DOSSIER UKRAINA 4 / LA FINE DI UN MONDO

 

  La mole di notizie provenienti dal teatro bellico ucraino, è certamente tale da suscitare sconcerto, ansia, preoccupazione, paura: ma, una volta preso atto, fin dalle prime ore, che notizie, traduzioni, immagini e filmati erano ‘taroccati’ a esclusivo danno dei ‘cattivoni’, a essere fortemente alimentata è la sfiducia tanto nell’informazione (divenuta una capillare ‘disinformazione’: vera e propria ‘arma’)  che nella politica e nei comportamenti di quanti, a vario titolo, siano parte attiva in tale particolare contesto.

Impossibile, al riguardo, non notare in molti soggetti una assoluta carenza di quelle caratteristiche oggettive che dovrebbero consentire di ricoprire ruoli e cariche molto importanti: parole sguaiate, minacce, ingiurie, fioccano in modo talmente indecoroso da rimbalzare poco dignitosamente su tutto il popolo italiano.

          Mi permetto di dire che in molti non hanno ancora chiaro il senso, il significato pratico e la profondità  di talune decisioni assunte autonomamente (e c’è chi dice arbitrariamente) dall’esecutivo: ma è chiaro che mano a mano che si comprende quali possano essere le conseguenze pratiche di tali decisioni e dei danni che fin da subito arrecano soprattutto alla già stremata economia italiana, la gente prende le distanze.

Anche sostenendo che se c’è chi ha deciso un qualcosa di tanto grave in modo tanto affrettato, possa averlo fatto non interpretando l’autentico sentire dei cittadini: cittadini frastornati  proprio da una comunicazione unidirezionale, equivoca e troppo spesso falsata quando non del tutto falsa.

          Forte è in ogni caso il comune desiderio di PACE, pur se espresso talora in modo pittoresco quanto chiaramente ‘spintaneo’ ovvero ‘pre-organizzato’ e persino ‘ispirato’ da chi sappia ben gestire la mobilitazione delle masse: dalle proteste per il cambiamento climatico a quello per le questioni di genere, per un qualche diritto di una minoranza, per la fame, per la sete, ecc.ecc. 

Ma la pressione dell’opinione pubblica deve fare comprendere a chi governa, coinvolgendo attraverso il dibattito parlamentare tutta la popolazione in decisioni e azioni forti, che la vera PACE, non può essere la ‘mia’ o la ‘tua’: deve essere un comune intendimento, una comune decisione ricercata con tutte le forze, scaturita da una ritrovata, comune, volontà di deporre le armi e di ritrovare un equilibrio oggi smarrito; attorno a questo deve essere fervido il lavoro della Diplomazia (quella con la D maiuscola, non quella praticata da soggetti impreparati e ignoranti in materia, specie se sono dei parvenu senza titolo ed esperienza).

Sicuramente, la complessa situazione sviluppatasi e le conseguenze che ne potranno scaturire a tutti i livelli, potrebbero forse avvicinarci alla fine di parte dell’umanità, ma certamente segneranno la ‘fine di un mondo’.

Portandoci in prospettiva verso una nuova Yalta, che tenga conto dei mutati equilibri del mondo.

La follia è in agguato, certo: ma spesso il mantello del pacifismo copre comodamente chi è  incapace di altre e ben più importanti azioni concrete, specie a favore di un popolo: non volendosi né potendosi comunque escludere l’ipotesi del soddisfacimento di ego smisurati.

          Il cronista, cioè colui che offre al Lettore la ‘cronaca’ delle notizie, descrive queste seguendo lo scandire, lo scorrere di tempi ed eventi, Chronos, era anche la divinità che presiedeva allo scorrere del Tempo, offrendo spunti ma lasciando proprio al Lettore la sintesi e quindi il proprio libero convincimento.        

Niente ‘scorrettezze’, niente suggestioni, niente ‘pappa pronta’ da mandar giù senza pensare, ma solo la descrizione dei fatti con qualche commento di contorno.

Ecco, siamo a un punto dove, rispettando la cronaca e il susseguirsi degli eventi, per dovere di completezza occorrerebbe esprimere non solo dati, ma nomi e cognomi, fatti e misfatti di ciascun soggetto, di ciascuna parte interessata.

Sì, direte voi, vero é che, come recita un ormai antico adagio, ‘la politica è sporca’; ma se io per primo dovessi ‘suggerire’, ciò mi susciterebbe la sensazione di non essere più ‘cronista’ ma ‘commentatore’ forsanche propendendo per una tesi o per l’altra.

Motivo per cui, accesi i riflettori sui vari punti del palcoscenico ove pullulano le comparse e pochissimi sono i veri protagonisti (ma forse unica è la regìa… quantomeno dei puppets),   è utile che si sedimenti il tutto, per riflettere individualmente quanto profondamente.

Tutti dobbiamo riflettere: specialmente in Italia, seduti su un arsenale di bombe atomiche, sede di strutture militari USA e NATO di elevatissimo profilo, sensibilità e potenziale distruttivo.

Ed è bene sottolinearlo con forza: perché per noi l’aria di guerra è già in casa, piuttosto che non altrove, siamo già sulla brace, e noi Popolo Italiano forse neanche ce ne rendiamo conto, indotti come siamo a giocare alle ‘tifoserie’, ai nuovi ‘guelfi e ghibellini’ del XXI° secolo, senza guardare oltre la punta del naso, circuìti e manipolati da chi ci somministra fake, sollecitando la nostra condivisione e quindi complicità diretta o indiretta.

In sintesi: la solita storia del ‘pifferraio magico’ già sperimentata recentemente in fase pandemica.

Quando sento parlare di PACE, ne sono felice perché anch’io ambisco che questo traguardo venga raggiunto con immediatezza, magari insieme a quello del DISARMO TOTALE: ma non per questo mi bendo gli occhi o acconsento a farmeli bendare da qualche furbone che suona la grancassa per conto terzi e mi suggerisce cosa devo pensare.

Ai miei amici pacifisti dico: giusto, generoso ed encomiabile impulso, il vostro.

Ma il dato certo è che dall’Italia inviamo armi, non fiori. Che abbiamo impegnato uomini, mezzi di terra e aerei da caccia e ricognizione armata.

Che, soli in Europa e nel mondo, abbiamo dichiarato uno stato d’emergenza straordinario (dichiaratamente di natura bellica, pur se distiamo in linea d’aria 2390 km da tale confine) che neanche i Paesi strettamente confinanti con l’Ukraina hanno dichiarato (leggasi: Russia, Bielorussia, Romania, Moldavia, Ungheria, Slovacchia e Polonia).

Che contribuiamo attivamente alla circolazione di fake-news  solo a danno della Russia, nulla citando delle altrui porcherie.

Che abbiamo aderito a misure sanzionatorie avverso OGNI cittadino/attività russa: discriminando brutalmente e ingiustificatamente, persino perseguitando (uno studente russo che studi in Italia, perché dovrebbe essere costretto a lasciare gli studi?

Un artista russo, uno scrittore, un poeta, un idraulico o un falegname di nazionalità russa che si trovi in Italia, dovrebbe andarsene e cessare la propria attività qui, salvo il rinnegare pubblicamente il presidente che governa pro-tempore la propria nazione d’origine?): una misura che riconduce direttamente al più feroce nazismo quando assunse le misure di sequestro e poi confisca dei beni degli ebrei!

Che apertamente svolgiamo attività di sobillazione del popolo russo, istigandolo all’insurrezione, al colpo di stato, verso un leader che viene definito di volta in volta nei modi meno pregevoli.

Che agevoliamo, contravvenendo a ogni norma internazionale (ma non siamo i soli: siamo in buona, pessima, compagnia) il reclutamento di ‘volontari’ (più agevolmente, potremmo definirli ‘mercenari’?) che raggiungano le truppe ucraine e particolarmente i reparti palesatisi come nazisti in tale esercito, poco benemerita élite combattente: quella che si nasconde nelle case, mescolandosi ai civili e facendone scudi umani, o quella che spinge i giovani al suicidio non all’eroismo, sui tetti dei palazzi per gettare molotov al passaggio dei convogli russi, così sollecitandone la reazione russa.

Chi vuole il massacro dei civili? Zelensky che urla ‘morte a chi scappa’?

La soldataglia che minaccia chi tenta di opporsi?

Chi si è mescolato, facendosene scudo, alle donne e ai bambini facendo fallire l’apertura di ‘corridoi umanitari’? Chi ha tirato missili alla centrale atomica tentando di provocare danni e fuoriuscita di materiale radioattivo?

Al riguardo, i russi non avevano bisogno di arrivare sotto i fabbricati del complesso, per creare danni: se fosse stato questo il loro obiettivo, in sicurezza e da lontano avrebbero lanciato qualche salva di missili…

Quindi: non prendeteci in giro, non siamo stupidi. 

Chi sta alimentando e forsanche esasperando  la reazione a catena è proprio qui in Europa,  anche qui da noi in Italia, anche con queste sanzioni che non sia sa quanto legali possano essere: ci pensate se domattina la Russia – e, perché no?  anche i Paesi suoi alleati, espellesse come indesiderati tutti gli italiani, i francesi, gli inglesi, gli olandesi, i tedeschi, i belgi, e quant’altro, dal suo territorio? Sicuramente, da occidente si alzerebbe un OHHHHHH! di (finto e strumentale) stupore, come quello dipinto sul viso del pastorello davanti alla Sacra Grotta: alimentando gli insulti verso il ‘cattivone’ di turno, sempre più ‘cattivone’.

