Il ministero alla disabilità e i costruttori di futuro

Ministero delle disabilità sì o no?

Nei giorni scorsi, prima ancora della misurazione dell’operato, c’è stata molta polemica sul nome del ministero ritenuto da alcuni offensivo e discriminatorio come hanno riportato alcuni post sui social.

Non volendo in questa sede entrare nel merito della nomenclatura abbiamo chiesto a Vincenzo Falabella, direttore di FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)  una opinione sullo stato delle cose e sulle prossime azioni di Governo.

Vincenzo Falabella direttore di FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap)
Vincenzo Falabella direttore di FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)

Presidente, ci sono state molto polemiche relative al nome  “ministero della disabilità”, lei che ne pensa? 

Noi siamo molto rispettosi della scelte del presidente della repubblica. Se loro hanno deciso in questo modo, ne prendiamo atto e ci concentriamo sull’obiettivo di costruttori di politiche sociali così come ci sentiamo.

Al di là del nome, le nostre priorità e i nostri punti saldo sono altri: noi non negozieremo sui diritti dei cittadini con disabilità e ci impegneremo a sollecitare politiche mirate.

Quello che vogliamo sono i pari diritti e incisivo dialogo tra i dicasteri.

Il problema non è il nome, il nome va bene, la cosa importante è che non sia una realtà isolata ma si relazioni e mobiliti tutto quanto ad esso connesso.

E, se mi permette, non importa neppure l’orientamento politico del ministro le politiche perché le disabilità, così come l’impegno che servirà, sono trasversali.

 

Quali si aspetta che siano le azioni di questo ministero? Che caratteristiche si aspetta che abbia?

Ci aspettiamo che sia un dicastero forte e trasversale.

Un ministero come questo, per poter davvero fare la differenza, deve coinvolgere tutti gli altri dicasteri:famiglia, lavoro, pari opportunità, salute…

Non può essere una realtà isolata, dee incidere in maniera chiara sugli altri ministeri.

 

Alla luce delle polemiche pubblicate in questi giorni, pensa che in politica il tema della disabilità sia strumentalizzato?

La disabilità e noi disabili siamo strumentalizzati da diverso tempo e da più parti.

Noi dobbiamo concentrarci su quello che possiamo fare adesso: ora bisogna mettere da parte strumentalizzazioni e slogan e agire.

 

C’è una priorità che avete particolarmente a cuore?

Le priorità sono tante: i vaccini, per esempio; nel nostro caso è importantissimo capire quando, come e dove: molte persone non possono muoversi ed è di fondamentale importanza capire come si intenderà agire in tal senso.

Ma non è tutto perché il problema della salute non è legato solo al covid, bisogna assicurarsi che siano garantite tutte le cure.

Poi ci sono la scuola, il lavoro, la gestione dei fondi dedicati a tematiche sulla disabilità e, non per ultimo, il diritto alla parità di genere.

Come vede i temi sono tanti e tutti di estrema urgenza.

 

Il 23 febbraio 2021, il ministro Erika Stefani ha incontrato una delegazione della FISH: in questo articolo è possibile vedere il piano concordato.

Chiara Sparacio

 

 

Sensuability – la prima volta siamo tutti disabili

 

L’arte come compensazione della disabilità fisica

 




Calma, Calma, è tutto a posto

Fuga da Whats App, passaggio a Telegram ed approdo a Signal.

Perché? Chi l’ha detto? E’ una cosa intelligente, provata, documentata? O, piuttosto è una suggestione collettiva, una moda dei nostri giorni, un movimento migratorio ad effetto domino?

Come redazione di betapress, vorremmo dare delle indicazioni di percorso per la gente comune, delle strategie di sopravvivenza per chi non se ne intende, ma è in balia del cambiamento.

Perché, informarsi e formarsi dovrebbe essere un karma nella vita, per tutte le cose che si fanno.

Inoltre, di fronte a un cambiamento, o ti adegui o ti estingui.

Dunque, in questa continua evoluzione digitale, la gente comune dovrebbe iniziare a capire come funzionano le cose, ad essere informata ed informarsi su come funziona anche il lato B, cioè quali possono essere i rischi connessi all’utilizzo poco consapevole o poco avveduto di un servizio informatico.

Dunque, per fare la nostra parte, abbiamo intervistato un professionista nel campo, Paolo Marson, per avere gli strumenti per capire e non per subire il cambiamento.

Betapress- Paolo Marson, per i nostri lettori, quali competenze professionali ed esperienze lavorative possiede in ambito informatico?

Paolo Marson- Mi occupo di diverse cose che possono essere riassunte in auditor per il rispetto della compliance delle norme cogenti e di quelle volontarie, in modo più specifico riguardanti il trattamento dati personali (ovvero quello che è conosciuto come GDPR), sulla parte di natura tecnica, operativa, informatica, Iso 27001.

Collaboro come consulente, da anni, con la società Top Management Consulting di Vicenza ( www.tmcnet.it ), seguendo Clienti da società Multinazionali, Nazionali e delle più diversificate categorie produttive o di servizi.

Il mio background nell’ambito informatico parte dal lontano 1982.

In quegli anni, sono diventato uno dei primi agenti della Commodore Computer, quella del famoso Vic 20 Commodore 64, e poi, da lì, ho sviluppato business in ambiti diversi, occupandomi prevalentemente di parte tecnica ed informatica.

Betapress- Whats app /Telegram/Signal…In cosa si assomigliano? In cosa si differenziano?

Paolo Marson- Queste applicazioni sono nate per la stessa identica funzione, ovvero quella di mettere in comunicazione, in tempo reale, singole persone (o gruppi di persone), tramite messaggistica istantanea con modalità accessorie leggermente differenti, come, ad esempio, la possibilità di poter cancellare immediatamente i messaggi o di dare un tempo limite, oppure di fare le video chiamate.

