“7 Stelle del passato che non hanno smesso di cantare”

Ho incontrato sette protagonisti della musica italiana e internazionale degli Anni Sessanta, Settanta, Ottanta e Novanta.

Ecco chi sono, cosa hanno fatto e a cosa stanno lavorando.

Bobby Solo 

Come lo abbiamo conosciuto

L’eco di “Una Lacrima Sul Viso” – disco d’oro nel 1964 per il milione di copie vendute – e di “Se Piangi, Se Ridi” (1965) ha superato i confini della nostra Penisola. In lunghi anni di successi, il nome di Bobby Solo, al secolo Roberto Satti, ha fatto il giro del mondo.

Che fa oggi

“Zio Bobby”, per fortuna, non è in pensione. 

Oggi si divide tra la musica per i coetanei nostalgici del genere country, blues, blue grass, jazz, funky, rock (gli stessi da cui ha preso ispirazione Elvis Presley). 

Una fetta di pubblico tra i venticinque e i cinquantacinque anni va matto per lui: è a loro che deve il tutto esaurito dei concerti nei club. 

Nonostante l’attuale situazione, l’estate scorsa ha fatto ventotto serate!

Dove lo rivedremo?

Grazie a Fedez in duetto con la Berti e grazie anche ai bravissimi Måneskin, si è aperta una finestra sul glam rock americano degli Anni Settanta; questo gli dà modo di continuare a lavorare e divertirsi come un pazzo, sia come chitarrista, sia come cantante.

Sandro Giacobbe

Come lo abbiamo conosciuto

Passato alla storia con “Signora mia” (1974). 

La canzone è piaciuta così tanto alla regista e sceneggiatrice Lina Wertmüller da inserirla nella colonna sonora del suo film Travolti da un insolito destino nellazzurro mare dagosto”. 

Questo è il suo fiore all’occhiello, specialmente negli States, dove il film della Wertmüller è considerato, assieme a “La Vita è bella” di Roberto Benigni, uno dei capolavori della cinematografia italiana.

Dove lo rivedremo?

Attivo più che mai, il cantautore ha in programma la partecipazione in qualità di ospite nel programma televisivo di Capodanno di una nota TV locale.

A febbraio del prossimo anno parte in tournée per la Spagna, dove da molti anni ha un grandissimo successo.

Delia Gualtiero 

Come l’abbiamo conosciuta

Ha raggiunto il favore del pubblico nei primi Anni Ottanta con “Occhi”, canzone che considera rappresentativa della sua carriera. 

Che fa oggi

Da nove anni gestisce il suo B & B a Silea, in provincia di Treviso. La musica è rimasta, nel tempo, una passione riservata a momenti speciali da condividere con gli amici e i fan più affezionati, che hanno aperto per lei un fan club.

Quando il fan club ha raggiunto i primi mille iscritti, è stato organizzato a casa di Delia un concerto di due ore. 

Dove la rivedremo?

A parte il concerto per festeggiare il prossimo traguardo di iscritti del suo fan club (a cui potrebbe, chissà, partecipare anche l’ex marito Red Canzian), Delia ormai vive la musica come passione personale.

Anche se la musica è stata una parte importantissima della sua vita il suo lavoro, adesso, è prendersi cura degli ospiti del suo B&B facendoli stare bene. 

Marco Armani

Come lo abbiamo conosciuto

Lo stesso anno in cui la voce di Delia si spande nell’aria sulle note di “Occhi”, un ventunenne di Bari inizia la sua carriera a Domenica In – celeberrimo programma di RaiUno – intonando “Domani”. 

Si tratta di Marco Armani, al secolo Marco Antonio Armenise.

Negli Anni Ottanta le canzoni più gettonate erano “Solo con l’anima mia” e “Tu dimmi un cuore ce l’hai”, ma il suo repertorio è assai ricco. 

Che fa oggi

Marco si dedica ora alla tv.

Ogni venerdì, su RaiUno, è ospite di una trasmissione che si chiama “Oggi è un altro giorno” con Serena Bortone: suona il piano, accompagna, canta, fa il suo mestiere. 

Continua a scrivere canzoni e in questultimo periodo ha realizzato rivisitazioni di brani famosi, suoi e di altri Autori. 

Dove lo rivedremo?

A Marco piacerebbe intraprendere un nuovo lavoro, stimolante e creativo: comporre colonne sonore per film, fiction, commenti sonori. 

Tiziana Rivale

Come l’abbiamo conosciuta

Negli Anni Ottanta nasce un’altra stella, destinata a brillare a lungo in Italia e all’estero: Tiziana Rivale.

La prima canzone a consacrarne la fama è “Sarà quel che sarà”, con cui vince il Festival di Sanremo del 1983. Da allora è un alternarsi continuo, per la cantante, di apparizioni televisive e di tournée, in Italia e nel mondo. 

Che fa oggi

Dal 2006 lavora e produce la sua musica oltreoceano.

A gennaio del 2019 le viene conferito il “Disco d’Oro alla Carriera” durante un tour in Messico.

È uscito da poco il suo ultimo CD, “Rivale in Classic” – è sulle piattaforme digitali – e in questo periodo lo sta promuovendo in varie radio.

Dove la rivedremo?

Tiziana si augura di poter riprendere i tour in Europa e all’estero, bloccati dal periodo pandemico.

Novecento

Come li abbiamo conosciuti

“Novecento” è il nome del gruppo che nel 1984 è in vetta alle classifiche con l’hit single  “Movin’ on”.

Il quartetto è costituito dai fratelli Pino (tastiere), Lino (chitarra), Rossana Nicolosi (basso) e dalla cantante Dora Carofiglio.

La lista degli artisti internazionali da loro prodotta è davvero lunga! Tra loro ci sono Sting (con il brano “Lullaby to an anxious child”), il batterista Billy Cobham, Al Jarreau & Eumir Deodato (loro idoli giovanili).

Inoltre, hanno raggiunto la prima posizione in classifica nella radio più importante degli States e in molte altre radio internazionali.

Infatti nel 2003 negli Stati Uniti esce l’album “Dreams of peace” a nome di Novecento featuring Stanley Jordan (chitarrista americano), che entra ai primi posti delle classifiche radio negli USA e, tra le radio più importanti, la famosa radio di New York “CD 101,9”, dove il singolo “Easy Love” arriva alla posizione n. 1.

Last but not least – ultima cosa, ma non meno importante n.d.r. – la loro musica, con quella di Ennio Morricone e Nicola Piovani, è stata inserita nel videogioco “Mind Labyrinth VR Dreams” per la CONSOLE PS4 di PlayStation VR, uscito in tutto il mondo.

Che fanno oggi

Oltre a essere musicisti, produttori e discografici, i fratelli Nicolosi gestiscono anche una distribuzione discografica e in questa fase artistica si stanno dedicando al loro catalogo in distribuzione. 

In questo periodo valutano con maggiore attenzione la nuova produzione discografica. 

A parere di Pino, si fa sempre più fatica a divulgare musica di qualità.

