OPEN DAYS, ATTIVITÀ DI (DIS)ORIENTAMENTO

Iniziati a novembre, sembrano ormai alla fine anche se qualcuno userà anche l’ultimo giorno, il 30 gennaio, per … “un alunno in più “.

Povera scuola!

Comunque l’incubo sembra ormai finito.

Un tempo non esistevano, forse solo nelle scuole private per questioni di sopravvivenza, questioni che oggi sembrano interessare anche la scuola pubblica.

Una maratona nella quale genitori e ragazzi “saltano” da una scuola all’ altra, ascoltando noiosissimi discorsi autoreferenziali, belle promesse, inutili visite a laboratori imbellettati per l’occasione, tentando di intuire, dietro tanta retorica, la nuda realtà.

Ma la scuola non deve essere solo un luogo accogliente e non dovrebbe mai perdere di vista il suo ruolo principe di trasmettere “virtute e canoscenza”.

Purtroppo si dimentica che la scuola richiede anche impegno, fatica e sacrificio e non mille progetti e attività per intrattenere in modo ludico gli studenti, perché ciò contribuirebbe ad alimentare le derive di una società sempre più fluida che sta creando confusione e incertezza.

Allora?

Allora palese è il disorientamento tra tanti indirizzi di studio, corti e lunghi e anche duplicati e le tante e creative offerte formative proposte per “un alunno in più “.

Il 30 gennaio sta arrivando, si avvicina il momento della scelta.

In bocca al lupo ragazzi.

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




PNRR o PRRRRRRRRR… ??

Parte la progettazione per il Piano Scuola 4.0 sulla piattaforma dedicata che resterà aperta dalle ore 15.00 del giorno 28 dicembre 2022 alle ore 15.00 del giorno 28 febbraio 2023.

L’investimento prevede due azioni specifiche: Next Generation Classrooms e Next Generazione Labs.

L’azione “Next Generation Classrooms” ha l’obiettivo di trasformare almeno 100.000 aule delle scuole primarie, secondarie di primo grado e secondarie di secondo grado, in ambienti innovativi di apprendimento.

L’azione “Next Generation Labs” ha la finalità di realizzare laboratori per le professioni digitali del futuro nelle scuole secondarie di secondo grado, dotandole di spazi e di attrezzature digitali avanzate.

La parola d’ordine per rinnovare la scuola è “digitale” per tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Che dire? Il digitale è sicuramente un bene se aggiunto alle abilità analogiche, un disastro se in sostituzione ad esso!

Ma sembra che si vada in questa direzione.

Si legge che il Piano Scuola 4.0 sarà l’occasione per innovare la scuola!?!

Certamente, ma l’innovazione didattica sarà possibile senza però rinunciare ad insegnare le quattro abilità di base linguistiche (saper ascoltare, saper parlare, saper leggere e saper scrivere) insieme alle quattro operazioni della matematica.

Occorre insegnare l’analisi grammaticale, logica della frase e del periodo entro la scuola media, studiare storia e geografia, abolire nei licei l’alternanza scuola-lavoro, oggi rinominata PCTO.

In breve occorre tornare allo studio dei contenuti disciplinari e forse riusciremo a raggiungere adeguati risultati anche nelle tanto criticate prove INVALSI.

Pio Mirra




Ma se un domani non ci saranno più alunni ?

Il calo demografico sta facendo sentire i suoi effetti e nei prossimi anni la situazione andrà sempre più peggiorando.

Gli allegati al Recovery Plan dello scorso anno svelavano che da qui al 2026, in classe avremo 1,1 milioni di studenti in meno.

Se guardiamo il periodo fino al 2033, si passerà da 7,4 milioni di studenti (ultimo dato disponibile 2021) a poco più di 6 milioni nell’anno scolastico 2033/34, con quote di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno.
Tale effetto dell’andamento demografico si sentirà maggiormente alle superiori, dove si passerà rispettivamente da 2.659.068 a 2.168.614 studenti.

Anche nel territorio di Cerignola, comune della provincia di Foggia di 60.000 abitanti, si inizia a sentire l’effetto denatalità.

Gli studenti di Cerignola che nell’anno scolastico in corso frequentano la classe terza della secondaria di primo grado sono solo 654, che se tutti promossi sceglieranno uno tra i cinque istituti superiori presenti nel comune.

E allora che si fa? Si reclamizza l’offerta formativa negli open days scolastici con una e più promesse per un roseo futuro.

Tanto è il disorientamento dei ragazzi e delle loro famiglie, che dovranno scegliere uno dei 25 indirizzi di studio proposti dai cinque istituti cerignolani tra licei, tecnici, professionali, opzioni, corsi quinquennali e quadriennali a volte duplicati.

In teoria per 652 studenti e 25 indirizzi di studio potranno formarsi per l’anno scolastico che verrà solo 25 classi prime, 5 classi per istituto.

Ma quale scuola scegliere? Per una buona scelta è fondamentale investire nell’orientamento scolastico nella delicata fase di passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado, accompagnando i ragazzi verso una scelta consapevole.

L’orientamento diventa prezioso proprio perché favorisce scelte consapevoli, siano esse di studio o di prospettive di lavoro, ma è anche una fondamentale arma di contrasto al fenomeno della dispersione scolastica, che in Italia raggiunge ancora valori superiori alle medie europee.

Secondo l’ISFOL l’orientamento è un intervento finalizzato a porre la persona nelle condizioni di poter effettuare delle scelte personali circa il proprio progetto personale/professionale di vita.

Citando la stessa fonte, l’orientamento viene visto come elemento fondante dell’educazione permanente: un processo di educazione e di formazione integrale della persona che la conduce alla piena espressione della sua identità, professionalità e vocazione.

L’orientamento, quindi, mira alla finalità educativa dell’autonomia, ovvero alla capacità di muoversi in una società complessa e dinamica, che conferisce poche garanzie, compiendo scelte in linea con i propri scopi.
E invece?

