1

Scuolexit???

Il ritorno a scuola

Sembra proprio che l’Europa non esista neanche più sulla carta.

Non c’è un punto di contatto, tra i diversi stati membri europei, né sulla gestione dell’emergenza sanitaria, né sulle risposte alla recessione economica, né sulla ripresa delle attività lavorative.

Basta guardare cosa sta succedendo alla scuola.

In Italia, epidemiologi e medici, chiamati a dare consulenza al governo italiano, propendono per la chiusura delle scuole fino a settembre.

Il Miur si interroga su come riprendere le attività scolastiche salvaguardando le misure di sicurezza, prima di tutte il distanziamento sociale, ma non ha né certezze sulla didattica a distanza, né verità sull’organico in presenza.

In Francia, invece, si ritorna a scuola a maggio.

Ad annunciare un graduale rientro in classe è stato il presidente francese Emmanuel Macron nel suo messaggio ai francesi.

Il ministro dell’Istruzione Michel Blanquer ha precisato che sarà progressivo e “non da un giorno all’altro”.

Il criterio seguito dal governo francese sarà soprattutto sociale: saranno gli alunni delle zone più in difficoltà a riprendere prima degli altri.

“Bisogna salvare gli studenti che potrebbero andare alla deriva a causa del confinamento”, ha avvertito Blanquer, aggiungendo “Sono le fasce più fragili che ho innanzitutto in testa”.

Viceversa, in Danimarca, tutti a scuola dal 15 aprile

 

A fare la scelta più drastica sono stati i danesi: la premier Mette Friedriksen ha annunciato di riaprire asili nido e scuole dell’obbligo da mercoledì 15 aprile.

L’idea del governo danese è che per riprendere una vita normale, chiedendo ai genitori di tornare a lavorare è necessario che i bambini e i ragazzi tornino in classe.

Il governo di Copenhagen è pronto a innestare la retromarcia nel caso in cui il numero dei contagi, ora basso, dovesse crescere di nuovo.

 

Da mercoledì dovrebbe scattare la fase due anche in Norvegia: riaprono asili nido e scuole primarie.

 

In Spagna, si spera di tornare a scuola tra maggio e giugno

 

La Spagna che è stata colpita gravemente dal Coronavirus come l’Italia sta da alcune settimane riflettendo sulla questione dei giovani e dell’educazione.

La settimana scorsa si è riunita la commissione che si occupa dell’emergenza e l’indicazione è di provare con aperture scaglionate, diverse da regione a regione a seconda della condizione dell’epidemia, a partire da maggio.

A Madrid sperano di cominciare a riaprire a giugno, non tutte le scuole ovviamente. Ma il messaggio è positivo.

 

In Germania la decisione definitiva non è stata ancora presa (è prevista mercoledì 15), ma l’accademia delle scienze nazionale, l’Accademia Leopoldina, ha raccomandato un graduale allentamento delle restrizioni.

 

Per le scuole si prospetta un rientro a scaglioni, per età:

prima i ragazzi delle elementari e quelli delle medie, perché sono quelli ai quali la chiusura delle scuole fa più danno esasperando il ritardo di chi è già svantaggiato.

Secondo l’avviso degli esperti si dovrebbe partire dagli studenti delle ultime classi di ciascun livello dividendoli in gruppi al massimo di 15 alunni e concentrandosi solo su alcune materie:

tedesco, matematica e per le scuole secondarie anche la lingua straniera.

Il rientro a scuola dei ragazzi delle superiori è visto come meno urgente: loro infatti sono quelli che possono continuare a giovarsi con maggior profitto della didattica a distanza.

Sono senza parole.

Ma perché mai gli altri stati europei hanno tutte queste certezze e verità?!?

Programmi, scadenze, priorità ed esecutività…

Se è vero che la scuola è palestra di vita, è mai possibile che in Italia alleniamo i nostri alunni all’incertezza sul da farsi, educhiamo i nostri allievi a procrastinare le scelte di campo:

insegniamo a temporeggiare per poi rincorrere gli eventi quando ormai la situazione è precipitata?!?

Se è vero che la scuola è un microcosmo sociale, allora è vero che in Italia navighiamo a vista, scorgendo sempre e solo la punta dell’iceberg?!?

Se il Titanic ha un so che di romantico, la nostra povera Italia, è proprio solo “nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia, ma bordello…”

Mi auguro solo che i nostri cari politici che continuano ad invocare il modello Italia come esempio da seguire nella gestione dell’emergenza, inizino ad aprire gli occhi!

Direi anche che comincino a valutare se non c’ è forse un modello extra-Italia, più efficace ed efficiente, a cui conformarsi, perché anche noi italiani abbiamo tanto bisogno di certezze e verità, almeno tra i banchi di scuola…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sdidatticamente parlando e non solo




Conte ed i fantastici 17

A pensar male si fa peccato ma spesso  ci s’indovina.

Lo diceva uno che di politica e accordi di palazzo se ne intendeva.

Giulio Andreotti, un politico che ha attraversato oltre mezzo secolo di attività parlamentare ed istituzionale nei momenti più difficili della storia contemporanea del nostro paese, deve aver pensato male molte volte a giudicare dalla longevità della sua carriera.

E pensare male, oggi, purtroppo, è facile perché non mancano paradossi ed incompetenze a tutti i livelli amministrativi e di governo.

Così la decisione di dotare l’apparato politico di un team per la fase II costituito da 17 tecnici guidato dal manager Vincenzo Colao suscita qualche lecita perplessità.

È evidente che il mondo post covid sarà diverso da quello che abbiamo lasciato e che la società dovrà convivere con il distanziamento sociale, lo smart working e la de-globalizzazione.

