LA SCUOLA DI MASSA … OCCORRONO CORRETTIVI

 

La “scuola di massa” è stato l’epilogo finale del ‘68, da cui abbiamo ereditato una scuola aperta a tutti, grande conquista per l’istruzione democratica, ma oggi forse sono necessari correttivi.

Le responsabilità sono da ricercarsi ancor prima del ‘68 con l’istituzione della scuola media unica (1962), l’eliminazione del latino e il costante depauperamento dei contenuti di studio e l’approccio del donmilanismo, ideologia che avrebbe avuto un senso negli anni ’50, ma che alla fine dei ’60, quando si diffuse, era divenuta largamente anacronistica.

Probabilmente la scuola media unica, col tentativo di realizzare un’uguaglianza formale e non certo sostanziale ha segnato l’inizio del declino del nostro
sistema scolastico, aprendo poi la via a quella che sarà dagli anni ‘90 la diffusa licealizzazione con danni irreparabili soprattutto all’istruzione tecnica e professionale.

Prima del 1962 al termine della scuola elementare si poteva accedere alla “vecchia” scuola media (quella con il latino), ma solo dopo aver superato un esame di ammissione.

Per chi non andava alle medie c’erano tre scuole di avviamento (industriale, professionale e commerciale) e anche la scuola d’arte.

Con l’avviamento industriale si poteva accedere agli istituti tecnici industriali e con quello commerciale si poteva passare agli istituti di ragioneria mentre con l’avviamento professionale si andava negli istituti professionali.
Con la scuola d’arte, infine, ci si poteva iscrivere al liceo artistico.

È vero in pratica che a 11 anni, si decideva (all’80%) il futuro scolastico dei ragazzi che, quindi, veniva determinato più dalla appartenenza al ceto sociale che alle capacità, ma i percorsi proseguivano in continuità e la scuola riusciva a programmare un’offerta di qualità e di settore, sfornando professionalità compiute come periti agrari, commerciali, geometri, periti industriali e periti meccanici, pronti per il lavoro.

Oggi la dispersione scolastica aumenta, soprattutto quella implicita, fenomeno piuttosto diffuso che spesso sfugge alle statistiche. Ci si riferisce a quella quota non trascurabile di studenti che conseguono il diploma e non raggiungono nemmeno lontanamente i livelli di competenza che ci si dovrebbe aspettare dopo tredici anni di scuola.

E si continua a parlare con eccessiva enfasi di competenze, senza che i nostri ragazzi apprendano conoscenze certe.

Si programma per competenze anche nel primo ciclo e si dimentica il leggere, scrivere e far di conto, conoscenze e abilità essenziali sulle quali costruire nel secondo ciclo competenze certe e durevoli.

Adesso ognuno decida se davvero la scuola di allora fosse peggiore o migliore di quella attuale, ma non c’è dubbio che occorrono correttivi urgenti se vogliamo puntare su una società basata sulla conoscenza.

 

Pio Mirra
DS – IISS Pavoncelli Cerignola (FG)




Si vis pacem para bellum?

CARA REDAZIONE TI SCRIVO … AIUTAMI A CAPIRE

Mi ha colpito una fresca citazione (LaPresse): “Recentemente, a una delle brigate delle forze armate dell’Ucraina, è stato dato il nome di ‘Edelweiss’ come la divisione nazista che ha partecipato alla deportazione degli Ebrei, all’esecuzione di prigionieri di guerra, in operazioni punitive contro i partigiani di Italia, Jugoslavia Cecoslovacchia e Grecia”.

Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso ai parlamentari dell’Assemblea Federale alla Gostiny Dvor a Mosca.

“I veicoli corazzati ucraini sono contrassegnati con segni di identificazione della Wermacht della Germania nazista”.

I neonazisti non nascondono di chi si considerano eredi. È sorprendente che nessuno di coloro che sono al potere in Occidente se ne accorge”, ha aggiunto Putin.

Premetto utilmente che aborro le guerre, tutte, considerandole inumane e strumento arcaico e quindi violento e sanguinario.

Ma ritengo che sia sempre importante CAPIRE: ovverosia, non si può andare su o giù, a destra o al centro, solo perché lo possa dire un capobranco… occorre quindi CAPIRE, cercando le notizie e approfondendole.

Negli ultimi cinque giorni, da Kiev – più che altrove – echeggiano parole tronfie, vanagloriose, colme di odio, interesse, menzogne sovrapposte a una deriva storica tremenda.

Oggi, a parlare di guerra e a parteciparvi sono soggetti che di guerra non hanno un vissuto – così come accadde per i nostri padri o i nostri nonni, che ne portavano ancora addosso l’eco tragica ed i lutti .

Politicanti, affaristi, contractors e assassini in doppiopetto, agiscono e parlano senza minimamente pensare che oggi nessuno possa e debba sentirsi in luogo ‘sicuro’ o ‘protetto’: bombe e missili possono ormai arrivare dappertutto e possono uccidere dappertutto.

Quindi, che prima di parlare, riflettano e formino pensieri basati sulla Storia: su quella Storia che quasi certamente non hanno appreso compiutamente dai libri scolastici o che hanno appreso per sentito dire o ‘a dispense’ (di cui, evidentemente, hanno saltato molti numeri).

C’è chi vuole formare una ‘invincibile armata’ ? Genti avide o ignoranti plaudono? Bene.

Ma che si dica e si sappia che la contropartita sarà speculare: si formerà in contrapposizione un’altra coalizione, di segno – anche e soprattutto militare – opposto e contrario.

Quindi?

È evidente che non sia questa la soluzione, come non lo è la barbarie della guerra, o la barbarie di un frettoloso riarmo che sottragga pane, risorse e futuro tanto ai padri che ai figli di questa società martoriata quotidianamente da diabolici cialtroni, che – incapaci di costruire – distruggono tutto.

Soprattutto ‘valori’, ‘tradizioni’, ‘risparmi’, ‘economie, ‘ideali’ e ‘famiglie’.

Tutto ciò che, in estrema sintesi, costituisce la vera solidità e l’affidabilità di una nazione.

L’unica soluzione è riposta nella PACE, da ricercare immediatamente con un lavoro concreto e veritiero di diplomazie, capi di governo e stati.

E se vi fosse ancora chi possa teorizzare guerre di logoramento militare o sfiancamento economico (“durerà altri 20 anni!”) o lasciarsi andare a dichiarazioni senza senso (del tipo “non è ancora il momento per trattare”) o “loro cattivi, noi buoni” (nelle guerre di tutti i tempi, alla fine sono tutti cattivi e perdenti, considerando che il sangue dei vincitori si mescola a quello dei vinti: vince chi perde meno e può raccontare la ‘sua’ guerra con la ‘sua’ enfasi narrativa), dico: se vi fossero ancora soggetti così, rottamiamoli e gettiamoli alle ortiche, poiché sono dei folli.

Che si cerchi la PACE a ogni costo, che scoppi la PACE!

 




Graffietti …

Monaco nefasta.

Conferenza (per la guerra?).

Ascoltando/leggendo dichiarazioni surreali, viene da chiedersi: ma stanno bene?

Sono lucidi o ipnotizzati?

C’è chi pensa di arricchirsi producendo armi o altri giocattolini bellici?

Perché non hanno il coraggio di chiedere ai Popoli cosa vogliono fare, con un referendum in tutta l’Europa?