Anziché puntare sul valore strategico dell’orientamento come strumento di lotta alla dispersione e all’insuccesso scolastico nella creazione di un sistema di orientamento centrato sulla persona e sui suoi bisogni, finalizzato a prevenire e contrastare il disagio giovanile e favorire la piena occupabilità e l’inclusione sociale le scuole sono impegnate a imbellettarsi in struggenti azioni di marketing che sono gli open days.

E allora il problema non è la “classe pollaio”, ma il numero dei “polli” che le scuole riusciranno a catturare nei colorati open days addirittura aperti un giorno alla settimana per tutto il periodo delle iscrizioni dal 9 al 30 gennaio.

Ammaliante il canto delle sirene per convincere un “pollo” in più e poi?

Poi sarà quel che sarà!

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




Meloni ed il metaverso dell’ingovernabilità

Mi ero ripromesso di fare alcune riflessioni, trascorso un minimo di tempo dall’insediamento del nuovo Governo Meloni.

Condividevo gli iniziali entusiasmi auspici di una svolta riequilibratrice, ma lo stato in cui versava complessivamente l’Italia era molto serio: tanto da far ritenere la situazione seriamente compromessa.

Troppo.

Così ho preferito attendere, volendomi basare tanto su fatti squisitamente interni, che su ogni mutamento sullo scacchiere internazionale.

Al Governo è andato un ampio consenso popolare in fase elettorale: fidandosi degli impegni preelettorali fin troppo chiaramente espressi, il corpo votante aveva chiaramente delegato una funzione di discontinuità con la precedente politica, principalmente nei settori sanità, istruzione, economia e finanza, lavoro, pace, congrua politica energetica, tutela e rispetto della Costituzione e dei diritti individuali specie se insopprimibili e inviolabili, e – infine – tutela delle frontiere e adozione di una politica ‘migratoria’ di tutela e salvaguardia.

Desidero chiarire ancora una volta il trucchetto dialettico creato da certa intellighenzia (sic!) non solo italica, circa l’utilizzo del termine e quindi del concetto di “migrante”.

Mai termine fu tanto impropriamente adottato: le rondini ci insegnano che gli uccelli ‘migrano’ in determinate stagioni, per poi tornare al luogo precedente, in una spola continua preparata loro dalla Natura; ci sono poi gli ‘emigranti’, come milioni di nostri connazionali, che hanno lasciato e ancora lasciano la loro terra d’origine e la propria Nazione per trasferirsi all’estero (e non si sa se e quando ritorneranno nella Patria d’origine); ci sono gli ‘immigrati’ che vengono lecitamente nel nostro Paese, e che spesso sono abili nel costruirsi posizioni economiche e sociali degne e di tutto rispetto (e il riferimento allo scandalo in corso, legato ai facili guadagni – e relativa rete di connivenze – di talune cooperative e ONG è palese); ci sono, infine, dei soggetti che tentano forme di ‘immigrazione clandestina’, e sono coloro che, sperando in vantaggi presenti e/o futuri, decidono di passare le frontiere in modo illecito, irregolare, ‘clandestino’ (affidandosi a terzi, a dei passeurs, e quindi pagando cifre non indifferenti, per farsi portare nei paesi da loro prescelti.

E questi ultimi non sono certo dei ‘migranti’, anche se la propaganda ‘buonista’ tenta di taroccarne la ‘qualità’ facendoli passare come tali). Non tocchiamo poi l’analisi di tutto il costrutto che grava farlocco e opaco sul concetto di “integrazione”: altro ballon sospeso costantemente a mezz’aria, abilmente sfruttato da quegli amanti del politichese che, attraverso strane dinamiche e altrettanto strane creature, lucrano abbondantemente e senza remore su ambedue i fronti.

Ma, a parte il troppo poco tempo che il Governo è in carica, abbiamo capito che sono scattati i lacci e lacciuoli esterni (Unione Europea e Patto Atlantico-NATO), ma anche interni, che ne frenano la vis politica vera e propria (attenta, per ora, a ‘non pestare i piedi’ ad alcuno), e ne condizionano i termini espressivi ultimi, facendo così stridere le promesse elettorali con le azioni intraprese.

Certo, l’eredità Conte-Draghi è stata pesante: costellata da una impressionante serie di smentite di dichiarazioni solenni e talvolta persino spocchiose.

E i famosi ‘conti in ordine’ lasciati dall’ultima Amministrazione di Governo, e ‘benedetti’ dalla claque dei sempre mobilitati ‘padri nobili’, hanno riservato innumerevoli sorprese.

Anche pesanti.

Di cose ‘in ordine’, alla fin fine, non è che ce ne fossero molte, tanto fumo, tante trombe e tromboni di corredo, una grancassa mediatica sempre pronta con il suo putipù di fondo, ma anche tanta fuffa.

Quindi, stiamo assistendo alle attività di un Governo Meloni – in realtà una coalizione, di cui è Primo Ministro l’On. Le Giorgia Meloni – che, deve mettere le mani su tutto; che non ha potuto fruire di un sistema democraticamente (e utilmente) tarato sullo spoil system, e che quindi è penalizzato da un sottosistema pur oliato che, nei gangli della PA, tenta di fare il bello e cattivo tempo; che deve contrastare la smania di protagonismo anche dei suoi alleati (frenanti, in questa fase…); che si sta rendendo conto di gettare al vento miliardi per aiutare (giustissimamente…) le famiglie in difficoltà per il caro-energia, ma che questi miliardi alimentano, allattano e gratificano la speculazione; che si confronta con energia con la Francia (che – oltre a una visione misogina – forse avrebbe voluto già fare un altro shopping facile con TIM e ITA, e che si è trovata invece bloccata su entrambi i fronti), e altro ancora…

Sono mesi che Capi di Stato, Capi di Governo, Ministri di vari livelli, girano per il mondo, ‘alla ricerca di soluzioni’: miliardi di euro gettati al vento, per questi viaggi, tonnellate di CO2 sparsa ai quattro venti, ben poco concrete.

L’ansia di poter/dover dire “siamo tutti d’accordo”, “abbiamo deciso” (siamo al nono pacchetto di sanzioni antirusse !!!

