Quando un ministro mente sapendo di mentire…

… ovvero, meglio, può un ministro mentire?

Vogliamo anticipare alcune note di un servizio che stiamo predisponendo perché Betapress è venuta in possesso di prove che dimostrano palesemente che uno degli attuali ministri mente sapendo di mentire.

Betapress è venuta in possesso, appunto, di mail che dimostrerebbero in modo inconfutabile che uno dei ministri del nostro governo non dice tutte le cose nel modo giusto.

Stiamo ancora facendo approfondimenti e cercando di contattare tutte le parti coinvolte, ma ci sembrava importante iniziare ad avvisarvi: rimanete in contatto per leggere cosa succede e cosa è successo.

Magari la cosa di cui siamo venuti a conoscenza poi vi sembrerà piccola o troppo enorme, ma di certo si basa sulla distruzione della fiducia, sul fatto che chi istruisce (magari proprio chi è ministro) dovrebbe essere sempre lineare, ed anche, vedrete sulla mancata considerazione della lealtà degli italiani.

a tra poco…




Nel pelo del bradipo il segreto per la buona salute

I bradipi e l’antibiotico del futuro

I bradipi del Costa Rica non si ammalano mai.

Nel loro pelo potrebbe esserci l’antibiotico del futuro.

Obiettivo della ricerca degli scienziati è trovare nuovi antibiotici attraverso l’analisi della loro pelliccia.

Per alcuni esperti i bradipi sono la speranza della medicina umana

 

Ultime notizie dal Costa Rica

Secondo quanto riportato dalla rivista Enviromental Microbiology  i bradipi non si ammalano mai.

Gli studiosi affermano che questi lentissimi mammiferi sono sorprendentemente immuni dalle infezioni.

Cosa sono i bradipi? Il mammifero simbolo della lentezza

I bradipi sono dei mammiferi con la caratteristica di essere molto lenti.

La loro proverbiale lentezza nei movimenti li porta a spostarsi al massimo una cinquantina di metri durante l’intera giornata.

Sembra che il bradipo sia davvero la creatura più lenta del regno animale.

 

Dove si trovano i bradipi?

I bradipi si trovano nel Centro America e in Sud America.

Sono presenti nelle foreste pluviali di Bolivia, Brasile, Colombia, Costa Rica Ecuador, Honduras, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù e Venezuela.

Vivono principalmente sugli alberi ma, essendo anche abili nuotatori, si trovano a loro agio anche negli habitat paludosi e lungo i fiumi. 

I bradipi tridattili e i bradipi didattili

Ne esistono due specie: i bradipi tridattili e i bradipi didattili.

I bradipi tridattili (foto n. 1), ossia con tre dita, o meglio unghie, il cui nome scientifico deriva dal greco antico e significa piede lento (βραδύς, bradýs e πούς, poús), sono gli unici membri del genere Bradypus e della famiglia Bradypodidae.

I loro parenti più prossimi sono i bradipi didattili, con due dita (unghie), con i quali condividono gran parte dell’habitat.

bradipo

I bradipi e l’antibiotico del futuro

I bradipi potrebbero portare con sé la ricchezza dell’antibiotico del futuro.

Lo sostiene il dott. Max Chavarria, ricercatore presso l’Università del Costa Rica, che nel 2020 ha iniziato una ricerca, prelevando campioni della “preziosa” pelliccia dei bradipi.

Secondo lo scienziato è possibile scoprire nuovi antibiotici studiando i batteri presenti nel loro pelo.

La pelliccia del bradipo

Il dott. Chavarria ha scoperto che la pelliccia del bradipo ha una particolare caratteristica: è cosparsa da minuscole alghe.

Il manto, o vello, ospita una quantità non indifferente di insetti, alghe, funghi e batteri, tra i quali i microbi che potrebbero facilmente rappresentare un rischio di malattia.

bradipo

Perché i bradipi non si ammalano mai?

Dagli studi è emerso che nella pelliccia del bradipo convivono organismi differenti tra loro e insetti di tutti i tipi.

Un habitat sorprendentemente molto esteso.

Quando c’è coesistenza di una tale varietà di organismi diversi, dovrebbero esserci anche sistemi che li controllano.

Batteri produttori di antibiotici nella pelliccia

Per capire come funziona questo particolare “sistema di controllo”, Chavarria e i suoi colleghi hanno prelevato campioni di pelliccia dai bradipi costaricani.

Dai primi risultati sono emersi già 20 microrganismi che dovranno essere studiati in maniera approfondita.

I bradipi del Costa Rica

In particolare, gli scienziati hanno esaminato i bradipi protetti nel Santuario del Costa Rica (Sloth Sanctuary of Costa Rica), il centro di soccorso fondato da Judy Avey, così da poterli esaminare con cura in laboratorio.

 

Il ricovero dei bradipi feriti in Costa Rica

Il Santuario del Costa Rica è l’originale centro di soccorso per bradipi feriti, orfani e abbandonati.

Originariamente conosciuta come Aviarios del Caribe, questa lussureggiante foresta pluviale tropicale di 320 acri era precedentemente occupata da piantagioni di banane.

 

I fondatori del pronto soccorso dei bradipi

I fondatori Judy Avey-Arroyo e Luis Arroyo hanno inizialmente acquistato la proprietà per offrire tour di birdwatching sul fiume Estrella.

Il governo del Costa Rica ha ufficialmente dichiarato la proprietà una riserva biologica di proprietà privata nel 1975.

I bradipi non si ammalano mai

La capacità dei bradipi di non ammalarsi è confermata anche dalla dott.ssa Judy Avey, che gestisce il ricovero per bradipi feriti.

Non ha quasi mai riscontrato bradipi malati o infetti.

Nel corso degli anni sono stati curati bradipi ustionati dalle linee elettriche o con diverse fratture, raramente bradipi affetti da infezione.

In oltre 30 anni dall’apertura del Santuario al massimo sono stati trovati solo cinque bradipi infetti.

Il mistero dell’ecosistema corporeo dei bradipi

Nell’ ecosistema corporeo di questi simpatici mammiferi accade qualcosa di particolare che, al momento, sfugge agli scienziati.

Il dott. Chavarria ha infatti spiegato che, prima di pensare ad una applicazione per la salute umana, è importante ricercare il tipo di molecole che sono coinvolte nel processo.

 

Il problema dei super batteri e della resistenza agli antibiotici

La pelliccia dei bradipi costaricani sembrerebbe dunque ospitare batteri “produttori di antibiotici”.

È una notizia confortante, dato che la resistenza dei batteri agli antibiotici sta diventando un problema sempre più serio e, potenzialmente, pericoloso.

I casi di decessi dovuti ad infezioni di batteri resistenti agli antibiotici è in aumento e, come spesso accade, il problema è il nostro stile di vita.

La comunità scientifica è da tempo in allarme e si sta mobilitando per dare risposte e soluzioni al problema.

L’uso eccessivo di antibiotici, soprattutto in Italia

È provato che l’uso eccessivo ed improprio di grandi quantità di antibiotici, a volte utilizzati anche quando non servono, ha portato molti batteri ad evolversi a tal punto da resistere anche ai farmaci antibiotici di ultima generazione (Nota n. 5).

L’uso eccessivo di antibiotici rende infatti i microbi resistenti e riduce, nel tempo, l’efficacia di questi farmaci.

Gli scienziati sono, pertanto, al lavoro, per affrontare e risolvere, anche attraverso lo studio dei bradipi, il crescente problema dell’antibiotico-resistenza.

 

Ma la strada è ancora lunga…

C’è ancora molta strada da fare per capire se i composti raccolti sulla pelliccia dei bradipi potranno essere utili anche per l’uomo.

