Graffi … di ordinaria succubanza.

Dopo la preordinata e strumentale mobilitazione della gente di Cutro all’arrivo dei membri del Consiglio dei Ministri, con tanto di cartellonistica ad hoc (stessa copisteria, stesso cliché…), con tanto di grida ‘assassini’, neanche riservate ai peggiori autori dello scempio sanitario-sociale ed economico chiamato ‘pandemia’, provenienti da gente schierata in modo apparentemente strano, come fossero delle comparse piazzate ad arte, ho sentito dispiacere per la gente di Calabria: sempre ospitale, pronta e generosa.

Che mi appariva come impegnata in una parte non sua.

Sulla spiaggia di Cutro continua tuttora l’happening rosso che ne ha fatto un motivo di agitazione e propaganda.

Intanto, interpretando le vicende italiane come una sorta di ‘via libera, tanto ci difendono’, si sono intensificati gli sbarchi.

Anche se il mainstream continua a sostenere la tesi dei ‘poveri’, dei ‘poverini in cerca di fortuna’ e quant’altro di lacrimevole, la realtà è che questi soggetti che emigrano in clandestinità pagano cifre che vanno dai 6.000 ai 12.000 euro (così si legge dalla stampa varia): cifra ragguardevole per chi proviene da economie modeste o modestissime.

Quasi sempre arrivano privi di documenti, con una notevole presenza di minorenni non accompagnati a bordo (che fine fanno? chi è che li ‘raccoglie’?), sono restii a farsi inquadrare dalle telecamere.

Considerando che i ‘motivi umanitari’ sono sempre più flebili, è sempre più evidente che ci si trovi davanti a una vera e propria pianificazione, sostenuta dalla malavita internazionale e che include necessariamente collegamenti di questa con quella dei luoghi di approdo.

I meccanismi di ospitalità e mantenimento danno luogo a processi di sfruttamento ulteriore del fenomeno: uno sfruttamento estremamente avido e lucroso.

Il Governo Italiano deve far sapere che, esclusivamente tramite i propri uffici consolari, è disponibile a valutare e accogliere richieste di asilo anche temporaneo per cure mediche (accertate e documentate, avallate da enti governativi dei paesi di provenienza) per sé o familiari conviventi, richieste di lavoro anche non particolarmente qualificate (ad esempio, braccianti, colf, assistenza agli anziani senza requisiti infermieristici o medici), e quant’altro.

Solo per gli elementi ammessi a godere di un permesso di soggiorno inizialmente temporaneo, sarà ammesso il ricongiungimento familiare con il coniuge e/o i figli, sempre che nel periodo la persona non abbia violato la legge e gli obblighi connessi al suo status. Stesse procedure per motivi di studio.

Essenziale la conoscenza della lingua italiana e il possesso di documenti originali rilasciati dal paese di provenienza.

Ammessi i visti turistici per massimo 30 giorni, previa costituzione di un deposito cauzionale di 3.000 euro, tale da consentire la copertura delle spese di rimpatrio: importo che sarà confiscato in caso di irreperibilità del soggetto.

Gente che arriva senza documenti o passaporti, bambini e adolescenti che giungano non accompagnati, in sintesi tutti quei soggetti che alimentano la tratta di esseri umani, devono rimanere nel proprio paese.

Una norma di questo tipo, non farebbe gridare allo scandalo, né potrebbe dar luogo a critiche di razzismo o discriminazione.

Io accolgo secondo le mie regole e la mia legge, così come fanno tutte le nazioni: per il resto, ti posso salvare (se continui ad arrivare clandestinamente) ma ti rinvio subito al tuo paese.

In 24 ore.

Questo si chiama ‘ordine’ e rispetto delle leggi: potrebbe diventare un appunto utile per chi amministra? O dobbiamo continuare a sentirci complici di questi mercanti senza scrupoli?




Graffi … ansiosi

 

ANSA del 4 Marzo “Trovato un gabbiano positivo all’aviaria on Trentino”, Zanotelli “stiamo monitorando la situazione”.

Fin qui la notizia.

Ma… che ANSIA… conviviamo da almeno 25 anni con l’aviaria!

Cautele? Prevenzione igienica e sanitaria? Si, certo…

MA BASTA, SOLO E SEMPRE ALLARMISMO E TERRORE!!!

Volete prepararci alla distruzione massiccia di animali, alla chiusura di centinaia di allevamenti, sempre per il “””nostro bene”””?

Volete farci mangiare per forza roba schifosa utile solo a fare arricchire qualche vostro amico o sodale?

Ditelo chiaramente!

Che ANSIA!!! Avete una qualche notizia che da una delle solite, possibili, probabili “””valigette nere””‘” in giro per il mondo, si sia diffuso un altro virus dannoso (stile Wuhan)? Ditelo chiaramente… Che ANSIA!

O forse questo giova a non poter fare a meno di dare all’ OMS quei poteri dalla stessa sollecitati propedeutici ad avere assoluta discrezionalità su pandemie & caos sanitario, con poteri – essa che è ente privato almeno al 70% – superiori a quelli degli Stati?

Che ANSIA !




Si vis pacem para bellum?

CARA REDAZIONE TI SCRIVO … AIUTAMI A CAPIRE

Mi ha colpito una fresca citazione (LaPresse): “Recentemente, a una delle brigate delle forze armate dell’Ucraina, è stato dato il nome di ‘Edelweiss’ come la divisione nazista che ha partecipato alla deportazione degli Ebrei, all’esecuzione di prigionieri di guerra, in operazioni punitive contro i partigiani di Italia, Jugoslavia Cecoslovacchia e Grecia”.

Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso ai parlamentari dell’Assemblea Federale alla Gostiny Dvor a Mosca.

“I veicoli corazzati ucraini sono contrassegnati con segni di identificazione della Wermacht della Germania nazista”.

I neonazisti non nascondono di chi si considerano eredi. È sorprendente che nessuno di coloro che sono al potere in Occidente se ne accorge”, ha aggiunto Putin.

Premetto utilmente che aborro le guerre, tutte, considerandole inumane e strumento arcaico e quindi violento e sanguinario.

Ma ritengo che sia sempre importante CAPIRE: ovverosia, non si può andare su o giù, a destra o al centro, solo perché lo possa dire un capobranco… occorre quindi CAPIRE, cercando le notizie e approfondendole.

Negli ultimi cinque giorni, da Kiev – più che altrove – echeggiano parole tronfie, vanagloriose, colme di odio, interesse, menzogne sovrapposte a una deriva storica tremenda.

Oggi, a parlare di guerra e a parteciparvi sono soggetti che di guerra non hanno un vissuto – così come accadde per i nostri padri o i nostri nonni, che ne portavano ancora addosso l’eco tragica ed i lutti .

Politicanti, affaristi, contractors e assassini in doppiopetto, agiscono e parlano senza minimamente pensare che oggi nessuno possa e debba sentirsi in luogo ‘sicuro’ o ‘protetto’: bombe e missili possono ormai arrivare dappertutto e possono uccidere dappertutto.

