Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Docenti e personale ATA si organizzano con il nostro supporto per un ricorso cumulativo contro il sistema istituzionale. Obiettivo: difendere la loro professionalità, gli studenti e le famiglie.

Betapress sostiene i diritti dei docenti e del personale ATA: ecco il link per accedere alla pagina di adesione al ricorso https://betapress.it/azione-collettiva-a-difesa-dei-docenti-e-del-personale-ata/

Cause scatenanti

Alla fine dell’anomalo anno scolastico 2019/2020 e in piena preparazione per l’anno scolastico 2020/2021, tra bilanci e pianificazioni, una cosa è chiara a tutti gli insegnanti, agli studenti e alle famiglie:

la Didattica a Distanza (altrimenti nota come DAD) è un disastro.

Ripetiamo: un disastro per tutti anche a causa della generale impreparazione a questa novità.

Nonostante i complimenti a favore di telecamera fatti dal ministro Azzolina ai docenti e ai dirigenti scolastici,

nonostante le linee di comunicazione eroiche e l’atmosfera da “è stata dura ma ce l’abbiamo fatta”,

la verità è che, stando a quanto dichiarato da un campione di docenti intervistato, la DAD è stato un disastro su tutti i livelli.

Disastro nella gestione familiare

La DAD, così come è stata organizzata, ha creato uno stress insostenibile alle famiglie che tra smart working, convivenza forzata, nuovi ritmi, bisogno di reperire toner, carta per stampante e periferiche di ogni tipo, si sono trovate a dover coordinare e pianificare l’utilizzo dei computer e dei vari dispositivi tra loro e i figli.

Chi ha più di un figlio e di età diverse, ha passato settimane infernali.

Disastro per la formazione

La DAD ha penalizzato in modo irreparabile la formazione di una intera generazione di studenti che non si riprenderà mai più dal deficit formativo.

Questo perché, stando a quanto detto dai docenti, per colpa della DAD e della promozione erga omnes, gli studenti di tutte le classi non riusciranno in alcun modo a recuperare un intero programma, né in un anno né in più tranche.

La DAD ha causato una voragine formativa insanabile.

Disastro per la classe docente

Quando, con l’applicazione della DAD, migliaia di docenti sono stati chiamati alla Didattica a Distanza, nessuno si è preoccupato se queste persone erano state preparate a questo.

Sì perché, né i docenti formati nei decenni scorsi né quelli formati fino a pochi mesi fa, hanno mai ricevuto una formazione specifica alla DAD.

Lo stesso può esser considerato per il personale ATA.

I docenti sono stati penalizzati su infiniti fronti.

Danno di immagine

La prima cosa che è saltata agli occhi di tutti è stata la poca dimestichezza con le periferiche e i terminali da parte di una grossa fetta della classe docente, non solo gli insegnanti della “vecchia guardia” ma anche di giovani docenti poco informatizzati.

In questo caso, la gestione delle lezioni on line ha richiesto ai docenti un ulteriore sforzo che, al di là della capacità di gestione della classe (o della “stanza” trattandosi di lezione on line) del docente, ha causato un deficit di stima nei loro confronti da parte degli studenti.

Osservazione

Il docente è la guida che i discenti devono seguire, se il sistema mina la credibilità del docente, il sistema è nel torto.

In più, da contratto nazionale, i docenti non sono tenuti a saper utilizzare i computer e nel corso del loro percorso di preparazione specialistica, non è obbligatorio da nessuna parte la capacità di sapere utilizzare strumenti per la DAD.

Danno economico

Con l’impiego della DAD molti docenti hanno dovuto acquistare computer, cambiare o installare connessioni più potenti, smartphone… alcuni, addirittura, hanno acquistato dei corsi per imparare in fretta ad utilizzare i strumenti.

Nessuno ha previsto il rimborso di queste spese che, altrimenti, non sarebbero state sostenute.

Anche in questo caso: lo stesso vale per lo smart working del personale ATA.

 

Lo ricordiamo:

I docenti e il personale ATA da contratto nazionale, non sono tenuti in alcun modo al lavoro da casa né al possesso di strumenti all’avanguardia (sì perché per la gestione della DAD e dello smoart working servono una connessione potente, programmi aggiornati e periferiche e terminali in grado di sostenere i programmi aggiornati).

Danno contrattuale

Il personale scolastico, al momento dell’assegnazione dell’incarico, firma un contratto.

Purtroppo la DAD ha colpito fortemente questo contratto:

Ore di lavoro

Nel contratto sono indicate le ore di lavoro da rispettare, con la DAD gli insegnanti e il personale ATA hanno lavorato ben oltre le ore concordate e queste ore non sono state considerate in nessun caso come straordinario.

Risorse

Il contratto non parla in alcun modo della necessità di dover utilizzare risorse personali da casa per la formazione.

Docenti e personale ATA, infatti sono tenuti ad usare al meglio gli strumenti forniti dalle scuole e non a dover acquistarne di propria tasca.

Violazione del diritto di disconnessione

Nel contratto è indicato il diritto di disconnessione, ovvero il diritto di non essere sempre connessi.

Con la DAD e il relativo smart working, questo diritto è stato completamente violato in quanto docenti e personale ATA sono stati connessi ad oltranza.

Danno sanitario

L’esposizione allo stress, alla corsa per l’aggiornamento, al sovraccarico di lavoro, alla difficoltà della gestione familiare (anche i docenti hanno famiglie) ha portato molti docenti a uno stato di rischio burnout.

Lo scandalo delle piattaforme

C’è ancora un problema trasversale a tutti gli interessati dalla DAD: docenti, genitori e studenti (questi ultimi in forma ancora più grave in quanto minorenni).

Per la DAD il ministero non ha fornito nessuna piattaforma dedicata e quindi adeguata dal punto di vista di privacy.

Con la DAD e l’utilizzo trasversale delle piattaforme (zoom, gotowebinar, google class, teams e chi più ne ha avuto più ne ha messo), sono stati dati in pasto a google, senza alcun controllo e senza alcuna garanzia.

Google ha acquisito indiscriminatamente e senza alcuna garanzia specifica i dati personali e le immagini di docenti, genitori e minorenni molti dei quali non avevano ancora profili registrati on line.

La DAD, così come è stata velocemente organizzata, ha creato un censimento informatico non autorizzato e non controllato che ha colpito ob torto collo anche chi non avrebbe avuto piacere di aderire.

E per concludere, non dimentichiamo la violazione del diritto costituzionale all’uguaglianza.

L’applicazione arraffazzonata della DAD non ha in alcun modo garantito tutti quegli studenti che non avevano accesso ai terminali adeguati.

Se è vero, com’è vero, che il diritto all’istruzione è un valore, il ministero dell’Istruzione con la DAD ha infranto questo diritto costituzionale.

Come ha detto Rosanna Rodriguez, presidente dell’associazione sindacale ACA Scuola:

“la DAD è una cosa seria: gli insegnati e il personale ATA devono essere formati adeguatamente e i processi didattici devono essere ben pianificati perché qualunque processo di apprendimento si basa sulla relazione”

Per questi e per altri motivi docenti e personale ATA si sono riuniti e hanno chiesto aiuto a Betapress che da sempre si occupa della buona istruzione.

Noi ci impegniamo a dare voce a questa gravissima violazione e aggressione dei diritti e sponsorizziamo professionalmente il ricorso cumulativo contro il ministro Azzolina.

