Sibaldi: si nasce per cambiare il mondo!

Igor Sibaldi è definito scrittore studioso di teologia, filologia, filosofia, autore di decine di libri e traduzioni di opere letterarie, se avete voglia di cercare on line qualcosa in più su di lui, più che ai testi di wikipedia affidatevi ai video su YouTube e ascoltate qualche suo intervento.

A me di lui hanno colpito le riflessioni sul concetto di ombra, quelle su Abele e Caino, su Jeova e Jahve, amo la sua lettura di Pinocchio e, grazie a lui, ho rivisto la mia posizione sul tema dell’obbedienza del tempo e dello spazio.

Se avete voglia di scoprire il mondo dei desideri, guardate il video in cui spiega la tecnica dei 101 desideri (trovate il link in calce) credo di averlo conosciuto in questo video.

Se siete particolarmente avventurosi, potrete anche farvi delle domande sui maestri invisibili, sugli angeli e fare qualche calcolo sulle epoche, valutate voi la vostra resistenza, curiosità e il vostro coraggio.

Oltre che leggere i libri o guardare i video, è possibile seguire Sibaldi dal vivo nel corso di uno dei suoi numerosi eventi in giro per l’Italia.

Io ho partecipato a uno di questi e ne ho approfittato per chiedergli un’intervista.

Il titolo dell’evento era “L’essere umano dopo la Speciazione 2.0” organizzato da Life-Strategies.

Personalmente posso solo ringraziarlo per la disponibilità e la gentilezza che ha dimostrato, non aggiungerò altro e farò finalmente parlare lui attraverso le  pazienti risposte alle mie domande.Igor, tu sei uno scrittore che affronta temi di grande profondità e impatto; è improbabile che un tuo lettore legga un tuo libro solo per il piacere di leggere e non si faccia poi delle domande. Chi ti guarda da fuori vede che tu, con i tuoi libri cambi il mondo.

Dal tuo punto di vista, ne sei cosciente? 

Come si può cambiare il mondo scrivendo libri?

 

Ne sono ben cosciente.

E non posso esprimermi altrimenti: da sempre ho avuto la sensazione, molto forte, che ognuno nasca per cambiare il mondo che c’è, per tentare di farlo diventare più bello e più sorprendente.

La ragione è semplice: un io non è il mondo. E finché è un io, è diverso dal mondo.

Quindi, appena dice o fa qualcosa di suo, non può non entrare in conflitto con tutto il resto: o lui cambia il mondo, o il mondo cambia lui.

O lui esprime quel che ha dire e da dare, o il mondo si esprime attraverso di lui.

Come si cambia il mondo?

A domandarlo così, sembra la richiesta di un metodo sicuro.

Un metodo già sicuro, io non l’ho.

Come scrittore e conferenziere ho fatto così:

ho cominciato a inventarmi un pubblico che si interessasse alle cose che avevo da dire e le capisse, e libro dopo libro, conferenza dopo conferenza, ho provato a concretare questo pubblico.

Un po’ ci sto riuscendo. Vediamo come va avanti.

 

L’autore che pubblica un libro continua ad esserne l’autore (finché il lettore ricorderà il suo nome) ma smette di esserne il padrone.

Un libro pubblicato acquista vita propria ed entra nelle vite (nel tuo caso) di migliaia di persone che lo accolgono e ne assimilano quello che in quel particolare momento della loro vita sono in grado di assimilare.

Quali sentimenti nutri quando pubblichi un tuo libro?

Hai mai paura che il lettore fraintenda? 

Sei fiducioso? Insicuro? Felice? Indifferente?

 

Quando scrivo un libro, e soprattutto quando lo correggo, faccio tutto il possibile perché non sia frainteso.

L’impegno che ciò richiede mi tiene al riparo da sensi di insicurezza e da sensi di soddisfazione: sia l’una sia l’altra sono molto dannose, mentre si lavora.

E, quando il libro è pubblicato e lo rileggo, mi accorgo sempre di non essere io l’autore: chi lo ha scritto non è quel mio io che conosco ogni giorno, ma un altro mio io, molto più intelligente di me.

A volte, leggendo un mio libro, mi capita addirittura di sottolineare, come se stessi imparando.

Nei tuoi libri e durante le tue conferenze, parli anche di scoprire ciò che ciascuno davvero desidera ed è chiamato a fare al di là dei desideri degli altri e dell’educazione ricevuta; come si fa a riconoscere ciò che si vuole, ciò che si è chiamati a fare se non lo si conosce ancora? 

Come si riconosce il proprio futuro se si sa (perché si sente) che esiste qualcosa ma forse non ne esiste ancora l’esistenza?

 

Non lo si riconosce, lo si scopre. E il sensore è la gioia: se ti dà gioia (non contentezza, non orgoglio ecc…) allora è proprio tuo.

 

Hai detto che più lingue si conoscono, più strumenti si hanno per conoscere sé stessi.

Pensi che la stessa cosa possa valere anche per le religioni, ovvero più religioni si conoscono più possibilità ci sono di conoscere ciò che molti chiamano Dio?

 

No. Più lingue si conoscono, e più ci si accorge che nessuna lingua basta a esprimere con precisione quello che senti e pensi e speri.

Ma le religioni sono il contrario: sono apparati secolari, millenari il cui scopo principale è sempre impedirti di sapere che cosa pensi e senti e speri tu.

Hanno plasmato, ciascuna, uno o più Dèi, tutti diversi l’uno dall’altro, rispondenti alle problematiche di ciascun popolo.

Purtroppo ogni religione sostiene che il suo Dio supremo è l’unico che esista davvero.

E questo induce le persone religiose a credere che tutte le religioni parlino di un unico Dio.

Ma è come credere che tutti i frutti siano aspetti di un unico frutto,

o tutte le donne siano aspetti di un’unica donna.

A ragionare in questo modo, si fa molto torto a ciascun frutto e a ciascuna donna.

E si fa un favore alle religioni, che possono dire, a propria giustificazione: be’, almeno un aspetto dell’unico Dio sono riuscita a descriverlo.

 

Durante il Tour “L’essere umano dopo la Speciazione 2.0” hai parlato della specie Speciata che rappresenta la porzione di società che decide di staccarsi dalla massa ascoltando i propri bisogni piuttosto che seguire quelli della specie in generale.

Se lo speciato rappresenta una minoranza, come può cambiare il mondo all’interno di un sistema democratico?

 

I sistemi democratici sono sempre stati cambiati, in meglio o in peggio, da minoranze.

Fin dai tempi in cui una minoranza di sobillatori, agenti del Sinedrio, spinse la gente a preferire democraticamente Barabba a Gesù.

Ma durante una speciazione culturale, la specie nuova non ha alcuna intenzione di cambiare un sistema, democratico o no.

Non lo cambia: lo fa apparire improvvisamente obsoleto, e perciò dannoso.

Se ne allontana, o geograficamente, o anche solo esistenzialmente (a seconda che si tratti di una speciazione culturale allopatrica o simpatrica) e pensa a quello che dice Pinocchio alla fine della sua storia:

«Com’ero buffo quando ero burattino!»

 

Link di interesse

Eventi di Igor Sibaldi:sito

Tecnica dei 101 desideri: video

Pinocchio: video

L’essere umano dopo la Seciazione 2.0: sito

 




La Spesa che ti Educa.

I cataloghi di raccolta punti sono quei volumi affascinanti che, finché sono chiusi, ci fanno immaginare come sarà bella la nostra vita quando otterremo uno dei regali e, quando poi li apriamo, ci troviamo davanti la solita sfilata di abbonamenti, spremiagrumi, pentole e pupazzi più o meno inutili.

C’è chi però non cancella questo sogno addirittura migliorandolo e, al posto di farci accumulare utensili e riviste, ci permette di fare del bene, di migliorare l’esperienza di studio e sportiva dei nostri figli e nipoti.

Non so se chi legge ha già sentito parlare di fund raising: si tratta di una espressione inglese che indica delle azioni più o meno complesse di raccolta fondi per scopi benefici.

Spesso scuole, biblioteche, musei, associazioni e enti non profit attivano delle azioni di raccolta fondi per compiere uno o più progetti.
Azioni comuni di fund raising sono le cene, le lotterie, la vendita di prodotti caratteristici (come per esempio panettoni e uova di Pasqua) o anche la devoluzione di una quota dell’IRPEFF (il famoso 5 per mille, per intenderci).

Le attività di fund raising in genere sono attivate grazie all’aiuto di specialisti (i fundraisers) oppure con la buona volontà dei membri delle associazioni.

Ovviamente, più è ambizioso l’obiettivo, più è articolata l’azione di fundraising, più serve un professionista per il buon esito della raccolta.