E’ l’elasticità italiana, nostro vanto ma anche limite.

Ho vissuto in Inghilterra ed in Svizzera (tedesca) e conosco la mancanza di creatività e l’incapacità di fronteggiare situazioni impreviste.

Però poi tutto funziona, anche se al più piccolo inciampo, tilt.

La creatività è scoraggiata, la scuola repressiva, il tanto declamato college Eton è un liceo classico del tutto omologo (e forse non a livello) ai nostri licei romani.

Però dobbiamo decidere, continuare a vantarsi della nostra (indubbia) intelligenza o quanto meno prontezza di spirito, oppure decidere di far funzionare le cose, avere comportamenti più sociali e conservarla, la nostra capacità di sopravvivenza, ma accettare che esistono le regole ed alcune si possono anche rispettare




Cara Redazione ti scrivo…

Cara Redazione ti scrivo…

Monaco, Conferenza sulla sicurezza.

Macron: “Non è il momento di trattare, Kiev combatta fino a costringere Putin a trattare”; Sunak: “La Nato cambi il trattato per sostenere Kiev”. Zelensky: “Se vince, Mosca punterà le armi sui Paesi vicini”.

Come possiamo apprendere NESSUNO A MONACO SEMBRA VOLERE LA PACE: o non è il momento (di grazia, quando sarebbe il momento?); o si vogliono cambiare le regole (di solito, lo chiedono/fanno i bambini quando perdono nei loro giochini); o si raccontano balle (le armi di tutti sono puntati su tutti, dai tempi della classica ‘guerra fredda’); o, ancor peggio, si sostiene di voler battere la Russia per farne uno spezzatino attraverso una riduzione territoriale.

Quindi?

Ancora si vuol fare credere a una e una sola narrazione, del tipo “noi buoni, loro cattivi?”.

Ancora vogliamo affamare i popoli europei spingendoli/obbligandoli al riarmo, al munizionamento? Una volta ci sarebbero state le barricate nelle piazze, al grido di “più pane, niente cannoni”.

Se gli USA e la GB vogliono continuare nel loro sostegno militare CONTRO la Russia e poi CONTRO la Cina, lo facciano: a loro spese e a loro rischio (tanto, stampano moneta a ritmo vertiginoso…). E ricordino alla NATO, i capi di governo/stato, che essa è uno strumento DIFENSIVO e non OFFENSIVO. E neanche offensivo per “prevenire” un possibile, eventuale, potenziale, attacco.

CHE SCOPPI LA PACE e che ciascuno si ASSUMA LE PROPRIE VERE RESPONSABILITÀ SENZA COINVOLGERE GLI ALTRI, specie attraverso la MENZOGNA.




Partiti sfiduciati dal 60% degli Italiani.

Questo il vero dato significativo di queste elezioni: il 60% degli Italiani ha dichiarato di non credere più nel sistema dei partiti.

Il crollo dei votanti deve essere letto e non deve essere trascurato dai nostri governanti: ma come è possibile sostenere di essere alla guida del paese quando si ha il consenso di nemmeno il 25% dei cittadini, è probabilmente delirio di onnipotenza.

Così come è immorale, nonché da incoscienti, pensare di andare avanti con un piano di governo quando più della metà del paese ha dichiarato di non credere nel sistema che lo regge.

Esagerato direte voi, sono poi solo due regioni!

Vero ma sono le due regioni che in assoluto sono le più significative del paese.

In queste ore si sente parlare invece di consolidamento della posizione, di tenuta della maggioranza, di perdita di consenso ma perché i cittadini non capiscono…

Tutte grandi fesserie, figlie di una cecità politica ormai arrivata al paradosso di auto convincersi di essere, invece, la vista di Dio.

Il sistema dei partiti con la sua ottusità sta creando una maggioranza al di fuori di se stesso, maggioranza che non accetterà ancora a lungo di essere governata da uno sparuto 20% della popolazione.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a vari fenomeni politici, sempre piccoli e, se vogliamo, insignificanti nel percorso della storia, me che dovevano far riflettere il sistema dei partiti e chi lo governa per avviare un nuovo modello di governo del paese che fosse più in linea con le aspirazioni del popolo.

In primis gioca l’obbligo di interpretare lo spirito italiano, così come modellato da secoli della sua storia, un popolo profondamente non razionale, venendo da secoli di profonda credenza religiosa che facilmente scade nel soprannaturale e nel gigionesco mondo degli aruspici.

Un popolo che ha forti legami famigliari e comunque tribali, radicati come non mai in uno spirito di necessaria appartenenza a qualcosa o a qualcuno, fino a smontare il credo politico e sociale a favore del primo fabulatore arrivista.

Una massa sociale che ha radicato geneticamente il ricordo della sua grandezza passata e che oggi rivive come ispirazione sociologica, come ricerca di una dimensione che nel primeggiare possa trovare una sua ragione, ma che spesso si arrocca, quasi come un topolino da labirinto impazzito, in falsi miti ed illusioni di successo, dallo sport a personaggi di indubbia cialtroneria, soprattutto politici, sportivi ma anche mondani, presi ad esempio da generazioni immature e favolistiche, poco inclini alla fatica della riflessione e della ragione, ma più succubi di facili esplosioni di effimero successo.

Questo popolo è stato allevato dal sistema dei partiti con una progressiva serie di iniezioni di droghe post moderne, dalla televisione spazzatura ad una scuola trasformata a babysitteraggio costoso e poco formativo.

Su questo popolo il sistema dei partiti ha continuato a vivere lucrando l’anima della sua stessa fiamma di sopravvivenza.

Fu così che, già dopo la prima guerra mondiale, il popolo italiano decise di scrollarsi di dosso il sistema dei partiti lasciando ampio a spazio a quello che per un ventennio fu esperienza nuova, corporativa ma situata in un periodo storico che ben poco spazio lasciava ad una costruzione sociale prospettica e soprattutto gestita da personaggi usciti da un periodo come la prima guerra mondiale dove la bassezza dell’uomo era stato imprinting tragico sulle coscienze.

Dopo la seconda guerra mondiale il sistema corporativo del ventennio venne sostituito ancora una volta dal sistema partitico, forse per troppa fretta, per incapacità, o forse perché il momento richiedeva un sistema che nuovamente abbindolasse il popolo per riuscire a gestire, con una ristretta cerchia di oligarchi politicizzati, il Paese.

In 75 anni della repubblica abbiamo avuto 68 governi gestiti da 31 presidenti del consiglio, l’instabilità fatta persona, un paese che nella ingovernabilità pone la sua ragione di vita, che peraltro gli viene proprio imposta dal sistema partitico che lo regge.

Infatti un sistema partitico come quello italiano trae la sua linfa vitale proprio dal continuo avvicendarsi delle situazioni di governo, perché la stabilità richiede spesso decisioni scomode che il sistema dei partiti non può prendere, specificatamente per la sua natura effimera alimentata da un consenso becero e legato ad una ignoranza diffusa nella sua massa elettiva.

Nel 1994 il popolo italiano vede in un poliziotto di borgata con le manie da sceriffo il salvatore della patria e gli permette di affondare un transatlantico sicuramente da tirare in secco per le riparazioni, ma non certo da affondare in toto.

Eppure in quel momento quel poliziotto era visto come il William Wallace dè noi altri, il salvatore della patria e, nell’ebrezza della distruzione, nessuno si è accorto che il tutto fu una mossa astuta per sostituire un gruppo di potere con altro gruppo di potere.