Ci auguriamo, tuttavia, che presto vengano trovate nuove armi contro i super batteri, a quanto pare molto pericolosi per la salute.

E ci auguriamo anche che ai sonnacchiosi e sedentari amici venga concesso il giusto riconoscimento.

 




Il Berlusca amato dalla gente​

Con la cerimonia del commiato, si è concluso il transito terreno di Silvio Berlusconi. Inutili le parole, di fronte a una commozione che ha palesemente toccato il Popolo.

Proprio l’epilogo, con ali di folla spontanea lungo il percorso da Arcore verso il Duomo, ha dimostrato che Egli è sempre stato un riferimento certo e saldo per i Cittadini.
In questo contatto diretto, dove erano distanti ed estranee altre pur significative presenze, è l’esaltazione della vera Figura dell’Estinto.
Il plauso popolare è stato tutto per lui: sincero, spontaneo, testimonianza certa che la Sua visione di un modo e di uno stile del fare, è stato ben compreso, ed ha attecchito non solo nelle menti, ma anche nei cuori.
Ciò che ha fatto, gli verrà riconosciuto.
Ma certamente, nella quotidianità, Egli sarà ricordato a lungo; è stato un protagonista, in vita, e anche dopo come tale sarà ricordato: al pari della Sua indubbia capacità di mediare, ricucire, operare con una visione prospettica ampia e concreta.
La stessa presenza di numerosi rappresentanti delle diplomazie estere, testimonia ciò.




Ragione e Spirito, se ne parla a Palermo

PALERMO | A Palazzo dei Normanni “Il significato della vita: Ragione e spirito”

 

Si svolgerà nella più antica residenza reale d’Europa, a Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana, la II Edizione del Convegno Nazionale di studi su “Il significato della vita: Ragione e spirito”

 

Sabato 24/06/2023, dalle nove sino alle tredici, alla presenza di importanti rappresentanti delle Istituzioni nazionali e regionali, nella prestigiosissima Sala Gialla di Palazzo dei Normanni a Palermo, è in programma l’attesissima II Edizione del Convegno nazionale di studi su  “Il significato della vita_Ragione e spirito”.

 

A darne l’annuncio è l’ufficio stampa del critico d’arte e saggista dott. Paolo Battaglia La Terra Borgese che figura tra i relatori insieme al dott. Michele d’Ajello del Gruppo Oncologico Multidisciplinare di Perugia, alla prof.ssa Giuseppa Graceffa dell’Università degli studi di Palermo, al prof. Michele Lepore dell’Università di Chieti – Pescara, al dott. Giuseppe Mogavero della Fondazione GAL Hassin di Isnello, al prof. Luca Matteo Rapallino dell’Università Genova, alla dott.ssa Lucia Rogato esperta in Scienze Sociali e al dott. Lodovico Rosato dell’ASL di Torino.

 

A presiedere il seminario sarà il dott. Amedeo Rogato, coadiuvato da due moderatori: la dott.ssa Maria Lupo e il dott. Pietro Di Miceli.

 

L’importante seminario sarà impreziosito da uditori provenienti da tutta Italia e da un Recital della bravissima e grande Maya Palermo, già primo flauto presso Concertgebouw Young e Blaricum Music Festival – Olanda, musiche di C.P.E. Bach, Betta, Debussy, Honegger, Palermo, Telemann.

 

La nota del Critico d’Arte non rende noti alla stampa i nomi degli unici due giornalisti accreditati.

 

Chiarissimi invece i temi della struttura del convegno: Il mondo? Uno schizzo venuto male a Dio (Paolo Battaglia La Terra Borgese); Per un approccio più umano alla medicina (Michele d’Ajello); Empatia e chirurgia rapporto che non si può scindere. Esperienza di donna (Giuseppa Graceffa); Natura e Architettura (Michele Lepore); La storia di una grande passione (Giuseppe Mogavero); La montagna madre e ispiratrice (Luca Matteo Rapallino); Riflessioni di una donna madre, credente (Lucia Rogato); Il rapporto chirurgo e paziente: una storia vecchia come la vita (Lodovico Rosato).

Le finalità

Il seminario intende suggerire alcune risposte a dei quesiti sotto la guida dei Relatori.

Il primo obiettivo è di acquisire la nozione corretta di parole giuste per allargare le conoscenze e fare la differenza tra quello che si sa e quello che c’è da sapere con un apprendimento attivo capace di mettere ordine nei modelli caotici di cui è pervasa la società e i rapporti umani.

Ancora: il significato della vita è spesso discusso in termini filosofici, ma può, volendo, essere ridotto a un singolo fatto; la vita è fatta per essere vissuta.

Se esiste, qual è la differenza tra le associazioni di culto in generale (in Italia) e quelle cosiddette atee o delle laicità?

Queste manifestano solo credi culturali? o fatti anche sociali? o talvolta anche politici?

Il significato della vita? domanda senza tempo, è trovare la bellezza nelle cose? sia grandi che piccole?

Quale approccio gli addetti ai lavori devono avere per spiegarsi al meglio?

Come la scienza e la fede possono parlare di associazionismo?

Come indicare le varie forme di società iniziatiche svolgendo un ruolo nella notizia corretta?

Ebbene: le nuove dialettiche acquisite lungo l’evento saranno strumenti utili per affrontare meglio la propria professione e le relazioni sociali.

 




“Solanina”: quando nel veleno si nasconde la medicina

Nella foto: il regista Massimo Libero Michieletto, la protagonista Carlotta Piraino (Nina) e Jasmine Laurenti (Eva)

 

Ed eccoci al quarto episodio del Diario di Eva, iniziato l’estate scorsa per documentare le varie fasi di lavorazione del film “Sola Nina”.

Finalmente, l’anteprima assoluta.

Sabato dieci giugno 2023, al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV), è stato presentato il secondo lungometraggio firmato dal regista indipendente Massimo Libero Michieletto.

L’evento è riuscito a distogliere l’attenzione di un nutrito pubblico che, snobbando la Finale di Champions League fra Manchester City e Inter, ha preferito raggiungere l’Autore e parte del cast, per godere di questa primizia.

Il ritorno dell’Eroe: un po’ di autobiografia

Questa avventura, per me iniziata il 28 febbraio 2022 con un messaggio di Massimo, ha raggiunto il suo climax sabato scorso, quando ho preso il microfono per dare il benvenuto ai presenti.

Beh … ero così emozionata che la mia voce è andata a farsi un giro altrove, letteralmente.
Sarà perché, tra gli spettatori, c’erano anche miei carissimi amici e parenti … o forse perché il mio debutto cinematografico è avvenuto, guarda caso, a pochi chilometri da dove sono nata.

Sta di fatto che mi sono identificata nell’Eroe che ritorna lì dove tutto è cominciato, condividendo il suo premio con gli astanti. Comunque, l’avventura è tutt’altro che conclusa: a settembre, infatti, si ritorna al Festival del Cinema di Venezia.

Il Film

L’opera è coraggiosa, audace, fuori dagli schemi, proprio come il suo Autore. Narra del viaggio interiore di morte e rinascita di Nina – la splendida Carlotta Piraino – iniziato proprio grazie alla tragica fine del suo matrimonio e all’auto che non ne vuole sapere di ripartire: circostanze apparentemente “negative” che giocano, come avremo modo di scoprire, a suo favore.

Il film si apre con lo stridente contrasto fra la sentenza di sfratto subita da Nina e il suo incontro con la “svalvolata” vagabonda vestita da sposa (Giovanna Digito). Le parole di quest’ultima suonano così vere, da metterci subito il tarlo se sia più reale ciò che riteniamo “normale”, o ciò che etichettiamo come “follia”.