Credo che la più organizzata azione di fundraising per le scuole e le associazioni sportive sia stata effettuata da Coro Marketing, una azienda che si occupa di far incontrare le offerte delle aziende con le esigenze del consumatore.

Per soddisfare il costante fabbisogno di scuole e associazioni sportive di strutture e materiali, Coro ha pensato (e ci è riuscita) di rendere la spesa quotidiana una possibilità di miglioramento dell’esperienza formativa di chi studia o fa sport.

Le strutture che ospitano i nostri figli o i nostri nipoti, per quanto facciano il possibile per far quadrare i conti e offrire il massimo del supporto didattico, hanno sempre bisogno di qualcosa: dalle sedie ai colori, dai percorsi di psicomotricità ai microscopi…
Ovviamente non possono sempre chiedere soldi o aiuto extra alle famiglie che, bisogna però riconoscerlo, quando possono, sono sempre molto generose di fronte all’emergenza.

Per questo azioni come quella di Coro Marketing sono sempre più fondamentali nel panorama del fund raising per scuole e associazioni sportive.

Le adesioni ai progetti sono a titolo gratuito quindi scuole, associazioni sportive e le stesse famiglie dei ragazzi, hanno sono da guadagnare da una azione simile.

La professionalità di Coro e la bellezza dei suoi progetti non sta solo in questo.

Chi si occupa di raccolta fondi, sa che l’azione deve essere semplice per il donatore, ha quindi legato l’attività di fund raising alla più comune delle azioni quotidiane di ogni famiglia: la spesa ma, ancora di più, la spesa dove la si fa normalmente.
Sì perché il donatore offre spesso con piacere ma, sul lungo tempo, la scomodità non aiuta la costanza del lavoro.

Lo splendido lavoro a monte fatto da Coro è stato, dunque, non solo quello di contattare le principali aziende di distribuzione organizzata e stringere con loro un accordo per portare le raccolte punti a vantaggio delle scuole e delle associazioni sportive che, nonostante il loro elevato valore sociale, spesso si trovano in carenza di fondi ma anche a individuare, coinvolgere e indicare i punti vendita vicino alla struttura che desidera aderire all’azione di fund raising.

Come funziona l’adesione ai progetti?

L’ente interessato contatta Coro Marketing ai contatti indicati in calce di questo articolo e loro attivano la convenzione con i supermercati della rete.

Per chi invece desidera partecipare alla raccolta fondi, il meccanismo di donazione è semplice e familiare.

Tutti noi conosciamo e aderiamo alle raccolte punti al supermercato, ecco grazie ali progetti di Coro, si smette di raccogliere bollini da attaccare su fogli incasellati e numerati a vantaggio della raccolta di bolloni che verranno consegnati alla scuola o alla società sportiva.

La scuola o le associazioni sportive condivideranno con le famiglie l’obiettivo da raggiungere e il tempo di azione a disposizione, dopo di che, una volta indicati i supermercati affiliati che, come abbiamo detto, saranno nello stesso quartiere o nei quartieri subito vicini, basterà solo, quando si andrà a fare la normale spesa, farsi consegnare il bollone.

Famiglie e amici potranno consegnare i bolloni raccolti allo studente che li consegnerà alla scuola.
Nel giro di poco tempo la struttura sarà arricchita degli strumenti tanto utili alla struttura.

La cosa bella è che può dare il proprio contributo chiunque senza modificare le proprie abitudini: basterà andare a fare la spesa e farsi consegnare il bollone che verrà poi dato a chi lo porterà a scuola.

Ecco qui i contatti dei progetti di fund raising per le scuole e le associazioni sportive di Coro Marketing

Amiamo la Scuola, fund raising per le scuole;
Arrivano i buoni, fund raising per le scuole e le società sportive.
Voglio Crescere qui, fund raising per le scuole e le società sportive.




Distruggere i templi per andare avanti

Un giorno Gesù entrò nel tempio di Gerusalemme e lo mise a soqquadro.

Ovviamente questo suscitò un certo sgomento in tutti i presenti (e anche negli assenti che vennero poi a conoscenza della cosa).

Spettacolo senza dubbio suggestivo e d’impatto: banchi che cadevano, piccioni che volavano, gente cacciata via con un frustino, buoi e pecore che correvano di qua e di là, denaro per terra, urla… e chi più ne ha più ne metta.

… Ah, se fossi stata presente, mi sarei divertita un sacco…

Chi era davvero presente e voleva voler bene a Gesù, passato il divertimento, chiedeva un segno che quella cosa fuori dalla razionalità avesse senso e verità e così gli chiesero l’unica cosa logica: un segno, una prova, possibilmente concreta e razionale, che quello che stava facendo fosse giusto.

“Ma certo – rispose Gesù – smontate (in greco “luo” e in latino “solvo”) questo tempio e in tre giorni lo risveglierò (“ex-cito” in latino ed “egheiro” in greco)”

 


 

Ma il tempio non è il tempio….

Chissà se il Tempio di Gerusalemme non siano le nostre vite prefabbricate da altri.

Chissà se ogni giorno non ci adattiamo ad architetture e frequentazioni scelte da altri per avere una vita serena e facile da giustificare?

Luoghi belli, per carità, se no non ci staremmo con tanto piacere:

luoghi di grande socievolezza, con una architettura precisa e determinata, luoghi saldi che da sempre sono stati a quel modo, dove ci sono mercanti, animali, dove passa un sacco di gente, dove sono gli amici e i colleghi… bei luoghi dove passare le giornate, luoghi dove non può accadere nulla di brutto o di peggio di quello che sono…

Salvo se non si decide un giorno di buttare giù i banchi e far scappare gli animali in gabbia… ma quello poi è un altro discorso…

Sì perché se si ascolta la parte di noi che non ha paura, sarebbe anche bello abitare degli spazi scelti da noi.

Luoghi nei quali entrare da dove piace a noi: dall’alto, dal basso, da metà…

Arricchite dai nostri desideri: chissà se quel quadro che ci piace tanto parla davvero di noi o di un architetto molto informato e alla moda?

Chissà se le persone con cui usciamo ci piacciono davvero o sono solo socialmente convenienti?

Chissà se l’oggetto che desideriamo ha davvero a che fare con noi o vuole solo creare una immagine di noi?

Chissà se i viaggi che facciamo ci portano davvero nei luoghi che desideriamo conoscere?

Chissà se la ricerca del nostro fine ultimo può salvare noi o arricchire qualcun altro…

Chissà se la mia vita è davvero la mia o quella di qualcun altro,

chissà se i miei desideri sono i miei o quelli di qualcun altro,

chissà se i miei comportamenti sono i miei o quelli di qualcun altro,

se il mio modo di pensare, di scrivere, di farmi domande siano i miei o no.

Chissà se il tempio di Gerusalemme non debba davvero essere distrutto e fatto risorgere dalle nostre coscienze?
Un po’ come Adamo che deve mangiare la mela,

come Lucio che deve spiare attraverso la porta (cfr. l’Asino d’oro di Apuleio)

come la giovane sposa di Barbablù che deve usare la chiave

come Osiride che doveva essere smembrato per guadagnare la nuova signoria

Chi vuol progredire, distrugge i templi.

I templi sono i nostri luoghi, le nostre vite, quelle che non ci somigliano più e alle quali, spesso ci siamo adattati.




Rispetto dell’Ecosistema e lineamenti di ecosofia

Ecosofia – Intervento di Chiara Sparacio all’interno della “Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze”: Protezione Nazionale Boschi e Foreste – Riduzione del Global Warming ROMA, 25 Ottobre 2019 ore 15.30  e MILANO, 26 Ottobre 2019 ore 15.30

(leggi qui il comunicato stampa dell’evento: Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze: Protezione Nazionale Boschi e Foreste Riduzione del Global Warming)

Parlare di Ecosofia all’interno di una conferenza che parla di prevenzione delle Emergenze ambientali vuol dire guardare lo stesso argomento da un punto di vista differente.

È un po’ come quando si guarda un giardino da tante prospettive differenti: alcuni lo guardano dall’interno, altri si affacciano dalla casa di fonte, altri ancora confrontano guardando altri giardini vicini.

Il mio intervento è una finestrella un po’ più distante, aperta da una casetta a Tavertet, vicino Barcellona, una casetta in mezzo ai boschi, molto difficile da raggiungere che non è neppure mia ma di un uomo di nome Raimundo Panikkar.

chiara sparacio

Raimundo Panikkar è stato un uomo dal “multiforme ingegno” classificato come pensatore, scrittore, filosofo, professore e tanto altro ancora… è morto nel 2010 e ha lasciato una vastissima bibliografia.

Anche se il rischio è quello di semplificare troppo, potremmo dire che ha sviluppato il suo pensiero nel rapporto generativo tra gli uomini, la Terra e il senso del divino.

