La mafia culturale

Noi siciliani la mafia l’abbiamo in testa e lo sforzo più grande che facciamo quando capiamo questa cosa, è distinguere i comportamenti mafiosi dai comportamenti umani.

Ma ci vuole tempo,

ci vuole frequenza.

Noi siciliani la mafia l’abbiamo nello sguardo,

quando guardiamo con superiorità chi ci sta di fronte e accettiamo la sfida di mostrare chi è più forte.

Noi siciliani la mafia l’abbiamo nell’incedere,

quando passiamo avanti e crediamo che tutto ci sia dovuto.

Quando non sbagliamo e sbagliano sempre gli altri.

Quando chi sbaglia paga ma l’errore è opinabile.

E ci vuole tempo

ci vuole frequenza.

Noi siciliani la mafia l’abbiamo nell’amico dell’amico

quando risolviamo problemi e accettiamo lo scambio.

Noi siciliani la mafia l’abbiamo nella strafottenza,

quando pensiamo che le regole degli altri non valgono per noi.

Quando il vanto è il privilegio.

E ci vuole tempo,

ci vuole frequenza.

E noi li abbiamo avuti

Abbiamo avuto secoli e secoli in una società incomprensibile per tutti fuorché per noi.

Siamo corrotti e compromessi.

Abbiamo la mente lurida di mafia e ormai non dormiamo la notte.

Ma proprio per questo

noi siciliani siamo avvantaggiati

Perché abbiamo avuto tempo

perché abbiamo avuto frequenza

e anche se tutto quello che abbiamo vissuto ha fatto schifo, ora abbiamo il dovere di non rendere tutto inutile.

Adesso, chi ci ha fatto attenzione, arriva prima;

chi è cresciuto circondato, oggi può scegliere e ha il dovere morale di avvisare gli altri.

E così noi siciliani la mafia la vediamo prima e la riconosciamo in fretta.

La riconosciamo ai primi posti agli eventi mondani,

nelle tribune d’onore,

nei biglietti al botteghino e nei nomi in lista.

La riconosciamo nel sorriso ammiccante e nel favore disinteressato … e sappiamo che disinteressato non lo sarà mai veramente.

Nel delirio di onnipotenza e nel sorriso astuto, quello che nessuno vede tranne noi.

Noi siciliani la mafia la riconosciamo anche nel ringraziamento di chi crede di aver ricevuto un favore e invece si è compromesso.

E ci dispiace per loro.

Noi siciliani la mafia la vediamo nella promessa del potere e nella sua ostentazione,

nel gesto di onnipotenza e nella spavalderia.

Nell’onore che deve essere protetto.

Nell’arroganza che diventa legge.

Riconosciamo il rumore dei soldi che vendono l’umanità e ne siamo addolorati.

Noi siciliani la mafia la sentiamo all’olfatto perché riconosciamo l’odore e sappiamo che puzza.

E abbiamo e sentiamo il dovere di dirvelo,

di mettervi in guardia.

Ma che ne sarà altrimenti di voi che la incontrerete senza riconoscerla?

Di voi che cercate compagnia agli angoli delle strade cercando l’amore nel posto sbagliato?

La mafia è una prostituta che si improfuma per nascondere l’olezzo nauseabondo.

È malata e contamina ogni cosa che tocca.

Che ne sarà di voi sempliciotti quando la incontrerete e vi sedurrà?

La mafia scappa da chi può riconoscerla e condannarla e cerca rifugio in chi non la conosce ancora e ha sete di fama e potere.

Badate

Badate.




Sos ….tegno cercasi

Primo giorno di scuola: mancano i docenti di sostegno, mancano a dire il vero anche altri docenti, ma di questi si sente maggiormente la mancanza, perché i casi sono tanti e i docenti curricolari sono costretti, loro malgrado, ad occuparsi personalmente dei propri allievi 104.

Ma cosa è successo? Perché non ci sono docenti di sostegno? La risposta sta nelle priorità che il ministero si da, infatti da qualche anno le cattedre di sostegno sono convocate in coda a tutti, cioè per chi non è dentro la scuola, prima vengono convocate dalle graduatorie del provveditorato tutte le materie ( italiano, matematica…) per ultimo il sostegno.

Ciò è a dimostrazione che il sostegno è  considerato, almeno da qualche tempo a questa parte, quasi superfluo e comunque ininfluente. Peccato però che quando il docente di sostegno non c’è tutti si lamentano, corrono a cercare bidelli, colleghi e quant’altro per occuparsi di questo o quel bambino un po’ vivace, un po’ 104.

E i bambini 104 si moltiplicano, ce ne sono molti, ormai quasi due per classe, spesso con problemi gravi di comportamento, con disturbi dell’attenzione, con ritardi mentali e autismo.

Allora perché lo stato non è così lungimirante da capire che il sostegno oggi sarebbe necessario per tutto il tempo scolastico e non per qualche ora della settimana?

Nelle scuole secondarie di primo grado è indubbiamente diventato una necessità imprescindibile, perché oltre ai nostri bambini 104 ci sono tanti ragazzi con difficoltà di comportamento e di attenzione non certificati, per i quali non c’è niente e nessuno, che spesso sono abbandonati e concludono malamente il proprio percorso scolastico.

Questo è lo specchio dei tempi moderni, nei quali la scuola è un’azienda e chi non è perfettamente funzionante come una macchina della catena di montaggio, viene scartato e lasciato indietro.

In questo modo però si sta sottovalutando il problema che esploderà con tutta la sua forza; presto o tardi ci si accorgerà che non è mai bene disinvestire nella scuola perché è lì che si forma la società e da lì partirà il nostro futuro.. vogliamo veramente che sia questo?




