La Tenerezza: unica cosa che rimane nella vita quotidiana.

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LA TENEREZZA è il titolo del film di Gianni Amelio uscito nelle sale cinematografiche il 24 aprile come film d’apertura del Bifest 2017.

 Il film racconta un dramma familiare doloroso e delicato e si propone come uno sguardo disincantato sul mondo degli affetti umani, dove le stagioni della vita non conoscono emozioni prestabilite.

Più che di tenerezza, bisognerebbe parlare di amarezza, o forse ricordare il titolo del romanzo di Lorenzo Marone da cui è tratto il film: “La tentazione di essere felici”.

Questa frase, infatti, fotografa alla perfezione lo stato emotivo dei personaggi raccontati da Amelio.

Per ognuno di loro la felicità appare perduta, forse per sempre irraggiungibile, ma se esiste una dimensione da cui ripartire, quella è proprio la tenerezza, l’affetto istintivo nei confronti di qualcuno.

LA TENEREZZA diventa così la storia di una ricerca di senso del vivere umano.

Il film si trasforma in un’indagine lenta, ma densa, del regista calabrese che, svelando a poco a poco, il vissuto dei suoi protagonisti, conduce lo spettatore a “ scavare ” nell’animo, tra le luci e le ombre di ognuno di noi.

Amelio ispeziona l’animo fallibile (ed a tratti mostruoso) delle persone comuni, senza adagiarsi sulle etichette sociali.

Non è scontato che un figlio ami suo padre, non è scontato che tutti sappiano essere genitore.

La tenerezza non abita nei rapporti familiari di sangue, ma si nutre di legami profondi tra estranei che, così, diventano intimi.

 Il film scardina dunque ogni rassicurazione legata alla famiglia.

E’ la storia di Lorenzo, anziano avvocato di Napoli, con problemi di cuore.

Un uomo, padre, marito e professionista pieno di pentimenti impersonato da un ruvido e vibrante Renato Carpentieri.

L’uomo vive in una grande casa vuota, in mezzo a vecchi ricordi, vuole starsene solo, lontano dagli altri.

Persino dai suoi due figli a cui non vuole più parlare, che forse ha smesso d’amare.

Un giorno, di ritorno da un ricovero ospedaliero, Lorenzo incontra Michela (Micaela Ramazzotti), giovane madre un po’ sbadata, con la quale nasce subito un affetto sincero.

 Da questo incontro, avvenuto per caso, su un pianerottolo, parte una lenta ed inevitabile resa dei conti.

Il bilancio esistenziale di padri troppo assenti, di nonni non abbastanza amati, di figli che si sentono orfani senza esserlo.

La famiglia di Lorenzo, spezzata e logorata, e la famiglia di Michela, in apparenza felice e compatta, abitano di fronte.

Questi due focolari domestici, forse agli antipodi, diventano due famiglie allo specchio dove non mancano crepe.

Rappresentano però anche un miraggio di tenerezza costruita su sfumature quotidiane, su attimi condivisi, su piccole attenzioni all’altro.

E così, tra sprazzi di vite impregnate di ricordi, di rimorsi e di rimpianti, emergono pentimenti, parole non dette, confessioni non fatte che finalmente vengono a galla. La tenerezza diventa la singola capacità di ascoltare, sentire, amare.

La tenerezza è dentro il sorriso di una sconosciuta, che diventerà una figlia da non lasciare mai sola in un letto d’ ospedale.

La tenerezza è nella stretta di mano di un nipote che il nonno “ruba” alla scuola per stare un po’ con lui.  

La tenerezza è nell’amore della figlia (Giovanna Mezzogiorno ) che, pur sapendolo, lo lascia fare e non si arrende mai all’essere orfana di un padre ancora in vita. La tenerezza è il contenere in un abbraccio l’ira di Fabio (Elio Germano) marito di Michela, che nasconde un malessere alienante …

La tenerezza è dunque il dramma della vita familiare, piena di perdite e di riconquiste, in cui l’amore più tenero è un bene fragile e prezioso che va conquistato ed alimentato di continuo.

 

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