 Jenny B.

Come l’abbiamo conosciuta

Negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, nascono in Italia e in Europa Progetti di musica dance rappresentati da frontwomen o frontmen di gradevole aspetto, con un look d’impatto e una certa abilità di muoversi sul palco. 

Costruiti ad arte, questi personaggi cantano in playback su voci già incise in studio da altri artisti.

Nella musica dance degli Anni Novanta, tra le voci prestate a ragazze immagine, c’è anche quella di Giovanna Bersola, in arte Jenny B.. 

È lei ad aver dato la voce a Olga Maria De Souza, modella brasiliana conosciuta con lo pseudonimo di “Corona”. 

In realtà, “Corona” è il nome dell’italianissimo Progetto euro dance di cui Olga è la frontwoman. 

Con la voce di Jenny e il volto di Olga “The Rhythm of the night”, pubblicata il cinque novembre 1993, scala le vette delle classifiche italiane ed europee. Oggi il brano è conosciuto quasi ovunque.

Dove la rivedremo?

Jenny B. è di poche parole ma buone: ci fa sapere che sta girando il mondo in catamarano e che l’anno prossimo continuerà a cantare e a viaggiare. 




Decidi DC … si ma quale???

C’è bisogno di centro, tutti vogliono tornare al centro, ci vuole la DC.

Oggi una strisciante sensazione tra tutti i moderati italiani è che si debba fortemente tornare al centro, ma al centro non c’è più una casa ad accoglierli.

Oggi il centro non esiste più, verissimo perché tutte le forze politiche attuali sono fortemente sbilanciate verso uno dei due opposti ideologici, sinistra o destra, o meglio nemmeno sinistra o destra, perché la vecchia divisione valoriale della politica, presente fin verso gli anni ottanta, ora non ha più contorni netti e definiti, ma è liquidamente dimensionale verso l’umore del momento della massa elettrice.

Ci sono è vero dei punti di continuità, sociale, patria, famiglia, in tutte le attuali forze politiche (chiamarle forze è un errore oggi sarebbero più che forze debolezze), ma talmente poco delineati, così scarsamente supportati da un programma politico ideologico che gli stessi cittadini elettori faticano ad identificare i valori all’interno di un simbolo.

Questa vacuità valoriale attuale della politica rende impossibile affrontare un discorso serio e credibile, lasciando spazio a qualsiasi figura forte ed allontanando l’elettore dallo spirito politico.

Gli stessi partiti giocano ormai a creare tifoserie più che iscritti, dimenticando che il tifo per una squadra di calcio, seppur profondo e nobile, non genera cittadini consapevoli.

In Italia c’è sempre stato un elettorato di centro, con tendenze a destra, che per lo più era l’ossatura funzionale della vecchia Democrazia Cristiana.

Don Sturzo ben aveva capito che il valore cattolico non era solo porgiamo l’altra guancia, ma difendiamo il tempio dai mercanti, non per altro lo stemma era uno scudo crociato, che tante critiche gli costò allora, ma che riunì ideologicamente gli italiani di tutte le età sia prima che dopo la fine della seconda guerra mondiale.

L’Italiano non è un estremista, l’Italiano è un moderato per natura, un buono, un costruttore, un idealista, un sognatore, insomma un padre, una madre, magari un poco codardo, a volte furbastro, a volte opportunista, ma di certo alla fine sempre un eroe piccolo piccolo, come ben rappresentato da Monicelli nel film La Grande Guerra, con due grandi interpreti,  Alberto Sordi e Vittorio Gassman (film sempre da rivedere NdR).

In questa sua declinazione l’italiano non può che essere fondamentalmente un uomo di centro, moderato, legato a valori storici, accogliente ma orgoglioso della propria storia e del proprio retaggio.

Quindi servirebbe un centro ideale, che oggi politicamente non c’è, e pensare che probabilmente prenderebbe un sacco di voti, anzi vincerebbe a man bassa.

Oggi lo slogan “Decidi DC!” sarebbe forse una scommessa vincente, ma dove è la DC?

Non c’è più la DC?

Sbagliato, c’è ancora la Democrazia Cristiana, anzi ce ne sono otto.

Il Corriere della sera, nel suo articolo del marzo 2021 ci segnala che l’unica formalmente corretta è quella del professor Nino Luciani, ma ci sono anche quelle di Angelo Sandri, di Publio Fiori, di Toto Cuffaro, di Gianfranco Rotondi etc, etc, etc …

Forse troppe, e sicuramente rendono chiaro come chi le compone non stia ragionando in termini politici ma solo di posizioni, come peraltro afferma il prof. Luciani proprio nell’articolo del corriere.

Ci vorrebbe un unico centro DC che possa accogliere chi vuole tornare ai valori veri del popolo italiano, ma se chi oggi si dichiara dc non si unisce in un unico grande movimento, quelli che vorrebbero cercare il centro continueranno a non trovarlo.

Anche se forse più che ricreare la DC, sarebbe necessario unire le attuali forze di centro, consegnando la DC al suo posto nella storia, rigenerando il centro politico nuovo,  necessario a questo paese che troppe sbandate ha preso ultimamente.

 

 

 

 

 




Sciopero inutile, parola di Prof.!!!

“Adesso basta, la scuola si ribella”.

Questo il titolo che accompagna la campagna informativa per il nuovo sciopero proclamato dai sindacati.

Flc Cgil, Uil Scuola, Gilda e Snals – partecipa anche Anief ma in forma separata – hanno annunciato per venerdì 10 dicembre una nuova giornata di agitazione sindacale per protesta contro il presunto immobilismo del governo in materia di istruzione.

Un déjà vu, uno slogan datato, smentito dai fatti.

Non bastava lo sciopero nazionale proclamato per il 16 dicembre, secondo i sindacati, la scuola anticiperà la contestazione.

Ed i sindacati prevedono pure un’adesione massiccia del personale scolastico…

Per me, che vivo e lavoro nella scuola da quasi mezzo secolo, lo sciopero di dopo domani sarà un altro flop, perché pochissimi docenti vi parteciperanno, e quei pochi che andranno in piazza, anziché a scuola, provocheranno le famiglie e non le istituzioni…

Le famiglie, che oltre a tutte le difficoltà legate all’emergenza sanitaria e ai continui stop a singhiozzo, quarantene e Dad affannate e difficoltose, dovranno pure gestire uno sciopero di quei “fannulloni dei prof., che non gli bastava, l’8 dicembre, e due settimane di vacanze a Natale, pure lo sciopero dovevano fare!”

NO, tranquilli, i vostri figli andranno a scuola, vedrete, i prof. non faranno sciopero.

Ma quando mai, i prof. fanno sciopero?!?

Ma procediamo con ordine.

Le ragioni dello stop della scuola secondo i sindacati

Nel mirino dei lavoratori della scuola c’è la Manovra 2022: una Legge di Bilancio che porta in dote 33 miliardi, ma che destina “solo” lo 0,6% al fondo che dovrebbe premiare la professionalità dei docenti.