Roma: approda UDIR dopo il successo riscosso in Sicilia ed in Calabria

Continua senza sosta l’inarrestabile marcia di UDIR che ha avviato ieri a Roma il primo di una serie di cinque incontri dedicati alla Dirigenza Scolastica operante nella capitale (altri sono previsti a Milano, Torino, Napoli) sul tema:

le TRE ERRE della DIRIGENZA SCOLASTICA, RESPONSABILITÀ, RETRIBUZIONE E RISCHI.

 

il primo di una serie di cinque convegni dedicati alle scuole di Roma e Provincia si è tenuto ieri a Roma presso l’Hotel H10 in via Avogadro.

 

Davanti ad un’interessata platea Marcello Pacifico ha aperto il suo intervento ribadendo l’importanza della figura del Dirigente Scolastico oggi ,sopratutto in considerazione della necessaria crescita dei giovani.

Un intervento che ha meritato un lungo applauso e nel quale il Presidente di Anief ha stigmatizzato non solo l’importanza della figura del dirigente scolastico ma anche di quali e quante opportunità mancate sia costellato il percorso di questa figura dirigenziale verso la quale i sindacati storici hanno molte colpe.

A seguire Pietro Perziani e l’avvocato Walter Miceli hanno fatto luce sulla scorretta decrescita della retribuzione dei Dirigenti Scolastici, più volte caricati di oneri e deprivati di compensi economici, fino ad arrivare all’assurdo incostituzionale di dare compiti e togliere soldi.

Si sono avvicendati sul palco molti Dirigenti Scolastici, Daniela Crimi, Concetta Giannino, Laura Sanfilippo, Paola Felicetti, introdotti da Giuseppe Di Vico, coordinatore Udir per il Lazio e chairman del convegno.

Tutti gli interventi sono stati apprezzati ed applauditi dai Dirigenti presenti che hanno poi quasi in toto immediatamente aderito alla sigla sindacale.

UDIR cresce in modo molto vertiginoso e questa sua crescita sta infastidendo molti personaggi, in particolare tra le sigle sindacali, che iniziano a muoversi in modo anche scomposto, arrivando addirittura ad organizzare incontri nelle stesse date.

Occorre ricordare che anche la nascita di Anief fu un fulmine a ciel sereno per molte sigle sindacali che vennero colte di sorpresa dall’immediatezza e dal pragmatismo del sindacato nascente che in brevissimo tempo ed a suon di ricorsi riuscì a tutelare la categoria dei Docenti con interventi clamorosi mai riusciti ad altro sindacato prima.

UDIR sembra ricalcare la stessa linea di condotta, ma in un ambiente (quello dei presidi N.d.R.) che è connotato da un comportamento tipico di un silenzioso ed assuefatto animale da soma, a cui, a fronte di una carota spelacchiata, per nulla conta il peso portato.

I Dirigenti Scolastici in realtà da anni si lamentano (ma spesso solo tra loro N.d.R.), ma i sindacati che li dovevano tutelare non hanno fatto nulla, anzi spesso i sindacati hanno nascosto la loro incapacità di agire dietro una non ben specificata anomalia del ruolo della Dirigenza Scolastica, quasi come se per essere Dirigente Scolastico non ci fosse un percorso durissimo e lungo, nonché un’importante professionalità.

Per ora sembra che i Dirigenti Scolastici che si avvicinano ad UDIR vedano finalmente un sindacato adatto a loro (in UDIR ci sono dirigenti in servizio che operano attivamente) e stiano raccogliendo la sfida, ce la faranno? Secondo UDIR SI!

 

 




A.A.A. CLEAN MASTER cercasi per ripulire la scuola da simili prof. inutili, per non dire spazzatura…

A.A.A. CLEAN MASTER cercasi per ripulire la scuola da simili prof. inutili, per non dire spazzatura…

 

Storia emblematica della buona scuola quella di un docente, titolare della cattedra di Diritto presso l’Istituto Tecnico Industriale “F. Severi” di Padova.

Dal 12 settembre 2016 (primo giorno di scuola) è stato continuativamente assente.

La scuola si è subito attivata per nominare un supplente.

Ma per chi è addetto ai lavori, mai come quest’anno, è stato a dir poco rocambolesco reperire in tempi brevi personale idoneo alle supplenze.

Infatti, i dirigenti scolastici, nonché il loro personale di segreteria, hanno dovuto letteralmente andare a caccia di supplenti tra graduatorie esaurite, nomine dirette e gioco di ricorsi tra potenziali candidati…

Come ha dichiarato la stessa preside dell’istituto in questione, Nadia Vidale, solo il 2 dicembre si riesce a “ scovare una supplente giovane ed entusiasta”.

Finalmente, con un ritardo di quasi quattro mesi, questi poveri studenti hanno il diritto di imparare le prime basi di diritto.

Ma, ironia della sorte, il titolare rientra in servizio il 23 dicembre, rivendicando il diritto ad occupare la cattedra in questione.

Agli alunni di prima dirà di essere stato assente per motivi familiari.

 Buon per lui che si sono risolti.

Peggio è andata per la giovane supplente, coinvolgente con gli alunni ed apprezzata dalle famiglie.

Nella buona scuola non c’è spazio per il merito: il 22 dicembre è stata licenziata.

L’insegnante volonterosa e capace ha dovuto cedere il posto al titolare decisamente anziano che era riuscito ad ottenere un posto di ruolo quando neanche più se lo aspettava.

Docente di diritto talmente motivato e responsabile che, dopo essere andato in classe per la prima volta il 23 dicembre scorso, passerà poi in segreteria a richiedere una nuova richiesta di congedo, stavolta dal 9 gennaio 2017.