“Siamo stanchi –  dice il nostro direttore prof. Corrado Faletti – di vedere il personale della scuola, a cui occorre dire solo grazie, continuamente preso a calci, non un grazie, nessun riconoscimento, solo grandi prese in giro e paroloni vuoti a cui seguono solo amare delusioni”.

È ora che il personale della scuola faccia sentire la sua voce, reclami i suoi diritti, ma sopratutto impari a mettere al governo gente competente.

Ringrazio Rosanna Rodriguez che ha voluto seguire Betapress in questa forma di protesta, Lei, unica fra i sindacati, che invece di parlare ha deciso di entrare in azione.

Anche grazie al suo supporto siamo riusciti a tenere il costo della partecipazione all’azione collettiva per il personale scuola molto basso, sicuramente molto lontano dai soliti 250 euro che vengono richiesti da chi si “dichiara” a supporto della scuola.

Noi lo siamo coi fatti!!

 

Ecco il link per aderire:

Aderisci al ricorso

Entra nel gruppo facebook

 

Azione collettiva a difesa dei docenti e del personale ATA

 

 

 

 

 

 

 

 

DADOUT: burnout telematico

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?

DAD: conta ancora il fattore umano

 




Il podio del degrado cattivi maestri comunicatori

Il podio del degrado, cattivi maestri comunicatori: in meno di 24 ore il web impazzisce e disvela le tare culturali e sociali di chi comunica in Italia.

Come un tubo turato che poi esplode, in poche ore la rete ci offre un florilegio di aberrazioni culturali che hanno come filo conduttore la discriminazione sessuale e il maschilismo violento.

Quasi abbiamo nostalgia del periodo in cui si parlava di covid.

Ecco la presentazione delle notizia in forma di climax ascendente (anche se, soprattutto con le ultime due, è difficile assegnare il primato):

Quarto posto

Il cantante Gue Pequeno, in una intervista dice di non essere sessista o razzista “ma” non approva la scelta del collega Ghali di vestirsi da donna se non è dichiaratamente gay.

Terzo posto

Il pentastellato Alessandro Di Battista scivola su considerazioni contro “coloro che PRETENDONO di ottenere un miglioramento dei diritti civili per gli omosessuali esibendosi in volgari forme di trasgressione durante i Gay Pride”.

Secondo posto

Lo psicoterapeuta televisivo Raffaele Morelli inveisce contro la scrittrice Michela Murgia in uno scambio acceso e variegato sul seme del femminile, che solo le donne possono giocare con le bambole e che se la donna non viene guardata quando è per strada non è gratificata.

Primo posto

Le spoglie vive del critico d’arte Vittorio Sgarbi che vengono traslate a forza fuori dal parlamento dopo un lungo, reiterato e ininterrotto inveire contro il magistrato Giusi Bartoluzzi

 

Diagnosi

In psichiatria si chiama schizofrenia, dal greco σχίζω (schizo) (spaccare, frammentare, dividere) e φρήν (fren) (l’anima, lo spirito, l’intelletto, la mente… poi il cervello).

Le funzioni mentali della mente dell’individuo si separano e frammentano.

 

Anamnesi

Un altro esempio di altro ambito e di poco antecedente è legato alle dichiarazioni del ministro Matteo Salvini che mangia ciliegie e poi lo nega…

Prognosi

Insomma qualcosa nell’equilibrio psichico di chi comunica in tv o sui social si è rotto e forse mostra i veri volti di questi fenomeni da palcoscenico dal trucco avvenente e l’alito marcescente.

Terapia

A noi resta solo da ricordare che chi si espone, chi comunica, chi si espone in qualunque modo, ha il dovere di essere di buon esempio.

In questo momento vediamo solo pessimi esempi, ma abbiamo fiducia nell’intelligenza, nella capacità di comprendere e di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, di chi osserva.

 

 

 

 

 

 

 

 

Link

Dichiarazione di Alessandro Di Battista
Intervista a Gue Peqeno
Raffaele Morelli e Michela Murgia
Intervento di Vittorio Sgarbi

 

 

L’Ipocrisia del tutto




I DS AL GOVERNO CONTRO I VICEPRESIDI: INACCETTABILE!!!

Il valore indiscusso del formatore competente

L’incarico di dirigente scolastico porta con sé una grande quantità di responsabilità e impegno in un contesto molto delicato qual è quello della formazione degli studenti.

Chi scrive è convinto che non esistono cifre troppo alte per gratificare e sostenere chi ha la responsabilità di formare al meglio gli uomini e donne di domani, quelli che devono avere tutti gli strumenti per poter cambiare il mondo sempre in meglio.

Chi scrive è convinto che chi è capace deve essere sostenuto e gratificato.

Una cosa simile pensa anche l’onorevole Vittoria Casa, membro della VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione, come il ministro Azzolina Dirigente Scolastico (prima però del Concorso del  discusso concorso del 2017), siciliana e membro del movimento 5stelle.

Il dirigente scolastico che pensa ai dirigenti scolastici

Quando pochi giorni fa la paventata riduzione dello stipendio dei Dirigenti scolastici è stata scongiurata, tutti gli interessati hanno tirato un sospiro di sollievo.

Soprattutto dopo un periodo difficile come quello della chiusura generale dovuta all’allerta COVID, era fondamentale riconoscere l’impegno e gli sforzi dei dirigenti scolatici.

“Sappiamo che non è stato semplice gestire l’emergenza e non è semplice neppure il lavoro che ora sono chiamati a svolgere in vista della riapertura a settembre.
Responsabilità e collaborazione non possono mancare: Governo e Parlamento sono al loro fianco e stanno fornendo loro tutti gli strumenti per poter garantire un rientro tra i banchi di scuola per tutti, e nella massima sicurezza”,

ha dichiarato l’on. Vittoria Casa.

Ripetiamo:

“Responsabilità e collaborazione non possono mancare”.

La protesta di AnCoDiS

E allora perché, fa notare Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (An.Co.Di.S.) al momento di dividere le gratificazioni e i riconoscimenti, nessuno si ricorda di chi ha svolto il lavoro?

É quasi come se i dirigenti scolastici che si battono per i giusti diritti dei dirigenti scolastici, si siano dimenticati che, nei giochi di squadra, alla fine del campionato non ci arriva solo il capitano ma tutti quanti.

I commenti di chi è stato dimenticato

Ecco alcune dei commenti giunti a noi in redazione 

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale”

“questo è uno schiaffo a tutti i Collaboratori dei DS che non hanno neanche le briciole di questi aumenti e che lavorano per le loro scuole senza alcun riconoscimento contrattuale. Credo sia arrivato il tempo di evidenziare che queste scelte hanno un imprinting politico che noi non possiamo accettare”

E ancora

“Non mi interessano i soldi… Ma le dichiarazioni della Casa sono per noi inaccettabili! Sappiamo bene e lo diremo chiaramente nel comunicato stampa che c’è una falsa rappresentazione della realtà”

Ma chi sono i Collaboratori dei DS e le figure di sistema?

I Collaboratori del dirigente Scolastico sono figure di governance vitali (ma non riconosciute) per la scuola dell’autonomia.

Sono docenti nominati su base fiduciaria dal dirigente scolastico che non possono assumere alcuna responsabilità dirigenziale o amministrativa nei confronti del personale scolastico.