A questo proposito ha coniato il termine Cosmotheandrico: κόσμος, θεός, ἀνδρός (kosmos, theos, andros).

Panikkar ha ipotizzato una sorta di triangolo di relazione, senza vertice principale né basi fisse che, per funzionare, richiede la piena collaborazione e il completo scambio tra i tre vertici.

Questo vuol dire che l’uomo, per essere veramente sé stesso e vivere bene con sé e con gli altri, ha bisogno anche della relazione con la terra e l’ambiente.

Viceversa: l’ecosistema per sopravvivere, ha bisogno dell’uomo e di essere riconosciuto non solo come flora, come oggetto, ma anche come fenomeno (da φαίνω – faino– : manifestazione).

Il rapporto tra l’uomo, la terra e il sovrasensibile altrimenti indicato come Divino e il presupposto fondamentale di questo articolo.chiara sparacio

Tra i cardini del pensiero di Raimundo Panikkar c’è quella che lui aveva chiamato EcoSofia, ovvero una riflessione profonda sull’ambiente.

Tra i cardini del pensiero di Raimundo Panikkar l’EcoSofia, ovvero una riflessione profonda sull’ambiente.

Eco-sofia è una parola di etimologia greca composta da Eco (in greco οἶκος) e sofia (in greco σοφία).

Sofia non è solo sapienza, come la traduciamo concettualmente in epoca moderna, in realtà questo è l’ultimo dei suoi significati, prima ci sono l’abilità, la scienza, il senno

Οἶκος (oikos), che troviamo come suffisso di numerosissime parole: eco-logia, eco-sistema, eco-sfera, contrariamente a quanto possa sembrare per via della usura scriteriata delle parole, non indica semplicisticamente l’ambiente esterno ma vuol dire casa, abitazione, dimora…

Andando ancora più a fondo, è un luogo sacro: tempio, curia, stanza per gli atleti… (ricordiamo che, presso i greci, l’atleta era considerato un semidio).

Ecco quindi che il termine οἶκος riacquista in questa prospettiva una importanza cruciale per l’esistenza umana: non è solo un ambiente che viene abitato in modo passivo e che può essere sfruttato indiscriminatamente ma è un ambiente attivo che influisce sulla persona, formandola, arricchendola e migliorandola.

Ricordiamoci che ciò che è sacro, se toccato, rende sacri.

Ecco quindi che, mentre siamo qui a parlare di problemi ecologici, quello che dobbiamo avere chiaro è che, quando si parla di ecologia, si tocca una sfera sacrale.

Attenzione: con sacro non intendiamo il dio.

La radice del latino “sacrum” è di etimologia incerta, probabilmente ha a che fare con la radice indo europea sac-, sak-, sag –  che ha a che fare con l’attaccamento, l’avvinghiamento… che poi abbiamo riferito alla divinità ma sappiamo bene che il concetto di divinità non è propriamente universale nei suoi dettagli.

Per cercare di essere un po’ più universali potremmo dire che il divino ha a che fare con una realtà superiore rispetto quella umana comune, ma non sappiamo esattamente dove sia geograficamente dislocata questa parte. 

Non stiamo parlando di religioni o spiritualità o di qualunque cosa possa apparirci come distante da noi e messa chissà dove ma di aspetti profondi dell’anima.

Eco-logia, dicevamo. 

Loghia ha che fare con il λόγος che tende a segnare la dimensione pratica dell’esperienza.

Logos non la semplice parola astratta, come si può pensare, ma la parola concreta, quella che crea: “in principio era il logos”

L’ecologia moderna, affronta i problemi dello sfruttamento della terra e si sforza di combatterli.

Ma non dobbiamo farci prendere né dalla foga delle parole né dalla foga delle idee.

Fare dell’attivismo ambientale oggi, con il vocabolario che abbiamo a disposizione ci fa correre il rischio di non capire bene cosa facciamo, di scappare dalla realtà che c’è dietro, di non scoprire l’origine del problema.

Abbiamo detto poco fa che Panikkar, nello sviluppo del suo pensiero ha creato una sorta di triangolo di relazione: uomo, natura, sovrasensibile.

Ecco: quando Raimundo Panikkar parla di ecosofia, sposta l’uomo dal vertice della gerarchia terrestre e lo pone sulla terra insegnandogli che non esiste un triangolo di gerarchia ma di relazione: 

“l’ecosofia adempie una funzione rivelatrice. Ci rivela che la terra – come noi stessi – è limitata, finita e che abbiamo con lei dei legami stretti, dei legami costitutivi e quindi reciproci. (cit.R. Panikkar)

Per sperimentare l’ecosofia, per avere coscienza della terra, dobbiamo prima avere coscienza di noi stessi.

Per capire la saggezza della terra dobbiamo prendere coscienza del nostro sé e scoprire che non è una cosa differente e separata da ciò che ci circonda: 

“una coltivazione di me stesso che non sia anche coltura della natura […] non è coltura dell’uomo”.  (cit.R. Panikkar)

Panikkar, occidentale per parte di madre spagnola e orientale per parte di padre indiano, amava osservare differenze e punti di contatto tra la cultura occidentale e la cultura orientale.

Egli sottolinea come la “cultura occidentale” esaspera una cultura della contrapposizione piuttosto che della mediazione e, in un certo senso, della contaminazione e dell’arricchimento.

Questo perché voler separare nettamente ogni cosa dall’altra, anche se condividono la stessa natura, comporta la tragica creazione di realtà separate e inconciliabili. 

La conseguenza inevitabile di questa impostazione culturale è stata ed è l’allontanamento dell’uomo dalla natura.

Quando l’uomo non si sente parte completante e complementare della natura, allora ne prende le distanze e genera un rapporto di passività o dominio.

È chiaro che una relazione di questo tipo causa disagio e il prezzo sono le calamità ecologiche: le piogge acide, l’inquinamento che oscura il cielo sottrae giorni di sole, i cedimenti del terreno, l’estinzione di molte specie animali e vegetali, le malattie del feto e le alterazioni genetiche.

Ma conferenze come quella a cui stiamo partecipando oggi, le parole che ci stiamo dicendo e stiamo ascoltando, tutte le mobilitazioni di questo tipo che stiamo vedendo agire in questi mesi, sono i segni di come l’uomo si sia accorto del ritorno del boomerang lanciato e voglia trovare una soluzione.

Pare che l’uomo stia capendo che, sempre come dice Panikkar, “l’uomo è terra, ma la terra è anche noi”.⁠5 

Alla luce di tutto questo, quindi l’ecosofia, diventa il dialogo con la terra.

Prima della cultura capitalistica (o, come usa dire Panikkar, prima della cultura monetocratica) il rapporto cosmotheandrico era chiarissimo: l’uomo si rivolgeva al dio tramite la natura, offrendo sacrifici. 

Questo accadeva perché la percezione che queste tre verità – la terra, il Dio e l’uomo – erano in completa relazione e partecipazione era vivissima.

Purtroppo la monetocrazia, l’idolatria del denaro, ha sbilanciato questo equilibrio.

L’ecosofia vuole ristabilire il rapporto triadico tra Dio, l’uomo e la natura e questo può avvenire solo dal nuovo ascolto di sé stessi e dall’accettazione del nuovo rapporto con la natura; nuovo non perché non è mai stato sperimentato dall’uomo (tutt’altro) ma perché non è stato ancora sperimentato dall’uomo moderno.

Il nostro atteggiamento deve essere quello del dialogo sincero che intercorre tra chi non intende prevaricare sull’altro ma cerca uno scambio reciproco e sincero: 

“se ascoltiamo, la terra stessa può rivelare […] la volontà di Dio riguardo al compito dell’uomo su questo pianeta. […] se non avviene un vero incontro religioso (religioso ovvero che crei un legame: religere) tra noi e la terra, finiremo per annichilire la vita sulla stessa terra”. (cit.R. Panikkar)

 

Sito dell’ente organizzatore: www.itpc-commission.org

Dichiarazione alberi patrimonio dell’umanità https://www.itpc-commission.org/dichiarazione-globale-alberi-patrimonio-dell-umanita/ firma anche tu




Studio, non chatto…

Quando la scuola ti toglie lo smartphone e ti restituisce te stesso.

A Palermo la prima scuola senza telefonino.

 

Tu hai il coraggio, uscendo da casa per fare una commissione veloce e accorgendoti di aver lasciato il telefono a casa, di non tornare a prenderlo?

E sei così impavido da non guardare il tuo telefono per tutto il tempo (primo e secondo tempo) di un film al cinema?

E come ti sentiresti se ti dicessero che per tutto il tempo che trascorri a lavoro, ore e ore, devi lasciare nel cassetto il tuo telefono?

Ci pensi mai alla tua vita senza la tua appendice telefonica?