Poi, il ritmico susseguirsi di scene come sogni ricorrenti: le lunghe passeggiate e i momenti di gioco fra Maria – Maria Casamonti – e Nina (due universi apparentemente inconciliabili), le tre marie nel salone di bellezza – Barbra Ann Coverdale, Loni Zanatta, Laura Boschiero – il delirante pranzo nel giardino di Eva, narcisista irrisolta nonché sorella maggiore di Nina, con sua figlia Evita – Selene Demaria – e David – David Ponzi – il fidanzato non si è capito bene di chi.

Il Messaggio

Verso la fine, quando il cerchio sta ormai per chiudersi e la “crisalide” Nina è alla vigilia della sua resurrezione (la svolta come rinascita, rivelazione, riscoperta di sé, rivincita), compare in scena l’ex marito di Nina a ricordarle che lei è “il nulla”. Ma è proprio dal nulla che il Tutto può manifestarsi, alla faccia dell’incredulo detrattore della nostra risorgente Eroina.

Il Messaggio è chiaro, tanto da renderci scomodo il non tenerne conto e far finta di nulla: se impari a fidarti della vita e dei suoi giri pazzeschi scopri che, alla fine, tutto è servito a fare di te la persona migliore che tu potessi diventare, il vero Te.

 

Ogni veleno racchiude una potente medicina

La cosa più assurda ma vera è che la solanina, il veleno nascosto nella patata – il prosecchino degustato prima della proiezione mi ha permesso di dare spazio al mio british humour, altrimenti vittima dell’autocensura – è anche medicina per chi, come la nostra sola Nina, grazie all’uscita dalla sua zona di comfort e a una provvidenziale immobilità fisica, può intraprendere il Viaggio dell’Eroe nei meandri della sua psiche.

Insomma: è solo dando carta bianca all’anima, che la nostra vita può fiorire!

“Sola Nina”, infine, ci permette di realizzare che siamo meravigliosamente perfetti così come siamo. E che tutto accade per renderci consapevoli di questa verità.

E questo è quanto. Per ora.

Alla prossima, dalla vostra reporter …

Jasmine Laurenti

Nella foto: Jasmine Laurenti, attrice e voce fuori campo nel film “Sola Nina”, presentato in anteprima assoluta al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV)

 

 




Quando parlare di antifascismo è apologia di reato

Ebbene si, oggi la legge Scelba dovrebbe essere rivolta a chi continua a parlare di antifascismo, facendo l’unica apologia del fascismo oggi presente in Italia.

Nessuno oggi parla più di fascismo se non gli storici che iniziano a trattare quel periodo in modo forse oggettivo, o almeno più oggettivo del solito.

La Storia con la S maiuscola non è ideologia, è Fatti, e chi usa una sorta di revisionismo storico per affermare la propria esistenza non solo non fa del bene al paese, ma soprattutto a se stesso.

Il fascismo non può più tornare, lo hanno capito da molto tempo quelli che chiamiamo fascisti, ma che in realtà sono solo dei nostalgici legati più a meccanismi di cameratismo simil militare, più che di vera fede fascista.

In realtà lo hanno capito benissimo anche quelli che oggi si professano antifascisti, ma nello stesso tempo hanno capito che il loro vestito identitario cadrebbe miseramente nel nulla senza una vestigia di antifascismo militante in difesa ed a baluardo assoluto della costituzione così terribilmente minacciata dalle orde fasciste pronte a riemanare le leggi fascistissime del ventennio.

Credo che, però, il vero problema per gli antifascisti è che questa piccola cosetta che stiamo dicendo l’ha capita la maggioranza degli Italiani.

Lo dicono i risultati elettorali, lo dice la storia.

Un divertente Bersani l’altro giorno diceva alla Gruber: ” e beh ma bisogna stare attenti a questi qui … (sciorbole aggiungeremmo noi)” lasciando intendere che tra poco ci sarà una nuova presa del parlamento ed un esilio sull’Aventino.

Un mio caro amico ex MSI mi diceva appunto l’altro giorno: “non c’è più bisogno di essere fascisti, ormai è anacronistico, ma la cosa divertente è che il ricordo del ventennio lo stanno tenendo vivo gli altri …”.

Quindi il vero problema della sinistra?

Non aver capito di avere a che fare con una vera destra, non con uno sparuto manipolo di salutatori con il braccio alzato, ma con una struttura organizzata e puntuale negli ideali e nelle azioni.

Sarebbe ora di archiviare definitivamente una parte della nostra storia e renderle giustizia, ragionando in termini esegetici, come si dovrebbe fare, per interpretarne il flusso e ridare onore al nostro paese anche per il suo comportamento durante quei vent’anni.

Chi ghettizza movimenti, anche pur piccoli, rende loro una sorta di onore delle armi che attira seguaci, anche seppur pochi, ma che sempre terranno viva una brace.

Nell’animo di tutti esiste una passione che cerca verità, a volte vere a volte presunte, e solo con un nuovo modo di rapportarsi con la storia si potrà pacificare questo paese.

Come poter unire il paese?

Con la cultura, con la storia, con l’abbandono delle continue distorsioni ideologiche, volute e soprattutto ricercate continuamente.

E’ l’ora di investire nella scuola e nelle università, nella ricerca di cultura e sapere e non di tecnologia e materiali, è l’ora di rifondare la scuola italiana trovandone il senso, ridando ai nostri ragazzi il senso della storia e di questo paese.

Prendiamo tutti i soldi del PNRR e diamoli al personale scolastico come aumento di stipendio, rifacendo con loro un contratto serio, anche solo per dieci anni, rimettendo al centro la loro professionalità, la loro capacità di creare cultura, ridiamo alle università il loro ruolo, la ricerca del sapere, della teoria del mondo, rifondiamo questo paese, rimettiamolo al suo posto nel mondo, ovvero tra i primi paesi.

E’ l’ora di abbandonare la ricerca di una piccola conferma personale per ricercare dentro di noi quel nome che da solo ha mosso eserciti, scienziati, popoli in tutto il mondo, e dappertutto il nome era lo stesso, Patria.

E se fosse questo il tema da studiare? e se fosse il bene di tutti? e se fosse quell’animo che da sempre ha differenziato il nostro popolo nel mondo?

Allora rifondiamo i percorsi culturali di questo paese e riscopriamo il senso di essere paese, in particolare io direi di QUESTO paese.

Siamo Fascisti? Comunisti? Antifascisti? Destrorsi, sinistrorsi?

Mi viene un grosso dilemma: e se fossimo solo, tutti, profondamente italiani?.

 

 




Salone del Libro di Torino: la cultura come amica.

Apre oggi il salone del libro di Torino, importante evento, baluardo di difesa culturale tra gli ultimi rimasti.

La manifestazione attira ogni anno lettori da tutt’Italia e non solo, lasciandoci sperare che non tutto sia perduto.

Oggi la presenza vede tutte le età, giovani e meno giovani, alla ricerca di un momento di ricerca di senso, di profondità che la società moderna ha perso.

“Cerchiamo il senso del tempo” ci dice Giovanna, studentessa di quinta liceo “e io spero di trovarlo nella gioiosa lentezza del girare una pagina”.

Forse questo è proprio il senso del salone, ritrovarsi con un giusto tempo per la riflessione, la cultura che ritrova il suo tempo per esserci amica.