Ma devono essere proprio più unici che rari i motivi personali che obbligano tale prof ad astenersi quando c’è scuola ed a riprendere servizio quando ci sono le vacanze !!!.

Così la scuola si è dovuta riattivare a cercare un’altra supplente, perché in barba alla continuità scolastica nonché al diritto degli alunni ad avere dei professori degni di chiamarsi così, in tali casi si ricomincia tutto da capo.

Infatti non si può richiamare il supplente precedente, per bravo che sia, se il periodo di assenza è stato interrotto dal rientro del titolare, anche solo per un giorno !!!

 La preside, immagino disgustata da tale comportamento, ma nella reale impossibilità di sanzionare il responsabile, ha scritto una lettera a questo docente di diritto, maestro di opportunismo:

“ Egregio professore, lei ha avuto la sorte fortunata, nella difficile contingenza economica attuale, di aver ottenuto recentemente un posto di lavoro statale: insegnante di Diritto in una bella e grande scuola di una città importante. Data la sua età, forse non se l’aspettava, questa sorpresa. […] Un motivo familiare le aveva impedito di assumere servizio. […] Lei forse non sa, non avendo, nonostante l’età, alcuna esperienza di scuola, che trovare un supplente è difficilissimo. […] I ragazzi avevano trovato un’insegnante volonterosa e capace. Lei, professore, è stato qui un solo giorno, per sparire subito. Gli studenti e i loro genitori vorrebbero ora dare almeno un senso al danno ingiusto che hanno subito: nessun insegnante per settimane, poi finalmente un docente bravo, poi il titolare, poi di nuovo chissà…Ma purtroppo io non trovo parole per spiegare. Vuole dirlo lei, per favore? COSA CI E’ VENUTO A FARE, NELLA NOSTRA SCUOLA, IL 23 DICEMBRE? “.

Possiamo immaginare la risposta: “ Un bel regalo di Natale alla supplente, agli studenti ed alle loro famiglie…”

 

 

 

antonella




Io, professoressa perdente posto

Precaria per 17 anni, titolare di cattedra per 10 anni, perdente posto da un anno, oggi la scuola non è più in chiaro, è al Buio.

Mica da ridere…”. Così mi ha detto un mio alunno a proposito di quello che sta succedendo, in questi ultimi mesi, nella nostra scuola, un Istituto Comprensivo di una tranquilla provincia del nord… ma, che c’entra, è così in quasi tutte le scuole d’Italia, perché LA BUONA SCUOLA è un obiettivo nazionale che fa acqua da tutte le parti!!!

Beh, procediamo con ordine: i miei alunni, alla fine dell’anno scolastico precedente avevano un gruppo di insegnanti (o corpo docenti che dir si voglia) coeso e preparato, con una certa anzianità di ruolo e di servizio.

Grazie alla buona scuola viene rimescolato tutto, ma senza considerare l’esperienza e la professionalità.

Magicamente, a fine maggio, spariscono 38 cattedre dall’organico di diritto della sola provincia in questione, perché, secondo l’U.S.R. c’è un calo di iscrizione degli alunni…

Una grande bugia, perché dati alla mano è vero il contrario: per esperienza diretta, io stessa perdente posto, sono stata recuperata come utilizzo nelle mie scuole in cui ero perdente posto, in cui invece c’è stato un incremento reale delle iscrizioni ed ho accettato delle ore eccedenti all’orario di cattedra pur di avere ancora i miei alunni, e non venir spedita a “tokyo“.

Così, i docenti titolari, perdenti posto, sono obbligati a fare domanda di mobilità forzata e vengono assegnati d’ufficio il più lontano possibile, nella provincia di appartenenza, per coprire posti al confine con la Svizzera

Nel frattempo, nelle scuole di partenza vengono neo-immessi in ruolo docenti del sud che hanno sfruttato l’opportunità di entrare in ruolo con la strategia del potenziamento.

Capite??? Sembra il gioco delle tre carte…Il titolare lo sposto qui, il neo-immesso in ruolo lo metto lì, al suo posto, e alla televisione potranno dire “30.000 insegnanti immessi in ruolo”

Intanto, durante gli esami di fine ciclo scolastico, per gli addetti ai lavori periodo clou dell’anno, scatta la guerra tra gli ultimi: T.F.A. contro P.A.S., praticamente gli insegnanti che hanno fatto la S.I.S e quelli che sono arrivati dopo, ma sono nelle stesse condizioni di Agnese…o SANTA AGNESE da RENZI…

I dirigenti scolastici passano una bella estate da incubo, perché rivendicano la continuità didattica, ma non possono mantenerla, perché i posti sono gestiti dagli U.S.R., su incarico del M.I.U.R.

Ma, evidentemente, bisogna sistemare figure che non servono nella scuola e comprare voti per mantenere questa pagliacciata.

Sì, perché, nel frattempo, i presidi devono esaminare le attestazioni di pagamento relative all’acquisto di beni e di servizi (come disposto dal D.P.C.M. 23 settembre 2015).

I famosi 500 euro per la formazione e l’aggiornamento dei docenti, e vedere se il professore, ormai nonno, non li ha impiegati per comprare il tablet al nipote!!!