Meglio? Peggio?

il dato da leggere è l’aumento del debito pubblico oggi 2700 miliardi, nel 1990 667 miliardi di euro, ovviamente.

Insomma pur di abbattere quelli che il popolino riteneva, forse anche a ragione, dei “delinquenti affamatori” siamo rimasti a “muoia Sansone e tutti i Filistei…”

Anche in questo caso occorreva leggere nell’insurrezione di popolo che osannava la caduta, l’odio nei confronti di un modello di governo che il popolo non amava e rispettava più.

In questo percorso di evidente disamoramento del cittadino verso il sistema dei partiti, arriviamo alla nascita dei partiti dal nulla e del nulla, sull’onda della contestazione al secondo gruppo di potere, che approfittando del bulletto giudiziario ha scardinato solo le poltrone e non il sistema.

Qui la reazione del popolo è stata un grande messaggio, ancora non capito dai detentori del sistema partitico: pur di farti capire quanto non mi piace il sistema dei partiti voto il primo incapace che si presenta pur di non votare voi.

La cosa ancor più divertente che lo slogan dei partiti “protestanti” era proprio vota noi perché siamo incompetenti di politica e quindi non potremmo fare i danni che hanno fatto quelli prima… niente di più sbagliato perché in realtà il mix che venne fuori tra competenti ed incompetenti fu ancora più deleterio che ciò che avvenne nella prima repubblica.

Dopo questa carrellata veniamo a Noi oggi e vediamo che il 60% degli aventi diritto al voto non lo esercita più: questa è la tragedia di questo paese, che non permette più l’esercizio della democrazia, al punto da obbligare i suoi cittadini, per farsi sentire, a rinunciare ad un loro diritto costituzionale.

Nonostante questo atto violento da parte del popolo sembra che nessuno abbia intenzione di fermarsi e leggere correttamente il messaggio degli Italiani.

Pericoloso atteggiamento di chi ancora esercita il potere, pericoloso perché non andare a votare è un segno di disaffezione del cittadino ancora più pericoloso del rogo mediatico del 94, e chi oggi si culla nella sensazione di stabilità e di vittoria, dovrebbe invece notare che dalla sua parte ha solo il 25% del popolo e contro ha il 75%.

E Verrà un Giorno … che quel 75%  non sarà più controllabile perché non avrà più niente da perdere.

 

 

 




SEI DOMANDE AD ANGELA UGLIOLA (alias, NJADYR HELGRINDR)

 

D – Angela, nel suo commento in quarta di copertina del suo nuovo libro Esoterismo e Follia, in uscita a Febbraio 2023, per i tipi di Psiche2, leggiamo «La “vita è dunque un gioco di Follia” comunque la si voglia intendere. L’universo è mentale e pertanto è folle egli stesso. Ci vuole una grande Follia per riconoscere tale assunto e altri e diversi gradi di Follia per restare ciechi di fronte all’illusione più grande di tutte: ciò che viene comunemente considerato Vita. In questo mi ritengo doppiamente folle». Direi che è una presentazione e una sottolineatura sintetica quanto ricchissima di contenuti: forse non basterebbero decine di libri ad analizzarla in ogni suo segmento, sfaccettatura, ma credo che lei intenda offrire delle nuove e diverse chiavi di lettura, e quindi un diverso approccio.

R – Nella stessa Introduzione alla lettura del testo, mi ha fatto piacere ricordare la sintesi di un pensiero di Thomas Mann: “Lo sforzo della psicologia del profondo (…) è allo stesso tempo uno sforzo fatto per penetrare nell’infanzia dell’umanità, nel primitivo, nel mitico”.

Oltrepassando la visione comune che si ha di Follia, e discostandomi dall’accomunarla integralmente alla pazzia, ritengo che indagare sulla stessa implichi ricercare le più antiche radici dell’umanità. Studiarne la storia, comporta il rivelare il pensiero più intimo dell’uomo e il suo rapporto con la ragione e il divino nel corso dei secoli. Infine, scrutarne le tipologie aiuta a comprendere le potenzialità dello spirito e le aberrazioni dell’anima poiché per raggiungere Follia occorre sondare i confini più estremi della natura umana.

La Follia è dunque parte integrante dell’essere umano, ed è così radicata in esso che diviene impensabile poterla estirpare dal singolo uomo o dalle società in cui esso vive. Ciò che di lei possiamo dire, con quasi assoluta certezza, è che essa attinge ad un Abisso profondo e sconosciuto, corrispondente al Caos degli inizi filosofici, ad un mondo lontano dall’universo della ragione in cui l’uomo è solito dimorare.  L’uomo non conosce tale fonte originaria a cui la ragione tenta di dare una forma tramite il pensiero, i simboli, le parole, i miti. L’Intelletto ama e definirla irrazionale, inconoscibile, e il vero grande mistero sarebbe da ricercare non soltanto nella natura della stessa ma nella capacità della coscienza di arginare le forze tenebrose, primitive, sconosciute e caotiche sepolte ivi sepolte. E, allorquando l’argine cede, si apre un varco tra le forze della ragione e quelle oscure della psiche profonda; la Follia vi fa capolino, concedendo alle seconde di muoversi come un fiume in piena, la cui forza travolgente rischia di disgregare irrimediabilmente i baluardi      –     ma anche i limiti – della coscienza.

 

D – Converrà che la tematica è estremamente seria quanto ampia e variegata, non alla portata di tutti – salvo il volersi concentrare nell’approccio e nel suo dipanarsi -: qual è la differenza tra ‘follia’ e ‘pazzia’?

R – Grazie per la domanda che ritengo più che pertinente. Certe tematiche vengono normalmente affrontate con un linguaggio il più delle volte accademico o criptico e, dunque, lontano dall’uomo comune. È mia intenzione cercare invece di affrontare determinati argomenti con un linguaggio alla portata di chiunque voglia realmente conoscere il significato profondo dell’esoterismo, senza tralasciare un approccio tecnico e che ci riconduca, in questo specifico caso in cui si narra di follia, alle recenti scoperte delle neuro-scienze.

Per dirla con i toscani, fini ma anche pratici pensatori, la follia va intesa come creatività fuori dalle regole istituzionali, un immenso potenziale, sconosciuto ai più, che non sempre sfocia nella patologia. Mentre la pazzia è una malattia mentale, colma di solitudine e abissale sofferenza.

Ricordando l’etimo del termine folle (dal latino follis: pallone gonfio d’aria), possiamo dire che esso sta a identificare – in modo non di rado spregiativo, anche se profondamente ingiusto – una persona bizzarra, che manifesta le proprie emozioni in maniera eccessiva, ma soprattutto dotata di poco senno o di un criterio di valutazione del tutto singolare e personale.

