Distanziamento A-sociale

Il distanziamento sociale non è cosa nuova, viene dal passato, e fu usato per i casi di lebbra, e viene già descritto nel libro del levitico nel VII secolo avanti cristo.

Quindi nulla di nuovo, semplicemente un metodo che è utile quando non ce ne sono altri, come si direbbe l’ultima spiaggia.

Ma c’è un prezzo da pagare, un costo sociale che è ancora da comprendere e che mostrerà la sua luce non a breve.

Ancora oggi, con la parola lebbroso identifichiamo qualcuno da tenere alla larga, pericoloso, da rinchiudere.

Sicuramente ci sarà un impatto economico, la distruzione di un benessere raggiunto negli ultimi anni che certamente non sarà più alla portata di questa società, e questo a mio avviso porterà ad una rivolta sociale che oscurerà il futuro di questa generazione.

Vi è però un altro prezzo che pagheremo, più oscuro e nascosto, meno visibile perché poco percepito, ma comunque gravissimo: la perdita della emotività sociale.

L’uomo è un animale sociale, il suo io è imperniato sul concetto di appartenenza, di accettazione, di gruppo.

Lo scambio sociale permette all’individuo di relazionarsi con se stesso, costruendo pertanto un io equilibrato.

Il prolungarsi del distanziamento come metodo antivirale porterà sicuramente, e già lo ha fatto, ad una riduzione della capacità degli individui di crearsi un mondo interiore stabile.

Infatti senza confronti e senza gestione del vicinale sarà difficilissimo modellare la propria dimensione personale verso una dimensione sociale.

Cosa perderemo?

Sicuramente la capacità di confronto, ma di più la fiducia, questa ci è minata dalle continue dichiarazioni in cui appare che nessuno possa essere considerato sicuro.

Questo approccio molto nichilista ha un’influenza negativa sulla psiche dell’individuo, perché mina in lui, già alla base, le certezze e le sicurezze relazionali individuali.

Il danno di queste scelte sarà visibile nei prossimi anni, e anche nelle prossime generazioni che soffriranno di covidmania, ovvero una paura diffusa della relazione, un profondo, inconscio, motore di insicurezza.

Problema di struttura della emotività sociale del paese, gravissimo perché impercettibile, ma devastante come il virus da cui ci si è voluti difendere.

Invece che pensare ai banchi a rotelle sarebbe utile prevedere dei programmi specifici per recuperare i danni del distanziamento, e certo smettere con la teoria del terrore che a ben poco serve, se non ad instillare paure più nel livello inconscio che in quello conscio.

Evidente il comportamento di tutti in questo periodo, una ricerca delle vecchie modalità di vita, allentato il momento si cerca di riprendere quello che inconsciamente si sa di aver perso.

Inutile continuare a terrorizzare perché ormai non si agisce più sulla leva cosciente della massa ma su quella inconscia, quindi la più pericolosa.

Siamo ormai entrati in un momento in cui l’uso del distanziamento diviene sempre più strumento A-sociale, i messaggi sono ormai subliminali, non toccano più la parte cosciente dell’individuo, che ormai anela alla normalità precedente, che mai ci sarà più, ma quella parte che genera e stimola le paure e le insicurezze.

Credo sia il caso di fermarsi, anche se ormai potrebbe essere troppo tardi…

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 

 




Il gioco d’azzardo tra passato e presente

Affrontare il tema del gioco d’azzardo patologico, oggi conosciuto come GAP, significa riflettere su qualcosa di presente nel tempo e nocivo alla vita individuale, famigliare, scolastica e lavorativa.

Sembra che il gioco d’azzardo sia nato in Cina per poi diffondersi nel resto del mondo.

È interessante notare come nei dipinti di famosi artisti siano ritratti soggetti di fascia sociale povera intenti al gioco.

L’arte ha voluto essere testimone di un fenomeno che abbraccia tutti i tempi e tutti i popoli.

Per esempio citiamo verso la fine del 1500 il dipinto “I bari” di  Caravaggio dove alcuni soggetti vengono sbirciati mentre sono intenti al gioco delle carte.  

Intorno al 1600 Georges de La Tour propone invece l’opera “Il baro” dove vengono mostrate alcune figure femminili, anch’esse intente al gioco delle carte, con un uomo che sfila dalla cintura due assi. 

A sua volta Paul Cézanne realizza, attraverso la scomposizione della realtà in forme geometriche, l’opera “I giocatori di carte” rappresentando uno spaccato del popolo francese dedito al vizio del gioco e dell’alcool.

Risale al 1887 l’opera di William Holbrook Beard intitolata “The poker game” che ritrae al tavolo da gioco degli scimpanzé impegnati in una partita a carte.

Nel 1948 l’americano Norman Rockwell crea “Bridge game” ma in questo caso viene rappresenta una scena di relax dove il gioco del bridge diviene un piacevole momento di condivisione teso a rispecchiare lo stile di vita americano del dopoguerra.

Di grande impatto sono le tele raffiguranti cani che giocano a carte dell’artista Cassius Coolidge, il quale aveva realizzato, con la società pubblicitaria Brown & Bigelow, un accordo per produrre 16 dipinti raffiguranti cani in atteggiamenti umani e ben nove di queste tele raffigurano tali animali intenti a partecipare ad una partita di poker.

Come si può notare il gioco rappresenta, sia nelle sue sfaccettature positive che negative, motivo di interesse per le espressioni artistiche del contesto socioculturale di tutti i tempi.

L’arte che mostra il gioco diviene ai giorni nostri spunto di riflessione per affrontare un tema che suscita allarme e cioè quello del gambling.

È risaputo che la tecnologia ha reso maggiormente accessibile il gioco d’azzardo e ciò può dipendere dal fatto che i costi per iniziare a giocare online sono molto ridotti se paragonati a quelli del casinò ed è garantito l’anonimato del giocatore.

Il gioco d’azzardo sembra essere passato da fenomeno sociale a fenomeno asociale.

La persona è meno consapevole di quanti soldi perde e, perlomeno inizialmente, sono  minori i sensi di colpa.

Uno dei giochi d’azzardo online che ha avuto recentemente un forte incremento è il poker.

Questo grazie al fatto che le persone possono imparare gratuitamente a giocare, si possono puntare cifre irrisorie e si può partecipare ad una partita in ogni  momento e in ogni luogo tramite internet.

Una forte attrazione verso il gioco rischioso sta coinvolgendo varie fasce d’età dalla giovinezza alla senescenza.

Il GAP è stato riconosciuto come patologia dalla comunità scientifica ed è considerato una dipendenza non oggettuale e cioè una dipendenza in assenza di  sostanza.

Ci troviamo di fronte ad un agito persistente nel tempo che va a ledere il vissuto personale e sociale.

Essere posseduti totalmente dal gioco porta a mutare radicalmente il proprio stile di  vita.