Mentre osservi l’effetto che fanno su di te queste domande, pensa che a Palermo, all’Istituto Gonzaga, dall’inizio dell’anno scolastico, ogni giorno, qualche centinaio di ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori lasciano il loro telefono in un mobile comune alle 8,00 del mattino e lo riprendono alla fine delle lezioni alle 15,00.

Detta così, se le prime righe di questo articolo ti hanno fatto rabbrividire, pensare a restare per 7 ore ogni giorno senza telefono, potrebbe farti paura.

La cosa che non ti aspetti (anche se una parte di te lo sa) è che, ad oggi, la vita di questi ragazzi, sembra velocemente migliorata.

Per sapere di più di questa scelta, ho incontrato il preside dell’Istituto Gonzaga padre Eraldo Cacchione S.J. (Societas Jesus).

Il preside, infatti, non è un vecchio disinformatizzato, ma un giovane gesuita che ha studiato la tecnologia, la usa e in questa vede una opportunità.

La decisione di allontanare la distrazione dello smartphone dalla quotidianità scolastica è nata da un processo iniziato lo scorso anno, quando le classi superiori del liceo hanno iniziato un percorso di formazione e informazione su come le chat e l’utilizzo dei telefonini influenzino la nostra vita e personalità fino, anche, ad essere pericolosi.

I ragazzi del Gonzaga hanno fatto più incontri di intere giornate con uno psicologo, con un esperto di social e con il questore.

Alla fine di questo percorso si sono impegnati anche nella codifica di un documento di auto-disciplinamento dell’utilizzo degli smartphone ma, allora, i tempi non erano ancora maturi per portare una svolta, una presa di posizione tanto forte da causare un cambiamento endogeno, ovvero  stimolato già da loro.

E così, forte dell’esperienze dell’anno precedente e di un lungo discernimento su questo tema, all’inizio di quest’anno scolastico, padre Eraldo si è confrontato col collegio dei docenti e, assieme, hanno deciso di prendere in custodia i telefoni degli studenti riponendoli in uno spazio dedicato e riconsegnandoli alla fine delle lezioni.

A questo punto, anche se è passato poco tempo, ci si aspetterebbe una sommossa di popolo: studenti lesi nei propri diritti che reclamano la propria libertà di comunicare ed essere connessi.

E invece niente.

Gli studenti sembrano quasi sollevati dalla responsabilità di dover essere sempre “altrove” anziché nel loro “qui e ora”.

Ripeto che si tratta di una azione attivata da poco tempo, è quindi prematuro qualunque discorso sui risultati ottenuti o formulazioni moral-socio-filosofiche di sorta.

In pieno spirito ignaziano (il paradigma pedagogico ignaziano infatti, dato un obiettivo di apprendimento, prevede dei periodi di valutazione e meditazione intermedia) questo “esperimento” prevederà dei momenti intermedi di valutazione e discernimento, alla fine dell’anno, quindi, potremo trarre le prime valutazioni più corpose.

Fatte queste dovute considerazioni, ecco però, intanto, quali sono i primi risultati che io stessa ho potuto notare raggiungendo padre Eraldo in istituto e attraversando i giardini e i viali del Gonzaga durante la pausa del pranzo e parlando con lui.

  • I ragazzi stanno eretti: non piegati sulla propria mano a guardare un altro mondo più o meno reale.
  • Hanno riscoperto il piacere dell’abbraccio: probabilmente, trovandosi con una “mano libera” e scoprendo di avere delle persone in carne e ossa accanto, sono più portati a portare il braccio sulla spalla del compagno e a camminare così.
  • Sono più attenti: nonostante la moderna abitudine di ognuno di noi di auto definirci ed esigerci multitasking, questa non è che una illusione; se facciamo le cose una per volta, se dedichiamo la nostra attenzione ad una situazione per volta, riusciremo ad ottenere migliori risultati con molta meno fatica e, infine, la qualità del nostro tempo, migliorerà.
  • Sono più sereni: il fatto di essere esentati dal rispondere agli amici, ai genitori, ai like di conosciuti e sconosciuti, li tranquillizza e permette loro di non subire sbalzi di umore e conseguente stress.

Approfitto di questa ultima considerazione per sottolineare un aspetto notabile.

Capita che siano gli stessi genitori a mantenere il contatto con i figli durante le ore di scuola, scambi di messaggi e telefonate sulle interrogazioni e sui compiti in classe, gesti di presenza che, alla fine, rischiano di rendere i figli meno responsabili e concentrati.

A onor di cronaca, il mio lungo incontro con padre Eraldo è stato molto più ricco di  quanto posso esprimere con queste 1000 parole, mi ha portato tanti stimoli, lucide formulazioni e rimandi a situazioni di cronaca.

Ci siamo lasciati con l’impegno di rivederci e, per parte mia, partecipare agli incontri di riflessione intermedi durante l’anno.

E chissà se, intanto, come ha ipotizzato p. Eraldo durante la nostra conversazione, la sospensione del telefono durante l’orario scolastico non diventi presto legge.

 




Neuroscienze ed ipnosi: contro ogni dubbio.

Neuroscienze ed ipnosi

“Porta il tuo sguardo oltre i confini della tua mente” è l’affascinante provocazione del congresso di Neuroscienze ed Ipnosi che ha avuto luogo a Milano, il 28 ed il 29 settembre, organizzato da Universalmente e dall’ Associazione Italiana Ipnosi.

Un evento straordinario che ha riunito 15 relatori internazionali.

I migliori esperti nel campo dell’Ipnosi, Neuroscienze, Comunicazione, Emozioni, Apprendimento, Morfofisiognomica, Memoria, Benessere si sono alternati in un week end di informazione, dibattiti, conferenze e workshop.

“Tutti meritano di poter accedere alla conoscenza” è stato il filo conduttore di questo Mental Forum, pensato ed organizzato da PAOLA GRASSI, Ricercatrice, Coach professionista, Counselor ad Indirizzo Olistico, Filosofa e Scrittrice, Ipnotista, ma soprattutto Presidente e fondatrice, insieme a Ester Patricia Ceresa e Vincenzo D’Amato, dell’Associazione Italiana Ipnosi.

I lavori si sono aperti sabato 28 mattina presso il Novotel Milano Nord Ca’ Granda.

Ipnosi e verifica scientifica” è stato il tema dell’intervento di ANDREA FARINA che, con oltre 20 anni di esperienza attiva nel mondo della formazione e del coaching personale, è studioso ed innovatore in numerosi campi di applicazione delle neuroscienze. Un ricercatore in scienze olistiche, esoteriche e spirituali che ha sperimentato su sé stesso l’efficacia e la potenza degli strumenti di queste discipline per risolvere i nodi dell’anima, per esplorare i propri lati d’ombra e per raggiungere la pace interiore e la crescita di sé.

 “REICARNAZIONE, UN’IPOTESI DI SOPRAVVIVENZA” è stato invece l’affascinante intervento di MANUELA POMPAS, giornalista, scrittrice, ipnologa, che si occupa da molti anni di sviluppo del potenziale umano, ipotesi di sopravvivenza (ultimo libro “Oltre la vita, oltre la morte”) e regressione nelle vite passate, tematiche di cui è stata una pioniera e su cui ha scritto molti libri, ultimi dei quali “Reincarnazione, una vita, un destino” e “Storie di reincarnazione”.

FLAVIO BURGARELLA ha parlato invece del “TELETRASPORTO DELL’INFORMAZIONE ATTRAVERSO L’IPERCOMUNICAZIONE”.

Questo medico specialista in Cardiologia, Responsabile del Centro di Riabilitazione Cardiologica di San Pellegrino Terme (BG), nonché Iscritto all’ordine nazionale dei giornalisti, è anche Founder and Chairman di Burgarella Quantum Healing (BQH) (www.burgarellaqantumhealing.org) il cui scopo è quello di promuovere la relazione di aiuto tra scienza e coscienza.

SHAFIGULLIN MARAT RIFKATOVICH, psicoterapeuta professionista con oltre undici anni di esperienza nel campo della diagnosi e terapia dei disturbi mentali e psicosomatici, ha viceversa trattato dell’IPNOSI IN ONCOLOGIA.

FIAMMETTA TONELLI, artista, motivational speaker e counselor professionista, con “UNA PICCOLA FIAMMA CREA CONSAPEVOLEZZA”, ci ha fornito strategie utili per la gestione dello stress, dell’ansia, dei sensi di colpa e delle difficoltà relazionali.

La Dottoressa KATERINA KRATKA che si occupa di Medicina Tradizionale Cinese, Naturopatia applicata in Psico-neuro-endocrino-immunologia, Psicologia, Ipnosi regressiva e Psicoterapia Profonda, ci ha spiegato il METODO OTTOPROFILI che riunisce l’antica filosofia cinese e la moderna psicologia, come strumento concreto e pratico per ogni terapeuta.