Non hanno un contratto specifico né specifici riconoscimenti ma svolgono ruoli cruciali.

Profilo dei Collaboratori dei DS

Stando a uno studio divulgato da AnCoDiS,

il 77% dei collaboratori è di sesso femminile e

l’80% ha una anzianità lavorativa di oltre 15 anni

(praticamente sono la memoria storia della scuola).


Cosa fanno i Collaboratori

Ecco un riepilogo dei lavori svolti dai collaboratori

  • Organizzazione del servizio per il 74,4% 
  • Collaborazione nella gestione delle criticità rilevate nella tua scuola, anche durante la DaD per il 70,2% 
  • Gestione dei rapporti tra le componenti scolastiche per il 6,.0%
  • Organizzazione e coordinamento della DaD per il 66,1%
  • Monitoraggio della DaD per il 50,5%
  • Rapporti con le famiglie durante la DaD per il 48,5%
  • Gestione dei conflitti per il 48,0% 
  • Sicurezza e prevenzione per il 41.6% 
  • Redazione progetti per il 38.2% 

 

Per il 15,3% svolgono i seguenti incarichi:

  • Animatore digitale
  • Coordinamento inclusione
  • Progettazione Erasmus
  • Predisporre organizzazione collegio docenti e consiglio d’istituto e loro verbalizzazione
  • Gestione delle emergenze
  • Gestione totale PON, compresi gli accertamenti
  • Risoluzione di problemi informatici e tecnologici comprese gestioni piattaforme
  • Formazione classi
  • PEI iniziali, intermedi e finali
  • Formazione docenti
  • Sostituzione DS, gestione posta, rendicontazioni progetti Fse,
  • Organizzazione sostituzione docenti assenti, rapporti con le famiglie e il territorio
  • Coordinamento didattico
  • Organizzazione scrutini e relazione con le scuole interessate da docenti in COE 
  • Gestione esami idoneità, integrativi, preliminari per qualifica ed Esami di Stato, ecc. Rapporti con Enti e istituzioni locali
  • Formatore per utilizzo di strumenti, App e software utili alla DAD
  • Supporto alla segreteria alunni e al DSGA per i progetti PON Gestione orario con “Progetto classi senza aule”.
  • Redazione modulistica DaD (rimodulazione progettazione, PAI – PIA), 
  • Rilevazione dei bisogni delle famiglie durante la DaD e organizzazione per l’assegnazione e distribuzione dei dispositivi e delle connessioni

Conclusioni

Per concludere, riconosciamo pienamente la difficoltà e la gravosità del lavoro del dirigente scolastico, dichiariamo che chi è stato investito da questo incarico deve far fronte a enormi responsabilità.

Vorremmo solo che chi si batte per i propri diritti, si ricordasse di combattere anche per chi li  aiuta e li ha aiutati a raggiungere i risultati o, quanto meno, tornando alla analogia sportiva, ad arrivare alla fine del campionato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buona Notte, cara Ministra, vada a dormire, che è meglio…

Presidi e Vicepresidi: Tutti in “ferie” per protesta!!

 

 




Bullizzati di successo: considerazioni psicologiche sul fenomeno

 

Molti personaggi affermati del mondo artistico hanno dichiarato di essere stati  vittime di bullismo.

Per esempio la nota cantante Lady Gaga era una bambina di bassa statura e un pò robusta  e per questi motivi i bulli della classe la infastidivano a tal punto che lei non voleva più andare a scuola.

Barack Obama veniva deriso dai compagni per le sue orecchie a sventola.

Kate Middleton, moglie del principe William, dichiara di aver sofferto per essere stata presa in giro da alcune compagne di classe in quanto timida e troppo studiosa.

Johnny Depp, anche lui vittima di bullismo, così si esprime: “Non aspetterei un attimo a distruggere chiunque facesse del bullismo ai miei figli”.                                                                                                                                                                                                

Il bullismo è da considerarsi una forma conclamata di violenza perpetrata a danno di  soggetti incapaci di difendersi.

Peraltro la violenza, insita anche nel bullismo, come affermava Benedetto Croce “non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruggitrice”.

Capire quale struttura di personalità si nasconda sotto la vittima è fondamentale in quanto le reazioni possono essere svariate di fronte ad atti persecutori subiti nel tempo.

C’è chi dalla sofferenza trae spunto per superarla, compensando positivamente i torti  subiti, e chi invece cade nello sconforto fino a giungere ad atti estremi quali quelli autolesionisti e/o suicidari.

È noto che la vittima è spesso bloccata nel rispondere alle offese fisiche e/o verbali messe in atto nei suoi confronti, non accetta e non reagisce poiché preferisce isolarsi.

L’invisibilità diviene una caratteristica presente che la rende fragile ed inadeguata allo sguardo dei pari.

Può inoltre succedere che alcune vittime, per lungo tempo, tendano a negare il problema, cercando di neutralizzare la propria sofferenza emotiva e talvolta possono mettere in atto anche comportamenti di auto colpevolizzazione.

Emerge spesso che la vittima subisca prepotenze ed offese riguardanti una sua caratteristica particolare tale da differenziarla significativamente dal resto dei coetanei.

Per esempio può avere una statura più bassa degli altri o minore forza muscolare,  semplicemente a causa delle differenze fisiologiche che si manifestano nei processi di sviluppo e di crescita.

La vittima incontra difficoltà a gestire le relazioni sociali, soprattutto di fronte ad interazioni complesse.

In relazione a ciò è plausibile chiedersi come possa succedere che diventi poi una persona di successo.

L’inferiorità che ha accompagnato la vittima si è trasformata in una superiorità che si è poi strutturata in un percorso di solitudine e sofferenza ma che nello stesso tempo ha lasciato spazio all’emergere di una creatività finalizzata al raggiungimento di obiettivi concreti.

L’isolamento, seppur sofferto, non impedisce di produrre qualcosa di fruibile esteticamente.

Molto costruttivo per le vittime è lo sviluppo della “resilienza”, ossia la capacità di gestire i momenti di difficoltà senza perdersi d’animo e, pur nell’inevitabile disagio, trovare risorse per fronteggiare i problemi.

Per aiutare le vittime nei momenti di difficoltà è utile fornire supporto, sia emotivo che operativo, in modo da consentire loro di sentirsi meno stressate, meno vittimizzate e capaci di fronteggiare situazioni di disagio grazie alle proprie potenzialità.

L’obiettivo è quello di modificare le norme ed i modelli comportamentali, facendo in modo che la vittima si senta meno sola e sia più propensa a parlare di ciò che le succede invece di soffrire in silenzio.

Molte persone bullizzate risultano dunque vincenti sul piano dell’affermazione personale perché riescono a mettere in campo il meccanismo psicologico della “compensazione positiva”.

Secondo la Psicologia Individuale si può compensare tanto un “sentimento di inferiorità psichica” quanto una “inferiorità d’organo” ed è attraverso la “volontà di potenza”, intesa come desiderio di affermazione di ciascun individuo, che si  mettono in atto delle compensazioni per superare il “sentimento d’inferiorità”.

Francesco Parenti in proposito sostiene che “la compensazione si configura perciò come l’insieme delle modalità con cui la volontà di potenza si propone di superare o aggirare un sentimento d’inferiorità all’interno di una dinamica basso/alto in cui l’individuo aspira a mete di superiorità e di perfezione”.