E arriviamo a settembre…

Via! Si parte! Ciascuno nel posto sbagliato, proprio lì, dove ha la titolarità più assurda possibile, in attesa che vengano sistemate le immissioni in ruolo in pieno tsunami di ricorsi, i trasferimenti migratori annuali, gli utilizzi per i perdenti posto, le assegnazioni provvisorie per ricongiungimento familiare…

Così, nell’arco di un mese e mezzo, gli alunni vivono un carosello di insegnanti, quando ci sono visto che in alcune scuole sono passati due mesi di lezione prima che le cattedre fossero tutte coperte: docenti interni obbligati a supplire colleghi fantasma, docenti supplenti nominati fino all’avente diritto, docenti di sostegno a gogò e chiamate dirette virtuali, nonché alunni che non hanno fatto lezione, in barba al diritto allo studio…

Importante è firmare la presa di servizio ed il registro, magari quello fittizio, quello cartaceo, perché quello obbligatorio, quello on-line, è fuori servizio, non c’è connessione…ma quando mai…abbiamo finito anche la carta igienica!!!

Buon anno, carissimi miei alunni.

Per fortuna che ci siete, ancora così ignari di quello che vi aspetta.

Perché di Voi non è interessato molto a chi ha pensato alla Buona Scuola, mentre se foste stati dei diciottenni qualcuno che pensava a Voi, o almeno che crede di comprare il primo, sacro voto, con 500 euro recuperate poi con le tasse sulla benzina della vostra prima auto, oggi c’è…
scuola-al-buio

 

 

 

antonella




Dirigente Scolastico o Bersaglio da Tiro a segno?

Da tempo da queste pagine scriviamo riguardo alla scuola, valutandone i lati oscuri e negativi, sperando in un riscatto della sua classe lavoratrice, Dirigenti, Docenti, Personale ATA, ma anche famiglie e alunni, in molte occasioni abbiamo stigmatizzato il comportamento anomalo dei sindacati e del governo che sembra voler rendere complesso fino all’inverosimile un mondo che già per sua storia è in grave difficoltà.

Oggi riceviamo una lettera aperta che stanno sottoscrivendo la gran parte dei Dirigenti Scolastici di tutta Italia, in cui viene quantomeno confermato il momento difficile della scuola italiana, ma sopratutto le anomalie presenti nel sistema.

La Redazione di Betapress.it è solidale con il mondo della scuola e ne comprende le difficoltà, ne abbiamo ampiamente parlato, ma sopratutto restiamo stupiti e attoniti di fronte questa evidente incapacità nella gestione di questo mondo che viene oggi dimostrata dalle funzioni “ministeriali”.

Pubblichiamo integralmente la lettera ricevuta dal Comitato Dirigenti Scolastici Sicilia


La difficile situazione dei Dirigenti Scolastici: lettera aperta

Nel mondo dei dirigenti dello Stato italiano il dirigente scolastico assume un ruolo veramente particolare e paradossale: ha più responsabilità, ha la retribuzione più bassa, non ha garanzie e tutele e viene quotidianamente lasciato solo davanti alle emergenze.

La lettera potrebbe finire qui, perché nella prima frase c’è tutto il senso dello sgomento che assale chi svolge con professionalità e dedizione questo ruolo, che ha l’ulteriore strategica importanza di gestire la macchina che crea i nuovi cittadini.

Il Dirigente Scolastico oggi si trova davanti a situazioni non prevedibili, spesso non correttamente normate, ma sempre senza un adeguato supporto.

Il dirigente scolastico è a tutti gli effetti datore di lavoro, responsabile legale dell’istituzione scolastica che dirige, centro unico di spesa, stazione appaltante, responsabile organizzativo, interfaccia con l’utenza più di qualsiasi altro dirigente dello stato, e, come se non bastasse, è anche responsabile di qualsiasi atto amministrativo, segnalazione, base dati, pubblicazione che vengono realizzati nella sua struttura.

Ultimamente il Dirigente Scolastico viene utilizzato dalle sigle sindacali per attaccare le leggi dello Stato: se il sindacato vuole andare contro la legge 107, fa un bell’esposto ad un dirigente che l’ha applicata così può, per il tramite di questo, sollevare il caso.

Non stiamo parlando di ipotesi ma di realtà! È già successo ad un collega della Sicilia, a cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà e vicinanza, e la cosa non può essere tollerata.

Non esiste che un servitore dello stato venga usato per poter attaccare lo Stato, soprattutto se a fare questa azione sono i sindacati, che in teoria dovrebbero tutelare lo stesso dirigente.

È come se noi aggredissimo il vigile che ci fa la multa per eccesso di velocità perché non siamo d’accordo con il fatto che su quella strada si debba andare a 40 all’ora!

Ed è anche un paradosso che si attacchi un lavoratore (eh si, il dirigente è un lavoratore) per andare contro il suo datore di lavoro.

Non si può permettere questo stato delle cose, e Noi Dirigenti Scolastici non lo permetteremo.

Soprattutto non lo può permettere lo Stato!! I luoghi del dialogo non possono passare attraverso il TAR e la denuncia a coloro che applicano le leggi, ma devono stare sui tavoli preposti, nel dialogo Stato sindacato.

Noi, come dirigenza della scuola, stigmatizziamo con forza la necessità di ritrovare equilibrio nel nostro ruolo, mitigando le responsabilità e rendendo più leggibili le incombenze che cadono sulle scuole.

Chiediamo solo di poter fare il nostro lavoro con serenità e chiarezza, nel bene delle famiglie e degli alunni, per creare davvero cittadini responsabili.

Per questo risultato siamo disposti ad una incessante lotta, sia mediatica che operativa, al fine di dimostrare che, spesso, le scuole vanno avanti perché i dirigenti si assumono responsabilità oltre il loro dovere: solo sul tema della sicurezza, ad esempio, i dirigenti dovrebbero chiudere metà delle scuole.