Una percentuale che i sindacati trovano “inadeguata” rispetto all’”effettiva necessità di rendere merito al lavoro della classe insegnante” attaccano.

Poi c’è la questione degli aumenti: 87 euro in più in busta paga, cifra che le sigle sindacali bollano come “decisamente troppi pochi”.

Altro tema caldo l’organico Covid, su cui il Governo avrebbe “fatto ben poco”: 300 milioni sono stati trovati per gli insegnanti, ma zero risorse, invece, per il personale Ata, spiegano Flc Cgil, Uil Scuola, Gilda e Snals.

Cosa chiedono i sindacati con lo sciopero

“Serve dare stabilità al lavoro di migliaia di precari valorizzando di più il lavoro che si fa in classe.

Aumento dei posti dei collaboratori scolastici, presìdi sanitari e sistemi di sanificazione nelle scuole.

E poi basta con le reggenze, un dirigente e un Dsga per ogni scuola” lamentano i sindacati.

Secondo le confederazioni le misure che servono immediatamente sono:

  • concorso Dsga Facenti Funzioni anche se privi del titolo di studio
  • riduzione del numero di alunni per classe
  • abolizione dei vincoli sui trasferimenti del personale
  • fine delle incursioni legislative in materia di contratto
  • snellimento delle procedure e meno burocrazia
  • rispetto degli impegni sottoscritti con le organizzazioni sindacali nel Patto per la Scuola
  • risorse per un aumento salariale a 3 cifre nel rinnovo del contratto
  • proroga dei contratti Covid anche per il personale ATA
  • risorse per la valorizzazione professionale e non per un premio alla “dedizione”
  • percorsi riservati per la stabilizzazione dei precari con 3 anni di servizio
  • sblocco della norma di legge del vincolo sulla mobilità per i neo immessi in ruolo dal 2020/21
  • intervento strutturale sulle classi numerose non a costo zero.

Tante belle parole, demagogia allo stato puro.

Ecco perché, come vi dicevo, cari genitori, state tranquilli, i vostri figli andranno a scuola, vedrete, i prof. non faranno sciopero.

Ve lo dice una prof che è pronta a scommettere su una verità sperimentata in più di trent’anni di esperienza.

Gli insegnanti non scioperano.

 

Gli insegnanti non scioperano da anni, ormai.

E non perché sono “pecoroni” come spesso la società li indica ma, perché scioperare è un sacrificio economico inutile che ingrassa solo i sindacati.

Se solo pensiamo che una giornata di sciopero costa 100 euro sul misero stipendio dei docenti, si capisce come e perché non sia possibile lo sciopero ad oltranza…

E allora, cosa fare per protestare contro un governo che vuole i docenti poveri tra i più poveri ed un ministro che non sa neanche di cosa sta parlando?

Insegno da 35 anni, ho sempre speso tutte le mie energie per un lavoro che amavo (oggi lo amo un po’ meno grazie a chi la scuola l’ha distrutta), ho sempre fatto parte delle varie commissioni (orientamento, inclusione, salute, bullismo…).

Mi sono sempre dedicata anima e corpo ai miei alunni (insegnando francese, ho minimo 9 classi su due scuole)

Non ho mai “rubato” il mio stipendio, non ho mai lesinato ore alle mie classi.

Nonostante diversi km di distanza, sono tornata a casa a pomeriggio inoltrato per anni, e vi assicuro che, seppure retribuite, molte attività extracurricolari, visto il lavoro svolto, sono spesso state ore di missione e volontariato.

A scuola non esiste il pagamento degli “straordinari” come per tutti gli altri impieghi della PA, non esiste il conto delle ore effettive in più (pagate a cottimo a 17,50 euro lordi), non esiste l’avanzamento di carriera…esistono gli IMPEGNI, quelli sì…

Allora, per provocare disagi (e non ai DS che sono consapevoli di quanto ho scritto e mai contro il corpo Docenti) cosa fare?

 

– Le tessere sindacali?

 

Mi viene da ridere, più volte ho espresso il mio pensiero sui sindacati ormai burocrati e difensori di se stessi…

 

– Piegarsi al principio del minimo sforzo?

 

Faremmo contenti tutti…

Ministro, genitori e studenti…tutti promossi, anche gli asini!

(Ma questo un vero insegnante non riesce più a farlo!)

 

Cosa ci resta per protestare?

 

Dopo lunghe riflessioni con me stessa, ritengo ci sia un unico modo per protestare e cercare di ottenere qualche risultato che ci dia un minimo di dignità, cioè,

 

RIFIUTARE QUALSIASI INCARICO AGGIUNTIVO…

 

Semplicemente fare solo lezione e tutto quanto previsto dal nostro contratto e dalla nostra etica professionale e

 

STRAPPARE TUTTI LE TESSERE DEI SINDACATI.  

 

Pensate ad una scuola senza collaboratori, senza FS, senza referenti di alcun tipo, consigli di classe senza coordinatori e segretari, senza tutor…

Allora sì, il caro Ministro si renderebbe conto di quanto e quale sia il lavoro degli insegnanti, allora si, i sindacati ritornerebbero -forse- a svolgere il loro ruolo, allora si, potremmo riacquistare dignità e riconoscimenti anche economici …

Pensiamoci!

 

 

 




Istituto Ferrari di Susa: Scuola piemontese apre collana editoriale e mira a pubblicare il 100% dei suoi libri di testo

A Susa, provincia di Torino, l’Istituto E.Ferrari, scuola di eccellenza e fiore all’occhiello della valle, il Dirigente Scolastico Anna Giaccone ha dichiarato che entro il prossimo anno conta di avere il 100% dei libri di testo del primo anno pubblicati sulla collana editoriale della propria scuola.

Il liceo, ITIS, IPC Enzo Ferrari ha avviato con la casa editrice CCEditore il progetto Gutenberg, il progetto che aiuta le scuole a diventare collane editoriali e a pubblicare i propri libri in modo da poter seguire nel modo migliore il percorso formativo degli studenti.

Il progetto, oltre a promuovere la scuola a collana editoriale a tutti gli effetti, viene infatti fornita di codice ISSN, prevedere la formazione agli insegnati, il supporto editoriale e grafica fino alla finale pubblicazione dell’opera con l’attivazione del codice ISBN, che lo rende quindi reperibile utilizzabile da qualunque altra scuola.

Il progetto Gutenberg è il simbolo della buona scuola attiva e attenta ai suoi studenti.

Dal minuto 4,18 ascoltate le parole della D.S. Giaccone.

Video dell’intervento al Salone dell’Orientamento

 

Le maestre che non hanno paura dei libri

Pio Mirra, DS Pavoncelli Cerignola: come noi sempre più scuole pubblicano i propri libri

Pio Mirra, DS Pavoncelli Cerignola: come noi sempre più scuole pubblicano i propri libri

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MI CONCEDO IL LUSSO DI DECIDERE!

