Il Berlusca amato dalla gente​

Con la cerimonia del commiato, si è concluso il transito terreno di Silvio Berlusconi. Inutili le parole, di fronte a una commozione che ha palesemente toccato il Popolo.

Proprio l’epilogo, con ali di folla spontanea lungo il percorso da Arcore verso il Duomo, ha dimostrato che Egli è sempre stato un riferimento certo e saldo per i Cittadini.
In questo contatto diretto, dove erano distanti ed estranee altre pur significative presenze, è l’esaltazione della vera Figura dell’Estinto.
Il plauso popolare è stato tutto per lui: sincero, spontaneo, testimonianza certa che la Sua visione di un modo e di uno stile del fare, è stato ben compreso, ed ha attecchito non solo nelle menti, ma anche nei cuori.
Ciò che ha fatto, gli verrà riconosciuto.
Ma certamente, nella quotidianità, Egli sarà ricordato a lungo; è stato un protagonista, in vita, e anche dopo come tale sarà ricordato: al pari della Sua indubbia capacità di mediare, ricucire, operare con una visione prospettica ampia e concreta.
La stessa presenza di numerosi rappresentanti delle diplomazie estere, testimonia ciò.




Due righe per Silvio

Addio a Silvio Berlusconi!                                                                                          

Preliminarmente: a lui non può essere negata, se non da squallidi cialtroni e invidiosi, l’umana pietas; e lo sostengo alla luce dell’infima gara intrapresa da coloro che, a tutti i costi, intendono denigrarlo anche da morto.

Molto ha fatto, moltissimo gli è stato impedito di fare: e ha pagato un duro prezzo, per ciò che ha fatto, specie nel (solo temporaneamente riuscito tentativo) di affrancare energeticamente l’Italia, grazie agli accordi raggiunti con la Russia di Putin e con la Libia di Gheddafi.

Ciò che accadde a Gheddafi, e la brutalità con cui avvenne, è cosa nota.

Ciò che sta accadendo con la campagna d’odio anti-russo, punta emergente di una dichiarata volontà USA di cancellare/ridimensionare la Russia, è sotto gli occhi di tutti o quantomeno di coloro che non si fanno intortare da narrazioni ambigue quando non sfacciatamente di parte.

Non escluderei, proprio alla luce del concatenarsi di eventi, che anche tali buoni rapporti a nome e beneficio dell’Italia, possano averne fatto un bersaglio.                                                                               

La sua visione imprenditoriale, ha comunque rappresentato per l’Italia ottimo punto di riferimento: certo, lo aveva anche reso ‘scomodo’, poiché non era tipo da farsi corrompere, per tradire quegli ideali che per lui erano incentrati sui concetti – questi, certamente positivi di Patria, Lavoro e Famiglia.

Anche a tale riguardo, i detrattori avevano una lunghissima nota di elementi opposti e contrari: ma, tempo e processi, hanno dimostrato che non tutte le accuse erano fondate ovvero dimostrabili.

Ma questa non è la sede: la valenza di questo scritto, intende essere solo essere indirizzata a un Uomo che seppe creare, edificare, costruire; non solo in senso materiale.       

Molti, con perniciosa ostinazione, continuano a dividersi sul fatto se fosse o meno iscritto alla P2 o se fosse stato iscritto: vero è invece che la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla Loggia P2 nulla poté dimostrare, né di sue frequentazioni né di una volontaria iscrizione né di un qualche contatto con altri appartenenti al famoso ‘elenco’.

Ma questo giova solo alla curiosità: all’epoca, altri facevano la fila per poter far parte di quella Loggia ‘particolare’ del GOI, di cui si narrava abbondantemente nelle cronache, per sollecitare un qualcosa o solo per ‘far parte’.