Quindi, che prima di parlare, riflettano e formino pensieri basati sulla Storia: su quella Storia che quasi certamente non hanno appreso compiutamente dai libri scolastici o che hanno appreso per sentito dire o ‘a dispense’ (di cui, evidentemente, hanno saltato molti numeri).

C’è chi vuole formare una ‘invincibile armata’ ? Genti avide o ignoranti plaudono? Bene.

Ma che si dica e si sappia che la contropartita sarà speculare: si formerà in contrapposizione un’altra coalizione, di segno – anche e soprattutto militare – opposto e contrario.

Quindi?

È evidente che non sia questa la soluzione, come non lo è la barbarie della guerra, o la barbarie di un frettoloso riarmo che sottragga pane, risorse e futuro tanto ai padri che ai figli di questa società martoriata quotidianamente da diabolici cialtroni, che – incapaci di costruire – distruggono tutto.

Soprattutto ‘valori’, ‘tradizioni’, ‘risparmi’, ‘economie, ‘ideali’ e ‘famiglie’.

Tutto ciò che, in estrema sintesi, costituisce la vera solidità e l’affidabilità di una nazione.

L’unica soluzione è riposta nella PACE, da ricercare immediatamente con un lavoro concreto e veritiero di diplomazie, capi di governo e stati.

E se vi fosse ancora chi possa teorizzare guerre di logoramento militare o sfiancamento economico (“durerà altri 20 anni!”) o lasciarsi andare a dichiarazioni senza senso (del tipo “non è ancora il momento per trattare”) o “loro cattivi, noi buoni” (nelle guerre di tutti i tempi, alla fine sono tutti cattivi e perdenti, considerando che il sangue dei vincitori si mescola a quello dei vinti: vince chi perde meno e può raccontare la ‘sua’ guerra con la ‘sua’ enfasi narrativa), dico: se vi fossero ancora soggetti così, rottamiamoli e gettiamoli alle ortiche, poiché sono dei folli.

Che si cerchi la PACE a ogni costo, che scoppi la PACE!

 




Graffietti …

Monaco nefasta.

Conferenza (per la guerra?).

Ascoltando/leggendo dichiarazioni surreali, viene da chiedersi: ma stanno bene?

Sono lucidi o ipnotizzati?

C’è chi pensa di arricchirsi producendo armi o altri giocattolini bellici?

Perché non hanno il coraggio di chiedere ai Popoli cosa vogliono fare, con un referendum in tutta l’Europa?

E’ l’elasticità italiana, nostro vanto ma anche limite.

Ho vissuto in Inghilterra ed in Svizzera (tedesca) e conosco la mancanza di creatività e l’incapacità di fronteggiare situazioni impreviste.

Però poi tutto funziona, anche se al più piccolo inciampo, tilt.

La creatività è scoraggiata, la scuola repressiva, il tanto declamato college Eton è un liceo classico del tutto omologo (e forse non a livello) ai nostri licei romani.

Però dobbiamo decidere, continuare a vantarsi della nostra (indubbia) intelligenza o quanto meno prontezza di spirito, oppure decidere di far funzionare le cose, avere comportamenti più sociali e conservarla, la nostra capacità di sopravvivenza, ma accettare che esistono le regole ed alcune si possono anche rispettare




Cara Redazione ti scrivo…

Cara Redazione ti scrivo…

Monaco, Conferenza sulla sicurezza.

Macron: “Non è il momento di trattare, Kiev combatta fino a costringere Putin a trattare”; Sunak: “La Nato cambi il trattato per sostenere Kiev”. Zelensky: “Se vince, Mosca punterà le armi sui Paesi vicini”.

Come possiamo apprendere NESSUNO A MONACO SEMBRA VOLERE LA PACE: o non è il momento (di grazia, quando sarebbe il momento?); o si vogliono cambiare le regole (di solito, lo chiedono/fanno i bambini quando perdono nei loro giochini); o si raccontano balle (le armi di tutti sono puntati su tutti, dai tempi della classica ‘guerra fredda’); o, ancor peggio, si sostiene di voler battere la Russia per farne uno spezzatino attraverso una riduzione territoriale.

Quindi?

Ancora si vuol fare credere a una e una sola narrazione, del tipo “noi buoni, loro cattivi?”.

Ancora vogliamo affamare i popoli europei spingendoli/obbligandoli al riarmo, al munizionamento? Una volta ci sarebbero state le barricate nelle piazze, al grido di “più pane, niente cannoni”.

Se gli USA e la GB vogliono continuare nel loro sostegno militare CONTRO la Russia e poi CONTRO la Cina, lo facciano: a loro spese e a loro rischio (tanto, stampano moneta a ritmo vertiginoso…). E ricordino alla NATO, i capi di governo/stato, che essa è uno strumento DIFENSIVO e non OFFENSIVO. E neanche offensivo per “prevenire” un possibile, eventuale, potenziale, attacco.

CHE SCOPPI LA PACE e che ciascuno si ASSUMA LE PROPRIE VERE RESPONSABILITÀ SENZA COINVOLGERE GLI ALTRI, specie attraverso la MENZOGNA.




E’ sempre meglio ricordare…

Oggi si celebra IL GIORNO DEL RICORDO.

Una solennità dedicata a ricordare le vittime dell’odio, italiane, gettate vive o moribonde dagli jugoslavi di Tito nelle crepe carsiche dette ‘foibe’.

Gli oltre 350.000 italiani, profughi di quelle terre, spinti alla fuga dalle loro terre cadute in mano dei comunisti titini, dovettero abbandonare ogni cosa, dirigendosi in massa verso l’Italia.

È Storia che troppi furono gli italiani, intrisi e corrotti dall’ideologia comunista, che negarono ogni aiuto: persino negando la sosta nelle stazioni, negando l’acqua ai bambini e agli anziani, a tutti.

Drammi collettivi e individuali leniti – nel tempo, e solo in parte – dallo slancio e dalla generosità di Italiani che aiutavano altri Italiani, più sfortunati di loro.

Quanti uccisi così barbaramente e gettati nelle foibe, furono ritrovati alcuni anni dopo, e il recupero dei corpi suscitò dolore e sdegno negli Italiani. Il governo italiano insediatosi nel dopoguerra si era impegnato a corrispondere aiuti a quanti tutto avevano dovuto abbandonare in mani nemiche. Ma la “pratica” è ancora aperta, nonostante gli impegni solenni.

Quelli che sono qui sotto riportati, sono i pensieri di un Italiano, legato da sentimenti patri e famigliari a quegli Italiani cacciati da terre italiane cedute a mani ostili e avverse.

Le sue lucide, scarne ma pesanti parole, sono frutto dei suoi ricordi diretti: scavano drammaticamente, ancora oggi, l’animo di chi legge condividendo sofferenze e delusioni di altri nostri Fratelli Italiani.

Ma anche una ricorrenza solenne che deve aiutarci a cacciare dalle menti, dai cuori, dalle labbra, la parola “”guerra””: fin troppo frequentemente usata, in questi ultimi tempi.

Occorre lavorare per la PACE, respingendo ogni tentativo di fare passare le guerre ora come buone ora come cattive.