È altresì facile da immaginare che via via che l’epidemia rallenterà la sua devastante corsa la riapertura delle attività diventi un soggetto di attualità che presupponga competenze e capacità manageriali non di poco conto.

Questo spiega gli intenti nobili alla base del gruppo tecnico che annovera:

top manager, economisti, sociologi, una psicologa ed uno psichiatra, un fisico, uno specialista del lavoro, un’avvocato, un commercialista ed un esperto di disabilità.

Perché pensare male, allora?

Il Governo fino ad oggi ha operato nel quadro dell’emergenza con lo strumento dei decreti legge che hanno  limitato la dialettica parlamentare.

Il Premier Conte ha esercitato con abilità le leve della comunicazione e la difficile partita in Europa con la consapevolezza che non sarà, tuttavia, possibile procrastinare all’infinito la chiusura delle piazze e le decisioni politiche fondamentali.

Le misure di sostegno all’economia  ed il nodo degli aiuti comunitari che è stato rinviato al Consiglio Europeo convocato per fine aprile sono ancora allo stato iniziale ben coperti da una sorta di segreto istruttorio.

La nomina di un super manager ed un team di esperti nasconde, per questi motivi, obiettivi ben più ampi del miglioramento dell’azione dell’esecutivo.

Vi sono almeno due strategie che possono riposare nell’intento di cementare il governo mettendolo al riparo dai giudizi dell’opinione pubblica, dai conflitti interni e dall’opposizione parlamentare.

La prima riguarda la tenuta e la popolarità dell’esecutivo di fronte all’agenda delle prossime scadenze.

L’emergenza virale è divampata in un quadro economico mondiale già in buona parte recessivo.

Le misure di sostegno verranno alla fine prese con o senza adesione al Meccanismo Europeo di Stabilità.

Il paese vedrà venire alla luce nuove tasse, una patrimoniale e tagli alla spesa pubblica ed alle pensioni.

Si tratterà di decisioni impopolari che colpiranno un sistema economico indebolito ed un quadro sociale instabile generando conflitti e vuoti di consenso che potrebbe essere più conveniente scaricare su una squadra di tecnici piuttosto che sul premier ed i suoi uomini.

Conte andrà al prossimo Consiglio d’Europa con le spalle più forti e sarà facile pretendere dal super manager Colao ed i suoi economisti una “moral suasion” sull’ineluttabilità delle decisioni da prendere in sede comunitaria, anche se assistite da ipotesi rigoriste.

Un modus operandi che troverà applicazione per tutte le manovre che si abbatteranno sui risparmi di famiglie ed imprese e che dovranno comunque essere assunte.

Si può pensare ad un modo politically correct di togliere le patate dal fuoco ad un governo segnato dall’insicurezza e travolto dalle emergenze delle ultime settimane.

C’è poi un secondo obiettivo non meno importante.

La necessità di portare a termine la legislatura con un governo “politico” e procedere all’elezione del Presidente della Repubblica in un quadro di maggiore stabilità.

Negli ultimi tempi, infatti, l’ipotesi di un ribaltamento di Conte in favore di un governo tecnico stava prendendo piede.

L’idea era quella di riconciliare l’azione politica intorno ad una figura di ampio respiro internazionale in grado di far contare di più l’italia in europa e sui mercati internazionali.

Una scelte dovuta alla luce del degenerare della situazione economica e delle scelte necessarie per il rilancio dell’economia.

È evidente che un governo tecnico avrebbe ri attualizzato le dinamiche politiche già in atto nel paese ed evidenziato lacune e ritardi nelle azioni assunte negli ultimi mesi.

Non è chiaro di chi sia stata la decisione di nominare una squadra di specialisti guidata da un manager già noto al mondo della finanza internazionale da affiancare al governo in carica, né i ruoli che verranno distribuiti per dotare il nascente team di poteri e ovviamente di centri di decisione e responsabilità.

Alcuni hanno già immaginato ad una polizza assicurativa offerta a Conte dal Quirinale.

Non è altre sì da escludere che l’iniziativa abbia messo d’accordo Partito Democratico e renziani   molto più disponibili ad una manovra economica a guida europea e certamente più spaventati di un ritorno di consenso negativo durante la Fase II.

Per capirci, quella, cioè, che dovrà misurarsi obbligatoriamente con le nuove regole della vita sociale ed economica ma anche con le maggiori tasse ed imposte.

La cosa certa è questa:

il Premier dovrà fare, ancora una volta, buon viso a cattivo gioco e confrontarsi con un un corpo tecnico che potrebbe rivelarsi utile per appannare la responsabilità delle scelte impopolari, ma anche fornire il profilo del prossimo Presidente del Consiglio e la lista dei nuovi ministri.

La politica è l’arte del possibile, ma le risposte non mancheranno ad arrivare e, come spesso accade, anche le sorprese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus, italiano addio, etica addio, riprendiamoci il paese, Avanti Savoia!

Coronavirus: l’Italietta, come al solito…

CORONABOND e ITALEXIT: FALSI PROBLEMI




Il futuro è ibrido

L’emergenza Covid-19, ha costretto tutti ha obbligato ferocemente ad essere e  diventare finalmente digitali,  non doversi recare in comune per richiedere un certificato, non dover andare all’Agenzia delle Entrate per avere il PIN, ma comunque per non farti perdere l’abitudine l’Agenzia ti lascia la tua bella coda virtuale infatti lo ricevi dopo almeno 20 giorni, e eviti pure di andare dal medico di base per ritirare  la solita ricetta con le solite medicine.

Dai primi di Marzo, in comune si accede solo da remoto, l’Agenzia delle Entrate ha chiuso gli uffici e non risponde neanche più al telefono, mica che prendono il coronavirus, ma ci sono solo per e-mail o dal portale.