“IPNOSI RAPIDA, MAGNETISMO E MORFOFISIOGNOMICA” sono stati invece proposti al pubblico da ESTER PATRICIA CERESA, esperta in Morfofisiognomica e da VINCENZO D’AMATO esperto in

Ipnosi Rapida e Fascinazione.

CERESA è ricercatrice, counselor hypnoterapist, life coach e master trainer in PNL e PNL, Comunicazione Non Verbale, Ipnosi Avanzata, Magnetismo e si è specializzata in materia di Psicologia Quantistica e Enneagramma, arrivando all’elaborazione della nuova Morfofisiognomica, una metodologia all’avanguardia nel campo delle discipline sul Linguaggio del Corpo.

VINCENZO D’AMATO, è invece Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche – Counselor Hypnoterapist- presso UNIVERSITE EUROPEENNE LLP di PNL ed autore del libro “Le chiavi della comunicazione” (Albatros 2017) in cui illustra alcune regole da applicare nella comunicazione in famiglia così come in una trattativa professionale. I due hanno coinvolto alcuni dei presenti nell’esperienza dell’ipnosi, fornendo la prova che questo stato alterato di coscienza offre degli immediati benefici in termini di equilibrio psico-fisico. I partecipanti, hanno convinto anche i più scettici, compreso la sottoscritta, che l’ipnosi, non è spettacolo, ma terapia.

I lavori sono continuati fino a tarda sera con un laboratorio sulle vite passate con Manuela POMPAS, per poi proseguire, l’indomani, domenica 29 settembre, con l’intervento del Dottore NICOLA RUOTOLO dell’équipe del Dott. SALVATORE IANNUZI. RUOTOLO, in qualità di neuroscienziato, ci ha parlato di IPNOSI E DI NEUROFEEDBACK per migliorare la performance cognitiva degli sportivi e dare testa all’atleta, superando l’ansia da prestazione.

JENNIE KITCHING, invece, ha trattato il tema di IPNOSI RAPIDA E DISTORSIONE TEMPORALE con un divertente workshop in cui dei volontari hanno sperimentato diversi stati ipnotici. La KITCHING è autrice di una raccolta di libri nel campo della comunicazione e della formazione inconscia, nonché ADPR (Advanced Practitioner with GHSC); AdvDipH (Diploma Avanzato in Ipnoterapia); SQHP (Senior Qualification in Hypnotherapy Practitioner); Scuola validata GHSC; Professional Trainer (D32 / 33) dal 1994; Ipnotizzatore Master certificato; Insegnante Louise Hay certificato; PNL Practitioner; Terapista certificato EMDR (Eyes Movement Desensitisation Reprocessing).

BRUNO RENZI ha continuato con KARMA ED IPNOSI REGRESSIVA

Questo medico chirurgo con specializzazione in Psichiatria e Master in PNL, Psicoterapeuta ad orientamento analitico transazionale, ha svolto otto anni di training evolutivo e didattico. Già docente AMIA (Associazione medici Italiani Antiaging) dal 2007, ha effettuato diverse Docenze in Strutture regionali e Parauniversitarie. Renzi ha pubblicato parecchi lavori scientifici, è stato relatore e coordinatore in più congressi Nazionali ed Internazionali, e qui ci ha parlato di Ipnosi Regressiva presentando un’ipotesi interpretativa. Una lettura integrata di natura filosofico-scientifica al fine di comprendere il substrato coscienziale nel quale si verificano quelle dinamiche che determinano il flusso esistenziale dell’individuo o della coscienza collettiva.

GIANLUCA RUGGERI con IL FASCINO IPNOTICO DELLA PSICOASTROLOGIA ci ha condotti in un magico viaggio nella psicologia dei 12 segni zodiacali, non per prevedere il futuro, ma per comprendere noi stessi nel presente. Gianluca Ruggeri è dottore magistrale. Laurea in Filosofia (indirizzo psicologico) all’Università di Bologna con tesi sull’interpretazione dei sogni. Mediatore Familiare (Master in psicologia di coppia Università di Verona), ha ricevuto il Diploma Honoris Causa in comunicazione ericksoniana dall’Ordine dei Medici del Friuli (sotto l’Alto Patrocinio dell’Unesco).

 E’stata poi la volta di IPPOLITO LAMEDICA che ha sviluppato il tema REGRESSIONI E REMOTE VIEWING

 

Già docente universitario, formatore e autore di numerose pubblicazioni sull’apprendimento esperienziale, è referente scientifico per i progetti con l’infanzia per l’Unicef nazionale e Internazionale; è stato inserito nel 2003 nella lista ONU dei migliori esperti europei nel settore dell’infanzia e delle tecniche partecipative. Ha conseguito numerosi attestati specialistici nelle tecniche mnemoniche, di public speaking, quantistiche, ipnotiche e di formazione. È fondatore di Mentalsuperpower e ha creato LUCEM, la Libera Università di Crescita ed Evoluzione della Mente, un’estensione di Mentalsuperpower in cui vengono divulgati i primi corsi di apprendimento rapido e di evoluzione delle proprie capacità attraverso l’Ipnosi, la PNL3 e le innovative Tecniche Quantistiche.

 Successivamente, ALEXANDRE MEZZORANA ha coinvolto il pubblico con IPNOMAGNETISMO-L’IPOTESI ENERGETICA

Il Dott. Alexandre Mezzorana è Naturopata, Osteopata e Ipnoterapista certificato NGH. L’ipnoMagnetismo praticato da Alexandre è sempre stato una base fondamentale di comprensione e azione terapeutica. Utilizza principi dell’ipnosi tradizionale, del magnetismo e della fascinazione che si completano a vicenda in modo sinergico formando un approccio terapeutico coerente ed efficace. Con questi metodi la guarigione di disturbi psichici, psicosomatici e funzionali è possibile, spesso con risultati inaspettati. Un approccio terapeutico completo e potente, che ruota attorno a diverse tecniche corporee, energetiche e psicologiche.

GENNARO PEPE ha infine chiuso il convegno con IPNOSI, UNA PORTA VERSO LA SUPERCOSCIENZA

 

Gennaro Pepe è un medico, ha conseguito la laurea in medicina e chirurgia nel 1985 presso l’Università Federico II di Napoli. Nel 1989 ha completato il suo percorso di formazione medica presso la S.M.I.P.I, Società Medica Italiana di Psicoterapia ed Ipnosi. Da trent’anni utilizza l’ipnosi come tecnica terapeutica, e nel corso di questo suo lavoro ha avuto modo di entrare in contatto con il fenomeno delle abductions, il rapimento di terrestri da parte di entità aliene. Questo lo ha portato nel corso degli anni ad incontrare persone “speciali” che lo hanno iniziato alla conoscenza e coscienza del fenomeno e della finalità di esso. Ha approntato il suo lavoro sulla ricerca della verità individuale e collettiva, sulla capacità di ognuno di essere “conoscenza” attraverso l’utilizzo dell’ipnosi per fa emergere la consapevolezza interiore al fine di raggiungere il proprio scopo di vita e arrivare al concetto di super coscienza.

Insomma, Neuroscienze ed Ipnosi, è stato un Mental Forum a 360° in cui il pubblico ha interagito con esperti di fama internazionale. Un avvincente viaggio nell’apprendimento, nella memoria, nel magnetismo e nell’ipnosi passando attraverso le emozioni pregresse, il benessere attuale e le comunicazioni verbali e non, per credere nel potere del cervello e per vincere la sfida di potenziare al massimo le sue prestazioni.

·         

Antonella Ferrari

 




Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze: Protezione Nazionale Boschi e Foreste Riduzione del Global Warming

 

Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze: Protezione Nazionale Boschi e Foreste Riduzione del Global Warming

CON PATROCINIO DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE

 

Il 25 e 26 Ottobre, rispettivamente a Roma e a Milano, si terranno le due giornate di studi della Conferenza Internazionale Prevenzione Emergenze: Protezione Nazionale Boschi e Foreste – Riduzione del Global Warming, promossa da IEMO (International Emergency Management Organization), in collaborazione con Accademia Costantiniana ONLUS e da Social Future Project Italia. La conferenza ospiterà relatori di rilevante spessore scientifico nel settore dell’Ambiente e del Clima.

 I lavori verranno aperti con la prefazione del Premio Nobel Werner Arber.