A noi piace ricordare l’imprenditore, il costruttore di una ‘nuova’ Milano, vivibile e fruibile; di emittenti che offrono opportunità di lavoro a migliaia di dipendenti che, con la propria azienda di riferimento, hanno legami di rapporti di grande affetto e fedeltà: anche perché il Presidente molto agevolava il personale, facendolo sentire parte del gruppo, parte del progetto, coinvolto in serie prospettive.                                                                                                       

Mancherà anche la presenza e l’apporto del politico: equilibrato, perché portato a mediare piuttosto che non a bluffare, tradito ma non traditore, ‘scomodo’ per molti politici esteri di rilievo, coloro cui un’Italia efficiente e libera nelle proprie decisioni più importanti dava (così come tuttora dà) fastidio e suscitava aperta intolleranza ma anche ‘scomodo’ per quei politici italiani meno propensi a condividere con lui il concetto di Patria e tutto ciò che ad essa attiene.

Vedremo chi tenterà di portare avanti il suo messaggio, e come: ma non sorprendiamoci se, in assenza di Colui che fu il protagonista principale, il fondatore, potranno determinarsi delle divisioni.                  

Ci auguriamo di no.

Ma in politica tutto è fluido, in movimento.                                                 

Una gravissima perdita per la Famiglia, cui va il nostro massimo rispetto, oltreché il nostro cordoglio; una grave perdita per la libera imprenditoria e per l’informazione; un lascito importantissimo per chi dovrà concretamente succedergli nella politica, onorando la sua posizione equilibrata e propositiva.  

                                                                                               

Ora è oltre… Finalmente in pace.




Ragione e Spirito, se ne parla a Palermo

PALERMO | A Palazzo dei Normanni “Il significato della vita: Ragione e spirito”

 

Si svolgerà nella più antica residenza reale d’Europa, a Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana, la II Edizione del Convegno Nazionale di studi su “Il significato della vita: Ragione e spirito”

 

Sabato 24/06/2023, dalle nove sino alle tredici, alla presenza di importanti rappresentanti delle Istituzioni nazionali e regionali, nella prestigiosissima Sala Gialla di Palazzo dei Normanni a Palermo, è in programma l’attesissima II Edizione del Convegno nazionale di studi su  “Il significato della vita_Ragione e spirito”.

 

A darne l’annuncio è l’ufficio stampa del critico d’arte e saggista dott. Paolo Battaglia La Terra Borgese che figura tra i relatori insieme al dott. Michele d’Ajello del Gruppo Oncologico Multidisciplinare di Perugia, alla prof.ssa Giuseppa Graceffa dell’Università degli studi di Palermo, al prof. Michele Lepore dell’Università di Chieti – Pescara, al dott. Giuseppe Mogavero della Fondazione GAL Hassin di Isnello, al prof. Luca Matteo Rapallino dell’Università Genova, alla dott.ssa Lucia Rogato esperta in Scienze Sociali e al dott. Lodovico Rosato dell’ASL di Torino.

 

A presiedere il seminario sarà il dott. Amedeo Rogato, coadiuvato da due moderatori: la dott.ssa Maria Lupo e il dott. Pietro Di Miceli.

 

L’importante seminario sarà impreziosito da uditori provenienti da tutta Italia e da un Recital della bravissima e grande Maya Palermo, già primo flauto presso Concertgebouw Young e Blaricum Music Festival – Olanda, musiche di C.P.E. Bach, Betta, Debussy, Honegger, Palermo, Telemann.

 

La nota del Critico d’Arte non rende noti alla stampa i nomi degli unici due giornalisti accreditati.

 

Chiarissimi invece i temi della struttura del convegno: Il mondo? Uno schizzo venuto male a Dio (Paolo Battaglia La Terra Borgese); Per un approccio più umano alla medicina (Michele d’Ajello); Empatia e chirurgia rapporto che non si può scindere. Esperienza di donna (Giuseppa Graceffa); Natura e Architettura (Michele Lepore); La storia di una grande passione (Giuseppe Mogavero); La montagna madre e ispiratrice (Luca Matteo Rapallino); Riflessioni di una donna madre, credente (Lucia Rogato); Il rapporto chirurgo e paziente: una storia vecchia come la vita (Lodovico Rosato).

Le finalità

Il seminario intende suggerire alcune risposte a dei quesiti sotto la guida dei Relatori.

Il primo obiettivo è di acquisire la nozione corretta di parole giuste per allargare le conoscenze e fare la differenza tra quello che si sa e quello che c’è da sapere con un apprendimento attivo capace di mettere ordine nei modelli caotici di cui è pervasa la società e i rapporti umani.