Il soggetto intrappolato sente la necessità di investire denaro pensando di recuperarlo e di aumentarlo, tende a cambiare umore e diventa irascibile, utilizza stratagemmi per nascondere alla famiglia il suo stato, le sue relazioni ed il suo lavoro divengono a rischio.

L’illusione di poter vincere diventa un input molto forte poiché fa emergere un desiderio di  potenza. Il gioco assume il ruolo di un surrogato che colma le lacune di un sistema di vita in crisi.

Riconoscere il proprio disagio e chiedere aiuto non è facile nel caso del GAP in quanto l’accettazione del gioco, quale fenomeno socialmente condiviso, mira a nasconderne la pericolosità.

“Il giocatore” di Dostoevskij del 1866 può essere preso come emblema del dramma dell’uomo che finisce nella spirale del gioco d’azzardo. L’autore analizza con sapienza quest’ultimo in tutte le sue forme ed evidenzia i diversi tipi di giocatori, da quelli ricchi a quelli poveri, che si giocano tutti gli averi.

Simbolica è la frase tratta dal testo dello scrittore sopracitato: “I giocatori sanno bene che si può resistere addirittura per ventiquattr’ore di seguito con le carte in mano senza neanche gettare un’occhiata a destra o a sinistra”.

Il potere ipnotico del gioco patologico può dunque catalizzare a tal punto la persona che è caduta nella trappola da allontanarla dalla realtà come viene espresso in alcuni dei quadri di cui abbiamo precedentemente parlato.

Si salva forse la scena di Norman Rockwell dove il gioco del bridge diviene momento conviviale e di socializzazione.

Il gioco ha in sé le caratteristiche dell’ambivalenza: seguire il lato positivo può  aiutare la persona a socializzare ed è infatti risaputo come il bridge sia fonte di  benessere per l’anziano che, inoltre, attraverso la sua pratica può rafforzare le capacità mnemoniche; seguire il lato negativo, come ad esempio il gioco online condotto in solitudine, può diventare distruttivo in quanto quasi sicuramente condurrà la persona ad una dipendenza con conseguente isolamento, perdita di denaro e danni a se stesso oltre che alla famiglia di appartenenza.

  

 

 

 

 

 

 

 

Lo scollamento

“Il Potere Creativo Del Logos”

 




“Storia di una doppiatrice che decide di doppiare … Se stessa!”

Tutto avviene per un motivo.

Un sabato pomeriggio rovente: il termometro sul cruscotto segna 41 gradi.
Esausta, scelgo un parcheggio ombreggiato, reclino il sedile e chiudo gli occhi.
Da qualche anno, infatti, non sopporto il caldo come un tempo.
Devo recuperare le energie che mi ha tolto, sbrigando commissioni in giro per la mia amata Milano.

… anche gli incontri “casuali”.

È un attimo: accade “qualcosa” e riemergo dal mio torpore.
Apro gli occhi e riconosco, proprio di fronte alla mia auto, una figura a me familiare: una bella ragazza a passeggio con il suo cagnolino, intenta a conversare con qualcuno al cellulare.
È un’ex “collega” di lavoro, doppiatrice.
Proprio mentre il mio sguardo la raggiunge lei si gira verso di me, spalanca gli occhi con un misto di incredulità e sorpresa e con un sorriso di luce e di cielo, ricambia il mio saluto.
Conclude con grazia la sua conversazione.
Esco dall’auto. Un passo, e siamo una di fronte all’altra.
Tratteniamo un naturale, umano impulso di abbracciarci e, in un breve e intenso dialogo fatto di parole, sguardi e gesti, a due metri di distanza ci raccontiamo gli ultimi quattro anni di Vita.

La stessa identica frase, parola per parola …

Improvvisamente le sfugge una frase. La stessa frase che solo tre giorni prima avevo pronunciato in occasione della mia partecipazione come ospite al “Webinar Lunch” di Walter Klinkon: ha a che vedere con l’accorgersi di aver dato la voce a personaggi e messaggi altrui e di sentire l’urgenza, a un certo punto, di riprendersi la voce per donare al mondo il proprio Messaggio.

Il Risveglio a Nuova Vita.

Ah, la Bellezza del Risveglio al proprio Scopo, in qualsiasi campo si sia attualmente impegnati, è ineguagliabile.
Così, ostetrica spirituale, assisto a una Nuova Nascita.
Perché è di questo che si tratta, al di fuori di ogni scatola in cui si sia voluto rinchiudere, riducendone la portata, il Senso della Vita.
E il Senso della Vita è Rinascere a se stessi, riconoscere e rispondere alla propria individuale Chiamata con un “Eccomi, sono qui!”.

 

Tre giorni prima, al “Webinar Lunch” di Walter Klinkon.

 

Quando Walter mi ha chiesto: “Cosa fai mercoledì prossimo? Vieni al mio ‘Webinar Lunch’?” ho accettato subito. Prima di tutto perché amo teneramente questo ragazzo dai capelli arruffati.

Ci siamo conosciuti grazie a Facebook e, nel tempo, seguiti nelle rispettive iniziative, progetti ed eventi organizzati, non perdendoci mai di vista.

Un giorno di due anni fa, agli albori del mio Talk Show Viaggiante, l’ho raggiunto a Milano per chiedergli come abbia scoperto il suo vero Sé – argomento che ci interessa tutti, se vogliamo dare un senso alla nostra presenza su questo azzurro pianeta – e la sua Mission.

Le sue parole magiche: “Credici”, “Abracagrazie” e “Grazietudine”, hanno fatto il giro del web. Lo contraddistinguono come il mago delle parole, quel mago pazzerello che, strappandoti un sorriso, ti lascia di sé l’indelebile ricordo di una filosofia di vita semplice e proprio per questo alla portata di tutti: “Risvegliati, abbi fede, sii grato sempre e per ogni cosa, coltiva i tuoi talenti e condividine i frutti col mondo.”

Ecco riassunta, in poche parole, la Mission di questo luminoso Eroe dei nostri tempi.

Dettaglio non trascurabile: l’intervistata, questa volta, sono io.

Durante la nostra chiacchierata decido di aprire il mio cuore e raccontare la mia storia: la storia di una doppiatrice che, soddisfatta della sua esperienza come “donatrice di voce” per altri personaggi e messaggi altrui, decide di riprendersi la voce e doppiare … se stessa!

Un video utile per chi abbia un sogno da realizzare e non sappia da dove cominciare. Per vederlo, clicca sulla parola “video”! 😉

Dedicato a Stefania, l’Essere Umano meraviglioso incontrato “per caso” a Milano: ex collega che, in sala di doppiaggio, un giorno si è detta: “Sono più di questo. Posso fare di più”. Naturalmente continuerà a prestare la sua voce ad altri personaggi, con le loro battute scritte da altri Autori, dedicandosi nel contempo alla realizzazione del suo personale Sogno di diventare Scrittrice.

