Pittura e poesia nella Bologna del Seicento

Pittura e poesia nella Bologna del 1600
È in corso la mostra “La favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti” alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Dal 16 novembre 2024 la Pinacoteca Nazionale di Bologna ospita la mostra “La favola di Atalanta. Guido Reni e i poeti” allestita nella Pinacoteca negli spazi del Salone degli Incamminati.
Guido Reni e le origini del barocco
L’esposizione riunisce presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna alcune opere significative di Guido Reni.
L’arte del maestro seicentesco viene riproposta sotto una nuova luce, per evidenziare il contesto di produzione e raccontare al pubblico le acquisizioni degli studi più recenti.
Dopo le grandi mostre dedicate a Guido Reni in ambito europeo, dal Prado di Madrid alla Galleria Borghese di Roma, fino allo Städel Museum di Francoforte, Guido Reni torna a casa nella sua Bologna per un ambizioso progetto che intreccia pittura e poesia.
Lo scopo è anche quello di valorizzare la collezione della Pinacoteca, simbolo indiscusso della ricchezza del patrimonio artistico locale, e molto apprezzata dai turisti stranieri che fanno la fila per visitarla.
Bologna tra Cinquecento e Seicento
L’esposizione, di piccole dimensioni, approfondisce un periodo fortunato e felice della vita bolognese.
La mostra si pone come obiettivo primario della restituzione della lettura d’insieme di un fenomeno culturale importante per la storia della città tra il ‘500 e il ‘600.
Riesce, quasi come un fermo immagine, a cristallizzare i fermenti culturali della città che si sta aprendo al barocco.
Il racconto del rapporto fra pittura e poesia nella Bologna seicentesca si dipana in modi differenti.
Vengono presentate nella mostra opere d’arte che esercitarono all’epoca un particolare fascino sugli scrittori, in quanto dedicate a componimenti e antologie liriche.
Bologna, la seconda città dello Stato pontificio
Bologna ai tempi è la seconda solo a Roma nello Stato Pontificio. densamente popolata e sede di un mercato artigianale fiorente.
Dal 1506, dopo l’ingresso di Papa Giulio II in città, fino al 1859 fa parte quasi ininterrottamente dello Stato della Chiesa (a parte l’intermezzo del 1796, anno dell’invasione napoleonica.
Fra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento Bologna è un ricco laboratorio di idee scientifiche e umanistiche.
Bologna è alla ribalta del palcoscenico internazionale grazie alla sua scuola di pittura, imperniata sulle botteghe celebri di Prospero Fontana, ma anche su quella all’avanguardia di Ludovico, Annibale e Agostino Carracci.
Determinante è la presenza dello Studium, la celebre università cittadina, e di numerose accademie, di circoli eruditi privati e delle società di arti e mestieri.
Il mondo della pittura si fonde ben presto con quello della poesia, dando vita a uno scambio fra artisti e letterati di cui resta profonda traccia nelle rispettive opere.
Spesso sono proprio i poeti, ben introdotti negli ambienti della cultura romana grazie alla rete delle accademie, a portare la fama dei pittori bolognesi nella Città Eterna.
La spinta innovatrice della Controriforma
Roma era in quel momento un grande centro artistico e costituiva un ambiente unico in Europa.
La riforma cattolica costituisce per l’Urbe un’eccezionale spinta propulsiva e portò al restauro di numerose chiese e a svariati interventi urbanistici.
L’antica città medievale si trasforma in una nuova rete di strade scandite da immense piazze e delineate da sfarzose residenze gentilizie.
Tra Bologna e Roma
L’asse bolognese – romano è un fervido laboratorio di scienza, arte, letteratura dove vivace e fecondo è lo scambio tra pittori e poeti.
Nelle illustri botteghe bolognesi del XVII secolo operavano maestri, come Guido Reni e il Guercino, con una schiera di allievi e seguaci, tra cui spiccavano Elisabetta Sirani e Ginevra Cantofoli.
Poeti e letterati non solo celebrano la bellezza dei quadri in versi di successo, ma sono amici, collezionisti, committenti, intermediari e promoter degli artisti.
Atalanta e Ippomene di Guido Reni, fulcro della mostra
Il fulcro dell’esposizione è riservato alle due versioni del dipinto raffigurante “Atalanta e Ippomene” di Guido Reni (Napoli, Capodimonte e Madrid, Prado), soggetto tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.