Ancora: il significato della vita è spesso discusso in termini filosofici, ma può, volendo, essere ridotto a un singolo fatto; la vita è fatta per essere vissuta.

Se esiste, qual è la differenza tra le associazioni di culto in generale (in Italia) e quelle cosiddette atee o delle laicità?

Queste manifestano solo credi culturali? o fatti anche sociali? o talvolta anche politici?

Il significato della vita? domanda senza tempo, è trovare la bellezza nelle cose? sia grandi che piccole?

Quale approccio gli addetti ai lavori devono avere per spiegarsi al meglio?

Come la scienza e la fede possono parlare di associazionismo?

Come indicare le varie forme di società iniziatiche svolgendo un ruolo nella notizia corretta?

Ebbene: le nuove dialettiche acquisite lungo l’evento saranno strumenti utili per affrontare meglio la propria professione e le relazioni sociali.

 




“Solanina”: quando nel veleno si nasconde la medicina

Nella foto: il regista Massimo Libero Michieletto, la protagonista Carlotta Piraino (Nina) e Jasmine Laurenti (Eva)

 

Ed eccoci al quarto episodio del Diario di Eva, iniziato l’estate scorsa per documentare le varie fasi di lavorazione del film “Sola Nina”.

Finalmente, l’anteprima assoluta.

Sabato dieci giugno 2023, al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV), è stato presentato il secondo lungometraggio firmato dal regista indipendente Massimo Libero Michieletto.

L’evento è riuscito a distogliere l’attenzione di un nutrito pubblico che, snobbando la Finale di Champions League fra Manchester City e Inter, ha preferito raggiungere l’Autore e parte del cast, per godere di questa primizia.

Il ritorno dell’Eroe: un po’ di autobiografia

Questa avventura, per me iniziata il 28 febbraio 2022 con un messaggio di Massimo, ha raggiunto il suo climax sabato scorso, quando ho preso il microfono per dare il benvenuto ai presenti.

Beh … ero così emozionata che la mia voce è andata a farsi un giro altrove, letteralmente.
Sarà perché, tra gli spettatori, c’erano anche miei carissimi amici e parenti … o forse perché il mio debutto cinematografico è avvenuto, guarda caso, a pochi chilometri da dove sono nata.

Sta di fatto che mi sono identificata nell’Eroe che ritorna lì dove tutto è cominciato, condividendo il suo premio con gli astanti. Comunque, l’avventura è tutt’altro che conclusa: a settembre, infatti, si ritorna al Festival del Cinema di Venezia.

Il Film

L’opera è coraggiosa, audace, fuori dagli schemi, proprio come il suo Autore. Narra del viaggio interiore di morte e rinascita di Nina – la splendida Carlotta Piraino – iniziato proprio grazie alla tragica fine del suo matrimonio e all’auto che non ne vuole sapere di ripartire: circostanze apparentemente “negative” che giocano, come avremo modo di scoprire, a suo favore.

Il film si apre con lo stridente contrasto fra la sentenza di sfratto subita da Nina e il suo incontro con la “svalvolata” vagabonda vestita da sposa (Giovanna Digito). Le parole di quest’ultima suonano così vere, da metterci subito il tarlo se sia più reale ciò che riteniamo “normale”, o ciò che etichettiamo come “follia”.

Poi, il ritmico susseguirsi di scene come sogni ricorrenti: le lunghe passeggiate e i momenti di gioco fra Maria – Maria Casamonti – e Nina (due universi apparentemente inconciliabili), le tre marie nel salone di bellezza – Barbra Ann Coverdale, Loni Zanatta, Laura Boschiero – il delirante pranzo nel giardino di Eva, narcisista irrisolta nonché sorella maggiore di Nina, con sua figlia Evita – Selene Demaria – e David – David Ponzi – il fidanzato non si è capito bene di chi.

Il Messaggio

Verso la fine, quando il cerchio sta ormai per chiudersi e la “crisalide” Nina è alla vigilia della sua resurrezione (la svolta come rinascita, rivelazione, riscoperta di sé, rivincita), compare in scena l’ex marito di Nina a ricordarle che lei è “il nulla”. Ma è proprio dal nulla che il Tutto può manifestarsi, alla faccia dell’incredulo detrattore della nostra risorgente Eroina.