Scopo della Conferenza è dimostrare che la Direttiva Europea RED II ed il Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali (TUFF) italiano vanno emendati, disincentivando ulteriori disboschi e restringendo immediatamente il termine “biomasse” ai soli residui e scarti legnosi pena l’incoerenza alla neutralità sulle emissioni di gas serra (carbon neutrality) che sia l’Italia sia gli altri Stati Europei si sono obbligati a raggiungere per cercare di prevenire il collasso climatico. Tagliare alberi per farne legname chippato o energia elettrica emette il 150% in più di C02 (Anidride Carbonica) nell’atmosfera rispetto al Carbon fossile; questo è il motivo per cui bruciare alberi contravviene ai Protocolli di Kyoto: perché le “biomasse legnose” non sono vere energie rinnovabili e, anzi, accelerano il collasso climatico e, non potendo venire rimpiazzate in tempo utile per scongiurare il collasso ambientale previsto da qui a pochi anni dagli scienziati dell’IPCC (Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite).

In questa prospettiva, il taglio degli alberi è sicuramente da evitare, sia in ambito rurale sia urbano, in quanto gli sono gli unici difensori dell’ecosistema dal collasso globale. Anche le potature urbane vanno ripensate. Poco, infine, farebbe la riforestazione con nuove piantine, che impiegherebbero oltre 20 anni per sviluppare un’estensione fogliare sufficiente ad assorbire  quantità rilevanti di C02. Preservare  gli alberi esistenti, potenti assorbitori di CO2 é anche la soluzione pratica per  dare risposta alle richieste del movimento dei giovani dei “friday for future” di  Greta Thunberg. La conferenza è ad ingresso libero e prevede una larga partecipazione di oratori e di pubblico. Data la rilevanza dell’evento la stampa nazionale è invitata a partecipare numerosa, specialmente all’apertura dei lavori delle due sessioni, quando verranno fatte le prime dichiarazioni ufficiali supportate dai dati scientifici.

 

ULTERIORI PATROCINI  ISTITUZIONALI ESPRESSI ALLA CONFERENZA :

Senato della Repubblica  –   Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Roma Capitale, Regione Lombardia, Regione Emilia Romagna, Regione Liguria, Regione Puglia, Regione Trentino Alto Adige, Città Metropolitana di Bologna, Città Metropolitana di Catania, Città Metropolitana di Genova, Città Metropolitana di Messina, Città Metropolitana di Palermo, Città Metropolitana di Torino, Città Metropolitana di Roma, Provincia dell’Aquila, Provincia di Barletta Andria- Trani, Provincia di Arezzo, Provincia di Belluno, Provincia di Bergamo, Provincia di Brescia, Provincia di Brindisi, Provincia di Caserta, Provincia di Ferrara, Provincia di Forlì-Cesena, Provincia di Imperia, Provincia di Lecce, Provincia di Livorno, Provincia di Parma, Provincia di Pavia, Provincia di Pesaro e Urbino, Provincia di Pescara, Provincia di Potenza, Provincia di Rimini Provincia di Rovigo, Provincia di Salerno, Provincia di Teramo, Provincia di Vercelli

 

Programma

PRIMA GIORNATA  e  CONFERENZA STAMPA – 25 Ottobre 2019 ore 15.30 –

Hotel dei Congressi – via William Shakespeare, 29 –Roma – EUR

 

Saluto delle Autorità

Dr. Alessandro Manini, Presidente IEMO – Allocuzione d’ingresso – Prevenzione Integrata Emergenze con Lettura del Messaggio di adesione del Premio Nobel Prof Werner Arber

Prof. Dott. Ugo Corrieri, Coordinatore di ISDE per l’Italia Centrale: le biomasse legnose non sono vere energie rinnovabili e il loro uso causa gravi effetti sulla salute – evidenze scientifiche e documentali

16,20 conferenza stampa

Ing. Sabine Becker (in video) e Prof. François Rouillay, Co-Fondateur de l’Université Francophone de l’Autonomie Alimentaire: Dall’Albero alla Foresta: L’Importanza dell’Ecosistema

Dr. Alessandro de Aldisio, Vicepresidente SFP Italia: le implicazioni del Cambiamento Climatico

Prof. Dott. Bartolomeo Schirone, Membro ISDE dell’Università degli Studi della Tuscia (Società Internazionale Medici per l’Ambiente): quanti boschi servono? Analisi dati tecnici e il perseguimento degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile

Dr. Leopoldo Rizzi, la gestione del territorio: risorse naturalistiche di sviluppo culturale 

Prof. Dott. Paolo Zavarella, Associazione Italiana di Medicina Forestale: La valorizzazione della biodiversità e la salute dell’uomo

Dott.ssa Chiara Sparacio, Cronista Betapress, Rispetto dell’Ecosistema e lineamenti di ecosofia. 

Dr. Arch. Mattero Sernesi: Progetti integrati come esempi di sostenibilità

Prof. Cav. Philip Bonn, Director-General, World of Hope International: Biodiversity Protection 

Dr. Alessandro Manini, Presidente IEMO – Closing remarks

 

SECONDA GIORNATA  e CONFERENZA STAMPA – 26 Ottobre ore 15.30 – Hotel Michelangelo Milano (di fianco Stazione Centrale )

 

Saluto delle Autorità

Dr. Alessandro Manini, Presidente IEMO – Allocuzione d’ingresso alla seconda giornata e Conferenza Stampa ai media presenti sulle tematiche affrontate nella sessione di Roma

Proiezione del Video “Burned” sugli effetti della deforestazione e cambiamento climatico

Dr. Alessandro de Aldisio, Vicepresidente SFP Italia: Le implicazioni del Cambiamento Climatico

Cav. Giulio Terzi, Segretario Generale IUIC: Le Convenzioni Internazionali di Protezione Ambientale 

Dott.ssa Carolina SalaLa prevenzione delle emergenze e la tutela dell’ aviofauna boschiva

Loris Chiovitto, Presidente MIPAD: esempi di sostenibilità

Dr.Arch. Mattero SernesiProgetti integrati come esempi di sostenibilità

Dott.ssa Bendetta Rosina: La riduzione del Global Warming, la tutela del patrimonio forestale primario e della qualità dell’aria

Dr. Alessandro Manini, Presidente IEMO – Closing remarks

 

 

 

UFFICIO STAMPA

DOTT.SSA MILENA SAIA

GRUPPO EDITORIALE CCEDITORE

BETAPRESS.IT

INFO@BETAPRESS.IT




Se lavoro pagami, altrimenti sei due volte disonesto…

Perché non riusciamo a farci pagare per il lavoro che abbiamo svolto?

Siamo a Palermo, ma questa è una storia che si ripete identica a Torino, a Milano, a Roma, a Napoli, a Bologna e per ogni città italiana potrei portarvi il nome di una persona che ha lo stesso problema.

Gente brava, in gamba, molto professionale, tendenzialmente con una pecca:

sono brave persone, di quelle che danno fiducia e che mettono il 100% di loro stessi in ciò che fanno.

In questi giorni su Facebook ho letto l’ennesimo post di un mio contatto che, dopo aver portato regolarmente a termine il suo lavoro, non riesce a farsi pagare dal suo committente.

La cosa paradossale ma comune è che chi non riesce a farsi pagare, nonostante il desiderio di sfogarsi e rivendicare l’ingiustizia subita, non rivela il nome del moroso e, sinceramente, ora che scrivo e inizio la mia riflessione, non so se dargli torto o ragione.

La Sicilia è una terra strana, in un modo o nell’altro noi tendiamo a non parlare anche se abbiamo ragione, è come se dentro di noi ci fosse una regola: non si accusa.

Ed è incredibile.

Una parte della nostra cultura non riesce a rivelare il nome di chi vuole estorcerci soldi non dovuti, un’altra parte non riesce a dire il nome di chi non vuol darci il dovuto.

La cosa surreale è che alla prima pratica, quella dell’estorsione, abbiamo dato un nome, ed è “pizzo”.

Alla seconda, quella della mora, non abbiamo ancora dato un nome, perché ancora non si dice, perché di fronte a un problema del genere, si deve stare zitti.

Come in quelle lingue in cui non esistono certe parole perché non sono nominabili, come in quelle culture in cui, per esempio, non esiste il corrispettivo di uxoricidio.

Non si parla, non si fanno nomi; perché potrebbero esserci delle ritorsioni, perché “certe cose non si fanno” (nel perfetto meccanismo per cui la vittima ha il sospetto di essere nel torto).

E infatti, in piena, assurda, coerenza con tutto questo, chi tace il nome è brava gente, gente per bene ed educata, con una forte etica, di quella che non dorme più per tutta la notte se, quando poggia la testa sul cuscino, si ricorda di non aver pagato il caffè al bar e che il giorno dopo, alle 6,00 del mattino, è davanti la saracinesca del bar con l’euro in mano mentre il barista lo guarda incredulo.

Chi invece pretende o non dà, ha tendenzialmente il profilo del malfattore, della persona marcia e profittatrice, sepolcri imbiancati con una vita sociale di ostentato benessere e una rete di amicizie che fanno la fila per stargli accanto e avvalorare il finto lustro.