Quelle che hanno tagliato le gambe all’Europa, fatto gioire e prosperare economicamente gli USA, arricchito oltre ogni misura non solo le ‘vittime’, ma i super corrotti che poi investono in cryptovalute e traffico d’armi e droga…).

Fa bene Orban: ipercriticato, ma che porta avanti gli interessi magiari, salvandone l’economia e il lavoro, non esitando a mantenere rapporti commerciali fondamentali a est.

Ma avete visto, in questi ultimi giorni, il doppiopesismo e la rapidità con cui la Croazia è stata ammessa nell’area Schengen, mentre Romania e Bulgaria sono al palo da più di 10 anni !!

A parte che è meglio per loro mantenere la propria autonomia monetaria, piuttosto che non essere generosamente fagocitati da Bruxelles, l’Europa Comunitaria, ha continuato a sostenere che le due belle Nazioni “non meritavano e non meritano” poiché al loro interno vi sono ancora troppe aree opache, ossia aree di corruttela nell’amministrazione.

Proprio Bruxelles ha fatto e continua a fare questi leziosi distinguo, ignorando la feccia che si nasconde sotto i suoi preziosi tappeti !!

E noi Italia, dovremmo ringraziare Orban: se non ci fosse lui a resistere, si starebbe tutti allo sbando.

Così come allo sbando è diretta la Germania, che ha voluto suonare le proprie trombe e i propri tamburi, ma che ora guarda con preoccupazione assottigliarsi le proprie riserve di gas: sarà suo il primo ciclo produttivo a fermarsi?

Non saprei: ma so che se l’Europa (o quel che ne resta, rabberciato alla meglio) non torna a pensare alla salute e al benessere degli Stati e dei Cittadini che ne fanno parte, per dare manforte a quelle posizioni ormai chiaramente sbagliate dove si sta svolgendo un conflitto per procura che sta producendo un immiserimento economico, finanziario e soprattutto morale, significa che della ‘sopravvivenza’ dell’Europa e dei suoi cittadini, non importa granché ad alcuno.

Sicuramente, dal Governo Meloni ci si attendeva molto (anche troppo, viste le situazioni obiettive specie a livello internazionale); forse si è fatto poco, ma si trova imprigionato nei lacciuoli di una combriccola tentacolare, evidentemente legata da comuni convergenze d’interesse, che fa di tutto per ostacolarla…

Guardate come si sono svegliati quei ‘sindacati’ che si pensava fossero estinti, tanto sono stati assenti dalla vita dei lavoratori e, soprattutto, dalla tutela dei loro interessi, presi com’erano ad ammiccare ai governanti di prima ed a pavoneggiarsi persino alla parte datoriale.

Sono stati contagiati ex-novo (nel caso in cui l’avessero proprio smarrita…) dalla libidine dello “sciopero per lo sciopero”, lo sciopero ideologico (se mai vi sia chi ancora possa essere pervaso da forme politiche intrise di una qualche ideologia [ideologia=sistema concettuale e interpretativo che costituisce la base politica di un movimento, di un partito o di uno stato] visto che il concetto di “politica” si è sfilacciato e smarrito, soverchiato ormai da espressioni degne più delle tifoserie).

Ho ascoltato oggi un Landini nuovamente in tuta da metalmeccanico, ringhiare con forza contro la manovra economica del Governo Meloni.

Ma, ad ascoltarlo bene, erano commenti che avrebbe ben potuto esprimere anche prima con i Governi Conte e Draghi.

Ma a parte di questo, quello e quell’altro che non vanno bene, la sintesi non reca suggerimenti degni di nota.

Ad esempio, i Sindacati, ridestatisi con tale piglio, ci facciano sapere – di grazie – come deve resistere il Governo, come deve resistere l’Italia, come devono resistere gli Italiani, all’abbraccio mortale di una poco candida Europa, che evidentemente persegue – tramite soggetti posti ad hoc in ruoli chiave, interessi di parte spesso del tutto anti-italiani.

Ci dicano come dobbiamo resistere nuovamente al ricatto del MES (aderendo al quale potremo solo indebitarci e a caro prezzo) che ci viene proposte come strumento di ricatto contestualmente alle misure con cui la Lagarde condanna le Borse, e quindi i risparmiatori, a delle perdite enormi…

come dobbiamo resistere alla Von der Leyen & C. che sono mesi che si affannano a far passare un price-cap energetico sul gas decisamente dai valori pro-speculazione (e circa il quale continuo a sostenere un NO convinto: libere contrattazioni da parte di ciascuno stato e niente cambiali in bianco alla solita UE…

già troppo indaffarata a capire da che parte girarsi per non trovare altri sacchi di spazzatura lungo il cammino dei vertici).

Ci facciano sapere, i sindacati (anche se, poverini, stanno coprendo il ruolo che il loro partito politico di riferimento ha depauperato), propongano, si impegnino, lottino veramente per i lavoratori e con i lavoratori: ci risparmino inutili frastuoni.

L’Italia si sta spegnendo, e c’è bisogno di gente seria e disponibile a sacrificare anche se stesso: di cani che abbaiano alla luna, ne abbiamo fin troppi e ci hanno rotto i timpani.

Abbiamo bisogno non di essere sfruttati, ma di poterci esprimere al meglio; abbiamo bisogno di gente che operi per il bene dei Cittadini; abbiamo necessità di essere ascoltati, di far valere le nostre capacità di mediazione sui teatri di guerra, non nell’export di armi che vanno a finire anche sul mercato ‘nero’ dei trafficanti d’armi o, ancor peggio, del terrorismo internazionale; di non gettare via ‘aiuti’ economici e finanziari verso paesi che li utilizzano per investimenti lucrosi sui mercati finanziari, perché vuol dire che togliamo pane di bocca ai nostri figli per darlo a chi lo getta nel fango…; di ridare dignità alla professione medica, riconoscendo a queste figure le peculiarità che da sempre circondano il loro operato, e cioè quelle di poter ‘operare in scienza e coscienza’ senza subire ricatti o mortificazioni o persino manipolazioni che possa porli agli ordini di un qualcuno che li obblighi non a operare secondo scienza e coscienza ma ‘come dice lui’!