Quindi, la sostanza è praticamente identica, solo che viene fornita da produttori diversi che, ovviamente, si combattono con differenze minimali nell’uso.

Certo, il fatto che siano gratuite, implica che abbiano l’interesse nel recuperare la maggior quantità di dati relativi alle persone che utilizzano le loro APP.

Ricordiamoci sempre che, quando un qualcosa o un servizio è gratis, il prodotto sei tu.

Nulla è gratis, solo che molto facilmente le persone si dimenticano di questo aspetto e quindi sono propense a condividere di tutto e di più, anche ciò che sarebbe meglio evitare.

Betapress- Nella similitudine di servizi, offrono differenze di privacy? Garantiscono maggiore o minore sicurezza nell’utilizzo dei dati?

Paolo Marson- Premesso che i vari gestori /proprietari delle piattaforme di chat / messaggistica / social devono rispettare le normative europee in materia di privacy e tutela dei dati personali (e in questo contesto c’è anche una nuova estensione di quello che noi conosciamo come GDPR che è la EDPB), il contesto di sicurezza più che delle piattaforme stesse, sta nella bassa coscienza di sicurezza da parte dell’utilizzatore stesso. 

Ciò non toglie che le piattaforme più diffuse, proprio per il fatto di raccogliere un gran numero di utenti, siano sicuramente più attraenti per i malintenzionati del crimine informatico rispetto a quelle meno trafficate / utilizzate o con un minor numero di utenti, per il semplice fatto che, “dove c’è di più”, è più facile trovare ciò che interessa; è la solita legge dei grandi numeri. 

Il più delle volte, gli utenti, anziché limitarsi a scambi di messaggi con una rilevanza poco significativa, cominciano ad interscambiare tutta una serie di elementi che sono estremamente delicati, o sono addirittura circostanziati riguardo le proprie abitudini, di qualsiasi tipo.

Purtroppo, queste piattaforme vengono utilizzate da certi utenti come vettori di informazioni estremamente riservate, sia di carattere personale che di carattere di business.

Molti utenti confidano sul fatto che il sistema utilizza il sistema crittografico “end to end”.

Non posso escludere che, talvolta, siano tratti in inganno da questa famosa dicitura.

Ma, bisogna sapere che questo funziona egregiamente solo in determinate condizioni e a patto che poi non si utilizzi un cloud dove “archiviare” le proprie chat… 

Betapress- Cookie Tecnici/Cookie di profilazione.

A cosa servono? Perchè adesso, all’improvviso, la gente li teme?

Paolo Marson- I cookies non sono una novità, sono un po’ la moneta di scambio per avere l’utilizzo di determinate possibilità che il sito offre.

Essi permettono al titolare del dominio di ricavare tutta una serie di indicatori utili a “profilare” l’utente in modo poi da poter scambiare questa profilazione con altri sistemi.

Praticamente, i cookie di profilazione permettono che, a quell’utente, proprio a lui e non ad un altro, venga poi offerto ciò che gli è più congeniale (dalle scarpe agli articoli sportivi alle vacanze e tutto il resto). 

I cookies tecnici sono, come dice la parola, degli aspetti prettamente tecnici, che servono ai vari provider come “moneta di interscambio”, per non pagarsi in economia, ma pagarsi in quantità di dati interscambiati. 

Sono abbastanza certo che la gente oggi si stupisca di tutto questo, ma penso che ciò sia dovuto al fatto che la conoscenza dell’informatica sia una cosa ancora lontana.

Mi spiego, l’approccio che le persone hanno con i dispositivi e l’informatica, in genere, è “lo uso perché mi piace, l’uso perché mi diverte, lo uso perché devo, ma non so assolutamente come funziona e finché funziona va tutto bene… quando ci sarà un problema chiamerò qualcuno”. 

Quindi, alla base, c’è un sostanziale analfabetismo sul funzionamento dell’informatica.

Ovviamente, nel momento in cui viene portata in risalto una determinata funzionalità, perché diventa un elemento obbligatorio, ecco che c’è un po’ di agitazione.

Questo accade ogni qualvolta viene esposta al pubblico una serie di cose che esistevano anche prima.

Pensiamo, ad esempio, all’annuncio riportato sul pacchetto delle sigarette “il fumo fa male”.

Non era necessario che fosse scritto per saperlo, però quando è apparso ha creato comunque clamore e qualcuno probabilmente si sarà domandato se, effettivamente, il fumo faceva male.

Secondo me, è essenziale quindi partecipare a corsi, ad aggiornamenti, consultarsi con degli esperti, e non con i famosi laureati su Google con un master su YouTube!!!

Non dimentichiamoci che, più volte, la cronaca ha dimostrato che quello che viene definito smartphone, si è dimostrato essere un’arma letale nel vero senso della parola.

Allora, consapevoli che il discorso si fa lungo ed articolato, decidiamo di affrontare il problema privacy, sempre con il nostro esperto, Paolo Marson.

Ma per non stancare troppo i nostri lettori, vi rimandiamo al nostro prossimo articolo sul regolamento UE 2016/679 GDPR, in cui cercheremo di scoprire se esso è applicato realmente o solo formalmente, se esso è applicabile su una sostanziale incompetenza/inadeguatezza del sistema italiano, oppure se in Italia, il problema privacy è a norma di legge…

E, vi anticipiamo, non mancheranno le sorprese…

 




La sindrome di Pinocchio

Nella favola di Pinocchio dello scrittore Carlo Lorenzini detto il Collodi, il burattino di legno che vuole trasformarsi in un bambino vero deve divenire responsabile delle proprie azioni evitando le monellerie e le bugie per non arrecare dispiacere alle persone care.