Le guerre tali sono, con tutti ciò che di tragico e luttuoso trascinano con sé.

L’Italia ripudia la guerra, recita solennemente la nostra Costituzione: ma la guerra, ogni guerra, è un puzzle composito, con mille sfaccettature.

Deve invece SCOPPIARE LA PACE, riconducendo gli Uomini dall’odio (troppo spesso immotivato) verso un Amore Universale condiviso con animo fraterno.

Questo è l’unico modo degno per celebrare le vittime di tutte le guerre. Che il grido possente MAI PIÙ GUERRE salga possente nel Cielo, riecheggiando di valle in valle.

 

————–
Mio bisnonno, italiano d’Istria, fu deportato sotto l’Austria nel campo di Katzenau, vicino Linz

Mio zio, della Regia Marina, rifiutandosi di collaborare coi tedeschi fu deportato allo Stalag B, tra Germania e Polonia.

Mia mamma, perché espresse compiacimento per Trieste italiana, fu incarcerata dalla polizia politica Yugoslava, la famigerata OZNA.

Mio padre, fuggito in quanto italiano dalla Yugoslavia, è stato sbattuto tra un campo profughi ed un altro fino ad arrivare nell’orfanotrofio di don Orione, a Roma.

Io e mia sorella, coi miei genitori, abbiamo vissuto al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma in una casa popolare di 48 mq per 30 anni.

Non una vita, ma tre generazioni in salita.

Antonio Ballarin




Il feroce riscatto di Lavarini

Intervista al Barone Roberto Jonghi Lavarini, a seguito della notizia d’archiviazione del caso “lobby nera” di fanpage.

Il caso riguarda i presunti fondi illeciti a Fratelli d’Italia, per mano di Roberto Jonghi Lavarini, di Carlo Fidanza e di altre persone appartenenti alla destra milanese.

Il caso è nato da cento ore di riprese video, girate durante momenti conviviali o culturali degli indagati.

Ecco perché questa intervista, una delle prime rilasciate in esclusiva, dopo la notizia di archiviazione potrebbe essere intitolata 

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: TANTO RUMORE PER NULLA

La Procura della Repubblica di Milano ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione per gli otto imputati nel procedimento aperto in seguito alla pubblicazione dell’inchiesta Lobby Nera del team Backstair di Fanpage.it.

 

Che effetto le fa sapere che l’indagine è sul punto di essere archiviata?

Eravamo certi della nostra innocenza ma in Italia non si sa mai, invece, dobbiamo constatare che sia la Guardia di Finanza che la Magistratura di Milano hanno svolto il loro dovere con serietà e correttezza, senza farsi influenzare da pregiudizi politici e ideologici, appurando, dopo dodici mesi di attente indagini (perquisizioni, sequestri di documenti, cellulari e computer, pedinamenti e intercettazioni) che non è stato commesso alcun reato, punto!

È stata solo una infame operazione politica fuorilegge di spionaggio, infiltrazione, tentata corruzione, diffamazione aggravata a mezzo stampa, contro la destra italiana.

Roberto Jonghi Lavarini e l'avvocato Ruggieri
Roberto Jonghi Lavarini e l’avvocato Ruggeri

Ha ricevuto, o avete ricevuto dagli esponenti di Lega e Fratelli d’Italia, che fingevano di non conoscervi, delle scuse ufficiali, o quantomeno delle telefonate per complimentarsi con Voi?

In realtà, a parte qualche tragicomico scivolone iniziale, nessuno ha poi più continuato a negare l’evidenza, ovvero che, sia nella destra italiana (direi europea) che nell’ambiente politico milanese sono conosciuto da tutti. Comunque, in questi mesi, senza fare nomi, sono rimasto in costante contatto con i massimi vertici di Fratelli d’Italia, ma anche della Lega e di Forza Italia. Alcuni di loro, oggi al governo, mi hanno espresso anche la loro solidarietà e oggi la loro felicitazione per l’archiviazione.

Sappiamo che non è nuovo a momenti di goliardia tra amici e conoscenti, e che spesso i media, dalle Iene, a la Gabbia e ad altre trasmissioni legate a certe correnti politiche, vi usano come bersaglio. Si è fatto un’idea del perché e per quale motivo, tra i tanti politici corrotti, vengono ad attaccare proprio lei, che pur facendosi chiamare “barone nero” risulta essere un “barone bianco in mezzo a lupi neri rapaci?”

Tutti conoscono, nel bene e nel male, la mia giovialità e cameratesca goliardia, quanto la mia militanza libera, coerente e disinteressata.

Certamente io non ero l’obiettivo ma solo l’aggancio e lo strumento per attaccare Fratelli d’Italia, in particolare e non a caso, proprio l’onorevole Carlo Fidanza che era capo delegazione al Parlamento Europeo e Responsabile Esteri del partito, su posizioni tradizionali di destra sociale. Io credo che qualcuno abbia voluto correggere la rotta, esattamente come è successo con
Gianluca Savoini e la Lega

Anni or sono venne eletto presidente di zona 3 a Milano. Le va di raccontarci un po’ della sua esperienza politica?

Ho 50 anni di età anagrafica e 36 di ininterrotta attività politica, sempre a destra.
A 14 anni mi sono iscritto al Fronte della Gioventù di Via Mancini, del quale sono stato commissario cittadino, poi dirigente provinciale del MSI di Giorgio Almirante, dirigente regionale di Alleanza Nazionale, segretario cittadino e dirigente regionale della Fiamma Tricolore di Pino Rauti, per dodici anni consigliere di zona di Milano e per una legislatura presidente a Porta Venezia.
Poi indipendente di destra, ho sostenuto, negli anni, varie iniziative movimentiste e candidati del Popolo della Libertà, della Lega e di Fratelli d’Italia, partito con il quale sono stato candidato e primo dei non eletti, alle elezioni politiche del 2018.
Altro che sconosciuto marginale: se non ci fosse stata questa inchiesta, oggi sarei certamente deputato in parlamento… Ed anche oggi, diversi candidati alle elezioni regionali lombarde e non solo, hanno chiesto il mio appoggio elettorale.

Pensa di fondare un partito politico o di candidarsi in futuro per il bene della sua città?

I partiti veri non ci sono più, da tempo, perché la politica e le istituzioni elettive contano sempre meno, come il popolo elettore. Non intendo certo fondare un nuovo partito ma sono fedele sostenitore del MSE (Movimento Sociale Europeo – Eurasia, piccolo ma storico movimento politico culturale, apartitico e transnazionale, rifondato nel 2000 da Roberto Bigliardo e Guido Mussolini, con la benedizione di Jean Marie Le Pen). Alle elezioni scegliamo, di volta in volta, la lista e il candidato migliori da votare.

Quali sono, secondo Lei, i valori da promuovere in una città come Milano? Quali benefici e innovazioni apporterebbe se venisse eletto a qualche carica?

Milano funziona da sola, da sempre, grazie al laborioso popolo ambrosiano.

Una buona amministrazione dovrebbe semplicemente assicurare a tutti i suoi cittadini, una città più efficiente, sicura e pulita.