Eppure, pensandoci questa sera, mi accorgo di una cosa sconcertante che, a prescindere da chi sia la parte lesa e la parte prevaricatrice, entrambe sono due aspetti della mentalità mafiosa: la vittima e il carnefice.

La prima è quella che subisce la mafia, la seconda, chi la pratica attivamente.

In sostanza, entrambi alimentano il meccanismo mafioso: senza l’uno, non ci sarebbe l’altro.

Senza chi tace, il malvivente non verrebbe nascosto.

E lo sappiamo bene in Sicilia, perché, ad un certo punto, quando i primi eroi hanno rotto il silenzio, lo hanno fatto per sempre e hanno insegnato a tutti che è normale parlare e hanno divelto il meccanismo.

Per molti aspetti, noi Siciliani, abbiamo imparato ad abbattere il tabù del silenzio e siamo stati bravi e siamo stati un esempio.

La mafia non ha a che fare con noi, c’è stato chi le ha dato un colpo mortale.

Ma la cultura radicata, presa da spirito di sopravvivenza, esce dalla porta e rientra dalla finestra.

Come nei miti, dalla ferita mortale di un demone schizza della materia marcia che si attacca agli esseri viventi e vuole infestarli.

Dalla mafia è schizzato via qualcosa che vuole corrompere in modo silente chi stava attorno: e questa è la mentalità mafiosa.

Non è stata una nostra scelta, si è trattato quasi di una circostanza, la mentalità mafiosa è rimasta un po’ attaccata ai nostri abiti perché eravamo lì, sul luogo ed è insidiosa, vuol esser seducente; mette gli abiti del comportamento comune e a volte ci vuole tempo per vederla.

La mentalità mafiosa ha uno scopo: desidera ristabilire l’equilibrio tra i genitori primordiali, la vittima e il carnefice.

Chi tace e chi prevarica.

Trova però un ostacolo: noi siamo contro la mentalità mafiosa e non intendiamo permetterle di germogliare.

In questo articolo ho parlato della mafia e della Sicilia perché noi siciliani siamo avvantaggiati, noi abbiamo avuto esperienza e per questo abbiamo una responsabilità in più nei confronti dei più deboli e inesperti.

Noi siciliani la mafia l’abbiamo vista e, per questo, sappiamo riconoscerla e così, quando vediamo questi atteggiamenti mafiosi abbiamo la fortuna di accorgercene prima di altri e abbiamo il dovere morale di avvisare tutti gli altri.

A volte abbiamo bisogno di un secondo in più per vederla, perché a volte siamo addormentati anche noi, siamo presi dall’uso comune; ma poi, ad un tratto, qualcosa non ci torna e realizziamo che nell’aria c’è puzza di mentalità mafiosa e lo dobbiamo dire chiaramente e a voce alta perché molti, chi non ha avuto la fortuna di nascere in Sicilia, non lo sanno: sentono un odore strano nell’aria, storcono il naso, si guardano tra loro ma non riconoscono la puzza, pensano che sia qualcosa di passeggero o che sia un odore naturale, qualcosa che però non ha a che fare con loro, e si sbagliano.

Noi invece lo riconosciamo e possiamo dire “è puzza di mafia”.

E quindi, tornando a bomba sull’articolo, il punto non è più chiedersi perché non veniamo pagati per il nostro lavoro, non è tanto il fatto di attivare una serie di soluzioni come farsi pagare prima, scrivere contratti su contratti, provare la bontà del lavoro svolto, firmare accordi e stipulare fidejussioni…

Non è scomodare la psicologia da social network e dire che, se non riusciamo ad avere i nostri soldi, è perché non pensiamo veramente di meritarli.

Il punto è che chi non paga il lavoro svolto è un mafioso.

Chi vuole sfruttare il lavoro di professionisti capaci, è un mafioso.

Chi nega il vero e spergiura la propria stessa parola, è un mafioso.

E bisogna dirlo, e bisogna fare i nomi, perché senza vittime, non esistono carnefici.

Chi non paga per il lavoro svolto è un mafioso, chi lo difende rallenta il progresso e disonora gli eroi.

 


Puoi leggere altri post di Chiara Sparacio su https://chiarasparacio.wordpress.com

 




Dove nessun uomo è mai giunto prima…

Se penso a com’era ieri, oggi siamo nel futuro.

Eppure io il futuro me lo immaginavo diverso.

Sui giornali si legge la notizia del primo turista nello spazio e il suo nome giapponese; mi guardo intorno e vedo dispositivi che ci connettono con persone in ogni parte del mondo e macchine che scrivono le nostre parole sotto dettatura.

Per quanto ci siamo abituati subito a tutto questo, possiamo dire che il futuro di oggi è davvero stupefacente.

Eppure io, il futuro me lo immaginavo diverso.

Sì, è vero: oggi voliamo, respiriamo sott’acqua, proiettiamo le nostre fantasie sugli schermi rendendole reali… attendo ancora il teletrasporto anche se ci sono situazioni olografiche che riproducono davanti a noi in dimensioni reali le persone richieste.

Ma non mi basta… io immaginavo altro…

La colpa è dei film che guardavo da bambina.

La colpa è del modo in cui tutto mi sembrava plausibile.

Erano i tempi di star Trek, che guardavo la mattina quando non andavo a scuola e restavo a letto a far passare la febbre.

Guardavo e aspettavo.

Di recente, nell’età delle stagioni televisive a disposizione su Netflix, io e il mio fidanzato abbiamo preso l’abitudine di guardare la sera, stagioni di vecchi telefilm.

Abbiamo iniziato con Star Trek e, vista l’infinita quantità di stagioni, ci accompagnerà anche nella nostra vecchiaia.

Ma il punto è che io il futuro me lo immaginavo proprio come quello di Star Trek.

Non parlo nello specifico delle navi spaziali e del lavoro nella flotta stellare (ah come mi sarebbe piaciuto!) e neppure del ponte ologrammi (tanto figo ma che porta solo rogne) e neanche del teletrasporto (che aspetto con un prossimo iPhone)… io parlo delle tante specie differenti all’interno della sala mensa.

Gente proveniente da ogni pianeta che lavora assieme sull’Enterprise, combatte e si incontra, che fa nuove alleanze e che esplora spazi sempre più lontani.

Il mio futuro era sconfinato.

Il futuro per me era quello: conoscere e convivere in piena integrazione universale con altre specie (non inteso come etnia o razza ma come estrazione umana).

Mi aspettavo che da grande sarei stata circondata da persone diverse da me e che ognuno avrebbe mostrato chiaramente la propria originalità (intesa nel doppio senso di origine e di peculiarità) e pensavo negli anni della mia crescita di prepararmi a questo.

Mi sembrava tutto così plausibile…

E invece no.

Ho capito che non era così un giorno che ero “fuori città” per lavoro.

Prima di rinchiudermi in hotel e impallidirmi alla luce del neon, mi ero fermata a pranzare in una piazza affollata in una zona di uffici.

Ero di buon umore perché avevo sete di guardare le persone attorno a me e immaginarne le vite.

Ho scelto un posto che mi permettesse di guardarmi bene intorno, mi sono seduta e ho ordinato.

Mentre aspettavo il mio pranzo ho cominciato a guardarmi attorno.

E ho sentito un crack, come di una corteccia dentro di me.

Ho provato un senso di grande disagio vedendo che erano tutti uguali.

Tutti gli uomini erano uguali, tutte le donne erano uguali.

C’erano di ogni specie un paio di versioni diverse ma sempre omologati.

Tutti gli uomini sembravano alti con l’abito coordinato e tutti le donne magre con borse firmate e un po’ di tacco; anche i bassi sembravano un po’ più alti eppure non sembrava puntassero al cielo.

Altri uomini avevano un abbigliamento più casual con maglia fuori dai jeans e scarpe comode che accompagnavano una postura rilassata, certe donne professavano l’anticonformismo nei capelli arruffati e i vestiti colorati non abbinati tra loro.

Al di là dei vestiti, però, si vedeva che facevano parte tutti della stessa specie… a prescindere dal colore della pelle e dall’accento.

E anche io ero come loro, omologata a loro.

E mi sono sentita incredibilmente sola perché attorno a me c’erano solo persone a cui somigliavo e in quella collettività mi sentivo sparire.

Quel fine settimana sono stata molto triste, perché avevo scoperto che nel mio futuro di quel momento, a pranzo non era possibile incontrare Klingon, Vulcaniani, Romulani o Ferenghi e, in più, come “terreste” non ero neppure troppo distinta.

…Peccato…

Tornando a casa, nel consueto appuntamento serale, mi ha molto colpito una specie di nome Borg.

I Borg sono una Collettività, ovvero sono un sistema composto da parti chiamate droni, una sorta di persone senza un pensiero personale ma che opera e si muove in funzione dell’insieme; i droni operano in comunione e accordo, senza alcun tipo di conflitto.