Il Messaggio è chiaro, tanto da renderci scomodo il non tenerne conto e far finta di nulla: se impari a fidarti della vita e dei suoi giri pazzeschi scopri che, alla fine, tutto è servito a fare di te la persona migliore che tu potessi diventare, il vero Te.

 

Ogni veleno racchiude una potente medicina

La cosa più assurda ma vera è che la solanina, il veleno nascosto nella patata – il prosecchino degustato prima della proiezione mi ha permesso di dare spazio al mio british humour, altrimenti vittima dell’autocensura – è anche medicina per chi, come la nostra sola Nina, grazie all’uscita dalla sua zona di comfort e a una provvidenziale immobilità fisica, può intraprendere il Viaggio dell’Eroe nei meandri della sua psiche.

Insomma: è solo dando carta bianca all’anima, che la nostra vita può fiorire!

“Sola Nina”, infine, ci permette di realizzare che siamo meravigliosamente perfetti così come siamo. E che tutto accade per renderci consapevoli di questa verità.

E questo è quanto. Per ora.

Alla prossima, dalla vostra reporter …

Jasmine Laurenti

Nella foto: Jasmine Laurenti, attrice e voce fuori campo nel film “Sola Nina”, presentato in anteprima assoluta al Cinema Italia Eden di Montebelluna (TV)

 

 




Pensiero su Silvio

Oggi, vola via un pezzo della storia italiana e degli italiani,

un uomo che ha fatto parlare di sé e dell’Italia, chiudendo

un capitolo dedicato a grandi uomini.

La Democrazia Cristiana, si stringe attorno alla famiglia.

Antonino Graziano

Gabriele Pazienza

Lupo Migliaccio di San felice




GRAFFI QUOTIDIANI … Guerra! Guerra! Guerra!

 

Al MIT di Boston un ex-premier Italiano, che tanto bel ricordo ha lasciato nel cuore degli Italiani, e ancor prima in quello dei Greci , celebrato e ultra-premiato per le sue capacità, ha affermato che “Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio agli autocrati che l’UE è pronta a scendere a compromessi su ciò che rappresenta, su ciò che è. Segnalerebbe inoltre ai nostri partner orientali che il nostro impegno per la loro libertà e indipendenza – un pilastro della nostra politica estera – non è poi così incrollabile”.         

La sintesi di queste parole, vorrebbero un incitamento a proseguire nell’odio, nella carneficina, nella guerra per la guerra.

Le sue parole, né più né meno ricordano l’eccitazione foriera di sventura suscitata da un leader politico-militare italiano il 10 Giugno del 1940 (lo scorrere del tempo, la concomitanza di date e contenuti, ci insegnano perennemente che nulla avviene per caso e che i cicli della storia si ripetono, inesorabilmente quanto tragicamente: stravolgendo e travolgendo uomini e cose): in quel caldo pomeriggio, la folla adunata a Piazza Venezia finì per scandire, con sempre maggiore veemenza e violenza, l’orrido grido GUERRA! GUERRA! GUERRA!                                                                                    

A Boston e altrove, agli osservatori attenti quanto disincantati è sembrato che la Storia, attraverso bocche sussiegose e cerimoniose, lanci nuovamente lo stesso messaggio triste e lugubre: GUERRA! GUERRA! GUERRA!  Ricordando altresì che essa, la Storia, è sempre inesorabile e pronta a presentare il proprio doloroso, orrido, conto: fatto di miseria, sangue, fame, morte, sofferenza, dolore.   

Ma perché non si parla e si opera per la PACE?                                                                                                           

Perché ogni volta che si parla di PACE e si muovono con maggiore concretezza le diplomazie in tale direzione, accadono (anche in queste circostanze, il caso non esiste) fatti dirompenti che proprio la PACE allontanano?