Le ricette on-line erano un tabù, se non per qualche medico eretico, oggi arrivano in pochi secondi nella tua casella di posta.

Ed ancora le assemblee regionali, i consigli comunali ed i consigli di amministrazione delle aziende che per regolamento possono essere svolte in presenza altrimenti sei assente, in pochi giorni sono stati modificati senza le solite sterili discussioni, l’emergenza ha costretto tutti quanti a cambiare approccio, o da remoto o  nessuna alternativa.

In queste settimane la richiesta di servizi di video conferencing e unified communication sono aumentati a dismisura, in realtà l’utilizzo è aumentato, i servizi esistevano da anni.

Anche l’e-learning che negli ultimi anni aveva perso il suo slancio, in quest’ultimo mese ha ripreso vigore e fioriscono ovunque offerte per l’apprendimento online, dovuto soprattutto alle tante persone bloccate in casa senza più palestra e corsetta al parco.

Per anni aziende pubbliche hanno sperimentato lo strano strumento, a loro dire, dello smart working, provando a far lavorare alcuni dipendenti un giorno alla settimana da casa, mi raccomando non di più potrebbe essere dannoso, ed immediatamente con la Pandemia si può lavorare tutti da casa, e non è più pericoloso, anzi è diventata una grande opportunità e sembrerebbe anche con un notevole aumento della produttività.

Certo, come tutte le cose, ha le sue controindicazioni, infatti se sei in smart working allora il tuo capo o i tuoi clienti, visto che sei a casa, ti chiamano alle 21:00 perché hanno un’emergenza che non può essere assolutamente demandata al giorno dopo, e se non rispondi sei pure cafone o poco dedito al lavoro.

Ma anche in futuro, terminata l’emergenza, continueremo ad utilizzare queste nuove modalità lavorative o ritorneremo alle vecchie abitudini ?

Molto probabilmente, viste le tante richieste che aziende grandi e piccole e la stessa Pubblica Amministrazione stanno ponendo ai player di connettività e di servizi online, il futuro sarà ibrido.

Si ibrido come le macchine un po’ elettrica ed un po’ termico, anche i nuovi strumenti digitali dovranno essere pensati per la modalità remota e on-site, oggi nessuno strumento digitale è stato pensato per essere ibrido, o tutti da remoto o tutti in un luogo fisico, è la prossima sfida tecnologica, una nuova generazione di servizi.

 

Roberto De Duro

 

IL DIGITALE potrà contribuire ad una Italia migliore

 

Do Androids Dream of Electric Sheep?




Soli a casa … per sempre?

 

La quarantena continua.

La sua scadenza inizialmente fissata per il 3 aprile, cioè l’altro ieri, è stata prorogata al 18, quindi a dopo Pasqua. 

Quest’anno niente esodo pasquale, niente gita fuori porta, niente viaggetto al mare per prenotare l’albergo per l’estate, niente  pranzo al ristorante, niente spettacoli, niente sport.

Stiamo a casa.

Ad alleviare la clausura c’è però un fatto nuovo, lo smart working, cioè, per dirlo in italiano, il lavoro a distanza. 

Per verità non è una novità assoluta perché in certi ambiti e per determinate occasioni il telelavoro, la teleconferenza, lo studio telematico sono attivi già da tempo.

Con l’arrivo di questo strano Covid 19 e la sua rapida e spaventevole contagiosità che ci  obbliga ad isolarci in casa, il lavoro a distanza diventa una forma obbligata per esercitare, quando possibile, un’attività che tenga in vita il motore imprenditoriale del nostro Paese.

Come stiamo impegnandoci nello svolgere il lavoro da casa, agganciati al luogo di produzione di beni o servizi attraverso un computer, un telefonino, o altro strumento elettronico, così pure, parlando di sport, possiamo fantasticare che, al presente e nel prossimo futuro, persistendo i rischi di contagio massivo, diventeremo tutti tifosi e appassionati casalinghi. 

Sarà estremamente difficile, pensando al calcio (ma il concetto vale per tutte le discipline), recarsi allo stadio, o comunque sul luogo dell’evento.

La riunione di grandi folle crea pericolose occasioni di contagio per cui ad ogni persona prima di concedergli l’ingresso all’evento andrebbe fatto un controllo medico.

Se il test immunologico lo si deve fare alle diverse migliaia di persone che di solito affollano uno stadio va da se che bisogna disporre di una moltitudine di check point con personale e mezzi specialistici. 

Una impresa che, a parte l’impiego di tempo (immaginate 50.000 test  davanti a San Siro)  e ogni altro disagio, riverserebbe sul costo del biglietto oneri di notevole consistenza.

Allora, per conservare un po’ di passione sportiva, ci converrà diventare tifosi a distanza, tifosi solitari, abbonati alla poltrona o al divano di casa.

Addio quindi alle mitiche curve, alle tribune e gli stadi, pian piano, diventeranno come il Colosseo, monumenti di un’epoca passata.

Per giocare a calcio, basterà un campo erboso rasato da un robot e delimitato da bianche righe di gesso tracciate automaticamente un altro marchingegno elettronico.

Per riprendere e trasmettere la partita ci sarà una batteria di telecamere ai quattro lati ed un’altra di droni per le visioni dall’alto; il tutto comandato a distanza da una persona umana isolata in una cabina di regia perché non si contagi.

A governare poi la correttezza del gioco penserà un grande Var che rileverà ogni fallo comminando le punizioni, le ammonizioni e le espulsioni, magari emanando una luce gialla o rossa!

Cesseranno così di esistere arbitri e guardialinee.

E i giocatori? La loro professione diventerà una delle più rischiose sul piano della salute non potendo durante la partita rispettare le distanze anti-contagio.