La giunta comunale dovrebbe promuovere grandi opere ma lasciarle fare ai privati, pensando invece alla ordinaria amministrazione, concentrandosi a sistemare degnamente scuole e asili, case popolari, le buche nelle strade, senza aumentare il costo dei mezzi pubblici e senza massacrare i milanesi con multe inutili, date solo per fare cassa.

Detto questo, sinceramente, oggi non penso proprio a candidarmi, da nessuna parte…

Carlo Fidanza, Chiara Valcepina, Roberto Jonghi Lavarini
Carlo Fidanza, Chiara Valcepina, Roberto Jonghi Lavarini

Progetti per il futuro?

Tanti ma di carattere culturale e professionale.

È noto che la mia seconda passione, insieme alla politica, siano gli ordini cavallereschi e l’araldica, le tradizioni che rappresentano l’anima profonda e spirituale della nostra civiltà eurasiatica cristiana…

E in questo momento storico ed escatologico, luci di speranza e rinascita le vedo solo nell’oriente ortodosso, ancora così solido e fortemente identitario…

E anche professionalmente, ad est, vi sono tante opportunità economiche e di sviluppo per i nostri imprenditori.

Ma il mio sguardo geopolitico futurista guarda anche all’India, alla Persia e all’Africa, dove ho solidi contatti, a riprova di chi mi accusa di essere razzista o xenofobo.

Prima di concludere, se vuole, ci lasci una massima o un motto, in modo da far appassionare i nostri lettori o ci dica qualcosa in più su di sé

Ragionate con la vostra testa, e siate protagonisti delle vostre scelte e del vostro futuro, amate la Patria e i Valori Tradizionali, e siate sempre pronti a difendere le Vostre Idee e i Vostri Ideali, quando questi siano Giusti e Onorevoli.




Riprenditi presto, Ornella!

È di pochi minuti fa la notizia dell’annullamento del concerto della nota cantante Ornella Vanoni previsto per venerdì 3 febbraio alle ore 20:45 al Palazzo dei Congressi a Lugano.

L’organizzatore Denis Mazzotta ci fa sapere che lo Show “Le Donne e la Musica” è stato cancellato a causa dell’indisposizione dell’Artista e che non è prevista una data sostitutiva.

Questo il comunicato stampa: “La signora Ornella Vanoni presenta uno stato febbrile che la rende impossibilitata nella realizzazione della tappa del tour ‘Le Donne e la musica 2023’, programmata per la data 03/02/23 presso il Palacongressi di Lugano.”

Quella di domani sera sarebbe stata l’ultima tappa di una tournée che ha visto la Signora della canzone d’autore italiana, accompagnata da un ensemble di cinque musiciste, girare l’Italia cantando e raccontandosi ai suoi amati fan.

Colgo l’occasione per invitarvi a leggere l’articolo dedicato all’Artista, da noi pubblicato proprio ieri.

A Ornella va l’augurio mio e di tutta la Redazione di Betapress.it, di una prontissima guarigione.

 

 

 

 

 




Il coraggio eroico di Ornella Vanoni

 

Il 3 febbraio prossimo, al Palazzo dei Congressi di Lugano, farà tappa l’imperdibile show di Ornella Vanoni: “Le Donne e la Musica”.

Ad accompagnare la Signora della canzone d’Autore italiana, una piccola orchestra di cinque musiciste d’eccellenza: Sade Mangiaracina (pianoforte e arrangiamenti), Eleonora Strino (chitarra), Federica Michisanti (contrabbasso), Laura Klain (batteria), Leila Shirvani (violoncello).

Il concerto è un’ottima occasione per riascoltare – oltre ai più recenti – i motivi che ne hanno decretato il successo nel mondo godendo, tra un brano e l’altro, del suo schietto modo di raccontarsi.

“Unica”

Ornella Vanoni, oggi, è limpida espressione e compendio di una vita vissuta con audacia alla scoperta di se stessa e dei suoi straordinari, multiformi Talenti. Il suo percorso umano e artistico, eccezionalmente ricco e longevo, è costellato di mete riservate a pochi. Comunque, in quasi settant’anni di carriera, di lei è stato scritto e detto tutto. Mi chiedo come sia possibile renderle omaggio, tenendo desti i lettori fino all’ultima riga dell’ennesimo articolo a lei dedicato. 

Ebbene: rivisitando alcuni momenti della sua vita alla luce del “Viaggio dell’Eroe” di Vogleriana memoria, ho individuato tre degli ingredienti del suo Successo: il Coraggio, l’Amore e l’Autoironia. Valori tutt’altro che scontati, che possono ispirare anche noi a trarre il meglio dall’esperienza che chiamiamo “vita”.

“Il Coraggio”

In ogni Viaggio dell’Eroe che si rispetti, non è facile all’inizio. Timidissima, insicura, ignara del proprio potenziale, O. non sa che fare di sé. Parla cinque lingue ma si sente “ignorante”. Eppure è già dotata di tutte le risorse necessarie per realizzarsi in pieno nella sua Identità più vera. C’è già tutto! Deve solo prenderne atto. “Non avevo nessun fuoco – racconta in un’intervista – ero inconsapevole di qualsiasi talento … Ero una ragazza da inventare.” 

“Hai una bella voce, perché non fai l’attrice?” le dice un giorno un’amica della madre. Se la vita è un groviglio di strade tutte virtualmente praticabili, a ogni incrocio c’è un segnale e sta a noi interpretarlo e prendere la giusta direzione. Ornella prepara la poesia “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” di Cesare Pavese e un pezzo dell’Elettra di Sofocle. Quindi si presenta all’esame di ammissione alla scuola del Piccolo Teatro. Davanti a sé ha dei “giganti”: oltre al regista Giorgio Strehler, ci sono l’impresario teatrale Paolo Grassi e l’attrice Sarah Ferrati che, dietro all’impaccio e alle interruzioni dell’aspirante allieva, percepisce “qualcosa”. Infatti, viene presa.   

È con Strehler che Ornella intraprende il Viaggio alla scoperta di se stessa. “Ragazza da inventare”, in lui trova un maestro, un mentore, un uomo nel cui abbraccio sentirsi al sicuro. Per usare una metafora a lei cara, è un pezzo di legno che, nelle mani del suo Geppetto, si lascia trasformare in Pinocchio.

Il Piccolo Teatro è una ventata di cultura per la giovane Ornella. Parla pochissimo. Ascolta. Osserva. Assiste alle prove dei “grandi”, rubandone gesti e intonazioni. Impara. Cresce in fretta.

Ma la prova più grande da affrontare è il dissidio interiore fra la sua timidezza e una “missione” che la vuole sotto i riflettori, esposta all’attenzione, alla curiosità e al giudizio del pubblico.

Di questo Strehler è consapevole fin dall’inizio: “Amore hai un grande talento ma se sali sul palco è un miracolo, perché non hai i nervi per fare questo mestiere.” Il regista ha un’idea geniale: creare per lei un personaggio su misura. Nasce la “ragazza della mala” e un repertorio di finti traditional, in uno dei più famosi falsi storici della canzone italiana.