Nella nostra quotidianità Pinocchio è un adulto che manifesta attitudine nel sottrarsi alle responsabilità ed agisce in modo iperattivo sempre proiettato verso nuove esperienze ma, una volta spentasi l’euforia, si trova intrappolato.

Parlando della sindrome di Pinocchio intendiamo fare riferimento ad un soggetto che può essere inquadrato come “bugiardo patologico”.

Lo psichiatra Michele Novellino affronta questa tematica nel testo intitolato “La sindrome di Pinocchio. I forzati della bugia. Come aiutare gli eterni bambini a crescere”. Potremmo supporre, prendendo proprio spunto da questo testo, che chi soffre della sindrome di Pinocchio si presenta come una persona portatrice di un disturbo narcisistico di personalità che si accompagna spesso anche ad una condotta antisociale.

L’adulto che soffre della sindrome di Pinocchio si è fermato ad uno stadio di eterno bambino e sembra proprio non volere crescere. Egli non sopporta le critiche, manifesta senso di grandiosità e ritiene che tutto gli sia dovuto ma nello stesso tempo tende ad isolarsi e non riesce a raggiungere i suoi obiettivi.  È caratterizzato dalla propensione a raccontare bugie ed è privo del senso di rimorso. Si tratta di un Pinocchio di età matura, che ha un vissuto difficoltoso, segnato da una profonda solitudine ma agli occhi delle persone si presenta come un adolescente capriccioso che non vuole crescere. Come in Pinocchio osserviamo l’inaffidabilità spesso accompagnata da una forte impulsività e da una tendenza a non considerare le conseguenze delle proprie azioni per sé e per gli altri.

L’altro viene vissuto come un mezzo per soddisfare i propri bisogni e ciò induce a pensare ad una mancata interiorizzazione dei valori etici.

Pinocchio nonostante i buoni propositi non ce la fa a maturare ma riesce sempre nel suo intento di ingannare gli altri. È spesso convinto di essere il primo ed è insofferente alle situazioni di frustrazione.

Tale sindrome non è rara in quanto il comportamento del raccontare bugie è presente fin dall’infanzia.

Ma se da bambini raccontare alcune bugie è ascrivibile ad un atteggiamento normale, non lo è con il passare degli anni.

L’arte del mentire è rilevabile in tutte le culture e possiamo altresì asserire che si può mentire con modalità diverse.

La psicologa Bella De Paulo ha classificato le menzogne in: assolute, ossia quelle in cui ciò che viene raccontato non corrisponde per nulla alla verità; esagerazioni, nelle quali si assiste ad un’amplificazione o ad una banalizzazione dei fatti; ambiguità, relativamente alle quali ci si trova di fronte a dichiarazioni apparentemente veritiere che però celano un inganno.

Le menzogne più frequenti sono quelle esplicitate per manipolare il comportamento dell’altro e sono principalmente proprie dei bambini che sostengono ad esempio di non aver commesso nulla al fine di evitare una punizione. Queste ultime vengono smascherate con facilità.

Esistono poi le cosiddette “bugie sociali” che sono spesso utilizzate e servono apparentemente a migliorare i rapporti tra le persone.

A nostro avviso le bugie non sono mai costruttive in quanto, anche qualora non vengano smascherate, lasciano nella persona un senso più o meno accentuato di disagio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come le bugie manovrano la nostra vita




Ciao Mauro.

Sabato se n’è andato senza fare rumore, vittima del Covid, Mauro Bellugi.

Un grande calciatore, uno di quelli che è entrato nelle case degli italiani nelle immagini delle televisioni ancora in bianco e nero.

Bellugi ha vestito i panni dell’Inter ma anche del Bologna, del Napoli e della Pistoiese.

Poi le presenze in nazionale ed una carriera come tecnico e acuto  commentatore nei  tempi più vicini ai nostri giorni.

Alcuni di noi, forse, quelli che non seguono il calcio, lo hanno conosciuto solo di recente.

In qualche commento sportivo, in qualche intervista o in quel collegamento dal letto dell’ospedale con la conduttrice Barbara d’Urso nel programma da lei diretto “Live – Non è la D’Urso”, appena qualche settimana fa.

Mauro Bellugi non era soltanto un calciatore di talento.

Era un Uomo di grande umanità e coerenza.

Quella umanità che impara chi ha davanti a se una ruolo da terzino sempre chiuso a metà campo, lontano dalla porta avversaria, dal gol che tutti  sognano di calciare.

Eppure Mauro era lì, sempre al suo posto fino a quel gol splendido e risolutivo, alla fine, messo a segno nella Coppa Campioni del 1971 nella partita tra Inter e Borussia Monchengladbach.

Un monito a chi guarda ma non vede la complessità del consorzio umano fatto di numeri primi spesso nascosti e discreti ma indispensabili per il raggiungimento dei propositi anche di quelli più ambiziosi.

La malattia che lo ha colpito, con ingiusta violenza, sapeva forse di trovare in lui un combattente audace e ostinato sempre pronto a difendere la propria posizione di gioco con tutte le sue forze anche quando l’area da difendere era la sua stessa vita.

Una grande tristezza pervade tutti noi.

Con Bellugi perdiamo, ancora una volta, un pezzo della nostra storia.

Quella storia fatta di valori, di coerenza, nel quale il “per sempre”, per dirla con le parole di Pupi Avati, era un abito morale che univa trasversalmente gli uomini e le donne usciti dalla guerra e le giovani generazioni di quella stagione dolorosa.

Mauro Bellugi  era, come molti dei suoi compagni di gioco, un atleta per il quale il successo si costruiva con il sudore.

C’erano le scorciatoie ma si sceglieva di impegnare il percorso più giusto,  non il più facile.

Per questo la nostra tristezza non vuole accettare le consegne del silenzio.

Un giorno Gino Paoli disse che l’amicizia è scambiarsi una valigia piena di oggetti personali, con i propri amici.