Come affermava Eleanor Roosevelt: “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso”.

Questo messaggio deve essere alla base del superamento del grave disagio provocato dal bullismo e probabilmente i personaggi celebri che ne sono stati vittime lo hanno introiettato trasformando l’inferiorità vissuta in successo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




La scuola pugliese che pubblica i suoi libri di testo e fa risparmiare le famiglie

L’Istituto Agrario Pavoncelli col suo esempio insegna come una scuola può far risparmiare le famiglie, gratificare gli insegnati e seguire con attenzione e rispetto gli studenti.

La bella storia di un istituto agrario pugliese che da tre anni stampa da sé i suoi libri di testo abbattendo di più del 300% le spese riservate ai libri delle famiglie.

Nell’Agosto scorso Federconsumatori  ha calcolato che nel 2019 la spesa per i libri scolastici sarebbe stata di circa 470,55 euro a studente calcolando in media i libri + 2 dizionari.

Chi ha figli in età scolastica non stenta a confermarlo.

 

Da tre anni, invece, in una scuola di Cerignola (FG), la spesa media a studente per il libri è inferiore ai 100 euro.

La scuola è l’Istituto Agrario Pavoncelli di Cerignola e il merito di questa azione va al competente preside Pio Mirra e al suo corpo docente composto dai professori:
Antonietta Altamura,
Lucia Bada,
Giovanna Misuriello,
Tiziana Pellicano,
Antonello Panico,
Angela Lasalvia,
Sonia Genovese,
Laura Pestillo,
Laura Zefferino,
Michela Carlucci,
Laura Schena,
Vittoria Astone,
Giuseppina Coletta,
Paola Zoccoli,
Mariapia Del Fosco,
Francesco Marinelli,
Girolamo Casullo.

A loro va tutta la nostra gratitudine per l’esempio di buon operato che sono riusciti a dare.

Un impegno come il loro porta vantaggi a tutta la comunità aumentando non solo il valore didattico ma anche quello pedagogico.

Cosa hanno fatto.

A partire dall’anno scolastico 2016/2017, a seguito delle disposizioni emesse dalla legge 107/2015 altrimenti nota come la buona scuola, il dirigente scolastico e il personale docente si sono confrontati cercando di capire come applicare al meglio la nuova  autonomia acquisita per migliorare il loro stato.

La base di partenza è stata l’osservazione dello stato effettivo in cui si trovavano la scuola, gli studenti, i docenti e le famiglie.

Si sono chiesti:

  • se gli studenti erano nelle condizioni migliori di apprendimento,
  • se i docenti stavano utilizzando gli strumenti e i canali ideali per trasmettere la conoscenza,
  • se c’era qualcosa in più che potevano fare per la comunità.

Così è nata la collana Pavoncelli.

La nascita della collana Pavoncelli e i suoi vantaggi

Il preside Pio Mirra, dopo aver raccolto i frutti del dialogo con docenti e famiglie si è confrontato con il Prof. Corrado Faletti, direttore del gruppo editoriale CCEditore e assieme hanno trovato la soluzione ideale.

CCEditore, per storia aziendale, è una casa editrice molto sensibile al tema delle scuole e della formazione, così ha creato una collana editoriale specifica ed esclusiva per l’istituto agrario Pavoncelli; la collana ha appunto preso il nome di Collana Pavoncelli.

La Collana Pavoncelli dal 2016 ad oggi ha pubblicato 16 libri che adotta come libri di testo all’interno dell’Istituto.

Questo ha comportato, stando al caso specifico dell’istituto, un significativo calo della spesa per i libri di testo che è passata da circa 300 euro per studente a circa 90 euro.

Un risparmio superiore al 200% per ogni studente ogni anno.

L’Istituto Pavoncelli applica questa politica dal 2016.

Questo vuol dire che da 2016 ha a disposizione libri di testo che non gravano in modo spropositato sulle tasche delle famiglie e che in più sono perfettamente congruenti con l’offerta formativa richiesta e le competenze degli studenti.

Cosa è una collana editoriale

Una Collana editoriale è una categoria di testi creata ad hoc con un determinato obiettivo e filo logico comune che hanno l’obiettivo di lasciare un segno nel campo stabilito.

Le collane editoriali si inseriscono nella pianificazione di una casa editrice, ciò vuol dire che non esistono collane fuori dalle case editrici.

Vengono identificate e registrate attraverso il codice ISBN (International Standard Book Number, “numero di riferimento internazionale del libro) della casa editrice più un codice distintivo denominato come ISSN ovvero “International Standard Serial Number”, “numero di riferimento internazionale per le serie”.

La presenza di questi codici e il vaglio di un comitato scientifico dedicato, consente l’utilizzo dei libri come testi didattici di grande valore accademico.

Vantaggi della collana Pavoncelli.

Parlando con il preside Pio Mirra, abbiamo visto tutti i vantaggi di una scelta coraggiosa e, stranamente singolare come la loro.

  • Lo studente viene messo al centro dell’offerta formativa:

“I libri digitali permettono la personalizzazione degli apprendimenti, tenendo conto delle diversità di ciascun alunno e rappresentano lo strumento per una vera Didattica laboratoriale in cui lo studente è al centro delle attività e il docente non è un erogatore di contenuti, ma elemento stimolante, che controlla e gestisce il processo di apprendimento”
cit. il D.S. Pio Mirra.

  • Coerenza dell’offerta didattica:

“Troppo spesso i testi scolastici si presentano come un’ampia raccolta di argomenti eterogenei e dispersivi, la cui quantità va ben oltre la possibilità reale di trattarli in classe proficuamente e con il dovuto approfondimento.

Il libro digitale creato dagli stessi docenti, invece, contiene i nuclei fondanti della materia, ovvero quelle informazioni e nozioni indispensabili per l’acquisizione degli apprendimenti dichiarativi sui quali costruire con l’aiuto del docente gli apprendimenti procedurali, realizzando così una vera Didattica per competenze”
cit. il D.S. Pio Mirra.

  • Coerenza col paradigma pedagogico:

“Le case editrici, pur impegnate in un percorso di revisione metodologico-didattica dei testi scolastici, non hanno ancora recepito completamente il passaggio dall’apprendimento per disciplina all’apprendimento per competenze. Di qui l’importanza di testi autoprodotti con una riorganizzazione dei contenuti disciplinari strumentali per portare gli studenti all’acquisizione di competenze certe e durevoli”

cit. il D.S. Pio Mirra.

Risposta degli attori coinvolti:

Analizzando il progetto, si nota che gli attori di questa operazione ne escono soddisfatti:

  • Gli studenti hanno un libro cartaceo e digitale creato per loro e perfettamente confacente alle loro necessità ed esigenze.
  • I docenti hanno uno strumento duttile e completo, ricevono i bonus scuola e aumentano i punteggi grazie alla pubblicazione di libri.
  • Le famiglie hanno un risparmio di almeno il 250% sulle spese di acquisto dei libri.

Considerazione finale

Dopo aver parlato col preside Pio Mirra e dopo aver valutato quanto fatto, la domanda che ci facciamo è: perché questo esempio di buona prassi non è adottato da altre scuole?

Perché non coinvolgere i docenti, perché non mettere lo studente al centro dell’offerta formativa?
Perché continuare a far spendere soldi alle famiglie per testi inadeguati?

