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Era il 5 marzo 2020 e le scuole chiudevano per l’emergenza da coronavirus. D’allora abbiamo dovuto ripensare la nostra quotidianità.

Abbiamo dovuto rivedere consuetudini che, nell’arco di pochi giorni, sono venute a mancare, ma anche esperienze portanti della nostra esistenza.

Intorno alla scuola molto si è discusso, molto si è riflettuto; mentre si continua ad adoperarsi per riorganizzarla e cercare di farla vivere, comunque.

Abbiamo anche sperato che il dramma vissuto potesse servire almeno ad aggiustare alcune problematicità che, da anni, non sono ben chiare. Invece stiamo lavorando già per il nuovo anno scolastico, ma la nebbia è ancora molto fitta.

Che sarà per l’anno (scolastico) che verrà?

A distanza di un anno, non si può più parlare di emergenza, ma di pandemia “strutturale” ed è necessario trovare rimedi strutturali per risolvere problemi da anni nel dimenticatoio.

I problemi erano e sono: elevato numero di studenti per classe e aule troppo piccole.

Abbassare il numero degli studenti per classe presuppone aumenti di organico del personale ed inoltre occorre dimensionare in maniera ottimale le aule attraverso urgenti investimenti in edilizia scolastica.

Per garantire la scuola in presenza e in sicurezza, oltre al completamento del piano vaccinale, è necessario “lavorare” sulle due variabili ricordate.

Il Covid-19 è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso le goccioline del respiro delle persone infette (droplets) quando starnutiscono o tossiscono o si soffiano il naso, e attraverso anche l’atto del parlare.

Quando si parla migliaia di goccioline possono rimanere sospese nell’aria tra gli 8 e i 14 minuti.

Questi stessi droplet, per la forza di gravità, cadono e possono atterrare sulle più varie superfici su cui hanno tempi di sopravvivenza variabili.

Le particelle virali possono resistere fino a mezz’ora su carta da stampa, fino a 24 ore su legno e tessuto, fino a due giorni su banconote e vetro; fino a 4 giorni su acciaio inox, plastica e superfici interne delle mascherine e fino a una settimana sulla superficie esterna delle mascherine.

Quindi è necessario che le aule didattiche siano giornalmente sanificate e soprattutto siano dotate di apparecchi per il ricambio d’aria.

E allora? Quest’anno scolastico iniziato “in presenza” si approssima a chiudersi “a distanza” e l’anno che verrà?

Intanto le scuole hanno fatto le proposte di organico docenti e alunni/classi senza che fosse pubblicato il decreto interministeriale sugli organici per l’a.s. 2021/22,
quindi ancora non si sa se ci saranno classi di 30 alunni che presuppongono per il D. I. 18/12/1975 classi di 60 metri quadrati.

Ad avercele! Ma con 30 alunni in classe sottodimensionate il distanziamento con i banchi monoposto servirebbe a ben poco.

Occorre più personale per sanificare ogni giorno tutti gli ambienti e servono dispositivi per favorire un rapido e completo ricambio d’aria. Forse c’è ancora tempo per pensarci e intervenire, altrimenti anche l’anno (scolastico) che verrà si svolgerà a ritmo psichedelico “apri” e “chiudi”.

Aerazione e sanificazione sono argomenti presenti nel dibattito scientifico ed accademico ormai da tempo e se davvero si vogliono le scuole aperte ed in sicurezza, non si perda tempo.

 

Pio Mirra

DIRIGENTE SCOLASTICO

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