Responsabilità che spesso non sono nemmeno del dirigente, ma della provincia, del comune, che purtroppo, nella endemica motivazione della mancanza di fondi, lasciano cadere a pezzi le strutture, privandole delle necessarie manutenzioni e dei necessari interventi, obbligando così i dirigenti a fare interventi con fondi che dovrebbero essere dedicati ad altro.

Non parliamo poi della miriade di novità normative introdotte negli ultimi cinque anni, che hanno portato la scuola alla soglia della confusione amministrativa, obbligando i dirigenti ad una serie di interventi correttivi, spesso sostituendosi alle segreterie, per arginare le problematiche e l’ira delle famiglie e dei docenti.

Chiediamo un intervento urgente e l’apertura di un dialogo immediato con i dirigenti scolastici, affinché vengano rispettate le minime necessità di ordine funzionale e venga ridata dignità ad un ruolo importante e sempre più attuale.

A tal fine siamo pronti a qualsiasi forma di civile protesta.


 

Dirigenti Scolastici siamo con Voi, fatevi sentire!!

 

ricordate il vecchio gioco di spara all'orso? oggi è cambiato...
ricordate il vecchio gioco di spara all’orso? oggi è cambiato…

i dirigenti scolastici sono ormai bersagli da tiro a segno
i dirigenti scolastici sono ormai bersagli da tiro a segno




Essere Principessa: la scomodità della vita.

C’era una volta un principessa,

questa principessa si trovava nel cuore di una tempesta.

Non sapeva ben dire come si era trovata in quella situazione ma, a dirla tutta, non era neppure troppo a disagio.

 Il vento soffiava, la pioggia cadeva e lei non vedeva a un palmo dal suo naso.

Era sola ma non aveva paura e sapeva bene cosa fare anche se non le era immediatamente visibile.

Ad un certo punto, durante il suo cieco vagare, iniziò a scorgere qualcosa che sembrava un castello.

Quando si avvicinò abbastanza da bussare alla porta, chi le aprì le chiese chi fosse.

“Sono una principessa”.

 Caso volle che in quel castello abitasse un principe che da tanto tempo cercava senza fortuna una vera principessa; tutte le principesse che gli si erano presentate come tali, non si erano rivelate all’altezza di quello che lui cercava.

Non erano abbastanza principesse.

 Il principe allora, dopo tanto cercare, e quando sembrava che fossero finite tutte le principesse del mondo, fu molto contento di accogliere la sedicente principessa e sperava che fosse la volta buona.

 La regina però, che era una donna navigata, prudente e furba, smorzò l’entusiasmo del figlio e gli disse che prima di sposare quella sconosciuta, lei avrebbe verificato che fosse veramente una principessa.

 Fece così preparare per la notte il letto della loro ospite:

 fece mettere 20 morbidissimi materassi per farla stare comoda e alla loro base, nascose un piccolo pisello secco, poi fece mettere sui 20 materassi venti grossi cuscini di piume e così la camera fu pronta.

 Si fece ora di andare a dormire e il mattino dopo il principe chiese alla sua ospite come avesse dormito.

 “in effetti, non bene.

Per tutta la notte non ho chiuso occhio, era come se qualcosa fosse sotto quei materassi, non ho trovato una sola posizione comoda, una situazione alla quale era impossibile abituarsi e, in più, quel qualcosa sotto quei materassi mi ha provocato un enorme livido blu e marrone”.

Fu così che la regina capì che quella era una vera principessa, infatti solo una principessa poteva avere una pelle così sensibile e acconsentì alle nozze.

 In effetti, la cosa migliore che ci possa capitare è di essere anche noi come la principessa.

La cosa migliore che possa accaderci è accorgerci che stiamo scomodi, che dormiamo male e sentiamo sempre qualcosa che ci lascia i lividi, nonostante i 20 materassi e i 20 cuscini.

 Perché le tante comodità delle nostre vite, le conciliazioni, le regole, le cose che “è meglio fare così” per non disturbare, le frasi che “è meglio non dire” per non essere sconvenienti… tutto quello che rende la vita più comoda e conciliante, più rassicurante, tutto quello che ci anestetizza (il letto), che copre le storture… tutto questo ci fa accettare uno stato che non è normale… ha come unico obiettivo quello di distrarci dal nostro essere “principesse”, creature che non hanno a che fare con le altre persone ormai inserite nel meccanismo del mondo.

 Non è normale che ci sia qualcosa sotto al materasso e probabilmente lo avremmo sentito anche noi; anzi, probabilmente lo abbiamo sentito anche noi, ma ci è sembrato così strano doverlo dire: abbiamo preferito stare zitti e sorridere dicendo “ho dormito benissimo, grazie”, per non dispiacere il nostro ospite, perché abbiamo pensato di essere noi esagerati, per buona educazione, perché “non era così importante”…

 E invece era importante.

 Auguro a tutti noi di essere perennemente scomodi, di non essere soddisfatti del proprio letto e di saperlo dire con fastidio, perché solo così saremmo in grado di essere delle “vere principesse” e affrontare le tempeste della vita senza quasi accorgercene, quasi con divertimento e spirito di avventura e di vedere chiaramente la strada anche se è nascosta.

 Come è il piccolo, così è il grande; come è la fiaba, così è la vita.


Puoi leggere altri post di Chiara Sparacio su https://chiarasparacio.wordpress.com

 

 




Rincorrere sé stessi

La professoressa di Italiano ci aveva insegnato a cercare in ogni cosa, in ogni argomento, in ogni analisi, tre cose positive e tre cose negative.

È un grande esercizio di imparzialità, soprattutto se inizi a farlo da adolescente.

Sempre da adolescente ho deciso lucidamente che sarei stata felice e da allora mi sono impegnata sistematicamente a vedere il buono anche dove non c’era.

Ne sono soddisfatta.