Sono certa che ce la farà. Anzi. Ce l’ha già fatta. Ha risposto alla sua Chiamata.

Be Water, Be Light!

Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti)




La semantica della pandemia

A PROPOSITO DI SARS2-COVID:                                                   L’IMPORTANZA DELLE PAROLE. 

Gli avvenimenti susseguitisi in Italia e nel Mondo negli ultimi 10 mesi ca. hanno radicalmente cambiato gli scenari globali: sociali, politici, economici e strategici.

Negli ultimi mesi, però, specialmente in Italia, abbiamo assistito a un balletto di dichiarazioni, dati, decretazioni d’urgenza e quant’altro, all’insegna di una ‘emergenza’ dichiarata e di una ‘pandemia’ non dichiarata esplicitamente da una OMS ondivaga che sostiene tutto e il contrario di tutto.

Una mole di dati così consistente da far sentire smarriti i più, travolti da tesi e antitesi, ma ormai principalmente da dubbi, per giungere a conclusioni in cui le risposte – balbettanti o omissive da parte degli enti preposti, estremamente vaghe e fumose da parte dell’informazione generalizzata e annacquata – vengono ricercate dai Cittadini in un fai-da-te fatto di passaparola, verifiche sul web, scambio di articoli e interventi riportati sempre in rete: quella rete che, peraltro, ha subito forti limitazioni e censure in nome di scelte ‘politicamente corrette’ che si sono trasformate in scelte scorrette nei confronti della libertà di informazione e di quella di espressione.                                

I Cittadini, frastornati, si sono trovati a contatto con terminologie – non di rado anglofone ma spesso di natura clinica e sanitaria – e fraseggi utilizzati pubblicamente con finalità complessive di estremo allarme sociale, monito o indirizzo sanitario.          

Certamente, la cosa che è sotto gli occhi è che pare esserci una strana concertazione: il tizio indossa una mascherina a Berlino, Caio e Sempronio copiano il gesto il giorno successivo a Roma o Madrid; una tesi o una controtesi definita a Parigi trova eco o smentite ad Amsterdam o New York…

Lo stesso dicasi per allarmi o improvvise recrudescenze, e persino per l’utilizzo di precisi termini: ad esempio ‘contagio’ o ‘focolaio’.  

Al riguardo, vocabolario alla mano, vediamone più da vicino i significati reali:   

 EMERGENZA: (coniugabile con ‘emergente’, che emerge, che succede, che si palesa, che deriva o scaturisce) che nasce inaspettatamente, rif. a caso o accidente impreveduto. Ovviamente l’emergenza ha carattere temporaneo, diversamente si tradurrebbe in secca limitazione o violazione della sfera inalienabile di diritti e libertà.               

PREVEDERE: anti vedere, prevenire, prevenire fatti o circostanze.

PREVENIRE: premunirsi attivamente contro danni, disgrazie o altro.

PREMUNIRE/PREMUNIRSI: provvedersi prima adottando idonee tutele.

MALATTIA: qualunque alterazione dello stato di salute, suscettibile di cure.  

MALATO: chi o che ha una malattia; chi sia o si sente male.

INFEZIONE: condizione patologica e quindi malattia prodotta da sostanze microbiche, virali, batteriche o fungine, esterne.   

INFETTO: che, affetto da infezione e quindi malato, spande esalazioni perniciose ovvero che trasmette in modo attivo contagio, così comunicando una malattia.  

INFETTATO: che patisce un’infezione così ammalandosi.                        

CONTAGIO: trasmissione di una malattia per mezzo del contatto: materia impercettibile (es.: alito, saliva) che serve a comunicare patologicamente la malattia.

FOCOLAIO: centro attivo di infezione.                                                      

CASO: malattia particolarmente contagiosa ovvero difficile da curare.                                  

Nella fattispecie qui trattata, quella dell’epidemia da virus in Italia, saltano subito agli occhi almeno quattro situazioni anomale, ossia quelle legate ai termini EMERGENZA, PREVENIRE, CONTAGIO, FOCOLAIO e CASO.   

Ma ciò non prima di aver evidenziato e sottolineato che nel corpo umano – intestino, pelle, vie respiratorie e urinarie, vivono stabilmente e senza creare danni ca. 50 mila miliardi di batteri, virus, funghi e lieviti: solo i virus sono alcune miglia di miliardi.        

Vediamone sinteticamente, ponendoci degli interrogativi, auspicando che qualcuno possa assisterci con delle rispose plausibili, logiche, scientificamente assistite dalla letteratura medica.                                 

È possibile sostenere di aver dovuto sostenere una situazione di emergenza, quando il doversi riferire a una condizione di emergenza era stato già stabilito per tabulas un mese prima dei primissimi casi in Italia, almeno tre mesi dopo i primi casi in Cina, e cinque dopo le strane ‘influenze’ patite anche da atleti in trasferta in Cina?     

In stretta relazione a quanto sopra, perché a livello governativo è stato sostenuto che non esistevano preoccupazioni e che tutto era stato predisposto per prevenire e affrontare ogni situazione, mentre invece nulla era stato fatto a livello di prevenzione, tant’è che le innumerevoli (quanto incerte) vittime, specie tra il personale sanitario, infermieristico e ausiliario (letteralmente, mandato allo sbaraglio) hanno ricevuto terapie inadeguate se non mortali?                                     

Diffondendo e sostenendo l’esistenza di focolai si vuol dire che esistono sacche attive con malati sintomatici, ricoverati, assistiti e curati?               

Dando notizia che ci troviamo di fronte a ‘ondate’ riferite ad alta diffusione di contagi, fors’anche in stretta relazione ai citati ‘focolai’, significa che ci troviamo di fronte a nuovi soggetti cui è stato trasmessa (contagio) la malattia, il virus, e quindi anch’essi ricoverati, curati, assistiti?

Ma le parole hanno anche significati più pregnanti se riferite allo specifico ambito medico.                                                            

È questo il caso di… caso: un altro termine adoperato con una leggerezza ed una superficialità sconcertante: chi lo adopera vuol trasmettere ai cittadini – così contribuendo a mantenere ovvero determinare uno stato di allarme, timore e paura – il concetto che si sono scoperti (ovvero si sono manifestati: ovviamente, con sintomatologia specifica) nuovi soggetti affetti dal virus, inteso quale malattia conclamata e quindi attiva particolarmente contagiosa ovvero difficile da curare.

Ma è davvero così? Decisamente no!

Perché diversamente, i malati sarebbero ammucchiati gli uni sugli altri, a strati: negli ospedali, sui prati, negli stadi… e non basterebbero tutti i medici e gli infermieri del Mondo neanche per dar loro un’aspirina!

Ma allora, di chi e cosa stiamo parlando?