Il ricordo degli atti di terrorismo/sabotaggio che misero fuori uso il Nord Stream 1 e 2, quelli legati all’esplosione che ha aperto l’enorme breccia nella diga di Kakhovka  (cannoneggiata costantemente dai militari in forza all’esercito ukraino), le questioni legate all’Azovstalt o alla centrale nucleare di Zaporizhia, al pari di altre operazioni belliche, ci fa sorgere dubbi e quesiti persino senza risposta: ciò, nonostante la propaganda del mainstream che in modo martellante , ma mai obiettivo!, ci suggerisce di chi siano le ragioni e di chi i torti, e di quale possa essere la soluzione giusta…

GUERRA! GUERRA! GUERRA!

dapprima inviando qualche contingente militare, il cui compito non sarà certo quello di pettinare le bambole, poi, utilizzando la tecnica del barattolo di marmellata, il coinvolgimento sarà totale.

E la Russia ha già detto chiaramente che, per loro, ciò equivarrà a una discesa in campo diretta.                         

Non PACE, quindi, ma esplicita GUERRA contro la Russia: questo sottendo tutti gli interventi, dal Segretario della NATO Stoltenberg al leader USA Biden, ai leader UE, tutti (apparentemente) uniti tanto nel ritagliarsi alibi (molto imperfetti: a uso dei creduloni) che nell’ostinarsi nel cul-de-sac della GUERRA.

Quindi, la GUERRA come unica opzione, per arrivare dove?

Alla PACE: una PACE che però ‘’’deve’’’ passare dalla sconfitta della Russia, perché altrimenti l’Europa, gli alleati NATO, farebbero brutta figura, dando dimostrazione di ‘debolezza’ tale che poi la ‘gente mormora’.                                                                   

Noi siamo per la PACE, i popoli sono per la PACE (solo politici, politicanti, trafficanti e affaristi perseguono finalità opposte): lavorare per la PACE esige CORAGGIO ed è prova di COERENZA e di FORZA, di AMORE PER IL PROPRIO POPOLO, di SALVAGUARDIA DELL’INCOLUMITA’ DELLA POPOLAZIONE e anche di quelle FORZE ARMATE che non devono essere gettate allo sbaraglio.                    

E basta con le falsità: l’Ucraina non sta combattendo per l’Europa né la sta difendendo, né sta combattendo per salvare l’Europa da una possibile quanto molto ipotetica invasione.                                        

Se c’è un ‘invasore’, forse occorre cercarlo altrove.                                                                         

NON RACCOGLIAMO I FINTI MESSAGGI PACIFISTI DI CHI VUOLE SPINGERCI A UNA GUERRA IN CAMPO APERTO.

MOBILITIAMOCI: MA PER LA PACE! RICORDANDO A CHI UNISCE A ‘PACE’ L’AGGETTIVO EQUO, CHE PER RAGGIUNGERE TALE OBIETTIVO – EVIDENTEMENTE BIVALENTE – OCCORRE FARE UN PICCOLO PASSO INDIETRO. FINO ALLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, DANDO NOME E COGNOME A CHI TRADI’ GLI IMPEGNI ASSUNTI E ALLE CONSEGENZE DI CIO’. FINO A OGGI.                                                                                                      

Risolvere tutto ciò, attraverso la diplomazia, può condurre a una autentica pace (abbastanza) equa.




Quando parlare di antifascismo è apologia di reato

Ebbene si, oggi la legge Scelba dovrebbe essere rivolta a chi continua a parlare di antifascismo, facendo l’unica apologia del fascismo oggi presente in Italia.

Nessuno oggi parla più di fascismo se non gli storici che iniziano a trattare quel periodo in modo forse oggettivo, o almeno più oggettivo del solito.

La Storia con la S maiuscola non è ideologia, è Fatti, e chi usa una sorta di revisionismo storico per affermare la propria esistenza non solo non fa del bene al paese, ma soprattutto a se stesso.

Il fascismo non può più tornare, lo hanno capito da molto tempo quelli che chiamiamo fascisti, ma che in realtà sono solo dei nostalgici legati più a meccanismi di cameratismo simil militare, più che di vera fede fascista.

In realtà lo hanno capito benissimo anche quelli che oggi si professano antifascisti, ma nello stesso tempo hanno capito che il loro vestito identitario cadrebbe miseramente nel nulla senza una vestigia di antifascismo militante in difesa ed a baluardo assoluto della costituzione così terribilmente minacciata dalle orde fasciste pronte a riemanare le leggi fascistissime del ventennio.