La crescita però è fatta di tante fasi e sono sempre più raffinate.

Ad un certo punto bisogna essere pronti a chiudere la fase dell’”abbraccio incondizionato” e ad iniziare la fase del dissenso.

Capire quando esercitare questo diritto è facile: ci si basa sull’esperienza diretta e sull’ascolto.

Quando scegli di trovare sempre il buono e di farti piacere le situazioni a tutti i costi, rischi di trovarti anche in situazioni sbagliate che vanno contro il tuo essere.

Ed è giusto va fatto.

E poi bisogna smettere.

A lungo andare, inizi a sentire una crepa dentro di te e questa crepa mina l’integrità il tuo IO che piano piano minaccia di crollare.

Se nel corso della vita ti sei anche impegnato ad essere la persona che volevi essere, la tua concentrazione è su di te e le bricioline poi diventano una “spina nel fianco” che non ti fanno dormire la notte e così capisci che devi uscire da quella situazione e abbandoni relazioni, incarichi e luoghi.

Va bene, è come deve essere,

si tratta dell’unico modo per costruire esperienze.

Bisogna però fare attenzione a non crollare prima di andare via perché in quel caso, si resterà corrotti.

Sulla base dell’ascolto di noi e delle esperienze raccolte, ad un certo punto della nostra vita, è importante iniziare a dire “no a priori”, perché ormai sappiamo cosa ci piace e cosa no e cosa ci fa bene e cosa no.

Così io da oggi divento un po’ più intollerante.

Dico no alle forme urlate, ai camuffamenti, alle bugie, alle furbizie, alle scorciatoie, alle aggressioni, ai pettegolezzi, alle parole non mantenute, alle licenze poetiche, alle paure e alle minacce, a ciò che mi è scomodo, lontano e opposto.

Non vuol dire che siano in assoluto sbagliate, ma che non mi piacciono e quindi non mi ci avvicinerò facilmente e non mi farò avvicinare.

Senza giudizi universali, solo personali.

Da oggi mi avvicino più velocemente a me e metto da parte le esperienze già fatte.

Vi auguro, come capita a me, di avere tante persone che vi vogliano bene, che la pensino in modo diverso da voi ma che rispettino sempre la vostra opinione pur non abbandonando la propria.




Chi ha ferito il Garibaldi?

Storia di come, forse, quando si parla  dell’Istituto agrario di Roma, il primo pensiero non è che venga fatto il bene della scuola.

Questo è il primo di una serie di interventi / interviste che Betapress farà nel prossimo periodo per sostenere la scuola agraria Garibaldi, che merita di esistere e di essere riconosciuta sia nella sua storia che nell’impegno che centinaia di persone negli anni hanno messo per mantenerla al massimo dell’eccellenza. (NdR)

In principio sembrava una storia facile.

Pareva che si dovesse raccontare la bella storia di uno storico e prestigiosissimo istituto agrario delle capitale italiana.

Si era pianificata una storia di crescita, lustro e buone speranze per il paese; una di quelle storie da leggere con leggerezza e speranza sotto l’ombrellone.

Le professioni del futuro che faranno grande il nostro paese: il ruolo dell’agronomo.

E invece è bastato andare a guardare un po’ più da vicino fatti e numeri per vedere che dietro la storia dell’Istituto Agrario Garibaldi di Roma c’è del marcio.

Tanto marcio.

Talmente tanto che abbiamo dovuto rinunciare alla storia da ombrellone e sperare di fare in fretta a districarci tra la marea di notizie che hanno iniziato a venir fuori ogni giorno.

È bastato sollevare appena il coperchio di questa storia per essere letteralmente investiti da informazioni, telefonate (alcune anche che ci invitavano a desistere dallo scrivere l’articolo), documenti e materiali di ogni tipo.

L’istituto nasce alla fine del 1800, con i primi del 1900 trova una sulla collocazione geografica definita e diventa fiore all’occhiello della formazione tecnica.

È bello il Garibaldi.

Circa 100 ettari di terreno produttivo sul parco dell’Appia Antica, attraversamenti con sentieri, integrato nella vita dei quartieri limitrofi, convitto, scuola, maneggi, stalle e spazi costruiti per la  miglior crescita e formazione dei periti agrari.

Era bello il Garibaldi.

All’inizio del 2000 qualcosa cambia.

Nell’estate del 2005, all’interno del piano di cartolarizzazione dell’allora ministro Tremonti, i terreni del Garibaldi, vengono messi all’asta.

Per puro caso un gruppo di docenti si accorge del bando e si mobilità immediatamente: telefonate, riunioni e azioni concrete; chi amava quell’istituto non ha permesso che venisse chiuso.

Questa è una cosa che troveremo tante volte nel corso di questa storia (che non racconteremo tutta oggi): chi ha frequentato l’istituto ha con esso un debito di fedeltà e amore che non intende tradire.

Tanti di quelli che hanno studiato al Garibaldi sono tornati ad insegnare lì spendendosi attivamente e hanno con esso un legame quasi filiale.

Il Garibaldi salvato cresce.

Una delle persone che si era occupata di salvare i terreni dall’asta, viene nominata dirigente scolastico.

È il prof. Franco Sapia, ex studente del Garibaldi perito agrario e dottore in Agraria.

Intanto, non senza qualche ragionevole problema, l’Istituto cresce: cresce l’azienda agricola, crescono le attività, si collabora con una cooperativa sociale, viene creata una fattoria didattica, arrivano premi per il latte e per i prodotti, i capi di bestiame crescono e prosperano, alcune associazioni animaliste, addirittura, affidano dei capi all’Istituto affinché li protegga dalla vendita o dal macello, ci sono inoltre borse di studio e progetti internazionali: 

l’Istituto Garibaldi è una eccellenza. 

