La crisi degli studi professionali, i commercialisti in prima linea

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Mi chiedo se è una svolta unita alla consapevolezza oppure siamo alla resa dei conti per coloro che fino ad oggi hanno avuto un atteggiamento di rassegnazione nei confronti di un fisco a dir poco confusionario.

Forse è la volta buona!

 

 

 

 I commercialisti hanno comunicato l’astensione dal lavoro  dal 26 febbraio al 6 marzo, nella settimana del conguaglio Irpef e della dichiarazione Iva.

Un mese già molto complesso, quindi; e le cose potrebbero peggiorare se verrà confermato lo sciopero.

Sul tema è scesa in campo anche l’Autorità di garanzia per gli scioperi e per salvaguardare i contribuenti ha chiesto al governo una proroga dei termini per la dichiarazione Iva, nel caso l’astensione dal lavoro in caso di conferma dello sciopero.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono gli otto nuovi adempimenti per la comunicazione dei dati Iva introdotti a regime dal decreto fiscale collegato alla manovra.

Inutile sottolineare che la presenza dei commercialisti in piazza è finalmente  un segno di  tutta la categoria che solo in poche occasioni ha trovato il coraggio di superare gli individualismi.

Un ulteriore elemento scatenante sono gli otto adempimenti che vanno ad aggravarsi sulle piccole e medie imprese e su tutta la categoria, diversamente è urgente riequilibrare il rapporto tra Fisco e contribuente e impostarlo in senso paritario.

In attesa dello sviluppo degli eventi futuri vorrei fare un punto sulla categoria degli studi professionali, per capire meglio da che parte stiamo andando…….buttare, cioè, un sasso nello stagno.

 

Quali sono le riflessioni:

  • La crisi economica sta riducendo la clientela e soprattutto i margini di guadagno
  • Gli obblighi normativi a base tecnologica sono utili alla professione oppure la appesantiscono
  • I professionisti sono pronti a tenere il passo per uno sviluppo digitale

Personalmente sono anni che organizzo convegni in cui esorto i responsabili degli studi professionali a credere nel digitale in quanto fondamentale per la propria sopravvivenza, a volte mi è sembrato di essere “la voce di Colui che grida nel deserto”.

Un primo elemento che fa la differenza è la dimensione degli studi, che mediamente non superano i 200k  euro  di fatturato, addirittura abbiamo una percentuale pari al 65% che arriva a un massimo di 50k  EURO di fatturato.

E’ importante anche analizzare il tempo dei microprocessi negli studi professionali, fatto cento il totale del tempo lavorativo dedicato dallo studio:

  • 42% tempo dedicato alle attività primarie dello studio
  • 8% alla formazione
  • 9% attività ICT
  • 12% attività di archiviazione dei documenti
  • 5% amministrazione del personale
  • 7% acquisti
  • 17% amministrazione di studio

E’ interessante constatare che i commercialisti a differenza degli altri studi professionali sono propensi ad introdurre nella loro offerta nuovi servizi complementari alle attività dello studio, e spiccano servizi come:

  • Formazione tecnica per quanto riguarda la sicurezza e privacy
  • Consulenza su startup
  • Fatturazione elettronica
  • Consulenza finanziaria

Negli ultimi tre anni ho avuto modo in diverse occasioni di confrontarmi con responsabili di studi professionali e credo di avere chiaro quali sono  i fattori che incidono sulle loro scelte di investimento in nuove tecnologie.

38% ritiene l’investimento tecnologico elevato

14% ritiene difficoltoso il cambio delle abitudini

11% ritiene che le priorità dello studio sono altre

37% ritiene difficile proporre ai propri clienti nuovi servizi a pagamento

I dati sopra riportati sono evidenti e siamo alla resa dei conti, spero in una maggiore consapevolezza da parte dei responsabili di studio professionali e che la ribellione dei commercialisti faccia un po’  da “porta bandiera”.

Auguri!!!

 

 

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