Molti gli stand, sembra un mercatino veneziano, tante le offerte presenti sui banconi degli editori, di certo possono sembrare anche troppe, gli studenti girano per gli stand con mappe ed indicazioni preparate per loro dai loro professori, forse per non farli perdere nei meandri delle viuzze tra uno stand e l’altro, qualcuno sbocconcella un panino ed ingurgita una bibita seduto per terra.

Oggi noi invece ci siamo presi il tempo per osservare, sedendoci a turno in mezzo agli stand, botteghe moderne di sogni, ed abbiamo davvero osservato, intristendoci per un mondo che cambia come non vorremmo, per la perdita di un’amica, la fantasia.

I ragazzi passano veloci tra le botteghe, qualche domanda distratta, qualche sbuffo, dando l’idea di dover timbrare una sorta di  cartellino, una corsa per raggiungere tutti gli stand indicati nel loro ruolino di viaggio.

Noi siamo seduti in alto sul loggione e guardiamo, sperando che la consapevolezza di un bisogno di tempo mentale per capire ritorni fra noi, ritorni in quei ragazzi che vediamo muoversi come formiche in uno scenario atomizzato.

Siamo sull’orlo di cedere alle macchine l’ultima nostra caacità, quella di sognare.




Il ghiaccio che non dimentica: una carota ricorda i test nucleari

Il ghiaccio che non dimentica: una carota ricorda i test nucleari.

Nel ghiaccio antartico tracce dei test nucleari del passato

È coordinata dall’Università di Firenze la ricerca che ha documentato e misurato in una carota di ghiaccio (un cilindro di ghiaccio perforato a partire dalla superficie di un ghiacciaio) la presenza di plutonio, dovuta agli esperimenti a partire dagli anni ’50.

La carota di ghiaccio estratta in Antartide dal gruppo di ricerca dell’Università di Firenze si è rivelata un vero e proprio “archivio ambientale”.

Il lavoro del team

Il team coordinato da Mirko Severi, Rita Traversi e Silvia Becagli, è riuscito a misurare tracce di plutonio-239, risalenti a test nucleari condotti molti decenni fa.

carota di ghiaccio appena estratta dal carotiere durante le fasi di misurazione e logging
carota di ghiaccio appena estratta dal carotiere durante le fasi di misurazione e logging

La ricerca è avvenuta grazie alle attività di perforazione, estrazione e analisi di un cilindro di ghiaccio perforato a partire dalla superficie di un ghiacciaio (altrimenti detto “carota” ed è stata pubblicata sulla rivista scientifica  Chemosphere.

“Il plutonio-239 è un marker specifico per valutare gli effetti sull’ambiente dei test nucleari iniziati negli anni ‘50 e condotti fino agli anni ‘80″

Spiega Mirko Severi, associato di Chimica analitica dell’Ateneo fiorentino.

“Si tratta, infatti, dell’isotopo fissile primario utilizzato per la produzione di armi nucleari.

Il suo ritrovamento, in primo luogo, è utile per determinare una datazione accurata degli strati nevosi: dal punto di vista glaciologico, la presenza di plutonio-239 nelle carote di ghiaccio permette, infatti, di attribuire i campioni agli anni in cui venivano condotti i test sulle armi nucleari”.

il campo di Little-Dome C (Antartide) allestito per la perforazione profonda nell'ambito del progetto Beyond EPICA.
il campo di Little-Dome C (Antartide) allestito per la perforazione profonda nell’ambito del progetto Beyond EPICA.

A partire dal 1952, infatti, sono stati eseguiti numerosissimi test con ordigni nucleari.

In particolare, durante i primi esperimenti venivano fatti esplodere in atmosfera e la radioattività sprigionata poteva arrivare anche in posti remoti e lontani dall’esplosione, come l’Altopiano Antartico, dove il team dell’Università di Firenze ha eseguito il carotaggio.

I commenti

Il commento di Rita Traversi, associata di Chimica analitica Unifi:

“L’esistenza di tale materiale radioattivo in un posto così isolato, nella parte centro-orientale del continente a oltre 3mila metri di altitudine, dovrebbe indurre a riflettere su quanto l’azione dell’uomo impatti sul nostro pianeta.

I tempi di permanenza nell’ambiente del plutonio-239 sono lunghissimi, la sua concentrazione si dimezza in 24mila anni”.

Le attività del team sono frutto di un’esperienza avviata negli anni ’90 – nell’ambito del progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica) – con progetti di ricerca in Antartide tuttora in esecuzione.

Nello specifico, la ricerca pubblicata su Chemosphere si basa su una carota della lunghezza di circa 120 metri, prelevata tra il 2016 e il 2017 e poi trasportata e analizzata nei laboratori Unifi del polo scientifico di Sesto Fiorentino.

la fase di estrazione dal carotiere
la fase di estrazione dal carotiere

Il commento di Silvia Becagli, tecnica del gruppo di ricerca:

“A differenza degli studi precedenti basati su tecniche di misurazione della radioattività che necessitavano di grandi quantità di campioni (qualche chilo di ghiaccio)  le analisi condotte nei laboratori Unifi hanno permesso di raggiungere risultati soddisfacenti con campioni dal volume molto più ridotto. 

Tale ‘snellimento’ è un vantaggio importante poiché generalmente i campioni da analizzare vengono suddivisi tra vari gruppi di ricerca; quindi, a una minore necessità di materiale per condurre le ricerche corrisponde una maggiore possibilità di eseguire ulteriori tipi di analisi”.




Lupo Migliaccio Segretario nazionale della Democrazia Cristiana

Si è appena concluso il XX congresso della Democrazia Cristiana, l’unica legalmente valida, che ha visto l’avvicendamento del vecchio segretario, il Professore Nino Luciani, che è stato sostituito dall’Avvocato Lupo Migliaccio di San Felice, che da oggi guiderà il partito già di Zaccagnini, Moro, Andreotti e compagni (forse compagni non è molto adatto).

Alla Presidenza riconfermato Gabriele Pazienza, che è stato il motore di questo cambiamento.

Un DC rediviva, che negli ultimi anni non ha certo brillato per chiarezza e messaggi, basti pensare che ci sono ancora sette DC, o che almeno si dichiarano tali, in Italia.

Quella del Segretario Migliaccio sembra però l’unica che legalmente può dire di essere la discendente o la continuazione della Democrazia Cristiana scudo crociato.

“Il nostro programma non è complicato, perché questo paese non ha bisogno di cose roboanti, ha bisogno di ritrovare se stesso e di costruire un futuro più a misura di cittadino; dobbiamo tornare indietro per andare avanti” così esordisce il nuovo Segretario “scuola, lavoro, tasse, queste cose le dicono sempre tutti, ma poi nessuno fa nulla. Noi vogliamo rimettere al centro dell’azione politica i diritti del cittadino, così come li sancisce la costituzione, senza ma e senza se. Vediamo chi sarà capace di ostacolarci, vediamo chi vorrà rimboccarsi le maniche”

Betapress: come vede il futuro di questo paese?

Migliaccio: “Oggi questo paese non ha un futuro, ha solo un presente tenuto insieme dal fil di ferro! Non è questione di destra o sinistra, ma nemmeno di centro se vogliamo, è questione di cuore e passione.”

Betapress: Quindi non è questione di soldi o di potere?

Migliaccio: “I soldi servono ed il potere è necessario per avviare i cambiamenti, chi dice il contrario è uno sprovveduto, quello che conta è chi deve esercitare la gestione di entrambi. Abbiamo lasciato in mano il paese prima a coloro che ormai erano in politica da 40 anni, poi ai ragazzini sprovveduti, adesso a chi è stato all’opposizione da sempre. Ora non servono dei professionisti, servono dei veri Italiani che agiscano come il buon padre di famiglia, quindi con competenza e con cuore.”