A prescindere da rari casi reali (malati con sintomi palesi, certi e inequivocabili), si fa riferimento ai soggetti ‘positivi’ al tampone (screening adoperato massicciamente, al pari dell’esame sierologico, ma dalle diverse finalità cliniche, data l’originario scopo per entrambi di raccolta dati a fini epidemiologici), ma non certo malati (chiamateli, se volete, ‘portatori sani’ o soggetti che si sono ‘incontrati’ con il virus, producendo idonea immunità: quindi, si tratta di soggetti non contagiosi).                                          

Ecco allora anche l’usato e abusatissimo (per l’improprietà dell’utilizzo) termine contagio, merita chiarezza dovendosi distinguere tra persona contagiata e persona che ha incontrato il virus.                                                                       

Il contagiato è persona che presenta i sintomi della malattia: è quindi malato, e oggetto di adeguate terapie in ambiente ospedaliero. gli altri sono sani come pure ‘protetti’.

Mi spiego ancor meglio: ogni giorno, ciascun essere umano entra in contatto con decine di virus diversi quasi sempre innocui o nei confronti dei quali si siano sviluppate autonomamente difese immunologiche, degli anticorpi; quindi, non per questo siamo contagiati

E le stime ci suggeriscono che oltre 1/3 della popolazione italiana ha ‘incontrato il virus’: ossia almeno 20.000.000 di Italiani ha ‘incontrato il virus’ sviluppando degli anticorpi.

Per questo, secondo il ‘ragionamento’ dei soloni delle costosissime task-forces e quant’altro, devono subire quarantene o altre misure restrittive, anche a carattere prudenziale?

Non credo abbia molto senso, specie sotto il profilo della correttezza clinica.                                

A meno che – e pongo un quesito retorico, in questa sede – vi sia uno strettissimo nesso tra mantenimento dello stato di paura e di obblighi coercitivi, e interessi inconfessabili (ma sempre più evidenti) delle aziende farmaceutiche verso la fissazione ad ogni costo di nuovi obblighi vaccinali.                                              

E sentir correre frasi come il virus continua a circolare’ il virus non è ancora stato sconfitto, eliminato, debellato rappresenta un’offesa all’intelligenza delle persone, alla Scienza medica, agli stessi morti per (causa solo apparente) un virus che è già mutato più di 300 volte: a meno che non sia stato già scoperto un rimedio contro il banalissimo, semplicissimo, virus del raffreddore!              

Quindi, i Cittadini si trovano davanti all’utilizzo di una terminologia menzognera, atta a generare paura e disinformazione, posta in essere da soggetti incompetenti o da una rete di soggetti tra loro connessi da interessi e complicità.                                                                                    

L’establishment ufficiale e quello filogovernativo – che non si danno pensiero di ascoltare e/o verificare con rigore scientifico le argomentazioni di segno opposto alle loro e nettamente in contrasto alle loro azioni, così omettendo di operare in base al principio di prudenza e cautela – etichettano tutto ciò che li critica con il termine fake-news (notizie spazzatura) giungendo persino a definire negazionisti quegli studiosi e quegli scienziati che osano confutare parole e azioni ritenute persino dannose per le persone.

Assurdità lessicale, anche in questo caso, attraverso l’utilizzo di un termine dalle caratteristiche ben definite, con il fine di creare un vero e proprio sfregio verso chi ha semplicemente dato luogo al proprio diritto di espressione e di critica sostenendolo con concreti dati scientifici, sociali e sanitari.

Ma tant’è, poiché simile comportamento – peraltro, tipico di ideologie e di regimi assolutistici e dittatoriali che, a corto di motivazioni, amano criminalizzare chi a loro si opponga o chi semplicemente critiche il loro agire – è quello che gli Italiani devono oggi affrontare.

 

Giuseppe Bellantonio

   per BetaPress

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

 




“Il Potere Creativo Del Logos”

Galeotto fu Socrate

Protagonista di questa Pagina di Diario è Giuseppe Bellantonio.

L’ho “incontrato” in “Socrate”, gruppo su whatsapp che riunisce persone accomunate dall’amore per la scienza, l’antroposofia, la spiritualità, la musica e la bellezza: punto di riferimento per uomini e donne che amano farsi domande e, nel rispetto delle opinioni di ciascuno, approfondire vari argomenti scambiandosi link ad articoli, video e podcast di ispirazione.

Il Passato

Esperto nell’ambito della Formazione e delle Tecniche di Gestione e di Marketing, Giuseppe matura una rilevante esperienza nell’ambito del sistema Banche e Finanza.

Già pubblicista, free-lance journalist, interviene con scritti, saggistica e interviste su numerose testate e fogli d’informazione digitale.

Ama studiare e approfondire ogni tematica riguardante i suoi vasti interessi culturali, che spaziano dalla storia alla filosofia, all’esoterismo.

 

Il Presente

È raro, oggigiorno, imbattersi in persone come Giuseppe.

Proprio com’è raro il suo modo di conversare: rispettoso delle opinioni del suo interlocutore, non si  preoccupa di far valere a tutti i costi le proprie. Le sue pause precedono frasi memorabili. Prende tempo per soppesare le parole prima di pronunciarle, nella consapevolezza che una parola di troppo, inutile o sconveniente, avrà un’eco eterna e l’Universo non sarà mai più lo stesso.

Per questo suo atteggiamento nei riguardi delle parole, Giuseppe esprime autorevolezza. Anche nei momenti di silenzio.

 

In Principio era il Verbo

L’ho intervistato sul potere creativo della prima Parola che sia mai stata pronunciata: il “Verbo”, o “Logos”.

Il Suono, Rumore, Tuono, Ruggito, “Fragore di grandi acque” come onda che, nel propagarsi, ha portato all’esistenza materia più o meno densa in molteplici forme, colori, apparenze.

Una cosa è certa: più indago in ambito scientifico, più mi innamoro della vita. Ogni giorno più grata del privilegio di testimoniare il miracolo del Tutto, di cui sono parte.

Scienza e Spiritualità vanno per mano. Si spiegano, completano e arricchiscono a vicenda.
Il resto è cultura, tradizione e rito, che vanno rispettati perché ciascuno di noi è in Viaggio al suo passo. Tanto il punto d’arrivo, qualunque nome gli diamo o comunque lo descriviamo, è lo stesso.

In questa piacevolissima chiacchierata, Giuseppe e io parliamo in modo scientifico-spirituale, oltre che della Creazione, del senso della Vita, dell’importanza dei Valori guida, di come ciascuno di noi possa dare il suo contributo a un risveglio collettivo delle coscienze, di Libertà.

Buon Ascolto!

Ondina Wavelet (JL)

 

 

 

 

 

 




Qualunquemente …

Siamo tornati a passeggiare sulle spiagge, a farci un aperitivo in piazza, ad uscire senza mascherina…

Sembra passata un’epoca, da quando il covid ci ha messo in ginocchio.

Eppure, non è passato molto tempo da quando è iniziato l’incubo.

