avanti! Avanti! Mi dica anche lei perché non sono morto?’ E io non so come mi sia venuta la frase – credimi, è venuta dal cielo, non sono stata io – gli ho risposto: ‘Ma lei È morto’. E lui ha cominciato a piangere, ha pianto per un’ora e mi ha detto: ‘Grazie. Lei ha capito che io ero morto davvero.’ Oggi lui risplende perché sta aiutando tutti quelli che hanno avuto un trauma come il suo.

Un’altra pietra preziosa è un famoso compositore, un signore anziano, un’altra persona meravigliosa, con lunghi capelli bianchi, direttore d’orchestra … Gli era morta la moglie ed era depressissimo, voleva solo morire. Voleva proprio morire. Io gli ho detto che non doveva morire con un amore così grande … A un certo punto gli ho fatto una domanda, pensando tra me e me: ‘Tanto so cosa mi risponderà: questi uomini parlano sempre d’amore ma poi in realtà sono dei traditori … Chissà quanti amori ha avuto.’ Sai, a volte, con i nostri pregiudizi, riusciamo a essere cattivi. ’Mi dica la verità – gli ho chiesto – lei non ha avuto solo quell’amore nella sua vita.’ E lui mi ha detto: ‘No. Io ho avuto due amori nella mia vita. Mia moglie e la mia musica.’ L’ho abbracciato. Lui è un’altra delle pietre che risplendono.” 

 

La vulnerabilità, l’autenticità, la gentilezza e altri valori …

J: Un altro tuo amico fraterno è il Professor Paolo Crepet, che ho avuto modo di intervistare in occasione dell’uscita del suo libro ‘Vulnerabili’. Cosa vuol dire per te essere vulnerabili?

E: “Per me essere vulnerabili è vivere in accordo con la frase ‘Tutto è puro per i puri’. I puri sono vulnerabili. Perché sono puri, non hanno malizia. Paolo è un mio carissimo amico ed è la persona in assoluto che stimo di più fra i miei colleghi. Mi piace perché ha un background meraviglioso: ha lavorato con Basaglia, a stretto contatto con lui. È intelligente ed è un puro, uno che non si fa trafiggere come tanti da mille cose.

Poi, sai, io vedo dei tromboni e dei cialtroni in televisione che sono terribili. Una volta mi avevano invitato all’Isola dei Famosi e gli ho detto che non ci andavo. Ho detto: ‘Avete tanti cialtroni da invitare …’ La giornalista che mi intervistava ha detto: ‘Certo, perché quelli come lei non vengono.’ Non ho dormito per tutta la notte.”

J: Questa cosa come ti ha fatto sentire?

E: “A me è capitato solo una volta di non avere il coraggio di andare avanti in una indagine, perché il signore che era venuto da me, elegantissimo, abusava di bambini neonati, e io non ho avuto il coraggio di continuare. Poi però non ho dormito per tanto tempo e mi sono detta: ‘Devi sforzarti. Devi sforzarti.’ Ma non riesco ad andare oltre alla mia, di etica. Non ce la faccio proprio ad andare all’Isola dei Famosi o al Grande Fratello. Non ce la faccio. Perché poi i miei pazienti vedrebbero che sono quella roba lì.”

J: La vulnerabilità è per te un segno di debolezza o un superpotere?

E: “Un superpotere. Essere fragile è bellissimo.”

J: Chi si rende vulnerabile è più autentico, secondo te? E se sì, basta l’autenticità da sola a difenderci da possibili attacchi esterni?

E: “Se sei autorevole sì. Per me ‘autorevolezza’ vuol dire saper ascoltare e saper rispondere in maniera appropriata, non parlando addosso all’interlocutore. ‘Autorevolezza’ è cercare di comprendere quello che l’altro dice anche se va contro le tue idee e cercare di dare una risposta …

Senti, io racconto sempre ai miei pazienti questo aneddoto, che a me è servito. Uscivo dall’università, avevamo fatto una lezione, io ero con un altro assistente, entriamo al Bar Magenta (storico bar di Milano ndr). Bar pieno. Entriamo. A un certo punto l’assistente che era assieme a me chiede al cameriere un cappuccio senza schiuma. Il barista si capisce che non solo non ha ascoltato, ma che non sta facendo il cappuccio giusto. Per la seconda volta il cliente dice al cameriere: ‘Guardi che io le ho chiesto un cappuccio senza schiuma …’ Il cameriere si volta e fa: ‘E ho capitoooo’. Arriva il cappuccio … come, secondo te? Con la schiuma. L’assistente vicino a me dice al cameriere: ‘Scusi ma io per tre volte le ho chiesto un cappuccio senza schiuma.’ Risposta del cameriere: ‘Ma così è più buono.’ Ascolta bene la risposta dell’assistente, che per me è stata un semaforo nella vita: ‘Sono proprio contento di bere il cappuccio che piace a lei’. L’hanno applaudito nel bar. Perché ha risposto nella maniera adeguata, lasciando l’altro senza parole.

Capisci la differenza? … Tra uno che avesse urlato: ‘Cretino! Ti ho detto che volevo un cappuccio senza schiuma!’ E uno che dice: ‘Sono proprio contento di bere il cappuccio che piace a lei’. Pensalo nella vita di tutti i giorni, nella storia di tutti i giorni. Quando qualcuno ti dice: ‘Stai proprio bene vestita così!’ ‘Sono proprio contenta di aver messo la cosa che piace a te’. ‘Sono proprio contenta di approvare quello che dici tu’. Capisci che cambiamento? Queste io le chiamo le ‘pillole di saggezza’. Dai all’interlocutore la possibilità di capire che ha detto una stupidata. L’hanno applaudito nel bar. E io gli ho detto: ‘Questa è una cosa che farò mia nella vita!’.