L’immagine della cantante intellettuale, dai modi scostanti e dall’aria un po’ snob è costruita, certo, ma funzionale a coprire la sua insicurezza. D’altra parte il pubblico, incuriosito, si lascia ammaliare dal suo fascino naturale, da questa sua moderna bellezza e soprattutto, da un timbro di voce unico al mondo. (A me ricorda tanto il sax soprano). 

Negli anni a seguire il cliché della cantante della malavita le sta stretto. La nostra eroina lascia il porto sicuro del Piccolo Teatro, il suo “creatore” e i suoi eccessi. Ha paura? Probabilmente sì. Ma è più forte in lei il desiderio di cimentarsi in cose nuove: la canzone d’autore, il jazz, il Brasile …

Seguono anni d’ansia, notti insonni, tre crisi depressive. Alla fine, la Vanoni si arrende al suo destino di eclettica Artista. “A un certo punto mi sono detta: ‘Magari sono brava’”. È la resa essenziale alla vittoria. 

Gli strepitosi risultati da lei ottenuti in campo teatrale, musicale, televisivo e cinematografico, sono tutti in rete.   

Ciò che di lei qui mi preme evidenziare è l’aver risolto, nel tempo, l’interiore incoerenza fra essere e apparire. Il duello fra paura e coraggio che assorbiva così tanta energia, ormai è un lontano ricordo. Basta ansia, insonnia, depressione! Non ce n’è più motivo.

“L’Amore”

Probabilmente è stato il padre a ispirare, in lei, la sua prima idea di Amore.

Di lui conserva, indelebile, il ricordo dell’eroe che, nel suo cappotto grigio, la prende per la vita e porta in salvo facendole scudo con il corpo, in una Milano sotto i bombardamenti. 

Quella del padre per la figlia è la forma d’amore più puro. Esistono, tuttavia, varie forme d’amore, come vari sono i personaggi che lo interpretano.

Strehler è il mentore, la guida, il faro nella nebbia. “Hai vent’anni, arriva il tuo maestro che è un genio assoluto e ti dichiara il suo amore. Che fai, non ti innamori?” Alzi la mano chi non si è mai innamorata del proprio professore, a scuola! 

Gino Paoli è l’amore irraggiungibile per cui lottare. “È stato un casino, un amore molto travagliato e forse ho amato Paoli così tanto proprio per questo. Non lo possedevo, non lo avevo” – confessa Ornella al giornalista  Malcom Pagani per Vanity Fair – “Quando non hai una persona sei portato a credere che l’amore più grande sia quello che ti fa soffrire di più. E invece, caxxo, dovrebbe essere il contrario. Dovresti amare chi ti rende felice». Qualcuno di noi ci è già passato? 

Lucio Ardenzi è l’errore di percorso che però ti fa un regalo, anzi, due: il debutto in teatro e un figlio. Nel 1960 Ornella si sposa in giallo (a quei tempi il suo colore preferito). Ha ventisei anni, l’età giusta per metter su famiglia. Ma non è vero amore. La verità è che è ancora innamorata di Paoli. Alla nascita di Cristiano, lei e il marito sono già separati. 

Hugo Pratt è l’amore platonico. Anche se tra loro non c’è stato mai nulla a livello fisico, la Cantante lo ricorda come l’uomo più affascinante che abbia mai incontrato. Quando ne parla le si illuminano gli occhi. “Avrei voluto seguire tutta la vita lui e morire vicino a lui” racconta in un’intervista. “E poi quando parlava, quando scriveva, quando raccontava … era un po’ come Borges … non capivi mai quale era la verità, quale era la finzione, quale era l’invenzione … Poi questa sua curiosità … Tu ti sedevi davanti a lui e il mondo era lì.”

Pino Roveredo (scrittore recentemente scomparso) è l’amore intellettuale, poetico, virtuale. “Un amico vero – ha confessato ad Alex Pessotto per “Il Piccolo” – ma quante litigate! La sua era un’intelligenza creativa. Parlare con lui era un piacere”.

Francesco Leto è l’amore non convenzionale. Nonostante i quasi quarant’anni di differenza d’età i due hanno trascorso, nello stesso letto, notti intere a chiacchierare.

Negli anni della maturità, l’amore acquista sfumature bellissime. È l’Amore che abbraccia il Tutto e si fa dolce come un frutto maturo. È l’amore incondizionato che Ornella prova per suo figlio Cristiano e i suoi nipoti Matteo e Camilla. È a loro che è dedicato il suo cinquantesimo disco: “Unica”.

Gesù è l’Amore che sposa, dell’Artista, la parte animica. Riempie, mitigandoli, i momenti di solitudine e malinconia. Riaccende nel suo cuore la speranza. A Ornella piace immaginarlo stanco, la sera, per il tanto camminare. Lei lo accoglie e lo rincorre per casa. Gli lecca i piedi nella certezza che non potrà ammalarsi: dopotutto, per quanto sporchi e impolverati, sono i Suoi piedi!

E poi c’è l’amore per gli amici, pochi ma veri. L’amore per gli ultimi, i vulnerabili, i sofferenti. L’amore che si esprime nell’abbraccio di qualcuno che ti stringe forte. “Perché l’abbraccio scioglie tutti i nodi. Ed è la cosa più bella che esista.”

L’amore per Ondina – il suo barboncino nero – inseparabile compagna di serate da “ragazze sole” trascorse giocando, mangiando, guardando la TV.

E poi c’è l’amore per l’Arte, per la Bellezza in tutte le sue forme e modalità espressive, per la Cultura, la Poesia, la Musica. Riguardo a quest’ultima, la Vanoni non è innamorata di un genere specifico: ama la musica di qualità. E ama il Talento, soprattutto quando è raro e straordinario.

L’Autoironia

Ornella si autodefinisce “spudorata”. Certo, un po’ lo è sempre stata, ma è finito il tempo in cui l’eccesso di franchezza serviva a mascherare il terrore del giudizio o di non essere all’altezza. Oggi Ornella si racconta senza tabù, mettendo in luce le sue umane debolezze, le idiosincrasie, le delusioni … soffermandosi a volte sugli episodi più buffi, o imbarazzanti, che la vedono protagonista. E qui l’autoironia, che è frutto di una piena accettazione di se stessa e del proprio intrinseco valore, la fa da padrona. 

Chi ha avuto la fortuna di conoscerla, di frequentarla per un periodo o anche soltanto di imbattersi in lei in centro a Milano a spasso con Ondina, sa benissimo che è “unica”: unica nella sua coerenza, perché è la stessa persona in pubblico e in privato. 

Oggi è tranquilla, serena, pienamente soddisfatta di sé e delle cose che ha fatto. Non ha alcun rimpianto. “Sono libera, sono lieve. Mi occupo più degli altri che di me stessa”. Meno egotica, più generosa, l’Artista si sente molto più felice di quand’era giovane. Anzi, la sua “vecchiaia” le piace tantissimo!

Il segreto della sua (invidiabile!) libertà di oggi, forse, è nell’aver trovato il coraggio di essere se stessa e, soprattutto, nel non prendersi troppo sul serio. Indubbiamente, basta un pizzico di autoironia per rendere la vita un’esperienza più “leggera” – che non vuol dire superficiale! – divertente e sopportabile, anche nei momenti più delicati. 