Forse l’emergenza sanitaria ha fatto il suo corso, almeno in Italia, sembra…

Ma quella economica è in pieno sviluppo, dentro e fuori i confini nazionali.

Da febbraio, le economie mondiali hanno cominciato a fermare la produzione a causa della pandemia.

All’inizio della crisi, la maggior parte delle persone aveva previsto una ripresa veloce, immaginando che l’economia avesse solo bisogno di una pausa.

Con due mesi di cure, un bel po’ di denaro ed un balletto di decreti legislativi e di strategie economiche, si pensava, avrebbe ripreso da dove si era fermata.

Ma ormai siamo a luglio e la ripresa veloce è un’illusione (nonché una bugia sparata ad arte N.d.D).

L’economia del dopo pandemia sarà probabilmente debole, non solo nei paesi che non sono riusciti a gestire il contagio (come gli Stati Uniti), ma anche in quelli che si sono difesi bene.

Il Fondo monetario internazionale prevede che, entro la fine del 2021 l’economia globale sarà appena più ricca di quanto era alla fine del 2019, e che le economie di Stati Uniti ed Europa saranno del 4 per cento più povere.

Le attuali prospettive economiche possono essere esaminate su due livelli.

Il primo si manifesta nei comportamenti macroeconomici.

Infatti, la macroeconomia ci dice che i consumi diminuiranno, perché famiglie e aziende hanno meno soldi a causa dei fallimenti e del comportamento prudente indotto dall’incertezza sul futuro.

Il secondo è evidente nelle scelte dei singoli.

Infatti, la microeconomia ci dice che il virus agisce come una tassa sulle attività che prevedono un contatto umano ravvicinato e continuerà a cambiare gli andamenti dei consumi e della produzione, che a loro volta porteranno a una trasformazione sociale.

La storia cosa ci insegna?

La teoria economica e la storia c’insegnano che i mercati, da soli, fanno fatica a gestire un simile cambiamento, considerando soprattutto quanto è stato improvviso.

Non è facile trasformare dei dipendenti di compagnie aeree in tecnici di Zoom, o gli insegnanti vecchio stampo in maghetti della DAD…

E anche se potessimo, i settori oggi in espansione richiedono meno manodopera e più competenze rispetto a quelli che stanno sparendo.

Sappiamo anche che le trasformazioni strutturali creano un tradizionale problema keynesiano, quello che gli economisti chiamano effetto di reddito e sostituzione.

Anche se i settori che non prevedono il contatto umano si stanno espandendo, l’aumento dei consumi che generano sarà controbilanciato dalla diminuzione della spesa causata dal calo del reddito di chi lavora nei settori in crisi.

Inoltre ci sarà un terzo effetto: l’aumento delle disuguaglianze.

Visto che le macchine non possono essere infettate dal virus, diventeranno una soluzione più attraente per i datori di lavoro.

E poiché le persone a basso reddito devono spendere una parte più consistente dei loro guadagni per i beni essenziali, ogni aumento delle disuguaglianze prodotto dall’automazione determinerà una contrazione.
Ci sono altri due motivi per essere pessimisti.

Il primo motivo è dato dai limiti della politica monetaria in sé.

Infatti, la politica monetaria può aiutare alcune aziende a fronteggiare la scarsa liquidità, come è avvenuto nella recessione del 2008, ma non può risolvere i problemi di solvibilità, né stimolare l’economia quando i tassi d’interesse sono già vicini allo zero.

Inoltre, negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi, le obiezioni dei “conservatori” all’aumento del disavanzo e del debito ostacoleranno le azioni di stimolo.

Le stesse persone erano felici di tagliare le tasse a miliardari e grandi aziende nel 2017, di salvare Wall street nel 2008, e di dare una mano alle multinazionali quest’anno.

Ma i sussidi di disoccupazione e la copertura sanitaria sono un’altra storia.

In pratica, è tutto questione di priorità.

Le priorità a breve termine sono state chiare fin dall’inizio.

La più evidente è che bisogna affrontare l’emergenza sanitaria, perché non può esserci ripresa economica finché il virus non sarà contenuto.

Dunque chi salvare?

Bisogna proteggere le persone più bisognose, fornire liquidità per evitare fallimenti evitabili, e mantenere i legami tra i lavoratori e le aziende.

Ma ci sono anche scelte dolorose da fare.

E dunque cosa eliminare?

Non dovremmo salvare le aziende che erano già in declino prima della crisi.

Questo creerebbe degli “zombi”, con il risultato di limitare la crescita.

Né dovremmo salvare aziende che erano già troppo indebitate.

Il covid-19 rimarrà tra noi a lungo, quindi abbiamo tempo per fare in modo che i consumi e gli investimenti riflettano le nostre priorità.

Quando è arrivata la pandemia, la società statunitense era segnata da disuguaglianze razziali ed economiche, dal deterioramento degli standard sanitari, e dalla dipendenza dai combustibili fossili.

Ora che la spesa pubblica è stata enormemente aumentata, i cittadini hanno il diritto di esigere che le aziende che ricevono aiuti contribuiscano alla giustizia sociale, alla salute pubblica e a un’economia più verde.

Una spesa pubblica mirata, che investa nella transizione verde, può essere utile, può coinvolgere una consistente forza lavoro (contribuendo così a combattere la disoccupazione) e può rivelarsi uno stimolo per l’economia.

Non ci sono ragioni economiche che impediscono agli Stati Uniti di adottare programmi di ripresa in grado di farli somigliare alla società che dichiarano di essere.

Viceversa, la nostra povera Italia, a un’unica estrema ragione, economica, politica e sociale.

Quella di sopravvivere.

Forse noi Italiani, in primis, dobbiamo rivendicare aiuti finalizzati alla giustizia sociale, alla tutela della salute dei cittadini, all’incremento di un’economia ecologica.

Altrimenti, altro che sogno americano, a noi, resta solo l’incubo italiano!

 

Fonti:

Joseph Stiglitz

https://www.internazionale.it/sommario/1366

BLOG di FRANCESCO MACRI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: andrà tutto bene?

 




Migliorare l’apprendimento attraverso la mnemotecnica

Le difficoltà di apprendimento, con particolare riferimento al processo di  memorizzazione, rappresentano una tra le principali cause di disagio e molte persone non sanno che questo ostacolo può essere superato attraverso la conoscenza di tecniche specifiche.

È quindi possibile passare da una situazione di difficoltà di apprendimento ad una di successo ma per questo è fondamentale avere un’adeguata conoscenza di sé e delle proprie potenzialità al fine di attuare un cambiamento.

Possiamo dunque parlare di possibilità che ciascun soggetto ha di “imparare ad apprendere” mettendo in gioco sia la motivazione personale sia l’acquisizione di  tecniche di  memorizzazione.

Bandura, ad esempio, ritiene che ogni individuo debba poter organizzare le proprie risorse al fine di superare le situazioni difficili.