Noi siamo convinti che i momenti di necessità possano generare nei contesti brillanti, risorse inaspettate e rivoluzionarie.

Ci rivolgiamo quindi a chi ci legge e gli chiediamo di scriverci per segnalare esempi di buone prassi vissute o notate all’interno delle scuole.

È possibile scrivere a  info@betapress.it oggetto: BUONE PRASSI

Riferimenti

Federconsumatori 

Legge 107/2015

Creazione di una Collana editoriale dedicata alla scuola:
abbiamo chiesto a CCEditore di mettersi a disposizione di chi lo volesse per avere informazioni su come attivare una Collana Editoriale all’interno di una scuola; scrivere a direzione@cceditore.it 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Agrario Pavoncelli Cerignola: libri alla portata di tutte le famiglie

 

 

Genocidio Culturale

 

Infiltrazioni Mafiose nel comune di Cerignola, sciolta la giunta comunale!




E siamo ancora qua…

Non è tempo di consuntivi, purtroppo, perché il Covid 19 circola ancora tra la gente ed i dispositivi individuali di protezione fanno parte ormai del nostro vivere quotidiano.

Siamo alla Fase II o forse alla Fase III ma il timore di nuovi focolai e dei contagi innescati dagli asintomatici rende possibile il ritorno ad una fase di confino e di isolamento sociale.

Se guardiamo indietro, alla esplosione dei primi casi in Italia alla fine del gennaio scorso ci rendiamo conto che negli ultimi mesi il virus ha cambiato radicalmente le nostre vite e le certezze sulle quali riposavano.

Non sono in discussione le modalità relazionali imposte dalle logiche di prevenzione che hanno accelerato processi già in atto come la digitalizzazione e la progressiva innovazione tecnologica a disposizione dei modelli di consumo.

Gli archetipi dell’immaginario collettivo stravolti dal Covid sono stati i cardini portanti della società del benessere conosciuta dalle economie avanzate dal dopoguerra ad oggi.

Pensiamo al sistema delle certezze, a quello dell’informazione ed infine alla Politica ed al senso di Stato.

Le prime sono state spazzate via dall’emergenza virale e per molto tempo la precarietà potrebbe essere l’humus culturale di ogni scelta individuale e collettiva.

Un mondo senza certezze tuttavia è facile preda della caduta valoriale e materiale.

Una vita senza futuro si consuma nell’attesa e nell’inazione.

In realtà l’incertezza ha fatto il suo ingresso nel linguaggio dell’economia già da un paio di decenni e la società contemporanea è stata già sapientemente descritta come “liquida” dal filosofo Zigmunt Bauman.

Purtroppo il Covid19 ha portato a compimento un processo già in atto con la conseguenza di  rendere tutto più incerto e instabile.

L’informazione non è stata risparmiata dagli effetti del Covid19.

La pandemia, infatti, ne ha condizionato la natura e la comunicazione è diventato lo strumento principale per orientare scelte e veicolare decisioni.

Purtroppo ai più attenti non sarà sfuggita la difficoltà di decifrare i contenuti dell’informazione proprio riguardo ai nuclei centrali dell’interesse pubblico degli ultimi mesi: l’andamento dell’epidemia, i protocolli di terapia, i progressi nella ricerca di un vaccino per non citare le questioni economiche sull’agenda della politica nazionale e comunitaria.

Comprendere in modo esaustivo le cifre della comunicazione è stato molto difficile e ciò non a causa dei giornalisti o delle testate editoriali.

Le stesse fonti della informazione sono divenute fluide, instabili, a volte approssimative aprendo la strada ad una comunicazione fatta più di suoni e slogan che di contenuti cognitivi.

Il senso di precarietà e la parzialità delle conoscenze veicolate non sono stati i soli terreni di scontro collaterali della pandemia.

La Politica ed il significato di Stato hanno forse subito contraccolpi ontologici di cui non abbiamo ancora una idea precisa.

La prova è sotto gli occhi di tutti: lo scollamento tra classe politica e paese reale ha raggiunto livelli di estrema gravità.

Nei palazzi del governo si discutono temi urgenti e necessari ma le decisioni non arrivano e la comunità civile ed economica cercano di tirare avanti come possono.

La politica in atto è inadeguata e non serve né ai cittadini né alle proprie prerogative.

In questo contesto lo Stato perde giorno dopo giorno autorevolezza e mostra le proprie debolezze.

Il dibattito politico degli ultimi mesi in ambito nazionale ed europeo fornisce, purtroppo, soltanto conferme.

Per molti mesi abbiamo ascoltato dal Governo e dall’Unione europea promesse di aiuti per il rilancio dell’economia del paese.

Interventi di miliardi di euro mai erogati  e per i quali si dovrà attendere ancora a lungo.

È evidente che il modello di Stato liberale e democratico arrivato fino ad oggi si stia mostrando lento e poco reattivo al cambiamento imposto dalla recessione globale e dalla pandemia.

Senza una riforma dello Stato e delle Istituzioni sarà difficile immaginare un rilancio del “sistema paese” sostenibile.

Dietro l’angolo infatti si annidano insidie evidenti nella crisi dei partiti politici e nella deriva verso forme di democrazia diretta e populista.

Sarebbe un errore in questo contesto assistere in silenzio al degrado dei mondi paralleli: lo Stato, le Istituzioni, la Politica e la Società civile.

È ancora possibile fare qualche cosa?

Certo gli scenari descritti incutono timore e disegnano le trame di una tempesta perfetta.

Eppure la pandemia accanto a tanta sofferenza ha cambiato il corso della storia riportando in superficie valori sepolti.

Il senso della Vita, la Felicità, la centralità della famiglia ed il senso di comunità hanno trovato un nuovo collante emotivo nelle vite di ognuno di noi.

Per questo occorre ripartire da un nuovo Patto Sociale nel quale attribuire allo Stato la responsabilità di regolare il progresso umano, civile ed economico, intorno ai nuovi paradigmi della crescita.

Un patto che metta al primo posto la felicità individuale e collettiva nelle sue declinazioni più ampie.

La pandemia ci ha reso più fragili e spaventati ma ha messo dinnanzi ai nostri occhi i limiti di un modello di crescita economico fondato su parametri di natura quantitativa.

Dobbiamo ripartire da quello che abbiamo e non aver timore di sognare un futuro di benessere anche se il cammino sarà ancora lungo e dovremo superare ancora molti ostacoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piano Marshall oggi più che mai!!

Lo scollamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Concorso DS 2017 – il TAR concede l’accesso ai codici sorgente

Il TAR ha sentenziato: Il CINECA dovrà fornire i codici tarcineca

sorgente

Continua la crociata delle migliaia di partecipanti al concorso per Dirigenti Scolastici bandito nel 2017 da noi già osservato in un altro articolo.

Lunedì 22 giugno 2020, dopo una serie di rinvii dovuti all’emergenza covid, il TAR si è espresso in merito ad una fondamentale richiesta delle vittime del concorso permettendo un passo importantissimo in direzione della verità.

Cosa è successo 

Nell’anno 2017, è stato indetto un concorso per 3.400 (circa) posti da dirigenti scolastici, al concorso si sono iscritti 34.000 (circa) candidati.

Ciò che ha reso particolarmente famoso questo concorso è stata la partecipazione dell’attuale ministro dell’istruzione Lucia Azzolina che ne uscì vincitrice superando le prove scritte e dimostrando all’esame orale buona conoscenza dell’apparato legislativo, mediocre conoscenze di inglese e scarsissima preparazione informatica.