A questo proposito, trovo significativo citare una riflessione di Michel Foucault nella sua ‘Storia della Follia nell’età classica’, che ci riporta al senso profondo di Follia: “Da ogni parte la follia affascina l’uomo. Le immagini fantastiche che essa suscita non sono apparenze fuggitive che spariscono in fretta dalla superficie delle cose. Per uno strano paradosso, ciò che nasce dal più singolare delirio era già nascosto come un segreto, come una verità inaccessibile, nelle viscere della terra. Quando l’uomo dispiega l’arbitrarietà della sua follia, incontra l’oscura necessità del mondo; l’animale che ossessiona i suoi incubi e le sue notti di privazioni è la sua stessa natura, colei che metterà a nudo l’inesorabile verità dell’inferno; le vane immagini della cieca stupidità sono il grande sapere del mondo”

 

D – Angela, i contenuti del suo libro, nonostante l’apparente leggerezza nell’esposizione – quasi a voler prendere per mano il Lettore – propongono scenari persino audaci. “E se Follia è l’inabissarsi della coscienza, la corruzione della capacità di vedere il mondo e l’isolamento nel delirio allucinatorio, si è davvero sicuri che tali stati appartengano solamente al “malato di mente”?”

R – Sebbene la razionalità possa indurci a rispondere affermativamente, questo testo vuole essere un invito alla riflessione. Per farmi comprendere meglio, vi pongo un’ulteriore domanda: esiste una reale differenza tra un folle inconsapevole di sé e un essere umano che volontariamente ed altrettanto inconsapevolmente resta prigioniero dei propri limiti, dei propri pensieri, delle proprie passioni, delle proprie illusioni, delle proprie false certezze, incurante dell’esistenza di una Verità Suprema che – in quanto tale – è impossibilitato a rincorrere? Ogni essere umano rischia di venire travolto, in modo peraltro improvviso quanto imprevisto, da un’ondata di inconscietà: ciò accade allorquando non riesce a domare ed a tenere a freno le potenti e distruttive forze che risiedono in lui, e che si manifestano tramite emozioni e pensieri incontrollati, piccole fobie, nevrosi, ossessioni, false convinzioni, bigottismo e reazioni a volte ingiustificate. In ognuno di noi dimorano i due cavalli di origine platonica che tirando in due direzioni opposte generano un profondo conflitto oltre a una profonda frattura tra il mondo noumenico e quello fenomenico.

Se è dunque inconfutabile che la follia appartenga ai folli, è altrettanto vero che non esiste uomo che non sia stato sfiorato da lei almeno una volta.

 

D – Citando Erasmo da Rotterdam, nel suo celeberrimo ‘Elogio della Follia’, questi scriveva “La vita umana non è altro che un gioco di follia”.

R – Quante volte, proprio come tracciava Euripide parlando di Medea, si è avuta la sensazione di sapere con una lucidità spaventevole cosa fosse giusto fare ma una forza più forte ci ha sospinti nella direzione opposta e persino contraria.

“So quanto male sto per fare ma la passione dell’animo – che è causa delle sciagure più grandi in questo mondo – la passione dell’animo è più forte in me della ragione”.

È possibile dunque affermare che esiste qualcosa di profondo e nascosto dentro la psiche dell’uomo che rischia di farlo sprofondare in ogni momento nel profondo baratro della ‘follia distruttiva’, ossia della pazzia. Solo pochissimi uomini sono stati, e sono, in grado di tenere a freno queste potenze primordiali, comprese le quali si giunge all’essenza stessa della natura dell’uomo. Mi riferisco ai mistici, ad alcuni grandi iniziati, ai Poeti, ai Profeti…

Così il filosofo Karl Jaspers descrisse, nel suo ‘Genio e Follia’, queste forze primordiali, trattando sulla follia di Horderlin: “La questione si pone altrimenti: ora il pericolo minaccia lo stesso poeta, ne può essere schiacciato, mentre il suo compito è proprio quello di trasmettere agli uomini, con la sua opera, ciò che di mortale vi è nel divino (…) Come Dioniso, che, nato da Semele colpita dal fulmine di Zeus, trasmette il fuoco divino ai mortali nella bevanda benefica, così il poeta accoglie la folgore divina e offre, sotto forma di canto, ciò che sarebbe mortale senza questa trasmutazione”.

Il Poeta rende quindi accessibili agli uomini le potenze primordiali, quelle creatrici del tutto, senza che queste possano disintegrarne l’Io tanto caro, quanto perituro, degli stessi.  Mi riferisco alla Poesia leale ed originaria, la stessa che animò i versi di Omero, Esiodo, Sofocle. Quella che ispirò Horderlin, Strindberg, Goethe, Voltaire, per citarne soltanto alcuni. La stessa che, tramutata in arte, si ritrova tra le trame delle tele di Van Gogh, o nella musica divina di Mozart, Hoffmann e Beethoven, o nelle formule matematiche di Newton, Cardano ed Einstein.

Poesia può dunque accedere alla Follia. Follia, dal canto suo, qualora approdi alle vette più alte, diviene potenza creatrice nonché portavoce di una verità che non alberga nelle menti umane. Qui la “pato-logia raggiunge la sua essenza che non è da cercare nella malattia, ma in quel patire (pathos) che si fa parola (loghia)”.

Le indico un fil-rouge da seguire: Poesia scaturisce da Follia, creando un legame sottile e impalpabile quanto prorompente e saldo, tant’è che per comprendere la seconda si è tentato di sviscerare la prima, essenza stessa della natura umana e delle sue origini. Sono state utilizzate alcune Opere come tramite, le stesse che hanno tentato di dare un nome all’inconcepibile rivestendolo di personaggi, eventi, passioni e ricordi. Sono le Opere di Poeti, Profeti e Veggenti, i soli che, avendo conosciuto l’essenza di Follia, poterono accedere ai sacri versi in maniera ispirata e genuina, divenendo la “scienza dell’uomo segreto”.

I Miti che sgorgano da Poesia, lungi dall’essere mere allegorie o banali metafore di fenomeni cosmici o antropologici, diventano espressioni profonde delle immagini primordiali che reggono la nostra Realtà, la nostra struttura interiore. Essi dimorano all’interno dell’Anima del Mondo – quell’Anima Universale, nota come Anima Mundi, il cui concetto si ritrova nel Timeo di Platone – sono un tutt’uno con essa e, tramite le immagini archetipiche, ne spiegano l’archetipo stesso nel suo incessante operare.

 

D – Angela, lei ci sta già accompagnando, tenendoci prudentemente per mano, in questo ‘viaggio’ rappresentato dalla lettura del suo nuovo libro, con lo stesso spirito che Virgilio dovette avere con l’Alighieri… Ci spieghi ancora…

R – Conseguentemente a quanto precede, il Folle diviene un uomo in grado di forzare i limiti della propria coscienza per accedere là dove i più non osano gettare neanche lo sguardo e, oltrepassando i confini della propria mente, potrà sperimentare abissi spaventosi o visioni estatiche.

