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Il 17 luglio 1979, durante la prima seduta del primo Parlamento europeo direttamente eletto, il nuovo Presidente del Parlamento, Simone Weil, sottolineò con parole molto toccanti l’importanza dei valori europei di pace, solidarietà e democrazia.

Secondo l’ottica del proprio humus culturale e del personale impegno sociale, Simone Weil affronta la “lettura” della domanda “Quale Europa per il Futuro?” o, meglio: “Quale Futuro per quale Europa?”.

Un’analisi lucida e appassionata, con riflessioni embricate fra loro, colte e misurate, sintetiche ed efficaci, di fronte al clima che si sta insinuando nelle società europee e, in particolare, in quella italiana, riguardo al futuro dell’Europa – e di fronte al nuovo nazionalsocialismo con il quale l’Unione Europea si deve confrontare, così come sui programmi europei; osservando le sfide e interrogandosi sulle risposte possibili.

Di fronte a questo panorama complesso, si trovano sentimenti alimentati dall’ignoranza della realtà, dal fanatismo arrogante e dalle ambizioni sovraniste: «le civiltà non muoiono, ma si suicidano, perché non danno risposte adeguate alle sfide in atto» – diceva Arnold Toynbee – e questa tesi si adatta perfettamente alla situazione attuale dell’Europa, oggetto e soggetto di sfide che vanno da quelle esterne, globali, a quelle interne, culturali.

Alcune di esse possono essere considerate esiziali, per il grado di civiltà raggiunto dall’Europa: Ambiente, Migranti, Guerre, Terrorismo, Sicurezza, Populismo, Sovranismo, Austerità, nuove Autarchie, negazionismi vari, ma anche i nuovi razzismi, l’antisemitismo risorto e mai sepolto, l’intolleranza del diverso – ammesso che esista «un diverso» – secondo un canone unico di discrimine di chi è diverso da chi, per cosa, in quale contesto.   

Fondamentali risultano i richiami alla Coscienza, alla Democrazia, all’Etica, alla Coerenza, alla Laicità (da intendersi come quella affermazione della libertà di pensiero e di culto che trova limiti solo nel rispetto della libertà di pensiero e di culto altrui e come valore etico che favorisce l’armonia sociale ed il dialogo fra le diverse confessioni), alla Libertà e alla Responsabilità.

Un occhio cinico e disincantato potrà leggere queste parole e giudicarle «desuete». Esse sono, invece, più che mai attuali, e saremo noi europei ad essere «desueti» o, meglio, «suicidati», se non vi rifletteremo con un po’ di attenzione – prima che sia troppo tardi, per tutti.

Barbara de Munari, 20 febbraio 2024

 

Di seguito, pubblichiamo alcuni stralci del discorso di Simone Weil.

 

«Non possiamo dimenticare i successi sostanziali delle Assemblee che ci hanno preceduto, ma voglio ora sottolineare con forza il nuovo passo fatto dalle Comunità Europee con questo Parlamento eletto, per la prima volta, a suffragio universale diretto.

È infatti la prima volta nella storia, una storia in cui così spesso siamo stati divisi, contrapposti, dediti alla distruzione reciproca, che i popoli europei hanno eletto insieme i loro delegati in un’assemblea comune che rappresenta, in questa Camera oggi, più di 260 milioni di persone.

Non si lasci adito a dubbi: queste elezioni sono una pietra miliare del percorso dell’Europa, la più importante dalla firma dei Trattati.

È vero che i sistemi elettorali variano ancora da uno Stato membro all’altro – e questo è stato stabilito dall’Atto del 20 settembre 1976 sull’elezione dei rappresentanti dell’Assemblea a suffragio universale diretto – e starà a noi delineare un sistema elettorale uniforme per le elezioni future.

Questo è un compito al quale, insieme a voi, dedicherò le mie energie.

Qualunque sia il vostro credo politico, siamo tutti consapevoli che questo passo storico, l’elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale, è stato compiuto in un momento cruciale per il popolo della Comunità.

 

Tutti i suoi Stati membri si trovano ora di fronte a tre grandi sfide: la sfida della pace, la sfida della libertà e la sfida della prosperità, e sembra chiaro che esse possano essere affrontate solo nella dimensione europea.

 

Iniziamo con la sfida della pace.

In un mondo in cui l’equilibrio dei poteri finora ci ha permesso di evitare la violenza suicida di un conflitto armato fra le superpotenze, le guerre localizzate, per contro, hanno proliferato. Il periodo di pace di cui abbiamo goduto in Europa è stato una fortuna incredibile, ma nessuno di noi dovrebbe sottovalutarne la fragilità.

C’è bisogno di sottolineare la novità di questa situazione in Europa, la cui storia è un lungo capitolo di guerre fratricide e sanguinarie?

