L’accumulo tra compulsività e finalizzazione positiva

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Lo scrittore Luciano De Crescenzo nel suo libro Così parlò Bellavista” descrive sapientemente ciò che significa accumulare e non gettare via nulla.

Riferendosi alla madre egli afferma: “Mia madre, per esempio, conservava tutto! Non buttava via mai niente! Non so, per esempio, truava nu muzzone e ‘na candela? Se lo conservava. Truava uno spago corto corto che un altro lo avrebbe buttato via… Mamma’ no! Mamma’ lo metteva da parte, lo conservava!”.   

Anche tra gli artisti è spesso contemplato il disturbo da accumulo.

Un caso tipico è quello di Andy Warhol che ha trasformato la sua tendenza all’accumulo orientandola alla produzione di splendide opere d’arte uniche ed irripetibili.

 

Una famosa trasmissione dall’accattivante titolo “Sepolti in casa” proponeva storie incredibili di abitazioni divenute invivibili e di soggetti che presentavano enormi difficoltà dovute al bisogno ossessivo di procurarsi un’enorme quantità di oggetti senza mai buttarli via.

 

Ci poniamo il quesito se il concetto di accumulo non sia solo indicativo di disordine ma anche di genialità.

È ragionevole pensare che solo se l’accumulo influisce negativamente sullo stile di vita possiamo parlare di disturbo.

 

Espressione della valenza positiva dell’accumulo è la raccolta del maestro Ettore Guatelli che acquisì nel tempo ben sessantamila oggetti ora esposti nel Museo Guatelli a Ozzano Taro in provincia di Parma.

 

Ci chiediamo anche se sussiste un rapporto tra accumulo, riciclo e creatività.

 

Jane Perkins, ad esempio, è famosa per la sua inclinazione all’accumulo di oggetti che poi ricicla nelle sue opere connotate da una spiccata originalità creativa.

L’artista trae ispirazione dagli oggetti accumulati e la sua filosofia si basa sul concetto che non esiste il rifiuto.

L’azione di accumulo messa in atto dalla Perkins ha dunque una finalizzazione positiva in quanto il materiale di cui fa incetta viene trasformato in opere d’arte.

 

Secondo il medico e psicoterapeuta adleriano Francesco Parenti (1989), il bisogno di raccogliere oggetti ordinari o bizzarri, amori o situazioni, incidenti o sintomi può proporsi dal profondo come un’idea prevalente, ossia un complesso.

L’autore passa in rassegna alcune forme del collezionismo nevrotico e abilmente richiama alla mente le riproduzioni di due quadri di Gregorio Sciltian: “Il Bibliofilo” ed “Il Filatelico”.

Entrambi i personaggi raffigurati sono immersi nel disordine e sono attenti in modo ossessivo agli oggetti collezionati. 

Ci sono persone, al contrario, insofferenti all’accumulo e che soffrono terribilmente quando sentono il loro spazio vitale invaso da cose che ritengono inutili.

Essi sono soggetti che amano l’essenzialità e provano un profondo disagio per le case invase da troppi mobili, suppellettili ed altri oggetti.

Spesso entrano in crisi quando ricevono in eredità ciò che i genitori hanno raccolto con tanta passione.

Infine ricordiamo che esistono anche i cosiddetti “sgombratori compulsivi” che sono coloro i quali sentono l’irrefrenabile bisogno di “fare pulizia”.

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