 Una valigia da portare con se nel cammino della vita.

È così che quando un’amico ci lascia insieme alle sue cose porta via anche una parte di noi.

Mauro ha portato via una parte di ognuno di noi.

Lo ricorderemo correre come sempre, con quella gioia che scalda il cuore e ci rende tutti un po’ migliori.

Alla sua famiglia ed ai suoi affetti più cari rivolgiamo il senso più profondo del nostro cordoglio.

 

La Redazione di Betapress




Draghi, buon senso da vendere

La fiducia al governo Draghi è ormai un tecnicismo per il quale si potrebbe rispolverare l’antica approvazione “per acclamazione”.

Il tempo della politica “alta” sembra essere tornato all’improvviso e per un momento abbiamo dimenticato la politica pasticciata degli ultimi mesi.

Draghi ha parlato con voce chiara al cuore del paese e della sua classe politica richiamando i valori costituenti della patria che ha anteposto alle azioni programmatiche.

Una strategia di ampio respiro necessaria per ampliare il dibattito politico e sbloccare l’empasse stagnante sulla quale è incappato il precedente governo.

Un colpo diretto ai distinguo trasversali che avevano reso di fatto ingovernabile il paese.

Pensiamo alle divisioni che avevano contrapposto partiti e forze politiche presenti in parlamento sulla gestione dell’ emergenza, sull’adozione del Mes, sulla scuola, fino alla gestione dei flussi migratori e delle misure a supporto del mercato del lavoro e della fiscalità.

Nel suo discorso Draghi ha preferito dare centralità ai principi prima che alle misure da adottare cercando con una grande capacità strategica di definire il contenitore prima dei contenuti.

Così d’incanto prende corpo il sogno di un Europa più giusta e solidale capace di dotarsi di un bilancio unico e di una finanza pubblica più idonea ad intervenire per regolare gli squilibri strutturali di quanto faccia attualmente il gioco dei tassi d’interesse ed i movimenti dello spread tra paesi prenditori con diversi meriti di credito.

Un Europa coraggiosa e pronta e mettere sul tavolo gli oltre 200 miliardi del Recovery plan oltre al sostegno dei numerosi provvedimenti in agenda.

Di fronte a questo modello di sviluppo la polemica sul Mes perde di legittimità come pure il dibattito sui limiti alla sovranità nazionale, cavallo di battaglia degli euroscettici.

Draghi ha mostrato una terza via verso un nuovo europeismo rifondato.

La presidenza di turno del G20 potrebbe rappresentare una ribalta unica per metterne in evidenza la valenza sociale e geopolitica.

Il Governo Draghi immaginato come esecutivo tecnico e dell’emergenza sembra, in conclusione, proiettarsi verso una vera stagione di riforme e di rilancio, anche se, al momento, al primo posto resta l’emergenza e la tenacia di un virus non ancora vinto.

 





C’era una volta una gatta…

IERI,17 febbraio si é celebrata la Festa del gatto, nata in Italia nel 1990.
Si tratta di una ricorrenza dedicata ai circa 8 milioni di compagni di viaggio che vivono nelle nostre famiglie.
La festa è nata in Italia, nel 1990, grazie alla giornalista “gattofila” Claudia Angeletti, che, per scegliere la data precisa, aveva proposto una sorta di referendum su una rivista specializzata.
La proposta vincitrice fu quella di una signora che motivò dettagliatamente la data che adesso festeggiamo.
Scelse infatti febbraio, perché è il mese del segno zodiacale dell’acquario, per antonomasia “spirito libero e anticonformista” proprio come i nostri amici gatti.
Comunque febbraio, tra i detti popolari è il “mese dei gatti e delle streghe”, collegando così il mondo dei gatti a quello della magia.
Inoltre, con spirito di rivalsa scaramantica, si è scelto il numero considerato più sfortunato in assoluto, il 17, che può valere anche come “una vita per sette”, dato che si sa, leggenda vuole, i gatti hanno sette vite.
Questa data la festeggiamo solo in Italia, a livello mondiale invece è l’8 agosto la giornata internazionale del gatto.
Il gatto è uno di quegli animali domestici che da sempre polarizza per il suo carattere a volte schivo, altre volte più affettuoso.
Libero, autonomo, regale, attira chi lo ama per la sua indipendenza. Respinge invece chi gli preferisce il cane, animale più dipendente, affettuoso e fedele.
A volte penso, forse per deformazione professionale, che il gatto è un po’ un bullo, pur rimanendo uno degli animali da compagnia preferiti.
E sapete perché penso che un gatto ti bullizza?
Perché ti fa fare quello che vuole lui, non è facile provare a ribellarsi ai suoi bisogni che diventano ricatti a suon di morsi e di graffi!
Ma quello che adoro e che mi strega nei gatti è la loro indipendenza psicologica.
Chi, come la sottoscritta, ha la fortuna/sfortuna o il privilegio/destino di vivere con un gatto, sa bene che, nella quotidianità, tu stai con un gatto, ma non lo possiedi mai veramente, perché non è mai completamente tuo, sta benone anche senza di te, soffre meno di un cane se lo lasci solo.
Infatti, si dice “solo come un cane” e “selvatico come un gatto”.
Comunque, torniamo a noi, ai nostri gatti, e alla mia Milù.
Per l’occasione vi propongo 10 aforismi che vedono il gatto come protagonista.