Il fenomeno della Follia, alla luce di quanto espresso, può essere osservato come un’entità clinica che sfocia nella psicopatologia, oppure come una dimensione più profonda, un processo che sottende alle attività umane e che, sebbene venga spesso messo a tacere, concerne la stessa natura spirituale dell’essere umano. La verità – per dirla con Nietzsche, nel suo “Aurora” – è che “quasi ovunque la follia apre la strada al nuovo pensiero”, o, per citare A. Gide, “le cose più belle sono quelle che la pazzia suggerisce e la ragione scrive.” La mediocrità sembra invece essere divenuta la cifra connotativa della nostra normalità, mentre l’autentica Poesia è diventata così estranea che l’accesso alle realtà spirituali ci viene spesso negato. La psichiatria, dal canto suo, dando un nome a tali eventi sovrumani, ha tentato di spiegare l’inspiegabile e, definendo la malattia, crede di averne penetrato l’essenza e di averne svelato ogni arcano. Follia non può essere spiegata dalla Ragione in quanto non può essere conosciuta guardandola dall’esterno. Forse si può tentare di raccontarla, ma fino a che si userà la razionalità per narrare Follia si cadrà nel paradosso di una ragione sovrana adoperata per spiegare ciò che trascende la ragione stessa. Sarà la sbrigativa e definitiva relegazione, nel XVIII° secolo, della Follia, purtroppo sovrapposta in modo confuso e arbitrario con la Pazzia, a malattia mentale, a far sorgere una profonda spaccatura tra Ragione e Follia. Per contro, nel mondo moderno, sebbene i progressi fatti nell’analisi clinica, permane una zona oscura sul fronte di Follia, una zona poco battuta dai non iniziati, specie sui piani del ‘sottile’, che continua a ingigantire il baratro tra gli ‘insensati’ e il mondo cosiddetto ‘normale’. Specie in un mondo dove la parola ‘normalità’ viene fatta risuonare in un modo anomalo e perverso. Oramai non si parla più realmente con i folli, o forse non si è mai realmente parlato con essi e, citando Foucault, “il linguaggio della psichiatria, che è monologo della ragione sulla follia, non ha potuto stabilirsi se non sopra tale silenzio”.  Per ultimo, desidero soffermarmi ancora sull’etimo della parola ‘follia’, da ‘follitatem’, un vocabolo coniato durante il periodo medievale; follitatem, traducibile con “sacco pieno di vento”, riporta ad un essere che ha perduto qualcosa, che è pieno soltanto di aria e, conseguentemente, “di Vuoto”.

Il ‘matto’, nella sua concezione di ‘testa vuota’, può toccare l’alito divino, il suo respiro, fino a diventare un ‘posseduto del dio’, inusuale portatore di Verità. È colui che diviene consapevole del Vuoto che regge la nostra realtà, un vuoto destinato a tingersi di miriadi di immagini prodotte della mente stessa.

 

D – Angela, una sintesi finale?

R – In questa opera ho voluto indagare Follia, cercando di offrirle una panoramica se non completamente nuova almeno innovativa. I primi capitoli sono stati dedicati alla sua storia, alquanto maestosa e significativa, perché è solo conoscendone la storia che si possono comprendere le varie sfaccettature di cui è stata rivestita, concezioni non solo contrastanti ma, delle volte, assolutamente antitetiche. Tale analisi mi ha permesso di comprendere come, in Lei, gli opposti coincidano e come non esista una definizione umana che non gli appartenga. Solo, nel corso dei secoli, a ciascuno è stato dato di vedere uno, o soltanto alcuni, dei suoi aspetti nell’incapacità di realizzare che, di fatto, Ella li conglobava tutti. Essi non erano che una parte della sua immensa complessità, quella che narra della totalità dell’uomo, dai suoi aspetti più concreti e lapalissiani fino a quelli più eterei e trascendentali. Una complessità che deriva dall’essere parte della Psiche dell’uomo, dall’essere la Psiche stessa dell’uomo. Per comprendere quest’ultima ho citato alcune delle principali cosmogonie del mondo occidentale per mostrare come, al di là dei nomi e delle allegorie, tutto è uno, e che la Verità va oltre le divisioni.

Per il tramite delle vicissitudini di alcune deità, ed eroi, ho indagato la natura umana, narrato dei suoi vari aspetti psico-energetici, gli stessi che reggono le strutture attraverso le quali si può tentare, sebbene da lontano, di raccontare Follia.

Nel prosieguo, ho voluto raccontare da vicino le storie di noti personaggi che hanno lasciato una profonda traccia nella storia per le loro opere o teorie, narrando della loro schizofrenia, quella malattia invalidante che delle volte ha portato ad un epilogo distruttivo e irrimediabile.

Successivamente, sono state analizzate le tappe di un percorso iniziatico, e illustrate, per il tramite di quegli stessi meccanismi che spiegano la pazzia, le caratteristiche della medianità e della veggenza, al fine di svelare i punti in comune con la schizofrenia e far comprendere che è in essa che molte potenzialità o virtù, considerate paranormali o fantastiche, giacciono, ed è per il tramite di essa che si possono sfiorare altre dimensioni altrettanto reali che questa.

Ho, finalmente, tentato di raccontare delle diverse forme di Follia, per mostrare come non tutte competano alla psichiatria. Primariamente la Follia della ragione, o come si ama chiamarla, la Follia dell’Ego, quella che accomuna ogni singolo uomo, sia esso sano o insano. Quella collegata alla mancanza di forza, virtù e volontà, quella scaturente dai condizionamenti e dalle sovrastrutture mentali. Questa si è insinuata nella società come il peggior veleno di ogni tempo ma l’uomo, nella sua cecità, non è consapevole di esserne affetto. Dopo aver passeggiato tra le sue trame e i suoi inganni sono giunta, per il tramite di Hermes, il dio mercurio dei greci, nei meandri della follia iniziatica per approdare, infine, nelle terre della follia mistica, il punto più estremo ove possa giungere l’esperienza umana.

 

Ringraziamo Angela Ugliola – meglio nota con lo pseudonimo di Njadyr Helgrindr – per questa particolare e significa intervista, incentrata sul suo ultimo libro ‘Esoterismo e Follia’, ringraziandola per quei lampi di luce con cui ha saputo illuminare una tematica ardua e particolare, più agevole solo per chi abbia già le giuste percezioni, le giuste sensibilità.

Quanto elaborato con passione e competenza da Angela, non può e non deve essere letto o apprezzato con frettolosità, ma fatto proprio a ‘piccoli sorsi’, e non può essere confuso né con altre fenomenologie tipo ‘occultismo’ o ‘stregoneria’ o quant’altro di negativamente assimilabile: si tratta, invece, di un approfondito studio che non esita ad affrontare con coraggiosa e agevole incisività tematiche persino ‘scomode’ o – quantomeno – di non comune trattazione per la profondità e la preparazione necessaria.

 

Qualche nota…

 

Njadyr Helgrindr (pseudonimo artistico della scrittrice Angela Ugliola) sin dall’adolescenza viene attratta dal rapporto dell’uomo con il sacro, così da interessarsi con passione di psicologia, parapsicologia e filosofia.

Successivamente, ma oserei dire ‘conseguentemente’, si avvia lungo un percorso di approfondimento e studio delle discipline esoteriche, appassionandosi in particolare di ermetismo, cabala ermetica e numerologia.

A questo suo percorso di maturazione e crescita interiore, Angela ha unito il crescente desiderio – divenuta ferma volontà – di contribuire a diffondere la cultura iniziatica, riportando l’attenzione sulle antiche tradizioni esoteriche i cui antichissimi insegnamenti, spesso velati da desuete allegorie e oscuri simbolismi – ma anche da interpretazioni talvolta temerarie e altre volte frutta di banalissimi copia-incolla -, necessitano di un nuovo approccio e di un linguaggio vicino alle persone desiderose di ‘conoscere’,  di ‘crescere’ in un percorso di serena evoluzione.