Ecco cosa mi attendevo e cosa mi attendo dal Governo Meloni (oltre il quale c’è solo il buio del nulla): se vi accorgeste che non è consentito di poter operare in libertà, se tentano di condizionarvi e spogliarvi della vostra libertà valutativa e decisionale, ebbene onorate il patto d’onore con gli elettori.

Chiarite apertis verbis in una conferenza pubblica internazionale i motivi, e ridate il mandato ricevuto.

Il Popolo non potrà che esservene grato, e la vostra denuncia potrà essere autentico viatico per un risanamento di Valori e di Programmi.

E se l’Italia morisse, non sarà certo la “innaturale realtà posticcia” chiamata ‘metaverso’ che potrà ridarcela: ‘metaverso’ altra invenzione spaziale, prima si distrugge la realtà, poi la si sostituisce con qualcosa di luccicoso e ammiccante che ‘assomiglia’ a una realtà che altro non è se no un prodotto commerciale pre-confezionato, studiato in laboratorio, una sorta di Truman-show vuoto di umanità, di spontaneità, della ricchezza dell’elaborazione e della costruzione del pensiero.

 

 

 

 




Open Days, siore e siori…

Un tempo  ci si iscriveva in una scuola piuttosto che in un’altra sulla base delle proprie attitudini e predisposizione personale a preferire le materie umanistiche alle scientifiche o piuttosto tecnico-professionali.

Fondamentale poi il condizionamento delle scelte degli altri compagni di classe per restare con gli amici attraverso una sorta di scelta di continuità.

Oggi invece ci sono gli open days.

Non c’è scuola che non ne abbia almeno un paio tra dicembre e gennaio, il tempo per le nuove iscrizioni.

Dalle primarie alle medie, dai licei agli istituti tecnici e professionali. Tutti indossano il vestito più bello, il vestito della festa e aprono le loro aule a ragazzi e genitori.

Se per le scuole superiori si tratta di illustrare la peculiarità dell’offerta formativa dei singoli indirizzi di studio, per primarie e medie l’offerta “dovrebbe” essere comune per “tutte le scuole del regno”, ma non è così.

Le giornate dell’orientamento diventano vere azioni di marketing per “un pugno” di studenti in più, merce diventata rara per la preoccupante denatalità.

E allora gli open days diventano una fiera, un mercatino per cercare pubblico consenso.

Sugli scaffali si espongono progetti, attività didattiche e laboratoriali, proposte di PON per l’anno che verrà, promesse future di tornei di calcetto, pallavolo, piscina, danza, laboratori teatrali, musicali, sensoriali e tante altre attività tra le più singolari e creative.

Ai ragazzi e ai loro genitori non serve conoscere quante LIM, quanti pc e robotini siano presenti all’interno della scuola, ma serve capire se i docenti sono metodologicamente formati sul loro utilizzo e capire come i ragazzi sapranno utilizzarli nell’ordinaria attività didattica.

Ma il problema attuale della scuola non è l’esatta definizione delle più opportune strategie di marketing orientate ad accrescere il numero degli iscritti, ma l’adozione delle  migliori strategie per accrescere la qualità dell’istruzione.

C’è da chiedersi a cosa siano serviti ben tredici anni di scuola

se i dati INVALSI 2022 rilevano che  gli studenti che hanno  raggiunto un livello adeguato in italiano sono solo il 56%, in matematica il 49%, inglese rending il 49% e inglese listening il 37%.

E allora il problema più grande che deve affrontare la scuola non è  “pescare” uno studente in più, ma come poter concretamente investire in ideali, modelli e archetipi che potrebbero essere in grado di risollevare le sorti attuali di una scuola che non riesce più ad avere degli standard minimi di tollerabilità.

Gli open days durano qualche giorno, poi si chiuderà la fiera

e si tornerà a vestire l’abito da lavoro, torneranno le tediose spiegazioni e interrogazioni, tornerà la didattica frontale uguale per tutti i ragazzi e la personalizzazione resterà solo scritta nei PTOF.

La quotidianità farà dimenticare lo splendore del giorno di festa, riportando alla luce gli abitudinari problemi della scuola.

Pio Mirra

Ds IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




NON PARLARE “IN CORSIVO”, SCRIVI!!!

 

Girando tra i banchi delle classi prime ho visto quaderni scritti a stampatello, non tutti per fortuna.

Penso sia una stortura e non da attribuire alla DAD, ma ad un altro pericoloso virus che sta contagiando la scuola, coding e robotini, dove in molti si chiedono:
“a che serve ormai il corsivo? Non scriveranno più lettere a mano! Il corsivo è inutile. Il corsivo è faticoso”.

Non è assolutamente vero.

Il corsivo (scrivere e non parlare) è utilissimo, perché fa rimanere nel rigo, imprime la consapevolezza dei limiti e insegna la necessità delle curve.

Inoltre il corsivo è intelligenza spaziale ed esprime identità personale.

Lo stampatello omologa, il corsivo no.

Scrivere con la tastiera del pc o in stampatello attiva meno aree del cervello rispetto allo scrivere in corsivo, quando sono attivate zona frontale inferiore e corteccia parietale posteriore, cioè le aree che sovrintendono alla coordinazione occhio-mano, detta motricità fine.

A differenza dello stampatello, il corsivo obbliga a non staccare la mano dal foglio e tale attività stimola il pensiero logico-lineare, quello che permette di associare le idee in modo sequenziale, cioè di memorizzare e quindi di apprendere.

Allora insistiamo e pretendiamo da tutti i nostri studenti il corsivo.

Si, anche in piena era digitale.

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




Consesso ebraico di Catania

Il 28 Ottobre 2022, nella splendida Sicilia, è avvenuto qualcosa di nuovo, diverso, esclusivo e particolare: molto particolare e intenso.

Il Consesso ebraico di Catania è stato protagonista di un evento che, dautorità, va a iscriversi nel grande libro della Storia. 