Non c’è nulla di più dolce, nulla che dia alla pelle una sensazione più delicata, più raffinata, più preziosa del pelo tiepido di un gatto. (Guy de Maupassant)
Vieni sul mio cuore innamorato, mio bel gatto: trattieni gli artigli e lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli, misti d’agata e metallo. (Charles Baudelaire)
Le persone fanno molta fatica ad esprimere la loro personalità. Per un gatto di strada è una cosa facilissima: gli è sufficiente qualche spruzzatina qua e là, e la sua presenza nei giorni di pioggia rimane per anni. (Albert Einstein)
Ai gatti riesce senza fatica ciò che resta negato all’uomo: attraversare la vita senza fare rumore. (Ernest Hemingway)
Non è possibile possedere un gatto. Nella migliore delle ipotesi si può essere con loro soci alla pari.
(Sir Harry Swanson)
Se un pesce è la personificazione, l’essenza stessa del movimento dell’acqua, allora il gatto è diagramma e modello della leggerezza dell’aria.
(Doris Lessing)
Credo che i gatti siano spiriti venuti sulla terra. Un gatto, ne sono convinto, può camminare su una nuvola.
(Jules Verne)
L’ira del gatto è bella, bruciante di pura fiamma felina, pelo irto e scintille blu, occhi fiammanti e crepitanti.
(W. S. Borroughs)
Il gatto non fa nulla, semplicemente è, come un re.
(Claudio Magris)
Due cose al mondo sono esteticamente perfette: l’orologio e il gatto. (Émile-Auguste Chartier)
E con l’orgoglio e la soddisfazione di festeggiare insieme ai nostri amici gatti, vi saluto con un graffiante “au revoir”…




IPSE DIXIT

  1. Le Dichiarazioni programmatiche del Presidente Draghi al Senato sono state rappresentate, come prevedibile, con inedita chiarezza ed autorevolezza.

Al di là delle procedure rituali e delle azioni in agenda che pur rappresentano il nucleo centrale dello stesso mandato ricevuto dal Presidente Mattarella, i programmi non sono i primi in scaletta.

Il Presidente Draghi apre, infatti, con un’appello alla responsabilità solidale.

Una responsabilità declinata nei valori dell’unità nazionale che guarda ai problemi del paese, alla crisi pandemica, alla grave recessione economica intorno alle quali stringersi con forte coinvolgimento emotivo.

La strada da intraprendere è tracciata.

Si tratta di un cammino che governi l’emergenza senza distogliere l’attenzione dalla trama delle riforme.

Draghi mostra un intento riformista che non si nasconde nella retorica perché l’obiettivo di rilancio del paese transita per l’utilizzo del Recovery Plan e degli altri programmi comunitari (Next Generation e Sure) che hanno un respiro di lungo termine e che hanno bisogno di fiducia e di certezze verso gli anni a venire.

Il futuro del paese deve essere costruito, all’interno di una visione europeista ed atlantica dove la transizione energetica, la riforma della scuola della pubblica amministrazione, della giustizia della sanità e del fisco non occupino l’intera scena.

Il Covid, infatti, ha fatto esplodere diseguaglianze sociali, nuove povertà e crescenti divari di genere per i quali occorre intervenire con una politica che miri alla eguaglianza dei punti di partenza e che guardi alla riforma dello Stato e della Politica.

Il nascente esecutivo sarà un governo per la ricostruzione fondato su un’intesa ampia per risolvere i problemi del paese.

Una responsabilità che non prevede il fallimento della politica ma solo l’emancipazione di un’esigenza collettiva che vada oltre le visioni delle singole forze politiche.

Parole che parlano alla coscienza collettiva e suscitano emozioni.

Molti i richiami all’esperienza di governo precedente ma non mancano i distinguo ed i paletti invalicabili.

Come nel caso del richiamo ai doveri di un’informazione alle camere, alle istituzioni ed alla comunità economica con modalità costanti e trasparenti.

Un’appello alle modalità dell’informazione istituzionale che, nel precedente governo, più volte erano state sottomesse alle cifre di un’informazione manipolata e piegata all’esigenza di far collimare l’istanze della politica con quelle del paese reale.

Centrale il perimetro del programma di governo  nel quale non trovano posto però tendenze anti europeiste od opzioni non coerenti con la difesa della valuta comune.

Un approccio pragmatico e schietto che non risparmia i tratti di una riforma fiscale che dovrà essere sistemica e mai abbandonare il meccanismo della progressività.

Le conclusioni volano alte e citano la riforma fiscale Visentini degli anni ’70 ed il Santo Padre.

L’opzione non negoziabile di modernizzare il paese emancipando la transazione energetica viene ribadito con parole misurate ma solide come macigni.

Un discorso che aspettavamo da tempo e che si rivela essere di tenore politico e questo, Draghi lo chiarisce in diversi momenti: “senza l’Italia non c’è Europa ma fuori dall’Europa c’è meno Italia” , dice con fierezza.

Il Mes (il Meccanismo Europeo di Stabilità) che nel governo Conte era diventato polvere da sparo e motivo di divisione all’interno di tutte le forze politiche, non è stato mai nominato dal neo insediato Premier.

È evidente che la strada scelta è stata quella di volare alto e sfumare, in nome della responsabilità, i contorni di molte questioni nodali.

Ora attendiamo il dibattito sulla fiducia con molti dubbi, tuttavia, che le dichiarazioni programmatiche non hanno risolto.

Draghi pronuncia parole da statista in nome di un patriottismo transnazionale e si rivolge ad una platea per buona parte composta da un ceto politico  che quelle parole non ha mai compreso e mai messo in pratica.

È lecito chiedersi se sarà sufficiente un richiamo così nobile ai valori della Patria per rilanciare il paese.

È lecito cercare di capire dove sia finito il potenziale divisivo del Mes e come 5Stelle e Lega ne spiegheranno l’utilità all’interno di un paese nel quale il richiamo ad un Europa sempre più sovrana puntella definitivamente le istituzioni europee e l’euro relegando il sovranismo a distretti sempre più lontani e periferici.