Quando sono in coda e c’è quello che ti risponde male, dico: ‘Mi dispiace che oggi sia una brutta giornata per lei.’ Non parlano più. ‘Perché non sei gentile? Perché mi rispondi così?’ Io da quel giorno ti posso dire che ogni volta … vedo quello che, non so, in auto tira sotto la vecchietta e poi urla come un pazzo … Picchietto il vetro e dico: ‘Scusi, perché lei non è gentile?’ Non riescono a replicare.

Un giorno in un bar un signore entra con due telefonini. Subito quelli del bar gli dicono: ‘Ah, due telefonini … uno per la moglie e l’altro per l’amante!’ ‘Eh sì, l’ho preso apposta!’ Io osservo in silenzio. Poi dico: ‘Che brutto …’ Uscendo questo tipo viene da me e mi chiede: ‘Perché ha detto che brutto?’ ‘Che brutto! – gli rispondo – Come sarebbe stato bello se lei avesse detto: ‘In realtà uso un telefonino solo, perché è una la persona che amo. Non ho bisogno di due telefonini.’ E lui: ‘Ma non è vero che io ho l’amante’. ‘Peggio!’ gli dico ‘Perché lei ha detto una bugia in un discorso banale, da bar. Pensi che bello se lei avesse detto invece: Ma no, io non ho bisogno di due telefonini! Lei si è messo nel gruppo dei corvi e delle cornacchie – perché l’aquila vola alto – Non ha bisogno di dire quello che fa o non fa, o delle amanti che ha.’ È rimasto sconvolto (ride)”.

 

Il vero successo.

J: Cos’è per te il vero successo? Differisce di molto dal successo che ci viene ogni giorno propinato dalla pubblicità e dai social media?

E: “Assolutamente sì. Quello che i media o comunque la televisione ti mostrano, è un successo effimero perché tu … guarda i grandi cantanti, quelli che vincono ad Amici e in tutte le trasmissioni di quel genere. Ce n’è uno magari, uno, che ha l’umanità dentro … Ricordo un aspirante coreografo ballerino ad Amici, che faceva delle cose bellissime e infatti poi è diventato un vero coreografo e ballerino. Uno. Su centomila. Perché? Perché ‘dentro’ andava contro gli schemi che gli venivano imposti. Andava per la sua strada. Quella era la sua strada. Quelli che rincorrono il successo ma non hanno dentro quel fuoco, invece …

Vedi, il vero successo non è fatto di soldi, di gloria, di apparire. Siamo sempre lì. Il vero successo è un successo che ti rende felice. Se osservi i personaggi che si sono succeduti alla televisione … Chi erano i personaggi più amati? Quelli che apparivano? No! Era il Frizzi della situazione che era buono, gentile, educato. Perché quelli come lui rimangono. Gli altri spariscono nel nulla.” 

J: Se il successo è l’espressione di chi siamo davvero – l’espressione di quel fuoco interiore – qual è la ricetta per scoprire chi siamo, secondo te, e trovare il nostro posto nel mondo?

E: “Devi trasmettere quell’etica di cui parlavamo prima, un’etica profonda, fondata sui valori di chi ha vissuto nella sofferenza. Tu le vedi le persone che hanno lottato nella vita e quindi hanno raggiunto un risultato … Non so se ti ricordi quel fantastico pianista che aveva la sclerosi e poi è morto (Ezio Bosso ndr). Lui era fantastico, quello che diceva, quello che faceva …

Ultimamente ho letto un libro di Mencarelli, che ha scritto ‘Tutto chiede salvezza’ e ha fatto una cosa in televisione meravigliosa, dove lui parte proprio dal concetto che non c’entra il papà, la mamma o quello che hai sofferto. Se tu hai dentro un disagio esistenziale, che è una forma di malessere per cui devi assolutamente soddisfare tutto e tutti, altrimenti ti senti colpevole di non avere aiutato quello o quell’altro … è questa forma di disagio – che lui è stato bravissimo a tirar fuori – il vero senso. L’etica per cui tu, dando agli altri, dai a te stesso. Ti ripaghi.”

J: Non è una forma di egoismo anche questa?

E: “No, perché dare senza aspettative non è egoismo. Se dai con l’aspettativa del ritorno, allora sì. Se dai con un senso di vittimismo, lamentandoti … pure. Basta. Tu puoi anche aver avuto una vita da disastro. Poi però ti dici: ‘Adesso devo farcela. Da solo. E andare avanti.’ Mencarelli è così: nei suoi libri, che sono autobiografie, dice proprio questo. Cosa fa lui per uscire dalla droga, dall’alcol? Va nell’ospedale Bambin Gesù a pulire la cacca di tutti quelli che ci sono lì. E da lì risale. Non c’è nessuno che ti può aiutare se tu per primo non fai un lavoro di questo tipo. E lui parla proprio di questo suo malessere, nel suo ultimo libro che è meraviglioso: fa tutto un percorso in cui va in varie case e vorrebbe aiutare tutti, perché il suo bisogno è quello …” 

 

L’amore con la “A”.

J: Che cos’è per te l’amore?