Difatti, con animo lieto e grande commozione, è stata inaugurata la nuova Casa dei membri del Consesso catanese: a distanza di 530 anni, dopo che nel lontano 1492, al termine di una scatenata e malvagia persecuzione, nel corso della quale gli ebrei furono perseguitati, torturati, uccisi e in moltissimi casi derubati dei loro beni: così che i superstiti sopravvissuti alleccidio avevano dovuto lasciare lisola poveri e bastonati. 

Levento di oltre mezzo secolo fa, al quale si sommòun editto firmato dai sovrani cattolici di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, segnò la cacciata degli ebrei dall’Isola. 

Ma ebbe una causa scatenante nel bieco e omicida fanatismo religioso della Comunità di fede cristiana: va detto che questa venne abilmente manipolata e strumentalizzata daun clero senza scrupoli, che aizzò a esercitare la violenza contro gli ebrei, persino  stando alla narrazione di certe cronache  evocando una sorta di volontà divina, cui dover compiacere!

La presenza di ebrei in Sicilia, allepoca dei fatti qui citati, era certamente cospicua, specie nella parte orientale dellisola: ma questo non deve certo sorprendere, considerando in primis la posizione geografica della bellissima isola: vera piattaforma strategica al centro del Mediterraneo, vero crocevia delle rotte del commercio ma anche al centro di invasioni con relativi insediamenti. 

Fenici, Greci, Arabi, Normanni, Spagnoli, Cartaginesi, ma anche Egizi  per citare le principali componenti  vi approdarono, non disdegnando di stabilirvisi.

Chi commerciava per mare, considerando lospitalità delle locali genti, e considerata la bellezza dei luoghi, spesso vi soggiornava, abitandovi, così creando dei nuclei sempre più numerosi. 

Fu così che  nel tempo – nacque la fiorente Comunità ebraica, sufficientemente tranquilla e riservata, dedita ai commerci, ma anche alle finanze: in questo caso, laddove per e tra i Cristiani vigevano invece divieti tassativi posti dal clero e dalle autorità locali. 

Tenendo sempre in evidenza che le locali comunità erano inquadrate in una rigorosa piramide: alla base erano posti i contadini e i pescatori, poi venivano gli incaricati dei notabili nella gestione sociale, amministrativa e finanziaria, con sopra di essi i notabili stessi e i proprietari di terre  per lo più legati a doppio filo tanto al princeps al vertice, che con le autorità rappresentative del clero.

Un quadro storico molto sintetico, quello di cui sopra, che spiega la soddisfazione del Consesso ebraico di Catanianellinaugurare la nuova Casa di preghiera comune,ma anche dincontro, ché non è difficile pensare che possa diventare luogo dove possano convergere anche confratelli di altre provincie, di altri territori.

Levento, ha certamente suscitato lieta attenzione aCatania, e non certo meraviglia: del che se ne sono fatti portavoce autorità civili e politiche, esprimendo sinceri voti augurali per questa iniziativa che ridonaalla Città quella pienezza bruscamente interrottasi 530 anni orsono. 

Voti augurali cui si associa anche chi scrive, tra i cui parenti prossimi e meno prossimi, era numerosa la presenza di chi seguiva percorsi religiosi diversi, di matrice ebraica: affatto dimentico che molti di loro dovettero lasciare lItalia, per gli ospitali Stati Uniti, a seguito delle persecuzioni patite proprio qui, nella loro Patria.Come ben sa chi ama studiare la Storia, specie nei suoi corsi e ricorsi, a eventi negativi  spesso dopo lungo, lunghissimo, tempo  si contrappongono eventi positivi: in un mirabile riequilibrio, che rende giustizia  troppo, troppo, spesso postuma  specie a chi abbia patito soprusi e vessazioni. 

E proprio questi motivi, che allepoca segnarono la fine della scola siciliana  regolarmente rappresentata a Roma in un palazzo che ospitava le cinque scole, al cui posto fu poi edificata lattuale Sinagoga , mi spinge a esprimere un auspicio in più, personale: ossia, che la scola siciliana possa riprendere nuova forza e rinnovato vigore.

Buon lavoro, quindi, Fratelli Maggiori!   




Otto domande a DENISE BARONE

Oggi intervistiamo una brillante e dinamica autrice: DENISE BARONE. I suoi studi e le sue specializzazioni in discipline forensi, non hanno ridotto la sua passione per lo scrivere e le sue belle, preziose, capacità di esprimersi sono una fonte in grado di soddisfare la ‘sete’ e la curiosità dei Lettori. Il suo ultimo libro – “L’Arcano ed il Monstrum | tra folklore e psicopatologia”, per i tipi di ‘infugaEDIZIONI’ – è una vera esplosione di energie, di collegamenti palesi e sottili, di stimoli tesi ad approfondire tematiche che, seppur tracciate in modo piano ma mai banale, stimolano la curiosità del Lettore. Soddisfacendola, ma lasciando in lui un quid di curiosità, così da stimolarlo a utili approfondimenti, ampliando così contenuti e prospettive.  

Denis Barone é Dott.ssa in Giurisprudenza. E’ fondatrice e Prof. presso l’Upsi-Università Popolare per la Sicurezza Integrata, associata all’Università della Pace dell’Onu e all’Università della Tuscia (Cattedre di Criminologia Clinica e Psicologia Forense).

E’ specializzata in Criminologia Applicata  e  Psicologia Forense; Mediazione Penale Minorile; Medicina Legale. Competenze e Servizi Giuridici in Sanità, nonché in Scienze Assicurative.

 

Il suo libro più recente porta un titolo del tutto particolare, persino nuovo, il che, nell’ampia gamma delle pubblicazioni di ogni tipo, è certamente una novità: “l’ARCANO ED IL MONSTRUM: tra folklore e psicopatologia”: vuole dirci qualcosa in merito?

