Quando il cittadino viene imbavagliato : l’urgenza di restituire parola ai quartieri.

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Il cittadino escluso: quando la democrazia dimentica chi la abita

Il silenzio imposto ai cittadini: una crisi democratica

In un tempo in cui la democrazia dovrebbe essere partecipazione, ascolto e confronto, assistiamo invece a un fenomeno preoccupante: l’isolamento sistematico del cittadino dalla politica locale e dalla stampa. I quartieri che propongono soluzioni vengono ignorati, mentre microfoni e telecamere si accendono solo per sindaci, assessori, consiglieri e deputati, figure che dovrebbero servire il popolo ma che troppo spesso sembrano voler essere servite.

La propaganda ha sostituito il dialogo

Le testate locali e nazionali rincorrono dichiarazioni, comizi e litigi interni ai partiti, alimentando una narrazione autoreferenziale. La propaganda politica ha preso il posto dell’informazione pubblica, e la disinformazione si è fatta sistema. Il cittadino, ridotto a spettatore, viene coinvolto solo ogni cinque anni, quando si vota. Poi, chiuse le urne, le promesse evaporano e il popolo torna invisibile.

Quartieri ignorati, soluzioni dimenticate

Nessuno intervista i comitati di quartiere, nessuno documenta le proposte che nascono dal basso. Le vere competenze territoriali, quelle che vivono i problemi ogni giorno, non trovano spazio nei media. Eppure, sono proprio queste voci che potrebbero offrire soluzioni concrete, rapide e sostenibili. Ma vengono snobbate, censurate, silenziate.

Non è democrazia, è isolamento

Quando l’unica narrazione disponibile riguarda le lotte intestine ai partiti, non si parla più di democrazia. Non si parla più di libertà di espressione. Si parla di isolamento del popolo, che grida aiuto mentre le istituzioni si chiudono nel proprio palazzo.

📚 Dal libro alla realtà: quando la teoria sulla mala informazione incontra il caso Betapress

 

Nel libro “Ne uccideva più la penna che la spada”, scritto da Ettore Lembo e Corrado Faletti, si denuncia con lucidità come il potere moderno non si eserciti più con la forza bruta, ma attraverso il controllo dei racconti, dei significati e delle immagini pubbliche. Il concetto di mala informazione non si limita alle fake news, ma si articola in tre meccanismi insidiosi:

– Selezione sistematica di ciò che è degno o indegno di essere raccontato
– Framing deformante, che incornicia i fatti dentro narrazioni preconfezionate
– Sovraccarico informativo, che anestetizza la coscienza critica più che stimolarla

Un esempio vivido è il caso Betapress, citato nel libro come “capitolo vivente” di questa teoria. Un’inchiesta indipendente, condotta da cittadini e attivisti, è stata sistematicamente ignorata dai media mainstream, nonostante contenesse elementi di interesse pubblico. Il silenzio stampa non è stato casuale, ma frutto di una precisa strategia di oscuramento: non si è smentito, si è semplicemente scelto di non raccontare.

L’appello all’informazione: verificate le fonti, ascoltate il territorio

Chi fa informazione ha una responsabilità enorme. Verificare le fonti, dare spazio alle repliche, includere i cittadini nei dibattiti pubblici non è solo buona pratica editoriale: è un dovere democratico. È tempo che la stampa torni ad essere strumento di servizio, non megafono di potere.

 Josef Nardone :La mia battaglia: ridare voce a chi non ce l’ha

Come freelance blogger e attivista civico, mi batterò per questa causa. Perché il diritto alla parola non può essere concesso a intermittenza. Perché la democrazia non è un evento elettorale, è un processo quotidiano. E perché la voce del cittadino è la prima che deve essere ascoltata, non l’ultima.

 


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