Atteggiamenti ingiuriosi peraltro espressi a gran voce in questi giorni da nani, ballerine e trapezisti del Gran Circo dell’Opportunismo, oltre che da politici in attività di governo: per primo il gerente del ministero degli esteri.

      Tutto giusto, tutto perfetto: gridiamo PACE a gran voce, accendiamo candele, suoniamo campane e quant’altro, facciamo manifestazioni: ma anche chi manifesta, e chi dirige tali eventi, dovrebbe protestare contro TUTTE le guerre e a favore di TUTTE le vittime, piuttosto che non solo di alcune che ‘fanno comodo’.

Eh si! Perché questi gran ‘distratti’ continuano a non menzionare né onorare gli oltre 15.000 ucraini (ripeto: ucraini) crudelmente uccisi negli ultimi 8 anni nel Dombass da altri ucraini.

O quelle centinaia crudelmente sterminate a Odessa col fuoco e con le armi: sempre ucraini, ma dalla parte sbagliata dei mitragliatori, poiché uccisi da altri ucraini, quelli che oggi si battono il petto parlando di diritti, di libertà e di democrazia, inneggiando a uno strano leader!

Urgono – da parte di tutti – atteggiamenti responsabili che depotenzino l’attuale situazione, non che gettino benzina sul fuoco.

Tutti dovremmo fare qualcosa, una qualche azione concreta che faccia capire quanto stanca possa essere la gente, schiacciata dal terrore mediatico, dalle false notizie, ma anche dal pericolo e dal bisogno: mentre facciamo ‘i generosi’ mandando denaro e armi, spalancandoci all’accoglienza (ma si sa già che insieme ai profughi ucraini si sono mescolati pakistani, indiani e altri, e forse anche degli estremisti/integralisti in fuga), sembriamo dimenticare i ca. 10.000.000 di Italiani in povertà, come pure  quelli che non hanno più lavoro, nonché quelli ‘costretti’ di fatto a non lavorare subendo il ricatto sanitario.

          In ogni caso, tranquilli: l’Italia ha già perso. Saremo economicamente il paese più distrutto: in primis dal salasso finanziario che certe posizioni assunte arrecherà; dal turismo russo che, per grande simpatia nei nostri confronti, non riprenderà mai più come prima (gli ‘orsi’ non dimenticano!); dall’interscambio commerciale, con tutti i nostri crediti, bloccato sine die ; dai costi energetici, destinati a salire in un’altalena fuori dal nostro controllo.

Pensate, il piccolo Stato di Cipro, aderendo malvolentieri alle sanzioni, ha dichiarato: l’80% del nostro PIL deriva dal turismo, l’80% del nostro turismo è costituito da cittadini russi in vacanza, che danno! 

Ma il discorso per l’Italia è ancor più particolare: non sono state assunte misure di tutela e salvaguardia del risparmio, non è stata presa alcuna misura per calmierare il brusco e per ora inarrestabile aumento dei prezzi dei generi alimentari, anche di prima necessità (aumenti tra il 30 e il 50% negli ultimi 6 mesi), la scuola è a pezzi (nonostante l’abnegazione di molti docenti: troppo pochi, però, per  incidere sullo sfascio in corso). 

          Continuerò a seguire le vicende con degli spunti, con dei flashes sintetici che Betapress potrà riprendere, così da aiutare chi legge ad avere un punto di riferimento certo, basato su dati altrettanto certi: preso atto, ancora una volta, che quelli proposti da TV e carta stampata sono quel che tutti sanno, ossia poco affidabili.

          Parlare, solo parlare, di quel che avviene, senza che chi per ciò deputato trovi il giusto senso, la giusta misura, la giusta via, non ha senso…

Ma la nostra mèta è e continua a essere solo la PACE, ricordando che ‘nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra’.

          Fino a che tutto non si ridimensionerà, dovremo vivere tutti alla giornata: non potendo programmare un futuro degno di essere vissuto, ma con  un arco di previsione solo di una manciata di ore.    

E questo, non é vivere: bensì sopravvivere alla quotidianità.

          E non credo che sia la nostra massima aspirazione: per noi stessi, per i nostri figli, per chi verrà.

 

Giuseppe Bellantonio




DOSSIER UKRAINA 3 / PUPPETS

 

La tragedia delle attività belliche tra Russia e Ukraina, lo spargimento di sangue dall’una e dall’altra parte, il dramma delle popolazioni comunque coinvolte, esigono interventi risolutori immediati: richiedono una convocazione permanente in sede ONU, una tregua garantita dalla contestuale interposizione di un cordone di caschi blu, l’apertura  a oltranza di un tavolo di trattative. Solo la diplomazia e le mediazioni possono imporre a ogni parte in causa di riflettere e ragionare senza esasperazioni, decidendo per il bene dei loro popoli: in termini di vite e in termini economici, partendo dalla certezza che nessuno è al sicuro rispetto ad altri.

Se si imbocca la strada del ‘volere la ragione a tutti i costi’, si imbocca la strada della strage, dell’olocausto dell’umanità sull’altare dell’atomo.

Parto da una considerazione spiccia: non esistono buoni e cattivi, perchè quando si impugnano le armi – anche per reazione a un torto, anche quando si è esasperati da angherie e soprusi – il torto ricade su tutte le parti non solo protagoniste, ma anche coinvolte a vario titolo in strane evoluzioni ma da considerare  belligeranti anch’esse.

Il sottile distinguo tra ‘rifornire di armi portandole e consegnandole nel territorio che intendo favorire ‘ e  ‘rifornire di armi portandole a poca distanza dal territorio che intendo favorire e aspettare che i destinatari le vengano a prendere’, può meritare lunghe e improduttive disquisizioni dialettiche e filosofiche ma nella pratica pone il soggetto che rifornisce di armi nella condizione di essere ‘partner ovvero alleato strategico’ di chi le armi le riceva e utilizzi.

Un po’ la stessa differenza che può passare tra un soggetto colpito da un proiettile sparatogli direttamente e la giustificazione tanto di chi ha fornito l’arma e il proiettile (non sono responsabile dell’utilizzo), come dello sparatore (ho sparato a casaccio, senza mirare e poi non c’era nessuno… il tizio correva e sfortunatamente si è scontrato col proiettile…  quanto sono dispiaciuto!).

Ma le guerre sono anche e soprattutto questo: falsità, ipocrisie, tradimenti.

Nutriamoci di informazioni certe, quindi: poiché mai come in questi ultimi tempi è stata l’informazione a essere ‘buona’ o ‘cattiva’, determinando le condizioni per un vero e proprio ‘ lavaggio del cervello’; ora sanitario, ora bellico, ora energetico, ora alimentare, sostenuto dai vari ‘santoni’ capaci di prevedere epidemie, crolli di borsa, carestie, guerre…

Provate a prendere una matita e unite i tanti puntini di cui potete disporre: vedrete che ne uscirà proprio un bel disegno! Esaminiamo alcuni dei ‘puntini’.

Fatto: una NATO inadempiente e palesemente ‘aggressiva’ nell’atteggiamento, più o meno spinta dagli USA ma comunque con la consapevolezza delle parti interessate, si è espansa tanto da arrivare ai confini della Russia, piazzando risorse militari strategiche.

Pare che in Polonia si stessero per piazzare armamenti nucleari: al che non deve né può sembrare strano che la Bielorussia – percependo una minaccia ai propri confini – chieda a gran voce (ma sembrano tutti improvvisamente sordi…) che tali apparati non vengano collocati, minacciando, in caso contrario, di chiedere alla Russia di essere essa stessa munita di testate nucleari. Ma questo dispiegamento di missili ai propri confini, nonostante che la Russia protesti da tempo, non ha visto nessuna mobilitazione di ‘pacifisti’, né alcuna concreta presa in considerazione da parte dei governi Europei membri della NATO.

Fatto: se è sostenibile che il processo di avvicinamento ucraino alla UE era già iniziato da tempo, è altrettanto vero che non si era affatto sostanzializzato.

Fatto: pur avendo i nuovi governanti ukraini post-2014 cambiato ad hoc la costituzione, prevedendo anche la possibile ed eventuale adesione alla NATO, l’Ukraina né aveva aderito, né era stata accettata, né aveva avviato le procedure di adesione.

Ma forse casualmente sul suo territorio da tempo convergevano armi, consiglieri, istruttori militari e risorse finanziarie.

Fatto: in territorio ukraino – nel Donbas ove insiste una numerosa minoranza russofona e che da sempre si riferisce alla ‘Madre Russia’ – dal 2014 è stata attuata da forze regolari ukraine unite a squadroni palesemente nazisti, una feroce e sanguinosa pulizia etnica, con almeno 15.000 morti.

Giustiziati e gettati in fosse comuni. Nonostante la documentata protesta Russa in sede internazionale e all’ONU, nulla si è mosso, nulla è stato fatto, nessuno ha condiviso.

Questi morti, questi ucraini a tutti gli effetti, non ‘facevano comodo’ ad alcuno, a occidente.

Fatto: la Germania ha deciso di stanziare 100 miliardi di Euro destinandoli di fatto a qualificare il proprio apparato militare: leggasi, al proprio pericoloso riarmo.

Non dimentichiamo quanto gli alleati, e Churchill per primo, temessero la pericolosa ciclicità del riarmo tedesco, sempre coincidente con mire espansionistiche e foriero di conseguenti conflitti.