CONTRO LA PAURA, DECIDI…

 

L’attuale situazione straordinaria, volutamente non utilizzo il termine ’emergenza’, di per sé concetto limitato nel tempo e nelle modalità risolutive, e nella quale i Cittadini Italiani sono di fatto imprigionati, è un pantano cosparso di liane sempre più inestricabili da cui molti tentano di liberarsi, ma un gran numero si è ‘stranamente’ rassegnato, perdendo ogni volontà di districarsi, di liberarsi.

In siffatto modo non resta che affidarsi al salvifico ‘speriamo che qualcuno ci tiri fuori‘ o ‘speriamo che finisca bene‘. 

Speranze, entrambe, che si indirizzano all’azione di altri, piuttosto che far riferimento alle proprie forze, alle proprie iniziative, e soprattutto a quella forza poderosa che è rappresentata dall’unirsi ad altri Cittadini che possano condividere tanto le attese che le medesime pulsioni di segno liberale, democratico e sociale.

Occorre osservare ciò che accade e destrutturare, scomporre, fatti e circostanze, come pure le parole adottate per impartirci disposizioni che ormai hanno assunto la caratteristica di ordini via via poco eludibili.

In barba a quelle norme che permeano tanto la Costituzione e le leggi dello Stato che tutte le normative trans nazionali, norme che dovrebbero tutelare e salvaguardare i Diritti dell’Uomo, specie quelli primari e non negoziabili, inviolabili.

Se è vero che la prima emozione di difesa nell’essere umano, la più antica marcata nei mitocondri e trasmessa attraverso il DNA della razza umana, è quella della paura (paura degli altri simili, degli animali feroci, dei fenomeni della Natura, e quant’altro: paura che induceva più a fuggire e nascondersi che a resistere; quindi ‘fuggire per salvarsi’), è anche vero che il passo immediatamente successivo è stato quello di stabilire rapporti con gli altri singoli individui, e via via con un numero crescente di individui con i quali poter condividere e affrontare un percorso, una strategia di caccia, o una qualche decisione: persino la paura, per così riuscxire ad esorcizzarla.

Prodromi questi per la nascita di ambienti determinati e dapprima circoscritti e successivamente di quella che ancor oggi definiamo essere la ‘società’, il ‘consorzio civile’, una vera e propria ‘coscienza collettiva’ costellata di diritti e di doveri, il cui bilanciamento, mai casuale, regola la vita di tutti e di tutto.

Oggi, sospinti come siamo da una  campagna di terrore abilmente architettata, persino ‘a pagamento’, che travalica il normale ‘timore’ e l’altrettanto normale ‘cautela’, il risultato è che la paura ci soffoca, ci opprime, l’incertezza ci dilania, si sta smarrendo il senso del ‘sociale’ e quello stesso di ‘società’, sospinti come siamo nell’angustia delle nostre case o nella limitatezza degli spazi esterni e dei rapporti.

Altissimo e purtroppo in crescita il numero dei suicidi anche tra i giovani e giovanissimi.

I bambini, più di altri, stanno soffrendo queste improvvise limitazioni e, quelli che già hanno compiuto i 12/13 anni si interrogano, chiedendo ai propri genitori perché le persone debbano evitarsi, perché loro non possano stare insieme con i loro compagni, perché non possano frequentarsi, abbracciarsi, o svolgere delle attività sportive, perché non possano fare delle festicciole (per la più elementare delle esigenze post-rivoluzione del 1789: esprimersi socializzando, unirsi, essere in ‘comunione’), perché non possano  entrare liberamente in un cinema in compagnia di un amichetto, perché debbano patire l’emicrania o il fiato corto, obbligati come sono a respirare gli scarti del proprio respiro attraverso una mascherina (con tutti i danni che ne derivano e ne deriveranno).

Mascherina sempre più maschera: certamente simbolo di schiavitù, condizionamento e sottomissione, quanto supporto inutile per ostacolare l’inalazione di eventuali virus, ma più pragmaticamente utile solo a offrire una qualche difesa dai possibili bacilli scaturiti da uno sternuto o da un colpo di tosse.

Certo, è ormai indubbio che la paura viene alimentata, dilatata, manipolata come duttile creta al fine di instillare vero e proprio terrore: ma anche indecisione, visti gli ordini e contrordini che quotidianamente si susseguono a ritmo frenetico e di fronte ai quali i Cittadini sono interdetti e smarriti, spesso non riuscendo a orientarsi, a comprendere.

In questo smarrimento generale, sempre più nauseante e scivoloso, quello che colpisce fortemente è l’annullamento di ogni schema politico pregresso: non esistono più i partiti,  non esiste più (o quantomeno è stata bypassata) una repubblica parlamentare (con un parlamento che legiferi e che rappresenti la volontà dei Cittadini a mezzo l’elezione di propri rappresentanti scelti tramite libere e trasparenti votazioni), non esiste più l’interesse preminente dei Cittadini e per essi della Nazione, non esiste più la superiorità del doveroso principio di cautela nella scelta e nell’indicazione, ancorché nella somministrazione, di cure e terapie.

Siamo purtroppo solo alle tifoserie, ai ragionamenti di ‘pancia’ che tengono conto di simpatie, interessi, speranze, e che si riverberano nel Parlamento: trasformato da nobile consesso in triste rifugio di soggetti abbarbicati a poltrone e poltroncine  di ogni tipo, e dove la volontà popolare è distante anni luce dalle azioni dei gestori dell’amministrazione pubblica.

Oggi occorre riappropriarsi di quegli spazi bruscamente (ma anche brutalmente) tagliati via, e quindi sottratti, da soggetti intrisi di ideologia, malanimo, invidia e interesse.   

Occorre che i Cittadini ritrovino il gusto della politica più genuina, scegliendo rappresentanti che concretamente siano la loro corretta interfaccia con chi governa e amministra.

Occorre che i Cittadini riscoprano il senso della tensione e della passione politica, di cui essi stessi sono parte fondamentale; una politikḗ (ossia,’che attiene alla pόlis, la cittàstato dell’antica Grecia) che non può che essere téchnē (ossia ‘arte’ o ‘tecnica’), ovverosia Cittadini parte attiva, e quindi protagonisti, di una tensione, di una energia che rappresenti la reale politica, quale ‘arte/tecnica che riguardi la città, lo stato’).

Cittadini che scelgono i politici che li rappresentano; politici che sono obbligati a operare tenendo fede al mandato ricevuto; politici quali rappresentanti pro-tempore, consapevoli che il tradire tale mandato ovvero non ottemperarvi, significhi essere censurati e quindi esclusi. 

Occorre potersi riferire a politici ‘di razza’, piuttosto che non  a politici ‘di mestiere’.

Sono convinto che per poter fare ciò occorra che i Cittadini comincino con l’appropriarsi con consapevolezza della Costituzione e dei suo Valori: così conoscendola e apprezzandola quale strumento regolatore di doveri e diritti, cui per primi i rappresentanti del Popolo hanno non solo il dovere ma l’obbligo assoluto di esservi fedeli.