Al di là di ogni speculazione e di ogni dubbio sul futuro di questo nuovo esecutivo, su un punto non possiamo non essere d’accordo: il discorso del premier Draghi pronunciato al Senato, questa mattina, rappresenta, uno dei momenti più intensi della politica del nostro paese.

Un’occasione per la quale è ancora bello sentirsi italiani.

 

La Redazione di Betapress.

 

Recovery found, il paese che dice ed il paese che c’è.

 




Il TAR è con le estetiste!

Grande vittoria per il settore dell’estetica: i centri estetici in zona rossa possono rimanere aperti.
Il TAR riconosce i centri estetici come erogatori di beni essenziali.

 

È del 16 febbraio 2021 con esecuzione immediata la sentenza del TAR Lazio che sancisce l’illegittimità delle voci del DPCM 3 novembre 2020 e il DPCM 3 dicembre 2020 e i rispettivi “allegato 24” nella parte in cui non annoverano, tra i “Servizi per la persona” erogabili in “zona rossa” i servizi dei centri estetici.

Ciò vuol dire che a partire dal 16 febbraio ai centri estetici è consentita la riapertura immediata anche se si trovano in zona rossa.

Il TAR Lazio non ha riconosciuto la validità delle motivazioni presentate dalla Presidenza del Consiglio in merito alla chiusura dei centri estetici nelle zone rosse ne ha riconosciuto che non esiste coerenza logica nella decisione di lasciare aperti i parrucchieri e chiusi i centri estetici.

Il ricorso a nome collettivo è stato portato avanti da Confestetica, l’associazione di categoria maggiormente rappresentativa nel campo dell’Estetica.

Questo vuol dire che a far data dal 17 febbraio 2021 tutti i centri estetici possono rimanere aperti anche se sono in zona rossa.

La Storia

Confestetica ha fatto notare come a partire dal DPCM dell’11 marzo 2020, le attività di estetista e di parrucchiere erano state chiuse e considerate facenti parte della stessa categoria.

Estetiste e parrucchieri procedono di pari passo e riaprono col DPCM del 17 maggio 2020.

Il 3 novembre 2020 qualcosa cambia.

Il DPCM separa le attività delle estetiste e dei parrucchieri: le prime chiudono le seconde no.

Lo stesso nel DPCM del 3 dicembre 2020.

Eppure estetiste e parrucchieri rispondono allo stesso codice ATECO (S.96.02).

Le estetiste quindi si trovano penalizzate rispetto ai parrucchieri e subiscono una penalizzazione finanziaria, imprenditoriale e discriminatoria.

Finanziaria per il mancato guadagno, imprenditoriale per il rischio di sottrazione della clientela che può trovare trattamenti estetici nei saloni di parrucchieri e discriminatoria in quanto poiché il 98% delle estetiste è di genere femminile, si incorre nella discriminazione di genere.

Con questi motivi viene impugnato anche il DPCM 14 gennaio 2021 e il relativo allegato 24 ove vengono nuovamente esclusi dalla categoria dei “Servizi per la persona” erogabili in zona rossa i centri estetici.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri si costituisce però in giudizio per resistere al ricorso di Confestetica.

Il 31 dicembre 2020, l’associazione Confestetica ha presentato ricorso al TAR che ha rilevato che

  1. sebbene non si tratti di attività identiche, le attività di estetista e di parrucchiere, nell’ambito dei “servizi alla persona”, sono del tutto equiparabili in termini di essenzialità ovvero in termini di idoneità a corrispondere “ad un bisogno e ad una esigenza di cura, anche igienica, della persona”
  2. come era già stato fatto per alcune attività commerciali, anche alle estetiste poteva esser imposto di effettuare i trattamenti alla persona autorizzati e non quelli pericolosi.
  3. come da documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive del contagio da SARS CoV2 nel settore della cura della persona: servizi dei parrucchieri e di altri trattamenti estetici” i centri estetici sono più sicuri dei saloni di parrucchieri.

Ciò ha portato il TAR a riconoscere la sicurezza dei centri estetici (quelle che si attengono alle normative sanitarie) che, pertanto posso restare aperti e operare in zona rossa.

I centri estetici sono luoghi sicuri, ribadisce la sentenza, citando anche le linee guida stabilite da INAIL e dal CTS lo scorso 13 maggio nelle quali, di contro alle scelte poi attuate nei DPCM, si stabiliva che

“l’estetista lavora in ambienti generalmente singoli e separati (cabine) e le prestazioni tipiche comprendono già misure di prevenzione del rischio da agenti biologici alle quali ci si deve attenere rigorosamente nello svolgimento della normale attività professionale”.

E così, dopo 46 giorni dalla prima azione,  il Tribunale, con sentenza di merito n. 01862/2021, ha dichiarato nullo il DPCM in vigore nella parte in cui discrimina i centri estetici e le estetiste e consente loro l’apertura.

 

Perché Confestetica e non altri?

In Italia non esiste un solo ente che rappresenti tutte le estetiste.

Oltre a Confestetica ci sono Confartigianato e il CNA (Confederazione nazionale dell’artigianato) che svolgono ottimamente le loro attività con numerose iniziative di grande valore.

Come mai però il ricorso è stato fatto da Confestetica e non dagli altri Enti?

Il motivo si ritrova nell’etorogenità della categoria rappresentata.

Secondo il diritto italiano, per fare ricorso serve un contro interessato, in questo caso, un salone di parrucchieri.

Le associazioni di artigianato raccolgono al loro interno più categorie, nello specifico, sia estetiste sia parrucchieri questo vuol dire che nel momento in cui si muovessero contro l’una o l’altra categoria andrebbero in conflitto di interessi e il ricorso non potrebbe così neppure partire.

Per intenderci, Confartigianato e CNA sono rappresentativi e validissimi aiuti per portare avanti diritti relativi, per esempio, ai Per essere rappresentativi i sede di diritto è indispensabile dono raccogliere categorie in conflitto di interessi.