Betapress: Ma la DC non è stata quella che ha, in fondo, generato questi mostri che Lei cita?

Migliaccio: “In parte, nessuno è senza colpa, a partire da chi ha votato sempre con una mano sugli occhi. La DC infatti è stata nella sua tana a leccarsi le ferite per molti anni, ha lasciato (sbagliando) che i suoi spazi venissero presi da forze politiche che non avevano nel loro midollo la stessa spina dorsale che ha avuto la DC, anche quando poi si è polverizzata davanti ai propri errori.”

Betapress: ed oggi cosa ci sarebbe di differente dagli altri?

Migliaccio: “Una grande consapevolezza dei bisogni del Paese, la capacità di riconoscere i propri errori, l’umiltà di non pensare di avere tutte le ricette in tasca, ma soprattutto la certezza di non aver bisogno di ricoprire posti politici. Nelle nostre fila ci sono personaggi di alta levatura professionale, accademica, umana, etica, di ogni età, accomunati da una fede incrollabile nel paese. In questo momento non ci interessa acquisire poltrone, ci interessa molto di più fare opinione, risvegliare la coscienza degli italiani, in modo che nel voto ritrovino la propria parola e la propria capacità di dare un futuro alla nazione.”

Betapress: In pratica state “tornando” per essere la coscienza del paese?

Migliaccio: “Non speriamo tanto. Vorremmo solo poter essere quella vocina che riesce a dire le cose che gli italiani solo pensano.”

Betapress: ultima domanda, ma come la mettiamo con le sette DC?

Migliaccio: “Non esistono sette DC, ne esiste solo una, che sarà ben lieta di accogliere tutti quelli che oggi dicono di essere, sbagliando, la DC. Se chi lo dice ci crede è ben accetto, altrimenti partiremo a difendere l’unità che ci contraddistingue, al fine di far capire chi siamo.”

 

 




“Il Minatore che riesce a tirar fuori i brillanti dal fango”

Intervista alla Dottoressa Elena Pagliacci Cipriani sul nesso fra salute mentale, Spiritualità e Valori.

Faccio una sorpresa a un’amica che non vedo da tanto tempo. Dovevamo sentirci alle nove su whatsapp per un’intervista della durata massima di un’ora. In effetti, alle nove la chiamo e le chiedo se è pronta. Mi risponde di sì. Le dico: “Ok. C’è una sorpresa per te. Avvicinati alla porta.” “La mia porta?” “Sì”. Ed eccomi qui, da Lugano a Milano in carne e ossa, complice il portiere che non l’ha avvisata del mio arrivo, sul pianerottolo, davanti alla sua porta.

È pazzesco il nostro “sentirci” a distanza. Perché proprio ‘oggi’ ha deciso di indossare un maglioncino color glicine (uno dei miei colori preferiti) e indossare gli orecchini che le ho regalato al suo compleanno di qualche anno fa. Me lo fa notare, felice della singolare coincidenza che sappiamo non esserlo affatto.

 

Preambolo.

Ho avuto la fortuna, anzi meglio, la benedizione di incontrare Elena ventitré anni fa, grazie a un amico comune che ci ha presentate.

Non è andata proprio così: la verità nuda e cruda è che stavo attraversando uno dei periodi più assurdi della mia vita e piangevo in continuazione. 

Incrocio Franco (l’amico di cui sopra) nel lungo corridoio di una sala di doppiaggio, a Milano. Mi dice: “Ti fisso un appuntamento con una mia amica. È bravissima. Vedrai che ti aiuterà.”

21 marzo 1999: entro e mi siedo sul grande divano del soggiorno della Dottoressa Elena Pagliacci Cipriani, psicanalista e Consigliere nazionale della Lega Italiana di Igiene Mentale, oltre a centomila altre bellissime cose. Bando ai convenevoli, le consumo una nutrita scorta di Kleenex. Il mio Viaggio dell’Eroe più importante inizia così. Pochi mesi dopo intraprendo un percorso spirituale. Lei mi vede rifiorire e ne gioisce, vuole sapere, condivido con lei le mie scoperte. Mi raggiunge in chiesa. Il resto è storia che, col suo permesso, racconterò in un capitolo a lei dedicato della mia autobiografia.

Elena ha un’anima meravigliosa e un cuore che può contenere il mondo.

Incontrarla è un grande privilegio, esserle amica un dono divino. L’ho raggiunta per parlare di argomenti scottanti quale il sensibile aumento, soprattutto fra i ragazzi, di depressione, ansia e stress, dopo il triennio più balordo della nostra storia più recente. L’articolo è qui.

Oggi condivido la parte più spirituale e non per questo meno scientifica della nostra chiacchierata. In tre ore di intervista (volate!!!) ho raccolto una miniera di pepite di saggezza, esperienze e informazioni.

 

Gli argomenti della nostra chiacchierata.

Si è parlato della correlazione fra salute mentale e spiritualità, di come funziona la mente di una persona felice, dell’importanza di sapere ciò che si vuole dalla vita, dello pseudonimo che un amico famoso le ha appioppato e perché, della vulnerabilità come superpotere, di cosa siano l’autorevolezza, il successo e il vero amore. Se avrete la grazia di seguirci fino alla fine, vi riempirete le tasche di chicche preziose di cui far tesoro per tutta la vita.

Dopo aver “sbobinato” l’intervista e trascritto la nostra conversazione, ho deciso che non avrei cambiato una virgola o quasi di quanto ci siamo dette.

Ne è uscito, a mio avviso, qualcosa di molto speciale.

Non mi rimane che augurarvi buona lettura!

 

Il nesso fra salute mentale e spiritualità.

J: Un giorno mi hai detto che c’è un nesso fra salute mentale e spiritualità. Se c’è una correlazione tra loro, in che modo si influenzano a vicenda?

E: “Si influenzano tantissimo. Vedi, il senso dell’analisi è la conoscenza. L’ideale sarebbe, come in un matrimonio, che i due coniugi si conoscessero al punto che ciascuno può leggere la vita dell’altro come in un libro e sapere quello che c’è stato, quello che hanno avuto … Questo è ‘conoscere’ l’altro. Il grande conoscitore per eccellenza è Gesù, se ci pensi. Lui cosa ha fatto? Per farsi conoscere ha lasciato un libro di consigli (sono stati chiamati ‘comandamenti’, ma sono consigli) per la nostra vita.

Così è la nostra spiritualità. Ciascuno di noi ha un libro di conoscenze della propria vita, che è collegata con la propria psiche. La psiche è la somma di tutto quello che è il tuo istinto, l’ego, l’es, tutte queste cose messe insieme. Anche chi non ha questa parte (spirituale ndr), la ricerca. Come? Per esempio attraverso la paura della morte, che ti spinge a superarla con la spiritualità, il credere in qualcosa, qualsiasi cosa.

Ebbene: se osservi una persona malata di mente e la paragoni con una persona posseduta, vedi che c’è un nesso. È come se ci fosse un uomo interiore cattivo che prende la tua psiche e la trasforma. Ho avuto tra i miei pazienti molte persone che hanno tentato il suicidio e tutti dicono la stessa frase: ‘C’era qualcuno che mi diceva: Buttati. Perché non lo fai? Buttati!’