Amo l’ignoto, lo strano, il mistero, la magia…l’esoterico! Da che io ne abbia memoria! Fin da bambina ero molto curiosa, i miei genitori hanno accentuato questa mia curiosità, raccontandomi ogni stranezza storica o inerente al loro lavoro, come ad esempio malattie rare che possono essere la causa di leggende e racconti popolari (sono due medici specialisti, con la passione per l’archeologia). Crescendo, li ho sempre più ricercati in solitaria, questi racconti straordinari, o in testi latini e greci (ho una formazione classica) o in ciò che rientrava nelle materie inerenti al mio percorso di Laurea: così mi sono addentrata nella criminologia clinica storica ma anche “esoterica”, come mi piace chiamarla. Unendo questo mio interesse, alla passione per la scrittura, è nato questo libro, pensando di rendere questi aspetti in un modo gradevole per chiunque.

 Da quando si è accorta di questa sua vena artistico-creativa, letteraria?

Direi fin dalla frequentazione dei primi corsi scolastici: molto presto quindi. Ho sempre amato scrivere e soprattutto fantasticare, sognare. Questa mia vena artistica, sgorgava prorompete, incontrollata, per così dire, nelle ore di italiano, specie ogni volta che dovevo cimentarmi con un tema di letterario. In seguito, all’università, non senza sofferenza, ho dovuto accantonare tale vena, poiché dovevo concentrarmi nello studio di materie impegnative, che mi assorbivano ogni energia. Per fortuna sono riuscita a riprenderla una volta conseguita la laurea: dapprima attraverso le tesi dei miei vari master e poi indirizzandola nello svolgimento di saggi e fantasy.

 Il suo, é un hobby o la considera un’attività a tempo pieno?

 È un fuoco sacro interiore. È qualcosa di ‘ben oltre’, di ‘altro e diverso’,  non rientra in queste due categorie, è trascendentale: è come se avessi un qualcosa dentro che deve uscire ad ogni costo e quindi esprimersi… E proprio la stesura del mio libro è il suo manifestarsi palese. Naturalmente vorrei che rientrasse nelle categorie “a tempo pieno”: fare della propria passione, della propria vena artistico-letteraria il metodo di vita quotidiana… credo che lo vorrebbe chiunque.

C’è un tema particolare che predilige ?

In generale io amo la “magìa”, sia nel mondo reale, che nel fantasy: ergo, tutto ciò che “sa” di antico, mistico, arcano, strano, esoterico, inquietante, lo adoro e mi affascina oltremodo! Per fare un esempio concreto, posso citare i Misteri Eleusini, o le leggende popolari, i miti e quant’altro.  Nel mio scrivere, i temi che prediligo, poiché suscitano in me curiosità oltre che attenzione, sono quelli correlabili alle c.d. ‘malattie rare’ – poiché è stato davvero interessante studiarle e approfondirle -, nonché i resoconti di fatti strani accaduti nel mondo.

 Posso chiederle qual è la sua visione sull’essere umano?

 Domanda complessa. Da una parte ho una visione molto creativa, in potenza molto positiva. Dall’altra – guardando la realtà dei fatti – è davvero negativa: non credo nel cambiamento radicale delle persone, credo, però, che esse possano migliorare, e soprattutto migliorarsi interiormente, soprattutto se dotati della preziosa scintilla dell’intelligenza. Il fatto è volerlo, dato che, ovviamente, tale processo, richiede un notevole impegno e l’utilizzo di molte energie. Al momento, vedo una mancanza di ideali, un finto buonismo, un moralismo inutile, un eccesso esagerato comportamentale, nessuno che voglia più fare fatica in nulla, né prodigarsi per qualcosa. Infine, prendo purtroppo atto che le istituzioni non vogliono più formare un ‘libero pensatore’, bensì un burocrate da controllare, dandogli quelle poche nozioni, spesso incomplete, utili solo a “renderlo contento”, senza andare in profondità. Forse, oserei dire, che manca la consapevolezza di sé, in quest’era… ma anche la voglia o capacità di assumersi delle responsabilità.

Ultimamente l’abbiamo vista presente a diverse manifestazioni, ama lArte?   

 Adoro l’arte. Soprattutto la corrente artistica del neoclassicismo e del romanticismo.

Amo tutto ciò che è antico, dagli antichi popoli al rinascimento…Non ho una gran passione per l’Illuminismo, invece, come pure per l’arte moderna o contemporanea.

Per me l’arte, è intesa proprio alla latina: “ARS”, ovvero qualcosa di ispirato direttamente dal dio, quindi superiore a ciò che si può fare con la “tekne”.

Per me, arte è sinonimo di bellezza, di divino. Paradossalmente, sempre per me, è arte anche un bel make-up, fantasioso e accurato: dove capacità, estro e fantasia si fondano in un tutt’uno.

 Impegni attuali e prossimi?

 Abbiamo appena fondato l’università “Upsi”, associata all’Università della Tuscia e a quella della Pace (Onu), con altri validissimi collaboratori, e sono stata incaricata nelle cattedre di “psicologia forense” e “criminologia clinica”. Ho da poco passato l’esame per diventare giornalista al Wrep Eu. E mi sto prodigando molto sia nella libera professione, sia per l’associazione, no-profit e pro-veritate, “Edward Jenner”, di cui sono presidentessa.

Nel breve futuro mi hanno proposto di partecipare a una serie di video tematici incentrati sulla criminologia, che andranno in onda su diverse piattaforme – spero anche su delle reti televisive – e, per la prossima estate, uscirà un mio nuovo libro: questa volta un romanzo fantasy, il primo di una vera e propria saga.

Considerato tutto ciò, le rimane tempo per un hobby o altro?

Sono una grandissima appassionata di equitazione, monto dall’età di 5 anni. Fino ai 12 anni facevo salto ostacoli, poi sono passata alla monta Americana. Dapprima ho iniziato con i trekking e qualche lavoro in mandria, e poi, man mano, mi sono innamorata del Reining.

Al momento ho 4 bellissime bimbe (chiamo così le mie cavalle): 3 Quarter Horse, con cui sono agonista in questa disciplina appunto, ed un’Araba, che ormai è al mio fianco da 16 anni. È stata la mia più cara amica, colei con cui ho condiviso ogni momento e gli anni difficili dell’adolescenza. Mi diverte gareggiare, è più il completamento di un percorso, però.