Fatto: a tutta velocità, fermo restando che l’Ukraina non è nella NATO, l’Inghilterra garantisce loro sostegno militare e mezzi; il Belgio mitragliatrici e 3800 tonn. di carburante a uso militare; la Germania 1000 cannoni anticarro e 500 missili Stinger che (il gioco dei quattro cantoni…) non consegnerà direttamente ma farà pervenire tramite le Repubbliche Baltiche; l’Olanda armi e più 200 missili Stinger (terra-aria); per la NATO, Blinken ha complessivamente messo a disposizione più di 600 milioni di ‘aiuti militari’; la UE rifornirà anche di jet militari l’Ucraina, e – purtroppo – le parole dure di Ursula Von Der Leyen, prima, e di Borrell, poi, sono  di fatto interpretabili come una sorta di dichiarazione di guerra alla Russia; la Svezia 5000 armi anticarro; l’Italia più di 200 milioni di Euro di ‘aiuti’, altri sette aerei (in Romania) e 3400 militari da schierare in ambito NATO, saranno poi spediti in Ukraina materiali ‘non letali’ quali elmetti, giubbotti antiproiettile e rilevatori di ordigni. Già proprio l’Italia: economicamente e finanziariamente stremata, sul baratro del default, dove la gente muore per mancanza di cure, dove dieci milioni di persone sono in miseria o alle soglie di essa, dove le attività produttive si fermano o chiudono definitivamente, dove manca il lavoro e chi ce l’ha è obbligato a subire coercizioni per non perderlo, dove la Costituzione è discussa e interpretata ma non applicata , ecc.

Fatto: ci sono governi che non si oppongono, e persino sollecitano pubblicamente, la formazione di nuclei di ‘volontari’ (o mercenari?) che possano essere invogliati ad andare a combattere pro-ucraina. Tutti fatti che possono essere interpretati come un palese fiancheggiamento e quindi una discesa in campo di fatto, al di là di sofismi e giochi di parole.

Fatto: in Ukraina, il governo di Kiev – specie nel Donbass – ha operato a lungo con il battaglione Azov. Nazista nella forma e nella pessima sostanza. Persino nei campi di addestramento, dove confluivano persino bambini: addestrati all’uso delle armi, anche contro i loro coetanei.

Fatto: da occidente solo ingiurie e minacce, verso Putin e la Russia (prima, durante e dopo l’inizio delle ostilità) ma, salvo una passerella inutile e infruttuosa di personaggi, non vi è stato alcun concreto tentativo diplomatico, nonostante la disponibilità espressa da Mosca.

Sottovalutazione, errore o arroganza? Fatto sta che, la propaganda (giornali, politici, apparati di governo) di un gran numero di paesi attacca all’unisono la Russia e Putin in primis, con uno strano stravolgimento dei ruoli:  gli antimperialisti di ieri, si sono convertiti diventando ‘stranamente’ pacifisti, i pacifisti si trovano invece in uno scomodo ruolo stentando a prendere una forte posizione per contrastare le tante, troppe, bugie dette con solennità per accreditare la posizione di chi sembra spingerci con forza verso lo spaventoso baratro di una devastante guerra totale.

Fatto: l’Italia è da qualche tempo l’improprio terreno dove si svolgono sperimentazioni: sanitarie, sociali e ora politiche, imponendo nuovi modelli e soprattutto nuovi paradigmi,  declinando i quali tutto è ribaltato. Così come ci hanno martellato con ‘niente sarà più come prima’, anche in questo contesto recitano lo stesso mantra ‘niente sarà come prima’.

Personalmente, mi colpisce un sistema parlamentare dove fioccano applausi a scena aperta, che neanche alle prime teatrali è dato vedere. Sembra che il dubbio non sfiori alcuno; sembra che nessuno abbia davanti agli occhi scenari di orrore, devastazione,  sangue e miseria.

Quando non quello di un soffio caldo imprevisto e improvviso che tutto può incenerire in pochi attimi.

O ne sono consapevoli e applaudono in preda a una strana gioia interiore?

 

A me, purtroppo, ha portato alla mente la triste fase fascista in Italia, dove la folla plaudente a Piazza Venezia, ricca di claquers, sotto lo storico balcone, chiedeva a gran voce: guerra! Guerra! E gli stupidi, entusiasti, applaudivano: salvo poi, all’arrivo delle prime bombe, prendersela con il ‘cattivone’ di turno: ricordate i corsi e ricorsi storici, cari a Giambattista Vivo.

La storia si ripete, nella sua ciclicità gli eventi si ripetono: specie quelli più tragici.  I cittadini riusciranno a interrogarsi senza andare ogni volta dietro il pifferaio magico di turno?

Da notare la sottigliezza (o pura ipocrisia?) nell’indicare che si forniscono le armi a fini difensivi o che il materiale è ‘non letale’: sempre della serie, mettiamo dei fiori nei vostri cannoni…

Ergo, verso l’Ukraina partono vagonate di fiori: che non sia sa che strade potranno poi prendere, forsanche quelle del terrorismo internazionale. Cosa già accaduta in altri contesti.

Circa l’Art. 11 della Costituzione Italiana, sottolineiamo che vi é espresso a chiarissime lettere che l’Italia ‘ripudia la guerra’. Così come la ripudiava anche nel 1999, quando il governo D’Alema (con Mattarella ministro della Difesa) inviò i nostri aerei a bombardare Belgrado: martoriata per 60 giorni dall’alto. In barba alla Costituzione Italiana, al Diritto Internazionale, alle norme dell’ONU: ma forse vi fu un equivoco, e anche allora erano fiori.

Missioni di soccorso, di pace, umanitarie, di aiuto alimentare, sono cosa ben diversa dai rifornimenti di armi e la mobilitazione di uomini e mezzi con la dichiarazione di uno stato emergenziale.

Il giorno in cui le armi iniziarono a tuonare, mi chiesi: ma che strano comportamento, da ovest… che ci sia sotto qualcosa, che ci sia un qualche progetto segreto che Putin ha forse smascherato, anticipandolo? Il quesito è rimasto nell’aria, senza risposta.

Ma stamani, qualcuno che inizia a riflettere ad alta voce, ha espresso due considerazioni: 1) che  l’alleanza si possa essere malignamente trasformata, divenendo rete di complicità, e forse di quelle stesse che hanno imposto e gestito ‘pandemia e dintorni’; 2) che la canéa scatenata contro il ‘cattivo’ di turno, colpevole di ogni spregevolezza, assomiglia e molto al modus agendi posto in essere contro Gheddafi e contro Saddam, defenestrati e uccisi per poi sostituirli (e neanche quello…) con qualche altra marionetta.

Mi permetto di invitare tutti a recuperare, e quindi leggere con attenzione, la recente intervista con il Prof. Antonio Martino – persona colta, preparata e onesta, profondo conoscitore di politica estera – leggetene e non finirete di stupirvi.

Così come vale proprio la pena di leggere l’articolo a firma della scrittrice, giornalista ed ex-deputata Barbara Spinelli, pubblicato su «Il Fatto Quotidiano», dal titolo «Una guerra nata dalle troppe bugie». Analisi oggettiva e precisa, senza fare sconti ad alcuno, che i ‘pacifisti di oggi’ hanno definito a vanvera «filo-russa». Nell’articolo, che di certo non risparmia neanche Putin, senza timori reverenziali ‘…il dito… puntato contro gli Stati Uniti e l’Unione Europea che non è riuscita a prevenire l’aggressione russa in Ucraina, anche se Vladimir Putin aveva già mostrato tutti i sintomi di un’insofferenza evidentemente sottovalutata…’.

Ecco, fatevi liberamente le vostre idee senza cedere alle altrui suggestioni, in ciò rifacendovi proprio a Giordano Bruno, testimone e simbolo del libero pensiero  “Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo”.

 

Giuseppe Bellantonio

 

 

 

 

 

 




DOSSIER UKRAINA: TOP SECRET

DOSSIER UKRAINA: for your eyes only

     Per chiunque scriva, non è semplice liberarsi dalle proprie passioni o dai propri convincimenti: ma ciò è necessario se si rispettano realmente i Lettori, ai quali vanno proposti cronaca e fatti per al fine di contribuire al formarsi delle loro idee.

Diversamente è fin troppo facile offrire pappe pronte da ingoiare anche turandosi il naso, ce ne sono fin troppe in giro.

          Una premessa è necessaria: chi vi scrive è un convinto atlantista, grato oltremodo ai militari alleati che hanno versato il loro sangue per liberare l’Italia e l’Europa dal nazismo, come pure grato agli USA del Sen. Marshall che ci aiutò a conquistare un benessere repentino: quasi avessi vinto e non perso una (brutta) guerra.

Ogni anno sono tra coloro che commemorano questi giovani caduti in battaglia, rendendo loro omaggio ai Cimiteri di guerra di Anzio e Nettuno non dimenticando né il loro coraggio né le brutture umanamente e materialmente devastanti di ogni guerra.

Ma oggi, per scrivere, approfondisco e valuto: non fidandomi più di quanti già da anni danno notizie distratte o false o manipolate, ovvero inventate di sana pianta.