Roberto Papa
Roberto Papa – Segretario nazionale confestetica

Le battaglie di Confestetica

Abbiamo intervistato Roberto Papa, segretario nazionale di Confestetica e gli abbiamo chiesto quali sono i punti che discuterà nel corso dell’audizione col governo che avrà luogo a fine mese e per la quale pubblicheremo ulteriore articolo.

Nel piano per le estetiste voluto da Confestetica ci sono dei punti molto delicati che hanno a che fare con la “Nuova visione della professione”

Formazione

“Nella riforma vogliamo che il titolo d’accesso al corso di estetista sia la maturità.

L’estetista non può essere un lavoro di ripiego consigliato dagli assistenti sociali a minorenni che non sanno cosa vorranno fare da grandi.

La scelta di fare l’estetista deve essere cosciente perché viene trattato il corpo umano”.

 

Professionalità

Per diventare estetiste bisogna avere accesso a un corso unico professionalizzante, non si può diventare estetista semplicemente lavorando né possono essere ritenute valide collazioni di piccole specializzazioni:

“non accade per i medici, non accade per gli avvocati, non può accadere per le estetiste”

Non deve essere ammesso In più questo andrebbe a colpire il “mercato” delle scuole di specializzazione che lucrano sulla categoria.

 

Identità

Il 98% delle estetiste è donna.

Il’86% delle estetiste non vuole essere considerata artigiana ma professionista con legge ad hoc.

La figura professionale dell’estetista ha bisogno di una serie di leggi ad hoc che rispondano con precisione alle loro specifiche esigenze

“Il mondo dell’estetica è composto da 80.000 donne questo vuol dire che è una categoria che ha esigenze peculiari, per esempio, è fondamentale riconoscere la maternità al titolare d’impresa, diritto che nessuna altra categoria ha interesse di portare avanti”.

Conclusioni

Confestetica ha portato avanti e vinto un ricorso a nome collettivo con sentenza immediatamente esecutiva.

Un enorme risultato per la categoria delle estetiste che finalmente possono aprire nel pieno rispetto delle norme di sicurezza anche in zona rossa.

Buon lavoro allora a tutte le estetiste.

Crediti

 

 




Tutti Dentro!

ATTENZIONE in questo articolo è presente un linguaggio adulto e ne sconsigliamo la lettura ai deboli di cuore, agli epilettici, a coloro che pensano che vada tutto bene, a quelli che mors tua vita mea, a coloro che ancora pensano che la politica sia una cosa seria…

Per prevenire angosce al lettore elenchiamo una serie di parole forti presenti nell’articolo che potrebbero in questi giorni urtare la sensibilità del lettore stesso:

Politica

Governo

Democrazia

Elezioni

Ministri

Partiti

MES

Merkel

 

 

 

Questo articolo è dedicato solo a coloro che hanno un cervello funzionante e che pensano che sia ora che la politica la smetta di prenderci per i fondelli (è possibile anche al posto di fondelli mettere didietro, ma la lascio come scelta del lettore).

Gli altri possono evitare di leggerlo perché in primis non lo capirebbero, poi penserebbero che sono di destra, alla fine mi darebbero del fascista o del complottista e comunque non capendolo continuerebbero la loro misera vita di ignoranti, quindi cari ignoranti siete pregati di fermarvi qui e non leggere oltre.

Per gli intelligenti invece posso dire che se lo volete leggere probabilmente lo riterrete ovvio, ma io credo che qualcuno certe cose le debba pure dire …

Quindi iniziamo, ecco, Draghi ha fatto il nuovo governo.

Genio, ha messo insieme tutti, ma perché Conte non lo ha fatto, cosa ci voleva a fare un governo con tutti (tranne la Meloni a cui per ora va la mia massima stima), e che caspita (è possibile anche al posto di caspita mettere minchia, ma la lascio come scelta del lettore), ero capace anche io di fare un governo così!

Nel mio sogno di cittadino ho sempre pensato che un governo si potesse fare con forze politiche vicinali, che avessero gli stessi obiettivi politici, che non si odiassero fra loro, o che almeno non avessero fatto dichiarazioni di odio una verso l’altra.

Draghi mi ha risvegliato e mi ha fatto capire che la politica non c’è più, altrimenti non si spiega questo governo.

Invece ora abbiamo un governo perfetto con tutti, ora siamo la democrazia dell’assurdo in cui due lupi ed un agnello decidono cosa si mangia per cena la sera.

Ma non vi sembra cari amici che questi qui abbiano un poco rotto gli equilibri? (è possibile anche al posto di gli equilibri mettere i maroni, ma la lascio come scelta del lettore).

Il primo brivido per la schiena mi è venuto pensando che Draghi sa qualcosa che gli altri non sapevano (scusate il verbo ma ormai lo sanno anche gli altri), che abbia fatto a tutti un’offerta che non potevano rifiutare, che abbia mostrato sottobanco, anzi, sottobanca, qualche accordo mondiale a cui tutti hanno dovuto dire si, rimangiandosi la faccia con gli italiani.

Il secondo brivido per la schiena mi è venuto pensando che Draghi, visti i suoi trascorsi, abbia anche, alla Andreotti, fascicoli segreti su tutti e quindi abbia potuto ricattare tutti quanti.

Altrimenti questa compagine la poteva fare anche Conte, senza problemi di nessun genere.

Ta da daaaaa, non ci avevamo pensato!!

Detto questo viene miseramente da pensare che forse era opportuno ricorrere alla volontà popolare, era il momento, era l’occasione, era giusto.

Invece, acciderbolina, (è possibile anche al posto di acciderbolina mettere porca vacca, ma la lascio come scelta del lettore) ci troviamo con una situazione kafkiana mai vista prima, nemmeno al tempo del famoso compromesso storico.