È come se la nostra psiche a un certo punto facesse entrare un inquilino indesiderato, che si siede sul divano di casa nostra e non se ne va più via. C’è un miscuglio di quello che potremmo definire ‘demoniaco’ e quello che è la tua psicologia. Io sono assolutamente convinta che c’è un nesso preciso, perché vedo questo inquilino che si impossessa della mente, soprattutto quella dei ragazzi. E non ha nulla a che fare con quello che bevono: è la somma di tutte le cose (abitudini, pensieri, ndr) che fanno sì che l’inquilino prenda il sopravvento. Il nesso è strettissimo, anche se non lo sai riconoscere.”

J: Può una persona con il proprio libero arbitrio scalzare questa presenza?

E: “Potrebbe.” 

J: E allora perché si arriva a certi estremi?

E: “Perché da una parte hai la voce della spiritualità che ti invita a guardare il cielo, e non è quella voce che ti dice: ‘Credi, credi in me’. No no no. È vivere in funzione di questo cielo. Non importa se c’è la prova, la sofferenza. Ti invita a pensare che non sei solo e che puoi contare su una mano che è sempre vicina a te. Anche dall’altra parte c’è una mano, ma è una mano che ti tira giù. È una mano che continua a prometterti sempre e solo cose materiali, ma che ti tira sempre più giù, sempre più giù, sempre più giù. È una lotta quella che devi sostenere, per arrivare a dire: ‘No, grazie. Io non voglio scendere così in basso.’ Ma quando sei così in basso è difficilissimo risalire.”

 

Il punto di contatto fra psicanalisi e spiritualità.

J: Se ho capito bene quindi psicanalisi e spiritualità hanno trovato un punto di contatto?

E: “È un po’ come quando trascuri una pianta per molto tempo. Alla fine questa pianta non fiorirà più. Credo che ci sia una parte della psicanalisi che nega completamente ciò che è spiritualità e fede. Io ti parlo da credente – ‘credente’, non ‘religiosa’ – e ti parlo di quello che vedo. Vedo che c’è questo nesso: questo inquilino indesiderato entra e ti soggioga. Lo vedo soprattutto nei ragazzini, dove c’è un terreno ampio dove puoi scavare. Quando dico ‘alza gli occhi al cielo’ non intendo parlare di religione o di fede, ma di spiritualità, di etica. L’etica è data dai valori interiori e dalla libertà.

Quando vedi una persona e ti dici: ’Non riesco a capire: da una parte mi sembra bella, dall’altra la vedo cinica.’ È perché le radici, l’Etica, erano buone all’inizio. Poi arriva la depressione e ti dici: ‘Caspita, com’è possibile?’ ‘Cosa succede?’ ‘Come funziona questo meccanismo?’ Secondo me c’è proprio un incrocio fra spiritualità e psiche. È come se quell’inquilino indesiderato entrasse, tuo malgrado; gli hai lasciato uno spiraglio, una piccola porta aperta: il non perdono dei tuoi genitori, la rabbia repressa, la tristezza che non hai mai espresso. Una delle regole – per stare bene ndr – è esprimere sempre quello che hai dentro: così chiudi la porta e se la porta è chiusa, l’inquilino non entra. Ma se la lasci socchiusa, il male entra. La mancanza di perdono è la chiave più importante.” 

 

Sulla vera Felicità.

J: Cos’è per te la felicità e come si fa a riconoscere una persona felice?

E: “Gli occhi. Guarda gli occhi. Ho avuto nella mia vita tantissime persone che mi dicevano ‘Io voglio avere gli occhi lucenti come i suoi’. Credo che quando tu mandi via l’inquilino indesiderato e fai entrare il cielo, tutto diventa chiaro, trasparente, arriva la verità ed è la verità che ci rende liberi. Quindi se tu sei libero, la persona che non lo è lo vede, e vuole diventare libero come te.

Per me la vera felicità è l’unione della tua etica personale con la felicità alla quale aspiri. Per tanti è possedere case, macchine … Per me no. La mia felicità è la gioia profondissima che provo quando dò qualcosa a qualcuno senza aspettative e vedo questa luce riflettersi nei miei occhi.”

J: Esiste una correlazione tra salute mentale e felicità? E se sì, come funziona la mente di una persona felice? Te lo chiedo per avere qualche dritta da mettere a disposizione di chi non si sente ancora felice e vuole diventarlo.

 E: “La mente di una persona felice è una mente in cui ‘tutto mi è lecito ma non sono schiavo di niente’: vuol dire che tutto mi è concesso – un bicchiere di vino, una sigaretta … – il veleno sta nella misura. Tanto più esagero, tanto più divento dipendente da una certa cosa, e se sono dipendente da qualcosa, qualsiasi cosa sia … ne sono schiavo. Se qualcuno ti dice: ‘Io sono così buono …’, non credergli. Uno deve essere sempre nella misura. Altrimenti non può essere felice. La felicità è nel non avere rospi in gola, perdonare, avere la misura. Anche Eraclito diceva che quello che diventa malattia è l’eccesso. L’eccesso di freddo, l’eccesso di caldo, non vanno bene. È la misura che fa la differenza. Perfino l’eccesso di amore fa male. Comunque, devo sempre ricordarmi che l’amore non è bisogno ma è scelta. Quindi devo essere felice e contento di me stesso. Poi posso anche avere qualcuno che aggiunge amore, che mi dà amore, che io ricambierò. Altrimenti diventa un bisogno, una schiavitù, una dipendenza.” 

J: Ammesso che la felicità sia il nostro stato naturale, perché al giorno d’oggi è così raro trovare una persona felice? 

E: “Ritorniamo al discorso della conoscenza. Secondo me è importante conoscere te stesso, sapere quello che davvero vuoi, quale sia il tuo obiettivo. Un sacco di persone non centrano il bersaglio. Vanno sempre in tondo, girano su se stesse, vogliono questo, vogliono quello, e mancano il bersaglio, perché mancano quello che davvero vogliono dalla vita.”

J: In questa ricerca, cosa suggeriresti a una persona che disperde le proprie energie e non sa cosa vuole?

E: “Di fermarsi e passare del tempo in solitudine, nella Natura.”

 

Il Minatore che tira fuori i brillanti dal fango.

J: So che tra le persone a te più care ce n’è una che ti ha affibbiato lo pseudonimo di ‘Minatore che riesce a tirar fuori i brillanti dal fango’. Possiamo fare il nome di questo amico?

E: “Certo! (Il famoso cantante italiano Albano ndr). Lui è un amico carissimo, una persona stupenda che si presenta come non è, nel senso che chi lo vede lo percepisce come arrogante, ‘padre padrone’, ma non lo è affatto: è una persona meravigliosa che ha il senso degli altri. Lui mi chiama ‘minatore’ e io lo chiamo ‘contadino’. Quando mi dice che tiro fuori dei brillanti dal fango, lui descrive il mio sogno. Quando vedo persone che rinascono dal fango, sono così felice: questo termine – minatore ndr – mi piace un sacco.”

J: Ti va di regalarci tre piccole storie di tre persone che hai aiutato a risplendere?

E: “Non potendo fare nomi, posso dire che uno è un ragazzo meraviglioso di una famiglia molto importante che per me è stato come un figlio nato nel mio cuore. Lui è una persona che non solo risplende, ma risplenderà e sarà anche il brillante della sua famiglia, che è una famiglia difficile e complicata.

Poi ho una storia fantastica, quella di un signore che aveva avuto un incidente molto grave in cui le è morta fra le braccia la sua bambina, che era accanto a lui in macchina. Questo signore è venuto da me odiando la psicologia, dopo dieci anni di psicologi, e quando è entrato dalla mia porta mi ha detto, in tono di sfida: ‘Avanti! Avanti! Mi dica anche lei perché non sono morto?’ E io non so come mi sia venuta la frase – credimi, è venuta dal cielo, non sono stata io – gli ho risposto: ‘Ma lei È morto’. E lui ha cominciato a piangere, ha pianto per un’ora e mi ha detto: ‘Grazie. Lei ha capito che io ero morto davvero.’ Oggi lui risplende perché sta aiutando tutti quelli che hanno avuto un trauma come il suo.