I Borg, ovviamente avendo tutti le stesse idee e le stesse esigenze, sono potentissimi: è quasi impossibile sconfiggerli e quando l’Enterprise li ha incrociati, la migliore soluzione si è sempre rivelata l’allontanamento strategico.

Il Borg tipo, quando incontra qualunque organismo diverso da sé dice: “Noi siamo Borg, voi sarete assimilati, la resistenza è inutile” (We Are the Borg. You Will be Assimilated. Resistance is futile”) e poi lo assimilano ovvero lo trasformano in Borg acquisendo, a favore della Collettività, tutte le conoscenze di quella specie.

E così, grazie a tutta questa esperienza assimilata, i Borg sono potentissimi e il loro obiettivo finale è la Perfezione.

Non verrebbe neppure da dire che sono cattivi, sono una Collettività e, in quanto tale, è difficile stabilirne la moralità: la morale ha a che fare col bene di uno e col male di un altro, in un viaggio per il miglioramento collettivo, il bene ultimo, che è nobilissimo, è il solo che conta.

I Borg sono quelli che certi filosofi contemporanei chiamerebbero “la specie” intendendo una collettività che opera e agisce all’interno dell’organismo epocale.

I Borg, quando per una serie di motivi si trovano ad essere tirati fuori dalla Collettività, soffrono tantissimo trovandosi a dover pensare a loro stessi come individuo.

Eppure, dopo che provano l’Individualità, ne restano in qualche modo diabolicamente sedotti.

L’individuo ai loro occhi è completamente smarrito: deve innanzitutto trovarsi un nome, accettare di essere un IO e non un NOI, scoprire di avere desideri differenti da quelli della Collettività, dover formulare pensieri propri e, quel che è peggio, si trova a confrontarsi con la contingenza della morte… cosa impensabile all’interno della collettività dove, se un drone smette di funzionare, le esperienze restano comunque nella collettività.

Ogni aspetto di questa specie offre spunti di riflessione e i Borg si rivelano un Simbolo potentissimo, laddove chiamiamo simbolo quel “piccolo” e “limitato” che si rivela universale, il granello di sabbia che rivela l’universo mondo.

Gli autori di Star Trek hanno tutta la mia stima e ammirazione, tra loro, vorrei poter avere ogni sera a cena chi ha inventato il personaggio dei Borg per poter parlare bevendo del buon vino rosso di come questa specie abbia tanto a che fare con noi e con la crescita spirituale e umana.

Noi che ci sentiamo al sicuro solo nelle collettività di un team di lavoro o di un gruppo Facebook, che siamo un unico organismo senza rendercene conto, che non vediamo la morte e, quando la contempliamo, ci spaventa, che non abbiamo idee difformi da quella dei nostri leader spirituali e miriamo a una perfezione senza contraddittorio; noi che cerchiamo la verità che ci dà un organismo fantastico più grande di noi e del quale ci fidiamo (chiamiamolo internet, tv, società, bibbia, corano…)

Noi che sentiamo che, se saremo tutti uniti, saremo invincibili e che ignoriamo e mettiamo a tacere le scomodità della nostra anima perché ogni giorno che passa il pensarla in modo diverso ci sempre inconcepibile.

Noi adesso siamo Borg e siamo stati assimilati, la nostra resistenza è stata inutile.

Ma se ne esce.

Quando incontriamo degli individui, possiamo essere salvati.

In genere sono gli umani che hanno questo desiderio tirare fuori l’Uno.

Non ci piacerà, ma l’ebrezza di sceglierci un nome che sia nostro e non dato da chissà chi, sarà così seducente che di nuovo, con grandissima difficoltà, confusione e paradossi, cercheremo la nostra perfezione che è da tutt’altra parte anche se non sappiamo neppure com’è fatta e in che consiste… e, nell’attesa di capire, si può andare in sala mensa a bere qualcosa con Klingon, Vulcaniani, Romulani o Ferenghi.

 


Puoi leggere altri post di Chiara Sparacio su https://chiarasparacio.wordpress.com

 




Quinta ristampa per il libro di Max Gentile

LIBERO DI RINASCERE di Max Gentile, edito dalla Currenti Calamo Editore, è arrivato alla quinta ristampa in poco più di un anno. Ci aveva piacevolmente sorpresi, un anno fa, Max Gentile quando lo abbiamo intervistato.

La sua storia, quella di un poliziotto diventato coach, aveva dell’incredibile, ma era talmente vera nel suo essere paradossale che ci abbiamo creduto.

Ci abbiamo visto giusto, noi di betapress quando lo abbiamo seguito nel tour di serate di presentazione del libro nelle maggiori città italiane, lo scorso autunno.

La prima serata, il 9 ottobre di un anno fa, nella sua Genova, aveva subito registrato il tutto esaurito, ed era stata caratterizzata da una particolare presenza di imprenditori e di liberi professionisti, sempre più attratti dalla P.N.L, ma non solo.

Perché, Max Gentile è un coach “sui generis”, che si qualifica come formatore personale, prima che professionale. Questa è la sua specificità, che fa la differenza!

LIBERO DI RINASCERE, che l’autore ha continuato a promuovere con le serate di incontro con il pubblico, (costituito da seguaci fedelissimi, primi testimoni del suo talento, ma anche da nuovi adepti, incuriositi dalla sua proposta), ha confermato le doti umane e professionali di Max, e si è rivelato un vero successo editoriale.

Perché, non è quello che dice, ma quello che fa Max, che crea la differenza!

Prima di tutto perché non insegna quello che sa, ma trasmette quello che vive. Chi lo segue da parecchi anni, sa bene che, con un’enorme coerenza di vita umana e di credibilità professionale, Max applica su sé stesso la regola del RADICARSI ED AMARSI.

Lui per primo, ha scavato dentro di sé, per trovare la propria identità, per difendere la propria integrità, per creare e prendere la propria direzione esistenziale.

Poi perché, da poliziotto o da allenatore, Max crede che il vero successo è amare sé stessi e mettersi al servizio degli altri.

Così, nel suo libro e nelle sue lezioni, ci insegna a smetterla di dare la colpa agli altri, a liberarci dalle paure, ad eliminare dalla vita i vampiri d’energia, a scollarci di dosso la “rimandite”.

Ci invita a riflettere sul rischio più grande, che non è quello di morire, ma quello di non vivere, o meglio di vivere al di sotto delle proprie possibilità.

Quattro grandi paure, la paura della libertà, dell’abbandono, del giudizio, dell’approvazione ci bloccano e rappresentano una gabbia, da cui Max c’insegna ad uscire, per poi affrontare la paura più grande che non è il fallimento, ma il SUCCESSO.

Sì, Max Gentile, ci porta sull’orlo della sfida più coraggiosa, quella di riuscire a dare il meglio di sé, di esprimere tutto quel potenziale che abbiamo dentro e che, paradossalmente, all’inizio temiamo.

Ed allora, sempre secondo il nostro intuito sulle novità del mondo del coaching, vi anticipiamo un evento straordinario che avrà luogo a Milano il 28 ed il 29 settembre presso il Novotel Milano Nord Ca’Granda: il MENTAL FORUM di NEUROSCIENZE ED IPNOSI.

Questo primo ed affascinante congresso italiano con la partecipazione di quindici relatori internazionali, provenienti da sei paesi esteri propone l’incredibile sinergia e complementarietà tra le neuroscienze e l’ipnosi.

I migliori esperti nel campo dell’Ipnosi, Neuroscienze, Comunicazione, Emozioni, Apprendimento, Morfofisiognomica, Memoria, Benessere si alterneranno in un week end di informazione, dibattiti, conferenze e workshop dall’avvincente titolo

TUTTI MERITANO DI POTER ACCEDERE ALLA CONOSCENZA. Noi ci crediamo!

Ideatrice ed organizzatrice dell’evento è PAOLA GRASSI.

Ricercatrice, Coach professionista, Counselor ad Indirizzo Olistico, Filosofa e Scrittrice, Ipnotista, ha creato l’Associazione Italiana Ipnosi, di cui è Presidente e fondatrice insieme a Ester Patricia Ceresa e Vincenzo D’Amato.

E’ l’ideatrice e l’organizzatrice anche di Accademia Summit Festival (evento annuale no profit), a cui l’anno scorso era stato invitato anche Max Gentile, nonché Owner & Founder di Accademia Italiana di Coaching Integrato, community per la quale è Academy Master Trainer nei corsi di coaching e crescita personale.
La sua mente creativa produce in continuazione nuove idee che poi trasforma con successo in realtà.

Pensiamoci, se vogliamo continuare il viaggio alla scoperta della nostra rinascita e alla massima espressione del nostro potenziale mentale.

Noi di betapress ci saremo, ci metteremo in gioco per primi! …

Antonella Ferrari