Dovranno sottoporsi prima e dopo l’incontro ad appositi controlli medici che ne attestino l’idoneità al gioco. Insomma un mestiere ad alto rischio che non rientrerà più nelle principali aspirazioni dei ragazzi.

Anche il famoso inno dei Reds di Liverpool “You’ll never walk alone”che, dovrebbe essere aggiornato “You ever walk alone” perché intorno ai 22  in campo non ci sarebbero più gli spalti gremiti di tifosi ma solo gli occhi fissi ed inespressivi delle telecamere.

Speriamo che questo brutto momento passi, tutto torni come prima e che lo scenario futuribile sopra tracciato sia solo un ironico gioco di fantasia. Svegliamoci da questo brutto sogno!

 




Il percorso iniziatico del sanscrito

Mi piaceva studiare il sanscrito perché per i filosofi indiani non si poteva essere filosofi senza prima essere grammatici.

Prima di avviare le speculazioni più raffinate, l’allievo che voleva iniziare questa avventura doveva conoscere gli strumenti.

Lo strumento del pensiero è la grammatica.

La grammatica è il codice che usiamo per avviare il pensiero e articolarlo.

Ci sono voluti millenni perché l’illuminato occidente intuisse che esiste un collegamento tra il modo di costruire un periodo sintattico e pensare.

Loro lo sapevano.

L’allievo

prima imparava lo strumento

poi lo applicava nel ragionamento

poi ancora faceva silenzio

infine parlava

A quel punto il maestro lo rimproverava perché non avevano capito nulla

e l’allievo ricominciavo da capo.

Così avanti all’infinito.

La grammatica amici cari

la grammatica.

E prima di chiederci perché una persona ragiona in un certo modo, osserviamo come parla e scrive.

Articoli simili




San Gennaro esiste…

Grazia ricevuta per tutti gli studenti di Italia

Tutti promossi, anche con debiti, tutti ammessi agli esami di stato, e la Maturità sarà ridotta ad un colloquio on line.

Queste le dichiarazioni ufficiose, dunque, per ora non ufficiali, veicolate da Tg com 24, questa notte.

Sugli Esami di Stato, che concluderanno l’anno scolastico, “il confronto è aperto e a giorni saranno comunicate decisioni ufficiali in merito”.

Questo è quanto rende noto il Ministero dell’Istruzione.

Al vaglio un piano di emergenza per portare a termine lezioni ed iter disciplinare in questa situazione travagliata.

E fin qui, ci siamo.

Il via libera lo si avrà solo dopo Pasqua.

E qui inizia il bello!

Perché, ormai da anni, eravamo preparati che, almeno per Pasqua, il Miur ci regalava una bella sorpresa, una nuova versione degli esami di stato.

Sapevamo, noi addetti ai lavori del mondo scuola, che avevamo due mesi di tempo per fare i salti mortali, per adattarci alle nuove disposizioni, cercando di salvare il salvabile.

E, attenzione, non lo dico solo nell’ottica di un prof, ma, anche e soprattutto, nell’ottica di un alunno, che, fino all’ultimo, non sapeva di che morte doveva morire.

Adesso, le sorprese, arriveranno in ritardo.

E saranno tante e belle, come i fuochi d’ artificio della nostra Ministra, che, ogni giorno, ne spara una nuova.

Si torna a scuola, sì o no? Non si sa…

Se sì, quando? Vedremo…

E dunque, gli esami ci sono oppure no? Stiamo valutando…

Ed in che modo? Ci stiamo pensando…

Ma, per favore, state zitti, Lei, cara Ministra ed il suo entourage.

State zitti, che è meglio!

E già, perché, lo volete capire, che più dichiarazioni rilasciate e rimangiate, con gli organi di stampa, è peggio è?!?

Smettetela di confondere, famiglie, studenti, insegnanti, presidi, personale di segreteria…

Siate onesti, non avete le idee chiare, parlo a voi politici, su quando si tornerà a scuola, se il rientro nelle aule sarà ipotizzabile per maggio, oppure si chiuderà

l’anno scolastico con i ragazzi a casa fino a giugno.

A conferma di quanto le dichiarazioni contraddittorie confondano l’opinione pubblica, oggi, sul quotidiano “La Repubblica”, sono circolate alcune indiscrezioni circa l’anno scolastico in corso.

Secondo il giornale, nessuno studente perderà l’anno, ma non ci sarà un “6 politico” per decreto.

Questo sempre che, nel primo quadrimestre, il voto in materia sia stato al di sopra di 4.

Praticamente, che messaggio passa?

Avanti tutti, dal quattro in su… 

 

Inoltre, riguardo agli esami di Maturità, l’unica certezza è che non ce ne sono.

Valutiamo insieme le ipotesi possibili.

 

Prima ipotesi.

Tutti a scuola il 4 maggio, come dice Renzi. 

Se dovessimo ritornare tutti in aula ai primi di maggio (cosa al momento remota), si prevede l’ammissione all’esame per tutti, indistintamente, anche quelli che avevano qualche insufficienza.

E già qui, primo errore, ma, perché dirlo adesso?!?

Così, si penalizzano gli studenti responsabili e coscienziosi.

Quelli che si sono sempre impegnati, sia prima, con la scuola tradizionale, che adesso, con la sfida della didattica digitale.

Che senso ha la partecipazione, l’impegno, la costanza, se tanto, tutti sono ammessi all’esame?!?

Ma soprattutto, così facendo, svendendo l’ammissione all’esame e praticamente regalando la maturità a tutti, si va a premiare i furbi ed i lazzaroni, quelli che non hanno mai fatto niente, né prima, né dopo.

Bel modello educativo che forniamo ai nostri alunni!