Un’altra pietra preziosa è un famoso compositore, un signore anziano, un’altra persona meravigliosa, con lunghi capelli bianchi, direttore d’orchestra … Gli era morta la moglie ed era depressissimo, voleva solo morire. Voleva proprio morire. Io gli ho detto che non doveva morire con un amore così grande … A un certo punto gli ho fatto una domanda, pensando tra me e me: ‘Tanto so cosa mi risponderà: questi uomini parlano sempre d’amore ma poi in realtà sono dei traditori … Chissà quanti amori ha avuto.’ Sai, a volte, con i nostri pregiudizi, riusciamo a essere cattivi. ’Mi dica la verità – gli ho chiesto – lei non ha avuto solo quell’amore nella sua vita.’ E lui mi ha detto: ‘No. Io ho avuto due amori nella mia vita. Mia moglie e la mia musica.’ L’ho abbracciato. Lui è un’altra delle pietre che risplendono.” 

 

La vulnerabilità, l’autenticità, la gentilezza e altri valori …

J: Un altro tuo amico fraterno è il Professor Paolo Crepet, che ho avuto modo di intervistare in occasione dell’uscita del suo libro ‘Vulnerabili’. Cosa vuol dire per te essere vulnerabili?

E: “Per me essere vulnerabili è vivere in accordo con la frase ‘Tutto è puro per i puri’. I puri sono vulnerabili. Perché sono puri, non hanno malizia. Paolo è un mio carissimo amico ed è la persona in assoluto che stimo di più fra i miei colleghi. Mi piace perché ha un background meraviglioso: ha lavorato con Basaglia, a stretto contatto con lui. È intelligente ed è un puro, uno che non si fa trafiggere come tanti da mille cose.

Poi, sai, io vedo dei tromboni e dei cialtroni in televisione che sono terribili. Una volta mi avevano invitato all’Isola dei Famosi e gli ho detto che non ci andavo. Ho detto: ‘Avete tanti cialtroni da invitare …’ La giornalista che mi intervistava ha detto: ‘Certo, perché quelli come lei non vengono.’ Non ho dormito per tutta la notte.”

J: Questa cosa come ti ha fatto sentire?

E: “A me è capitato solo una volta di non avere il coraggio di andare avanti in una indagine, perché il signore che era venuto da me, elegantissimo, abusava di bambini neonati, e io non ho avuto il coraggio di continuare. Poi però non ho dormito per tanto tempo e mi sono detta: ‘Devi sforzarti. Devi sforzarti.’ Ma non riesco ad andare oltre alla mia, di etica. Non ce la faccio proprio ad andare all’Isola dei Famosi o al Grande Fratello. Non ce la faccio. Perché poi i miei pazienti vedrebbero che sono quella roba lì.”

J: La vulnerabilità è per te un segno di debolezza o un superpotere?

E: “Un superpotere. Essere fragile è bellissimo.”

J: Chi si rende vulnerabile è più autentico, secondo te? E se sì, basta l’autenticità da sola a difenderci da possibili attacchi esterni?

E: “Se sei autorevole sì. Per me ‘autorevolezza’ vuol dire saper ascoltare e saper rispondere in maniera appropriata, non parlando addosso all’interlocutore. ‘Autorevolezza’ è cercare di comprendere quello che l’altro dice anche se va contro le tue idee e cercare di dare una risposta …

Senti, io racconto sempre ai miei pazienti questo aneddoto, che a me è servito. Uscivo dall’università, avevamo fatto una lezione, io ero con un altro assistente, entriamo al Bar Magenta (storico bar di Milano ndr). Bar pieno. Entriamo. A un certo punto l’assistente che era assieme a me chiede al cameriere un cappuccio senza schiuma. Il barista si capisce che non solo non ha ascoltato, ma che non sta facendo il cappuccio giusto. Per la seconda volta il cliente dice al cameriere: ‘Guardi che io le ho chiesto un cappuccio senza schiuma …’ Il cameriere si volta e fa: ‘E ho capitoooo’. Arriva il cappuccio … come, secondo te? Con la schiuma. L’assistente vicino a me dice al cameriere: ‘Scusi ma io per tre volte le ho chiesto un cappuccio senza schiuma.’ Risposta del cameriere: ‘Ma così è più buono.’ Ascolta bene la risposta dell’assistente, che per me è stata un semaforo nella vita: ‘Sono proprio contento di bere il cappuccio che piace a lei’. L’hanno applaudito nel bar. Perché ha risposto nella maniera adeguata, lasciando l’altro senza parole.

Capisci la differenza? … Tra uno che avesse urlato: ‘Cretino! Ti ho detto che volevo un cappuccio senza schiuma!’ E uno che dice: ‘Sono proprio contento di bere il cappuccio che piace a lei’. Pensalo nella vita di tutti i giorni, nella storia di tutti i giorni. Quando qualcuno ti dice: ‘Stai proprio bene vestita così!’ ‘Sono proprio contenta di aver messo la cosa che piace a te’. ‘Sono proprio contenta di approvare quello che dici tu’. Capisci che cambiamento? Queste io le chiamo le ‘pillole di saggezza’. Dai all’interlocutore la possibilità di capire che ha detto una stupidata. L’hanno applaudito nel bar. E io gli ho detto: ‘Questa è una cosa che farò mia nella vita!’.

Quando sono in coda e c’è quello che ti risponde male, dico: ‘Mi dispiace che oggi sia una brutta giornata per lei.’ Non parlano più. ‘Perché non sei gentile? Perché mi rispondi così?’ Io da quel giorno ti posso dire che ogni volta … vedo quello che, non so, in auto tira sotto la vecchietta e poi urla come un pazzo … Picchietto il vetro e dico: ‘Scusi, perché lei non è gentile?’ Non riescono a replicare.

Un giorno in un bar un signore entra con due telefonini. Subito quelli del bar gli dicono: ‘Ah, due telefonini … uno per la moglie e l’altro per l’amante!’ ‘Eh sì, l’ho preso apposta!’ Io osservo in silenzio. Poi dico: ‘Che brutto …’ Uscendo questo tipo viene da me e mi chiede: ‘Perché ha detto che brutto?’ ‘Che brutto! – gli rispondo – Come sarebbe stato bello se lei avesse detto: ‘In realtà uso un telefonino solo, perché è una la persona che amo. Non ho bisogno di due telefonini.’ E lui: ‘Ma non è vero che io ho l’amante’. ‘Peggio!’ gli dico ‘Perché lei ha detto una bugia in un discorso banale, da bar. Pensi che bello se lei avesse detto invece: Ma no, io non ho bisogno di due telefonini! Lei si è messo nel gruppo dei corvi e delle cornacchie – perché l’aquila vola alto – Non ha bisogno di dire quello che fa o non fa, o delle amanti che ha.’ È rimasto sconvolto (ride)”.

 

Il vero successo.

J: Cos’è per te il vero successo? Differisce di molto dal successo che ci viene ogni giorno propinato dalla pubblicità e dai social media?