La mostra costituisce un’occasione unica per approfondire lo studio di questo importante accostamento di tele, alla luce delle ricerche promosse dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna in collaborazione con esperti e specialisti della materia.
Le due tele, pressoché identiche, evidenziano lo stretto rapporto fra l’artista e i letterati illustri del suo tempo.
Guido Reni fu uno dei primi a sperimentare forti novità, di contenuto e di stile, rispetto al secolo scorso di stampo manierista.
La favola di Atalanta
Il capolavoro di Guido Reni, Atalanta e Ippomene, è tratto, non a caso, da una poesia delle le Metamorfosi di Ovidio.
Grazie a un’eccezionale invenzione pittorica, Reni rese celebre Atalanta, l’eroina della mitologia greca celebrata dal poeta latino.
Fino ad allora la bellissima figlia di Iaso re dell’Arcadia era stata poco rappresentata in pittura.
Il soggetto era molto presente nell’arte greca sui frontoni dei templi (come quello di Atena a Tagea in Grecia, del IV secolo a.c.) e dipinta in varie scene sulla ceramica greca.
Publio Ovidio Nasone la immortala nel suo capolavoro, le Metamorfosi, scritte poco prima dell’esilio ad opera di Augusto.
Con maestria Guido Reni raffigura Atalanta che, refrattaria al matrimonio, sfida i pretendenti a superarla nella corsa in cui, da abile cacciatrice, sa di essere invincibile.
Ippomene, eroe della Beozia e suo pretendente, riuscirà a prevalere con l’aiuto di Afrodite, che gli fornisce pomi d’oro cresciuti nel Giardino delle Esperidi.
Nel momento culminante dell’azione Atalanta si china a raccogliere i frutti lasciati cadere da Ippomene e viene così superata con l’astuzia dal giovane.
Un attimo congelato per sempre da Reni attraverso l’incrocio a chiasmo delle gambe nel punto centrale della tela.

L’equilibro delle due figure si snoda con una elegante disposizione incrociata degli arti alternando alla gamba flessa il braccio opposto flesso e alla gamba tesa il braccio opposto teso.
Un tributo all’arte classica
Un tributo anche all’arte classica e allo scultore greco Policleto,
Policleto infatti, celebre scultore nato ad Argo e attivo tra il 460 e il 420 fu l’inventore di tale elegante formula compositiva.
Studiò infatti la statica e grazie alla quale, con la disposizione incrociata degli arti (alla gamba flessa corrisponde il braccio opposto flesso; alla gamba tesa corrisponde il braccio opposto teso), risolse il problema dell’equilibrio delle figure.
La postura policletea conferma il tributo all’arte classica.
Le due figure emergono potentemente dalla tela, in primo piano, dal paesaggio notturno, con i corpi diafani e perfetti, modellati sullo studio del rilievo antico a Roma.
Tante sono le storie sulle tele amate e collezionate dai letterati narrate.
La mostra getta nuova luce anche sul suo dipinto Giuditta con la testa di Oloferne di Lavinia Fontana in prestito dalla Fondazione Davia Bargellini di Bologna e la Iole di Ludovico Carracci dalla Fondazione Manodori di Reggio Emilia.

Bologna, 1552 – Roma, 1614
Giuditta con la testa di Oloferne
1600 circa, olio su tela/oil on canvas, 193 x 97 cm, Fondazione Davia Bargellini di Bologna.

Bologna, 1555 – 1619
lole
1606 – 1607, olio su tela/oil on canvas, 80,5 x 63 cm
Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia Pietro Manodori
Il contesto artistico culturale nelle accademie bolognesi
La favola di Atalanta dipinta da Guido Reni non è soltanto una sfilata di bei dipinti.
E’ l’emblema di un contesto, quello bolognese, molto particolare.
Alla base c’è infatti il racconto della cultura bolognese tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento.
Si vede così emergere la rete di rapporti, amicizie, scambi che caratterizzò il vivace contesto artistico-culturale. Tale contesto trova il suo centro nelle accademie bolognesi dell’epoca – prima fra tutte quella dei Gelati, cui è dedicata la 1 sezione della mostra.
L’Accademia dei Gelati, fondata nel 1588, promuove la collaborazione fra i poeti e i pittori bolognesi.
L’emblema dell’Accademia, una selva d’alberi ricoperti di gelo che riportava il motto Nec longum tempus, fu disegnato da Agostino Carracci.