E poi ci riempiono la bocca con la storia delle competenze trasversali di educazione alla cittadinanza!

Poi, non lamentiamoci se, dalle nostre classi, quest’ anno più che mai, usciranno dei futuri cittadini allenati a fare il minimo, convinti che tanto tutto il resto è dovuto.

 

Inoltre, col rientro ai primi di maggio, secondo i geni del Miur, ci sarebbero quattro settimane piene di lezioni e il 17 giugno potrebbe esserci il primo scritto di italiano.

Infatti, passata l’emergenza, è un attimo, recuperare il programma ed arrivare tutti insieme, appassionatamente agli esami!

Del resto, è risaputo, dopo Gesù Cristo, i miracoli li fanno i prof!!!

Le tracce però, attenzione, dovrebbero tenere conto che il programma del secondo quadrimestre nessuno è riuscito a concluderlo.

Alle commissioni verrebbe data grande autonomia di scelta di argomenti.

Altro errore madornale.

Il selvaggio West.

Ognuno per sé e Dio per tutti!

Però, c’è sempre un però.

Non è mica detto. 

Infatti, tra un po’, ci diranno, no dai stavamo scherzando…

 

Seconda ipotesi.

Per quest’anno nessuno torna in aula.

La data limite, secondo gli esperti, è appunto il 17 maggio.

Oh, almeno una certezza c’è, direte voi…

No, attenzione, altra sorpresa!

Se le scuole rimarranno chiuse fino al 17, l’esame di Stato dovrà essere completamente diverso.

Tutti saranno ammessi, ma non ci saranno due scritti, tutto sarà concentrato in un unico colloquio, davanti alla commissione.

Eh qui, immaginate la festa dei nostri alunni, niente più versioni di latino al classico, niente più studio di funzioni allo scientifico, men che meno analisi di bilancio per i futuri ragionieri.

Un esame di un’ora e con alcuni esercizi matematici o di traduzioni, dipende dal percorso scolastico.

In quest’ultimo caso, l’intero colloquio dovrebbe valere 60 punti su 100, con gli altri 40 assegnati con l’analisi degli anni scolastici di terza e quarta superiore.

La data di inizio degli esami di Maturità è sempre quella del 17 giugno, con conclusione prevista entro metà luglio.

 

Terza ipotesi.

Stiamo a vedere.

Cioè, navighiamo a vista.

Se dovessimo trovarci in un’altra situazione di lockdown a tempo indeterminato, allora tornerebbe in auge l’esame online per tutti.

Maturità, maxi colloquio.

Terza media, mini colloquio.

Per tutti gli altri promozione garantita.

Praticamente, una grazia ricevuta, nel vero senso della parola!

Ma, attenzione, la Ministra Azzolina, si è precipitata a dire la “promozione di massa” non significa non recuperare quanto non fatto o lasciato indietro in questi mesi.

Almeno settembre e ottobre del prossimo anno scolastico saranno utilizzati per recuperare.

Ai ragazzi sarà chiesto uno sforzo in più, anche di tempo.

Il programma andrà recuperato e questa volta senza sconti!

Eh, già, come al solito, quando i buoi sono fuori dalla stalla …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando lo strafalcione diventa esame di stato, la scuola che non c’è più…

Se lo dice Lui …

sdidatticamente parlando e non solo

 




Calo dei contagi???

Agghiacciante verità sul calo dei contagi.

Io sono solo un medico di base e non un professorone – dice Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo – ma so che i numeri ufficiali non sono credibili.

Si fanno tamponi solo ai ricoverati, ma qui stimiamo 100 mila positivi non censiti su 1 milione di abitanti».

Il calo dei ricoveri non è un buon segnale?

«Calano perché non c’è più posto in ospedale. Talvolta non si ricovera più nemmeno con 85 di saturazione. Gestiamo a domicilio situazioni che due mesi fa avremmo ricoverato alla velocità della luce. Altrimenti non avremmo 1200 pazienti in ossigenoterapia domiciliare».

Cosa cambia?

«A casa non c’è la stessa assistenza, né diagnostica né farmacologica. In ospedale hai più possibilità di cura».
Quanto dura una bombola di ossigeno?
«In media dalle 12 alle 24 ore».
E poi?
«Bisogna cambiarla».

Provvede la Asl?

«No, deve vedersela il paziente».
Come?
«E’una caccia al tesoro. Chi ha parenti, li manda in giro nelle farmacie. Dieci, venti tentativi. Poi magari una la trovi».

E se non la trovi?

«Da una settimana ci hanno dato la possibilità di fornire ossigeno liquido, ma è contingentato».

Che cosa suggerite ai vostri assistiti?

«Di munirsi di un saturimetro. Avevamo detto alla Regione di darlo con l’ossigeno, ma niente».

E quindi?

«Chi l’ha comprato sul web, chi in farmacia, chi se lo fa prestare dal vicino di casa. Ci si arrangia».

E’un sistema giusto?

«Non è più un sistema sanitario universalistico e uguale per tutti».
Lei ha pazienti in queste condizioni?
«Un centinaio di pazienti malati su 1500. Cinque a casa con l’ossigeno, una decina di polmoniti monitorate per telefono».

Niente visite a domicilio?

«Ho smesso quando mi sono ammalato anch’io, uno dei primi medici di Bergamo positivi».

Com’è andata?

«All’inizio di marzo, con tosse febbre e forte astenia, ho chiesto il tampone. Me l’hanno fatto il 10 e dato l’esito il 15. Ora lavoro da casa, dodici ore al giorno sabato e domenica compresi».

Quanti sono i medici di base ammalati a Bergamo?