Credo che, però, il vero problema per gli antifascisti è che questa piccola cosetta che stiamo dicendo l’ha capita la maggioranza degli Italiani.

Lo dicono i risultati elettorali, lo dice la storia.

Un divertente Bersani l’altro giorno diceva alla Gruber: ” e beh ma bisogna stare attenti a questi qui … (sciorbole aggiungeremmo noi)” lasciando intendere che tra poco ci sarà una nuova presa del parlamento ed un esilio sull’Aventino.

Un mio caro amico ex MSI mi diceva appunto l’altro giorno: “non c’è più bisogno di essere fascisti, ormai è anacronistico, ma la cosa divertente è che il ricordo del ventennio lo stanno tenendo vivo gli altri …”.

Quindi il vero problema della sinistra?

Non aver capito di avere a che fare con una vera destra, non con uno sparuto manipolo di salutatori con il braccio alzato, ma con una struttura organizzata e puntuale negli ideali e nelle azioni.

Sarebbe ora di archiviare definitivamente una parte della nostra storia e renderle giustizia, ragionando in termini esegetici, come si dovrebbe fare, per interpretarne il flusso e ridare onore al nostro paese anche per il suo comportamento durante quei vent’anni.

Chi ghettizza movimenti, anche pur piccoli, rende loro una sorta di onore delle armi che attira seguaci, anche seppur pochi, ma che sempre terranno viva una brace.

Nell’animo di tutti esiste una passione che cerca verità, a volte vere a volte presunte, e solo con un nuovo modo di rapportarsi con la storia si potrà pacificare questo paese.

Come poter unire il paese?

Con la cultura, con la storia, con l’abbandono delle continue distorsioni ideologiche, volute e soprattutto ricercate continuamente.

E’ l’ora di investire nella scuola e nelle università, nella ricerca di cultura e sapere e non di tecnologia e materiali, è l’ora di rifondare la scuola italiana trovandone il senso, ridando ai nostri ragazzi il senso della storia e di questo paese.

Prendiamo tutti i soldi del PNRR e diamoli al personale scolastico come aumento di stipendio, rifacendo con loro un contratto serio, anche solo per dieci anni, rimettendo al centro la loro professionalità, la loro capacità di creare cultura, ridiamo alle università il loro ruolo, la ricerca del sapere, della teoria del mondo, rifondiamo questo paese, rimettiamolo al suo posto nel mondo, ovvero tra i primi paesi.

E’ l’ora di abbandonare la ricerca di una piccola conferma personale per ricercare dentro di noi quel nome che da solo ha mosso eserciti, scienziati, popoli in tutto il mondo, e dappertutto il nome era lo stesso, Patria.

E se fosse questo il tema da studiare? e se fosse il bene di tutti? e se fosse quell’animo che da sempre ha differenziato il nostro popolo nel mondo?

Allora rifondiamo i percorsi culturali di questo paese e riscopriamo il senso di essere paese, in particolare io direi di QUESTO paese.

Siamo Fascisti? Comunisti? Antifascisti? Destrorsi, sinistrorsi?

Mi viene un grosso dilemma: e se fossimo solo, tutti, profondamente italiani?.

 

 




Banche offshore? rogatorie internazionali? e chi li becca più (i mafiosi ovviamente)?

Un nostro amico collaboratore si è trovato invischiato in qualcosa di più grande di lui, di cui abbiamo già accennato link e di cui vi parleremo più avanti grazie anche alla collaborazione di CCEditore, ma oggi vi vogliamo anticipare qualcosa che sembra la trama di un film.

Le banche sono sempre state oggetti interessanti per la mafia e comunque per qualsiasi sistema di criminalità organizzata, il perché è molto semplice, spostano masse economiche, coprono movimenti di denaro, facilitano il riciclaggio di denaro, permettono la creazione di lobby di interesse tra molte categorie (imprenditori, politici, faccendieri, etc.); non ci sembri strano che da sempre le banche sono state l’oggetto del desiderio di tutti i boss mafiosi, criminali o politici che siano.