Ma la partecipazione al concorso del ministro, con conseguenti taciuti conflitti d’interesse che ne sono scaturiti e del muro di gomma costruito attorno alle nebulose fasi del concorso, è solo una delle numerosissime segnalazioni che hanno sporcato questo concorso pubblico.

Le pressioni

Quando a un concorso per 3.400 posti, si presentano 34.000 persone, i commissari del concorso non si preparano ad affrontare un periodo facile per via delle pesanti ingerenze a cui vengono esposti.

Ad alcuni è venuto da dire che questo eccesso di pressioni è normale e ragionevole visto lo scarto tra domanda e offerta; a noi viene da dire che normale non è e che soprattutto quando il ruolo è così ricco di responsabilità e le candidature così numerose, il dovere dello stato è quello di garantire la scelta dei migliori a prescindere dal numero di posti e delle persone da “soddisfare”.

E il fatto che “da sempre” la segnalazione ha ceduto il passo alla meritocrazia, non è un buon motivo per non cambiare strada, soprattutto in un momento così delicato e in cui la cultura e l’istruzione possono essere le uniche risorse a poter davvero permettere un cambiamento.

Il superamento di ogni limite

In occasione del concorso per Dirigente Scolastico del 2017 però pare che sia stato superato ogni limite.

Abbiamo intervistato più partecipanti al concorso e ognuno di loro (a prescindere dall’esito finale) ha avuto modo notare o riconoscere delle dinamiche inusuali.

Per parte sua poi, il campione di commissari intervistato, ha riconosciuto fuori dai denti di aver ricevuto a vari livelli di spudoratezza messaggi più o meno velati.

Insomma, che il concorso per D.S. del 2017 non era del tutto trasparente si è saputo fin da subito, la cosa triste però è che anche davanti a una serie di circostanze plateali, per dimostrare l’illegittimità di alcune assegnazioni, chi è stato ingiustamente (o giustamente) escluso o comunque, chi ha dovuto confrontarsi ad armi impari (raccomandato vs non raccomandato piuttosto che preparato vs impreparato) debba combattere per anni per veder trionfare la verità.

Sì perché di certo non tutti quelli che hanno fatto ricorso sarebbero stati meritevoli di vincere ma la battaglia che si combatte è quella per la giustizia e la trasparenza, ed è per quella che stanno investendo tempo ed energie: per un ideale… e questo a noi piace.

Il CINECA e le sue meraviglie

Nell’articolo precedentemente pubblicato abbiamo raccontato tutte le storture del concorso e le legittime richieste (negate finora) dei candidati esclusi.

Una di esse era l’accesso al codice sorgente del programma CINECA (Consorzio Interuniversitario senza scopo di lucro, cui aderiscono 69 università italiane, otto enti nazionali di ricerca, due policlinici, l’ANVUR e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).

Il CINECA è un Centro di Calcolo “cuore tecnologico del sistema di comunicazione tra Università e Ministero dell’Università e della Ricerca”, come riportato sul loro sito, che si occupa di fornire i software per gli esami.

Ad un certo punto di questa vicenda, è sorto un dubbio molto grave che assolutamente merita di essere affrontato: il non anonimato delle prove di esami.

Parrebbe che il sistema (perfetto per le università ma non creato ad hoc per i concorsi pubblici) potrebbe avere una falla che svelerebbe l’identità del candidato attraverso il codice sorgente.

Questo vuol dire che ci potrebbe essere il rischio che un commissario (generico) avvisato di questo bug di sistema o un po’ più scafato del mondo informatico, avrebbe potuto risalire al nome del candidato che invece in tutta la parte scritta doveva per legge rimanere anonima.

Noi non sappiamo se questo sia corretto o meno, sappiamo che c’è la possibilità e che quando c’è un dubbio di questo tipo va immediatamente sciolto per la credibilità di tutti.

Le motivazioni di CINECA

Quando i candidati hanno chiesto nell’accesso agli atti l’accesso anche ai codici sorgente, così da poterli  sottoporre a un esperto, il CINECA anziché collaborare dimostrando buona fede, ha negato l’accesso adducendo una serie di motivazioni:

1) CINECA non può rivelare i codici sorgenti per proteggere i dettagli tecnici del programma che se no potrebbe essere copiabile da qualunque concorrente ma, anche se fosse, il principio di trasparenza di un concorso pubblico viene prima degli interessi aziendali (come richiamato nella sentenza n. 7333/2019) 

2) trattandosi di dati sensibili o sensibilissimi, non è possibile rivelarli ma in questi contesti si giudicano i “dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.

3) fornire i codici sorgente potrebbe rendere vulnerabile il sistema e compromettere tutti i dati modificando tutte le prove, ma comunque sono dati che appartengono allo stato committente.

Insomma, ce l’hanno messa proprio tutta ma la verità è che Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), si è pronunciato definitivamente ingiungendo a CINECA di fornire i codici sorgente.

 

Nota bene:

Non sappiamo ancora se questi codici siano trasparenti o meno, ovvero possano tradire l’anonimato del candidato, questo lo vedremo successivamente, però la reticenza a fornire quanto richiesto, non dispone bene chi legge.

Recte facendo, neminem timeas

Male non fare, paura non avere.

 

Chiunque volesse segnalare ulteriori informazioni coerenti o meno con quanto scritto, scriva pure a info@betapress.it

 

Post Scriptum: 

Stiamo osservando anche il concorso per DSGA, per cui auspichiamo la retta condotta professionale di commissioni e candidati.

Purtroppo sembra che anche per il concorso DSGA le acque non siano così chiare… (NdD)

Riferimenti

Il ministro Azzolina e il concorso del 2017

Rampelli vs Cineca – scontro di civiltà?

Sito CINECA 

Leggi di riferimento: articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016

Concorso DSGA: note di malcostume italiano

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!




“Le Parole Del BenEssere”

Imprenditore molla tutto e torna a fare l’infermiere.

Pierluca Narraccio è un Eroe silenzioso.

Un Eroe come lui non fa notizia sui giornali eppure, con l’uso sapiente delle sue parole, ha fatto e continua a fare la Differenza nella vita delle persone che incontra.

Con lui si completa la trilogia di “Soul 2 Soul Talk” dedicata agli Eroi che, durante l’emergenza sanitaria e il lockdown, si sono contraddistinti per aver fatto delle Parole ciò che effettivamente sono: semi da spargere in cuori fertili, Vascelli pronti a traghettare chi le pensa, dice e agisce, alla Terra Promessa che esse descrivono.

“Infermiere per amore”

Nei fine settimana Pierluca presta servizio come assistente d’aula per una nota Scuola Italiana di Formazione in P.N.L., ed è lì che lo incontro la prima volta.

Fuori dall’aula, nella vita di tutti i giorni, fa l’infermiere.

In ospedale, il vivere a stretto contatto con persone sofferenti lo ispira a ideare un nuovo approccio comunicativo con i pazienti.

Il suo sogno è offrire agli Operatori Sanitari, a tutti i livelli, virtuali esempi di interazione basati sull’uso responsabile delle parole.

“Da Paziente a Partecipante”

Sogno che si concretizza con “Le Parole Del BenEssere”, libro che inaugura un codice linguistico atto a instaurare tra Medici, Infermieri e pazienti, relazioni basate sulla fiducia e l’empatia.