«Su 600 medici di famiglia ce ne sono 145 ammalati, di cui 5 morti. L’ultimo, Michele, due giorni fa. Non avrei mai pensato di dover aggiornare una lista di colleghi morti. Mandati a morire sul lavoro. E’ una strage di Stato».

Che cosa non ha funzionato?

«Per un mese tutti gli sforzi si sono concentrati sulla moltiplicazione dei posti ospedalieri in rianimazione. Il territorio è stato trascurato. Questo è il risultato».

Non bisognava ampliare gli ospedali?

«Certo, era indispensabile. Ma gli ospedali non sono la prima linea. In questi giorni i medici di base lombardi ricevono 500 mila telefonate al giorno. Noi siamo la prima linea. Eppure ci hanno mandati incontro allo tsunami a mani nude».

In che senso?
«Non sono stati fatti i tamponi al personale sanitario. Molti di noi hanno l’impressione di aver contribuito alla diffusione del virus, da asintomatici. Io ho avuto madre e moglie a casa con l’ossigeno».

Avete avuto i dispositivi di protezione?

«Pochi e tardi. Niente tute, visiere, sovrascarpe. Dopo un mese venti mascherine chirurgiche, alcuni pacchi di guanti, un saturimetro che non ci serve. E una settimana fa sei mascherine filtranti».

Quanto durano?

«In teoria quattro ore di servizio. Per farle durare di più mettiamo sopra le mascherine chirurgiche».

Funzionano le unità speciali per le visite a domicilio, istituite dalla Regione una settimana fa?

«Dovrebbe esserci una postazione con due medici ogni 50 mila abitanti, quindi in provincia di Bergamo 20. Invece al momento ce ne sono sei».
Quante visite riescono a fare sei postazioni?

«Al massimo 60 visite al giorno su 1 milione di abitanti e almeno 100 mila ammalati. Ne servirebbero almeno cinque volte tante».

Qual è il problema?
«Mancano medici e dispositivi di protezione. Ci siamo impuntati: non stiamo a casa noi per mandare a morire i neolaureati».

Ne avete parlato con la Regione, con la Asl?

«Raramente la nostra opinione è stata richiesta. Peccato, a fine febbraio avevamo capito che la situazione era fuori controllo».

Non c’è un coordinamento?
«In due mesi ci sono stati un paio di incontri ufficiali. L’ultimo il 5 marzo».

La sua voce sembra avvilita ma non rabbiosa.

Perché?
«Che senso avrebbe ora mettersi a urlare contro i nostri carnefici? Siamo medici, dobbiamo cercare di salvare quante più vite è possibile».

 

Aggiungiamo solo che Il Ministero della Sanità ha gravissime colpe di carenza di visione su come gestire la pandemia.

 

I medici di base hanno mancato di svolgere il loro ruolo, sia per mancanza di direttive, sia per mancanza di attrezzature e medicinali specifici.

 

I medici di base, non hanno nessuna colpa!

 

Diamo a Cesare quel che è di Cesare!

 

I veri responsabili sono i politici che hanno affrontato il problema, con leggerezza prima, irresponsabilità durante e tentativo maldestro di salvare la faccia, ora!

Invece che affrontare efficacemente la pandemia, al momento del suo insorgere presso il paziente, limitando quindi il suo aggravarsi, I politici, cosa hanno fatto?

Prima hanno minimizzato il problema, una semplice influenza, ci hanno detto.

Inoltre, hanno enfatizzato la capacità dell’Italia di affrontare e gestire il problema, sottolineando che le misure prese dal governo erano le migliori in Europa.

In seguito, hanno perso tempo prezioso per affrontare tempestivamente la gestione dell’emergenza, nelle prime fasi del contagio.

Infine, si sono concentrati sulla fase finale (terapie intensive ospedaliere).

Ed ora, una certa parte della stampa italiana, sta al loro gioco, attribuendo ai medici di base, responsabilità che non hanno.

Ma, per favore, smettiamola di credere a quello che dicono nei bollettini medici, ed andiamo a leggere tra le righe di interviste scomode come questa!

Come redazione di betapress, rigettiamo ogni approccio inefficace e profondamente sbagliato, che rovescia la prospettiva tentando di colpevolizzare i medici ed assolvere i politici.

E sappiamo che in molte famiglie italiane, dove la malattia e la morte sono di casa, i conte non tornano…

 

fonti:

le dichiarazioni di Mirko Tassinari, segretario dei medici di famiglia in provincia di Bergamo.

L’ intervista è stata pubblicata il 31/03/2020 su La Stampa. Articolo di Giuseppe Salvaggiulo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Lettera di un medico al Ministro Conte

Lettera di un medico al Ministro Conte

Ecco il testo integrale della lettera che il Segretariato Italiano Dei Giovani Medici ha indirizzato al Presidente Del Consiglio Conte.

Avremmo potuto modificarla nei contenuti o inasprirla nella forma.

Ma non è nel nostro stile.

Come redazione di betapress, abbiamo il dovere di informarvi senza filtri.

E, voi lettori, avete il diritto di sapere.

E, state attenti, non è una fake news, ma pura verità.

Al più presto, seguirà intervista.

Intanto, cari lettori, leggete e suggeriteci pure altre domande da porre direttamente al Segretariato Italiano Dei Giovani Medici.

“All’attenzione del Primo Ministro e del Governo Italiano

Gentile Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Giuseppe Conte,

siamo il Segretariato Italiano Giovani Medici. Ma non siamo solo una sigla, non ci facciamo forza solo di un logo. Noi siamo medici, alcuni più giovani di altri, ma medici. Alcuni di noi sono impegnati nella gestione dell’emergenza sanitaria in prima linea, alcuni più stanchi di altri, ma sempre stanchi.