E: “L’amore deve essere puro e deve essere una scelta, non deve essere un bisogno. Vedi un sacco di persone che stanno insieme per bisogno. Bisogno del papà, della mamma, dei soldi, dell’appartenenza, bisogno di una donna che ti fa da mangiare. No. L’amore deve essere una cosa del tipo: ‘Ho voglia di vedere il tramonto con quella persona lì che, in silenzio, lo vede con me. Questo è l’amore. Il senso dell’amore. Poi, non confondiamo la passione del primo momento con l’amore.

C’è stata un’intervista che aveva fatto Costanzo. Io non lo amavo tanto, ma ne rispettavo l’intelligenza così come della De Filippi rispetto i valori profondi e non magari le trasmissioni che fa. Però mi piace come persona quando ha dei valori e si sentono. E lui ha detto una frase: ‘Il vero amore è l’affetto che viene nei lunghi anni in cui stai con una persona e la rispetti.’ Secondo me è questo l’amore. Non è quello che vediamo, tutto patinato. No, è l’amore di due persone che stanno insieme, si vogliono bene e si rispettano. Reciprocamente.”

 

Sul cambiare il mondo o fondarne uno nuovo.

J: Ha senso adoperarsi per cambiare il mondo in cui viviamo o ha senso piuttosto costruirne uno nuovo?  

E: “Nel mio lavoro penso sempre: ‘Se anche una sola delle persone che ho visto ha aperto il suo cuore, ha imparato a dare di più agli altri, ha imparato ad ascoltare, nel mio piccolo ho già cambiato il mondo. Penso che stia a noi mettere un piccolo seme. E sono sicura che quel seme lì, se l’ho messo bene, col mio cuore pulito, puro, un giorno darà il suo fiore.

Sai, io piango quando vedo l’orso che devono abbattere … E penso: ‘Caspita, ha ucciso una persona, ma che colpa ne ha? Non lo pensava in quel momento, non aveva la cognizione di ucciderlo. Oppure quando vedo la mafia, e penso: ‘Ma non ci sarà mai, mai una ragione per cui questa … scomparirà? In America buttano bombe, sparano ai bambini … e la mafia è ancora lì. E io mi dico: ‘Come facciamo a cambiare il mondo?’

Allora mi torna in mente una frase che diceva Borsellino, che mi piaceva tanto … che quando gli chiedevano: ‘Ma tu hai paura?’ Lui rispondeva: ‘Ho un sacco di paura. Ma vorrei che anche gli altri avessero più coraggio.’ Penso che sia questa la chiave. La vera chiave per vincere la paura è il coraggio.”

J: … e la speranza!

E: “… di andare avanti e di dire: Io, con coraggio e speranza, ho piantato un piccolissimo seme!”

J: Quali sono i tre valori che illuminano il tuo cammino?

E: “L’ascolto lo metto tra i primi perché è il valore dato dal rispetto dell’altro. Quindi è importantissimo. Io ti rispetto e quindi ti ascolto, perché così ti conosco. Poi sai ce ne sarebbero tanti da dire. L’onestà …

Ma uno dei valori che a me piacciono di più è la purezza. Purezza vuol dire che cerco di non giudicare mai. Faccio di tutto per non giudicare mai, perché chi giudica, giudica sempre. Chi non giudica invece, non giudica mai. Però ci vene facile, a volte, dire: ‘Quello lì, quello là …’ Per me quindi il valore della purezza è restare fermo nella mia etica e nella mia onestà, in quello che sono io: la purezza del mio sentimento. Non fermarmi alle apparenze. Guardare dentro.

A questo valore fa capo la sincerità. Nell’onestà c’è dentro anche la sincerità … Personalmente odio i bugiardi. Perché dico che la conoscenza è importante? Perché dico che in fondo Gesù ci ha lasciato quel libro bellissimo, che contiene dei consigli? Perché quando cominci a costruire una bugia, lo vedi anche nelle telenovelas, una, due, tre, cinque, dieci … tutte queste bugie fanno sì che la tua vita non vada avanti. Mai. Perché le bugie sono sempre una dietro l’altra. E quindi la tua vita non procede … Mai.”

 

Arrivederci a presto, Elena.

Ben, il barboncino nero toy della mia amica, abbaia festoso. Sembra voler dire: “È arrivata l’ora della mia passeggiata”. Prometto a Elena di pubblicare l’intervista nel mio blog su Betapress.it., nella speranza di raggiungere il maggior numero possibile di inconsapevoli brillanti, pronti a uscire dal “fango” di una vita – solo in apparenza – priva di senso. 

 

Foto: Giuseppe Pino.




“Spegni la TV, riaccendi la speranza”

Triennio 2020-2022: responsabilità di istituzioni e media nel sensibile aumento dei casi di ansia, depressione e stress.

A quanto pare, le restrizioni adottate e una cattiva gestione dell’informazione hanno influito in modo significativo sul benessere mentale delle persone più fragili, specialmente se intolleranti all’incertezza, o con disagio mentale preesistente.

In Italia, si assiste tuttora a un sensibile aumento dei casi di ansia, depressione e stress.

A confermarlo sono i risultati di ricerche scientifiche e studi condotti dall’ISS e dall’OMS, di cui condivido i link per chi volesse approfondire l’argomento.

Il fattore determinante è la paura

Raggiungo a Milano la dott.ssa Elena Pagliacci Cipriani, psicanalista dal 1982 e Consigliere Nazionale della Lega Italiana di Igiene Mentale, per fare il punto della situazione.