E: “Assolutamente sì. Quello che i media o comunque la televisione ti mostrano, è un successo effimero perché tu … guarda i grandi cantanti, quelli che vincono ad Amici e in tutte le trasmissioni di quel genere. Ce n’è uno magari, uno, che ha l’umanità dentro … Ricordo un aspirante coreografo ballerino ad Amici, che faceva delle cose bellissime e infatti poi è diventato un vero coreografo e ballerino. Uno. Su centomila. Perché? Perché ‘dentro’ andava contro gli schemi che gli venivano imposti. Andava per la sua strada. Quella era la sua strada. Quelli che rincorrono il successo ma non hanno dentro quel fuoco, invece …

Vedi, il vero successo non è fatto di soldi, di gloria, di apparire. Siamo sempre lì. Il vero successo è un successo che ti rende felice. Se osservi i personaggi che si sono succeduti alla televisione … Chi erano i personaggi più amati? Quelli che apparivano? No! Era il Frizzi della situazione che era buono, gentile, educato. Perché quelli come lui rimangono. Gli altri spariscono nel nulla.” 

J: Se il successo è l’espressione di chi siamo davvero – l’espressione di quel fuoco interiore – qual è la ricetta per scoprire chi siamo, secondo te, e trovare il nostro posto nel mondo?

E: “Devi trasmettere quell’etica di cui parlavamo prima, un’etica profonda, fondata sui valori di chi ha vissuto nella sofferenza. Tu le vedi le persone che hanno lottato nella vita e quindi hanno raggiunto un risultato … Non so se ti ricordi quel fantastico pianista che aveva la sclerosi e poi è morto (Ezio Bosso ndr). Lui era fantastico, quello che diceva, quello che faceva …

Ultimamente ho letto un libro di Mencarelli, che ha scritto ‘Tutto chiede salvezza’ e ha fatto una cosa in televisione meravigliosa, dove lui parte proprio dal concetto che non c’entra il papà, la mamma o quello che hai sofferto. Se tu hai dentro un disagio esistenziale, che è una forma di malessere per cui devi assolutamente soddisfare tutto e tutti, altrimenti ti senti colpevole di non avere aiutato quello o quell’altro … è questa forma di disagio – che lui è stato bravissimo a tirar fuori – il vero senso. L’etica per cui tu, dando agli altri, dai a te stesso. Ti ripaghi.”

J: Non è una forma di egoismo anche questa?

E: “No, perché dare senza aspettative non è egoismo. Se dai con l’aspettativa del ritorno, allora sì. Se dai con un senso di vittimismo, lamentandoti … pure. Basta. Tu puoi anche aver avuto una vita da disastro. Poi però ti dici: ‘Adesso devo farcela. Da solo. E andare avanti.’ Mencarelli è così: nei suoi libri, che sono autobiografie, dice proprio questo. Cosa fa lui per uscire dalla droga, dall’alcol? Va nell’ospedale Bambin Gesù a pulire la cacca di tutti quelli che ci sono lì. E da lì risale. Non c’è nessuno che ti può aiutare se tu per primo non fai un lavoro di questo tipo. E lui parla proprio di questo suo malessere, nel suo ultimo libro che è meraviglioso: fa tutto un percorso in cui va in varie case e vorrebbe aiutare tutti, perché il suo bisogno è quello …” 

 

L’amore con la “A”.

J: Che cos’è per te l’amore?

E: “L’amore deve essere puro e deve essere una scelta, non deve essere un bisogno. Vedi un sacco di persone che stanno insieme per bisogno. Bisogno del papà, della mamma, dei soldi, dell’appartenenza, bisogno di una donna che ti fa da mangiare. No. L’amore deve essere una cosa del tipo: ‘Ho voglia di vedere il tramonto con quella persona lì che, in silenzio, lo vede con me. Questo è l’amore. Il senso dell’amore. Poi, non confondiamo la passione del primo momento con l’amore.

C’è stata un’intervista che aveva fatto Costanzo. Io non lo amavo tanto, ma ne rispettavo l’intelligenza così come della De Filippi rispetto i valori profondi e non magari le trasmissioni che fa. Però mi piace come persona quando ha dei valori e si sentono. E lui ha detto una frase: ‘Il vero amore è l’affetto che viene nei lunghi anni in cui stai con una persona e la rispetti.’ Secondo me è questo l’amore. Non è quello che vediamo, tutto patinato. No, è l’amore di due persone che stanno insieme, si vogliono bene e si rispettano. Reciprocamente.”

 

Sul cambiare il mondo o fondarne uno nuovo.

J: Ha senso adoperarsi per cambiare il mondo in cui viviamo o ha senso piuttosto costruirne uno nuovo?  

E: “Nel mio lavoro penso sempre: ‘Se anche una sola delle persone che ho visto ha aperto il suo cuore, ha imparato a dare di più agli altri, ha imparato ad ascoltare, nel mio piccolo ho già cambiato il mondo. Penso che stia a noi mettere un piccolo seme. E sono sicura che quel seme lì, se l’ho messo bene, col mio cuore pulito, puro, un giorno darà il suo fiore.

Sai, io piango quando vedo l’orso che devono abbattere … E penso: ‘Caspita, ha ucciso una persona, ma che colpa ne ha? Non lo pensava in quel momento, non aveva la cognizione di ucciderlo. Oppure quando vedo la mafia, e penso: ‘Ma non ci sarà mai, mai una ragione per cui questa … scomparirà? In America buttano bombe, sparano ai bambini … e la mafia è ancora lì. E io mi dico: ‘Come facciamo a cambiare il mondo?’

Allora mi torna in mente una frase che diceva Borsellino, che mi piaceva tanto … che quando gli chiedevano: ‘Ma tu hai paura?’ Lui rispondeva: ‘Ho un sacco di paura. Ma vorrei che anche gli altri avessero più coraggio.’ Penso che sia questa la chiave. La vera chiave per vincere la paura è il coraggio.”

J: … e la speranza!

E: “… di andare avanti e di dire: Io, con coraggio e speranza, ho piantato un piccolissimo seme!”

J: Quali sono i tre valori che illuminano il tuo cammino?

E: “L’ascolto lo metto tra i primi perché è il valore dato dal rispetto dell’altro. Quindi è importantissimo. Io ti rispetto e quindi ti ascolto, perché così ti conosco. Poi sai ce ne sarebbero tanti da dire. L’onestà …

Ma uno dei valori che a me piacciono di più è la purezza. Purezza vuol dire che cerco di non giudicare mai. Faccio di tutto per non giudicare mai, perché chi giudica, giudica sempre. Chi non giudica invece, non giudica mai. Però ci vene facile, a volte, dire: ‘Quello lì, quello là …’ Per me quindi il valore della purezza è restare fermo nella mia etica e nella mia onestà, in quello che sono io: la purezza del mio sentimento. Non fermarmi alle apparenze. Guardare dentro.

A questo valore fa capo la sincerità. Nell’onestà c’è dentro anche la sincerità … Personalmente odio i bugiardi. Perché dico che la conoscenza è importante? Perché dico che in fondo Gesù ci ha lasciato quel libro bellissimo, che contiene dei consigli? Perché quando cominci a costruire una bugia, lo vedi anche nelle telenovelas, una, due, tre, cinque, dieci … tutte queste bugie fanno sì che la tua vita non vada avanti. Mai. Perché le bugie sono sempre una dietro l’altra. E quindi la tua vita non procede … Mai.”

 

Arrivederci a presto, Elena.

Ben, il barboncino nero toy della mia amica, abbaia festoso. Sembra voler dire: “È arrivata l’ora della mia passeggiata”. Prometto a Elena di pubblicare l’intervista nel mio blog su Betapress.it., nella speranza di raggiungere il maggior numero possibile di inconsapevoli brillanti, pronti a uscire dal “fango” di una vita – solo in apparenza – priva di senso. 

 

Foto: Giuseppe Pino.