La nostra stanchezza non deriva solo dall’oneroso lavoro che, affiancati da tutto il personale sanitario, siamo chiamati a fare. Oggi questa prova è solo una delle tante, più difficile di altre sicuramente, ma solo una delle tante che ogni giorno siamo chiamati a sostenere.

Ogni giorno Ci scontriamo con carenze strutturali, ogni giorno siamo oberati dal lavoro, ogni giorno siamo in prima linea, ma solo in questa occasione Vi ricordate di Noi.

Ogni giorno, mai come ora, dobbiamo sopperire a tutte le carenze del nostro Sistema Sanitario, carenze create da un’errata programmazione degli specialisti e dei medici di medicina generale, oltre che un’inadeguata gestione strutturale.

Ma allora perché il Governo se ne è accorto solo ora? Perché se ad ogni nostro collega è sempre stato chiesto di fare il lavoro di 10 persone, oggi gli viene chiesto di fare il lavoro di 30 persone.
Per sopperire a ciò siamo costretti a ricorrere, ben prima dell’emergenza, alla richiamata di medici in pensione, all’arruolamento di medici in formazione, al depredare le forze del personale sanitario.

Chiediamo una semplice cosa ora che il Velo di Maya è stato squarciato da questa calamità: la lungimiranza.
Se vogliamo evitare che questo succeda ancora, se vogliamo che ai Cittadini siano garantiti i loro fondamentali diritti per la tutela della Salute, si necessita di un’adeguata programmazione dei contratti di formazione, perché le mancanze di oggi, che saranno aggravate dal pensionamento di molti medici, non si ripresentino domani.
Ogni anno fino a 10000 colleghi vengono tagliati fuori dalla possibilità di intraprendere un percorso formativo di specializzazione.

Per tanto tempo questo è sembrato adeguato, ma ora non basta più, anche se come spiegato mai è bastato. Lei ha affermato che non si dimenticherà della classe medica, degli sforzi che oggi sta facendo. Se vuole alleviare questi sforzi, almeno nel futuro, allora Ci ascolti.

Abbiamo scritto al Ministero dell’Economia e delle Finanze, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Università e della Ricerca. Ad oggi, probabilmente, saranno circa 22500 i candidati che parteciperanno al prossimo concorso, con sole 8300 borse, o poco più, stanziate ad oggi.

Chiediamo da tanto, forse troppo tempo l’aumento dei contratti di formazione specialistica e di formazione in Medicina Generale, e tra promesse e mancanza di risposte non possiamo più andare avanti, consapevoli che tale comportamento mina il nostro Sistema Sanitario e il futuro di tanti Giovani Medici.

Le auguriamo e Vi auguriamo un Buon Lavoro,
Segretariato Italiano Giovani Medici”

Non aggiungiamo altro se non la piena sottoscrizione di quanto segue.

?????? ??? ??? ????? ?????????, ?’????? ?????????
-??????? ????? ???? ?????????
-???????’ ????? ??????????
-?????? ?? ????? = ?????? ?? ?????????
-????? ?????? ?????????

Non più soluzioni tappabuchi, è ora di riformare in maniera seria e completa la programmazione e la formazione medica!

 

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità




Se lo dice Lui …

Si ritorna tutti a scuola! Parola di Renzi…

Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, nella sua newsletter Enews e in una diretta Facebook, ha annunciato il ritorno a scuola.

Riportiamo direttamente le sue parole, lasciando a voi lettori, il piacere o il dispiacere di tale lettura.

Se conteniamo l’onda di piena di queste ore e aumentiamo la forza negli ospedali, avremo vinto una battaglia contro il Covid 19 Ma non la guerra. Perché per vincere la guerra occorre il vaccino. E il vaccino purtroppo ha bisogno di tempo. Quindi ci sarà un periodo di convivenza. Un anno? Due? Non lo sappiamo, dobbiamo seguire la scienza. È chiaro che non possiamo stare chiusi in casa per tutto questo tempo. Dobbiamo ripartire. Piano piano ma ripartire “, ha detto Renzi.

C’è chi mi critica senza neanche avermi letto ma bisogna programmare d’accordo con la comunità scientifica una graduale ripartenza. Bisogna gradualmente iniziare a pensare a ripartire: questo dico. Gradualmente, a macchia di leopardo. Ma siccome non avremo la normalità di prima per due anni, dovremo inventarci una nuova normalità. Servono test a tutti, innanzitutto. Dovremo abituarci a fare i controlli della febbre per andare al supermercato e a scuola o – un domani – al cinema e a teatro. Dovremo gestire con cura la tecnologia e la privacy. Dovremo cambiare la vita nelle fabbriche e negli uffici “.

I giovani potranno uscire prima degli anziani. Brutto dirlo ma è così. Il Covid 19 uccide molto più gli anziani che i giovani. Ci sono alcuni settori che oggi possono partire. Si pensi a tutto il settore dei lavori pubblici e degli investimenti con il Piano Shock. Le scuole sono chiuse? Bene, autorizziamo lavori in emergenza per metterle in sicurezza. Adesso. Con procedure super semplificate. Nel mese di aprile possiamo spendere centinaia di milioni per rimettere a posto le nostre scuole consentendo ai ragazzi di vivere in posti più sicuri. Poi pensiamo che piano piano bisogna riaprire anche le scuole. Bisogna fare l’esame del sangue a tutti i nostri studenti o almeno il test sierologico. Potremmo scoprire che molti dei nostri figli hanno già contratto il virus Covid 19 che nei ragazzi sotto i 20 anni nella quasi totalità dei casi non dà sintomi. Fatti gli esami medici, dobbiamo pensare di riaprire gradualmente le scuole magari iniziando da chi deve fare la maturità o l’esame di terza media. Naturalmente con tutte le verifiche sanitarie del caso”. 