Le chiedo quale sia, a suo avviso, il fattore determinante. “Nel 90% dei casi è la paura. Prima eravamo abituati all’idea di poter fare qualsiasi cosa, come se la morte non esistesse o fosse una lontanissima probabilità, che comunque non accade mai a noi. Improvvisamente siamo stati colti dalla paura di morire. Ed è questa paura ad aver schierato le persone in fazioni, alimentando divisioni e discriminazione.”

 

Le categorie più fragili

In base all’esperienza dell’intervistata, ad essere più colpiti sono gli adolescenti, molti dei quali manifestano forme di fobia patologica a tutto.

“La paura della morte è primordiale e ne siamo tutti più o meno toccati. Da ragazzi ci crediamo immortali. Col passar del tempo, si fa sempre più vicina. Il grande dramma al quale assisto nel mio lavoro è che il 90% dei miei giovani pazienti, alla domanda ‘Come va?’, risponde ‘Boh’. In generale sembra non abbiano più parole per ‘documentare’ ciò che provano, chi sono. L’unica parola che riescono a dire è ‘Boh’. I giovani d’oggi crescono senza conoscere se stessi” prosegue “E questo vale per tutti noi: non ci conosciamo più. ‘Grazie’ al computer e più in generale alla tecnologia, è come se viaggiassimo con un bigino in tasca della vita. Non abbiamo più una vita ‘vera’ dove incontrare le persone, conoscerle, capirle, confrontarci con loro sui fatti della vita. Molti di noi  – continua – tendono a chiudersi in ‘bolle’ in cui tutto va bene, tutto è perfetto …  Ma non è vero: sembrano ‘cadaveri’ che camminano. Non c’è la voglia di conoscersi, di ascoltarsi: ci si interrompe continuamente. Gli ascoltatori sono circa il 10%. Troppo pochi.” 

Riguardo alla donna, la Dott.ssa Pagliacci Cipriani non concorda con i risultati degli studi che ne evidenzierebbero una maggiore vulnerabilità. Pur essendo più sensibile al cambiamento, infatti, la donna ha sempre dimostrato una maggiore forza e resistenza rispetto all’uomo. Quest’ultimo, per sua natura, tenderebbe all’ipocondria, sottoponendosi a mille esami e analisi per accertare l’eventuale presenza di una malattia. Comunque l’uomo, più abitudinario rispetto alla donna, farebbe più fatica ad accettare e gestire il cambiamento.  

Per quanto attiene alla categoria sociale più colpita, la dott.ssa Pagliacci individua nella classe più abbiente una maggiore vulnerabilità alla sofferenza provocata dall’idea della morte, non più vista come lontanissima probabilità ma come qualcosa che può accadere da un momento all’altro. Di qui la corsa al vaccino vissuto come qualcosa di taumaturgico, in grado di salvarti la vita. Senza tener conto del fatto che, essendo in fase sperimentale, le conseguenze del suo utilizzo non erano e non sono tuttora pienamente prevedibili. 

Le fasce sociali media e bassa invece, più abituate alla “sofferenza”, hanno a suo avviso reagito molto meglio rispetto alla classe “alta”.

 

Il ruolo delle Istituzioni

Alla mia domanda sul modo in cui le restrizioni imposte abbiano influito sull’aumento degli individui colpiti da ansia, depressione e stress, la Psicanalista risponde che a tutt’oggi, nonostante non sia più obbligatorio, in ambiente ospedaliero rimane l’imprinting di indossare le mascherine. Questo, ovviamente, mantiene vivo il ricordo dei peggiori momenti del triennio trascorso, alimentando ulteriormente l’ansia.

E qui la dottoressa, che premette di odiare le etichette “pro vax” / “no vax” e i protocolli*, racconta un episodio della sua vita personale. Il fratello aveva avuto un tumore al polmone. Era stato operato e l’intervento era andato benissimo. Stava bene. Tuttavia il protocollo esigeva per lui la somministrazione di più dosi di vaccino. “È morto in ospedale in seguito a questi protocolli” conclude la Dottoressa Pagliacci Cipriani, convinta che se fosse rimasto a casa, curato da un medico “come quelli di una volta” che ti guardavano e capivano subito quello che avevi, e avesse preso le sue medicine, molto probabilmente oggi sarebbe ancora in vita.  

 

Il ruolo dei giornalisti e dei Media

Su quale sia la responsabilità dei giornalisti e dei media riguardo alla diffusione della paura, l’intervistata non ha dubbi: “È immensa: l’informazione trasmessa da radio e televisione nell’arco del triennio è tutta all’insegna della paura. Rare sono le persone che si azzardano a dire: ‘Tranquilli …’ e quei pochi vengono additati come quelli della contro informazione. 

“Quando muore qualcuno – prosegue –  tu stai bene al momento. È dopo che viene fuori il lutto. La stessa cosa è successa con il Covid. All’inizio si sono avuti dei drammi reali. È in un secondo tempo che sono emersi tutto l’immaginario e una scenografia deleteria: l’informazione aveva minato alla base tutto ciò in cui credevi. Accendevi la tv e sentivi, una dopo l’altra, centomila cose deleterie. In meno di un anno si è arrivati a non avere più fiducia in niente, soprattutto nei riguardi dei media e delle istituzioni. Dal patriottismo sanitario del ‘volemose bene’ – bandiera alla finestra, ‘Evviva l’Italia’, ‘Siamo tutti uniti’, ‘Che bello, siamo insieme’ – si è passati, nel giro di pochi mesi, a ‘Basta (cattive notizie ndr), non ce la faccio più’. Alla stanchezza e a un generale senso di impotenza si sono aggiunte, nel tempo, le fazioni. Senza ahimè comprendere che nelle guerre non ci sono mai né vinti, né vincitori. Gli schieramenti hanno generato incomprensioni, che hanno messo fine a rapporti di amicizia e di amore. Da un giorno all’altro, persone che credono di conoscersi da una vita si ritrovano improvvisamente ‘nemiche’. Anche quando dici di conoscere qualcuno, infatti, in realtà non lo conosci affatto. È solo nei momenti più drammatici che puoi conoscere davvero una persona: nelle malattie, nella lotta per la vita, nelle difficoltà economiche. Allora ti rendi conto che l’altro è simile a te non perché ne condividi per forza le idee, ma perché le manifesta con la stessa libertà con cui tu esprimi le tue.”