Come i suoi predecessori, anche la nostra Assemblea, indipendentemente dalle differenze che ci sono tra noi, ha una responsabilità fondamentale per mantenere la pace, che probabilmente è la risorsa più importante di tutta l’Europa.

La tensione che prevale nel mondo di oggi rende questa responsabilità ancora più grave, e la legittimità conferita a questa Assemblea dall’elezione a suffragio universale, speriamo, ci aiuterà a farcene carico, e a diffondere questa nostra pace nel mondo esterno.

 

La seconda sfida fondamentale è quella della libertà.

Le frontiere del totalitarismo si sono espanse così tanto che le isole di libertà sono circondate da regimi nei quali prevale la forza bruta.

La nostra Europa è una di queste isole; accogliamo dunque con gratitudine il fatto che la Grecia, la Spagna e il Portogallo, con tradizioni antiche come le nostre, si sono aggiunti alle fila dei Paesi liberi.

La Comunità sarà contenta di accogliere anche loro.

Anche qui, la dimensione europea dovrebbe aiutare a rafforzare la libertà il cui valore troppo spesso non viene colto finché non è perduta.

 

Infine, l’Europa deve affrontare la grande sfida della prosperità, il che per me vuol dire far fronte alla minaccia ai nostri livelli di vita posta da quello sconvolgimento essenziale che negli ultimi cinque anni è stato sia scatenato, sia rivelato in tutta la sua ampiezza, dalla crisi petrolifera.

Dopo avere sperimentato per una generazione una rapida e continua crescita nei livelli di vita senza precedenti nella storia, ogni Paese in Europa ora si trova di fronte a una sorta di guerra economica che ha portato al ritorno di quella piaga dimenticata, la disoccupazione, e sta minando la crescita degli standard di vita.

Questo sconvolgimento sta portando a cambiamenti di ampia portata.

Nei nostri Paesi, ognuno è pienamente consapevole che il cambiamento è inevitabile, ma allo stesso tempo lo teme.

Tutti si aspettano garanzie, salvaguardie e azioni di rassicurazione dai governi e dai rappresentanti eletti, a livello sia nazionale che locale.

 

Tutti noi sappiamo che queste sfide, la cui portata viene avvertita in tutta l’Europa con pari intensità, si possono affrontare in modo efficace solo con la solidarietà.

Oltre alle superpotenze, solo l’Europa è un’entità capace di svolgere le azioni necessarie, che superano quelle di ogni singolo membro isolato.

Tuttavia, per agire efficacemente, le Comunità Europee devono unirsi e raccogliere le forze. Il Parlamento Europeo, che ora è eletto a suffragio universale, in futuro sarà il portatore di una speciale responsabilità.

Se dobbiamo affrontare le sfide che l’Europa ha di fronte, abbiamo bisogno di un’Europa capace di solidarietà, di indipendenza e di cooperazione.

Per «Europa di solidarietà» intendo solidarietà fra i popoli, le regioni e gli individui.

Nelle relazioni fra i nostri popoli non vi può essere questione di passare sopra o di trascurare gli interessi nazionali fondamentali di ciascuno Stato membro della Comunità.

Tuttavia, è senza dubbio vero che, molto spesso, gli interessi di tutti sono soddisfatti meglio da soluzioni europee piuttosto che da una persistente opposizione a esse.

Mentre nessun Paese può considerarsi esente dalla disciplina e dagli sforzi che ora sono richiesti a livello nazionale dai nuovi vincoli di carattere economico, la nostra Assemblea deve continuamente far pressione per una riduzione delle disparità esistenti, dato che un deterioramento della situazione distruggerebbe l’unità del Mercato Comune e, con essa, la posizione privilegiata di alcuni dei suoi membri.

 

La solidarietà sociale, o, in altre parole, la riduzione delle diseguaglianze economiche e a volte finanziarie, è necessaria anche se si vogliono ridurre le disparità regionali.

La Comunità ha già preso misure pratiche ed efficaci in questo campo e dovrebbe continuare a perseguire questa politica finché i risultati non siano proporzionati alla spesa.

La politica dovrebbe anche adattarsi per gestire la situazione, non solo nelle regioni tradizionalmente depresse, ma anche nelle regioni considerate fino a poco fa forti e prospere, ma ora afflitte da disastri economici.

 

Infine, e cosa ancora più importante di tutte le altre, bisogna promuovere la solidarietà tra gli uomini. Nonostante i progressi reali, e certamente notevoli, raggiunti in questa sfera negli ultimi decenni, molto rimane da fare.

Tuttavia, in un tempo in cui tutti i cittadini dovranno senza dubbio accettare il fatto che l’aumento nei livelli di vita dovrà fermarsi o progredire più lentamente, e accettare altresì la frenata nella crescita della spesa pubblica, i sacrifici necessari non dovranno essere affrontati senza una reale riduzione delle diseguaglianze sociali».

 

SIMONE WEIL, Parlamento Europeo, 17 luglio 1979

 

 

 

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