Non se la prendano i politici onesti, almeno quei pochi che ci sono, ma accettino tutti la realtà dei fatti, che, peraltro, loro sanno benissimo.

Sarebbe inutile ora ripercorrere i ben noti, ai nostri lettori e comunque a tutto il popolo italiano, scandali  dei nostri ultimi decenni, inutile veramente, può invece essere utile raccontare alcuni fatti in modo nuovo e più collegato, interlacciato, senza aver la pretesa di indovinare tutto subito, ma come diceva qualcuno, ” a pensar male si fa peccato ma la si imbrocca…”.

Gli investigatori, soprattutto quelli americani, hanno come motto “segui i soldi” e seguendo questa idea hanno ottenuto validi successi, ma se il motto vero fosse invece “segui chi controlla”?

Non è che la criminalità organizzata negli ultimi decenni è passata da cliente privilegiato delle banche internazionali a proprietaria o comunque controllante delle banche stesse?

Dite di No?

Ritenete che non sia possibile?

Noi crediamo invece che sia possibile e che sia successo, più volte di quello che pensiamo.

Pensateci, controllare una banca, possederla, quale criminale non vorrebbe realizzare un sogno del genere?

Ma a volte è sufficiente mettere nelle posizioni di vertice uomini controllabili e senza scrupoli (direttori generali e presidenti), basta controllare quelli, e nelle banche italiane non è poi stato un caso così raro.

Ebbene a questo film daremo il titolo di MUS Mafia United System inc. dove per mafia si può intendere l’acronimo di qualsiasi organizzazione criminale, una rete organizzata che controlla le banche del mondo, e forse arriva anche alle banche centrali, in effetti altrimenti certi accadimenti non si spiegherebbero.

Dal piccolo Direttore di banca regionale affiliato al politico importante di turno, al cda della banca internazionale sotto il controllo di un fondo monetario influenzato dai poteri mafiosi.

Questo scenario vi pare troppo da film?

Ebbene lo vedremo.

 

 




Perché puntare su una didattica per competenze?

Ho iniziato a insegnare nel 1986, ho visto generazioni di studenti formarsi sui banchi di scuola e diventare affermati professionisti.

Ho dedicato tempo e passione, ricerca, metodo e innovazione e ritengo non sia possibile mettere a bando le conoscenze dichiarative per puntare solo sulle competenze.

La “didattica per competenze” non ha alcun fondamento teorico, scientifico, epistemologico e allora perché tanta enfasi sulle competenze?

Perché anche in campo educativo la globalizzazione ha condotto ad una omologazione dei processi della formazione per farli diventare funzionali ai processi della produzione.

Non è importante formare “cittadini”, ma “lavoratori”.

E allora la “didattica per competenze” si muove lungo la direttrice di processi orientati al mercato del lavoro.

In quest’ottica le prove standardizzate internazionali OCSE-PISA, puntando sulle competenze, impongono solo processi addestrativi dettati dal mondo dell’economia e non a caso l’OCSE è l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Ma l’attenzione esasperata al mondo del lavoro, non è tra l’altro giustificata dalla repentinità dei suoi cambiamenti, che proprio per questo richiederebbe, al contrario, una formazione più tarata sulle conoscenze dichiarative e logico-critiche.

Inoltre spostare il baricentro delle attività didattiche sul concetto di “competenza” mette profondamente in discussione la scuola basata su presupposti per alcuni superati, come la lezione frontale, la classe, l’aula.

E a questo considerato vecchiume da rottamare si contrappongono una serie di misure moderne, spacciate come più efficaci: la flipped classroom, la scomposizione del gruppo classe, la Lim, il notebook e in generale le nuove tecnologie informatiche.

Si disprezza tanto la lezione frontale, solo trasmissiva, ma per esperienza, può essere molto coinvolgente, se il docente è capace di sviluppare empatia, consentendo a tutti gli studenti, bravi e turbolenti, di partecipare con successo al dialogo educativo.

Così facendo, la lezione frontale, che molti pedagogisti vorrebbero abolire, è invece essenziale, perchè è essenziale prima presentare l’argomento e poi eventualmente approfondirlo con uno studio-ricerca da parte degli studenti anche autonomo.