 

L’elaborazione del lutto

Affrontiamo ora il tema del dolore emotivo e della sua metabolizzazione.

“Nel primo periodo si sono avute molte morti in terapia intensiva, causate dal sovradosaggio di ossigeno che ha distrutto i polmoni dei pazienti”, dice l’intervistata, che entra nel merito del tipo di dolore affrontato. “Il dolore causato dal dramma vissuto dai parenti è quello di chi perde un proprio caro non in seguito a una lunga malattia, ma da un momento all’altro, a causa di un incidente. Nel primo caso c’è tutto il tempo per abituarsi all’idea della morte. Nel secondo si vive un ‘dramma’, e si cerca un colpevole da accusare. L’informazione, diffondendo un minestrone di idee contrastanti, non ha certo aiutato le persone a reggere il dolore per l’improvvisa, inaspettata perdita dei propri cari. A tutto questo si aggiunge la scarsità o l’assenza addirittura di iniziative, da parte delle istituzioni, tese a offrire un sostegno di carattere psicologico al maggior numero possibile di persone.”

 

La nuova normalità

Oggi si parla tanto di “nuova normalità”. Ma che cos’è e quanto ci costa, a livello mentale, accettare e adattarci a questa nuova normalità?

“Non è una nuova normalità – risponde la Dott.ssa Pagliacci Cipriani – è convivere con il pensiero che, dietro alla porta, possa sempre capitare qualcosa. Guarda caso, subito dopo il Covid c’è stata la guerra: è un continuum. E questo pensiero è comune in tutte le fasce d’età. Anche i giovani, interrogati sui loro progetti e sul loro futuro, non sanno più cosa rispondere. È forse questa la ‘nuova normalità’ di cui tanto si parla? Certamente no. È una ‘sopravvivenza’ aspettando qualcosa che magari non arriverà mai più e che se arriva, è un qualcosa che stavi comunque aspettando. È bruttissimo.”

 

Il miglior antidoto alla paura

Per concludere chiedo alla Psicanalista quale sia, a suo parere, il miglior antidoto alla paura. “La speranza. Se nutri speranza, per esempio riguardo a un progetto, puoi ancora pensare che ogni cosa si risolverà. Ma se la speranza viene a mancare, soggiogata dai ‘Boh’, c’è poco da fare. Dovrebbe però, a mio parere, rinascere in una forma nuova, all’insegna del ‘basta con l’apparenza’. Non ne possiamo più dell’apparenza!”

 

Il modus operandi

“La scuola americana cognitivo comportamentista dice: ‘Cosa hai fatto? Ti spiego’. Io sono assolutamente certa che se tu non hai capito cosa precede il cosa è successo e poi vediamo cosa fare, non potrai mai guarire davvero. Perché sarà un cerotto. Quello che vedo, tra molti dei miei colleghi, è una superficialità ormai così forte per cui ciò che interessa è innanzitutto il guadagnare … Sono pochissimi i colleghi che si rendono conto che il paziente non ha neanche gli occhi per piangere. Oggi c’è: quanto ti deve dare, cosa deve fare … Anche qui parliamo di protocollo. Non parliamo di umanità, è come se l’umanità fosse scomparsa. Perché? Perché non si guarda oltre all’apparenza: quello che è ricco, quello che conta … ma chi se ne frega? Io devo guardare quello che c’è dentro. Devo aiutare questi ragazzi che urlano in silenzio.”

 

Le fonti

Dai risultati di uno studio condotto dall’ISS e dall’Unità di Biostatistica Epidemiologia e Sanità Pubblica del Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Padova, pubblicata dalla rivista accademica Bmj Open, si apprende che in Italia, durante il lockdown, l’88,6% delle persone sopra i 16 anni ha sofferto di stress psicologico e quasi il 50% di sintomi di depressione, con le persone più giovani, le donne e i disoccupati che si sono rivelati più a rischio.  

https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/3f4alMwzN1Z7/content/id/6898844

https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2022-04-26/covid-iss-il-lockdown-e-aumentata-depressione-soprattutto-giovani-160507.php?uuid=AE6GUTUB

L’OMS, nel testo della sua Costituzione firmata a New York il 22 luglio 1946, dà della salute questa definizione: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale che non consiste solo in un’assenza di malattia o di infermità». Eppure, nel Survey pubblicato il 5 ottobre 2020, il Direttore Generale Dr Tedros Adhanom Ghebreyesus, ammette che il “COVID-19 ha interrotto i servizi essenziali di salute mentale in tutto il mondo proprio quando erano più necessari. I leader mondiali – continua – devono muoversi in modo rapido e deciso per investire di più in programmi di salute mentale salvavita, durante la pandemia e oltre”. 