Non ci rimane che raggiungerla il 3 febbraio alle 20:30 al Palazzo dei Congressi di Lugano, in occasione dell’ultima tappa del suo concerto “Le Donne e la Musica”. Ascolteremo dalla sua viva voce le canzoni e i momenti che hanno costellato la sua lunga storia di Donna e Artista, rendendola “Unica”. 

 




SEI DOMANDE AD ANGELA UGLIOLA (alias, NJADYR HELGRINDR)

 

D – Angela, nel suo commento in quarta di copertina del suo nuovo libro Esoterismo e Follia, in uscita a Febbraio 2023, per i tipi di Psiche2, leggiamo «La “vita è dunque un gioco di Follia” comunque la si voglia intendere. L’universo è mentale e pertanto è folle egli stesso. Ci vuole una grande Follia per riconoscere tale assunto e altri e diversi gradi di Follia per restare ciechi di fronte all’illusione più grande di tutte: ciò che viene comunemente considerato Vita. In questo mi ritengo doppiamente folle». Direi che è una presentazione e una sottolineatura sintetica quanto ricchissima di contenuti: forse non basterebbero decine di libri ad analizzarla in ogni suo segmento, sfaccettatura, ma credo che lei intenda offrire delle nuove e diverse chiavi di lettura, e quindi un diverso approccio.

R – Nella stessa Introduzione alla lettura del testo, mi ha fatto piacere ricordare la sintesi di un pensiero di Thomas Mann: “Lo sforzo della psicologia del profondo (…) è allo stesso tempo uno sforzo fatto per penetrare nell’infanzia dell’umanità, nel primitivo, nel mitico”.

Oltrepassando la visione comune che si ha di Follia, e discostandomi dall’accomunarla integralmente alla pazzia, ritengo che indagare sulla stessa implichi ricercare le più antiche radici dell’umanità. Studiarne la storia, comporta il rivelare il pensiero più intimo dell’uomo e il suo rapporto con la ragione e il divino nel corso dei secoli. Infine, scrutarne le tipologie aiuta a comprendere le potenzialità dello spirito e le aberrazioni dell’anima poiché per raggiungere Follia occorre sondare i confini più estremi della natura umana.

La Follia è dunque parte integrante dell’essere umano, ed è così radicata in esso che diviene impensabile poterla estirpare dal singolo uomo o dalle società in cui esso vive. Ciò che di lei possiamo dire, con quasi assoluta certezza, è che essa attinge ad un Abisso profondo e sconosciuto, corrispondente al Caos degli inizi filosofici, ad un mondo lontano dall’universo della ragione in cui l’uomo è solito dimorare.  L’uomo non conosce tale fonte originaria a cui la ragione tenta di dare una forma tramite il pensiero, i simboli, le parole, i miti. L’Intelletto ama e definirla irrazionale, inconoscibile, e il vero grande mistero sarebbe da ricercare non soltanto nella natura della stessa ma nella capacità della coscienza di arginare le forze tenebrose, primitive, sconosciute e caotiche sepolte ivi sepolte. E, allorquando l’argine cede, si apre un varco tra le forze della ragione e quelle oscure della psiche profonda; la Follia vi fa capolino, concedendo alle seconde di muoversi come un fiume in piena, la cui forza travolgente rischia di disgregare irrimediabilmente i baluardi      –     ma anche i limiti – della coscienza.

 

D – Converrà che la tematica è estremamente seria quanto ampia e variegata, non alla portata di tutti – salvo il volersi concentrare nell’approccio e nel suo dipanarsi -: qual è la differenza tra ‘follia’ e ‘pazzia’?

R – Grazie per la domanda che ritengo più che pertinente. Certe tematiche vengono normalmente affrontate con un linguaggio il più delle volte accademico o criptico e, dunque, lontano dall’uomo comune. È mia intenzione cercare invece di affrontare determinati argomenti con un linguaggio alla portata di chiunque voglia realmente conoscere il significato profondo dell’esoterismo, senza tralasciare un approccio tecnico e che ci riconduca, in questo specifico caso in cui si narra di follia, alle recenti scoperte delle neuro-scienze.

Per dirla con i toscani, fini ma anche pratici pensatori, la follia va intesa come creatività fuori dalle regole istituzionali, un immenso potenziale, sconosciuto ai più, che non sempre sfocia nella patologia. Mentre la pazzia è una malattia mentale, colma di solitudine e abissale sofferenza.

Ricordando l’etimo del termine folle (dal latino follis: pallone gonfio d’aria), possiamo dire che esso sta a identificare – in modo non di rado spregiativo, anche se profondamente ingiusto – una persona bizzarra, che manifesta le proprie emozioni in maniera eccessiva, ma soprattutto dotata di poco senno o di un criterio di valutazione del tutto singolare e personale.

A questo proposito, trovo significativo citare una riflessione di Michel Foucault nella sua ‘Storia della Follia nell’età classica’, che ci riporta al senso profondo di Follia: “Da ogni parte la follia affascina l’uomo. Le immagini fantastiche che essa suscita non sono apparenze fuggitive che spariscono in fretta dalla superficie delle cose. Per uno strano paradosso, ciò che nasce dal più singolare delirio era già nascosto come un segreto, come una verità inaccessibile, nelle viscere della terra. Quando l’uomo dispiega l’arbitrarietà della sua follia, incontra l’oscura necessità del mondo; l’animale che ossessiona i suoi incubi e le sue notti di privazioni è la sua stessa natura, colei che metterà a nudo l’inesorabile verità dell’inferno; le vane immagini della cieca stupidità sono il grande sapere del mondo”

 

D – Angela, i contenuti del suo libro, nonostante l’apparente leggerezza nell’esposizione – quasi a voler prendere per mano il Lettore – propongono scenari persino audaci. “E se Follia è l’inabissarsi della coscienza, la corruzione della capacità di vedere il mondo e l’isolamento nel delirio allucinatorio, si è davvero sicuri che tali stati appartengano solamente al “malato di mente”?”

R – Sebbene la razionalità possa indurci a rispondere affermativamente, questo testo vuole essere un invito alla riflessione. Per farmi comprendere meglio, vi pongo un’ulteriore domanda: esiste una reale differenza tra un folle inconsapevole di sé e un essere umano che volontariamente ed altrettanto inconsapevolmente resta prigioniero dei propri limiti, dei propri pensieri, delle proprie passioni, delle proprie illusioni, delle proprie false certezze, incurante dell’esistenza di una Verità Suprema che – in quanto tale – è impossibilitato a rincorrere? Ogni essere umano rischia di venire travolto, in modo peraltro improvviso quanto imprevisto, da un’ondata di inconscietà: ciò accade allorquando non riesce a domare ed a tenere a freno le potenti e distruttive forze che risiedono in lui, e che si manifestano tramite emozioni e pensieri incontrollati, piccole fobie, nevrosi, ossessioni, false convinzioni, bigottismo e reazioni a volte ingiustificate. In ognuno di noi dimorano i due cavalli di origine platonica che tirando in due direzioni opposte generano un profondo conflitto oltre a una profonda frattura tra il mondo noumenico e quello fenomenico.