Il Parlamento deve tornare a riappropriarsi delle prerogative che la stessa Costituzione gli conferisce: tornando a essere luogo di rappresentanza dei Cittadini, di civile confronto, di dibattito, di luogo ove maturano decisioni ponderate  prese per il bene della Patria e del Popolo Italiano attraverso un processo legislativo diretto.

Occorre ritrovare le nostre radici, quelle radici cristiane, ovvero giudaico-cristiane, in una chiave di lettura più generale, in ambito europeo – oggi svillaneggiate e fors’anche  tradite da chi ostenta un senso della cristianità molto discutibile e persino temerario.

Questi sono i Valori minimi per cui battersi, al fine di ritrovare rapidamente il senso del tutto: prima che lo squilibrio prevalga, prima di essere ridotti in una condizione di sudditanza morale e materiale, sopraffatti senza scampo da una violenza inumana, feroce, da una smania distruttiva senza eguali nella Storia dell’Uomo.  

Proprio per questo, non occorre ‘tornare indietro’, ma ricondursi a quei Valori che segnarono con forza la vita dei nostri Padri, dei nostri Nonni: che ci resero orgogliosi della nostra Patria e di Valori e Tradizioni solide, arricchite da una Fede schietta; che ci diedero la gioia di una ricostruzione veloce, di una industrializzazione realizzata con capacità e lungimiranza al punto di fare dell’Italia una delle protagoniste del Mondo, con una valuta – la Lira – che ricevette premi prestigiosi sotto la guida di Governatori prestigiosi e attivi, come lo fu Guido Carli; un’Italia resa grande dall’azione costruttiva e dalla lungimiranza di Sturzo, De Gasperi, Mattei, Olivetti, e tanti altri anche meno noti ma altrettanto degni di encomio… 

Quei Valori che ci fanno dire con orgoglio  SIAMO ITALIANI, forti della nostra Cultura e delle nostre Tradizioni: da non sacrificare ad alcun ‘meticciato’, non imbastarditi da contaminazioni che nulla hanno a che fare con le moderne società multietniche e in cui le regole siano chiare, trasparenti, condivise e accettate.

E’ ora che più di qualcuno si dia pace: l’integrazione è fallita da tempo, è un mero enunciato vuoto di concretezza.

Non si può ‘integrare’ chi non vuole esserlo, chi non accetta le leggi della Nazione che lo ospita, nella pretesa (alimentata?) di voler imporre i propri usi e costumi.

Solidarietà e aiuto a queste popolazioni?

Certo: non sostenendo la tratta di questi esseri e rispettando e valorizzando le loro radici, aiutandoli nelle proprie terre attraverso programmi di crescita scolare, sociale, commerciale e artigianale.

Dobbiamo riappropriarci dell’orgoglio di essere Italiani, abili costruttori invidiati nel mondo per la loro creatività e per il loro ingegno; dobbiamo riappropriarci dei nostri Valori, della nostra stessa vita e di quella dei nostri figli.

Prima che si perdano o vengano essi stessi sopraffatti.

Tracciamo un orizzonte, un futuro, degno di essere vissuto, come i nostri Padri hanno fatto per noi.

Decidiamo, senza più delegare ad altri e senza più rinviare!

Decidiamo … Non domani, ma subito: perché oggi è già domani!

 

 

Giuseppe Bellantonio

 




A scuola di amore – Progetto YAMA per l’Africa

“Y.A.M.A.” – acronimo di You Are Missione Africa” – è il Progetto che prevede la costruzione, in Africa, di un Villaggio e di una Scuola rivoluzionaria per struttura, concezione e materie insegnate.

Tutto nasce da un’idea di Cristian Buzzelli, viaggiatore visionario.

Il nome dell’influencer è balzato agli onori della cronaca per aver fatto a tasche vuote il giro della Sardegna e della Sicilia in bici. Obiettivo: dimostrare al maggior numero di persone che si può essere felici con poco o nulla e che il mondo è pieno di persone buone e generose.

Sul suo profilo Instagram, seguito da più di ventimila follower, il trentasettenne nativo di Fano documenta le sue avventure.

Dopo le prime due “missioni” – “Missione Sardegna” che lo ha ispirato a scrivere il suo primo libro e “Missione Sicilia” – Cristian avverte la necessità di “esplorare la sua anima e di scavare a fondo dentro di sé per dare corpo allidea” che lo accompagna sin dall’infanzia: costruire una scuola in Africa.

Intraprende così il Cammino di Santiago. Parte a piedi da Lourdes, arriva a Santiago e procede per Fatima, percorrendo un totale di 1578.60 km in sessantotto giorni.

“Non avrei mai immaginato – racconta – che sarebbe diventato IL viaggio di esplorazione del mio sé interiore”. “Passo dopo passo, la mia visione è diventata chiarissima.”

Y.A.M.A. è la manifestazione concreta di questa visione.

Il Progetto è molto articolato e prevede: 

  • la costituzione di un’Associazione No Profit,
  • l’apertura di Centri Olistici dislocati in tutta Italia,
  • l’organizzazione di percorsi e ritiri su argomenti dedicati alla crescita personale e spirituale,
  • la costruzione di un Villaggio e di una Scuola, in Africa, unici al mondo per le finalità perseguite: l’educazione dei bambini all’Amore incondizionato, alla Felicità come frutto di una decisione cosciente, alla responsabilità nell’uso delle parole, alla profonda conoscenza delle leggi che regolano il funzionamento dell’Universo.

Cristian Buzzelli
Cristian Buzzelli, ideatore del Progetto YAMA

 Qual è lo scopo del Progetto?

C.B. Lo Scopo del Progetto, che parte dallAfrica per estendersi in altre parti del mondo, è quello di diffondere Luce e Amore ovunque ce ne sia bisogno, su questa Terra”.

Perché è nato questo Progetto e perché proprio in Africa?

C.B. “Perché il mio sogno, fin da quando ero piccolo, era fare qualcosa per rendere le persone felici. Una scuola rivoluzionaria in Africa che, anziché limitarsi a istruire, educhi i bambini a vivere la vita in modo autentico, pieno e consapevole, è il mio contributo alla costruzione di un mondo migliore.” 

Come sarà questa scuola? 

C.B. Sarà una scuola visionaria, assolutamente fuori dagli schemi. Una scuola a tempo pieno, senza compiti per casa. Allesterno è prevista unarea riservata agli animali che i bimbi imparano a conoscere, rispettare, proteggere, nutrire, amare. Poi ci sono lorto e il frutteto e i bambini si prendono cura delluno e dellaltro, dalla semina al raccolto.”

Quali sono le materie di insegnamento?

C.B.: Alle materie tradizionali – letteratura, aritmetica, storia, geografia, astronomia – si affiancano le lezioni di meditazione, yoga, reiki e altre discipline olistiche. Ci sono poi la danza, la musica, il canto e il teatro. I bimbi possono scoprire le loro doti, esercitare i loro talenti, mettersi in gioco ed esibirsi in pubblico, accrescendo il loro livello di autostima.”