https://www.who.int/news/item/05-10-2020-covid-19-disrupting-mental-health-services-in-most-countries-who-survey#:~:text=Bereavement%2C%20isolation%2C%20loss,outcomes%20and%20even%20death

Sul sito del Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite si legge un riassunto del documento emesso dall’OMS il 10 marzo 2022: “Covid-19 aumenta del 25% i casi di ansia e depressione”. L’articolo mette in evidenza chi è stato maggiormente colpito e riassume l’effetto che la pandemia ha avuto sulla disponibilità dei servizi di salute mentale e su come questi siano cambiati durante il triennio.

https://unric.org/it/oms-covid-19-aumenta-del-25-i-casi-di-ansia-e-depressione/

 

 




Aperitivo 4.0 – L’I.C. di Capriate che mette la scuola al centro della comunità

Riceviamo  e condividiamo la circolare 155 della prof.ssa Maria Rita Meschis, Dirigente dell’ Istituto comprensivo “A. Manzoni” di Capriate san Gervasio.

Oggetto: Ringraziamenti Serata Aperitivo 4.0
Un ringraziamento di cuore a tutti coloro che hanno partecipato, in presenza e attraverso la diretta

streaming, all’evento Tavola rotonda Aperitivo 4.0 il 27.02.2023!

Vivere la scuola come spazio di tutti e per tutti è stata un’emozione piacevole ed entusiasmante!

Eravamo 200 in presenza e abbiamo registrato più di 700 visualizzazioni in diretta streaming!

Stare insieme per parlare di scuola, di futuro, dei nostri giovani, di noi come comunità educante ragazzi, ha reso la serata un momento significativo per consolidare e costruire belle e sane “alleanze educative”.

Grazie a tutti coloro che hanno firmato la dichiarazione di Intenti “IO CI STO”! INSIEME PER LA SCUOLA!

Permettetemi di ringraziare tutti gli intervenuti:

  •  i ragazzi della secondaria di Filago che si sono esibiti nella band e i Proff. Parlante e Pozzi, i ragazzi relatori e i rappresentanti di Istituto che hanno condotto la serata insieme alla bravissima Conduttrice e giornalista Chiara Sparacio, a cui va un ringraziamento speciale per averci regalato il suo tempo e la sua competenza;
  • i docenti che si sono prodigati per la realizzazione della serata tra cui i miei collaboratori Ins. Lecchi Romina e Ins.Motta Luisa e i docenti del mio Staff, i docenti relatori e coloro che hanno partecipato in presenza e on line, i docenti che hanno aiutato nella parte organizzativa;
  • il personale di segreteria, i collaboratori scolastici presenti e la DSGA;
  • i due colleghi Dirigenti, intervenuti come eccellenti relatori: Salvatore Lentini e Strignano Stefania;
  • le mie carissime colleghe Dirigenti di Osio Sopra e Azzano San Paolo per il supporto reciproco;
  • i genitori rappresentanti, i consiglieri del Consiglio di Istituto e la presidente del CDI;
  • i Sindaci dei Comuni di Filago e Capriate e l’assessore all’Istruzione e alla Cultura presenti;
  • gli Alpini, la Fevapi, la Protezione Civile e i Carabinieri;
  • le associazioni culturali, sportive e di volontariato del territorio;
  • le aziende del territorio intervenute con delle rappresentanze in presenza;

Un ringraziamento ai due Comuni per aver offerto il rinfresco e a Corrado Faletti per aver messo a disposizione la diretta streaming su you toube, senza oneri per la scuola.

Tanti volti, un unico intento: la passione per la scuola, quale luogo di cultura e formazione delle nuove generazioni!

La serata trascorsa rappresenta un punto di svolta importante verso una scuola in evoluzione e trasformazione, sempre più vicina ai bisogni formativi degli studenti, in sintonia con il territorio, con le famiglie, con i tempi che stiamo vivendo.

Vi ringrazio ancora una volta per la fiducia e il sostegno!

Grazie per l’attenzione. Un cordiale saluto.

 

Per parte nostra, in qualità di testata che ha a cuore il mondo della scuola, ringraziamo la dirigente, i dirigenti intervenuti, le autorità politiche, gli eccezionali ragazzi e le loro famiglie e la comunità tutta che si è dimostrata attiva, interessate e partecipe.

Vedere una comunità che si comporta come tale e ha a cuore la scuola è una cosa a cui purtroppo non siamo più molto abituati e ci ha commosso.
Siamo curiosi di seguire i vostri successi.

Per chi volesse vedere la registrazione dell’interessante serata può andare al link

https://www.youtube.com/live/s6_dZLunt_o?feature=share




OPEN DAYS, ATTIVITÀ DI (DIS)ORIENTAMENTO

Iniziati a novembre, sembrano ormai alla fine anche se qualcuno userà anche l’ultimo giorno, il 30 gennaio, per … “un alunno in più “.

Povera scuola!

Comunque l’incubo sembra ormai finito.

Un tempo non esistevano, forse solo nelle scuole private per questioni di sopravvivenza, questioni che oggi sembrano interessare anche la scuola pubblica.

Una maratona nella quale genitori e ragazzi “saltano” da una scuola all’ altra, ascoltando noiosissimi discorsi autoreferenziali, belle promesse, inutili visite a laboratori imbellettati per l’occasione, tentando di intuire, dietro tanta retorica, la nuda realtà.

Ma la scuola non deve essere solo un luogo accogliente e non dovrebbe mai perdere di vista il suo ruolo principe di trasmettere “virtute e canoscenza”.