Per meglio perseguire tali obiettivi, nel 2018 fonda il “Madame Mabel 1860”, conosciuto e apprezzato nella Torino appassionata di magici incanti come “Il Salotto della Strega”, il primo e unico ritrovo per gli appassionati di esoterismo in Italia: luogo ove cultori e appassionati delle materie possono dialogare e confrontarsi in modo aperto, costruttivo e anche ricco di entusiasmo. Angela non poteva non essere appassionata anche dei Tarocchi. Considera il Tarocco uno degli strumenti tramite il quale sondare l’animo umano, essendo lo stesso un “mutus liber” all’interno del quale è racchiuso il mistero dell’uomo.

Sviluppa un proprio metodo di insegnamento, che porta avanti attraverso l’Accademia “La Via del Simbolo”, basato sullo studio degli archetipi in esso contenuti, il proprio percorso iniziatico e la psicologia che guarda al divino. Cofondatrice del “Museo della Stregoneria Contemporanea” presso il “Madame Mabel 1860” di Torino, è docente presso l’ A.I.M.E. (Accademia Iniziatica della Magia e dell’Esoterismo).

È anche conduttrice, presso SkyValue24, della trasmissione esoterica “Il Salotto della Strega”.

Autrice di numerosi elaborati di studio e approfondimento, ha scritto anche “I Tarocchi come Via Iniziatica – L’Opera del Carro: dall’Opus alchemica alla Merkavah”, edito nel 2021 per i tipi di Psiche2.

 

 




PNRR o PRRRRRRRRR… ??

Parte la progettazione per il Piano Scuola 4.0 sulla piattaforma dedicata che resterà aperta dalle ore 15.00 del giorno 28 dicembre 2022 alle ore 15.00 del giorno 28 febbraio 2023.

L’investimento prevede due azioni specifiche: Next Generation Classrooms e Next Generazione Labs.

L’azione “Next Generation Classrooms” ha l’obiettivo di trasformare almeno 100.000 aule delle scuole primarie, secondarie di primo grado e secondarie di secondo grado, in ambienti innovativi di apprendimento.

L’azione “Next Generation Labs” ha la finalità di realizzare laboratori per le professioni digitali del futuro nelle scuole secondarie di secondo grado, dotandole di spazi e di attrezzature digitali avanzate.

La parola d’ordine per rinnovare la scuola è “digitale” per tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Che dire? Il digitale è sicuramente un bene se aggiunto alle abilità analogiche, un disastro se in sostituzione ad esso!

Ma sembra che si vada in questa direzione.

Si legge che il Piano Scuola 4.0 sarà l’occasione per innovare la scuola!?!

Certamente, ma l’innovazione didattica sarà possibile senza però rinunciare ad insegnare le quattro abilità di base linguistiche (saper ascoltare, saper parlare, saper leggere e saper scrivere) insieme alle quattro operazioni della matematica.

Occorre insegnare l’analisi grammaticale, logica della frase e del periodo entro la scuola media, studiare storia e geografia, abolire nei licei l’alternanza scuola-lavoro, oggi rinominata PCTO.

In breve occorre tornare allo studio dei contenuti disciplinari e forse riusciremo a raggiungere adeguati risultati anche nelle tanto criticate prove INVALSI.

Pio Mirra




Ma se un domani non ci saranno più alunni ?

Il calo demografico sta facendo sentire i suoi effetti e nei prossimi anni la situazione andrà sempre più peggiorando.

Gli allegati al Recovery Plan dello scorso anno svelavano che da qui al 2026, in classe avremo 1,1 milioni di studenti in meno.

Se guardiamo il periodo fino al 2033, si passerà da 7,4 milioni di studenti (ultimo dato disponibile 2021) a poco più di 6 milioni nell’anno scolastico 2033/34, con quote di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno.
Tale effetto dell’andamento demografico si sentirà maggiormente alle superiori, dove si passerà rispettivamente da 2.659.068 a 2.168.614 studenti.

Anche nel territorio di Cerignola, comune della provincia di Foggia di 60.000 abitanti, si inizia a sentire l’effetto denatalità.

Gli studenti di Cerignola che nell’anno scolastico in corso frequentano la classe terza della secondaria di primo grado sono solo 654, che se tutti promossi sceglieranno uno tra i cinque istituti superiori presenti nel comune.

E allora che si fa? Si reclamizza l’offerta formativa negli open days scolastici con una e più promesse per un roseo futuro.

Tanto è il disorientamento dei ragazzi e delle loro famiglie, che dovranno scegliere uno dei 25 indirizzi di studio proposti dai cinque istituti cerignolani tra licei, tecnici, professionali, opzioni, corsi quinquennali e quadriennali a volte duplicati.

In teoria per 652 studenti e 25 indirizzi di studio potranno formarsi per l’anno scolastico che verrà solo 25 classi prime, 5 classi per istituto.

Ma quale scuola scegliere? Per una buona scelta è fondamentale investire nell’orientamento scolastico nella delicata fase di passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado, accompagnando i ragazzi verso una scelta consapevole.

L’orientamento diventa prezioso proprio perché favorisce scelte consapevoli, siano esse di studio o di prospettive di lavoro, ma è anche una fondamentale arma di contrasto al fenomeno della dispersione scolastica, che in Italia raggiunge ancora valori superiori alle medie europee.

Secondo l’ISFOL l’orientamento è un intervento finalizzato a porre la persona nelle condizioni di poter effettuare delle scelte personali circa il proprio progetto personale/professionale di vita.

Citando la stessa fonte, l’orientamento viene visto come elemento fondante dell’educazione permanente: un processo di educazione e di formazione integrale della persona che la conduce alla piena espressione della sua identità, professionalità e vocazione.

L’orientamento, quindi, mira alla finalità educativa dell’autonomia, ovvero alla capacità di muoversi in una società complessa e dinamica, che conferisce poche garanzie, compiendo scelte in linea con i propri scopi.
E invece?

Anziché puntare sul valore strategico dell’orientamento come strumento di lotta alla dispersione e all’insuccesso scolastico nella creazione di un sistema di orientamento centrato sulla persona e sui suoi bisogni, finalizzato a prevenire e contrastare il disagio giovanile e favorire la piena occupabilità e l’inclusione sociale le scuole sono impegnate a imbellettarsi in struggenti azioni di marketing che sono gli open days.

E allora il problema non è la “classe pollaio”, ma il numero dei “polli” che le scuole riusciranno a catturare nei colorati open days addirittura aperti un giorno alla settimana per tutto il periodo delle iscrizioni dal 9 al 30 gennaio.

Ammaliante il canto delle sirene per convincere un “pollo” in più e poi?

Poi sarà quel che sarà!

Pio Mirra
DS IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)




Meloni ed il metaverso dell’ingovernabilità

Mi ero ripromesso di fare alcune riflessioni, trascorso un minimo di tempo dall’insediamento del nuovo Governo Meloni.

Condividevo gli iniziali entusiasmi auspici di una svolta riequilibratrice, ma lo stato in cui versava complessivamente l’Italia era molto serio: tanto da far ritenere la situazione seriamente compromessa.

Troppo.

Così ho preferito attendere, volendomi basare tanto su fatti squisitamente interni, che su ogni mutamento sullo scacchiere internazionale.

Al Governo è andato un ampio consenso popolare in fase elettorale: fidandosi degli impegni preelettorali fin troppo chiaramente espressi, il corpo votante aveva chiaramente delegato una funzione di discontinuità con la precedente politica, principalmente nei settori sanità, istruzione, economia e finanza, lavoro, pace, congrua politica energetica, tutela e rispetto della Costituzione e dei diritti individuali specie se insopprimibili e inviolabili, e – infine – tutela delle frontiere e adozione di una politica ‘migratoria’ di tutela e salvaguardia.