In che modo i bambini verranno preparati a costruire il mondo di domani?

C.B.: “Verrà insegnato loro che le parole sono importanti e vanno usate responsabilmente … che hanno delle conseguenze a livello energetico e che portano allesistenza ciò che esprimono.”

Cosa rende questa scuola unica al mondo?

C.B.: Tre materie bellissime: Legge Universale, le eterne leggi che regolano il funzionamento dellUniverso; Amore incondizionato, per se stessi, per gli altri, per la Natura, per la Vita; Felicità’, affinché i bimbi imparino a essere felici a prescindere da ciò che hanno, dalle circostanze e dagli inevitabili imprevisti della vita.”

Come verrà finanziata?

C.B.: Grazie all’apporto di volontari e donatori. E poi ci sono i fondi raccolti organizzando percorsi e ritiri spirituali, le iniziative editoriali, i servizi resi nei centri olistici, la vendita dei gadget. Tutto il ricavato viene devoluto alla realizzazione e al mantenimento del Villaggio e della Scuola.”

Il Progetto Yama’ – conclude Cristian con aria trionfante – è pronto a partire per questo Viaggio meraviglioso. Allacciate le cinture, perché sarà un’avventura spettacolare! E il mio cuore può solo gioire ed essere profondamente grato per tutto l’Amore che mi circonda. Come dico sempre … la Vita è una Figata!”




“Caro Dio, sono arrabbiata con te, per favore cambia il mondo” – La lettera di Nanda all’Universo

“Caro 𝗗𝗜𝗢,

𝗧𝗶 𝗽𝗿𝗲𝗴𝗼 𝗶𝗹𝗹𝘂𝗺𝗶𝗻𝗮 𝗹𝗲 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗹𝗼𝗿𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗶 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗮𝗻𝗼 𝗮𝗳𝗳𝗶𝗻𝗰𝗵é 𝗼𝗽𝗲𝗿𝗶𝗻𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗯𝗲𝗻𝗲 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝘂𝗺𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗮 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲 𝗠𝗔𝗗𝗥𝗘 𝗧𝗘𝗥𝗥𝗔.

𝗚𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲.”

Questo è il messaggio che il 23 dicembre Nanda Ubaldini ha scritto all’interno di una lettera indirizzata a Dio – Via della Creazione – numero Infinito – Universo.

Con Nanda moltissime altre persone in tutto il mondo hanno imbucato dalle loro città la stessa lettera con l’intenzione simbolica che i governi di tutto il mondo vengano illuminati dalla saggezza divina e prendano decisioni in armonia con le leggi universali di funzionamento della Vita e del Cosmo.

Nanda Ubaldini
L’ideatrice dell’iniziativa Nanda Ubaldini

Nanda Ubaldini è un nome noto nell’ambito della crescita personale e spirituale, nel 1987 ha fondato il primo Centro Olistico in Italia.

La prematura perdita della madre, l’abbandono da parte del padre, gli anni trascorsi in orfanotrofio, l’infedeltà seriale del marito, lincendio della casa, il furto dei gioielli e dellauto in cui si era rifugiata per dormire … hanno reso Nanda una persona arrabbiata con la vita, con la chiesa e con Dio. 

Di qui, un giorno di marzo del 1983, la decisione di scriverGli una lettera.

Una lettera a tutti gli effetti: imbustata, affrancata e spedita a un destinatario eccellente, al suo indirizzo sconosciuto. 

In essa Nanda esprime la sua rabbia e il bisogno di capire perché Dio abbia permesso alla Vita di accanirsi tanto duramente su di lei. 

La risposta non si fa attendere. Il giorno dopo la spedizione della sua missiva, la signora riceve una visita inattesa che cambierà per sempre la sua vita. 

Ecco che comincia la seconda parte della sua storia: quella della scoperta e della realizzazione del suo Scopo.

Data la gravità della situazione attuale Nanda ha pensato che, se ha funzionato per lei in passato, può funzionare anche oggi per il mondo intero. 

Il suo invito, ieri, era rivolto a ogni essere umano, a prescindere dalla religione di appartenenza e dal nome attribuito a Dio.

La Signora è sicura che la risposta arriverà e che sarà decisiva per risollevare le sorti di un mondo che sembra essere andato alla deriva.

Nel suo messaggio – pubblicato nei giorni scorsi sul profilo di Facebook – Nanda accenna alla grave situazione in cui versa il nostro pianeta, al costante flusso di notizie catastrofiche e contraddittorie a cui noi tutti siamo esposti, alla paura che domina l’Umanità intera.

Parla un po’ di sé e della sua Missione: dimostrare al mondo che tutto è possibile. Quindi invita i suoi lettori a scrivere una lettera a Dio. Tutti insieme, il 23 novembre 2021. 

Raggiungo Nanda per una breve chiacchierata sull’iniziativa che, da qualche giorno, sta facendo il giro del mondo.

Perché una lettera a Dio?

“Perché funziona: il pensiero è energia creatrice, così come il gesto che facciamo – l’atto di scrivere la lettera – e la materia – il foglio, la busta e il francobollo – che adoperiamo. Ce l’ha insegnato Giordano Bruno, che il pensiero è un atto creativo.

Perché proprio il 23 novembre?

Il giorno 23 è stato scelto per la sua energia calcolata da me con la geometria sacra.

Possono partecipare anche i ritardatari? Se sì, hai istruzioni da darci?

Certo! Chiunque voglia partecipare oggi o nei prossimi giorni, può farlo tranquillamente. Più siamo a chiedere, più aumentiamo le possibilità di ricevere. L’importante è avere fede nell’energia creatrice dell’Universo, qualunque nome le attribuiamo.

È semplice: si scrive la lettera, la si inserisce in una busta, la si affranca e imbuca o spedisce alle poste. Se vi chiedono se sia per l’Italia o per l’estero, rispondete pure che la state affidando all’Universo. Potete omettere il mittente, ma ricordatevi di affrancarla. Altrimenti costringete Dio a pagare la multa e non è carino.

Quali risultati possiamo aspettarci?

I governi saranno costretti a cambiare.

Prima di tutto perché si va a influire energeticamente nel campo elettromagnetico della bioenergia universale.

Poi perché, tutti insieme, possiamo mandare in tilt il sistema. Le poste, impossibilitate a gestire moltissime lettere spedite a un indirizzo ignoto, potrebbero trovarsi in grave difficoltà.

Funziona così: noi arrechiamo un danno alle poste, le poste arrecano un danno allo Stato, lo Stato se la prende con noi e noi ci rivolgiamo a Dio perché lo Stato non ci aiuta. Semplice.

Con quali ragioni sei riuscita a convincere le persone a partecipare?