Troppi i corrispondenti di guerra dall’Ukraina che hanno bisogno di darsi un ruolo, e che pullulano tanto quanto gli ‘esperti’ virologi, che trasmettono dalle auto o quelli che che si calano l’elmetto mentre fuori si vede la gente che passeggia e fa la spesa, o quelli che trasmettono da una stanza con immagini fisse dietro di loro; o quelli che mandano le immagini di videogiochi spacciandoli per azioni di guerra; o quelli che pubblicano immagini di devastazione, con palazzi sventrati, provocate però  da un’esplosione di gas a Magnitogorsk nel 2018 e certamente non colpiti da missili o cannoni tantomeno russi.

Ci sono anche esplosioni formidabili vecchie del 2015 verificatesi in altri territori; o carri armati bruciati su strade nei pressi di Kiev spacciati per ‘tank russi distrutti dalle truppe regolari ucraine’ per poi rivelarsi dopo poche ore tank ucraini distrutti da armi anticarro lanciate dalle forze di penetrazione russa;  e altri episodi ancora tutti nel segno della totale e assolutamente equivoca disinformazione offerta,  salve rare eccezioni, per lo più grazie alla rete, dall’occidente.

Tutta tesa a colpevolizzare i ‘cattivi’ russi.

          Per Betapress informare correttamente i suoi Lettori è una vera e propria missione: per cui apriremo un ‘Dossier Ukraina’ nel quale collocare i fatti, uniti da commenti, dubbi, sottolineature e rilevamento di contraddizioni quando non di menzogne.

Sempre pronti a correggerci se altri fatti ‘veri’ e documentati dovessero emergere successivamente: ma chi scrive, teme che, almeno per il momento, ciò sia difficile da realizzarsi.

Oggi, daremo un inizio al nostro ‘Dossier UKR‘, partendo da una cartina che riconduce alle Nazioni sotto l’ombrello NATO:

          Direi che ogni commento al riguardo possa essere superfluo: salvo il dover prendere nota che il decantato (da ovest) allargamento della NATO, è diventato un assembramento di Nazioni che, sollecitate dal fascino perverso dell’Euro e di una UE che non rappresenta affatto il concetto di Unione Europa, di Comunità, voluta dai Padri Fondatori.

Bisogno di Europa che vide mobilitate in primis  Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo e cui contribuirono le idee e gli sforzi di eccellenti Uomini e Donne, di pionieri, come Alcide de Gasperi, Altiero Spinelli, Konrad Adenauer, Anna Lindh, Helmuth Kohl, François Mitterand, Jean Monnet, Johan Willem Beyen, Robert Schuman, Joseph Bech,  Louise Weiss, Marga Klompé, Simone Veil,Nicole Fontaine, Paul-Henri Spaak, Sicco Mansholt,  Walter Hallstein e lo stesso Winston Churchill, tra i primi a sollecitare la costituzione degli Stati Uniti d’Europa mentre ancora non si erano spenti le eco dei drammatici bombardamenti di un’Europa messa a ferro e fuoco a causa del nazismo allora imperante 

          Ecco che già questa cartina, considerata con mente aperta ed elastica e occhi giusti, assume un significato forte e particolare: che, guarda caso, riconduce all’evocata ‘coalizione’ anti-russa (e non altro!) che Zelenky vorrebbe venisse costituita per sostenerlo nelle sue ambizioni. Mire che coinvolgono quasi tutti gli attori principali: tutti trincerati proprio dietro le citazione di coloro che si adoperarono per porre termine agli orrori di due guerre mondiali, promuovendo la pace e la solidarietà, facendosi paladini di concreti valori fondanti quali libertà, democrazia e uguaglianza, rispetto della dignità umana, dei diritti umani e dello Stato di diritto, esaltando i concetti di solidarietà e protezione per tutti.

          Cose che oggi per molti ‘suonano strane’, quasi fossero concetti antichi, superati da una realtà che tende a schiacciare e livellare tutto e tutti;  enunciazioni svuotate dalla loro forte dignità e neanche più studiate nelle scuole. 

          Pensate: anche l’ONU si è sollecitamente schierata (o é stata mobilitata?) non solo per schierarsi contro il brutale invasore, ma anche per sollecitare il rispetto dell’autodeterminazione, per i diritti umani, per la libertà e la democrazia, e riferendosi alle manifestazioni in Russia, il sacrosanto diritto di protestare.

         Ma guarda un po’: ma l’ONU non si è mossa quando la Russia reclamava attenzione per i diritti umani calpestati nel Donbass, restando muta e inerte. Come l’ONU non si é mossa per le violazioni umanitarie ossia per gli stessi temi di principio violati anche con rudezza in Italia, in Francia, in Germania, in Canada, in Australia in Nuova Zelanda, con manifestanti colpiti, imprigionati, colpiti dal getto degli idranti, mentre difendono la loro Costituzione, le loro Libertà, la Democrazia, la propria volontà di non subire arbitrii e imposizioni, il proprio diritto al lavoro e i profondi timori per un futuro incertissimo e incerto, sul quale dominano parole più che concetti e programmi.

         E che dire di coloro che giocano ai soldatini, mettendo a disposizione uomini e mezzi, ma anche denaro.

L’Italia destina veramente ‘alla cieca’ 12 o 15 milioni di Euro mentre Kiev capitola, o mentre non si è ancora capito chi ha fatto cosa, e come e perché?

Invasione o missione di peace-keeping per tutelare chi nel Donbas è stato sottoposto per più di otto anni a una vera e propria pulizia etnica?

Tutela a oltranza di un sistema-UKR che forse non è casto e puro come lo dipinge l’occidente?

Aiuto occulto-palese a chi in Europa ne ha fomentato certe attese, mirando ad appropriarsi di materie prime,  collocarvi fabbriche e industrie delocalizzando per sfruttare manodopera a basso costo (in Ukraina, i salari ‘normali’ vanno dai 150 Euro a mese nelle zone più rurali ai 450/500 nei posti più qualificati: senza il corollario di altri costi che in Europa pesano tremendamente sul lavoro; leggasi, senza molti altri diritti riconosciuti ai lavoratori ucraini)?

Ma è sfruttamento o progresso, incentivo allo sviluppo?

         Non tralasciando un piccolo particolare: l’Ukraina non fa parte della NATO, l’Ukraina non fa parte della Unione Europea; nonostante i molti (poco nobili) padri e le molte (altrettanto poco nobili) madri che si sono candidati con enfasi… e con una serietà tale da far sembrare vero ciò che non è.

         Stiamo assistendo nostro malgrado alla replica di un canovaccio con componenti-base identici: testimonianza dell’esistenza di abili pupari, di marionette e di un pubblico inerme e inerte che tutto (pare) deve subire: la falsa viro-pandemia, il costruito scandalo Russiagate negli USA, ora questo confronto armato.

Con un occhio allo scacchiere asiatico dove aerei e flottiglia cinese, tengono Taiwan i massima allerta. 

E sarebbe opportuno che i Cittadini del mondo, cessassero di essere (apatici?) spettatori e comprendano che la Pace, il Rispetto e la Dignità si conquistano solo se si è custodi e protagonisti della propria Libertà, dei propri Diritti, del proprio Destino.

         Ogni giorno, ogni ora, ogni attimo.

 

Giuseppe Bellantonio

 

Nota del Direttore

Abbiamo già scritto in articoli precedenti che le cose non sono come sembrano o quantomeno come si vogliono far sembrare, questo tentativo avviene sempre e da tutte le parti in campo, è lo spettatore che deve sapere dove guardare e come mettere insieme le notizie per capirle al meglio.

Il nostro intento non è far capire le cose, ma raccontarle in modo da dare al nostro lettore le chiavi di assemblaggio.

 

 




L’emozione del passaggio generazionale

Le nuove generazioni oggi chi sono?

Cosa intendiamo veramente quando parliamo di nuove generazioni?

Cerchiamo di capire i riferimenti per cui definiamo una generazione nuova: il primo riferimento è sicuramente quello anagrafico, una volta si andava per classi di leva, i coscritti di una classe di leva definivano la nuova generazione, sopra o sotto l’età del militare, perché questo periodo coincideva con l’uscita dalle famiglie; un’uscita non tanto fisica ma certo mentale, l’età adulta coincideva con l’autonomia decisionale, lavoro, militare o università che fosse.

Un riferimento importante e preciso, puntuale come la mezzanotte, di fronte al quale il soggetto giovane aveva poche possibilità di fuga: un appuntamento irrinunciabile per ogni generazione che si preparava a prendere il comando del paese e del mondo del lavoro.

Era come il ballo dei debuttanti, o ci arrivavi con vestito sistemato e sapendo ballare almeno un pochino o facevi la peggior figura della tua vita, rischiando di essere additato per sempre come lo sfigato di turno.

Oggi questo riferimento temporale è sparito!

Non esiste più fagocitato dalla incapacità di definire dei limiti e dei traguardi o quantomeno degli obiettivi generazionali.

È sparita anche la prova di mezza via, ovvero l’esame di maturità, al quale si arrivava con un lavoro duro e complesso che formava il carattere e dava i primi elementi di impostazione dell’età adulta.

Il secondo riferimento era, in forma aulica, l’uscita dalla famiglia, la presa di coscienza di responsabilità sociali che obbligavano ad una partecipazione alla vita attiva in qualità di individuo partecipante e non di famiglio.

Il cosiddetto passaggio da figlio a padre, o da figlio a lavoratore, insomma un passaggio che caricava di responsabilità sociali e professionali.

Questo passaggio oggi non identifica più una generazione perché avviene in periodi asincroni ed è trasversale su più generazioni, distruggendo quell’unità di classe che era invece il nerbo della società degli anni scorsi.