Desidero chiarire ancora una volta il trucchetto dialettico creato da certa intellighenzia (sic!) non solo italica, circa l’utilizzo del termine e quindi del concetto di “migrante”.

Mai termine fu tanto impropriamente adottato: le rondini ci insegnano che gli uccelli ‘migrano’ in determinate stagioni, per poi tornare al luogo precedente, in una spola continua preparata loro dalla Natura; ci sono poi gli ‘emigranti’, come milioni di nostri connazionali, che hanno lasciato e ancora lasciano la loro terra d’origine e la propria Nazione per trasferirsi all’estero (e non si sa se e quando ritorneranno nella Patria d’origine); ci sono gli ‘immigrati’ che vengono lecitamente nel nostro Paese, e che spesso sono abili nel costruirsi posizioni economiche e sociali degne e di tutto rispetto (e il riferimento allo scandalo in corso, legato ai facili guadagni – e relativa rete di connivenze – di talune cooperative e ONG è palese); ci sono, infine, dei soggetti che tentano forme di ‘immigrazione clandestina’, e sono coloro che, sperando in vantaggi presenti e/o futuri, decidono di passare le frontiere in modo illecito, irregolare, ‘clandestino’ (affidandosi a terzi, a dei passeurs, e quindi pagando cifre non indifferenti, per farsi portare nei paesi da loro prescelti.

E questi ultimi non sono certo dei ‘migranti’, anche se la propaganda ‘buonista’ tenta di taroccarne la ‘qualità’ facendoli passare come tali). Non tocchiamo poi l’analisi di tutto il costrutto che grava farlocco e opaco sul concetto di “integrazione”: altro ballon sospeso costantemente a mezz’aria, abilmente sfruttato da quegli amanti del politichese che, attraverso strane dinamiche e altrettanto strane creature, lucrano abbondantemente e senza remore su ambedue i fronti.

Ma, a parte il troppo poco tempo che il Governo è in carica, abbiamo capito che sono scattati i lacci e lacciuoli esterni (Unione Europea e Patto Atlantico-NATO), ma anche interni, che ne frenano la vis politica vera e propria (attenta, per ora, a ‘non pestare i piedi’ ad alcuno), e ne condizionano i termini espressivi ultimi, facendo così stridere le promesse elettorali con le azioni intraprese.

Certo, l’eredità Conte-Draghi è stata pesante: costellata da una impressionante serie di smentite di dichiarazioni solenni e talvolta persino spocchiose.

E i famosi ‘conti in ordine’ lasciati dall’ultima Amministrazione di Governo, e ‘benedetti’ dalla claque dei sempre mobilitati ‘padri nobili’, hanno riservato innumerevoli sorprese.

Anche pesanti.

Di cose ‘in ordine’, alla fin fine, non è che ce ne fossero molte, tanto fumo, tante trombe e tromboni di corredo, una grancassa mediatica sempre pronta con il suo putipù di fondo, ma anche tanta fuffa.

Quindi, stiamo assistendo alle attività di un Governo Meloni – in realtà una coalizione, di cui è Primo Ministro l’On. Le Giorgia Meloni – che, deve mettere le mani su tutto; che non ha potuto fruire di un sistema democraticamente (e utilmente) tarato sullo spoil system, e che quindi è penalizzato da un sottosistema pur oliato che, nei gangli della PA, tenta di fare il bello e cattivo tempo; che deve contrastare la smania di protagonismo anche dei suoi alleati (frenanti, in questa fase…); che si sta rendendo conto di gettare al vento miliardi per aiutare (giustissimamente…) le famiglie in difficoltà per il caro-energia, ma che questi miliardi alimentano, allattano e gratificano la speculazione; che si confronta con energia con la Francia (che – oltre a una visione misogina – forse avrebbe voluto già fare un altro shopping facile con TIM e ITA, e che si è trovata invece bloccata su entrambi i fronti), e altro ancora…

Sono mesi che Capi di Stato, Capi di Governo, Ministri di vari livelli, girano per il mondo, ‘alla ricerca di soluzioni’: miliardi di euro gettati al vento, per questi viaggi, tonnellate di CO2 sparsa ai quattro venti, ben poco concrete.

L’ansia di poter/dover dire “siamo tutti d’accordo”, “abbiamo deciso” (siamo al nono pacchetto di sanzioni antirusse !!!

Quelle che hanno tagliato le gambe all’Europa, fatto gioire e prosperare economicamente gli USA, arricchito oltre ogni misura non solo le ‘vittime’, ma i super corrotti che poi investono in cryptovalute e traffico d’armi e droga…).

Fa bene Orban: ipercriticato, ma che porta avanti gli interessi magiari, salvandone l’economia e il lavoro, non esitando a mantenere rapporti commerciali fondamentali a est.

Ma avete visto, in questi ultimi giorni, il doppiopesismo e la rapidità con cui la Croazia è stata ammessa nell’area Schengen, mentre Romania e Bulgaria sono al palo da più di 10 anni !!

A parte che è meglio per loro mantenere la propria autonomia monetaria, piuttosto che non essere generosamente fagocitati da Bruxelles, l’Europa Comunitaria, ha continuato a sostenere che le due belle Nazioni “non meritavano e non meritano” poiché al loro interno vi sono ancora troppe aree opache, ossia aree di corruttela nell’amministrazione.

Proprio Bruxelles ha fatto e continua a fare questi leziosi distinguo, ignorando la feccia che si nasconde sotto i suoi preziosi tappeti !!

E noi Italia, dovremmo ringraziare Orban: se non ci fosse lui a resistere, si starebbe tutti allo sbando.

Così come allo sbando è diretta la Germania, che ha voluto suonare le proprie trombe e i propri tamburi, ma che ora guarda con preoccupazione assottigliarsi le proprie riserve di gas: sarà suo il primo ciclo produttivo a fermarsi?

Non saprei: ma so che se l’Europa (o quel che ne resta, rabberciato alla meglio) non torna a pensare alla salute e al benessere degli Stati e dei Cittadini che ne fanno parte, per dare manforte a quelle posizioni ormai chiaramente sbagliate dove si sta svolgendo un conflitto per procura che sta producendo un immiserimento economico, finanziario e soprattutto morale, significa che della ‘sopravvivenza’ dell’Europa e dei suoi cittadini, non importa granché ad alcuno.

Sicuramente, dal Governo Meloni ci si attendeva molto (anche troppo, viste le situazioni obiettive specie a livello internazionale); forse si è fatto poco, ma si trova imprigionato nei lacciuoli di una combriccola tentacolare, evidentemente legata da comuni convergenze d’interesse, che fa di tutto per ostacolarla…

Guardate come si sono svegliati quei ‘sindacati’ che si pensava fossero estinti, tanto sono stati assenti dalla vita dei lavoratori e, soprattutto, dalla tutela dei loro interessi, presi com’erano ad ammiccare ai governanti di prima ed a pavoneggiarsi persino alla parte datoriale.

Sono stati contagiati ex-novo (nel caso in cui l’avessero proprio smarrita…) dalla libidine dello “sciopero per lo sciopero”, lo sciopero ideologico (se mai vi sia chi ancora possa essere pervaso da forme politiche intrise di una qualche ideologia [ideologia=sistema concettuale e interpretativo che costituisce la base politica di un movimento, di un partito o di uno stato] visto che il concetto di “politica” si è sfilacciato e smarrito, soverchiato ormai da espressioni degne più delle tifoserie).