Gli studenti iscritti superano nel 2016 il numero di mille.

Terminato il mandato del prof. Sapia, riceve l’incarico la prof.ssa Patrizia Marini, diplomata presso l’Istituto Superiore di Educazione Fisica e laureata in scienze motorie.

Come è prevedibile che accada quando cambia il dirigente scolastico, cambiano anche le priorità e le modalità gestionali del Garibaldi.

La professoressa Marini dal 2017 traccia e segue un nuovo piano.

Noi di betapress.it abbiamo intervistato la professoressa Marini e molti degli attori coinvolti, ed in questo primo articolo pubblichiamo proprio l’intervista all’attuale Dirigente del Garibaldi, prima fra tutte quelle che abbiamo realizzato, per avere un bilancio delle sue azioni, dei suoi motivi e delle sue operazioni, nel corso dei primi due anni pieni di mandato come dirigente scolastico. Proseguiremo poi per capire come mai questa scuola è in declino, o almeno così sembra, terra di vendette e giochi di potere, abusi e soprusi.

 


Nota bene:

La professoressa è stata con noi gentilissima e disponibilissima ma, stranamente, non terminerà i tre anni di mandato quindi non sarà lei la preside del Garibaldi per l’anno scolastico  2019-2020.


Ovviamente, per prepararci all’intervista, per evitare di fare domande banali e annoiare così chi ci ha dedicato il suo tempo, abbiamo studiato, indagato (sì, ci siamo rivolti anche ad una agenzia di investigazioni private) e letto più informazioni possibili, cosa della quale, ovviamente, era stata informata anche il dirigente scolastico.

Ed ecco che arriva il nostro imbarazzo e sfuma il progetto di scrivere un articolo leggero e positivo.

Il fatto è che su molti punti le informazioni in nostro possesso e le risposte del dirigente scolastico non erano perfettamente in linea.

Noi di Betapress.it riteniamo che la riflessione sul Garibaldi non debba avere una matrice da curva da stadio con schieramento per l’una o per l’altra parte, o tifo per il personaggio più simpatico; ci sforzeremo quindi in questo e nei successivi articoli, di tenere una linea quanto più possibile neutrale anche perché, su molti punti, dovrà essere poi la legge a dire l’ultima parola.

Riportiamo qui l’intervista come è stata fatta.

Domanda: Come mai il numero dei iscritti al Garibaldi nel corso di questi  ultimi due anni è calato da 1200 a 900?

Risposta: il Garibaldi non ha mai avuto 1200 iscritti, questa è una informazione errata. Quando sono arrivata io c’erano circa 950 iscritti, lo scorso anno erano circa 900. La differenza di 50 studenti fa parte dei normali  andamenti dovuti al calo demografico.

Nota di ricerca: nel 2017 dai registri di Istituto risultano più di 1000 iscritti

Nel suo piano di riorganizzazione ha deciso di chiudere l’azienda agricola: le vacche sono deperite, il frantoio chiuso, il bestiame sparito, quali sono i motivi di queste scelte?

Le scelte sono dovute ai problemi di gestione non adeguata degli anni precedenti che sono state in passivo ininterrottamente per 15 anni. (questo fatto è strano perché per i regolamenti di contabilità delle scuole dopo tre anni si sarebbe dovuta chiudere l’azienda agraria. NdR)

Da quest’anno, invece, con la mia gestione, per il primo anno, abbiamo chiuso in attivo.

Non c’è bestiame perché la stalla non era a norma ed era tenuta aperta senza tener conto delle indicazioni dell’ASL.

In più ho scelto di dedicare tutti i terreni per i seminativi così da poterli utilizzare a pieno.

Le vacche erano un investimento deficitario perché avevano bisogno di mangimi mentre i seminativi sono una azione in attivo.

Per quanto riguarda il frantoio, è chiuso ma ne verrà aperto uno nuovo tecnologicamente più avanzato.

Il mio lavoro in questi anni è stato quello di rimettere in sesto il  business plan del Garibaldi.

Nota di ricerca: dalle nostre ricerche risulta che le stalle non erano a norma perché, tra le altre cose, la dirigente chiedeva ai dipendenti la pulizia di queste a mano con le pale anziché l’utilizzo di appositi bobcat.

Alcuni dei capi affidati all’istituto con l’impegno di prendersi cura di loro a vita, sono stati invece ceduti.

Dal primo anno dei suo incarico ad oggi circa 60 persone tra docenti e personale di segreteria hanno fatto domanda di trasferimento, come mai?

Non mi risulta siano andate via tutte queste risorse; alcuni sono andati in pensione, altri si sono avvicinati a casa loro, nulla che non abbia a che fare con la normale vita delle scuole

Nota di ricerca: ecco i numeri risultanti delle richieste di trasferimento dai documenti consultati

26 docenti in uscita nel corso dell’anno scolastico 2017/2018

11 docenti in uscita nel corso dell’anno scolastico 2018/2019

13 ATA in uscita nel corso dell’anno scolastico 2018/2019.

Prima di fissare l’intervista mi ha chiesto di anticiparle a grandi linee i punti di interesse e quando ho nominato la cooperativa, lei mi ha detto che non esiste nessuna cooperativa.

A me, dalle informazioni raccolte, risulta l’esistenza della cooperativa, può chiarirmi questo punto?

La cooperativa c’è ma non ha nulla a che fare con il Garibaldi. Già l’ex dirigente scolastico Franco Sapia aveva interrotto i rapporti con essa.

Ho però attivato rapporti per la creazione di una nuova cooperativa da inserire all’interno delle attività del Garibaldi.