Il terzo riferimento è un riferimento prettamente storico, non temporale, ma legato ad un particolare momento storico del paese (gli anni di piombo, mani pulite, le varie crisi petrolifere e legate a guerre più o meno mondiali).

Oggi possiamo dire che rimane unicamente il terzo riferimento, ma che slegato dai due precedenti diviene pericolosa accozzaglia generazionale.

Non possiamo però dimenticare che oggi esiste un terribile spartiacque generazionale che si identifica nel progresso tecnologico, il cosiddetto momento della generazione digitale.

È un pericoloso momento di incomunicabilità che apre spazi a terribili scenari involutivi nel rapporto tra generazioni.

Ormai ci sono, nell’immaginario collettivo, i vecchi che non sanno usare i social ed i giovani che ne sono avidi consumatori.

Tragico! Soprattutto perché falso come i social di cui si parla.

Falso perché ormai diamo per scontato che se un individuo è sotto i trent’anni è un esperto digitale, cosa assolutamente non vera: noi ci dimentichiamo che la nostra crescita nei confronti di realtà virtuali si basa su una formazione particolare e soprattutto classica, legata alla lettura e non allo scorrere un PDF, legata alla discussione verbale tra pari e non alla chat senza riferimenti identitari corretti.

Oggi la generazione adulta può affrontare i mondi social con il giusto distacco perché viene da un momento di socializzazione reale e fisico, in cui si sono creati gli anticorpi di un vivere sociale effettivo, legato anche ad un confronto “operativo”, in cui metterci la faccia non era un’espressione idiomatica, ma una realtà in cui la faccia riceveva anche le sue sonore sberle.

Allora quale può essere la “nuova generazione”, quella dei social?

Ammesso e non concesso dove abbiamo messo l’asticella della adultità in questa generazione, sai usare i social sei adulto?

No, certo che no, non è possibile che uno strumento definisca una maturità, non è possibile pensare che la capacità di utilizzo o la sua conoscenza identifichi una generazione.

In cosa la generazione dei nativi digitali dimostra la sua maturità?

Perché abdicare così velocemente la definizione di una nuova generazione lasciandola al semplice profilo tecnologico della stessa?

La maturità, che dovrebbe essere caratteristica dell’attuale generazione adulta, dovrebbe muoverci verso la definizione di obiettivi per la generazione che segue.

Attenzione obiettivi che devono essere di alto livello, per non incappare nel vincolo generazionale in cui si giunge poi alla rivoluzione generazionale e si ha una crisi sociale.

Come possiamo riprendere il controllo su una generazione multiage in cui non troviamo una definizione specifica ma un caleidoscopio di emozioni ancora non incanalate in obiettivi?

Ora viene spontaneo chiedersi quali obiettivi proporre; lavoro, multicultura, futuro familiare, stabilità economica…

Ormai non abbiamo credibilità per proporre obiettivi che la nostra società ha distrutto vivendo al di sopra delle proprie possibilità, dobbiamo proporre obiettivi etici alti, per poter fare un downsizing del nostro vivere comune; dobbiamo passare da una cultura del bene materiale ad una cultura del bene immateriale, identificando nel personale sviluppo di una identità etica il vero obiettivo per queste generazioni.

La prima fase è certamente ricostruire una scala di valori che esca dalla semplice emozione dell’accumulo per trasformarsi nell’emozione dell’accogliere.

L’emozione dell’accumulo guida al bene materiale fingendo un appagamento nel suo possesso, che può essere solo momentaneo e non completo anche perché il bene materiale è per sua definizione soggetto a decadimento ed obsolescenza.

L’emozione dell’accogliere è al contrario infinita perché autorigenerante, essa infatti si basa sulla soddisfazione reciproca di più soggetti e non può essere definita finita in quanto il soggetto dell’accoglienza può solo essere elemento mobile sia dal punto di vista emozionale (una persona) sia dal punto di vista possessivistico (un’azione a vantaggio di altri).

Il punto a favore di questo passaggio è legato alla generazione dei nativi digitali che mostrano sete di valori proprio perché vivono in un mezzo tecnologico da questo punto di vista particolarmente vuoto.

Per abilitare questo passaggio dobbiamo assolutamente passare dalla cultura del “fai quello che vuoi” alla cultura del “no, non è così”; passaggio difficile per le famiglie in cui la cultura dell’accumulo è ancora predominante.

La motivazione forte, che aiuta in questo passaggio, è particolarmente facile trovarla proprio nel complesso meccanismo tecnologico che oggi avvinghia le generazioni e le “scolla” dalla realtà; un’alienazione sociale che proietta l’identità nel mezzo, nello strumento, facendolo diventare contenitore egualitario e massificante.

Come avviene questa trasmigrazione mente – strumento che toglie molta identità culturale ai fruitori di questo mondo virtuale?

Avviene sotto il predominio della velocità della comunicazione e pertanto della mistificazione dei contenuti.

La rete oggi è un grande contenitore di qualunquismo ideologico, perché contiene in forma disaggregata miliardi di informazioni vere e miliardi di informazioni false, un pericoloso contenitore di materia e antimateria, il cui mix porta alla completa afonia mentale.

Ecco il vero motivo per cui l’emozione dell’accumulo è oggi predominante, perché tende a riempire quello che sembra giusto chiamare un vuoto pieno, ovvero un profondo pozzo vuoto colmo solo del nero del suo buio.

Di fronte questa aleatoria ed iconica sensazione di smarrimento culturale il possesso fisico diventa pieno concreto e quindi fortemente perseguibile e ricercabile, perché più facile da trovare nel frastuono ideologico della rete.

Siamo certamente in un passaggio generazionale che avviene con tempi lunghi e dilatati a causa, paradossalmente, di un momento tecnologico fatto di velocità e molteplicità dell’informazione.

In questo passaggio l’emozione dell’accumulo diventa anche transdialettica grazie alla possibilità di appropriarsi delle parole dell’altro facendole divenire proprie tramite un processo di assimilazione oggi definito copia e incolla.

Anche questo processo moltiplica il paradosso del vuoto pieno ideologico perché aggrega concetti ma non significati, espressioni ma non valori.

Eppure la percezione della pochezza dell’accumulo è evidente nella noia generazionale, nella svogliatezza emotiva che sembra essere compagna di giochi di questa generazione digitale, sensazioni che, rendendo sempre più acuta la fame di pienezza dell’io, spingono sempre più verso un accumulo contenutistico ai limiti del paradosso, rendendo quasi un obbligo pubblicare la foto del piatto che stiamo mangiando…

Ora la domanda vera è: ma la nostra generazione è in grado di preparare il piatto giusto per questo mondo tecnologico, un piatto fatto dall’emozione dell’accoglienza cucinata nel modo giusto?

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal Libro “L’emozione del passaggio generazionale”, Currenti Calamo Editore, C.Faletti, C.Giannino, 2017




“Come avere fede ed essere felici” con Nanda Ubaldini

Cari Lettori,

c’è una bellissima novità: d’ora in poi gli appuntamenti settimanali de “Il Giardino Incantato degli Eroi” e del “Soul Talk” verranno trasmessi in live streaming sia sul Canale You Tube “Jasmine Laurenti”, sia su quello di “BetapressTV”.

L’ospite di domani sera, giovedì 10 febbraio, è Nanda Ubaldini.

Ho avuto il piacere di intervistarla a dicembre dello scorso anno in occasione del flash mob che la vede ideatrice e protagonista: “Lettere a Dio”.

In sintesi: Nanda non ha avuto una vita facile. Tutt’altro. All’ennesima “tempesta” decide di scrivere una lettera al Creatore dell’Universo e di spedirla con tanto di francobollo.

Obiettivo: chiederGli se tutta quella sofferenza avesse avuto un senso.

Nell’arco di ventiquattr’ore, il suo atto di fede viene premiato con un incontro speciale. Da quel momento la sua vita non sarà più la stessa.

Forte di questa e di altre vicissitudini brillantemente superate, oggi Nanda è un punto di riferimento importante nell’ambito della crescita personale e di una spiritualità “libera” da dogmi, formalismi ed etichette.

La sua Missione è dimostrare al mondo che, se c’è la Fede, tutto è possibile.

Basta riconnettersi al divino, scoprire la potenza creativa del pensiero e scoprire il vero Senso della Vita.

Solo così l’Essere Umano può essere felice, e continuare a esserlo indipendentemente dalle circostanze!

SAVE THE DATE AND THE EVENT:

Giovedì 10 febbraio 2022 alle ore 20:30 in Live Streaming sui Canali “Jasmine Laurenti” e “BetapressTV”:

“Come avere fede ed essere felici” – Soul Talk con Nanda Ubaldini.

Buon ascolto!

Jasmine Laurenti

 

 

 

 

 




FOIBE: peso sull’anima dei giusti.

IL GIORNO DEL RICORDO

Il 10 Febbraio si celebra il Giorno del Ricordo: solennità civile italiana, che vuol mantenere vivo il ricordo dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.

Venne istituita nel Marzo 2004, con l’intento di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale“.

Momenti di intensa commozione vengono vissuti dai parenti delle persone soppresse e infoibate in Istria, a Fiume, in Dalmazia o nelle provincie dell’attuale confine orientale.

Ma è anche un momento di profonda italianità, poiché tutta questa gente ha profondi vincoli con la propria Patria, al pari di quanti – pur ‘tagliati fuori’ da tuttora discutibili intese internazionali, e posti oltre il confine italiano – in cuor loro hanno mantenuto forti legami con la madre Patria.