In un’ottica di criticità di apprendimento tale concetto può far riferimento alle convinzioni circa le risorse a disposizione che un soggetto sente di possedere per poter apprendere.

Come sostiene Bandura “le persone convinte di essere in possesso delle capacità necessarie per compiere efficacemente determinate attività hanno più probabilità di attivare un impegno maggiore e più prolungato di quanto non ne avrebbero se nutrissero dubbi su di sé e restassero passive qualora insorgessero dei problemi”.

Quanto sopra evidenziato è applicabile anche a coloro che manifestano difficoltà di apprendimento.

Essere positivi e vivere con fiducia tali processi aumenta il senso di autoefficacia; al contrario, vivere l’apprendimento come una difficoltà fa affrontare lo studio con un approccio errato.

La convinzione di autoefficacia diviene significativa, se rielaborata, in quanto regola l’agire umano attraverso processi cognitivi, motivazionali, affettivi e di scelta.

Per quanto concerne la convinzione in oggetto in relazione ai processi cognitivi è necessario introdurre il concetto di “obiettivo”. 

Ognuno di noi agisce per uno scopo/obiettivo e quanto più un individuo si percepisce autoefficace, tanto più si prefiggerà di raggiungere mete più elevate e viceversa.

Se il senso di autoefficacia è basso, il soggetto si autolimiterà non uscendo dal proprio spazio e chiudendosi in se stesso.

Il soggetto con senso di autoefficacia alto si pone nei confronti del compito sviluppando le proprie ambizioni attraverso la pianificazione di un percorso per raggiungerle.

Quando si manifesta una difficoltà di apprendimento prevalgono emozioni quali: paura, rabbia, noia, tristezza e per questo risulta incoraggiante per il soggetto apprendere le tecniche di memoria al fine di superare questi vissuti negativi. 

La mnemotecnica si collega all’apprendimento e più specificatamente al metodo di studio ed ha origini antichissime.

La necessità di ricordare nasce con i cantori epici ma vedremo poi come Cicerone con la tecnica dei loci, già precedentemente presente in trattati di retorica, darà una svolta fondamentale ed innovativa che porterà i nostri contemporanei ad utilizzare il cosiddetto “palazzo della memoria”.

Questa tecnica consiste nell’immaginare uno spazio esistente nel quale fare un percorso predefinito lungo cui vi sono luoghi da associare a concetti, trasformati in immagini secondo la tecnica della P.A.V.

La P.A.V. consiste nel creare un’immagine dal gusto paradossale, che susciti la nostra attenzione e che contenga un’azione per sua natura caratterizzata dal movimento e non statica.

L’immagine creata, inoltre, deve essere vivida e cioè deve coinvolgere uno o più sensi facendo credere a chi la immagina di essere lì a viverla. 

Tale tecnica può, ad esempio, permettere di memorizzare una lista di cose da fare o una pagina letta.

Sulla base della mia esperienza ho potuto constatare che al posto di usare una stanza è possibile utilizzare anche un quadro, creando associazioni tra gli elementi scenografici raffigurati nell’opera d’arte ed i concetti da immagazzinare in memoria.

Ad esempio, se devo ricordare qualcosa come la celebre poesia di Quasimodo Ed è subito sera che recita

“Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera”,

la modalità di procedere sarà la seguente:

  • Scegliere un quadro come, ad esempio, Campo di grano con volo di corvi di Van Gogh.
  • Individuare gli elementi scenografici presenti e cioè, in questo caso, il campo di grano giallo, i tre sentieri senza persone, lo stormo di corvi neri ed il cielo tempestoso.
  • Creare associazioni tra gli elementi scenografici e le parti della poesia: i tre sentieri senza persone – ognuno sta solo; il campo di grano – sul cuor della terra; il giallo del campo di  grano – trafitto da un raggio di sole; lo stormo di  corvi  neri e/o il cielo tempestoso – ed è subito sera;  

Utilizzando lo stesso quadro di Van Gogh possiamo ricordare anche una sequenza di parole di un esame di medicina come: tessuto epiteliale, tessuto connettivo, tessuto muscolare, tessuto nervoso.

Lavorando sempre per associazioni si può infatti correlare il tessuto epiteliale al grano che ricopre la terra, il tessuto connettivo ai tre sentieri che “connettono” più luoghi, il tessuto nervoso al nero dei corvi perché nervoso richiama il neologismo “neroso”, il tessuto muscolare all’azione del mietere che rafforza i muscoli.

Per questa azione di memorizzazione, da me denominata “mnemotecnica del quadro”, suggerisco di avere, nella fase iniziale, una stampa dell’opera prescelta davanti a sé al fine di  rafforzare il processo di associazione e di interiorizzazione dei contenuti.

Possiamo concludere che la mnemotecnica e la motivazione, in prospettiva sinergica, permettono di ottimizzare il processo di apprendimento.

Inoltre, riteniamo che le tecniche di memoria rappresentino un utile mezzo di stimolo per lo sviluppo ed il potenziamento della fantasia.

Ci chiediamo tuttavia come mai la mnemotecnica non rientri nei programmi didattici presenti nel contesto scolastico, dal momento che agevolerebbe ed implementerebbe le capacità del soggetto rispetto al suo metodo di studio.




“Il Poncho Dei Papi”

La pulce nell’orecchio …

Un giorno un’amica mi mette una pulce nell’orecchio: “Dovresti intervistare Christian Gaston Illan. Ha inventato un social in cui chi si iscrive si incontra veramente! Organizzano eventi e partecipano: sono menti brillanti, imprenditori di alto profilo, creativi, artisti … Un po’ di tutto. Li riconosci dal braccialetto che indossano …”

La mia amica Ary conosce la mamma di Christian: una signora che, orgogliosa del proprio figlio, ne condivide le iniziative e le idee vincenti. L’ultima è “iLoby”, il primo social che ha lo scopo di creare proficue liaisons tra persone attive nell’ambito del business e dell’imprenditoria.

 

Il primo “vero” social network

Se mi guardo indietro nel tempo, mi accorgo che tutte le volte che ho temporeggiato prima di contattare persone o intraprendere nuovi progetti, ho finito per innescare virtuosi processi e generare, più o meno consapevolmente, importanti conseguenze. Senza praticamente alzare un dito. Lasciandomi andare al Flusso della Vita.

La stessa magia si è ripetuta con Christian. A distanza di qualche mese dal suggerimento della mia amica, gli mando un messaggio su FB al quale risponde con garbo e disponibilità. Fissiamo il nostro appuntamento in una profumeria di nicchia nel cuore fashion – luxury di Milano per parlare di iLoby, il primo social network di persone “vere” che si incontrano per davvero.

La Mission di iLoby è creare liasions tra amici e amici degli amici: sintonizzati sulle stesse frequenze, fondati sugli stessi Valori, con lo sguardo proiettato ben oltre le circostanze contingenti. Tutti accomunati dal desiderio di creare Valore.