“Le parole sono semi che germogliano in noi e nelle persone a cui li doniamo”, dice Pierluca riassumendo in un pensiero la sua prima opera letteraria.

Il compito dei Medici e degli Infermieri, in qualità di Ambasciatori di BenEssere, è quello di usare le parole per abbreviare il periodo di convalescenza del malato, invitandolo a partecipare attivamente al suo processo di guarigione.

Il paziente viene aggiornato in tempo reale sul suo stato di salute, sulle terapie scelte dal medico curante e sulla reazione alle stesse da parte del suo organismo.

Le parole, selezionate con cura, servono a raccontargli la sfida da affrontare in modo positivo, chiaro e consapevole.

Da “paziente” passivo ad attivo “partecipante”, la persona curata diviene così consapevole del percorso terapeutico intrapreso e corresponsabile del suo processo di guarigione.

“Il Viaggio dell’Eroe”

Ogni Viaggio dell’Eroe che si rispetti inizia con la “Chiamata”.

Chiamata rappresentata dall’improvvisa quanto inattesa “Emergenza Covid-19”.

Pierluca, nel frattempo, si è costruito una realtà imprenditoriale, ma il momento storico è importante e lui non ci pensa due volte a mollare tutto, per tornare a indossare i panni dell’infermiere.

“Io in questo momento ci devo essere, devo poter fare qualcosa per questo”, racconta nel corso dell’intervista.

Decide così di raggiungere il personale medico e infermieristico già impegnato, giorno e notte, al Pronto Soccorso Covid-19 dell’Ospedale di Lodi.

Al termine del periodo più “caldo”, Pierluca condivide con noi la sua esperienza e ciò che di più prezioso gli ha insegnato:

il valore di uno sguardo quando tutto il resto del volto è coperto, per indagare lo stato d’animo del malato e rassicurarlo;

il potere delle parole “alte” di generare terapeutiche emozioni;

l’effetto placebo di gesti consapevoli ed empatici – un sorriso, una carezza, un disegno, un tocco – per accelerare il processo di guarigione o quantomeno aumentare le probabilità di un positivo esito del percorso di cura;

infine, riuscire a fare della solitudine – condizione non cercata né voluta, ma in quel momento necessaria – l’opportunità per conoscere meglio noi stessi e apprezzare il Valore della Vita … “da vivere senza rimpianti e senza rimorsi … pienamente!”

Buon Ascolto!

Ondina Wavelet




Concorso DSGA: diritti negati!!

Abbiamo già parlato del concorso dei DSGA e ne abbiamo già evidenziato le assurdità ed ogni giorno ne escono, specialmente ora con gli accessi agli atti dove i candidati bocciati si vedono mandare come risultato degli accessi agli atti compiti di altri…

AHAHAHAH da non credere…

Ma oggi abbiamo voluto vedere lo svolgimento degli orali (iniziati oggi presso l’I.C.S. Piazza Leonardo da Vinci,  Piazza Leonardo da Vinci, 2 – 20133 Milano, di persona quindi come Betapress ci siamo recati sul luogo per presenziare a qualche colloquio.

i Candidati erano presenti dalle 8,30 più qualche accompagnatore.

Prima delle 9 non si è mosso nulla, poi i collaboratori scolastici hanno iniziato a far entrare i candidati.

Ovviamente abbiamo fatto notare sin da subito che eravamo presenti in qualità di uditori e che avremmo voluto vedere i lavori della commissione, ma i candidati sono stati interrogati senza la presenza di pubblico, mentre gli uditori sono stati fatti entrare con mezz’ora di ritardo, ma, sorpresa delle sorprese quando dovevamo entrare noi, che ovviamente ci eravamo qualificati come giornalisti, la presidente di commissione è venuta a farci presente che potevamo entrare solo uno per volta rispetto ad ogni candidato, e per i protocolli covid presenti sul sito ad ogni candidato era permesso far entrare un solo accompagnatore.

Abbiamo fatto presente alla presidente di commissione che noi non accompagnavamo nessuno,  ma la stessa si è appellata al protocollo covid dicendo che saremmo potuti entrare solo se si liberava uno dei due posti degli accompagnatori dei candidati.

Quando abbiamo tentato di far notare alla presiedente di commissione che non era corretta questa modalità di azione se ne è andata spazientita senza nemmeno ascoltarci dicendo che non aveva tempo da perdere.

Anche noi non avevamo tempo da perdere e sopratutto l’evidenza del grave illecito perpetrato dalla commissione ci sbigottiva.

In ogni caso abbiamo aspettato pazientemente assieme ad altri uditori che avrebbero voluto, secondo il loro diritto di vedere i colloqui dei candidati, che si liberasse un posto.

Dopo circa venti minuti di attesa siamo riusciti ad entrare.

Nell’aula era presente il nostro giornalista ed un altro uditore che non era parente o accompagnatore di nessun candidato, mentre fuori dall’aula c’erano altre tre o quattro persone che avrebbero voluto sentire i colloqui ma che non venivano fatti entrare per questo supposto protocollo.

La presidente di commissione dopo cinque minuti di nostra presenza nell’aula in modo stizzito e molto scortese ci intima di mettere via il cellulare che il nostro giornalista usava per prendere appunti.

Nonostante la nostra segnalazione che non eravamo i candidati che facevano l’esame, la presidente in modo quasi offensivo e comunque al massimo della scortesia ci intima di mettere via il telefono e che lei non ama ripetere le cose.

Eppure tutta la commissione usava il telefono per mandare messaggini e guardare mail…

Dopo altri 5 minuti al nostro giornalista si avvicina la verbalizzante chiedendo il tesserino da giornalista.

Lo consegniamo senza polemica e quando ci viene restituito chiediamo il motivo di questa azione ai limiti della violazione di almeno tre leggi, anche perché eravamo già stati riconosciuti e registrati all’ingresso della scuola, la verbalizzante alza le spalle e ci dice: “ordini del presidente della commissione che vuole verbalizzare”.

Eppure all’altro uditore presente non è stato chiesto il documento e non è stata verbalizzata la sua presenza.

QUINDI IL PROBLEMA ERA CHE NOI ERAVAMO DEI GIORNALISTI????

Alla faccia della libertà e della trasparenza.

Questo lascia pensare che c’è del marcio in Danimarca!!!

In pratica in questa prima sessione di orali l’accesso agli uditori era praticamente precluso e sono state fatte tutte le azioni volte a intimidire ed a intralciare il libero accesso nonché la libera attività giornalistica.

Infatti nel famoso protocollo covid tanto caro alla presidente c’era scritto:

“I candidati, convocati secondo il calendario pubblicato sul sito dell’USR Lombardia, accederanno all’edificio dall’ingresso posto in Piazza Leonardo Da Vinci , 2 A e potranno farsi accompagnare da una persona da loro scelta”

Ma da nessuna parte era previsto l’accesso di eventuali uditori come invece dovrebbe esserci per legge.

L’art. 6, comma 4, del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, secondo il quale “le prove orali devono svolgersi in un’aula aperta al pubblico, di capienza idonea ad assicurare la massima partecipazione”, nonché gli artt. 7 comma 5 e 16 comma 2, del d.P.R. 27 marzo 2001 n. 220 secondo i quali la prova orale deve svolgersi in un’aula o sala aperta al pubblico.