Il giorno prescelto coincide con  il giorno in cui, nel lontano 1947, furono firmati i Trattati di Pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia; territori in precedenza facenti parte dell’Italia: e questo è bene evidenziarlo.       

Nell’imminenza della ricorrenza, ho intervistato in esclusiva per BETAPRESS il Dott. Antonio Ballarin – esule di seconda generazione nato al Villaggio Giuliano Dalmata di Roma, come lui ama precisare – già Presidente FederEsuli – Federazione delle Associazioni degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati

 

Dott. Ballarin, come ci si appresta a celebrare questo particolare Giorno?

Nell’approssimarsi del Giorno del Ricordo osserviamo, in questi ultimi anni, un crescendo di intemperanza da parte dei veterocomunisti, quelli che ancora oggi, tenacemente, continuano a giustificare i massacri perpetrati dalle milizie di Tito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale in Istria, Quarnaro e Dalmazia.

Quattro anni fa era uscito un articolo del Collettivo Nicoletta Bourbaki ripreso dall’ “Internazionale”, poi è stata la volta di Moni Ovadia su “il Manifesto”, poi Eric Gobetti con il libro “E allora le Foibe?”, poi il Prof. Montanari con le sue particolari dichiarazioni, e così via.

Obiettivo: giustificare l’odio anti-italiano perpetratosi ben oltre il 1945 e che ha portato all’uccisione (foibe, fucilazioni, annegamenti e deportazioni in lager) di circa 12.000 persone italofone.

 

Quindi, permane l’amarezza per il perdurare di un anti-storico ‘giustificazionismo’? 

Certo! Vuol sapere il teorema del giustificazionismo? Molto semplice… ‘Fascismo’: dunque, ‘Foibe come reazione’, dunque ‘Esodo come conseguenza’.

A fronte di ciò, sorgono due domande:

La prima: ma l’odio anti-italiano nell’Adriatico Orientale non era nato prima, con gli Asburgo?

La seconda: giustificare il crimine commesso da A nei confronti di B (A GUERRA FINITA), in quanto B conosceva/era parente/era assimilabile a C, nemico di A, non è come legittimare il concetto di faida?

In altre parole: Pippo era nemico giurato di Pluto, Paperino è amico di Pippo, Pluto ammazza Paperino.

 

Avete provato a stimolare un incontro chiarificatore, al fine di pervenire ad una Verità unica e condivisa?

Da questo orecchio i veterocomunisti non ci sentono, né intendono confrontarsi su di un piano squisitamente storico, fatti alla mano: così prediligendo una ‘storia’ ad usum.

Ed hanno talmente paura della verità – e, con essa, di noi: in grado di smentire TUTTE le loro assurde tesi con la nostra stessa vita – che evitano accuratamente – e, mi permetta, con testarda ostinazione – qualsiasi confronto con il Popolo dell’Esodo Giuliano-Dalmata.

È la classica tattica a loro tanto cara: seminare DIS-INFORMAZIONE senza possibilità di smentita (p.e.: ricordate Chernobyl? Diceva allora ‘la Pravda’ di Mosca: “Tutto ok! Tutto sotto controllo!”), ignorando, aggirando o mistificando le tragiche VERITA’.

 

Ma queste posizioni sono ovunque, in Italia?

Fortunatamente, no.

Ad esempio, la Regione Piemonte, con coraggio e con grande obiettività, ma anche affettuosità per il nostro mondo – così rispettandone le sofferenze, e per dare dignità alla Memoria storica di questa Nazione ‘scordarella’ – organizza eventi e pubblica un manifesto, di grande effetto, per la ricorrenza del Giorno del Ricordo.

I veterocomunisti si arrabbiano, strepitano e gridano allo scandalo. Forse, avrebbero preferito, nel manifesto della Regione Piemonte, vedere il Fascio Littorio al posto della Stella Rossa sui baschi dei soldati?

Le facce terrorizzate dei civili, invece, sono proprio quelle dei nostri cari a guerra finita.

Evidentemente, la Regione Piemonte ed il suo illuminato Assessorato all’Emigrazione hanno colpito nel segno.

Un grande plauso va al loro lavoro, alla loro onestà intellettuale, al loro sforzo nel proporre la narrazione corretta della Storia.

 

Nel ringraziarla per questa intervista, un’ultima domanda: ci sono ancora verità nascoste?

Al riguardo, una evidenza tra altre: Vergarolla… una pagina di intensa tragicità cui ancora non è stata data degna, chiara ed esaustiva lettura e quindi risposta. Ma noi esuli siamo tenaci: la ricerca della VERITA’ e un profondo desiderio di GIUSTIZIA sono uno sprone che è nel nostro DNA, di generazione in generazione.

 

 

Giuseppe Bellantonio

 

 




Bullismo fenomeno dilagante

La “Prima Giornata nazionale contro il bullismo a scuola” si è svolta il 7 febbraio 2017, in coincidenza con la Giornata Europea della Sicurezza in rete indetta dalla Commissione Europea (Safer Internet Day).

Cinque anni dopo, il fenomeno del cyberbullismo è in costante e rapida crescita, comparendo tra le minacce più temute dai ragazzi dopo droghe e violenza sessuale.

Secondo le ultime ricerche, infatti, colpirebbe addirittura il 61% degli adolescenti italiani, rappresentando pertanto un notevole rischio, a discapito della potenziale utilità delle tecnologie più innovative legate al contesto web.

Per far fronte a questa vera e propria emergenza, e tutelare giovani e giovanissimi che utilizzano quotidianamente gli strumenti informatici, il Garante della privacy ha provveduto a divulgare una scheda informativa nella quale spiega come difendersi dal cyberbullismo su social network e web.

Dunque, per arginare tale problematica in maniera concreta, è possibile avvalersi di quanto previsto dalla legge 71/2017 per il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, in tutte le sue manifestazioni, richiedendo la rimozione gratuita dei contenuti a carattere denigratorio pubblicati in rete.

Cyberbullismo. Cosa dice la legge 71/2017

Come illustra la scheda informativa promossa dal Garante della privacy, la legge 71/2017 offre ai minori l’opportunità di richiedere l’oscuramento, la rimozione o il blocco di contenuti a loro riferiti e diffusi per via telematica, qualora gli stessi vengano ritenuti a tutti gli effetti atti di cyberbullismo, (ad esempio immagini e video offensivi o che generino imbarazzo, pagine web o post social in cui si ritenga essere vittime di offese, minacce, insulti o vessazioni).

Le richieste di cancellazione dei contenuti ritenuti offensivi devono essere inoltrate al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media ove sono pubblicate le informazioni, le foto o i video ritenuti atti di cyberbullismo.

L’istanza può essere inviata direttamente dal minore, se di età superiore ai 14 anni, o in alternativa da chi esercita la responsabilità genitoriale.

Il titolare del trattamento, così come gestore del sito internet o del social media che ospita i contenuti ritenuti offensivi è tenuto a rispondere e a provvedere all’accoglimento della richiesta di eliminazione, il tutto nei tempi previsti dalla legge.

Qualora la richiesta non venga soddisfatta, è comunque possibile rivolgersi al Garante della privacy, che si attiverà entro 48 ore.

Per inoltrare le segnalazioni all’Autorità, è possibile utilizzare il modello preposto, che deve essere inviato via email all’indirizzo cyberbullismo@gpdp.it.

Cyberbullismo. Cosa dicono le statistiche.

Secondo un’indagine condotta, nel 2021, dall’Osservatorio Indifesa, portato avanti da “Terre des hommes” in collaborazione con “ScuolaZoo”, il 61% degli adolescenti italiani ha dichiarato di essere stato, almeno una volta, vittima di episodi di cyberbullismo.

Il 42,23% di ragazze e ragazzi intervistati, indifferentemente, evidenzia, mediante le risposte fornite, una palese sofferenza esercitata da episodi di violenza psicologica e verbale promossi da parte di coetanei.

Allo stesso tempo, un altro dato appare piuttosto chiaro: il 44,57% delle ragazze intervistate avrebbe manifestato un forte disagio causato dal ricevere commenti non graditi di carattere sessuale online.

L’8,02% delle ragazze ammette di aver compiuto atti di bullismo o cyberbullismo, percentuale in crescita fino al 14,76% tra i ragazzi.

Il 60% circa degli intervistati ha dichiarato inoltre di non sentirsi al sicuro online: sono in questo caso le ragazze (circa il 61,36% delle intervistate) ad avere più paura, soprattutto sui social network e sulle applicazioni per incontri.

I rischi percepiti in misura maggiore

Tra i rischi maggiori, sia per quanto concerne i maschi che le femmine, al primo posto compare proprio

il cyberbullismo in misura di circa il 66,34%,

seguito dalla perdita della privacy (49,32%),

dal “revenge porn” (41,63%),

dal rischio di adescamento da parte di malintenzionati (39,20%),

dallo stalking (36,56%)

e dalle molestie (33,78%).

Nella classifica dei peggiori incubi online, le ragazze pongono al secondo posto il “revenge porn” con una percentuale pari al 52,16%, unitamente al rischio di subire molestie online per il 51,24%.

A tali minacce seguono l’adescamento da parte di malintenzionati (49,03%) e la perdita della propria privacy (44,73%).

In particolare, lo stesso Osservatorio Indifesa ha evidenziato due novità di rilievo nell’indagine dedicata al 2020, sebbene nel 2021 il tutto sia ulteriormente incrementato: il “revenge porn” e il senso di isolamento percepito dai giovani.

