Un concetto estremamente affascinante nel mondo dello sport è quello di “tempo”: contiene sfumature diverse a seconda dei contesti, fino ad assumere significati diametralmente opposti.
E’ molto di più che una semplice unità di misura.
Innanzitutto fa rima (ed è legato in modo indissolubile) con storia: crea memorie straordinarie che, con il passare del tempo appunto, trasformano i ricordi sbiaditi in leggenda, ma è anche inesorabile, quasi beffardo, quando determina la fine della carriera per quei personaggi che la storia la stanno scrivendo sui campi di gioco.
Scandisce periodi ed epoche, a colpi di attrezzatura, abbigliamento, metodologie di allenamento e tecnologia; ma è anche arbitro, giudice della continua sfida con te stesso.
È proprio lui, il tempo, unitamente ai “record e ai primati”, che permette di misurarsi “senza tempo”, con la storia.
Dopo qualche suggestiva divagazione filosofeggiante, entriamo dunque nel vivo dell’argomento di oggi: il connubio tra il concetto di tempo e quello di record.
Unendo le parole tempo e record, il primo pensiero va sicuramente all’atletica leggera, a quella continua possibilità di battere primati che appassiona tutti gli sportivi, ogni quattro anni, durante i Giochi Olimpici e, forse, ancor di più alla gara “regina” dell’atletica: i 100 metri.
Il fascino innegabile dell’uomo più veloce del mondo che al momento spetta a Usain Bolt capace di coprirli in 9.58 (16 agosto 2009).
Ma c’è di più: quel record non rimarrà solo per chi ha corso accanto a Bolt, in quella occasione.
Gli atleti di oggi si potranno misurare con quel primato, ma lo possono fare anche quelli del passato e, soprattutto, quelli del futuro.
Ecco che il tempo e i suoi record permettono di misurarci con la storia e tuffarci in quell’insieme di fascino e magia che fa sognare ad occhi aperti chi ama lo sport.
Se parliamo di golf Tiger Woods, l’atleta che nei primi anni duemila non aveva oggettivamente rivali, li ha trovati nei record di Nicklaus e Snead sulle pagine della storia del golf; Michael Phelps che in acqua ha sempre, o quasi, fatto in tempo a togliere occhialini e cuffia prima di vedere chi era arrivato secondo, ha vinto la sua sfida: essere l’atleta con più medaglie nella storia dei Giochi Olimpici.
Nessuno è rimasto sul tetto del tennis mondiale più dello svizzero Roger Federer e così via.
Tutte le discipline hanno record a volte battibili altre no, come il caso del 10 di Nadia Comaneci, il primo nella storia della ginnastica.
Ci sono quelli che sono arrivati quasi per caso e quelli ripetuti più volte, come nel salto con l’asta femminile, quelli di Yelena Isimbayeva, sfide estremamente avvincenti come quella di questi anni, a suon di prestazioni straordinarie, per il numero di palloni d’oro nel calcio tra l’argentino Lionel Messi e il portoghese Cristiano Ronaldo (rispettivamente 4 e 5) e quelli ottenuti sotto gli occhi del mondo come il 99 su 100 di Jessica Rossi dalla fossa olimpica del tiro a volo, nella finale ai Giochi Olimpici di Londra 2012.
Ogni disciplina ha i suoi record, poi ci sono sport dove in competizione si può vincere, pareggiare o perdere; un esempio? Il calcio.
Sport in cui puoi vincere o perdere come il tennis, e in cui puoi solo vincere, come il golf o lo sci; ma in tutti c’è sempre una sfida, un record, che può essere in qualche modo battuto, superato, migliorato e fa si che nello sport anche dopo innumerevoli vittorie non si abbia mai vinto tutto, campioni a cui, anche se hanno vinto tantissimo, mancherà sempre qualcosa: la prossima vittoria, il record successivo… o forse, come diceva il Barone de Coubertin*, vincono tutti quando scendono in campo e si battono con tutte le proprie capacità.
Interrogativo, con una buona dose di suggestione al quale risposta non c’è se non quella personale che si da ognuno di noi!
*< Pierre de Coubertin “Le plus important aux Jeux Olympique n’est pas de gagner mais de participer, car l’important dans la vie ce n’est point le triomphe mais le combat; l’essentiel, ce n’est pas d’avoir vaincu mais de s’être bien battu” >
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