Le Accademie dello Stato Pontificio
All’Accademia dei Gelati si affiancano, nei primi decenni del Seicento, l’Accademia della Notte, l’Accademia dei Confusi e l’Accademia degli Indomiti, in cui letterati bolognesi e romani si scambiano idee e invenzioni.
Protette dai legati pontifici delle famiglie Borghese, Ludovisi e Barberini, le accademie sono il filo diretto che collega la cultura di Bologna alla capitale pontificia.
Gli artisti viaggiano da una città all’altra e trovano, nelle accademie, preziose occasioni di committenza. L’esempio più fulgido di artista accademico è il pittore.
Giovan Battista Marino, il poeta amante della pittura
Giovan Battista Marino (1529-1625) il più grande poeta italiano del seicento, non a caso ha una grande passione per la pittura.
E’ infatti autore anche de “La Galeria” (1619), una raccolta di 624 componimenti poetici dedicati ad altrettante opere d’arte divise tra Pitture e Sculture, Favole e Historie.
L’estro poetico si dipana in una continua sfida espressiva tra testi poetici e opere d’arte.
Lo stretto rapporto tra Bologna e Roma
Il miglior allievo di Guido Reni, Giovan Giacomo Sementi, il miglior allievo di Guido Reni, si distacca dal maestro e si trasferisce a Roma nella cerchia degli Umoristi e dei Desiosi, circolo privato del cardinal Maurizio di Savoia.
Viene molto apprezzato da Giovan Battista Marino e le sue opere entrarono nelle collezioni dei letterati.
L’Amor vincit omnia di Sementi risente del contatto con la Roma dei Barberini e degli Umoristi, in cui l’iconografia riprende il tema della vanitas di piaceri e desideri ed esalta la virtus dell’amore.
Il talento di Lavinia Fontana, destinato a diventare celebre in diverse corti europee e a segnare, tramite il suo soggiorno romano, l’immagine al femminile dell’artista indipendente al servizio del pontefice, viene celebrato dai poeti bolognesi, che le tributano numerose lodi
nelle loro raccolte.
La stagione d’oro del barocco in pittura e letteratura
Il caso di Guido Reni è emblematico.
A partire dal componimento dedicato da Giovan Battista Marino alla Strage degli Innocenti la quantità di versi e raccolte dedicate a Reni farà di lui uno degli artisti più acclamati mentre è ancora in vita.
Succede anche a una pittrice, Lavinia Fontana: i poeti felsinei ne celebrano il talento con ammirazione, costruendo l’immagine di un’artista indipendente che lavora per il pontefice e per le corti europee.
I celebri contemporanei di Guido Reni: i Carracci, Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi
In dialogo con i capolavori di Reni troviamo i dipinti di alcuni suoi celebri concittadini contemporanei, dai Carracci a Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi.
Nel percorso della rassegna, le opere dei protagonisti della scena artistica bolognese fra Cinque e Seicento, da Ludovico e Agostino Carracci a Guido Reni a Lavinia Fontana e la romana Artemisia Gentileschi,
Le interazioni tra poesia e pittura.
Le opere esposte in mostra accompagnano la produzione dei poeti contemporanei come Cesare Rinaldi e Giovan Battista Marino.
Questi ultimi con i loro versi resero immortali le opere di artisti come Guido Reni, Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Agostino e Ludovico Carracci.
Esemplare in tal senso è la “Strage degli Innocenti”, capolavoro di Guido Reni conservato presso la Pinacoteca di Bologna, cui Giovan Battista Marino dedicò, nella “Galeria” del 1620, una descrizione poetica destinata a suggellarne la fortuna già presso i suoi contemporanei.
Pittori poeti…
Trovano infine spazio opere di pittori che si cimentarono anche nella scrittura poetica, come Lionello Spada, autore della “Giuditta con la testa di Oloferne”, o attivi nelle accademie, come Giovan Giacomo Sementi, l’allievo più bravo di Guido Reni, di cui in mostra è esposto “l’Amor vincit omnia”.
…e poeti pittori
Presenta anche l’altra faccia della medaglia: quello dei poeti che non si accontentano di farsi ritrarre dagli amici pittori o di lodarne i quadri, ma decidono di imbracciare a loro volta il pennello.
E’ il caso di Andrea Barbazza, un berbero che apparteneva ad una colonia di schiavi ed artigiani berberi di Viale Barberia a Bologna, che è anche poeta e giurista
Accanto ad alcuni dipinti sono collocati dispositivi di diffusione audio che consentiranno l’ascolto di quei versi che nel Seicento risuonarono alle orecchie dei tanti ammiratori delle più importanti pitture esposte in mostra.
La mostra è promossa dal Ministero della Cultura e patrocinata da Regione Emilia-Romagna, Città metropolitana e Comune di Bologna
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