Nel caso del “revenge porn”, un adolescente su tre ha infatti confermato di aver visto circolare foto intime personali o dei propri amici e conoscenti sui social network.

Quasi tutte le ragazze (circa il 95,17% delle intervistate) hanno consapevolmente preso atto che vedere le proprie foto o video hot circolare online senza il proprio consenso risulta grave al pari di subire una violenza fisica, percentuale in lieve discesa invece per i ragazzi, con cifre pari all’89,76%.

Non dimentichiamo, inoltre, che tendono a persistere i vecchi pregiudizi, legati soprattutto alle tradizioni famigliari e a contesti di degrado culturale.

Infatti, il 15,21% dei ragazzi considera una “ragazza facile” quella che sceglie liberamente di condividere foto o video a sfondo sessuale in compagnia del partner (per le ragazze tale asserzione risulta vera solo nell’8,39% dei casi).

Cyberbullismo, effetto covid e lockdown

Covid e locksown hanno peggiorato la situazione.

Infatti, forte e crescente è il senso di solitudine registrato dall’indagine, correlato quasi certamente alle misure precauzionali adottate durante il lockdown, al distanziamento sociale, e alla didattica a distanza.

Il 93% degli adolescenti ha infatti affermato di sentirsi solo, con un incremento del 10% rispetto a quella che era stata la rilevazione precedente.

Un aumento ancora più significativo se si pensa che la percentuale di chi ha indicato di provare solitudine “molto spesso” è cresciuta addirittura del 33%, giungendo rapidamente ad un drammatico quanto allarmante 48%.

Dati preoccupanti dunque quelli raccolti dall’Osservatorio Indifesa, che dovrebbero indurre a riflettere su come la tecnologia, per quanto all’avanguardia, implichi rischi di notevole entità, specie per gli adolescenti che non sempre accolgono con consapevolezza le innovazioni.

Concludendo, non aspettiamo il 7 febbraio per ricordarci dei rischi in rete.

Spegniamo il cellulare, accendiamo il cervello e controlliamo i nostri figli.

Noi, come redazione, non ci stancheremo mai di trattare questo fenomeno culturale, consapevoli che è un’emergenza sociale che, con effetto domino, si sta ribaltando su tutte le generazioni future.

La sola via utile da intraprendere è quella della tutela dei minori, messa in atto mediante una corretta e veritiera informazione (anche e soprattutto da parte delle istituzioni scolastiche, è vero, ma non basta).

La scuola, ma ancor prima la famiglia, devono formarsi ed informarsi in modo completo e responsabile.

Solo facendo rete, tutti insieme, genitori, professori, educatori, minori e fruitori possiamo prevenire tutti i rischi legati al cyberbullismo.

La parola d’ordine è EDUCAZIONE COME PREVENZIONE.

Perché, educando ed educandoci all’utilizzo delle nuove tecnologie web, con rigore, consapevolezza e maturità, forse, qualcosa di buono, da festeggiare, in futuro, ci sarà…

 




Parte la trasmissione “Donne che corrono con i lupi”

“Donne che corrono coi lupi” è quello che in francese si dice “livre de chevet” ovvero, libro da comodino.

Io lo considero un libro-talismano ed un libro-pronto soccorso per noi donne.

Per questo, lo tengo sempre lì, sul comodino, come un amico speciale, un’opera preziosa, che dona spunti di riflessione e di crescita interiore.

Attraverso fiabe antiche l’autrice, ci dà gli strumenti per connetterci con la nostra natura selvaggia e con la nostra forza intuitiva femminile.

Un inno alla meravigliosa parte profonda dell’animo femminile, quello che spesso viene dimenticato.

Donne che corrono coi lupi è un capolavoro di Clarissa Pinkola Estés pubblicato nel 1992.

Psicoanalista junghiana, Clarissa Pinkola Estés ha fondato un’analisi volta al femminile e che mira alla ricerca indiscussa della felicità.

Con la sola forza del passaparola, questo libro è riuscito ad avere un successo planetario ed un tale apprezzamento dalla critica, da rimanere nella classifica best seller del New York Times per i tre anni successivi alla sua pubblicazione.

La Donna Selvaggia è un prodigioso intuito dell’autrice.

La Donna Selvaggia è una forza potente che si basa sull’istinto, una lupa ferina, ma anche materna, soffocata da quelle paure, insicurezze e stereotipi di cui sono quasi sempre vittime le donne.

Attraverso fiabe e miti, culle senza dubbio di tutte le tradizioni culturali, l’artista ci racconta quali sono le trappole in cui cade la psiche femminile, deturpandola della sua bellezza creativa.

Troppe volte, noi donne, ci troviamo ad essere eccessivamente premurose verso altri e poco verso noi stesse, dimenticando la nostra vera natura.

Eppure c’è un fuoco, dentro di noi, da ascoltare: è quello che ci ricorda che il connubio tra donna e lupo non è solo una semplice metafora. Possiamo essere premurose, sì, ma mai senza avere la forza di accendere anche la più piccola fiamma della nostra natura selvaggia.

Proprio in quest’ottica, nasce la serie “DONNE CHE CORRONO COI LUPI”, Parliamone insieme, condotta da Antonella Ferrari, caporedattore scuola, docente e poetessa, autrice del libro “Solo gocce di vita”

In ogni puntata, in diretta streaming trasmessa, sul canale youtube di betapress TV, sarà ospite del nostro programma una donna speciale che ha fatto la differenza nel suo percorso di crescita umana e professionale attraverso una o più rinascite, dando prova di forza d’animo, intuito femminile, versatilità professionale e resilienza personale.

Un viaggio a puntate, attraverso storie di donne comuni, eppur speciali, donne che hanno avuto il coraggio di lanciare il loro cuore al di là dell’ostacolo e di “scrivere dritto su righe storte”.

Un confronto a 360°, dialogo al femminile destinato però anche ad un pubblico maschile, perché, non dimentichiamolo, in ognuno di noi, abitano l’anima e l’animus.

Perché, senza disturbare Jung, quante donne seguono il loro animus, come lato maschile inconscio, e quanti uomini ascoltano la loro anima come lato inconscio femminile.

Del resto, lo dice il titolo stesso del libro, le donne che corrono coi lupi, non corrono da sole, anzi…

 




Adolescenti, social e suicidi

L’adolescenza, è un periodo di transizione dall’infanzia verso l’età adulta.

Durante l’adolescenza, i ragazzi attraversano numerosi cambiamenti nel corpo e nella mente, acquisiscono nuovi ruoli e responsabilità all’interno del contesto sociale e si trovano a dover strutturare una propria identità.

Ma, attenzione, tutti questi cambiamenti tipici dell’adolescenza, da sempre, vanno contestualizzati nelle coordinate spazio-temporali, variabili, in cui l’individuo vive.

Ecco perché, essere adolescenti, oggi, implica attraversare i compiti evolutivi dell’adolescenza declinandoli in un contesto, socio culturale, fortemente influenzato dai social.

A questo proposito, una ricerca interna di Facebook, del settembre 2021, ha evidenziato dei dati allarmanti, dati raccolti negli Stati Uniti e nel Regno Unito relativamente agli ultimi tre anni.

Tra i più rilevanti, emergerebbe che oltre il 40% dei soggetti presi in esame, che hanno dichiarato di sentirsi poco attraenti, avrebbe specificato come tale sensazione sarebbe stata amplificata dall’utilizzo di Instagram.

Ma, soprattutto, sarebbero soprattutto gli adolescenti ad incolpare Instagram per l’aumento del tasso di ansia e depressione.

Non solo, la ricerca di Facebook avrebbe altresì rilevato che gli adolescenti che hanno manifestato intenti suicidi (il 6% negli Stati Uniti e il 13% in UK), ricondurrebbero tale atteggiamento proprio all’uso di Instagram.

La notizia, resa nota dal Wall Street Journal – l’unica testata ad essere entrata in possesso delle slide relative a quanto espresso dal colosso di Menlo Park – fa molto discutere, in virtù del fatto che a prendere coscienza del pericolo è proprio la stessa società che possiede la piattaforma Instagram, la più usata dai giovani al pari di TikTok.

Secondo questa ricerca, Instagram rischierebbe dunque di essere uno strumento di continuo “confronto sociale”, una sorta di paragone costante con modelli che utilizzano, come solo metro di conversazione, il confronto della propria immagine.

Praticamente, agli utenti di questa piattaforma, attraverso il meccanismo del photo sharing, verrebbe veicolato il messaggio che, nella vita, per avere “successo”, bisogna incarnare un dato modello di prestazione fisica e di perfezione estetica.

In effetti, Instagram vede il continuo bombardamento di immagini perfette che appaiono nei feed e nella sezione “Esplora”, ma veramente, gli effetti di questo meccanismo sono così pesantemente negativi sui giovani?

Da anni, ormai lo sappiamo, si è sviluppato un acceso dibattito sugli effetti dei social che– se utilizzati in maniera scorretta e poco sana – possono generare problematiche da non sottovalutare, specie a fronte del fatto che sono i giovani a risentirne in prima persona, spesso in maniera evidente.

Del resto, è evidente, il vero fulcro di queste piattaforme web sono gli algoritmi, creati con l’obiettivo di alimentare interesse verso determinate tendenze, che possono incidere pesantemente su alcune persone più fragili di altre.

Ma come e perchè sul piano cognitivo e comportamentale Instagram è uno strumento dannoso per gli adolescenti?

Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Giulia Alleva Psicologa e Consulente sessuale, Specializzanda in psicoterapia cognitiva

Betapress- Dottoressa, partiamo dai dati, ovvero, una ricerca interna di Facebook, resa nota dal Wall Street Journal ha fatto emergere dati allarmanti su come l’utilizzo di Instagram possa risultare dannoso per gli adolescenti.

Cosa ci può dire in proposito?

Dott. Alleva- Instagram è una piattaforma nota per il photo sharing ed è molto popolare tra i giovani e non solo.

Basti pensare che, ad oggi conta oltre 500 milioni di utenti attivi, distribuiti in ogni parte del mondo.

Ma, attenzione, proprio per i più giovani, il photo sharing rappresenta uno strumento potenzialmente deleterio, in quanto causa un continuo confronto sociale che tende a generare ansia, stati depressivi e disagio tra i ragazzi.

Betapress- Perché, proprio gli adolescenti sono i più vulnerabili?

Dott. Alleva- Uno dei compiti evolutivi dell’adolescenza è la mentalizzazione del corpo. Cioè, proprio l’individuo in fase adolescenziale, prova ad affrontare e realizzare la costruzione di un’immagine corporea, ma anche la sua rappresentazione mentale.

Instagram rappresenta uno strumento dannoso per gli adolescenti perché peggiora i problemi di immagine corporea degli stessi.

Pensiamo che, proprio in una delle slide relative alla ricerca di Facebook, una ragazza su tre dichiara che Instagram peggiora l’idea di sé come corpo adeguato.

Vede, questo dato è molto significativo, perché, gli adolescenti presentano già problematiche legate all’aspetto fisico, all’ansia, alla depressione e ai disturbi alimentari a monte. Il continuo confrontare il proprio corpo reale, imperfetto, con l’altrui corpo virtuale, perfetto, aggrava il senso di inadeguatezza ed inferiorità. Viene da sé che, in un contesto di questo genere, Instagram appare tutt’altro che d’aiuto.

Betapress- Possiamo fare degli esempi?

Dott. Alleva- Certo! Proprio nell’inchiesta del Wall Street Journal è riportata la storia di un’adolescente, Anastasia Vlasova, che a soli 18 anni è in terapia per disturbi alimentari, attribuiti da lei stessa al tempo trascorso su Instagram.

La ragazza si era iscritta alla piattaforma a 13 anni, finendo per trascorrere addirittura tre ore al giorno sul social, incantata dalle vite e dai corpi apparentemente perfetti delle influencer di fitness.

“Quando sono andata su Instagram – ha raccontato la ragazza – tutto quello che ho visto erano immagini di corpi perfetti, addominali perfetti e donne che facevano 100 burpees in 10 minuti”.

Betapress- A quanto pare la storia di Anastasia è ormai piuttosto comune…

Ma ci sono stati degli interventi per arginare il problema?

Dott. Alleva- Sì, dal momento in cui gli stessi ricercatori di Instagram, nel 2019 hanno iniziato a studiare gli effetti indesiderati provocati dalla piattaforma, scoperchiando un vero e proprio vaso di pandora, gli stati hanno dovuto intervenire.

In particolare, ha fatto discutere qualche mese fa la decisione del Ministero per l’Infanzia e per la Famiglia in Norvegia, che ha reso obbligatoria all’interno di Instagram l’indicazione relativa a un’eventuale modifica digitale delle foto pubblicate.

Betapress- Secondo la sua esperienza, quest’intervento è adeguato a risolvere il problema.

Dott. Alleva- l’efficacia completa dell’intervento sarà misurabile nel tempo, certo è che questa indicazione rappresenta un intervento concreto.

Nei fatti, è stata presa una decisione d’obbligo, specie a fronte del dilagante fenomeno del dismorfismo corporeo, il pensiero continuo sui propri difetti fisici, percepiti come amplificati a causa di una visione distorta di sé e della propria fisicità.

Una situazione continuamente fomentata dalla ricerca di “like” e “vanity metric” che, come ampiamente espresso dalla ricerca, genera ansia in particolare negli adolescenti, accompagnata da depressione, frustrazione e bassa autostima, con tutte le conseguenze del caso.

Appare dunque più che opportuno informare su quanto Instagram possa risultare dannoso, specie per i soggetti potenzialmente più fragili, sensibili e insicuri.

L’intento non è certo quello di mettere in discussione una piattaforma in particolare, ma semplicemente di evidenziare quelle che possono essere le conseguenze che l’utilizzo e il format di molti social possono comportare sugli adolescenti e il relativo impatto, sia a livello psicologico che fisico.

Betapress- Ma Instagram stesso sta fronteggiando il problema?

Dott. Alleva- A fronte di quanto emerso, il vicepresidente per gli Affari globali di Facebook, Nick Clegg, ha spiegato in cosa consisteranno le misure per fronteggiare le problematiche relative a Instagram, sebbene per il momento sia ancora tutto in fase di progettazione e non sia stata resa nota alcuna data certa per il lancio di nuove funzionalità.

Entrando nel dettaglio, aggiungiamo noi, si parla di una nuova tecnologia in grado di permettere agli adolescenti di tenersi alla larga da contenuti potenzialmente dannosi per la loro salute mentale: “Quando i nostri sistemi vedranno che un teenager sta visualizzando un certo tipo di contenuto ripetutamente, ed è un contenuto che potrebbe nuocergli, lo spingeremo a guardare un contenuto diverso”.

Il manager avrebbe poi dichiarato momentaneamente sospeso il progetto “Instagram Kids”, piattaforma dedicata ai giovanissimi, per fare spazio alla nuova funzionalità “Take a break”, il cui obiettivo è quello di indurre ragazzi e ragazze a prendersi una pausa dal social dedicati al photo sharing.

Inoltre, ci limitiamo ad aggiungere che, come riportato da un articolo pubblicato su The Verge, si tratterebbe di una nuova feature la cui idea era stata presentata dal capo di Instagram lo scorso settembre, il quale ha ricordato anche l’impegno a sviluppare strumenti che consentano ai genitori di supervisionare gli account dei propri figli.

Certo è che un utilizzo più consapevole, informato e adeguato al proprio ideale di condivisione può sicuramente rappresentare un modello, anche e soprattutto per i più giovani.

Occorre quindi una maggiore attenzione, informazione e consapevolezza nell’utilizzo delle piattaforme social, rendendole non solo uno strumento ludico, ma anche e soprattutto di crescita e arricchimento personale.

 




Mattarella: ma non dovevamo vederci più?

Premesso che la figura di Mattarella ci piace molto, premesso che da vecchio democristiano è la figura giusta per svolgere il ruolo, premesso che questi passati sette anni è stato impeccabile, quindi ben venga la sua rielezione, ma le domande da porsi non sono Mattarella si o no, le domande da porsi sono: ma è davvero così desolato il panorama politico italiano da non avere un nome super partes? Ma davvero? Tutti fighi e strateghi per poi chiedere aiuto al povero Mattarella che era già con le valigie in mano?

Questa elezione, così sbandierata adesso come successo assoluto delle forze politiche, ci lascia davvero l’amaro in bocca; non c’era nessuno in Italia che potesse fare il Presidente della Repubblica, nemmeno Bisio, che l’aveva fatto così bene nel film Buongiorno Presidente?

E poi che ridicolaggine, la Casellati, si si una donna finalmente, addirittura ne stiamo pensando a tre con nomi e cognomi e pure foto, evviva finalmente … e poi Mattarella.

Con questa elezione del Presidente finalmente capiremo e ci conteremo anche politicamente … e poi Mattarella.

Mi raccomando, nulla contro Mattarella, ma con gli altri ci sarebbe da discutere.

Bene comunque, Draghi rimane, Mattarella anche, e questi almeno sono due bravi, ma rimangono anche tutti gli altri, un insieme di monelli che corrono dal Papà e dal Nonno per farsi correggere i compiti.

Ma questa non era la generazione dei politici che rinnovavano mettendo gente nuova perché il “vecchio” doveva andar a casa????

Quindi dobbiamo leggere questi fatti con un dietrofront! Il Vecchio è meglio …

Cari amici, ogni volta io che dirigo questa testata mi illudo e poi puntualmente cado dalle “nubi” facendomi pure male perché capisco che la classe politica italiana non ha classe e non sa far politica.

Ma quale caro prezzo paghiamo noi brava gente che ormai non ci interessiamo più della politica, perché la politica ha fatto sì di venirci a fastidio, se non quello di essere governati da gente peggio di noi.

Così la gravità della nostra situazione la sentiamo quando ci accorgiamo di non percepire più lo scadimento etico della politica come dannoso.

Credo fermamente che il danno più grave che un cittadino possa fare al suo paese è il silenzio, la rassegnazione, occorre comprendere che il silenzio aiuta solo il colpevole.

Oggi siamo contenti di avere ancora fra noi il presidente Mattarella, ma tacciamo sull’inconcludenza di questa classe politica che non è in grado di convergere su uomini validi nel paese.

Volete forse dirci che non ce ne sono?

Volete forse farci credere che l’unico cittadino che incarni i valori di stato degno di fare il presidente della repubblica era Mattarella, uno solo, in tutto il paese, ahimè, ahimè, ahimè…

O forse pensate che noi italiani siamo ormai talmente rimbecilliti da non accorgerci delle vostre incapacità?

Or dunque tremate signori miei, perché verrà un giorno!!!!!.