Ho ascoltato oggi un Landini nuovamente in tuta da metalmeccanico, ringhiare con forza contro la manovra economica del Governo Meloni.

Ma, ad ascoltarlo bene, erano commenti che avrebbe ben potuto esprimere anche prima con i Governi Conte e Draghi.

Ma a parte di questo, quello e quell’altro che non vanno bene, la sintesi non reca suggerimenti degni di nota.

Ad esempio, i Sindacati, ridestatisi con tale piglio, ci facciano sapere – di grazie – come deve resistere il Governo, come deve resistere l’Italia, come devono resistere gli Italiani, all’abbraccio mortale di una poco candida Europa, che evidentemente persegue – tramite soggetti posti ad hoc in ruoli chiave, interessi di parte spesso del tutto anti-italiani.

Ci dicano come dobbiamo resistere nuovamente al ricatto del MES (aderendo al quale potremo solo indebitarci e a caro prezzo) che ci viene proposte come strumento di ricatto contestualmente alle misure con cui la Lagarde condanna le Borse, e quindi i risparmiatori, a delle perdite enormi…

come dobbiamo resistere alla Von der Leyen & C. che sono mesi che si affannano a far passare un price-cap energetico sul gas decisamente dai valori pro-speculazione (e circa il quale continuo a sostenere un NO convinto: libere contrattazioni da parte di ciascuno stato e niente cambiali in bianco alla solita UE…

già troppo indaffarata a capire da che parte girarsi per non trovare altri sacchi di spazzatura lungo il cammino dei vertici).

Ci facciano sapere, i sindacati (anche se, poverini, stanno coprendo il ruolo che il loro partito politico di riferimento ha depauperato), propongano, si impegnino, lottino veramente per i lavoratori e con i lavoratori: ci risparmino inutili frastuoni.

L’Italia si sta spegnendo, e c’è bisogno di gente seria e disponibile a sacrificare anche se stesso: di cani che abbaiano alla luna, ne abbiamo fin troppi e ci hanno rotto i timpani.

Abbiamo bisogno non di essere sfruttati, ma di poterci esprimere al meglio; abbiamo bisogno di gente che operi per il bene dei Cittadini; abbiamo necessità di essere ascoltati, di far valere le nostre capacità di mediazione sui teatri di guerra, non nell’export di armi che vanno a finire anche sul mercato ‘nero’ dei trafficanti d’armi o, ancor peggio, del terrorismo internazionale; di non gettare via ‘aiuti’ economici e finanziari verso paesi che li utilizzano per investimenti lucrosi sui mercati finanziari, perché vuol dire che togliamo pane di bocca ai nostri figli per darlo a chi lo getta nel fango…; di ridare dignità alla professione medica, riconoscendo a queste figure le peculiarità che da sempre circondano il loro operato, e cioè quelle di poter ‘operare in scienza e coscienza’ senza subire ricatti o mortificazioni o persino manipolazioni che possa porli agli ordini di un qualcuno che li obblighi non a operare secondo scienza e coscienza ma ‘come dice lui’!

Ecco cosa mi attendevo e cosa mi attendo dal Governo Meloni (oltre il quale c’è solo il buio del nulla): se vi accorgeste che non è consentito di poter operare in libertà, se tentano di condizionarvi e spogliarvi della vostra libertà valutativa e decisionale, ebbene onorate il patto d’onore con gli elettori.

Chiarite apertis verbis in una conferenza pubblica internazionale i motivi, e ridate il mandato ricevuto.

Il Popolo non potrà che esservene grato, e la vostra denuncia potrà essere autentico viatico per un risanamento di Valori e di Programmi.

E se l’Italia morisse, non sarà certo la “innaturale realtà posticcia” chiamata ‘metaverso’ che potrà ridarcela: ‘metaverso’ altra invenzione spaziale, prima si distrugge la realtà, poi la si sostituisce con qualcosa di luccicoso e ammiccante che ‘assomiglia’ a una realtà che altro non è se no un prodotto commerciale pre-confezionato, studiato in laboratorio, una sorta di Truman-show vuoto di umanità, di spontaneità, della ricchezza dell’elaborazione e della costruzione del pensiero.

 

 

 

 




Open Days, siore e siori…

Un tempo  ci si iscriveva in una scuola piuttosto che in un’altra sulla base delle proprie attitudini e predisposizione personale a preferire le materie umanistiche alle scientifiche o piuttosto tecnico-professionali.

Fondamentale poi il condizionamento delle scelte degli altri compagni di classe per restare con gli amici attraverso una sorta di scelta di continuità.

Oggi invece ci sono gli open days.

Non c’è scuola che non ne abbia almeno un paio tra dicembre e gennaio, il tempo per le nuove iscrizioni.

Dalle primarie alle medie, dai licei agli istituti tecnici e professionali. Tutti indossano il vestito più bello, il vestito della festa e aprono le loro aule a ragazzi e genitori.

Se per le scuole superiori si tratta di illustrare la peculiarità dell’offerta formativa dei singoli indirizzi di studio, per primarie e medie l’offerta “dovrebbe” essere comune per “tutte le scuole del regno”, ma non è così.

Le giornate dell’orientamento diventano vere azioni di marketing per “un pugno” di studenti in più, merce diventata rara per la preoccupante denatalità.

E allora gli open days diventano una fiera, un mercatino per cercare pubblico consenso.

Sugli scaffali si espongono progetti, attività didattiche e laboratoriali, proposte di PON per l’anno che verrà, promesse future di tornei di calcetto, pallavolo, piscina, danza, laboratori teatrali, musicali, sensoriali e tante altre attività tra le più singolari e creative.

Ai ragazzi e ai loro genitori non serve conoscere quante LIM, quanti pc e robotini siano presenti all’interno della scuola, ma serve capire se i docenti sono metodologicamente formati sul loro utilizzo e capire come i ragazzi sapranno utilizzarli nell’ordinaria attività didattica.

Ma il problema attuale della scuola non è l’esatta definizione delle più opportune strategie di marketing orientate ad accrescere il numero degli iscritti, ma l’adozione delle  migliori strategie per accrescere la qualità dell’istruzione.

C’è da chiedersi a cosa siano serviti ben tredici anni di scuola

se i dati INVALSI 2022 rilevano che  gli studenti che hanno  raggiunto un livello adeguato in italiano sono solo il 56%, in matematica il 49%, inglese rending il 49% e inglese listening il 37%.

E allora il problema più grande che deve affrontare la scuola non è  “pescare” uno studente in più, ma come poter concretamente investire in ideali, modelli e archetipi che potrebbero essere in grado di risollevare le sorti attuali di una scuola che non riesce più ad avere degli standard minimi di tollerabilità.

Gli open days durano qualche giorno, poi si chiuderà la fiera

e si tornerà a vestire l’abito da lavoro, torneranno le tediose spiegazioni e interrogazioni, tornerà la didattica frontale uguale per tutti i ragazzi e la personalizzazione resterà solo scritta nei PTOF.

La quotidianità farà dimenticare lo splendore del giorno di festa, riportando alla luce gli abitudinari problemi della scuola.

Pio Mirra

Ds IISS Pavoncelli – Cerignola (FG)