Loro sono i miei amori più grandi, moltissime scelte di vita, le ho fatte in base a loro, per l’appunto, e non mi immaginerei mai di vivere senza.

Grazie a Denise Barone per questa intervista, e complimenti per questo suo excursus crimimologico, teso all’analisi della figura del ‘monstrum’: inteso quale fenomeno eccezionale, dai chiari toni oscuri, persino criminali. “Lo strano, l’ignoto, gli esseri, sono raccontati da un punto di vista antropologico e storico, folkloristico e mistico, criminologico e psicologico, oltre che da un punto di vista squisitamente esoterico. Esoterismo, criminologia, e folklore, saranno dunque le chiavi di lettura principali per studiare altri fenomeni, quali: streghe, vampiri, licantropi, fantasmi, demoni e creature di ogni sorta”.

 




IL MOSTRO È SERVITO: ORA SIAMO A PANDEMONIO…

Pandemonio, è l’immaginaria capitale dell’inferno dove i diavoli tengono concilio, ben descritta nel 1667 da John Milton nel suo poema ‘Paradiso Perduto’.

Ecco che, in questi ultimi mesi la fantasia diviene la peggiore delle realtà: poiché pare che tutti i diavoli del mondo si siano dati appuntamento per distruggere l’umanità, la civiltà, spingendo i detentori del potere a imporre una serie di ‘suicidi’, per ultimo un ‘suicidio atomico’; dapprima inconcepibile, ma via via ‘edulcorato’ dai ragionamenti (sic!) – soprattutto tramite i canali d’informazione (stampa, TV, web, siti di studi strategici, ecc.) – in base ai quali ci si avventura ormai in calcoli particolari per stabilire quanti morti produrrebbe l’esplosione di una bomba atomica di X Kltoni nella città Y, piuttosto che non sull’isola W, di quali sarebbero le conseguenze del primo colpo, quelle del colpo di reazione, e via dicendo.

E di fronte a questo, che è già un assurdo in termini, si è mobilitata la platea di quei cittadini che ne trattano con gli amici al bar, mentre gustano un caffè: facendo fioccare ipotesi, cifre, nomi di città da distruggere – sullo stile dell’antica Cartagine e dell’invettiva romana Cartago delenda est! – e partigianerie varie. Come se invece di vite, si parlasse di calcio, o di altre amenità persino insensate.

E il mostro, i mostri, quindi, chi sarebbero? Le notizie delle ultime ore, provenienti da quel fronte orientale dove le armi non tacciono, e dove la lista dei morti e dei danni si allunga sempre più, ci mettono in contatto con atti di terrorismo – crudeli, contro civili: come civile era la giovane Dugina, fatta saltare in aria da una carica di C4 alle porte di Mosca -, spingendo continuamente per l’utilizzo di armi atomiche (l’alibi dialettico: sarebbe un attacco preventivo, per evitare il peggio.

Una quisquiglia dai pessimi contenuti: utilizzare l’atomo per attacchi preventivi! Degno di gente sciocca e scervellata, senza morale, con il cervello pericolosamente fuso ovvero colpito dal virus dell’onnipotenza, con un odio profondo verso tutti gli esseri umani, poiché se oggi si dovesse verificare la deflagrazione di un ordigno atomico, le reazioni farebbero sì che non ci sarebbero più città o continenti al sicuro).

È questo che dei pazzi scatenati perseguono? Sperano di diventare padroni di un mondo reso arso e invivibile, popolato da poverissimi superstiti? È attraverso le risposte militari, le reazioni devastanti (del tipo: vince chi tira l’ultima bomba), che si può mettere fine a un conflitto che NON AVREBBE DOVUTO iniziare?

Ma a ben pensarci, checché suggerisca la cronaca spicciola, ormai il discorso non è più neanche questo, tanto è riduttivo pur nella sua drammaticità: ma ogni cosa, anche la peggiore, anche la più nauseante e sconvolgente, ha un limite.

E temo che il limite, la sottile ‘linea rossa’ oltre la quale non si può tornare indietro, possa essere presto superato. E il brutto è che tutti sono – o lo sono già stati – coinvolti: ormai non ce n’è più uno che possa dire, giustificandosi, ‘io non c’entro’ o ‘non sapevo’ o ‘non credevo’ o ‘ma mi avevano detto che’.

Tutti con le mani sporche di marmellata, tutti coinvolti, tutti ingiustificabili: quantomeno nell’ottica dei popoli e delle genti comunque coinvolte, cui viene sempre fatta bere la parte amara del calice.

Cosa è importante, alfine? Cosa è preminente? Cosa possono fare i popoli e le genti d’Europa o d’America o dell’Asia?

Dare una risposta non è semplice, specie di fronte a una gran parte di umanità vessata da quei satanassi dagli gnomi dell’economia e della finanza che, con una certa abilità iniziale – oggi divenuta arrogante spavalderia – ha costruito l’inferno che stiano vivendo.

E che sta facendo di tutto affinché, qualora il loro piano pluriennale non dovesse andare in porto, dietro di loro lascino tali e tante macerie da rendere più che difficile la ‘ricostruzione’ a chi dovesse venire dopo di loro.

I demoni che sempre più numerosi e satolli si incontrano a Pandemonio, stanno pascendosi delle anime peggiori, blandite, circuite, fagocitate da un Male rabbioso, del tutto inumano, ma che ha potuto allignare anche grazie alla pochezza di quanti, ignavi, si sono posti ‘alla finestra’, non solo aspettando ma anche contando che qualcun altro togliesse le castagne dal fuoco, per loro: così contribuendo a far incancrenire le cose.

Rinnovo l’interrogativo: cosa è importante, alfine? Cosa è preminente? Cosa possono fare i popoli e le genti?