Purtroppo si dimentica che la scuola richiede anche impegno, fatica e sacrificio e non mille progetti e attività per intrattenere in modo ludico gli studenti, perché ciò contribuirebbe ad alimentare le derive di una società sempre più fluida che sta creando confusione e incertezza.

Allora?

Allora palese è il disorientamento tra tanti indirizzi di studio, corti e lunghi e anche duplicati e le tante e creative offerte formative proposte per “un alunno in più “.

Il 30 gennaio sta arrivando, si avvicina il momento della scelta.

In bocca al lupo ragazzi.

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




PNRR o PRRRRRRRRR… ??

Parte la progettazione per il Piano Scuola 4.0 sulla piattaforma dedicata che resterà aperta dalle ore 15.00 del giorno 28 dicembre 2022 alle ore 15.00 del giorno 28 febbraio 2023.

L’investimento prevede due azioni specifiche: Next Generation Classrooms e Next Generazione Labs.

L’azione “Next Generation Classrooms” ha l’obiettivo di trasformare almeno 100.000 aule delle scuole primarie, secondarie di primo grado e secondarie di secondo grado, in ambienti innovativi di apprendimento.

L’azione “Next Generation Labs” ha la finalità di realizzare laboratori per le professioni digitali del futuro nelle scuole secondarie di secondo grado, dotandole di spazi e di attrezzature digitali avanzate.

La parola d’ordine per rinnovare la scuola è “digitale” per tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Che dire? Il digitale è sicuramente un bene se aggiunto alle abilità analogiche, un disastro se in sostituzione ad esso!

Ma sembra che si vada in questa direzione.

Si legge che il Piano Scuola 4.0 sarà l’occasione per innovare la scuola!?!

Certamente, ma l’innovazione didattica sarà possibile senza però rinunciare ad insegnare le quattro abilità di base linguistiche (saper ascoltare, saper parlare, saper leggere e saper scrivere) insieme alle quattro operazioni della matematica.

Occorre insegnare l’analisi grammaticale, logica della frase e del periodo entro la scuola media, studiare storia e geografia, abolire nei licei l’alternanza scuola-lavoro, oggi rinominata PCTO.

In breve occorre tornare allo studio dei contenuti disciplinari e forse riusciremo a raggiungere adeguati risultati anche nelle tanto criticate prove INVALSI.

Pio Mirra




Anno nuovo, problemi vecchi, soluzioni nuove?

Ripartono gli incontri di Diritto Scolastico.

Chiara Sparacio intervisterà gli avvocati Maurizio Danza del foro di Roma e Andrea Caristi del foro di Messina e affronterà con le problematiche del diritto scolastico.

Nella prima puntata si parlerà dello stato dell’arte del riconoscimento in Italia delle abilitazioni all’insegnamento conseguito all’estero.

Al di là delle simpatie e antipatie personali, cosa dice la legge? Come agisce il Ministero?

Diritto Scolastico è una trasmissione di informazione che vuole essere una bussola super partes in grado di sostenere docenti, dirigenti e tutto il personale scolastico che desidera conoscere e far valere i propri diritti.

 

Chiara Sparacio chiede agli avvocati Andrea Caristi e Maurizio Danza quali sono i diritti e i doveri di chi lavora nel mondo della scuola

Segui la puntata di oggi

Abilitazioni all'estero stato dell'Arte
Abilitazioni all’estero stato dell’Arte

Siamo in Europa ma il MIUR non è d’accordo

Messina contro Google, la disfatta del colosso americano.




LETTERA APERTA AL PROSSIMO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Avevo in programma un incontro con il Dr. Antonio Ballarin, esperto in Fisica Quantistica – è anche Visiting Professor alla University Canada West di Vancouver – per raccogliere le sue impressioni in merito ad un prestigioso riconoscimento che gli è stato attribuito da un’autorevole organizzazione internazionale per i suoi studi nel campo dell’Intelligenza Artificiale – nomina a Senior Member della International Neural Network Society, USA -.

Per una strana coincidenza, ci siamo trovati a riflettere insieme su alcune fasi della Storia d’Italia dell’immediato dopoguerra ovvero degli ultimi periodi del secondo conflitto mondiale, nelle terre al confine con la Jugoslavia.

Da tempo desidero produrre degli approfondimenti storico-documentali sulla ‘Strage di Vergarolla’ del 18 Agosto 1946, ancora avvolta nelle nebbie di una anomala vaghezza: ma, pur nella consapevolezza che esista congrua documentazione che possa giovare a porre nella giusta evidenza quel pessimo, crudele, evento, trovo un muro di forti difficoltà e persino delle reticenze che non mi consentono di procedere nella direzione auspicata.

E proprio il colloquio con il Dr. Antonio Ballarin, mi avrebbe forse aiutato in ciò.

Per quelle strane coincidenze offerte dalla quotidianità, ho appreso dall’intervistato che poche ore prima aveva diramato, una pubblica Lettera indirizzata – attraverso i mezzi di informazione – al prossimo Presidente del Consiglio dei Ministri, la cui designazione potrebbe essere imminente, e intesa a richiamarne l’attenzione circa “Il rispetto dei diritti degli Esuli istriani, fiumani e dalmati”.

Accantonati i miei intendimenti precedenti, che potrò riprendere in altro momento, ritengo di elevato significato – per i contenuti espressi – riprendere subito tale enunciato – impersonale, nell’indirizzo -, porgendolo ai miei Lettori.