E perché un’aula o sala sia aperta al pubblico, occorre che durante le prove orali sia assicurato il libero ingresso al locale ove esse si tengono, a chiunque voglia assistervi e quindi non soltanto a terzi estranei, ma anche e “soprattutto ai candidati, sia che abbiano già sostenuto il colloquio, sia che non vi siano stati ancora sottoposti “(Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1722).

Or vogliamo pure dire che il covid ha imposto alcune restrizioni?

Va bene, ma il presidente di commissione deve garantire il massimo accesso al pubblico, quindi bastava sceglier un’aula più grande, ad esempio l’aula magna, e permettere l’accesso al pubblico in maniera corretta.

Poi occorre considerare che se noi fossimo restati nell’aula per tutto il tempo delle prove nessun altro sarebbe potuto entrare per vedere i colloqui!!!!

Alla faccia della trasparenza.

Ma d’altronde questo concorso ha più ombre che luci!!!

Altra cosa divertente è che la prova di informatica veniva fatta ad un pc che proiettava sul muro le attività del candidato, peccato che per i primi quattro candidati il proiettore è rimasto spento, quindi, anche qui, alla faccia della trasparenza.

Poi abbiamo sentito le risposte di alcuni candidati, paradossale, qualcuno non sapeva cosa è l’avanzo di amministrazione (in un concorso per direttore dei servizi generali ed amministrativi è abbastanza assurdo), ma prima di fare commenti aspettiamo che la commissione ci dica se sono stati promossi o bocciati.

Infine ad una domanda: “ma se avanzano dei soldi della gite scolastiche, ovvero quelli anticipati dai genitori, la scuola come deve considerare quell’avanzo?” premesso che il candidato non ha saputo rispondere, ma i commissari hanno detto che la scuola poteva riutilizzarli l’anno successivo!!!!

A noi risultava che la scuola era obbligata a ridarli ai genitori, ma come io pago per una gita la scuola non la realizza e si tiene i soldi per la gita dell’anno successivo che poi magari mio figlio manco c’è più???

 

Tutto questo concorso appare improvvisato e poco chiaro.

Per 400 posti sono stati ammessi solo 200 candidati all’orale, già solo questo lascia pensare.

Noi ce ne siamo usciti abbastanza straniti, poi, una volta fuori abbiamo pensato a quanta gente era stata bocciata agli scritti che probabilmente era molto più preparata di quella sentita oggi.

E è rimasto il dubbio sulla paura della presidente di commissione di avere in aula un giornalista…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONCORSO DSGA, COME SEMPRE UNA VERGOGNA ASSURDA!!!!

 

 

 

 

 




L’arte del sogno

I sogni influenzano la nostra vita e numerose sono le teorie sui sogni. La psicologia del profondo, in modo particolare, si è interessata al mondo onirico.

È a tutti noto lo scalpore suscitato nel 1899 dal testo di Freud “L’interpretazione dei sogni” che ha segnato un’epoca e attraverso il metodo delle “associazioni libere” ha permesso a molte persone che vivevano situazioni di disagio di dare una lettura alla loro  modalità di affrontare la realtà.

Altri psicodinamici come Adler vedono nel sogno una sorta di arte interpretativa consistente nel filtrare dalle rappresentazioni oniriche cifrate le costanti relative alla personalità e ai sentimenti.

Jung, attraverso il  concetto di “inconscio collettivo”, propone invece il recupero degli archetipi che si  esprimono anche attraverso il sogno.

L’attività simbolica della mente umana non si  acquieta durante il sonno.

Già Schopenhauer riteneva il sogno un prodotto artistico e lo paragonava ad una rappresentazione teatrale, quindi possiamo parlare di “arte del sognare”.

Non ha importanza se chi sogna al risveglio dimentica o riesce a ricordare solo alcuni frammenti.

È però fondamentale che rimanga impressa la sensazione che animava il sogno per far si che si sviluppi la creatività.

Poiché la fantasia si può legare in maniera audace agli elementi della realtà, all’interno  dei  sogni si trovano  frequentemente somiglianze, allegorie e simboli.

Si sogna a colori o in bianco e nero, si  ricordano i profumi ed è dimostrato che soggetti particolarmente creativi selezionano, come in un film, non solo personaggi realistici ma anche personaggi dalle sembianze di cartoni animati.

Esiste un collegamento tra produzione artistica e sogno e questo è dimostrato dalla testimonianza delle opere di grandi artisti che, prendendo spunto dai loro sogni, hanno realizzato capolavori.

Partendo dal presupposto che i sogni favoriscono la creatività, ripensiamo al grande artista Salvador Dalí, influenzato da Freud ma da lui non totalmente corrisposto, che evidenzia l’importanza di ricordare i sogni per poter creare un’opera d’arte eccellente e ne parla nel testo “50 Secrets of Magic Craftsmanship”.

Dalí suggeriva di  fare anche brevissimi sonni tenendo in mano un oggetto pesante che, nel momento  dell’appisolamento, cadeva risvegliando il soggetto e stimolando in lui il riemergere delle visioni create nel sonno.

Le immagini del sogno potevano così essere tradotte in produzioni artistiche.

Interessanti risultano anche le esperienze collegate al sogno in René Magritte, il pittore belga surrealista che propone una tecnica definita “illusionismo onirico”.

Magritte, sviluppando gli spunti suggeriti da De Chirico, coltivò nelle sue opere il gusto per le associazioni inconsuete accostando in maniera inedita e solo apparentemente illogica oggetti, colori e forme. 

A questo proposito si parla di “oggetti spaesati” cioè dell’utilizzo di elementi, anche banali,  inseriti però in contesti non convenzionali, così da suggerire allo spettatore un nuovo significato nell’interpretarli.

È come se Magritte volesse aprire con le sue opere una nuova strada per penetrare nei misteri dell’inconscio dell’esistenza umana.

Il celebre quadro di Magritte “Le grazie naturali” è un esempio di processo di  “associazionismo libero” simile a quello che avviene nel sogno.

Nell’opera è rappresentata l’ibridazione tra foglie ed uccelli, cioè sono presenti  quattro foglie a forma di uccello che emergono da un cespuglio in primo piano posto davanti ad uno sfondo costituito da una catena montuosa e da un cielo azzurro con nuvole rosa.

L’aspetto geniale che ci ricollega alla dinamica del sogno risiede nella fusione di due elementi normalmente separati e ciò richiama la “condensazione” descritta da Freud nel processo onirico dove una stessa immagine può  rappresentare diverse catene associative ed un personaggio può essere costituito  dai lineamenti e dai caratteri di più personaggi ed un oggetto da più oggetti.

Tale processo creativo si ritrova anche alla base della realizzazione di alcuni prodotti artistici contemporanei che nascono dall’assemblaggio di più oggetti, solitamente riciclati, che danno vita ad un nuovo prodotto. Anche per quanto concerne l’ideazione di invenzioni si configura un processo analogo.

Si può sognare l’opera d’arte, produrla assemblando le immagini del sogno e renderla fruibile allo spettatore che si proietterà in essa e potrà a sua volta sognare.

L’estasi che si può vivere nel contemplare un quadro, in certi casi, crea uno  scollamento dalla realtà talmente intenso da provocare la cosiddetta “sindrome di  Stendhal” e a quel punto il sogno, per il troppo piacere, diventa “incubo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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