Se è dunque inconfutabile che la follia appartenga ai folli, è altrettanto vero che non esiste uomo che non sia stato sfiorato da lei almeno una volta.

 

D – Citando Erasmo da Rotterdam, nel suo celeberrimo ‘Elogio della Follia’, questi scriveva “La vita umana non è altro che un gioco di follia”.

R – Quante volte, proprio come tracciava Euripide parlando di Medea, si è avuta la sensazione di sapere con una lucidità spaventevole cosa fosse giusto fare ma una forza più forte ci ha sospinti nella direzione opposta e persino contraria.

“So quanto male sto per fare ma la passione dell’animo – che è causa delle sciagure più grandi in questo mondo – la passione dell’animo è più forte in me della ragione”.

È possibile dunque affermare che esiste qualcosa di profondo e nascosto dentro la psiche dell’uomo che rischia di farlo sprofondare in ogni momento nel profondo baratro della ‘follia distruttiva’, ossia della pazzia. Solo pochissimi uomini sono stati, e sono, in grado di tenere a freno queste potenze primordiali, comprese le quali si giunge all’essenza stessa della natura dell’uomo. Mi riferisco ai mistici, ad alcuni grandi iniziati, ai Poeti, ai Profeti…

Così il filosofo Karl Jaspers descrisse, nel suo ‘Genio e Follia’, queste forze primordiali, trattando sulla follia di Horderlin: “La questione si pone altrimenti: ora il pericolo minaccia lo stesso poeta, ne può essere schiacciato, mentre il suo compito è proprio quello di trasmettere agli uomini, con la sua opera, ciò che di mortale vi è nel divino (…) Come Dioniso, che, nato da Semele colpita dal fulmine di Zeus, trasmette il fuoco divino ai mortali nella bevanda benefica, così il poeta accoglie la folgore divina e offre, sotto forma di canto, ciò che sarebbe mortale senza questa trasmutazione”.

Il Poeta rende quindi accessibili agli uomini le potenze primordiali, quelle creatrici del tutto, senza che queste possano disintegrarne l’Io tanto caro, quanto perituro, degli stessi.  Mi riferisco alla Poesia leale ed originaria, la stessa che animò i versi di Omero, Esiodo, Sofocle. Quella che ispirò Horderlin, Strindberg, Goethe, Voltaire, per citarne soltanto alcuni. La stessa che, tramutata in arte, si ritrova tra le trame delle tele di Van Gogh, o nella musica divina di Mozart, Hoffmann e Beethoven, o nelle formule matematiche di Newton, Cardano ed Einstein.

Poesia può dunque accedere alla Follia. Follia, dal canto suo, qualora approdi alle vette più alte, diviene potenza creatrice nonché portavoce di una verità che non alberga nelle menti umane. Qui la “pato-logia raggiunge la sua essenza che non è da cercare nella malattia, ma in quel patire (pathos) che si fa parola (loghia)”.

Le indico un fil-rouge da seguire: Poesia scaturisce da Follia, creando un legame sottile e impalpabile quanto prorompente e saldo, tant’è che per comprendere la seconda si è tentato di sviscerare la prima, essenza stessa della natura umana e delle sue origini. Sono state utilizzate alcune Opere come tramite, le stesse che hanno tentato di dare un nome all’inconcepibile rivestendolo di personaggi, eventi, passioni e ricordi. Sono le Opere di Poeti, Profeti e Veggenti, i soli che, avendo conosciuto l’essenza di Follia, poterono accedere ai sacri versi in maniera ispirata e genuina, divenendo la “scienza dell’uomo segreto”.

I Miti che sgorgano da Poesia, lungi dall’essere mere allegorie o banali metafore di fenomeni cosmici o antropologici, diventano espressioni profonde delle immagini primordiali che reggono la nostra Realtà, la nostra struttura interiore. Essi dimorano all’interno dell’Anima del Mondo – quell’Anima Universale, nota come Anima Mundi, il cui concetto si ritrova nel Timeo di Platone – sono un tutt’uno con essa e, tramite le immagini archetipiche, ne spiegano l’archetipo stesso nel suo incessante operare.

 

D – Angela, lei ci sta già accompagnando, tenendoci prudentemente per mano, in questo ‘viaggio’ rappresentato dalla lettura del suo nuovo libro, con lo stesso spirito che Virgilio dovette avere con l’Alighieri… Ci spieghi ancora…

R – Conseguentemente a quanto precede, il Folle diviene un uomo in grado di forzare i limiti della propria coscienza per accedere là dove i più non osano gettare neanche lo sguardo e, oltrepassando i confini della propria mente, potrà sperimentare abissi spaventosi o visioni estatiche.

Il fenomeno della Follia, alla luce di quanto espresso, può essere osservato come un’entità clinica che sfocia nella psicopatologia, oppure come una dimensione più profonda, un processo che sottende alle attività umane e che, sebbene venga spesso messo a tacere, concerne la stessa natura spirituale dell’essere umano. La verità – per dirla con Nietzsche, nel suo “Aurora” – è che “quasi ovunque la follia apre la strada al nuovo pensiero”, o, per citare A. Gide, “le cose più belle sono quelle che la pazzia suggerisce e la ragione scrive.” La mediocrità sembra invece essere divenuta la cifra connotativa della nostra normalità, mentre l’autentica Poesia è diventata così estranea che l’accesso alle realtà spirituali ci viene spesso negato. La psichiatria, dal canto suo, dando un nome a tali eventi sovrumani, ha tentato di spiegare l’inspiegabile e, definendo la malattia, crede di averne penetrato l’essenza e di averne svelato ogni arcano. Follia non può essere spiegata dalla Ragione in quanto non può essere conosciuta guardandola dall’esterno. Forse si può tentare di raccontarla, ma fino a che si userà la razionalità per narrare Follia si cadrà nel paradosso di una ragione sovrana adoperata per spiegare ciò che trascende la ragione stessa. Sarà la sbrigativa e definitiva relegazione, nel XVIII° secolo, della Follia, purtroppo sovrapposta in modo confuso e arbitrario con la Pazzia, a malattia mentale, a far sorgere una profonda spaccatura tra Ragione e Follia. Per contro, nel mondo moderno, sebbene i progressi fatti nell’analisi clinica, permane una zona oscura sul fronte di Follia, una zona poco battuta dai non iniziati, specie sui piani del ‘sottile’, che continua a ingigantire il baratro tra gli ‘insensati’ e il mondo cosiddetto ‘normale’. Specie in un mondo dove la parola ‘normalità’ viene fatta risuonare in un modo anomalo e perverso. Oramai non si parla più realmente con i folli, o forse non si è mai realmente parlato con essi e, citando Foucault, “il linguaggio della psichiatria, che è monologo della ragione sulla follia, non ha potuto stabilirsi se non sopra tale silenzio”.  Per ultimo, desidero soffermarmi ancora sull’etimo della parola ‘follia’, da ‘follitatem’, un vocabolo coniato durante il periodo medievale; follitatem, traducibile con “sacco pieno di vento”, riporta ad un essere che ha perduto qualcosa, che è pieno soltanto di aria e, conseguentemente, “di Vuoto”.