Clicca qui per vedere la prima parte dell’intervista.

E qui per vedere la seconda parte. 

 

Lo “Smart Villag[g]e Cloud”

A un mese dal nostro incontro, il mondo si ferma. Ma Christian prosegue la sua corsa e con Maria Giulia, la sua fidanzata, inaugura lo “Smart Villag[g]e Cloud”, la chat su whatsapp che annulla in un click gli altrimenti inevitabili effetti del “lockdown” e del “social distancing”. Mentre ne scrivo, il gruppo conta circa un centinaio di membri riuniti all’insegna dell’Amicizia, dell’Imprenditorialità e del Networking. Tra loro non ci sono solamente imprenditori ma atleti, giornalisti, speaker, attori, doppiatori, scrittori, artisti … addirittura direttori d’orchestra.

La loro frase – simbolo è l’aforisma di Thomas Edison: “Se facessimo veramente tutto ciò che siamo capaci di fare rimarremmo letteralmente sbalorditi.” Il tag del Gruppo più bello del pianeta è #insieme, e richiama il motto di iLoby “Insieme Siamo Più Forti”.

Mai motto fu più profetico: in tre mesi di inevitabile vita domestica, i membri più attivi della chat hanno stretto amicizia, avviato progetti e interessanti iniziative … insieme.

 

“Il Poncho Dei Papi”

… Christian aveva un sogno nel cassetto: raccontare la storia del suo incontro con papa Bergoglio, per consegnargli di persona il poncho acquistato da Marco e Patricia, i suoi genitori, su indiscutibile ordine di nonna Ita. Un poncho di rara fattura e bellezza – blu, con i lembi bianchi – fatto con amore da “Tero Guzman”, l’artigiano che ha reso il poncho, indumento gaucho di antica tradizione indigena del popolo salteno, famoso in tutto il mondo.

Ancora una volta si rivela prezioso l’apporto di Maria Giulia, che aiuta il suo compagno a mettere per iscritto la sua testimonianza di coraggio e perseveranza.

Nasce così “Il Poncho Dei Papi”, libro che racconta la storia di un Eroe dei nostri tempi che, sostenuto dalla fede e dalle parole di nonna Ita – “Il mondo appartiene agli audaci” –  sfida e vince le stesse insicurezze che, in simili circostanze, avrebbero dissuaso dall’azione la maggior parte di noi.

Ed ecco la nostra chiacchierata. Buon ascolto e, soprattutto, ottima Ispirazione!

Ondina Wavelet (Jasmine Laurenti).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




START … SI (RI)PARTE … VROOOOOM

Con nota prot. 1324 del 17 luglio il Ministero dell’Istruzione ha disposto la rilevazione dei fabbisogni degli arredi scolastici per far (ri)partire la scuola in sicurezza, garantendo il distanziamento.

La rilevazione, scadenza 20 luglio poi prorogata al 21, ha permesso ad ogni scuola di indicare le quantità di banchi monoposto con relative sedie e delle ormai famose “sedie innovative”.

Il Pavoncelli, nella rilevazione dei fabbisogni in arredi scolastici, ha indicato solo banchi monoposto, soluzione unica che potrà con tutte le difficoltà del caso assicurare il distanziamento statico.

Meglio il tradizionale banco in legno, perché più utile alle attività di classe, per poggiare quaderni e libri, per utilizzare l’ingombrante album da disegno.

Inoltre la scelta farà risparmiare sensibilmente le casse pubbliche passando da 40 euro per un banco monoposto a circa 300 euro per una sedia innovativa. Da altre scuole ci scrivono: “… abbiamo acquistato questo tipo di sedie con il PON Ambienti digitali. In molte le ruote si sono rotte, non sono comode per i ragazzi e i più indisciplinati le usano tipo autoscontro”.

Per garantire il distanziamento fisico meglio i “vecchi” banchi che saranno posizionati nelle aule nel rispetto di “… 1 metro dalle rime buccali” e segnata sul pavimento la loro corretta posizione, in modo che possa essere facilmente ripristinata dopo le quotidiane operazioni di pulizia e sanificazione.

Con le sedie provviste di ruote sicuramente aumenterà la capienza delle aule scolastiche, ma come si farà a far rispettare il distanziamento? Occorrerebbe un freno a mano e docenti/ausiliari del traffico per vigilare sul rispetto del distanziamento.

Eppure molti sembrano entusiasti dell’iniziativa, come se in una qualsiasi classe di una qualsiasi scuola, al nord come al sud non ci fossero mai entrati.

Si sente dal Ministero che le sedute con rotelle sono “la soluzione che garantisce il maggior distanziamento” e “in futuro permetteranno invece l’avvicinamento per avere un’innovazione didattica che permette agli studenti di lavorare in gruppo”.

La scuola innovativa non si fa con nuove sedie, ma attraverso la personalizzazione dell’insegnamento/apprendimento, possibile solo con MENO alunni per classe e PIÙ personale docente e ata.

 

D.S. Pio Mirra




Disastro DAD: docenti e personale ATA fanno ricorso

Docenti e personale ATA si organizzano con il nostro supporto per un ricorso cumulativo contro il sistema istituzionale. Obiettivo: difendere la loro professionalità, gli studenti e le famiglie.

Betapress sostiene i diritti dei docenti e del personale ATA: ecco il link per accedere alla pagina di adesione al ricorso https://betapress.it/azione-collettiva-a-difesa-dei-docenti-e-del-personale-ata/

Cause scatenanti

Alla fine dell’anomalo anno scolastico 2019/2020 e in piena preparazione per l’anno scolastico 2020/2021, tra bilanci e pianificazioni, una cosa è chiara a tutti gli insegnanti, agli studenti e alle famiglie:

la Didattica a Distanza (altrimenti nota come DAD) è un disastro.

Ripetiamo: un disastro per tutti anche a causa della generale impreparazione a questa novità.

Nonostante i complimenti a favore di telecamera fatti dal ministro Azzolina ai docenti e ai dirigenti scolastici,

nonostante le linee di comunicazione eroiche e l’atmosfera da “è stata dura ma ce l’abbiamo fatta”,

la verità è che, stando a quanto dichiarato da un campione di docenti intervistato, la DAD è stato un disastro su tutti i livelli.

Disastro nella gestione familiare

La DAD, così come è stata organizzata, ha creato uno stress insostenibile alle famiglie che tra smart working, convivenza forzata, nuovi ritmi, bisogno di reperire toner, carta per stampante e periferiche di ogni tipo, si sono trovate a dover coordinare e pianificare l’utilizzo dei computer e dei vari dispositivi tra loro e i figli.

Chi ha più di un figlio e di età diverse, ha passato settimane infernali.

Disastro per la formazione

La DAD ha penalizzato in modo irreparabile la formazione di una intera generazione di studenti che non si riprenderà mai più dal deficit formativo.