Chi può negare questa riflessione?

Non è vero che la lezione frontale è noiosa.

Non è la didattica frontale che non appassiona, bensì la modalità e la finalità con le quali viene proposta.
Ma ritorniamo alle “competenze”.

La “marcia sulle competenze” parte da molto lontano, dal mondo anglosassone nel campo dell’organizzazione del lavoro con mansioni e compiti predefiniti in senso fordista e taylorista e poi sfocia nel capitalismo contemporaneo, di quella che viene definita la quarta rivoluzione industriale o industria 4.0, che ha trasformato la scuola in una fetta di mercato e con l’autonomia scolastica in un’azienda e il preside nel suo amministratore delegato.

Quindi non bisogna perdere tempo con la cultura, con la letteratura, con la scienza o con l’arte, ma promuovere competenze.

Non è il “saper fare” che ciascuno di noi deve perseguire quotidianamente con i propri studenti.

Non è il “sapere procedurale” che accompagna nelle nostre attività didattiche l’approccio teorico, fondamento induttivo o deduttivo di ogni esperienza culturale, laboratoriale e non, cognitiva e metacognitiva.

È, piuttosto, il “saper essere” esecutori, lavoratori “ammaestrati” a competenze elementari, come le 8 competenze chiave di cittadinanza prescritte dall’UE. Così si vuole garantire il life long learning?

Non si educa più alla convivenza, alla condivisione, alla solidarietà, al rispetto attraverso percorsi di conoscenza di ampio respiro, bensì si “addestrano” giovani a compiti specifici, basati sulla performance, sul risultato, sul traguardo, sull’affermazione di sé sull’altro.

Alla centralità del pensare, viene sostituita la centralità dell’agire.

Le competenze diventano allora un insieme di esecuzioni, di prestazioni, pratiche, individuali e sociali, tutte orientate al lavoro e all’occupabilità, intese come finalità fondamentali dell’istruzione.

Ma la scuola, a dispetto di un mondo che sempre più privilegia istintività, immediatezza, disintermediazione, spontaneità acritica, superficialità (e che ha trovato nei social network la perfetta espressione di questa nuova, pervasiva dimensione dell’esistenza), deve mantenere il valore della conoscenza, della cultura, del pensiero, della ricerca, dell’indagine, della comprensione della complessità.

E si continua a parlare con eccessiva enfasi di competenze, anche nel primo ciclo di istruzione, senza che i nostri ragazzi apprendano conoscenze certe.

Si dimenticano le quattro abilità di base linguistiche (saper ascoltare, saper parlare, saper leggere e saper scrivere) insieme alle quattro operazioni della matematica, quando invece occorrerebbe tornare allo studio dei contenuti disciplinari e forse riusciremo a raggiungere adeguati risultati anche nelle tanto criticate prove INVALSI.

 

[Pio Mirra, ds IISS Pavoncelli, Cerignola – FG]




Sono professori, non divani

Nei prossimi giorni sono attesi gli esiti delle operazioni di mobilità del personale docente, tante ancor oggi sono le vittime di una riforma beffa e del silenzio dei sindacati rappresentativi.

I sindacati ricevono messaggi quotidianamente di colleghi che sperano in un avvicinamento alla loro famiglia e tanti purtroppo temono la delusione che dal 2015 si ripropone ogni anno.

Sarebbe bello avere una mobilità straordinaria.

Sarebbe bello avere una vera azione di protesta da parte dei 6 sindacati rappresentativi.

Sarebbe bello che la politica si interessasse realmente ai docenti ed al personale della scuola tutto.

I sindacati cercano di fronteggiare in ogni modo tutta questa indifferenza ma ricordiamoci sempre che le battaglie si vincono solo se si è uniti!

Il vecchio adagio dice “l’unione fa la forza” ed è questo quello che faremo, uniti fianco a fianco contro un sistema che non funziona in barba anche a sindacati che hanno millantato vittorie e benefici e che alla fine si sono fatti conquistare dagli interessi personali.

Non è tempo di muri ma di ponti.

I docenti non sono firme sulle deleghe sindacali ma persone con affetti, radici nel territorio e tanto tanto tanto da dare alla comunità.