Il ‘matto’, nella sua concezione di ‘testa vuota’, può toccare l’alito divino, il suo respiro, fino a diventare un ‘posseduto del dio’, inusuale portatore di Verità. È colui che diviene consapevole del Vuoto che regge la nostra realtà, un vuoto destinato a tingersi di miriadi di immagini prodotte della mente stessa.

 

D – Angela, una sintesi finale?

R – In questa opera ho voluto indagare Follia, cercando di offrirle una panoramica se non completamente nuova almeno innovativa. I primi capitoli sono stati dedicati alla sua storia, alquanto maestosa e significativa, perché è solo conoscendone la storia che si possono comprendere le varie sfaccettature di cui è stata rivestita, concezioni non solo contrastanti ma, delle volte, assolutamente antitetiche. Tale analisi mi ha permesso di comprendere come, in Lei, gli opposti coincidano e come non esista una definizione umana che non gli appartenga. Solo, nel corso dei secoli, a ciascuno è stato dato di vedere uno, o soltanto alcuni, dei suoi aspetti nell’incapacità di realizzare che, di fatto, Ella li conglobava tutti. Essi non erano che una parte della sua immensa complessità, quella che narra della totalità dell’uomo, dai suoi aspetti più concreti e lapalissiani fino a quelli più eterei e trascendentali. Una complessità che deriva dall’essere parte della Psiche dell’uomo, dall’essere la Psiche stessa dell’uomo. Per comprendere quest’ultima ho citato alcune delle principali cosmogonie del mondo occidentale per mostrare come, al di là dei nomi e delle allegorie, tutto è uno, e che la Verità va oltre le divisioni.

Per il tramite delle vicissitudini di alcune deità, ed eroi, ho indagato la natura umana, narrato dei suoi vari aspetti psico-energetici, gli stessi che reggono le strutture attraverso le quali si può tentare, sebbene da lontano, di raccontare Follia.

Nel prosieguo, ho voluto raccontare da vicino le storie di noti personaggi che hanno lasciato una profonda traccia nella storia per le loro opere o teorie, narrando della loro schizofrenia, quella malattia invalidante che delle volte ha portato ad un epilogo distruttivo e irrimediabile.

Successivamente, sono state analizzate le tappe di un percorso iniziatico, e illustrate, per il tramite di quegli stessi meccanismi che spiegano la pazzia, le caratteristiche della medianità e della veggenza, al fine di svelare i punti in comune con la schizofrenia e far comprendere che è in essa che molte potenzialità o virtù, considerate paranormali o fantastiche, giacciono, ed è per il tramite di essa che si possono sfiorare altre dimensioni altrettanto reali che questa.

Ho, finalmente, tentato di raccontare delle diverse forme di Follia, per mostrare come non tutte competano alla psichiatria. Primariamente la Follia della ragione, o come si ama chiamarla, la Follia dell’Ego, quella che accomuna ogni singolo uomo, sia esso sano o insano. Quella collegata alla mancanza di forza, virtù e volontà, quella scaturente dai condizionamenti e dalle sovrastrutture mentali. Questa si è insinuata nella società come il peggior veleno di ogni tempo ma l’uomo, nella sua cecità, non è consapevole di esserne affetto. Dopo aver passeggiato tra le sue trame e i suoi inganni sono giunta, per il tramite di Hermes, il dio mercurio dei greci, nei meandri della follia iniziatica per approdare, infine, nelle terre della follia mistica, il punto più estremo ove possa giungere l’esperienza umana.

 

Ringraziamo Angela Ugliola – meglio nota con lo pseudonimo di Njadyr Helgrindr – per questa particolare e significa intervista, incentrata sul suo ultimo libro ‘Esoterismo e Follia’, ringraziandola per quei lampi di luce con cui ha saputo illuminare una tematica ardua e particolare, più agevole solo per chi abbia già le giuste percezioni, le giuste sensibilità.

Quanto elaborato con passione e competenza da Angela, non può e non deve essere letto o apprezzato con frettolosità, ma fatto proprio a ‘piccoli sorsi’, e non può essere confuso né con altre fenomenologie tipo ‘occultismo’ o ‘stregoneria’ o quant’altro di negativamente assimilabile: si tratta, invece, di un approfondito studio che non esita ad affrontare con coraggiosa e agevole incisività tematiche persino ‘scomode’ o – quantomeno – di non comune trattazione per la profondità e la preparazione necessaria.

 

Qualche nota…

 

Njadyr Helgrindr (pseudonimo artistico della scrittrice Angela Ugliola) sin dall’adolescenza viene attratta dal rapporto dell’uomo con il sacro, così da interessarsi con passione di psicologia, parapsicologia e filosofia.

Successivamente, ma oserei dire ‘conseguentemente’, si avvia lungo un percorso di approfondimento e studio delle discipline esoteriche, appassionandosi in particolare di ermetismo, cabala ermetica e numerologia.

A questo suo percorso di maturazione e crescita interiore, Angela ha unito il crescente desiderio – divenuta ferma volontà – di contribuire a diffondere la cultura iniziatica, riportando l’attenzione sulle antiche tradizioni esoteriche i cui antichissimi insegnamenti, spesso velati da desuete allegorie e oscuri simbolismi – ma anche da interpretazioni talvolta temerarie e altre volte frutta di banalissimi copia-incolla -, necessitano di un nuovo approccio e di un linguaggio vicino alle persone desiderose di ‘conoscere’,  di ‘crescere’ in un percorso di serena evoluzione.

Per meglio perseguire tali obiettivi, nel 2018 fonda il “Madame Mabel 1860”, conosciuto e apprezzato nella Torino appassionata di magici incanti come “Il Salotto della Strega”, il primo e unico ritrovo per gli appassionati di esoterismo in Italia: luogo ove cultori e appassionati delle materie possono dialogare e confrontarsi in modo aperto, costruttivo e anche ricco di entusiasmo. Angela non poteva non essere appassionata anche dei Tarocchi. Considera il Tarocco uno degli strumenti tramite il quale sondare l’animo umano, essendo lo stesso un “mutus liber” all’interno del quale è racchiuso il mistero dell’uomo.

Sviluppa un proprio metodo di insegnamento, che porta avanti attraverso l’Accademia “La Via del Simbolo”, basato sullo studio degli archetipi in esso contenuti, il proprio percorso iniziatico e la psicologia che guarda al divino. Cofondatrice del “Museo della Stregoneria Contemporanea” presso il “Madame Mabel 1860” di Torino, è docente presso l’ A.I.M.E. (Accademia Iniziatica della Magia e dell’Esoterismo).

È anche conduttrice, presso SkyValue24, della trasmissione esoterica “Il Salotto della Strega”.

Autrice di numerosi elaborati di studio e approfondimento, ha scritto anche “I Tarocchi come Via Iniziatica – L’Opera del Carro: dall’Opus alchemica alla Merkavah”, edito nel 2021 per i tipi di Psiche2.