Innanzitutto scrivendo una lettera a Dio non invadi le strade e non danneggi le attività commerciali, costrette a fermarsi quando passa il corteo dei manifestanti. Non prendi acqua e freddo in caso di maltempo. Lo fai da casa tua: scrivi la tua preghiera, vai in posta e la spedisci. E poi, Gandhi ha sconfitto l’impero britannico da solo, fermando l’India. Noi facciamo lo stesso mandando in tilt le poste. Non serve andare in piazza a farsi dare il foglio di via o a farsi picchiare. La nostra è una protesta concreta che non danneggia nessuno, tranne le poste. Chi ci può accusare? La chiesa non ci può attaccare, perché stiamo scrivendo a Dio. Neanche il governo può dirci nulla. La gente disperata decide di rivolgersi direttamente a Dio invece che al proprio governo. E allora?”

Il messaggio di Nanda Ubaldini è già stato tradotto in diverse lingue e ha raggiunto, tra le aree più lontane, la Cina, l’India, il Giappone e le Americhe.




Maestra Televisione

QUANDO LA TELEVISIONE EDUCAVA

La televisione dal 1954 in poi ha contribuito alla formazione e all’identità culturale degli italiani e le stesse produzioni televisive degli anni del “boom economico” hanno contribuito ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca.

La televisione di allora con molti programmi scolastici ed educativi, che parlavano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società, pur con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale.

Oggi invece, nonostante il più alto livello di istruzione e di benessere economico, si assiste a programmi di sempre più bassa qualità, che rispondono prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. La televisione è sotto accusa, imputata di decadimento culturale, imbarbarimento sociale, impoverimento etico e distorsione educativa delle giovani generazioni.

I programmi spazzatura, gli spettacoli artefatti, falsi e ingannevoli inculcano nei giovani la convinzione di una realizzazione di sé, basata solo sull’apparenza, sull’ostentazione della bellezza estetica, sulla costante ricerca di essere ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.

Fa spettacolo, audience, la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale e si trasformano in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.

I nostri studenti emulano esasperatamente ciò che vedono, comportandosi come replicanti degli imbarazzanti personaggi televisivi, per cercare di essere come loro.

E da “Grande fratello”, “Uomini e Donne”, “Amici”, “La Scuola” passano a film dove la violenza è la trama, con delitti, assassini e atti criminali.

Nessuno pensa che molti ragazzi vi assistano senza una coscienza critica, ma assorbendone l’aggressività che poi esplode in casa, a scuola, con gli amici, con gli adulti, con loro stessi.
Spegniamo la TV e apriamo un giornale, un libro per leggere.

Per dirla come Nicola Gratteri: “Ragazzi studiate, fottiamoli”.

 

Pio Mirra

Dirigente Scolastico




“Grazie Big Brother”, l’eterna attualità di Orwell in due nuove riedizioni

Gribaudo celebra l’attualità dei due capolavori di Orwell, “1984” e “La Fattoria Degli Animali”, affidandone la curatela dell’Edizione “Luxury” a Paolo Borzacchiello.  

Ed è proprio Borzacchiello, linguista, ricercatore scientifico ed esperto di interazioni umane, a impreziosire i due libri con letture critiche a mo’ di prefazione e riflessioni finali a suggellarne il Valore universale, senza tempo.

Le due opere distopiche – pubblicate per la prima volta nel 1945 e nel 1948 – nate come satira del regime totalitario di Stalin, sembrano trascendere il tempo e lo spazio fino a raggiungere oggi chi è pronto a ingerire la “pillola rossa” che, come nel film Matrix, dà inizio all’avventuroso viaggio che lo porterà a conoscere la Verità. 

Libri o scuola?

L’Autore de “La Parola Magica” ci offre un’originale, incantevole chiave di lettura.

“1984”, incorniciato dalle parole di Paolo Borzacchiello, diventa un vero e proprio “Corso di Creazione della realtà”!

Analogamente, “La Fattoria degli Animali” si trasforma in un “… immaginario corso di formazione dedicato alla persuasione, tenuto dagli animali che abitano la fattoria, per imparare tutti i segreti che ci possono essere utili sia quando si tratta di persuadere gli altri, sia quando si tratta di evitare che siano gli altri a menarci per il naso.” (Dalla prefazione de “La Fattoria degli Animali”)

La parola al Curatore

Raggiungo Paolo Borzacchiello (Curatore) per una breve intervista sui due nuovi Orwell, tradotti da Franca Cavagnoli e impreziositi dalle illustrazioni di Marco Galli (1984”) e di Resli Tale (La Fattoria Degli Animali”).

Chi ha avuto l’idea di affidarti la cura dei nuovi Orwell e perché? 

P. B.: “L’editore Gribaudo mi ha chiesto la lettura critica di Orwell perché sa che ho un approccio molto rigoroso e scientifico sia al tema dell’intelligenza linguistica, sia al tema delle interazioni umane. Poiché ho già pubblicato con loro alcuni libri di successo, hanno pensato che Orwell fosse materia per me. Anche perché mi occupo spesso di commentare i politici … e soprattutto ‘La Fattoria Degli Animali’ sembra la descrizione di quel che è successo negli ultimi anni in Italia …”

“In che modo, a tuo avviso, il Messaggio di questo libro è attuale?” 

P. B.: La Fattoria Degli Animali, così come 1984, sono ormai libri di cronaca. Viviamo in un mondo in cui la libertà di parola è fortemente limitata, pena l’espulsione dai social o le aggressioni verbali tramite social.

In più viviamo in un’epoca in cui i privilegi politici sono sempre e comunque all’ordine del giorno, anche per chi li criticava e li voleva combattere. Il sistema vince sempre, a quanto pare. E Orwell lo sapeva”.

Quali sono, a tuo parere, le differenze e le similitudini fra le strategie di propaganda di ieri e quelle di oggi, fra le tecniche di manipolazione e persuasione di allora e dell’epoca attuale?

P. B.: Esattamente sempre le stesse. I regimi totalitari hanno basato il loro successo sulla ripetizione di concetti chiave, ripetuti a pappagallo da tutti. Oggi capita lo stesso, con i copia e incolla dei post sui social. La differenza vera è la rapidità con cui si diffondono messaggi e notizie. Poi, ora come allora, abbiamo qualcuno che ci dice cosa dire e cosa no, chi è buono e chi è cattivo. Sempre la stessa storia. Vestita meglio.

Ogni animale del romanzo rappresenta un personaggio del regime totalitario staliniano. Quali attori dellattuale scenario politico-sanitario potrebbero nascondersi, a tuo avviso, sotto il velo allegorico degli animali della fattoria?
In altre parole: quali personaggi sceglieresti (in Italia o nel mondo) per impersonare Vecchio Maggiore, Napoleon, Palla di Neve, Clarinetto, Beniamino e Boxer?
 

P. B.: “Preferisco glissare su questa domanda e lasciare che il lettore si diverta a fare questa identificazione. Dico solo, come stimolo, che leggendo le vicende di Napoleon che stigmatizza i comportamenti umani e poi li assume tutti, uno dopo l’altro, mi viene in mente un certo Ministro che disprezzava le auto blu prima di essere eletto e poi ha immediatamente iniziato a usarle … Dalle foto in metropolitana, insomma, a quelle sui macchinoni.” 