Questo perché, stando a quanto detto dai docenti, per colpa della DAD e della promozione erga omnes, gli studenti di tutte le classi non riusciranno in alcun modo a recuperare un intero programma, né in un anno né in più tranche.

La DAD ha causato una voragine formativa insanabile.

Disastro per la classe docente

Quando, con l’applicazione della DAD, migliaia di docenti sono stati chiamati alla Didattica a Distanza, nessuno si è preoccupato se queste persone erano state preparate a questo.

Sì perché, né i docenti formati nei decenni scorsi né quelli formati fino a pochi mesi fa, hanno mai ricevuto una formazione specifica alla DAD.

Lo stesso può esser considerato per il personale ATA.

I docenti sono stati penalizzati su infiniti fronti.

Danno di immagine

La prima cosa che è saltata agli occhi di tutti è stata la poca dimestichezza con le periferiche e i terminali da parte di una grossa fetta della classe docente, non solo gli insegnanti della “vecchia guardia” ma anche di giovani docenti poco informatizzati.

In questo caso, la gestione delle lezioni on line ha richiesto ai docenti un ulteriore sforzo che, al di là della capacità di gestione della classe (o della “stanza” trattandosi di lezione on line) del docente, ha causato un deficit di stima nei loro confronti da parte degli studenti.

Osservazione

Il docente è la guida che i discenti devono seguire, se il sistema mina la credibilità del docente, il sistema è nel torto.

In più, da contratto nazionale, i docenti non sono tenuti a saper utilizzare i computer e nel corso del loro percorso di preparazione specialistica, non è obbligatorio da nessuna parte la capacità di sapere utilizzare strumenti per la DAD.

Danno economico

Con l’impiego della DAD molti docenti hanno dovuto acquistare computer, cambiare o installare connessioni più potenti, smartphone… alcuni, addirittura, hanno acquistato dei corsi per imparare in fretta ad utilizzare i strumenti.

Nessuno ha previsto il rimborso di queste spese che, altrimenti, non sarebbero state sostenute.

Anche in questo caso: lo stesso vale per lo smart working del personale ATA.

 

Lo ricordiamo:

I docenti e il personale ATA da contratto nazionale, non sono tenuti in alcun modo al lavoro da casa né al possesso di strumenti all’avanguardia (sì perché per la gestione della DAD e dello smoart working servono una connessione potente, programmi aggiornati e periferiche e terminali in grado di sostenere i programmi aggiornati).

Danno contrattuale

Il personale scolastico, al momento dell’assegnazione dell’incarico, firma un contratto.

Purtroppo la DAD ha colpito fortemente questo contratto:

Ore di lavoro

Nel contratto sono indicate le ore di lavoro da rispettare, con la DAD gli insegnanti e il personale ATA hanno lavorato ben oltre le ore concordate e queste ore non sono state considerate in nessun caso come straordinario.

Risorse

Il contratto non parla in alcun modo della necessità di dover utilizzare risorse personali da casa per la formazione.

Docenti e personale ATA, infatti sono tenuti ad usare al meglio gli strumenti forniti dalle scuole e non a dover acquistarne di propria tasca.

Violazione del diritto di disconnessione

Nel contratto è indicato il diritto di disconnessione, ovvero il diritto di non essere sempre connessi.

Con la DAD e il relativo smart working, questo diritto è stato completamente violato in quanto docenti e personale ATA sono stati connessi ad oltranza.

Danno sanitario

L’esposizione allo stress, alla corsa per l’aggiornamento, al sovraccarico di lavoro, alla difficoltà della gestione familiare (anche i docenti hanno famiglie) ha portato molti docenti a uno stato di rischio burnout.

Lo scandalo delle piattaforme

C’è ancora un problema trasversale a tutti gli interessati dalla DAD: docenti, genitori e studenti (questi ultimi in forma ancora più grave in quanto minorenni).

Per la DAD il ministero non ha fornito nessuna piattaforma dedicata e quindi adeguata dal punto di vista di privacy.

Con la DAD e l’utilizzo trasversale delle piattaforme (zoom, gotowebinar, google class, teams e chi più ne ha avuto più ne ha messo), sono stati dati in pasto a google, senza alcun controllo e senza alcuna garanzia.

Google ha acquisito indiscriminatamente e senza alcuna garanzia specifica i dati personali e le immagini di docenti, genitori e minorenni molti dei quali non avevano ancora profili registrati on line.

La DAD, così come è stata velocemente organizzata, ha creato un censimento informatico non autorizzato e non controllato che ha colpito ob torto collo anche chi non avrebbe avuto piacere di aderire.

E per concludere, non dimentichiamo la violazione del diritto costituzionale all’uguaglianza.

L’applicazione arraffazzonata della DAD non ha in alcun modo garantito tutti quegli studenti che non avevano accesso ai terminali adeguati.

Se è vero, com’è vero, che il diritto all’istruzione è un valore, il ministero dell’Istruzione con la DAD ha infranto questo diritto costituzionale.

Come ha detto Rosanna Rodriguez, presidente dell’associazione sindacale ACA Scuola:

“la DAD è una cosa seria: gli insegnati e il personale ATA devono essere formati adeguatamente e i processi didattici devono essere ben pianificati perché qualunque processo di apprendimento si basa sulla relazione”

Per questi e per altri motivi docenti e personale ATA si sono riuniti e hanno chiesto aiuto a Betapress che da sempre si occupa della buona istruzione.

Noi ci impegniamo a dare voce a questa gravissima violazione e aggressione dei diritti e sponsorizziamo professionalmente il ricorso cumulativo contro il ministro Azzolina.

“Siamo stanchi –  dice il nostro direttore prof. Corrado Faletti – di vedere il personale della scuola, a cui occorre dire solo grazie, continuamente preso a calci, non un grazie, nessun riconoscimento, solo grandi prese in giro e paroloni vuoti a cui seguono solo amare delusioni”.

È ora che il personale della scuola faccia sentire la sua voce, reclami i suoi diritti, ma sopratutto impari a mettere al governo gente competente.

Ringrazio Rosanna Rodriguez che ha voluto seguire Betapress in questa forma di protesta, Lei, unica fra i sindacati, che invece di parlare ha deciso di entrare in azione.

Anche grazie al suo supporto siamo riusciti a tenere il costo della partecipazione all’azione collettiva per il personale scuola molto basso, sicuramente molto lontano dai soliti 250 euro che vengono richiesti da chi si “dichiara” a supporto della scuola.

Noi lo siamo coi fatti!!

 

Ecco il link per aderire:

Aderisci al ricorso

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Azione collettiva a difesa dei docenti e del personale ATA

 

 

 

 

 

 

 

 

DADOUT: burnout telematico

Meglio tardi che mai… mah, ne siamo sicuri?

DAD: conta ancora il fattore umano