Matteotti sapeva cose che non è riuscito a dire?

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alla vigilia di un 25 aprile A.D 2024, mi accingerei, in un clima alquanto pirandelliano di finti o improbabili censure Rai, di scrittori mossi da esigenze vittimistiche di partito, a raccontare, forse, qualche altra visione possibile rispetto a tutto il “raccontato” o il “raccontabile” in decenni di servizi e cronache più o meno fantasiosi.

Evocando tutto e il contrario di tutto, dicevo, a proposito dello Scurati e della sua ricostruzione del delitto Matteotti, usato a modi clava unicamente per colpire il Governo e nello specifico il Presidente del Consiglio On. Meloni, assai mediocre e servizievole di suo, mi accorgo di quanti fatti storici non siano mai stati voluti veramente portati a conoscenza ai più, alle persone comuni non avvezze a letture di atti processuali o biografie varie.

Mi riferisco al caso o affare “Sinclair oil”, per dir sì voglia, legato a filo doppio con il barbaro assassinio dell’On. Giacomo Matteotti.

Si è scritto in lungo e in largo del delitto del povero Matteotti, ma glissando sempre sul movente e sui contorni torbidi che lo avvolgevano.

Non sarò certo io a poter e dover palesare tali avvenimenti, in quanto autorevolissimi storici e giornalisti lo hanno fatto egregiamente meglio di come potrei farlo io, ma una cosa mi sento di evidenziare:

come mai una Corporate, come la Sinclair oil, già potente nel 1924 e facente capo ad un’altra che lo era molto di più come la Standard Oil, di proprietà di John Davidson Rockefeller, tentò, di corrompere con una lauta mazzetta, si parla di almeno 5 milioni di lire, il capo del governo in persona Benito Mussolini e ciò che rappresentava o avrebbe dovuto rappresentare in termini di ideologia fascista e tutto quello che ne doveva seguire?

Cosa aveva indotto, nel caso, il Duce a declinare in quel caso gli ideali a cui si dichiarava assolutamente fedele?

Magari si era di fronte ad una scelta di campo già obbligata da schieramenti delineati in una scacchiera geopolitica, che riguarda va anche la Real casa Savoia, dove ad oriente il bolscevismo leninista e poi stalinista, lasciava poco spazio, insieme ad un impero britannico ad occidente  invasivo, con gli Stati Uniti d’America non ancora del tutto coscienti di essere super potenza; in mezzo quell’Europa ancora frastornata da una guerra devastante con una Germania esausta e affamata da eccessive sanzioni.

E perché, alla vigilia del famoso discorso che Matteotti avrebbe dovuto tenere alla camera il 30 maggio 1924 su questi temi scandalosi di tangenti, lui stesso girò giorni prima, toccando prima Bruxelles e poi quella Londra dove lo attendevano esponenti sia socialisti nostrani riparati lì per auto-esilio, che labouristi governativi, molti dei quali appartenenti alla Fabian Society ed ambienti massonici?

E poi perché incontrare in segreto la concorrenza commerciale della nazionalizzata British Petroleum?

Quella stessa Standard Oil che deteneva la Sinclair Oil del New Jersey e che aveva partecipazioni importanti, tra l’altro, nella Ig Farben, ovvero quella azienda che durante la seconda guerra mondiale produceva lo Zyclon- b, insetticida tanto caro al regime nazista e ad Hitler per eliminazione degli ebrei nelle camere a gas.

Evidentemente si era mossi non solo da risentimento ideologico e politico, ma da un piano artefatto anzitempo e strategie oscure di predazione non solo del territorio e suolo estrattivo italico, ma soprattutto riguardante quello delle colonie italiane in africa orientale e cirenaica, con contratti ridicoli e favorevolissimi sia ad una compagnia che all’altra d’oltre oceano.

Non può essere che nel suo giro Matteotti fosse venuto a conoscenza di piani anche sul governo e sulla Real casa?

E forse questi argomenti avrebbe dovuto includere nel suo discoro del 30 maggio?

Tutto questo spiegherebbe ulteriormente la figura di Matteotti ed il suo assassinio, figura che rimarrà quella di un grande uomo politico, ma sicuramente sia lui come altri in egual misura, condizionato a posizionamenti contrapposti di appartenenza che non lasciavano spazi di trattativa, e dove i morti erano a destra quanto a sinistra, assassini eseguiti da quegli anarchici altrettanto abili alle armi, vedi il delitto del giornalista fascista Nicola Bonservizi realizzato dall’anarchico Ernesto Bonomini rimasto poi quasi impunito.

In questa nuova luce, si dovrebbe indagare e riscrivere anche quella storia,

Fatta anche da un Re, Vittorio Emanuele terzo, che temeva più che il fascismo, un bolscevismo e un liberalismo già pronti alla secessione parlamentare in Aventino con la conseguente perdita di potere di Casa Savoia.

Falcone diceva segui i soldi, follow the money e scoprirai la verità!

Purtroppo non c’è riuscito, come non c’è riuscito neanche  Borsellino, lasciando la famosa agenda scomoda come le carte mai ritrovate di Matteotti o di Aldo Moro e di Enrico Mattei che furono anch’essi prosecutori.

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