Qual è secondo te il Messaggio attualizzato della ‘Fattoria’, in un aforisma?

P. B.: “Mi viene in mente il concetto di ‘parlare bene e razzolare male’. Razzolare, appunto.”

… E il Messaggio che, trascendendo le attuali polarizzazioni delle masse, potrebbe risultare vincente nel rendere lEssere Umano consapevole del proprio ruolo nella creazione di un mondo nuovo e libero?

P. B.: “Penso che il messaggio sia ‘Sei le parole che usi, diventi le parole che scegli’. Al quale aggiungo: ‘Più parole hai, più libero sei’”. 

Qual è per te il Valore chiave per uscire dalla ‘Fattoria’ una volta per tutte (ammesso che sia possibile che il ciclo non abbia più a ripetersi?)

P. B.: “‘Conoscenza’. Se noi impariamo a capire come funziona davvero la manipolazione delle persone attraverso il linguaggio e il comportamento, allora possiamo liberarci dal giogo.”

Morale …

A quanto pare, chi non ha appreso la Lezione la ripete.

Lezione magistralmente riassunta dal curatore nelle ultime righe della sua lettura critica a “1984”: “Credo che questa sia, alla fine, la lezione più importante che vuole offrirci Big Brother: con calma, con le parole giuste e con un podi pazienza, possiamo ottenere tutto quello che desideriamo … Pretendiamo tutto. Big Brother ci insegna che lo possiamo avere. Che il lieto fine esiste. Che tutto è possibile. Grazie, Big Brother.”

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=Om9c-RXIwQ8?feature=oembed&w=640&h=360]

http://https://betapress.it/la-conoscenza-rende-liberi/

http://https://www.thesocialpost.it/2021/06/07/censura-dei-follower-istagram-facebook-paolo-borzacchiello-la-parola-magica/




“Nasce l’inno alla libertà di essere sé stessi e, nella verità, imparare ad amarsi e ad amare”

Il 19 novembre alle ore 12:00 (ora Italiana), uscirà sui canali social dell’Artista il nuovo singolo del cantautore italo spagnolo Fabio Gómez: “Let Me Be”.

Reduce dal successo di “Over”, nella versione ispanica “Siempre”, L’Artista corona il suo sogno americano nel bel mezzo dell’anno più sfidante della nostra storia: il 2020.

È nel 2020, infatti, che il suo lungo e paziente percorso evolutivo comincia a dare i suoi frutti. 

Il suo percorso artistico inizia mentre è giovanissimo, a Lugano, nel coro gospel “Amazing Grace”. 

La tappa successiva è Chicago, dove approfondisce le tecniche di canto.

Nel 2010 arriva il Festival di Sanremo.

Il suo primo album in Italiano, “Niente è Impossibile”, nasce dall’incontro dell’Autore con Piero Cassano (Matia Bazar), Fabio Perversi, Lele Melotti (batterista di Enzo Jannacci, Paolo Conte, Claudio Baglioni, Vasco Rossi), Ludovico Vagnone (chitarrista di Laura Pausini, Zucchero, Andrea Bocelli) e Red Canzian dei Pooh.

Successivamente Fabio Gómez incontra Marco Zangirolami, Peggy Johnson e Mila Ortiz, con cui lavorano a “Over”.

Abbiamo chiesto a Fabio Gómez di raccontarci qualcosa di sé e del suo nuovo singolo “Let Me Be”.

Chi o che cosa ti ha spinto a comporre la canzone “Let Me Be”? Un incontro? Un evento?

“Il brano è arrivato tre anni fa in un momento cruciale della mia vita. Non mi sentivo più libero di esprimermi, né capace di creare un valore aggiunto a livello artistico.

In quel momento i miei pensieri e i miei sentimenti mi portavano a evadere, a cercare una strada alternativa, una via d’uscita alla situazione di stallo che stavo vivendo. 

Volevo realizzare i miei Progetti a livello internazionale, cantare in Inglese e in Spagnolo (la sua seconda lingua madre n.d.a.).

Sentivo l’esigenza di appartarmi e di creare la ‘mia’ musica.

Un giorno, col mio pianista Stefano Sposetti, abbiamo iniziato a scrivere tantissime canzoni. Tra queste c’era anche ‘Liberami’, una ballad in tre tempi, piano e voce. Tre anni di incubazione ed è nata ‘Let Me Be’.”

Qual è il messaggio della canzone?

“In questa canzone dò voce al desiderio di riprendermi la vita, la carriera e realizzare me stesso, superando i confini che mi stanno stretti per costruire qualcosa di mio. Anche se è rischioso, rinuncio alla falsa sicurezza di un cliché per esprimere chi sono. A qualsiasi costo. Solo così potrò essere libero. Solo così potrò amare davvero.” 

E con l’amore di coppia, come la mettiamo? 

“Nei rapporti sentimentali accade spesso che ci si innamori delle proprie aspettative, più che della vera identità dell’altro. E viceversa. L’amore diventa così un’esperienza vissuta in trance ipnotica. Nessuno dei due è veramente se stesso. Nessuno dei due osa superare le dimensioni del proprio ristretto campo visivo. La Verità libera gli innamorati, consente loro di esprimersi al meglio e di vivere il rapporto come un reciproco arricchimento, non come un tarparsi le ali a vicenda.”

Dov’è la verità, per te, ammesso che esista una Verità assoluta?

“Non credo esista una verità assoluta. Esistono punti di vista e pareri, a volte diametralmente opposti. ‘Let Me Be’ ci sfida a cercare la Verità nell’unico posto in cui può essere trovata: in noi stessi, nei nostri gesti, negli accadimenti, nelle scelte che facciamo ogni giorno. Non nel mondo virtuale che la tecnologia ci offre ma nel vivere in presenza, nel condividere i nostri chiaroscuri, nel nostro essere, semplicemente, Umani.”

Come si inserisce “Let Me Be”, dal punto di vista stilistico, nel tuo percorso evolutivo?

“Negli anni sono passato dal pop contaminato al Pop-Swag, sfociando nell’Elettro Dance Music, con escursioni nel Chillout Smooth Jazz.

Il genere di ‘Let Me Be’ è Elettro/Pop/Dance. La prima stesura prevedeva solamente piano e voce a tre tempi: la classica ballad. A tre anni di distanza, eccola nella sua versione definitiva, con un ritmo a 4/4 stile dance e l’aggiunta di Synth e Keyboards anni ’80 ispirate da Van Halen e da gruppi rock come i Journey.

Una spolverata di latino con le conga, le ‘Millenium Hoop’ – ‘vocine’ campionate e trattate come suoni – e il gioco è fatto.”

Un pensiero per concludere in bellezza il nostro incontro? 

“Nel brusio di sottofondo di parole e melodie che passano alla radio, ‘Let Me Be’ si fa sentire come un monito: ‘Svegliati, Uomo, dal tuo torpore ipnotico, dal sogno che ti è stato imposto e non è tuo. Risvegliati a Chi sei e scoprirai di essere libero.”