Nota di ricerca: in questa sede riportiamo solo quando indicato sul sito della cooperativa “fantasma”:

“La storia della Cooperativa sociale integrata agricola Giuseppe Garibaldi è parte ormai della centenaria storia dell’Istituto Tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi” […] è nata come laboratorio della scuola per rispondere alle esigenze degli allievi con disabilità e delle loro famiglie, […] è nata […] per la realizzazione di un progetto di inclusione scolastica degli allievi con Autismo iscritti all’Istituto “Garibaldi”. (https://garibaldi.coop/cosa-facciamo/)

È chiaro a chi ha avuto la pazienza di leggere fino a questo punto che la comunicazione non è così collimante con i fatti e non è facile definire la verità.

La verità per noi sta solo nelle carte ufficiali e contiamo di trovarla nelle sentenze dei giudizi in corso.

L’impressione però che si ha leggendo le carte relative alla storia del Garibaldi (e non delle persone) è che forse sull’Istituto ci sono interessi ben più grossi; è ricorrente infatti l’idea di far chiudere il Garibaldi per poter prendere, vendere e riutilizzare quei 100 ettari di terreno nel centro di Roma (a chi non interesserebbero??? NdR) che già due volte si è cercato di mettere all’asta.

Sarebbe brutto se fosse così (ma sembra proprio così NdR), perché con quelle proprietà verrebbero venduti anche l’impegno, la fatica e le grandi speranze degli studenti, dei professori e di chi, fino ad oggi ha amato questo Istituto.

“C’è del marcio in Danimarca”, Betapress andrà avanti e scoverà tutto quello che c’è da scoprire, non ci fermeremo, abbiamo già ricevuto telefonate con velate minacce per desistere … lasciate stare, vi mettete contro i potenti, non sapete cosa vi possono fare … ebbene lo sappiamo benissimo lo hanno già fatto non è la prima volta, ma ci siamo stufati marci di vedere questo malaffare imperversare, coperto da mantelli di ermellino che nascondono cadaveri puzzolenti, noi tireremo fuori tutto, per la scuola, per chi ci lavora e ci ha buttato l’anima, per il nostro paese che può davvero farcela solo se la scuola sarà sempre più efficace, raggiungendo quell’eccellenza che era tipica del Garibaldi. (NdR)

Richiesta ai lettori:

betapress.it pubblicherà altri articoli sul Garibaldi, sulla sua storia e sulle sue sorti.

Chiediamo a chiunque abbia notizie e voglia collaborare anche in forma anonima di contattare l’indirizzo info@betapress.it 




Strafalcioni 2: la vendetta dell’ignoranza!

 

Continuano gli esami di maturità. Mentre sono finiti quelli delle medie.

In modo affettuoso, da addetta ai lavori, voglio condividere con voi, cari lettori, le ultime esilaranti invenzioni dei miei alunni, consapevole che il mea-culpa continua, ma s’impara anche ridendo insieme.

Noi di betapress.it non abbiamo avuto bisogno di fare un sondaggio nazionale.

Semplicemente ci siamo messi all’ascolto, ed abbiamo raccolto in diretta queste chicche.

Come si chiama un grafico a colonne? INSTAGRAMMA.

Hitler perseguitava i Testimoni di GENOVA.

Il popolo più MIRATO (per dire preso di mira) erano gli Ebrei e finivano in un campo di concentramento che era un CAMPO ALL’APERTO.

Come si chiamano le ossa delle dita? FALANGITI.

Facendo un tatuaggio si può INCONTRARE l’epatite C ed ASSUMERE l’A.I.D.S.

“Io mica spaccio” è un testo di…? Un testo di PAGINA 148.

Dove nasce la Mafia? Quella nigeriana nasce a CASTEL VULTURNO.

La Mafia ha il controllo della pro-pros-prost- PROSTATA.

Gli Andini, ogni tanto si mangiano una FOCA. (Al posto di una foglia di coca…ma dai, anche tu…E’ dislessico!…)

A Pablo Picasso gli è stato AFFIBIATO un incarico, quello di dipingere Guernica.

A proposito di immigrati “Tu vai sulla nave e prendi le malattie, per esempio la PESTE”.

Nel cyberbullismo c’è la VIOLENZA SULLA PRIVACY e la vittima può non dare CONSENTIMENTO.

“Chi e l’autore della Coscienza di Zeno?” -GIOVANNI PASCOLI.

 “No, dai. Italo…” – ITALO CALVINO.

” Ma no! Italo Svevo” – Vabbè, Prof, sempre Italo era…

Una parodia della famosa canzone di Vecchioni: SAN MARINO (anziché Samarcanda).

L’Istat ha guardato un FASCIO d’età.

Il testo parla di questo ragazzo QUA.

“Non si dice qua”

Il testo parla di questo ragazzo QUI “

“Ma no, non si dice neanche qui”

Il testo parla di questo ragazzo QUO.

“Novecento” è un monologo di?

-Non mi ricordo…

Dai, ti aiuto. Di Ba-Ba…

-Di BA-BATMAN.

Dopo l’Università fai il MONSTER (invece del Master!)

“In Francia, come si dice laurea?” -Licence.

“Bene, e dopo la laurea, in Italia c’è l’abilitazione, in Francia c’è la Mai, la Maitr…”

LA MAITRESSE ( anziché maitrise ).

Ma la ciliegina sulla torta arriva quando il Presidente di commissione, esasperato, dice al candidato “Prego, proceda pure…” ed il candidato, ossequioso, si alza e se ne va…

“Ma no, Presidente, abbiamo finito di ridere…”

 

Antonella Ferrari