Dobbiamo solo ‘armarci’ delle armi del pacifismo concreto lo stesso che trovò in Gandhi il suo precursore, mobilitandoci pacificamente per la PACE. Chiedendola a gran voce, pretendendola, obbligando chi governa ad abbandonare percorsi di morte, di povertà, di fame, di distruzione morale e materiale, di miseria morale oltreché materiale, per riappropriarsi di quella DIGNITA’ che è ingrediente indispensabile nella struttura concettuale e pratica della parola LIBERTA’, e senza la quale anche la DEMOCRAZIA sarebbe mero e inconcreto enunciato.

«Non sappiamo che cosa ci sta accadendo, ed è precisamente questo che ci sta accadendo»

La frase di José Ortega y Gasset, riassume perfettamente la nostra condizione in questo tempo storico.

La nostra incapacità nella comprensione del presente, dipende da una crisi del pensiero o da una sorta di abulia generalizzata?

La risposta è solo dentro di noi, dentro ciascuno di noi. Non aspettiamo l’imbeccata da altri, perché potrebbe essere anch’essa tossica. Costruiamo la nostra realtà, costruiamo la nostra vita, costruiamo la nostra quotidianità: mondandola dalle tossine e dalla corruttela che l’hanno pervasa!

 

 

 




Dante poeta immortale muore ogni giorno…

“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”, questo è forse uno dei versi danteschi più conosciuti.

E, senza ombra di dubbio, uno dei più frequenti utilizzati dagli studenti ed appeso sulla porta dell’aula, per suggerire, con simpatica ironia per loro e malcelato sarcasmo per i prof, di non varcare quella soglia, perché, dentro, dietro quella porta, ci potrebbe essere una situazione scomoda o per segnalare attività od iniziative che potrebbero essere inutili o di difficile successo, definendo il tutto “senza speranza”.

Stasera, annichilita dalla maestosità del film “Dante” di Pupi Avati, mi sono vergognata, come italiana, dello scempio fatto alla figura di Dante, non dalla storia contemporanea al Sommo Poeta, ma da noi, suoi connazionali, a più di 700 anni dalla sua morte.

Dante è morto il 4 settembre 1321 a Ravenna. Noi siamo ad ottobre 2022, sempre in Italia.

Dante è stato davvero un profeta, un grande visionario della grandezza e della miseria della nostra nazione.

“Ahi serva italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello”.

Quanta amara verità e quanta sublime lungimiranza esprimono le parole scritte da Dante più di sette secoli fa.

Il film di pupi Avati è uno squarcio nell’anima, per chi, come la sottoscritta, è cresciuta a pane e Dante.

Figlia di insegnanti ed ora a sua volta docente, deve ammettere che, non solo la politica, ma persino la cultura contemporanea, non rendono merito a Dante.

Povera Italia in cu,i oscurantismo cattolico e propaganda politica, si abbinano a faziosità vuote di senso.

Povera Italia, ex-Patria, in cui volti e nomi vendono la loro immagine al posto di dire la loro voce.

Povera Italia, in cui Dante è sempre più scomodo e, dunque, insegnato poco e male nell’attuale scuola italiana.

Ai tempi di mio padre, professore di lettere nelle medie, Dante veniva insegnato insieme a Petrarca, Boccaccio, Foscolo, Manzoni e Leopardi. Io, dunque, da bambina, a tavola, lo sentivo recitare a mena dito interi canti della Divina Commedia, sentivo parlare di Virgilio, Caronte, Minosse, Paolo e Francesca, Farinata, Pier delle Vigne, Ulisse, il conte Ugolino, come se fossero delle persone reali, quasi dei vicini della porta accanto.

Diventata studentessa alle medie, ho sentito parlare di Dante, ma niente di più. E’ stato poi, al liceo, che ho avuto la fortuna di studiare e di apprezzare Dante.

Perché il viaggio nell’oltretomba di Dante è allegoria del viaggio sulla terra di noi comuni mortali.

Ed insegnare e studiare Dante, significa apprendere a vivere.

Adesso che sono io insegnante, con quasi 35 anni di esperienza nelle scuole medie e superiori italiane, vi posso garantire che Dante è morto e sepolto nella nostra scuola.

Sì, qualcuno al liceo, lo studia ancora, ma non come dovrebbe.

Anche ai miei tempi la versione scolastica di Dante era un poco diversa e molto meno umana e psicologica di quella fornita dal film di Pupi Avati. Ma almeno, tutti o quasi tutti, sentivano parlare di Dante.

Ed indipendentemente da censo e cultura, i valori danteschi scendevano nell’animo delle future generazioni. Erano un po’ come dei semi che, in terreno fertile, potevano dare grandi frutti.

Ma il diritto all’istruzione, sancito dall’art. 34 della nostra Costituzione, ed il successivo percorso di democratizzazione della scuola italiana, anziché, finalmente, portare la cultura al popolo, hanno mancato l’obiettivo.

Ora per chi, come la sottoscritta, la scuola, la vive dal di dentro e per davvero, Dante è ogni giorno morto e sepolto nel nostro sistema scolastico.

Scuola italiana che ha inflazionato la cultura, svenduto il diploma, imbrogliato l’utenza. La scuola dei fondatori della nostra Patria, credeva in Dante e ne avvalorava il messaggio. La scuola del “finalmente aperta a tutti”, credeva nella possibilità di formare le nuove generazioni trasmettendo loro i principi illuministici di liberté, égalité e fraternité.

Bene, la nostra attuale scuola, per tutti ed a qualunque costo, è diventata un sanatorio sociale, un riformatorio adolescenziale, un babysitteraggio gratuito. Ed un cavallo di battaglia politico.

Per questo il film “Dante” di Pupi Avati, la versione umana di Dante, ma anche e soprattutto il suo messaggio universale dovrebbero farci riflettere e pensare “Fu vera gloria? (quella di Dante) “Ai posteri, l’ardua sentenza”.

Per questo il film di Pupi Avati mi ha lasciato annichilita.

Firenze ha mandato in esilio Dante, vivo, il 10 marzo 1302.

L’Italia, nella sua pseudo cultura e nella sua vergognosa politica lo manda in esilio, da morto, ogni giorno sempre più nel 2022.

Ma, l’importante, è, che, a scuola, nessuno ci apra gli occhi…