Da qui la proposta del rientro a scuola per il 4 maggio

Infatti, nel corso di un’intervista al quotidiano Avvenire, Renzi ha addirittura proposto di ritornare a scuola il 4 maggio.

Peccato, che tale idea, non sia piaciuta per niente affatto, né agli addetti ai lavori del mondo scolastico, né, soprattutto, agli esperti del mondo medico.

Del resto, già in passato, in altre occasioni, Renzi era stato paragonato al Pinocchio della politica italiana, vista la sua proverbiale abitudine a promettere qualcosa che, immancabilmente, poi non manteneva.

Come dicevamo, Per Luigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa e coordinatore scientifico della task force pugliese per l’emergenza coronavirus, ha subito definito folle ed illusorio tale proposito, dichiarando che “Pensare di riaprire le scuole il 4 maggio è una follia e fare proclami in questo momento è sbagliato. Dobbiamo essere cauti come facciamo a riaprire le scuole se non abbiamo dati né certezze? Non diamo false illusioni e speranze

Anche il virologo Roberto Burioni ha spiegato su Twitter: “Dobbiamo cominciare a pensare a una ripresa delle nostre vite: non possiamo pensare di stare in casa al fine di rimanere in casa per sempre. Però in questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve “.

Infine, anche il virologo Fabrizio Pregliasco, ha sottolineato che è prematuro e rischioso promettere il ritorno a scuola con una data precisa.

Pensare di riaprire le scuole è prematuro. E’giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione”.

Per ultimo, altrettanto duro contro Renzi anche Calenda, leader di Azione: “Caro Matteo Renzi, la tua dichiarazione è poco seria. Potremo riaprire quando la curva inizierà a flettere seriamente. Altrimenti il lockdown sarà stato inutile e dovremo riapplicarlo al primo riaccendersi di un focolaio “.

L’unica osservazione che ci permettiamo di aggiungere è che, mai come in questo periodo di emergenza sanitaria e di stress collettivo, i nostri cari politici, dovrebbero soppesare le dichiarazioni e misurare le parole, anche solo per non peggiorare ulteriormente il disagio personale di ognuno di noi, nonché la fatica di vivere del nostro Paese, già, visibilmente, provato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sdidatticamente parlando… ovviamente a distanza.

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.




Coronavirus: epidemia massmediologica

La corrente pandemia di coronavirus fa risaltare alcuni aspetti sociologici e comunicativi molto importanti: primo, la polarizzazione dell’informazione mediatica sulla pandemia, che porta ad avere da un lato una enorme risonanza in termini di informazione quantitativa (dati cifre, numeri) dall’altro un forte impatto sulle emozioni degli utenti (televisivi e della stampa in genere).

Secondo, i servizi video-giornalistici enfatizzano per lo più i lati negativi della pandemia, quali il forte tasso di morbilità (contagio) e la sostanziale difficoltà nel contrastarla.

La combinazione di questi due fattori genera nel largo pubblico un senso di scoraggiamento, di esasperazione, di turbamento profondo e non giovano né alla risoluzione della pandemia né al sistema psico-neuro-immuno-endocrinologico di chi passa da un notiziario all’altro.

Questa polarizzazione, poi, sembra essere orientata solo alla reiterazione del problema in sé e non alla ricerca o alla divulgazione di soluzioni effettive, cioè sostanzialmente dà per scontato quanto di efficace vi sia ancora all’opera per sostenere il sistema nazionale (per esempio l’azione encomiabile del volontariato, senza il quale lo Stato collasserebbe in pochi giorni) e perciò appare evidente una corsa verso l’aggravamento e non verso la soluzione del problema.

Dispiace non avere notizie più trasparenti ed incoraggianti sull’impegno e sulle risorse messe a disposizione di chi rischia la vita per gli altri, dai volontari fino ai medici, alle forze dell’ordine e ai semplici impiegati di banca, tabaccai, edicolanti, farmacisti e cassieri dei supermercati che, ricordiamoci, rischiano la vita ogni giorno nel silenzio, in attesa del consueto “bollettino di guerra” serale, un conteggio freddo, burocratico, quasi asettico, di morti e guariti, ma senza quel calore, quella partecipazione sociale e quell’infusione di coraggio che tutti avrebbero bisogno di sentire.

Preoccupa poi soprattutto il fenomeno della parcellizzazione sociale: le persone separate dai nuclei famigliari perché sole o lontane, chi non può muoversi e soprattutto gli anziani, le vittime silenziose di questa tragedia. Eh si, perché, come si sente dire spesso “le case di riposo sono piene di coronavirus”, quasi che fossero dei lazzaretti dove l’anziano malato può solo tacere … e morire.

L’anziano, colui che ha costruito l’Italia, colui che ha sostenuto la sua famiglia fino ad oggi, anche attraverso la sua pensione, pilastro della famiglia, diventa così la vittima silenziosa di un sistema che non gli appartiene più e dal quale può solo uscire in sordina, in punta di piedi, dalla porta posteriore di una casa di riposo, mezzo vivo o mezzo morto, manipolato della freddezza dei guanti in latice, senza dire una parola e nemmeno vedere i volti dei suoi soccorritori, avvolti delle mascherine protettive.

Condotto in ospedale o direttamente ai luoghi di raccolta dei feretri, che poi vengono trasportati dall’esercito, sotto i riflettori impietosi di una stampa che sa valorizzare e spettacolarizzare l’audience, gli indici di ascolto, la notizia a tutti i costi, quella che “buca lo schermo” ma che purtroppo, spezza anche il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Conte non tornano… sapevamo già tutto dal 2006.

 

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

 

La libertà di stampa