“A noi toccò l’Africa” Una storia di ieri che può insegnare al domani

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Si è svolta domenica 29 settembre, presso la sede UNAR a Roma, un incontro voluto dal Presidente della Fondazione Area Cultura, Dr.ssa Angelica Loredana Anton, con la Dr.ssa Pina Carbone Vollaro, autrice del libro “A Noi toccò l’Africa”, storia di una vita felice.

La scrittrice, laureata in lingue, letterature e istituzione dell’Europa Occidentale (sezione Germanica Inglese) all’Istituto Orientale di Napoli e sposata nell’ottobre del 1962 con il Dott. Giovanni Carbone, ha trascorso 30 anni in Africa, dal 1962 al 1992 seguendo il marito nei suoi spostamenti.

Il Dott. Giovanni Carbone è stato infatti uno dei “Garcons” di Enrico Mattei che dopo aver fondato l’ENI, Ente Nazionale Idrocarburi nel 1953, inviò in tutto il mondo per reperire materie prime.

A lui toccarono: Ghana, Madagascar, Cameroun, Togo, Tanzania e Kenya, sei paesi di un enorme continente che ha al suo interno ben 54 Stati e due miliardi e mezzo di abitanti.

Luoghi dove la scrittrice ha vissuto, pur di seguire il marito, inviato dalla Società AGIP, fiore all’occhiello dell’ENI.

Un interessante incontro in una delle sale della prestigiosa sede dell’UNAR, Unione Associazioni Regionali, dove il pubblico, ha potuto ascoltare la lettura di alcune delle belle lettere che il Dott. Carbone ha inviato alla Sua Amata, fidanzata prima, sposa dopo, ed ascoltare la storia di un tempo.

Lettere tratte dal libro “A noi toccò l’Africa” dedicato ad i nipoti, Paolo, Riccardo e Luca, dalla nonna che è l’anello di congiunzione tra due generazioni.

Libro che racconta la storia, certamente felice che fa sognare, frutto di una vita agiata, ma fortemente voluta e dove furono fatte scelte coraggiose perseguite con grande spirito di sacrificio, dedizione e rispetto reciproco.

Interessanti, romantici, appassionati scorci di vita dove ancora valori, tradizioni e cultura, si integrano con luoghi e tempi di ieri, proiettandosi nel futuro.

Un futuro che ha permesso all’Italia di diventare una tra le potenze più industrializzate e ricche del mondo, ma che poi…

E’ nel racconto che l’Autrice fa al suo pubblico, in quella sala, che si evince quanto sia vivo l’amore per il marito, scomparso da qualche anno, ma ancora vivo nel suo intimo ricordo.

Scelte di vita, magari audaci, che hanno condizionato positivamente lo svolgersi di questa meravigliosa storia.

Il coraggio di abbandonare quel posto di lavoro, vicino casa, per andare in un posto lontano seguendo la speranza e la visione di chi guardava avanti, Enrico Mattei, nell’interesse del suo paese, della sua gente e non del proprio piccolo orticello.

Il coraggio di seguire il proprio uomo in paesi allora assai lontani e difficili da raggiungere, dove la vita non era certamente facile e le comodità assai carenti.

Un contrasto di situazioni tra ricchezza e povertà dove le persone hanno il giusto valore, pur nella loro dimensione e diversità.

Un libro che oggi sarebbe difficile scrivere, dal momento che molti dei valori, quasi tutti per la verità, sembrano essere perduti, in nome della globalizzazione, dell’inclusione, dell’omologazione dove si vorrebbe dimostrare che uno è uguale ad uno.

Un libro che non esprime ideologia, non divide, non crea differenze, pur essendoci inevitabilmente delle differenze, ma esalta amore e rispetto.

Rispetto tra Uomo e Donna, genitori e figli, datore di lavoro ed impiegati, tra bianchi e neri, tra popoli diversi culturalmente e socialmente.

Un libro che ripropone il senso della famiglia, del rapporto tra genitori e figli, dell’unione della famiglia, del significato della famiglia intesa anche come primaria forma di società.

Un libro che torna a dare dignità alla coppia, uomo donna, come nella più semplice delle espressioni naturali.

Non la prevaricazione degli individui, uomo donna che siano.

Elementi tutti, che oggi sembrano essere messi in discussione e che hanno creato e creano devastanti situazioni di disagio interiore e che sempre più spesso danno origine ad i terribili omicidi, che qualcuno ha voluto chiamare “femminicidi”.

Omicidi dove non serve inasprire le pene, utilizzate spesso come inutile deterrente, ma cercarne le cause, magari riflettendo grazie anche agli spunti che questo libro stimola e suggerisce.

 

Il nuovo millennio sembra essere lontano dal precedente dove spesso si leggevano storie di grande umanità, di vita reale e sensibilità elevata.

Stridono con le storie di allora, le notizie, sempre più frequenti, che i quotidiani di oggi scrivono: Mantova, donna uccisa da diciassettenne: “Volevo sapere che si prova ad uccidere”.

Casano Maderno- Monza, imprenditore aggredito da sedicenne: “lui o un altro era uguale”.

Parma, ragazza di 22 anni accusata di aver ucciso i suoi due figli neonati ed aver occultato i cadaveri nel giardino di una villetta a Vignale.

Notizie che palesano un disagio forte della società, dei giovani, di quei giovani che ieri sognavano, e che invece oggi…

Non è la ricchezza, non sono i soldi, che mancano a chi commette questi crimini.

Mancano quei sogni, quella voglia di realizzarsi, di ottenere, di crescere, di valorizzare se stessi e gli altri.

Una cultura diversa, che ha perduto principi e valori.

Principi e valori che ritroviamo riprodotti sapientemente nel libro, in un mix di narrazione, pubblicazione di lettere e bigliettini, foto di momenti sereni ma significativi di quella vita, certamente felice, ma non casuale, di chi con amore e dedizione ci ha voluto rendere partecipi.

Un libro che ai giovani di oggi, come un tempo quelli che furono i “fotoromanzi”, che inducevano a fantasticare o anche i “Promessi Sposi”, giusto per coinvolgere le amenità con scritture impegnate, potrebbero farli tornare a sognare… restituendo loro un sano futuro

 

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