Ora abbiamo una situazione che assume contorni indescrivibili:

MS5 Lega Forza Italia PD Renzi LEU 

8 tecnici di varie estrazioni politiche

Giusto un drago poteva mettere insieme così tante differenze, inutile qui riportare le frasi di tutti contro tutti, o noi mai con loro, o mai con un delinquente, oppure quello è indagato con noi mai, oppure noi siamo diversi e non lo facciamo per le poltrone, ma rimarchiamo come la credibilità di tutti, ma proprio tutti, a partire dai 5 stelle, sia ormai sotto i piedi, forse anche più in basso.

Eppure si dirà lo abbiamo fatto per il paese, per il bene dell’Italia e degli Italiani.

Ma me lo volete chiedere una buona volta?

A me, Italiano, me lo volete chiedere quale sia il bene che io ritengo valido per me?

No, ogni volta fate tutto voi, ma possibile?

O siete così supponenti da poter dire voi quale sia il bene per me?

Va beh, comunque andiamo avanti, ci siamo chiesti come redazione se non fosse invece la situazione troppo ingarbugliata e occorresse fare un passo indietro.

Il Governo Conte II si è trovato a giocare per troppo tempo su due tavoli: quello populista anti Mes e quello europeista.

Una posizione imbarazzante.

Purtroppo costui se da un lato tranquillizzava la Merkel che il Mes sarebbe stato firmato dall’altro evitava il confronto in parlamento perché consapevole che la questione avrebbe fatto esplodere le contraddizioni interne.

Perché?

Perché il Mes è una linea di confine che ha creato nel tempo oppositori dentro e fuori la compagine di governo.

Per capirci: PD più o meno pro Mes, Forza Italia tutta pro Mes, M5s più contro che Pro, Renzi super Pro, Lega contro con eccezioni importanti, Fratelli d’Italia contro.

Conte ha perso di credibilità a Bruxelles ritardando la posizione ufficiale sul Mes.

Ne ha approfittato Renzi che, al soldo, del partito di Ursula, ha aperto la crisi con l’obiettivo di evitare le elezioni e aderire al Mes.

Come?

Attraverso un governo di unità nazionale che accanto al Recovery Plan ci porterà dentro il Mes.

Ci sbagliamo? Forse no.

Ecco perché è arrivato Draghi? Ambasciatore merkeliano di conosciuta astuzia?

Abbiamo ragione? Forse sì.

La cosa però che più di tutte lascia sconvolti sono i voltafaccia, le scarse linee di condotta, l’inesistente linea politica…

E va beh, che ci dobbiamo fare, ce ne ricorderemo alle prossime elezioni, se mai ci saranno più, occorrerà far cancellare l’articolo 48 dalla costituzione, ma quale partito dovremmo votare poi? destra sinistra validi coerenti che mantengono quello che dicono?

Ma dove è la base popolare dei partiti, ma perché non insorge contro questa evidente allucinazione politica?  

Perché sono adesso tutti dentro?

AHAHAHAHAH tutti dentro che bella frase.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Corrado Faletti

Direttore Responsabile

 

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Governo Draghi, il costume di Arlecchin Batocio.

Il Governo Draghi è finalmente una realtà.

Davanti al Presidente della Repubblica sfilano i nuovi ministri per il giuramento di rito.

I twitter dei rappresentanti dei partiti coinvolti nel governo neo costituito ostentano molta sicurezza.

Tutti rivendicano un ruolo da vedette.

Eppure il partito degli scontenti si allarga di giorno in giorno.

Ne fanno parte diversi grillini contrari al governo ma anche insospettabili di tutte le coalizioni politiche.

E tra chi arriva e chi parte non possiamo non cogliere il sorriso di circostanza dell’ex premier Conte che lascia Palazzo Chigi al suo successore ma che ha chiarito di non voler abbandonare la vita politica.

Si tratterebbe dunque, di un arrivederci molto prossimo probabilmente a capo di un’ampia fronda costituita da molti parlamentari 5 stelle ma anche da improbabili nuovi acquisti.

Un’ulteriore tessera mancante nel puzzle dell’equilibrio perfetto nelle mani del Presidente Draghi che dovrà preoccuparsi di mettere mano al Piano vaccinale ed al Recovery Plan per il quale la coperta è comunque molto corta.

Decisive saranno le prossime settimane soprattutto alla luce del termine fissato dalla commissione europea per la presentazione del Recovery Plan per il quale Conte non aveva lavorato poi molto.

A sostegno del nascente governo ci sono ministri tecnici di indubbio valore professionale ma anche le già note faine interessate più alle poltrone che all’azione di governo.

Per questo la domanda che ci poniamo e che continueremo a porci è: quanto durerà il Governo Draghi?

Al governo dell’emergenza il Presidente Mattarella è riuscito, complici le giravolte di Renzi, a sostituire un governo di unità nazionale.

In entrambe le circostanze si tratta di formule che mal potranno interpretare il deficit di opzioni politiche in agenda che, ormai, ha finito per travolgere tutte le forze politiche, fuori e dentro il perimetro della fiducia al nascente governo.

Dietro ai sorrisi ed all’approccio dell’ultimo treno vi è purtroppo un seguito che non lascia tranquilli i più attenti osservatori.

Il nascente conflitto tra 5 stelle e Italia Viva in ordine alla prossimità politica del più conteso dei nuovi dicasteri, quello relativo alla Transizione Ecologica attribuito a Cingolani, alimenta a dismisura la rilevanza politica dei nodi da sciogliere sul tavolo del Premier Draghi perché, è lecito pensare, a questo punto, che le iniziative “green” da assumere non saranno le stesse per Grillo e Renzi.

Non ci resta che attendere con la consapevolezza che il peggio è comunque, forse, passato.

 

La Redazione di Betapress.