IL RISPETTO DEI DIRITTI DEGLI ESULI ISTRIANI, FIUMANI E DALMATI

Egregio Signor Presidente.

Da italiani, sia per scelta sia per nascita, non possiamo che essere contenti per l’esercizio di democrazia registrato con le elezioni dello scorso 25 settembre.

Finalmente saremo guidati da un Governo espressione del voto popolare e non da uno maturato da accordi di Palazzo, come accaduto negli ultimi anni.

Abbiamo ascoltato con grande interesse, in questi giorni, le dichiarazioni degli esponenti della maggioranza appena eletta e che Lei, signor Presidente, avrà l’onore e l’onere di guidare.

Da tali esponenti, in queste ore, è stato espresso ripetutamente un concetto che ci sentiamo di condividere totalmente: uno Stato è tanto più credibile ed è tanto più considerato, quanto più onora e rispetta i Trattati internazionali che esso stesso ha sottoscritto.

Noi crediamo che sia arrivato, alfine, il momento di rispettare quei Trattati che non sono stati ottemperati fino ad oggi, provocando, in tal modo, un grave danno al mondo dell’Esodo Giuliano-Dalmata.

Ci riferiamo al Trattato di Pace di Parigi del 1947 il quale, al punto 9 dell’allegato XIV, stabilisce che: “I beni degli italiani residenti nei Territori ceduti […] non potranno essere trattenuti o liquidati […], ma dovranno essere restituiti ai rispettivi proprietari”.

Come sappiamo a tale Trattato, ampiamente disatteso, seguirono diversi accordi bilaterali tra Italia e Jugoslavia – accordi del 23/05/1949, 23/12/1950, 18/12/1954 – tutti poi tramutati in Leggi attuative, che in sintesi sancivano il pagamento dei debiti di guerra dell’Italia nei confronti delle Jugoslavia utilizzando i beni degli Esuli a fronte dell’impegno dello Stato italiano di un successivo risarcimento per l’esproprio perpetrato.

Ebbene, gli Esuli istriani, fiumani e dalmati ed i loro discendenti, sono ancora in attesa di un “equo indennizzo”, avendo percepito solo una minima parte di quanto promesso.

Si tratta di un indennizzo che, secondo i nostri calcoli, si aggira intorno ai 4,5 miliardi di euro.

Una cifra che sembra enorme, ma che se confrontata con l’attuale debito pubblico (ad oggi pari a circa 2770 miliardi) rappresenta l’1,6 per mille.

Quanto fin qui non è solo una questione di vile danaro, si tratta, piuttosto, di un’espressione di civiltà attesa da lunghi decenni da un intero popolo.

Gli Esuli ed i loro discendenti si sono rifatti una vita in Patria, eppure resta l’insopportabile retrogusto amaro nella consapevolezza di essere stati ignobilmente usati per questioni geopolitiche giocate sulla propria pelle.

La vita della nostra Gente è stata tutta in salita per troppo tempo, anche dal punto di vista culturale. Sempre a dover giustificare la propria identità, sentendosi dire che la sofferenza patita era il giusto scotto per colpe di altri.

Il giustificazionismo è un concetto terribile che porta allo stupro della ragione, definendo accettabile l’eliminazione di un qualcosa o qualcuno – magari per mezzo di una foiba -, su cui far ricadere i misfatti di qualcun altro.

Per questi motivi auspichiamo anche l’emendamento della Legge 167/2017 che punisce la propaganda, l’istigazione e l’incitamento al razzismo e chiediamo l’inserimento di una menzione specifica al negazionismo e giustificazionismo per i crimini commessi in Istria, Fiume e Dalmazia in merito alla persecuzione anti-italiana avvenuta a guerra finita.

Così come auspichiamo che possa essere emendata la Legge 178/1951 che disciplina il conferimento delle onorificenze al Merito della Repubblica, senza la quale non è possibile la revoca del cavalierato assegnato al Maresciallo Tito, causa di dolore e sofferenza non solo per la nostra Gente, ma per centinaia di migliaia di persone che si opponevano alla dittatura comunista jugoslava.

A tale proposito vogliamo ricordare il pronunciamento del 19 settembre 2019 in cui il Parlamento Europeo – presieduto da David Sassoli – approvò a larghissima maggioranza (89%) la risoluzione: “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”, che condanna tutti i totalitarismi del XX secolo, equiparando in tal modo il comunismo al nazismo.

L’attuale maggioranza, così come maturata il 25 Settembre, ha dimostrato nel tempo grande sensibilità ai temi qui riportati.

Confidiamo nella sua futura opera.

Antonio Ballarin

Esule di seconda generazione, nato al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma nel ’59                                              Past-President FederEsuli – Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati                    Vicepresidente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia    Consigliere Associazioni Dalmati Italiani nel Mondo  Fondatore MondoEsuli – Movimento per la memoria e la promozione di Istria, Quarnaro e Dalmazia.

Certamente uno scritto di elevato spessore e di contenuti precisi e tali da lasciare poco margine alle interpretazioni: nella consapevolezza, che – se la questione si è trascinata fino ad oggi, restando irrisolta, al di là di ogni assicurazione potuta o voluta offrire da parte della Politica – basterebbe solo un minimo di buona volontà per porre fine a una vicenda che, decisamente, si è trascinata per troppo tempo.

Un ‘grazie’ di cuore al Dr. Ballarin per l’attenzione che ha inteso rivolgermi, dandoci appuntamento per un prossimo incontro, questa volta nel segno della Scienza.